Tumgik
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Capitolo 61 - Camicie, domande e Fonzie con i baffi
Nel capitolo precedente: Jerry va al suo appuntamento al buio e conosce Heather. Sorprendentemente anche lei rivela di non aver voglia di conoscere ragazzi al momento e, rendendosi conto di essere molto simili e nella stessa medesima situazione, convince Jerry a fingere che loro due si frequentino in modo da farsi lasciare in pace dai loro rispettivi amici. Durante un gioco di domande e risposte tra Stone e Grace, i due discutono sul fatto che lei non lo abbia ancora fatto dormire con lei nel suo letto a causa delle sue insicurezze. Alla fine Stone riesce a tranquillizzarla e a convincerla a fare questo passo con lui. Eddie e Angie riescono finalmente a passare una serata insieme, a base di pizza e film horror. Eddie prova ancora a farla ragionare sul film di Cameron Crowe e le rivela che per lui quella è una serata speciale: è passato un mese esatto dal loro primo bacio. Angie si sente in colpa perché non aveva minimamente pensato alla ricorrenza, non essendo abituata a questo tipo di cose nelle sue relazioni passate.
***
He fills me up, he gives me love
More love than I've ever seen
He's all I got, he's all I got in this world
But he's all the man that I need
A un osservatore esterno random questa scena potrebbe sembrare surreale, lo ammetto. Se la mia vita fosse una serie tv e l'episodio di oggi iniziasse con questa scena di stamattina, a me, da spettatrice, scatterebbero mille campanelli d'allarme che vanno da "E' una realtà alternativa frutto di un viaggio nel tempo andato male" a "Come minimo sta per succedere una catastrofe". Perché io che preparo i pancake il mercoledì mattina, ancora in vestaglia nonostante abbia pure lezione tra poco più di un'ora, ballando sulla top 100 alla radio e canticchiando (distruggendo) Whitney Houston non è una cosa che si vede tutti i giorni. Il volume in realtà l'ho alzato per Eddie perché sospetto che l'uomo che io-non-dormo-mai-vivo-di-notte-a-san-diego-facevo-surf-alle-prime-luci-dell'alba non abbia alcuna intenzione di schiodarsi dal letto. Stamattina ho aperto gli occhi prima della mia sveglia killer e ho pensato bene di disattivarla per lasciarlo riposare, ho fatto la doccia più veloce e silenziosa della storia e ora sono qui. Visto che siamo sempre di corsa e ci vediamo a spizzichi e bocconi, mi sembrava una cosa carina preparare una bella colazione per viziarlo un po' e poter passare qualche minuto in più assieme, seduti a un tavolo, parlando e scherzando, anziché dirci come al solito ciao ciao e scappare ognuno per la sua strada. E in questo ci metto anche Meg perché, con la fine della scuola che si avvicina, la storia dei tatuaggi e tutti i lavori paralleli che sta acchiappando per arrotondare, persino fare una chiacchierata con la mia coinquilina sta diventando complesso. Pensavo che il profumo della colazione e del caffè sarebbero bastati a dare a Ed un buongiorno più dolce di quello della mia odiata sveglia, ma mi sbagliavo. Verso un'altra mestolata di impasto nella padella e sorrido quando sento il rumore dell'acqua della doccia, pensando che il mio canto melodioso abbia fatto il suo dovere, ma mi ricredo subito quando sento la voce di Meg che inizia a intonare il coro di Freedom 90. Beh, se non ce l'ho fatta io, ci penserà lei a buttarlo giù dal letto assieme a George Michael.
Prendo il piatto con tutti i pancake e lo metto al centro del tavolo, dove c'è già la bottiglia di sciroppo al cioccolato. Siccome non voglio passare per quella che mangia solo schifezze, decido di recuperare anche un po' di yogurt e frutta, che sui pancake ci sta sempre bene. Mi dirigo verso il frigorifero ballando, non prima di aver urlato Everybody dance now! assieme alla radio, infilo la testa in frigo sculettando e quando chiudo lo sportello per poco non mi viene un infarto e non proietto yogurt e frutti di bosco sul soffitto.
"EDDIE!"
"Ehi" mi fai lui appoggiato allo stipite della porta, assonnato e sorridente.
"CHE CAZZO" mollo tutto sul tavolo al sicuro e riprendo colore.
"Buongiorno anche a te, micetta"
"Micetta un cazzo, appari così dal nulla, mi hai fatto prendere un colpo"
"Perdonami, non volevo spaventarti. E' che beh... eri tutta concentrata nel ballo, non potevo interromperti" spiega con quella faccia da adorabile stronzetto che... niente, ho lezione tra un'ora, non posso pensare a queste cose.
"Da quanto eri lì?"
"Da un po'" è ancora sulla porta della cucina. In boxer e camicia. Ripeto, Angie, NON PUOI PENSARE A QUESTE COSE.
"Potevi trovare una maniera alternativa e più soft di annunciare la tua presenza, no?" torno ai fornelli spenti e fingo di spegnerli, poi mi sposto al lavandino e fingo di armeggiare con qualcos'altro finché non mi sento le sue mani sulle spalle.
"E perdermi questo show? Non sono mica scemo" mi bacia una guancia e poi si appoggia col mento sulla mia spalla destra.
"Lo show ideale per un risveglio traumatico. Attento che ti scotti, è ancora calda" lo avviso quando vedo che allunga le mani sulla padella, forse per metterla a lavare.
"Tanto sono già cotto" mette tutto nel lavandino e poi mi abbraccia da dietro appoggiandosi di nuovo a me.
"Eheheh che?"
"Hai idea di quanto eri sexy?" sussurra allungando queste cazzo di mani.
"Sono sexy in cucina? Ai fornelli? In uno dei ruoli stereotipati in cui il maschilismo più becero imprigiona le donne?" mi volto verso di lui nel tentativo di togliermelo di dosso, ma con scarsi risultati.
"In realtà intendevo ballando in vestaglia, ma onestamente questo è pure meglio, cazzo" scarsissimi visto che ora mi ha artigliato il culo e la sua bocca si sta avvicinando pericolosamente al mio punto debole sul collo.
"Ah quindi... anni di lotte per l'emancipazione della donna ridotte a un feticcio? Femminismo che ha senso di esistere solo per la gratificazione sessuale di te, uomo etero?"
"Piantala o mi tocca scoparti qui e adesso" si allontana dal mio collo giusto il tempo di farmi presente questa cosa all'orecchio, per poi tornare al suo lavoro.
"Eheh tanto non puoi" lo spingo via in maniera forse troppo impulsiva, mi volto di nuovo e inizio a riempire il lavello con acqua per poi prendere il detersivo per i piatti.
"Perché?" e però pure tu Eddie, se continui così non mi aiuti.
"Perché... perché c'è Meg di là..." e ancora con queste mani sui fianchi " E poi dobbiamo mangiare e devo andare a lezione"
"Allora, aspetta," Eddie chiude il rubinetto, mi prende la mano e, spingendomi a una sorta di piroetta, mi obbliga a girarmi ancora verso di lui "punto uno"
"Ahah hai pure i punti già pronti di prima mattina?"
"Sono nato pronto. Punto uno: Meg è di là, non è qui" prima allunga lo sguardo verso la porta, poi lo indirizza di nuovo verso di me e mi fa l'occhiolino.
"Però può arrivare da un momento all'altro" ribatto, ma non sono altrettanto veloce nel contrastare le sue mani, che iniziano a sbottonarmi la vestaglia.
"Basta stare attenti quando sentiamo Mariah Carey che si avvicina" scherza ironizzando sulla canzone che sta cantando adesso.
"E se siamo troppo distratti?" richiudo un bottone, lui me ne sbottona due.
"Punto due:" continua lui infischiandosene delle mie obiezioni "possiamo mangiare dopo"
"Ma dopo che?" si limita ad alzare lo sguardo per sorridermi, senza rispondermi.
"Punto tre: ti do io uno strappo in università così fai prima" e via altri due bottoni.
"Ma-" provo a ribellarmi, in maniera non molto convinta, e lui mi zittisce baciandomi, dolcemente, ma con una certa fermezza, e ora la mia vestaglia è completamente aperta.
"Dai, andiamo di là cinque minuti"
"Non saranno mai cinque minuti, Eddie"
"Scommettiamo?" la vestaglia è a terra e le mani sono sotto la mia maglia del pigiama e minacciano di far volare anche quella, almeno finché un dettaglio non cattura, in ritardo, la mia attenzione.
"Eddie, da-... ehm, scusa, ma cos'hai addosso?"
"Sono troppo vestito, vero? Adesso rimedio subito!" ammicca con le sopracciglia come uno scemo, fa per levarsi la camicia, ma lo blocco.
"No, intendo dire, non vedi cosa ti sei messo addosso? Non ti sei accorto?" inizio a ridere e solo adesso inizia ad avere un piccolo cedimento e a mollare la presa. Ne approfitto per ricompormi e recuperare la vestaglia da terra.
"Cos'è? Me la sono messa alla rovescia?" si guarda la camicia senza capire, e poi guarda me, imbronciato, quando mi rimetto la vestaglia.
"No, è dritta, ma è la mia, non vedi?" svelo accarezzandogli il petto con la scusa (anch'io però!) di indicare i taschini sulla parte anteriore della mia camicia a quadri, molto simile alla sua "La tua non ha questi"
"Oh cazzo, si vede che nel rincoglionimento del risveglio ho preso la tua anziché la mia, si assomigliano"
"Come hai fatto a non accorgertene? Non vedi che è da donna? I bottoni sono al contrario" gliene chiudo due e nel farlo constato quanto gli stia comoda la mia camicia. Molto, troppo comoda. Ci balla dentro. E' ovvio che non se ne sia accorto, se fossi una taglia 40 non ci sarebbe entrato neanche un suo braccio in questa cazzo di camicia. Invece no, non ci ha fatto caso, perché la sua ragazza è un peso massimo, doveva capirlo per il motivo opposto e cioè che ci sta dentro due volte.
"Ah! Ecco perché non riuscivo a chiuderla, cazzo! Mi sentivo scemo, per un attimo ho pensato di essere fatto o di avere un aneurisma o qualcosa del genere ahahahah"
"Tu non stai bene" scuoto la testa e prendo i piatti da sistemare sul tavolo, dandogli le spalle per evitare che veda la mia faccia, rabbuiata a causa dei pensieri di prima. Perché il mio cervello deve sempre rovinare i momenti migliori?
"Va beh, comunque è comoda e sa di te, penso la terrò. Posso?" mi giro incredula e quando lo guardo prende i lembi della camicia e se li chiude stretti sul petto, mimando un abbraccio, poi appoggia il naso al tessuto della manica e si finge inebriato dal mio profumo, emettendo un plateale sospiro soddisfatto.
"Da quale cazzo di commedia romantica sei uscito, me lo spieghi?" lo guardo perplessa e dentro di me lo ringrazio per avermi fatto dimenticare in un secondo i miei pensieri negativi del cazzo.
"Io non sono romantico e non faccio ridere" replica serissimo.
