inizia il 14 marzo un nuovo corso di centroscritture.it: "estetica postumanista"
da giovedì 14 marzo 2024 ore 18
Estetica postumanista
Un cambio di paradigma in atto in estetica passa attraverso il superamento di una prospettiva umanista, che pone al centro l’uomo e i valori tradizionalmente associati a una cultura antropocentrica e prometeica (identità, ordine centripeto, gerarchia, canone, esclusività), a una prospettiva postumanista, in cui il decentramento del valore-uomo…
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Trovare qualcuno con cui avere una connessione mentale, in ambito relazionale, è impresa ardua, ogni individuo è un universo unico e funzionante secondo le proprie regole e meccanismi; imbattersi in qualcuno con cui ci si riesca a sintonizzare è un evento raro. Quando però accade che percepisci qualcuno con cui potrebbe esserci un'affinità, la situazione più frustrante che possa accadere, è vedere l'interesse dell'altro pian piano scemare. Ciò che mostriamo di noi è in nostro potere, ma ne abbiamo una selezione limitata, questo può voler dire che potremmo ritrovarci a mostrare qualcosa di noi che non è specifico per la persona con cui stiamo interagendo; siamo sempre noi, ma non possiamo mostrare il tutto, quindi magari vediamo nell'altro ciò che sarebbe compatibile, ma non siamo bravi a mostrare lo stesso, ritrovandoci ad assistere a questa meteora maledicendo il poco tempo a disposizione.
Non è sicuramente piacevole, e ti ritrovi a contemplare una possibile occasione sprecata; ma è anche un insegnamento significativo dei rapporti umani.
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Come ti ha cambiato l’ultimo dolore che hai provato?
L’ultimo dolore, almeno quello che più mi ha segnata fino ad oggi, è stata la fine di una relazione con una persona a me cara.
E’ stata una relazione travagliante. La fine di questa relazione era l’ultima cosa che desideravo, per cui, fino all’ultimo, ho fatto resistenza, mi sono imposta per far sì che tutti quelli anni passati al fianco di quella persona non andassero persi, che al contrario, riavessero una possibilità.
Eppure, nonostante la mia presa dura e decisa, quella persona ha trovato un modo per riappropriarsi della sua naturale libertà.
Ritrovarmi senza più quella persona al mio fianco, da un giorno all’altro, e l’idea di continuare ad andare avanti, ma da sola, è stato straziante.
Ma bisognava andare avanti, bisognava continuare comunque, perché la Vita è una ed è il bene più prezioso.
Ho dato fiducia al tempo, perché “il tempo sistema tutto”.
E ho dato fiducia a me stessa che “un giorno le cose sarebbero andate meglio e che lei sarebbe diventata un ricordo lontano”.
Piano piano, tassello dopo tassello, ho rimesso a posto tutti quei pezzi di me, che per amare lei - perché di amore distruttivo si è trattato- ho perso per strada.
Anche dopo di lei, ci sono stati momenti in cui toccavo il cielo e altri in cui toccavo il fondo.
Poi risalivo. E poi riscendevo. Era come sentirsi in balia di un mare perennemente mosso.
Fino a che ho capito che il problema era mio.
Questo dolore è stato solo la chiave per aprire una porta che non ho mai voluto aprire: la porta verso me stessa, la me stessa che ho sempre voluto evitare, aggrappandomi ad ogni sorta di cosa, pur di starle lontana.
E’ stato la chiave che mi ha permesso di accedermi, di entrarmi dentro e fare i conti con me stessa e il mio mondo interiore. Con le cose che vanno e con le cose che non vanno. Con la mia autostima e con il mio rapporto con gli altri. Con le mie paure e con il mio coraggio. E’ stato come andare a sbattere ad ogni lato di me, da quello migliore a quello peggiore, senza imbarazzo o timore, ma per il semplice fatto che era “inevitabile” farlo, arrivata quel punto.
A volte siamo costretti a fare i conti con cose che ci rifiutiamo di affrontare perché la nostra relazione con queste diventa inevitabile.
Mi sono laureata, ho lavorato in un bar e con quei soldi ho viaggiato. Nel mio viaggio ho conosciuto gente meravigliosa, ma in tutti questi momenti c’era ancora qualcosa che non andava, che mancava, e che si comportava come una sorta di “minimo comune multiplo” che accomunava ogni mia esperienza attraverso un filo sottile in cui ognuna di loro veniva infilata con cura come perline di un bracciale, una dopo l’altra.
C’era ancora qualcosa da risolvere, perché altrimenti come mi spiego il fatto di questa instabilità, di questi pensieri negativi che mi vengono spesso a trovare, questa incertezza e insicurezza, questo sentirmi fuori posto ovunque io sia o, comunque, mai completamente me stessa?
Allora, a Maggio di quest’anno, mi sono regalata l’esperienza più bella: la terapia.
L’ultimo dolore che ho provato, per amore, è stato necessario a farmi capire che in me c’erano cose che, per quanto le sforzassi per farle andare bene, per farle stare dritte, non andavano e basta.
L’ultimo dolore mi ha fatto capire che il lavoro più grande andava fatto partendo da me stessa, che non ci si può aggrappare alle cose o alle persone, se non si vuole vacillare.
Che bisogna prendersi delle responsabilità e uscire da quell’ottica un po’ infantile del vittimismo.
Che bisogna essere consapevoli, ogni attimo, perché la vera felicità è vivere consapevolmente. Che vivere allo sbaraglio, come capita e guidati solo dalle pulsioni è un modo di fare un po’ pigro per non riflettere, per non pensare e per vivere di fatalismo.
Che molte cose “non vanno così”, semplicemente. Che siamo noi al comando della nostra vita, per lo meno fino al punto in cui abbiamo la possibilità di controllare le cose. Ci sono cose che non possiamo controllare, e va bene. Ma almeno quelle che possiamo controllare, perché farcele sfuggire?
Che la libertà è un valore prezioso e che riguarda ogni singolo individuo.
Che l’idea che avevo di amore non è reale, che il vero amore lo devo ancora conoscere e provare.
Che il caos e il disordine non sono davvero necessari, si può raggiungere un obiettivo anche serenamente, senza crollare ogni volta. L’energia è dentro di te.
Che farsi in quattro per qualcuno e annullarsi non ha senso.
E soprattutto, che nonostante tutto, c’è ancora una voce dentro di me a sussurrarmi dolcemente che “io valgo”.
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Caro diario segreto,
oggi (purtroppo) ho appreso due lezioni, due dure lezioni, in quanto prima avevo idealizzato un po’ tutti, il mondo e le persone. Proprio in famiglia. Ho capito che un matrimonio, ad esempio, è bello viverlo da fuori, ma stare dietro le quinte ad un’organizzazione di un qualcosa del genere è un vero e proprio inferno. Nel caso remoto in cui trova una compagna, penso che deciderò semplicemente di convivere. La seconda lezione è che nel momento in cui sarò vecchio e non più autosufficiente non vorrò gravare su nessuno e farò come facevano gli indiani apache, lasciando tutti e ritirandomi in qualche caverna fino a che la natura non faccia il suo corso.
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