"E comunque il cliché dovrebbe essere al contrario: in qualsiasi romanzo rosa che si rispetti è la tipa che si alza al mattino e si mette la camicia o le magliette di lui, che ovviamente se ne compiace"
"E da quando in qua rispetti i cliché di genere? E' sempre e solo l'occhio maschile a dover essere compiaciuto?" si appoggia all'indietro al ripiano della cucina e così facendo i lembi della camicia si allargano di nuovo.
"Piantala o mi tocca... uhm... saltarti addosso qui e adesso" semicito la sua battuta di prima.
"Disse lei, dandomi un ottimo motivo per non piantarla" Eddie si riavvicina con fare minaccioso (sì, va beh...), ma stavolta gli va male e penso di non aver mai amato e odiato allo stesso tempo Mariah Carey così tanto come adesso.
"Somedaaay Hey Heeeey! Oh ciao ragazzi, buongiorno" Meg fa il suo ingresso in cucina e non so se non si accorge di me e Eddie perché la sua attenzione è tutta sul tavolo imbandito o se fa semplicemente finta.
"Ciao"
"Buongiorno Meg" io e Eddie ci allontaniamo come due calamite messe l'una davanti all'altra, Eddie si gira a cercare di allacciare i restanti bottoni della camicia, seppur al contrario, mentre io mi dedico alla distribuzione dei pancake nei piatti.
"Ho interrotto qualcosa?" mi correggo, se n'è accorta e non fa nemmeno finta di no, mentre spreme il cioccolato sui suoi pancake.
"Sì, un dibattito sul femminismo" Eddie mi dà un bacio volante sulla guancia e si siede a tavola.
"Non ce la fate a flirtare come le coppie normali, eh?" Meg mi strizza l'occhio mentre mi siedo anch'io, rassegnata ai suoi commenti.
"Non siamo normali presi singolarmente, figurati come coppia" osserva Eddie e non ha tutti i torti. Anche lui va sullo sciroppo di cioccolato, quindi l'unica a dare un po' di soddisfazione allo yogurt sarò io, ovviamente.
"Comunque quand'è che gli chiedi di trasferirsi qui?" Meg prima guarda me e poi, stavolta, l'occhiolino è per Eddie.
"Che??"
"Così prepari la colazione figa tutte le mattine"
"Se vuoi i pancake basta chiederli, non serve tirare in mezzo Eddie" borbotto mentre lui e Meg se la ridono sotto i baffi a spese mie.
"Hai chiamato Crowe?" Meg mi rifila un'altra stoccata quando è a metà del suo piatto ed è chiaro che stamattina sono il suo bersaglio preferito.
"No, non l'ho chiamato"
"E quando lo chiami?"
"Beh, non lo so, io-"
"Se vuoi ci penso io," Eddie mi salva in tutti i sensi, intervenendo nella conversazione e versandomi un altro po' di caffè nella tazza mezza vuota "glielo dico io quando lo vedo"
"Gli dici che Angie accetta?!" Meg rimane con la forchetta a mezz'aria davanti alla bocca aperta e sta per avere un'amara sorpresa.
"Veramente, no. Cioè, avevo capito di no, o forse sbaglio?" Eddie guarda alternativamente la mia coinquilina e me.
"No, non sbagli, come ti avevo già detto, ho deciso di rifiutare" lo rassicuro e mi preparo all'inferno.
"E PERCHE' CAZZO?" Meg fa cadere la forchetta nel piatto e mi guarda con rimprovero.
"Perché già lo sai, non è roba per me"
"E tu non le dici niente?" Eddie, che evidentemente ha apprezzato i miei sforzi culinari perché ha già spazzolato tutto, temporeggia qualche secondo con il tovagliolo sulla bocca prima di parlare.
"Ehm? Io? Perché? Che dovrei dire?"
"Come che devi dire?! Convincila, no?" Meg guarda entrambi come se fossimo degli idioti.
"Beh, ne abbiamo parlato. Personalmente penso sia un'ottima occasione, ma se Angie non se la sente, non se la sente. Non voglio metterle pressione o cose del genere" Eddie si alza, sistema il piatto nel lavello assieme alla tazza, dopo aver finito il suo caffè.
"Io invece ce la metto eccome la pressione, a parte che senza una spintarella esterna non faresti mai un cazzo di niente, non saresti nemmeno qui! E poi penso tu stia facendo una grossa cazzata a dire di no! E dovresti dirglielo anche tu, se ci tieni a lei" la mia amica scalpita sulla sedia, non si aspettava di trovarsi in minoranza.
"Ci tengo e proprio perché ci tengo voglio che sia libera di scegliere cosa fare. Se facesse il film solo per farci contenti, sarebbe inutile. Almeno io la penso così." Eddie espone la sua tesi per poi avvicinarsi di nuovo a me e darmi un altro bacio, rapido, sulle labbra "Vado a fare la doccia e vestirmi. Con i vestiti giusti, stavolta"
Lo guardo sognante mentre esce dalla cucina e si allontana, finché non incrocio lo sguardo interrogativo di Meg di fronte a me.
"Eheh è perché ha sbagliato camicia, si è messo la mia al posto della sua, perché al buio gli sembravano uguali eheh"
"Non è questa la spiegazione che cerco"
"In che senso?"
"Cosa gli hai detto?"
"A chi?"
"A Eddie? Per renderlo improvvisamente così attento a non urtare la tua sensibilità, cosa gli hai detto?" incrocia le braccia e mi guarda con sfida.
"Cosa ti fa credere che io gli abbia detto qualcosa?"
"Ti conosco. E, anche se un po' meno, conosco anche lui"
"Non può essere che semplicemente pensi quello che ha detto?"
"No. Non lo pensava quando ti ha obbligato a giocare a basket con la band, suonare la batteria alla festa di Cameron, salire sullo Space Needle, limonare davanti a un locale intero per due ore, non vedo perché dovrebbe aver cambiato idea adesso, a meno che tu non sia intervenuta in qualche maniera" Meg conta aggressivamente le mie imprese sulle dita.
"Non hai intenzione di finire i tuoi pancake?"
"No, non ti darò la minima soddisfazione culinaria finché non parli" e lo sa che la cosa mi da molto fastidio, sta usando le maniere forti.
"Ma non ho niente da dire"
"Che gli hai detto?"
"Niente"
"Che gli hai detto davvero?"
"Ahahah NIENTE!"
"Gli hai promesso dei favori sessuali?"
"E' il mio ragazzo, ha già i miei favori, non c'è bisogno che io glieli prometta"
"Favori un po' più trasgressivi dei soliti?"
"No!"
"E allora parla oppure questi pancake finiscono nel cestino" Meg prende il piatto, si alza e si piazza davanti alla pattumiera.
"Non ne avresti il coraggio"
"Scommettiamo?" mantenendo il contatto visivo con me, allunga il piede sul pedale lentamente, dopodiché con uno scatto fa aprire il coperchio.
"Va beh, non è che gli abbia detto una cosa specifica..."
"HA! Qualcosa gli hai detto, allora?" il coperchio si richiude, ma lei non si sposta.
"Gli ho parlato del fatto che non sarei a mio agio nel ruolo di attrice"
"Mmmm"
"E che avrei avuto troppe battute"
"E poi?"
"Che la presenza di Tim Burton mi avrebbe messa in difficoltà"
"Ok"
"E che sarei stata ipercritica e non avrei mai più voluto vedere quel film se io ci fossi stata dentro.. Anzi, che magari per il trauma non mi sarei più avvicinata a un set"
"Solo questo?" il piedino di Meg punta ancora sul pedale della pattumiera.
"Solo? Praticamente gli ho detto che avrebbe potuto mettere a rischio la mia intera carriera"
"Ok. E poi, che altro gli hai detto?" Meg non molla e ormai lo sento che sto per capitolare, non ho altra scelta.
"E beh, potrei aver aggiunto dei dettagli di trama..."
"ECCO. Parlami di questi dettagli" Meg ha capito di avermi finalmente in pugno e torna a sedersi a tavola, appoggiando il piatto davanti a sé.
"Potrei avergli detto che, scorrendo rapidamente il copione, avevo intravisto qualcosa che non mi andava di fare"
"Che cazzo ti sei inventata, Angie?" la mia amica scuote la testa e impugna di nuovo la forchetta.
"Non ho inventato niente! Gli ho solo detto che a un certo punto mi è sembrato di vedere una scena con..."
"Con...?"
"Con un bacio"
"UN BACIO?!"
"Un bacio, molto lungo"
"AHAHAHAHAH SEI PROPRIO UNA STRONZA!" Meg non si trattiene e ride tenendosi la pancia.
"Guarda che è vero! Il bacio c'è! Ce ne sono diversi! Solo, ehm, non esattamente nella mia scena"
"CHE BASTARDA!"
"E da quando ho accennato questa cosa a Eddie, è diventato improvvisamente molto comprensivo delle mie insicurezze"
"MA VA?! Chissà come mai?" Meg si ributta sui pancake, non prima di averci messo un altro po' di cioccolato.
"Non gli dirai niente, vero?"
"Guarda, sarei tentata perché per me sei fuori a rifiutare una parte nel film e tirerei in mezzo chiunque per convincerti, ma..."
"Ma?"
"Ma ammiro troppo la tua perfidia in questa cosa per farti sgamare"
"Io non sono perfida!"
"No, sei solo una piccola manipolatrice in erba che usa astutamente una debolezza altrui per il suo tornaconto... La mia Angie sta crescendo! Potrei quasi mettermi a piangere" Meg finge commozione e si asciuga delle finte lacrime con tovagliolo.
"Ahaha non ho manipolato Eddie"
"Hai usato la sua gelosia per fargli fare quello che volevi tu, come me lo chiami?"
"Ho solo fatto un discorso andando a toccare alcune corde..."
"Le corde giuste!" Meg si alza e mette il piatto nel lavandino assieme al resto.
"Non capisco se stai cercando di far leva sulla mia coscienza per portarmi a dire la verità a Eddie e accettare la parte o se apprezzi davvero la mia piccola manovra disonesta"
"Mmm un po' tutt'e due!" Meg esce dalla cucina e recupera giacca e borsa, io la raggiungo sulla porta "Comunque, alla fine, anche se manipolato, ha ragione Eddie: sei tu a decidere. E' che a me sarebbe piaciuto potermela tirare un po' in giro e dire Ehi, la mia amica è in quel film!"
"Metà della gente che conosci sarà in quel film. Comunque, quando sarò un'autrice di successo potrai dire Ehi, quello l'ha scritto la mia amica!"
"Non vedo l'ora! Va beh, ci vediamo stasera da Roxy"
"Ok, ciao"
"Mi hai seguita per salutarmi o per accertarmi che non vada da Eddie a spifferare tutto?"
"Ahahahahah per salutarti! Non lo faresti mai. Almeno, non adesso che è sotto la doccia"
"Mah, se volessi potrei anche, tanto quella gelosa nella coppia non sei tu" mi fa l'occhiolino ed apre la porta.
"Ciao Meg"
"E poi l'ho già visto in mutande, ormai" fa per allontanarsi, ma torna indietro.
"CIAO" le chiudo la porta in faccia per scherzo e lei la tiene aperta con un piede.
"E per me i ragazzi delle amiche sono tutti donne"
"VAI CHE E' TARDI, A STASERA!"
Il tarlo che Meg ha provato a mettermi in testa sul mio tiro mancino nei confronti di Eddie non fa neanche in tempo a insinuarsi nei miei pensieri quando il telefono inizia a squillare.
"Pronto"
"..." dall'altra parte, nulla.
"Pronto?" ripeto ed effettivamente mi sembra di sentire dei rumori attraverso il ricevitore. Più che linea disturbata, mi dà l'idea di qualcuno in attesa in silenzio con la cornetta in mano.
"C'è qualcuno o no?" nel momento in cui percepisco chiaramente un respiro mi raggelo. Mi guardo attorno per capire dove sia Eddie, perché non sento più il rumore dell'acqua, ma non lo vedo in giro. Vado a sbirciare in camera mia e non c'è, quindi probabilmente ha finito la doccia, ma è ancora in bagno.
"Sei tu?"
"..." ancora niente.
"Hai bisogno? Ti servono soldi?" chiedo a bassa voce, ma senza avere alcuna risposta, se non una brusca chiusura della telefonata.
Espiro profondamente, come se avessi trattenuto il fiato da un po', e forse è stato proprio così. Mollo il telefono sul tavolo, prendo il mio piatto e lo metto nel lavandino assieme a tutto il resto. Butto un occhio all'orologio. No, adesso non faccio in tempo, li laverò oggi pomeriggio. Un nuovo squillo del telefono mi fa sobbalzare, lo guardo per un po' senza fare niente, ma poi mi decido a rispondere, se non altro per evitare che Eddie si insospettisca ed esca a vedere che succede e perché nessuno risponde al telefono.
"PRONTO?!"
"Ehi, buongiorno anche a te! Cos'è, ci siamo svegliate con la luna storta stamattina?" la risposta dall'altra parte, stavolta, mi mette di tutt'altro umore.
"Ciao mamma! No, tutto ok"
"Insomma, sembrava volessi sbranare chiunque fosse dall'altro capo del telefono..."
"No è che... c'è qualcuno che si diverte a fare scherzi telefonici stamattina. Chiamano e non parlano, senza neanche un po' di fantasia, almeno si inventassero qualcosa"
"Della serie, se dovete rompere le scatole, almeno usate la creatività"
"Esatto"
"Va beh, come stai? Scusa se ti chiamo presto, ma almeno sono sicura di trovarti"
"No problem, hai fatto bene. Anzi, diciamo che mi hai trovata per un pelo perché tra poco devo andare a lezione" vado in camera mia a prendere i vestiti da mettermi, in attesa che Eddie esca dal bagno.
"Ecco, appunto. Finirà che dovrò prendere un appuntamento per parlare al telefono con te"
"Tranquilla, ho ancora tempo, possiamo avere la nostra appagante conversazione madre-figlia"
"Allora appaga la mia curiosità? Come stai? Come sono andate le vacanze?"
"Bene, ho lavorato un sacco!"
"Peccato si chiamino vacanze..."
"Va beh, mi sono anche riposata e ho fatto un sacco di cose che avevo in sospeso da una vita! Ho sbrinato il frigo, ho pulito i lampadari, ho lavato tutti i tappeti..." torno in corridoio mentre ripercorro tutte le tappe delle grandi pulizie di casa Pacifico-McDonald.
"Che strano concetto di riposo"
"Uff, sono uscita con Meg e gli altri, non sono stata in casa tutto il giorno"
"Non avevo dubbi. E come sta Eddie?"
"Eddie sta-" mi ha quasi presa in contropiede "Perché mi chiedi di Eddie? E soprattutto, come fai a conoscerlo?" già, come fai a conoscere il tizio che è appena uscito dal bagno coperto solo da un corto asciugamano legato non benissimo in vita che potrebbe cadere da un momento all'altro e che mi ha fatto l'occhiolino prima di infilarsi in camera mia.
"Oh me ne ha parlato tuo padre!"
"Te ne ha parlato?" infilarsi in camera senza chiudere la porta. L'asciugamano prende il volo e... NO, ANGIE, NON HAI TEMPO E SEI AL TELEFONO CON TUA MADRE.
"Sì, cioè, mi ha detto che hai un amico che si chiama Eddie e che l'ha conosciuto"
"E' successo mesi fa, perché mi chiedi dei miei amici adesso?" e perché proprio di Eddie, sarebbe la vera domanda. Ma non voglio calcare troppo la mano e insospettirla.
"No, è che sto guardando le foto che aveva fatto tuo padre quando è venuto a trovarti..."
"Ah, le famose foto che io non ho ancora visto" mi chiudo a chiave in bagno e metto in vivavoce, così posso lavarmi i denti nel frattempo.
"Eh perché le ha sviluppate solo adesso! Perdonalo, è stato presissimo col lavoro, l'ho visto anch'io a malapena"
"Lo so, lo so, è che mi aveva detto che me le avrebbe spedite"
"Infatti, sta andando giusto stamattina a spedirtele. Che poi sarebbe il motivo per cui ti ho chiamato, per dirti proprio questo"
"Oh perfetto! Ringrazialo"
"E...niente, siccome ho proprio davanti una foto di te con Eddie, mi è venuto in mente. Così"
"Così a caso"
"Certo. Comunque, come sta?" benissimo, ha passato la notte con me e adesso è nudo in camera mia.
"Bene! Da quello che so, almeno. Insomma, la band sta registrando l'album, non li vedo spesso come prima" brava, plurale, Angie, vai di plurale.
"Ma prima mi hai detto che sei uscita con gli altri durante le vacanze di primavera"
"Sì, certo, ma adesso è un po' che non li vedo. Comunque sono contenti, Stone mi ha detto che tutto sta procedendo bene" usare Stone come diversivo per distogliere l'attenzione da Eddie sarà stata una mossa azzeccata?
"Ah! Allora Stone l'hai visto più di Eddie!" no, non è azzeccata per un cazzo.
"Li ho visti alla stessa maniera, mamma, non farti strane idee, pensavo di essere stata abbastanza chiara a Natale" sbuffo e inizio a levarmi vestaglia e pigiama.
"Chiarissima! Va beh, sappi che le foto sono molto belle, adesso ti passo papà che ti deve dire una cosa"
"Ok?" mio padre? Che mi deve dire? Non vorrà chiedermi anche lui di Eddie, così, a caso.
"Ciao Angie, chiama tu la prossima volta, così non ti disturbo, va bene?"
"Non ti sarai offesa perché mi sto preparando mentre ti parlo?" mi vesto velocemente, l'unica cosa che non ho preso sono gli stivali, ma posso metterli dopo.
"No, ma chiama! Va beh, ti passo tuo padre"
"Ciao"
"Ehi Angie!"
"Ciao papà"
"Oggi ti mando tutte le foto di quando sono venuto da te, scusami, ma è stato un casino. E' da una settimana che vivo in camera oscura praticamente"
"Non ti preoccupare. Come sono venute?" metto il pigiama nella cesta del bucato, mi butto la vestaglia sulla spalla e, col telefono ancora in vivavoce in mano, esco dal bagno
"Ah benissimo! Sia quelle dei concerti sia quelle della festa in spiaggia, c'è un bel pacchetto pronto per essere spedito"
"Ecco adesso esci dalla camera oscura e stai un po' con mamma" quando entro in camera non perdo tempo, appoggio la vestaglia sulla sedia e corro a tappare la bocca a Eddie prima che possa emettere qualsiasi suono.
"Tranquilla!"
"Volevi dirmi qualcos'altro? La mamma mi aveva già detto tutto delle foto" quando sono sicura che abbia capito e mi fa un cenno con la testa, mollo la presa sulla bocca di Eddie e vado a sedermi sul letto per mettermi gli stivali, dandogli le spalle.
"Sì, volevo chiederti: conosci i Nirvana?"
"Sì, sono una band di queste parti, li ho anche visti due volte in concerto"
"Non come band, li conosci di persona?"
"Ehm beh, non proprio"
"In che senso? Li conosci o no?"
"Li conosco di vista! Più che altro il batterista..." ma cazzo, come mi escono?? Mi giro di scatto e vedo Eddie che si è bloccato con la mano sulla cerniera dei pantaloni e mi guarda male "e il bassista ci ho scambiato due parole, il cantante so chi è ma finisce lì"
"Perché loro ti conoscono"
"Che? E tu che ne sai?" perché sento che non sta per dirmi niente di buono? E perché cazzo ho tenuto il vivavoce? Ormai non posso toglierlo o sembrerebbe che voglio nascondere le cose a Eddie.
"Hanno suonato qui a Boise qualche giorno fa"
"Davvero?"
"Al The Zoo" quelli del management devono aver pensato si trattasse del vero zoo e volevano spedirci Kurt, sicuramente è così.
"E tu ci sei andato? Ma non eri pieno di lavoro?" dopo attimi eterni io riprendo ad allacciarmi gli stivali ed Eddie si chiude finalmente la patta.
"Sai come si dice, Troppo lavoro e niente divertimento..."
"Seh, e poi finisci a rincorrere la tua famiglia con un accetta"
"Appunto. Comunque gran concerto, energia pura! Ho fatto poche foto purtroppo. Il giorno dopo mi sono comprato il disco. Ne hanno fatte anche alcune nuove dall'album che deve ancora uscire"
"E cosa c'entro io in tutto questo?" se ha offerto da bere pure a Dave, giuro che urlo. Che cazzo è? Mio padre ha una specie di radar per i miei ex adesso? E ne deve parlare proprio ora con Eddie in ascolto?
"Oh perché a un certo punto sul palco il cantante ha detto una cosa sul fatto che era la prima volta che suonavano in Idaho e che finora non conoscevano nessuno di queste parti, tranne una ragazza che è proprio della nostra città. E ha detto che dovrà trovare un altro soprannome alla sua amica, ma è stato un discorso veloce e piuttosto criptico, tra un pezzo e l'altro. Tu ne sai niente?"
"Mmm non ne ho la più pallida idea onestamente" Eddie mi guarda e scoppia a ridere, io gli faccio segno di tacere e lui si copre la faccia con le mani.
"Ma sei tu l'amica, no?"
"Non credo proprio," io amica di quello lì?? Piuttosto mi cavo gli occhi a mani nude "chissà di chi parlava, ci sarà altra gente di Boise che si è trasferita a Seattle, non sono così speciale, sai?"
"Per quello ti ho chiesto se li conoscevi..."
"Sì, ma solo di vista e mica sanno di dove sono, non sanno nemmeno come mi chiamo eheh" Eddie si scopre la faccia e fa un verso come per dire Sì, come no!
"Oh va beh, allora è solo una coincidenza"
"Certo che sì"
"Ok, ora ti lascio. Vado alla posta e poi in redazione"
"D'accordo. Ciao e buon lavoro"
"E salutami Meg"
"Va bene"
"E Eddie" Eddie mi guarda ed esplode in un sorriso a cento denti, mentre fa ciao con la manina in direzione del telefono.
"Va- perché Eddie?"
"Così, mi è venuto in mente"
"Fammi indovinare: è la prima foto che ti è capitata davanti, vero?" bene, ora Eddie penserà che a casa mia ci sia un altarino con una sua foto, fiori e candele davanti a cui i miei genitori pregano tutte le mattine.
"Eheh in effetti sì, salutamelo quando lo vedi, è un bravo ragazzo"
"Sarà fatto. Ciao papà"
"Ciao Ray" risponde Eddie non appena ho messo giù.
"Se ti facevi sentire ti uccidevo!"
"La solita esagerata..." vestito di tutto punto, viene a sedersi di fianco a me sul letto.
"Ha! Non ci provare, è tardi e dobbiamo volare all'università"
"Non so di cosa stai parlando, volevo solo prendere questo" tutto strafottente, allunga le mani sotto il letto e tira fuori il suo zaino.
"Certo"
"Sono un bravo ragazzo io"
"Va beh, se il bravo ragazzo è pronto, è ora di andare"
"Ok, andiamo"
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"Come si dice Posso avere il tuo numero in svizzero?"
"Non esiste lo svizzero, Mike" la ragazza dello staff ha aperto appena la porta dei camerini, giusto il tempo per dirci Soundcheck in zehn Minuten, e quel coglione si è già innamorato.
"Come non esiste? E allora che cazzo di lingua parlano in questo paese?"
"Dove siamo adesso, cioè Zurigo, tedesco" mi limito al concetto chiave, abbiamo un soundcheck da fare e non ho voglia di spiegare al mio bassista il multilinguismo elvetico.
"Ok, come si dice in tedesco?"
"Chiediglielo in inglese, vedrai che ti capiscono lo stesso" Layne si alza e fa cenno a Starr, l'unico seduto, di fare altrettanto e seguirlo.
"Tutto il mondo parla inglese" sentenzia Sean il saggio.
"Dovresti averlo imparato, dopo la figura di merda dell'altra sera a Düsseldorf" Layne apre la porta del camerino ed esce, seguito a ruota da noi, ricordando il simpatico teatrino dell'altro ieri nel quale abbiamo quasi rischiato la vita per colpa di Mike. Un tipico lunedì sera degli Alice in Chains, insomma.
"ANCORA? Sentite, ho fatto un cazzo di commento in un cazzo di bar pieno di gente, pensavo mi aveste sentito a malapena voi, figuriamoci quei tizi!" Mike non ha tutti i torti, in quel bar karaoke c'era un casino assurdo. Non so come cazzo ci siamo finiti, penso che semplicemente fosse la fonte di alcol più vicina sulla strada tra il locale del concerto e il posto dove dormivamo. Eravamo tutti belli pieni quando un tipo in giacca di pelle e occhiali da sole, dopo aver distrutto The show must go on, ci è passato di fianco proprio mentre Mike ne coglieva un'inaspettata somiglianza.
"L'abbiamo pensato tutti che non somigliava per un cazzo a Freddie Mercury, ma ce lo siamo tenuto per noi, anziché urlarlo ai quattro venti!"
"Ma era troppo lui, cazzo! Era Fonzie coi baffi! Che poi, volendo dire, che cazzo ho detto di male? Mica gli ho dato del coglione"
"A dire il vero le parole esatte sono state Quel coglione, più che Freddie Mercury, sembra Fonzie con i baffi ah ah ah"
"Va beh, lui ha sentito solo la seconda parte"
"E meno male, se no lui e i suoi amici ci avrebbero preso a calci fin dentro all'albergo, anziché fermarsi fuori"
Arriviamo sul palco e attacchiamo con le prove senza perderci in altre chiacchiere. Siamo qui per suonare quattro canzoni davanti a un paio di migliaia di persone a cui non frega un cazzo di noi e che non vedono l'ora che ci leviamo dalle palle per potersi godere il concerto dei Megadeth, di cui siamo il gruppo spalla. Ma per noi è vita cazzo, suonare è suonare, basta che ci mettano su un palco e lo facciamo con chiunque e davanti a qualsiasi pubblico. Voglio dire, abbiamo aperto per tutti, dai fottuti Poison a Iggy Pop solo nel giro di un anno. In questo io e Andy eravamo davvero sulla stessa lunghezza d'onda, mi ricordo le nottate passate a fantasticare sui nostri futuri concerti immaginari negli stadi e nei templi del rock. "Madison Square Garden? Ci vado pure con i cazzo di Warrant pur di suonarci!" mi sembra ancora di sentirlo. Quanto cazzo mi manca? Beh, almeno i Megadeth mi piacciono anche se magari io non piaccio né a loro né ai loro fan. Siamo alla quarta data di questo tour europeo e ancora non abbiamo neanche scambiato una parola. Diciamo che non li abbiamo quasi nemmeno visti. E la gente? Beh, se è sono freddini va anche bene, quando va male ci tirano la merda sul palco. Se ci fosse Angie ci suggerirebbe di montare una rete protettiva come nei Blues Brothers... Ecco, meno male che il soundcheck è finito perché mi sta salendo la malinconia e ho bisogno di una birra, cazzo. Usciamo e senza parlare andiamo tutti nella stessa direzione, dritti verso il bar più vicino, sperando non sia karaoke pure questo. Quando vedo una cabina telefonica sull'altro lato della strada però, non posso fare a meno di attivarmi e fare una piccola deviazione.
"Devo... ehm devo fare una telefonata, ci vediamo dopo"
"Non puoi chiamare dalla stanza, scusa?"
"Oh no, Mike, perché il signorino non vuole farsi sentire, mi sembra ovvio!" Sean è già pronto sui blocchi di partenza della presa per il culo del sottoscritto.
"Ma chi devi chiamare? La stessa tipa di ieri?"
"Di ieri e dell'altro ieri..." continua il batterista.
"Ma i fatti vostri, mai?"
"E chi è questa tizia? Non ce lo dici?"
"Layne la conosce, è un'amica di Dem" Kinney è super informato sui fatti, come immaginavo Layne si è trattenuto, ma non fino in fondo e ha lasciato trapelare il minimo. Bene.
"Io coltivo la nobile arte del farsi i cazzi propri, quindi non so un bel niente"
"Bravo Layne!" dò una pacca sulla spalla al mio compare e faccio per allontanarmi di nuovo.
"Bravo un cazzo, noi siamo preoccupati per te!"
"Parla per te, io sono tranquillissimo e voglio solo andare a bere" e anche questo era prevedibile da parte di Sean. Ormai potrei scrivere io le parti di tutti nei nostri dialoghi, li conosco come le mie tasche.
"Non dargli retta, tu sei nostro fratello! Ne sei appena uscito per miracolo, dal disastro con Angie intendo, e adesso vai a rinfognarti in un'ennesima storia seria con un'altra??"
"Chi ti ha detto che è una storia seria?"
"Se vale tre chiamate intercontinentali, per me è seria"
"Ma sì, è una che ha appena conosciuto, è fresca e se la vuole tenere buona, no?"
"Vedo che sapete già tutto quindi non ho altro da aggiungere, ci vediamo dopo" mi allontano tra i versi e i fischi dei miei compari e li vedo procedere trascinandosi verso il bar dall'interno della cabina.
Prendo l'agendina dalla tasca interna della giacca e ovviamente la apro alla prima pagina, alla lettera A. Lo so che dovrei continuare a sfogliare, ma non ce la faccio, è come se mi bloccassi, come se andassi in corto circuito per qualche secondo. Infilo penso l'equivalente del nostro ingaggio di stasera in monete nel telefono e compongo il numero sbagliato di proposito. Che ore saranno adesso? Tipo le 9, le 10 del mattino, magari non è nemmeno a casa.
"Pronto" e invece c'è, cazzo.
"Pronto?" ripete e a quel punto realizzo che non ho parlato, perché in realtà mi sembrava di averle risposto e averle detto che sono io e che sono in una pausa tra soundcheck e concerto e che l'ho chiamata perché, tanto per cambiare, stavo pensando a lei.
"C'è qualcuno o no?" mi sembra di sentirmi mentre le racconto di Fonzie coi baffi, della più che necessaria rete sul palco, di Mike che ieri sera stava per abbordare una che gli ha detto che era al terzo anno di Gymnasium, pensando volesse dire che era una patita della palestra, prima che lo salvassi spiegandogli che era una cazzo di liceale.
"Sei tu?" vado in panico perché mi sono fatto sgamare come un coglione. Dopotutto, chi altri potrebbe chiamarla per poi fare scena muta? Oltretutto dall'estero... Sono proprio uno stronzo.
"Hai bisogno? Ti servono soldi?" a quel punto è come se mi risvegliassi da una specie di ipnosi del cazzo e attacco il telefono di botto. Soldi? Perché Angie dovrebbe pensare che la chiamo per soldi? La riposta è semplice: non mi ha sgamato per niente e pensava fossi qualcun altro. Ma chi? Chi potrebbe chiamarla al mattino chiedendole del denaro? In che razza di casino si è cacciata? Quando esco dalla cabina telefonica mi viene in mente che mi sono dimenticato di chiamare Heather come avevamo concordato, ma dopotutto che importa? I ragazzi pensano che io l'abbia fatto, alla fine è il gesto che conta. Raggiungo la band al bancone del bar con la testa piena di domande.
Le domande mi girano in testa fino al concerto e anche dopo. Alla fine lo show non va per niente male, a parte qualche monetina indolore, il pubblico ha reagito anche bene. Si vede che gli svizzeri sono più educati! E sono stato smentito due volte stasera perché, appena scesi dal palco, siamo stati subito intercettati da David Elleffson e Marty Friedman dei Megadeth che si sono complimentati con noi, confessando che non avevano idea di chi cazzo fossimo prima di sentirci e che secondo loro spacchiamo i culi, anche se il nostro nome non gli suona granché bene. Abbiamo passato la serata tutti insieme a tazzare, fumare e sparare stronzate, loro soprattutto perché a un certo punto Marty ha detto che ci vogliono proporre come band di apertura per il mega tour che faranno con Slayer e Anthrax una volta tornati a casa e secondo me era la droga a parlare. Non che non ce lo meriteremmo, anzi! Boh, io resto a guardare e vediamo che succede, sarebbe una figata, ma non voglio farmi i film per niente, preferisco vivermela giorno per giorno. Ma chi ti chiama per chiederti soldi di prima mattina? Magari è solo un'amica in difficoltà che Angie sta aiutando perché lei deve sempre aiutare tutti? O forse no...
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Capitolo 60 - Juke box, granoturco e apparecchi per i denti
Nel capitolo precedente: Angie e Grace visitano il set di Singles e incontrano Cameron Crowe. Grace vorrebbe andare a conoscere gli attori, ma Angie è troppo timida ed evita di incrociarli in tutti i modi, specialmente Matt Dillon. Il regista propone ad Angie una piccola parte nel film e lei ne rimane sconvolta. Non appena sente che Tim Burton dovrebbe fare un cameo nella sua scena, Angie sgattaiola via dal set. Eddie e Angie si vedono la sera stessa sotto casa di lei per fumare una sigaretta e fare due chiacchiere, un breve incontro incastrato tra gli impegni di entrambi. I due flirtano un po’ e Eddie lascia intendere che lei gli manca molto, anche dal punto di vista fisico. Angie si chiede come faranno quando lui sarà in tour con la band per lunghi periodi e Vedder le rivela qual è la sua “soluzione” al problema. Nel frattempo, Jerry ha intenzione di trascorrere una tranquilla serata a casa, ma i suoi piani vengono sconvolti da Layne e Demri, che lo incastrano in quello che pian piano scoprirà essere un appuntamento al buio con una ragazza. 
Seattle non è Los Angeles e la First Avenue non è di certo il Sunset Strip, ma percorrere questa via che attraversa quasi interamente la città da nord a sud è la scelta migliore se vuoi entrare nel cuore dell'Emerald City. Se poi vuoi incontrare un musicista o un artista di qualsiasi genere, la zona tra First Avenue e Pike Street, prima del mercato, o l'area di confine tra Belltown e Downtown, sono quelle da tenere d'occhio. Non per i locali di musica dal vivo, che di certo non mancano, ma perché qui si trova la combinazione ideale di beni e servizi particolarmente ricercata dalla categoria appena citata: sexy shop, banchi dei pegni, negozi dell'usato, negozi di dischi, spacciatori e, soprattutto, posti in cui mangiare e bere super economici. Che abbia firmato con una major oppure no, il musicista medio qui è comunque perennemente al verde e non potrebbe sopravvivere senza posti in cui poter fare un pasto decente con pochi dollari. Molti si chiedono come mai proprio a Seattle si sia sviluppata questa scena musicale così fervente, tirando in ballo nella discussione le radio universitarie, le fanzine, le etichette indipendenti da una parte, l'isolamento, il freddo la pioggia e il non avere un cazzo da fare se non stare a casa e ascoltare o fare musica dall'altra. Secondo me però non ci sarebbe Seattle sound senza i caffè, le tavole calde e i bar che sfamano e dissetano gli artisti squattrinati che vivono qui da sempre o che vi si trasferiscono per far parte della scena.
Il Frontier Room è uno di questi santi posti. Apre alle sei del mattino e per le sette e mezza potrebbe benissimo metterti già ko. Bere qui costa poco e i baristi sono noti per avere la mano pesante. Sono al bancone con Layne, per un secondo round dopo il primo giro di presentazioni, chiacchiere e alcol con Demri e Heather. Devo dire che quella ragazza non è male, non è nemmeno come me l'aspettavo. Non so perché, ma dal nome mi immaginavo una specie di bomba sexy tutta tette e permanente... non che io abbia nulla contro le tette o la permanente, ci mancherebbe! E non voglio dire nemmeno che sia brutta, anzi. E' una bella ragazza, alta e magra con gambe kilometriche, occhi chiari e capelli scuri, potrebbe tranquillamente fare la modella e farebbe la sua porca figura, anche sfilando col maglioncino bianco e i jeans che ha su adesso. Sembra anche simpatica e alla mano, insomma, sarebbe anche il mio tipo. Se me ne fregasse qualcosa. Layne si allontana con i gin tonic per lui e Dem, mentre io osservo il barman che prepara i due whisky e coca per me e Heather contemporaneamente. Praticamente riempie i bicchieri di whisky fino a metà, poi prende la coca e, mentre si gira a parlare con un altro tizio, non si accorge che la maggior parte della bevanda che versa manca il bersaglio e finisce per infradiciare lo straccio che sta sopra il bancone. Quando termina lo scambio di parole, nota che i bicchieri sono ancora poco meno che mezzi vuoti e allora ci butta dentro un altro po' di whisky. Questo è il segreto del Seattle sound: i posti che ti danno più whisky che coca, spero vivano per sempre.
Prendo i bicchieri e faccio per andare al tavolo dei miei amici, quando intravedo uno sbaciucchiamento in corso proprio tra Layne e Demri. Nulla di esagerato, ma abbastanza da farmi fare una piccola inversione a U in cerca di un diversivo, che si materializza proprio davanti a me sotto forma di juke box. Appoggio i bicchieri sull'apparecchio e mi metto a spulciare i titoli per perdere un po' di tempo, scusa Heather! Passo un bel po' di musica country, non perché non mi piaccia, ma perché non sono nel mood giusto. Garth Brooks, Bob Seeger, c'è un po' di classic rock, ma continuo a scorrere, un po' perché voglio essere sicuro di trovare labbra scollate al mio ritorno, un po' perché nulla mi colpisce particolarmente. Eagles? Ugh... Scorpions. Mi fermo, per un doppio motivo. Numero uno: amo questa band. Numero due: Angie odia questa band. Credo di non averla mai sentita pronunciare una parola cattiva nei confronti di nessuno, a parte gli Scorpions, Bon Jovi e... ehm, beh, il sottoscritto. C'è Love at first sight, scontato, c'è Animal Magnetism, che è il mio album preferito, c'è pure Crazy world, l'ultimo, un buon lavoro, ma sicuramente il più commerciale. E io proprio lì vado a cadere.
Wise man said just walk this way
To the dawn of the light...
Kenny Rogers finisce proprio quando arrivo al tavolo con i drink, Send me an angel comincia e i miei tre compagni di serata mugugnano quasi in contemporanea. E non sono i soli perché posso quasi sentire un unico lamento percorrere tutti gli avventori del bar uno dopo l'altro mentre ascoltano la ballad e riflettono sul senso della propria vita. Un po' troppo deprimente forse, eh? La serata sembra tutto d'un tratto più silenziosa e più fredda e forse nemmeno il whisky e coca super carico è abbastanza forte per questa canzone. Penso di aver ufficialmente rovinato la serata a tutti, almeno finché Heather non si alza, e a quel punto penso di averla rovinata soprattutto a lei. E a Dem e Layne che in fondo vogliono solo che socializzi come una persona normale e non mi sembra chiedano troppo, ma perché è diventato tutto così difficile tutto d'un tratto? La ragazza però non tira su giacca e borsa per alzare i tacchi e andarsene con una scusa come pensavo, ma prende solo un paio di monete dalla tasca, mi fa l'occhiolino e con poche falcate raggiunge il juke box. Con lo stesso sorrisetto stampato in faccia scorre i titoli, inserisce i suoi quarti di dollaro, preme i pulsanti e torna al tavolo, mentre la mia canzone sfuma, lasciando il bar in un silenzio quasi totale e surreale. Heather non si siede, ma ci guarda, si guarda attorno e si rivolge a tutto il locale proprio mentre partono degli accordi decisamente più grintosi di Rudolph Schenker.
“Gli si sono accavallate le dita e ha sbagliato a schiacciare, tutto qui!” Heather alza le braccia e poi punta lo sguardo su di me, prende il bicchiere e bevendo un bel sorso di whisky praticamente puro e inizia a cantare, qui, in mezzo al bar, come se nulla fosse. La cosa mi stupisce, ma quello che mi sorprende di più è che io la seguo a ruota.
I look in your eyes, I really think you're fooling me
You're pretty and nice, it doesn't matter don't you see
Cantiamo Falling in love degli Scorpions in un duetto, ma solo fino al primo ritornello, perché da lì in poi diventa un coro, prima del nostro tavolo, poi di tutto il bar. La mia memoria potrebbe tranquillamente tradirmi, ma penso sia la prima volta che contribuisco a dare il via a un coro da bar. E' facile far cantare il pubblico ai tuoi concerti, ma molto più difficile svegliare un gruppo di ubriaconi in locale anonimo una sera freddina e umida di marzo. A volte bastano le dita giuste per risolvere una serata.
“Adoro quell'album” commento con Heather che annuisce, un bel pezzo dopo la fine del coro.
“E' il disco della svolta.” fa lei, poco prima che Dem e Layne si allontanino con la scusa delle sigarette “La mia preferita è The Zoo, ma quella era più orecchiabile”
“Eheh sì, più da karaoke. Comunque The Zoo è un pezzone, sei la prima ragazza che incontro che conosca così bene gli Scorpions” tralasciando Angie che, proprio perché li conosceva bene, vomitava solo al sentirli nominare, davvero non mi ricordo di nessuna fan in particolare. Beh, a parte lei, ma non era così sfegatata.
“Oh cavolo, Jerry, mi dispiace” Heather si fa subito seria e appoggia la sua mano sulla mia, che riposa accanto al posacenere dopo averci appena spento una sigaretta.
“Eheheh beh, non è grave, insomma, ben vengano i buoni gusti musicali, ma non sono tutto, cioè, mi fa piacere quando trovo qualcuno che condivide i miei interessi, ma non è fondamentale”. Insomma, la musica è la mia vita, ma ho smesso di scegliere gli amici in base ai gusti musicali nel 1980, più o meno.
“No, intendevo dire, mi dispiace... ma non verrò a letto con te” scuote la testa e mi guarda con aria contrita, come se mi stesse facendo le condoglianze.
“Che?”
“Non ci vengo a letto con te, non farti strane idee”
“Oh. Ok. Ma cosa c'entra?”
“Volevo essere onesta con te, prima che iniziassi a provarci. Ma non potevo dire niente prima, davanti a Demri, ci teneva così tanto a questa uscita”
“Chi ti dice che volessi provarci?”
“Lo stai già facendo... Sei la prima ragazza che incontro che ama gli Scorpions, uh!” dopo questa sorta di imitazione mi spinge via la mano ridacchiando e finisce il suo drink.
“Allora, capisco che possa sembrare una frase di pseudo-rimorchio e ammetto di aver usato qualcosa del genere in passato, ma ti giuro che in questo caso l'intenzione non era assolutamente quella”
“Seh come no! Guarda che non devi fare finta con me, è normale che uno si aspetti qualcosa da un appuntamento al buio, non te ne faccio mica una colpa” Heather allunga le mani sul mio pacchetto di sigarette senza chiedere, ne prende una e se l'accende col mio accendino.
“Certo che è normale, ma la normalità non mi appartiene molto ultimamente. Ti assicuro che era una semplice osservazione, non ci stavo provando. Se vuoi saperlo, visto che è il momento della verità, non ci volevo neanche venire stasera”
“Ma davvero?”
“Ero a tanto così dal tirarti un pacco clamoroso”
“Disse la volpe che non poteva arrivare all'uva...” Heather ammicca e mi soffia il fumo in faccia.
“Ahahah so cosa sembra, ma non è così. Farei sicuramente una figura migliore se ti assecondassi e andassi dietro alla tua storia, invece no. Sono molto più patetico di così” non so per quale motivo, forse è perché in fondo non la conosco, è un'estranea, ed è più facile essere onesti con gli sconosciuti; un po' sarà anche il suo modo di fare, molto schietto, ma dire la verità mi sembra la cosa più facile del mondo in questo momento, al tavolo con Heather.
“Patetico? Che vuoi dire?”
“Che fino a qualche mese fa non solo ci avrei provato con te, ma ci sarei anche riuscito e a quest'ora staremmo già guidando verso casa mia”
“Ahahah anche se ti avessi detto che non avevo la minima intenzione di dartela?”
“Certo e l'avrei fatto in un modo talmente sottile da farti credere di essere stata tu a cambiare idea, anzi, ti avrei convinta che anch'io non ci pensavo proprio e che il tutto stava succedendo totalmente per caso”
“Che poi è... quello che stai facendo adesso? O sbaglio?” mi sorride curiosa e anche se pensa di avermi sgamato, non sembra irritata. E' perché mi crede? E' perché sta al gioco? Boh.
“No no, adesso mi sto proprio mettendo a nudo, non sto usando tattiche, te lo giuro”
“E allora cos'è successo in questi mesi che ti ha cambiato così drasticamente?” ecco, la domanda fatidica. Prendo la giusta rincorsa con un bel respiro profondo e vado.
“Mi sono innamorato di una ragazza, le ho spezzato il cuore, sono stato mollato e non mi sono più avvicinato a un altro essere di sesso femminile da allora, che poi sarebbero tre mesi fa, più o meno”
“Oh. Beh, hai fatto una bella sintesi”
“Sono andato dritto al sodo, almeno nei discorsi sono ancora capace di farlo” cos'è, ho iniziato il percorso dell'autoironia? Beh, un po' funziona, mi viene da ridere e lei sghignazza con me.
“Sai, la tua sintesi è molto simile alla mia. Beh, nella sostanza, intendo. Anch'io mi sono innamorata, sono stata mollata da un po' e non mi sono ancora ripresa”
“Mi dispiace”
“Solo che io sono quella a cui è stato spezzato il cuore. Beh, mi ha mollata per un'altra, insomma”
“Capisco cosa stai passando, davvero. Non è una tattica di rimorchio!” ribadisco cercando di farla ridere ancora.
“Ho ucciso il mood, vero? Come tu con quella cazzo di canzone di prima!”
“Nah, io ti ho battuta su tutta la linea, mi spiace! E ti batto anche come storia triste, perché sono così messo male che i miei amici mi presentano ragazze sperando di tirarmi su e invece io finisco per farle scappare parlando della mia ex”
“Ahah e perché io? Cosa credi sia qui a fare stasera? Demri non ne può più di vedermi piangere in pausa un giorno sì e l'altro pure. E non è la sola. Le mie amiche mi spingono a conoscere tipi, ma non capiscono che così è peggio!”
“Esatto! Non so se è così anche per te, ma... è difficile da spiegare. Quando devi dimenticare qualcuno la soluzione migliore sarebbe evitare tutto ciò che ti fa pensare a quel qualcuno, no? Ecco, un appuntamento con un'altra è la prima cosa che mi fa pensare alla mia ex perché...”
“Perché è la cosa che facevi con lei! Anch'io la penso così. Esci con uno e ti vengono in mente le stesse situazioni e...”
“E fai i confronti!”
“Ovvio, come cazzo fai a non farli!”
“Sai perché ho scelto gli Scorpions al juke box?”
“Perché hai dei ricordi di lei con quella canzone?”
“Perché le stanno sul cazzo, li odia!”
“Ahahah”
“Era da un po' che scorrevo tutti i titoli di quel cazzo di juke box e non c'era un nome che mi facesse sentire qualcosa, e la musica è la mia vita, sia chiaro. Poi è bastato che mi cadesse l'occhio su quel nome e ciao”
“E poi ti ho pure detto che a me piacciono”
“Già! Dimmi come potrebbe questa serata farmi dimenticare Angie, non può”
“Io dopo cinque minuti che sei arrivato avevo già fatto il confronto mentale tra le tonalità di biondo dei tuoi capelli e quelli di Rob, oltre che delle vostre altezze e del modo di ridere”
“Siamo messi proprio male, qua ci vuole un brindisi!” esclamo, mentre verso un po' del contenuto del mio bicchiere nel suo, per poi tornare serio per un attimo “Se non ti fa schifo”
“Ahahah no, figurati! Brindiamo, ai cuori infranti e patetici!”
“Cin cin” i nostri bicchieri si toccano per poi essere svuotati alla goccia da noi.
“Sei simpatico, se non fossi a pezzi ci sarei stata con te. Sei anche carino”
“Ah sì?”
“Sì, alto, capelli lunghi, musicista... sei praticamente il mio tipo”
“Wow, grazie, ne sono lusingato”
“E almeno mi capisci. Invece dovrò passare per chissà quanti altri appuntamenti al buio”
“Beh, magari prima o poi troverai qualcuno che ti prenderà talmente tanto da farti dimenticare persino come si chiama il tuo ex”
“Eheh dopo quello che ci siamo detti, non sei credibile, mi dispiace”
“Beh, basta dire alle tue amiche che non vuoi uscire con nessuno per il momento”
“Pensi che non l'abbia fatto? Come se fosse indispensabile avere qualcuno, voglio dire, che c'è di male ad essere single?”
“Single e contenti!”
“E poi il sesso è sopravvalutato”
“Beh...”
“Sì, è figo, non dico di no, ma non è che mi manchi poi così tanto. Non è la cosa che mi manca di più di Rob, questa è la prova che non è fondamentale”
“In effetti anch'io non è che stia facendo fatica. E non ero uno che si risparmiava, anzi...”
“Scommetto che il tuo non risparmiarti ha a che fare col modo in cui hai spezzato il cuore alla tua ex, o sbaglio? Non ti sto giudicando, eh! Tutto facciamo degli errori, siamo umani”
“Che dire, hai colpito nel segno. Invece adesso le tipe che girano nel backstage dei nostri concerti nemmeno le guardo, non le vedo, non ne ho voglia”
“SENTI, HO AVUTO UN'IDEA!” Heather batte forte il palmo della mano sul tavolo, tanto da far girare verso di noi anche i tizi seduti al tavolo accanto.
“Che idea?”
“Siamo nella stessa situazione e abbiamo lo stesso problema. Perché non possiamo essere l'uno la soluzione del problema dell'altra?”
“Eh?”
“Mi è venuto in mente in questo momento, magari è una cazzata, ma secondo me no, può essere la svolta!”
“Vuoi spiegarti meglio?”
“Allora, tra poco Demri e Layne torneranno al tavolo, capiranno che non c'è trippa per gatti, vedranno che ognuno di noi tornerà a casa sua e che non ci scambieremo nemmeno i numeri e cosa faranno la prossima volta?”
“Ci romperanno le palle chiedendoci perché non è andata?”
“Questo lo faranno adesso, subito. Ma la prossima volta che faranno?”
“Che faranno?”
“Ci presenteranno qualcun altro! E ancora e ancora e non finirà mai!”
“Io sto per andare in tour coi ragazzi, mi chiederanno di fare il quarto ogni volta che rimorchieranno qualcuna con amica al seguito”
“E perché, Dem? Conosce tutta Seattle, hai idea di quanti musicisti alti e capelloni siederanno al tuo posto?”
“E la tua soluzione quale sarebbe?”
“Lasciare un po' di trippa per i gatti”
“Cioè?”
“Non diciamogli che non è andata” Heather fa spallucce come se mi stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo.
“Vuoi fargli credere che ci stai?”
“Gli facciamo credere che ci piacciamo, ci scambiamo qualche effusione...”
“Effusione?”
“Per finta! Ci scambiamo anche i numeri. Tanto tra poco tu vai in tour, no? Al massimo mi chiami una volta o due, giusto per rendere più credibile il gioco anche per la mia coinquilina. I tuoi amici vedono che sei preso da me e sei tranquillo e non ti rompono il cazzo con altre tipe col rischio di incasinarti di nuovo”
“E le tue amiche la piantano con gli appuntamenti al buio”
“Ci guadagniamo tutti e due”
“Mmm”
“Lo so che l'archetipo dei finti fidanzati è stra-abusato e può sembrare un cliché da commedia romantica alla John Hughes, ma ti assicuro che non ho secondi fini. E qui sarebbe per una giusta causa: la nostra sanità mentale” Heather mi guarda tutta speranzosa. Tutto sommato non sta dicendo una cazzata e, finzione o meno, ha degli occhi a cui è difficile dire di no.
“E' talmente assurdo che potrebbe funzionare”
“CHE COSA?” sono così concentrato sul piano diabolico di Heather che non mi accorgo del ritorno dei nostri amici, né di Demri che si avvicina per urlarmi nell'orecchio.
“Che cosa, cosa?” domando facendo il finto tonto.
“Cosa potrebbe funzionare?” ripete lei riaccomodandosi assieme al suo bello.
“Tra noi! Abbiamo scoperto di essere molto diversi, ma anche molto simili, vero Jerry?” Heather mi strizza l'occhio e si avvicina un po' di più a me con la sedia.
“Vero! Hai fatto bene a trascinarmi qui, amico, sai?” allungo il braccio attorno alle spalle della mia nuova complice mentre Layne mi guarda meravigliato.
“Sul serio? Beh, bene...” ma non senza sospetto.
Non mi sto andando a cacciare in un altro casino, vero?
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"Il tuo primo bacio? Quando è successo? Con chi? Racconta un po'..."
Io e Grace siamo nel pieno della nostra sessione quasi quotidiana di Domande random post-coito per conoscerci meglio, ospitata come sempre dal divano di casa sua. Il divano di Grace è la sede ufficiale di tutto ciò che facciamo, in pratica, che abbia a che fare col sesso, il post-sesso, il niente sesso, ascoltare dischi, mangiare, guardare la tv, guardare gli acquari o cazzeggiare. Io per altro ci dormo anche, perché il letto di Grace ahimè è ancora offlimits. Perché il discorso che le ho fatto l'altra sera era perfetto e lo so che le mie parole hanno fatto centro, ma intanto di fare l'amore senza i suoi stivali non se ne parla, di dormire assieme tanto meno. E allora siamo qui, io in mutande, lei con addosso la mia maglietta e le sue immancabili calzature, sul divano che ormai ha assunto la forma dei nostri corpi, specialmente del mio, a mangiare anacardi tostati e a farci domande per conoscerci, quando in realtà basterebbe spogliarci completamente e andare di là per avvicinarci veramente. Ma tant'è, l'intimità è fatta di tante cose e per costruirla ci vuole un sacco di tempo. Pazienza ne ho, è solo che ho il brutto vizio di voltarmi e buttare sempre l'occhio alla strada più facile, mentre arranco sul sentiero più impervio e considerato unanimemente il più efficace.
"È successo in prima media, con una bambina dai capelli rossi che non mi piaceva" ricordo mentre lo scettro del potere, ovvero la ciotola di anacardi, passa dalle mani di Grace alle mie.
"Non so perché, ma mi aspettavo una risposta del genere. Era pazza anche lei?"
"Mmm no, Jane era normale, per quanto possa considerarsi normale una ragazzina di undici anni. Era simpatica, una a posto, ma non una che avevo intenzione di baciare"
"E com'è andata?"
"Stavamo tornando a casa da scuola, abitavamo nella stessa strada. Eravamo scesi dallo scuolabus e camminavamo insieme, casa sua era prima della mia, quando ci siamo arrivati e la stavo salutando, lei ci ha provato"
"Le ragazze che prendono l'iniziativa sono un elemento ricorrente nella tua vita, ci hai fatto caso?" Grace allunga la mano nella ciotola e prende una manciata consistente.
"Sì. Però con te no, ti ho baciata io" diamo a Cesare quel che è di Cesare.
"Va beh, e tutto il lavoro per arrivare al bacio? Dove lo mettiamo? Me lo sono smazzato io, bello!" va beh, anche lei, sempre a mettere i puntini sulle i.
"Dettagli"
"Comunque, Jane ha provato a baciarti e tu?"
"Io sono andato nel panico, ovviamente"
"Ovviamente"
"E mentre le sue labbra ci avvicinavano pericolosamente..."
"Sei scappato?"
"No, le ho detto la prima cosa che mi è passata per la testa"
"Cioè?"
"Che avevo appena vomitato"
"Ahahahahah cosa???" il divano trema un po' sotto di lei che se la ride.
"Te l'ho detto, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente! E mentre cercavo di spiegarle che doveva essere stato il polpettone della mensa, che era per forza andato a male e che l'avevo vomitato nel bagno della scuola prima di uscire, lei mi ha spiazzato"
"Ha vomitato anche lei?"
"No ha detto Non fa niente, ha fatto spallucce e mi ha baciato lo stesso! Ti rendi conto?"
"Wow dovevi piacerle proprio tanto"
"Quindi non era poi così tanto normale come sembrava"
"Devi avere una bella cotta per essere disposta a baciare una bocca che ha appena vomitato"
"No, devi essere malata! Comunque è stato un bacio bagnato e freddo. E non ce ne sono stati altri tra me e lei. Per sicurezza comunque da allora in poi sono andato a scuola in bici"
"Non ti ha traumatizzato per niente, nooo"
"E invece tu?"
"Ah la mia storia è meno divertente. Avevo dodici anni, lui uno in più, io avevo l'apparecchio ai denti, lui pure. Non ci siamo incastrati o cose del genere, ma c'è stata qualche difficoltà tecnica, mini-scontri metallici, è stato un po' imbarazzante, ma carino" il sorrisetto che le si è stampato in faccia nel rievocare il ricordo mi fa quasi ingelosire.
"E il vostro bacio carino è stato il primo di una lunga serie?"
"No, il giorno dopo lui si è messo con la mia amica" ed ecco sparire il sorriso sognante, sostituito da un mezzo ghigno rassegnato.
"Ahia. Lei era senza apparecchio? Sarà stata una questione di accessibilità, non la prendere sul personale"
"In effetti no, non lo portava!"
"Dai, altra domanda, però stavolta tocca a me" riprendo in mano la situazione e faccio finta di improvvisare un quesito che invece mi sono preparato da un po'.
"Ok"
"Con quanti ragazzi sei uscita dopo l'operazione?"
"Oh. Wow, bella domanda"
"Io faccio solo belle domande"
"Ecco, dovresti chiarire prima di tutto cosa intendi per uscita"
"Almeno un appuntamento, serale, da soli" elenco le condizioni primarie su tre dita.
"Ok, beh, questa sì che è una definizione precisa"
"Ti aspettavi forse qualcosa di diverso da me?" appoggio la ciotola degli anacardi sul tavolino e incrocio le braccia, voltandomi verso di lei, preparandomi alla sua risposta e al discorsone che ne seguirà.
"Eheh assolutamente no"
"Quindi?"
"Mah non so, una decina"
"Una risposta più precisa, adeguata alla domanda?" lo so, non è fondamentale avere il dato preciso, ma già che ci siamo, voglio sapere.
"Aspetta..." Grace, dopo un ultimo boccone, si sfrega le mani dal sale degli anacardi e poi la vedo iniziare a contare mentalmente e con le dita.
"12"
"Me compreso?"
"13" si corregge sorridendo compiaciuta.
"E a quanti di questi hai rivelato il tuo segreto?"
"A tutti, tranne due. Quindi undici"
"E con quanti di questi c'è stato un secondo appuntamento?"
"Mmm sei"
"E con quanti hai fatto sesso?"
"Oddio, dove vuoi andare a parare?" Grace comincia a insospettirsi, ma io non mollo.
"Quanti?"
"Quattro"
"E di questi quattro, quanti hanno anche dormito con te?"
"Dobbiamo proprio parlarne?" non è arrabbiata, giusto un pochino imbronciata.
"Sì"
"Uno"
"Ok. E questo tizio era tanto migliore di me?"
"Stone..."
"Era un santo, un empatico, un premio Nobel per la pace...?"
"Direi di no"
"Uno psicologo, un terapeuta, un medico?"
"No e non era nemmeno un campione di sensibilità, se devo dirla tutta"
"Ottimo! Esattamente come me. Quindi, che ne dici se stanotte diamo una tregua alla mia schiena e ci facciamo una bella dormita in camera tua?"
"Devi capire che non è facile"
"Ma va? Davvero? Lo so che è difficile Grace e anche se non lo avessi capito da solo, diciamo che una media di uno su tredici sarebbe stata una prova schiacciante, non credi?"
"Ci ho messo un sacco ad accettarmi, è stata dura riuscire a guardare me stessa, figurati farmi vedere e toccare da un'altra persona"
"Grace, lo so, ok? Lo so. Però ti faccio una domanda" la prendo per mano, forse più per bloccarla che per consolarla.
"Un'altra??"
"Dobbiamo conoscerci, no?" le prendo anche l'altra e lei dà una stretta a entrambe.
"Sì, ma di questo passo ci diremo tutto stasera e da domani di che parliamo?"
"Ahah, secondo te mancano gli argomenti di cui parlare? A me? Mi sottovaluti"
"Ok, cosa vuoi sapere?" sospira rassegnata.
"Non ti fai vedere perché sei a disagio tu o perché non vuoi mettere a disagio me?"
"Stone è... entrambe le cose"
"Ma in percentuale?"
"Come faccio a quantificare? Non so, cinquanta e cinquanta"
"Cazzate"
"Ahahahah come fai a dirlo?"
"Cosa cambia se adesso ti togli questi stivali davanti a me? Per te nulla, tu sei tu, l'unica variabile sono io e come potrei reagire. È questo che cambia ed è questo che ti preoccupa"
"E secondo te la tua reazione non ha a che fare con me? Non ha nessun effetto? È ovvio che la cosa mi preoccupi"
"Certo, ma capisci anche che non è una cosa evitabile? Cioè, prima o poi dovrà accadere, non posso dormire in eterno su questo divano e tu non puoi portare stivali in casa per sempre"
"A volte metto anche scarpe normali e pantaloni larghi" puntualizza sapendo benissimo che non è quello il punto, ma comportandosi come se lo fosse.
"Sì e quando li metti vuol dire che non vuoi fare sesso" la so alleggerire anch'io una conversazione, sai?
"Ahahahah"
"Ho imparato a riconoscere i segnali, che ti credi"
"Comunque lo so che prima o poi succederà. Vorrei solo prendermi il mio tempo"
"Perché se ti vedo tra un mese il tuo piede sarà meno assente di adesso? Cioè, l'inesistenza del tuo piede è inversamente proporzionale al tempo che passa?" sarà una buona idea fare battute sarcastiche in questo momento? Sì, perché se non le facessi non sarei io, sembrerei falso, e io invece voglio che tutto sia il più vero e onesto possibile.
"No, ma avrai più tempo per abituarti all'idea"
"E perché dovrebbe essere un tuo problema?"
"Eh?" Grace mi guarda male, come se l'avessi insultata, quindi forse è il caso di spiegarmi meglio.
"Perché così torniamo alla mia domanda di prima: sei più a disagio per te stessa o è più un non voler mettere a disagio me? Perché se è la seconda, sappi che non devi, perché non è compito tuo. Non è tuo compito pensare a come far sentire a suo agio il tuo ragazzo quando sta con te, quelli sono cazzi miei, è la parte del lavoro di coppia che devo fare io, è una mia responsabilità, non tua. Sarà una passeggiata? No. Sarò del tutto indifferente alla cosa? Col cazzo, ma sono io a dover gestire le mie paure e le mie reazioni, non tu"
"Ci stai proprio scomodo su questo divano per essere così convincente, eh?" le esce bene perché mantiene un'espressione serissima, eccezion fatta per un sopracciglio leggermente inarcato.
"Non me ne frega un cazzo del divano"
"Lo so, ero sarcastica"
"Beh non puoi esserlo quando io non lo sono"
"La luce deve rimanere spenta" la luce sarà spenta, ma io finalmente vedo uno spiraglio di luce.
"Va bene, andrò a tentoni, tastando i peluches nell'oscurità in direzione del letto"
"E le mani devono stare lontane dalle gambe"
"Ma io le tengo lontane da tutto se vuoi, me ne sto dalla mia parte e non mi muovo, se vuoi ti avvicini tu. Insomma, se proprio devi"
"La protesi la devo togliere quando dormo"
"Sono così ignorante che non lo sapevo, vedi quanto sto già imparando con te? Comunque va bene"
"Però ho la calza"
"Ok"
“E' una calza apposta, che si mette sopra... copre il tutto, insomma”
"Tanto al buio non la vedo”
“Ok”
"Allora... andiamo?" mi alzo lentamente dal divano, senza lasciar andare le sue mani, che ho tenuto per tutto il tempo.
"Andiamo" si prende un momento, poi si alza anche lei.
"Comunque non serve che la spegni subito la luce. Indossi la mia maglietta e sotto sei completamente nuda, chi li caga i piedi? Ma poi, in generale, non è che la gente si guardi continuamente i piedi interagendo. Do per scontato che la gente li abbia, però non è che stia lì ad osservarli. Tu li hai mai visti i miei piedi? Onestamente mi sapresti dire come sono fatti? Credo proprio di no, penso che non te ne freghi un cazzo in fondo. E la stessa cosa vale per me. E poi sono troppo concentrato su quello che c'è per pensare a quello che manca" vado a ruota libera, forse perché la camminata in silenzio verso la camera da letto mi sa tanto di percorso verso il patibolo e questo non c'entra proprio per niente.
"Hai finito?" Grace si ferma davanti alla porta della stanza e mi guarda come se fossi un povero coglione.
"Sì"
"Ho già accettato, non mi devi più convincere"
"Hai accettato questa cosa, adesso. Ci sono ancora un sacco di cose che devo convincerti a fare, devo tenermi in allenamento"
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21:58
In teoria mancano due minuti alla fine del mio turno, in pratica, come al solito, ci vorrà ancora del tempo prima di rimettere piede a casa. Prima devo smaltire la gente in cassa, poi devo fare i conti e annotare l'incasso parziale, controllare che ci siano abbastanza monete e contanti, sacchetti, rotoli del pos e del registratore di cassa, lasciare gli appunti in agenda per Ian sulle cose fatte e su ciò che c'è ancora da fare. Insomma, prima delle dieci e mezza non si schioda, ma stasera non mi pesa. Tanto devo aspettare Eddie. Finalmente ci vediamo e riusciamo a trascorrere una serata assieme. Almeno spero, insomma, mi ha avvisata che potrebbe tardare, ma che farà di tutto per essere qui al volo dopo la sessione di registrazione di oggi. Ci tiene un sacco e, beh, anch'io. Tutte le volte che ci sentiamo al telefono o ci vediamo di sfuggita è come se cercasse di scusarsi per i suoi impegni e io sempre l�� a rassicurarlo. È il suo lavoro e non è necessario stare insieme 24 ore su 24 per avere una relazione. Comunque mi fa piacere poter riuscire a passare una serata tranquilli senza i minuti contati. Sarà anche per questo mio insolito buon umore che decido di infrangere la regola della brava commessa scazzata e dare il là a una conversazione col cliente che ho di fronte che vada un passettino oltre il semplice saluto.
"Buona sera, come va?" sorrido mentre batto lo scontrino.
"Sei mai stata sulla tazza del cesso a leggere il giornale così tanto a lungo da dimenticarti che avevi cagato per poi accorgerti soltanto qualche minuto dopo che non ti eri pulita il culo?"
"... sono ventiquattro dollari e cinquantacinque"
È colpa mia, solo colpa mia.
L'intellettuale paga e se ne va ed è la volta di un altro tizio sulla quarantina. Fra tutti gli articoli che mi ha appoggiato sul bancone, prendo per prima la confezione da sei di birra e sto per batterla, ma l'uomo mi interrompe.
"Scusa, in realtà sto cercando di bere un po' meno. Potresti metterle via, per favore?"
"Certo, nessun problema!" metto le birre da una parte e continuo col resto della spesa, quando una donna, sbucata fuori dal nulla, si avvicina a lui e mi fissa con sguardo truce.
"Che cosa gli hai detto?!" urla contro di me.
"Mi scusi?"
"Smettila di parlare col mio uomo! Non puoi averlo, è mio!" poi si gira verso di lui "Che cazzo ti ha detto? Ti ha chiesto il numero o cosa?!"
"Mmm no, le ho solo chiesto di mettere da parte le birre" risponde con voce calma, monotona, in netto contrasto con quella ansiogena di lei.
Io la guardo allibita, lei fissa prima lui, poi me e io prendo le birre per mostrargliele e confermare la versione dell'uomo; poi lo sguardo torna su di lui.
"Ah! Così adesso offri da bere ad altre donne, eh?! Scordati di tornare a casa stasera!" e con questo prende e se ne va.
Il cliente resta qui, impassibile, alza gli occhi al cielo e poi mi fa segno di continuare. Batto gli ultimi pezzi e a quel punto lo vedo allungare le mani sulle birre per avvicinarle di nuovo alla cassa.
"Va beh, facciamo che la birra la prendo. Se stanotte mi tocca dormire nella cuccia del cane, almeno non sarò sobrio!" accenna un sorriso, piuttosto amaro, con la faccia di uno che scene del genere le ha già viste e riviste. Finisco il suo conto, lui paga e se ne va e io lo saluto, non invidiandolo per niente.
"Mah che gente…" una signora con un lungo soprabito giallo, l'ultima della fila, almeno per ora, scuote la testa mentre si avvicina al bancone.
"Eh a quest'ora capitano tipi strani a volte"
"Molto strani"
"Posso aiutarla?"
"Sì, dovrei fare un cambio"
"Certo, mi dica"
"Restituisco questo" la signora mi porge una copia del Seattle Times di oggi.
Non c'è due senza tre.
"Perché vuole cambiarlo, scusi?"
"Perché l'ho letto tutto, mi serve quello di domani"
Fai un respiro, Angie, un bel respiro profondo.
"Il giornale di domani non è ancora uscito, signora, ma non potrei cambiarglielo comunque"
"Beh mi faccia un buono, così domani posso prendere il giornale nuovo"
"Non è possibile, signora, non posso cambiarglielo"
"Perché no? È di oggi, è in scadenza, me lo deve cambiare con quello di domani"
La cosa che più mi manda al manicomio è proprio dialogare con gente così: non gli stronzi, che ti insultano o se la prendono con te urlandoti dietro, quelli sono nulla al confronto delle persone che sono perfettamente tranquille, addirittura anche gentili, e lucide nella loro follia, pensano davvero di avere ragione e semplicemente non capiscono perché stai lì a creargli problemi.
"Dei cambi di questo genere si occupa il mio superiore, aspetti che lo chiamo" non vorrei rompere i coglioni ad Hannigan, ma io stasera non ce la posso fare. E poi ho intravisto i fari e la sagoma del pick-up di Eddie attraverso il vetro, perciò tanti saluti.
Faccio intervenire il capo, che deve essere proprio in stato di grazia perché mi dice di andare e che al resto ci pensa lui. Siamo a metà marzo, ma domani nevica sicuro! Mi cambio al volo e quando ripasso davanti alla cassa sento la signora ripetere le stesse obiezioni e, in contemporanea, lo scampanellio della porta d'ingresso.
"EDDIE! Dio come sono felice di vederti!" lo travolgo, e quasi lo abbatto, con un abbraccio.
"Ehi! Oh, beh, eheh, anch'io Angie"
"Ti prego, salvami, portami via da questa gabbia di matti" aggiungo sottovoce implorando pietà.
"Ah! Allora è per quello…"
"Stasera c'è una concentrazione particolarmente alta di clienti fuori di testa"
"E io che pensavo di esserti mancato, almeno un pochino" Eddie si scioglie dalle mie grinfie e mi allontana per scherzo facendo il finto offeso.
"Ma certo che mi sei mancato." mi riavvicino e lo bacio. Sì, qui, davanti a tutti, Hannigan, Ian e cliente svalvolata compresi. Eddie dovrebbe essere fiero di me, ormai non mi vergogno più di nulla. Beh, quasi "Il fatto che il tuo arrivo coincida con la fine del mio turno da incubo è un di più"
"Faccio finta di crederti. Ti perdono. Ma solo perché sei tu. E perché è un giorno speciale" mi bacia per suggellare la pace e io penso a quanto speciale sarà questa serata. Mi sa che Eddie ha aspettative altissime, io invece spero giusto di non addormentarmi prima della fine del film visto che sono anche un po' stanchina.
"Allora, che vuoi fare? Dove andiamo?" mi chiede una volta fuori.
"Oh beh, io avevo in mente di stare a casa, ho noleggiato un film"
"Va bene, micetta" apprezzo il fatto che abbia conservato il nomignolo scemo per quando saremmo stati soli, lontani da orecchie indiscrete.
"E poi pensavo di ordinare una pizza, visto che non ho mangiato"
"Oh perfetto, nemmeno io! In effetti sto morendo di fame" con un braccio attorno al mio collo mi accompagna verso il portone di casa mia.
"Ma forse tu volevi andare da qualche parte"
"Nah, casa tua va benissimo"
"Magari pensavi a qualcosa in particolare. Possiamo anche cambiare programma eh?"
"Il programma è fantastico e, a dire il vero, è proprio quello che speravo, sono un po' cotto. Certo, se poi avessi organizzato altro mi sarei adeguato, ma davvero, pizza, film e divano con te mi sembrano un sogno ora come ora"
"Sicuro?" insomma, continua a parlare di serata speciale e vuol farmi credere che non aspettava altro che stravaccarsi sul sofà a fare incetta di pizza e horror.
"Sicurissimo. Poi è con te, quindi è perfetto a prescindere"
"Ah sì?" gli domando mentre saliamo le scale.
"Certo. Anzi, no." cambia passo, in tutti i sensi, perché accelera per conto suo e mi supera sui gradini, poi si gira e vedo che ha messo il muso. Vero o finto? "No, perché in realtà sono arrabbiato con te"
"Eheh cosa? Perché?"
"Chiedilo a Matt" inizia a correre su per le scale, ma non troppo, perché sa benissimo che lo raggiungerei dopodomani e col fiatone.
"Matt? Che c'entra Matt?" chiedo sia a lui che a me stessa, non capendo il nesso tra il batterista e qualche stronzata delle mie che posso aver detto o fatto.
"Beh Matt mi ha detto una cosa stamattina, durante la nostra lezione  di chitarra"
"Ah. Intendi quel Matt" capisco che parla di Dillon e non di Cameron.
"Già, quel Matt. Lasciatelo dire, sono molto, molto deluso" arriviamo al piano, attraversiamo il corridoio, lui sempre avanti col broncio e io dietro che un po' rido e un po' penso a come ne uscirò stavolta.
"Non capisco cosa vuoi dire, che ti ha detto?" faccio la finta tonta mentre apro la porta, sotto lo sguardo severo e giudicante di Eddie.
"Mi ha detto che qualche giorno fa ha incontrato delle mie amiche sul set, che poi sareste tu e Grace"
"Ok"
"E allora io gli ho spiegato che sei la mia ragazza e indovina cosa mi ha detto?" ha davvero sentito l'esigenza di specificare a un attore di Hollywood che sono la sua ragazza?
"Ehm e se prima ordino la pizza e poi indovino?" domanda retorica mentre mi levo la giacca e acchiappo il cordless.
"Che sicuramente ci saremmo incrociati tutti più spesso sul set, visto che Cam TI HA OFFERTO UNA CAZZO DI PARTE NEL FILM" Eddie svela il tutto e alza la voce proprio quando ho finito di digitare il numero e mi accosto il telefono all'orecchio.
"Con doppio formaggio va bene?"
"Sì." concede e poi mi porta per mano fino al divano mentre finisco di ordinare "Ma sei una bugiarda"
"Non è vero, te l'avevo detto! Ti ho anche raccontato di come sono scappata e della relativa figura di merda" tento di giustificarmi con lui, che mi guarda come un preside che ascolta le scuse dello studente nei guai, indeciso se sospenderlo o no, seduto ovviamente dal lato opposto del divano a mille chilometri da me.
"Mi hai detto che eri scappata perché c'era troppa gente famosa e ti stava salendo l'ansia e non perché Crowe ti aveva appena proposto di recitare nel film"
"Non è una bugia, tecnicamente è più un'omissione"
"E perché avresti omesso di dirmi questa cosa?"
"Perché se lo avessi saputo avresti tentato di convincermi ad accettare"
"Perché? Non vuoi accettare?" mi chiede improvvisamente meravigliato e si sposta sul divano nella mia direzione.
"Ecco, appunto"
"Ma perché?" Eddie si avvicina ancora un pochino. Perché? Come se non mi conoscesse.
"Perché… non è roba mia"
"Ma il cinema… è roba tua, non dovrebbe essere tipo il tuo lavoro?" si avvicina ancora di più finché le nostre ginocchia si sfiorano.
"Io voglio scrivere per il cinema, non recitare"
Eddie scioglie le mie gambe, che erano incrociate fino a un secondo fa, e le accomoda delicatamente sulle sue, mi tira a sé e ora siamo vicini che più di così non si può.
"Anch'io voglio scrivere e cantare canzoni, non fare il roadie. Ma i palchi li ho montati lo stesso. Fa tutto parte del sistema, da qualche parte bisogna entrare"
"Tu lo facevi per vederti i concerti gratis"
"E pensa che tu puoi guardarti un film gratis, da dentro il film." ribadisce stringendomi "Puoi vedere come si fa un film, vedere gli attori"
"Gli attori non mi interessano e i film si vedono molto meglio da fuori, fidati"
"Angie, posso chiederti una cosa?"
"Sì" rispondo affermativamente e mi aspetto già il discorso corretto e perfettamente logico, oltre che quasi sicuramente simpatico, con cui metterà a nudo la stupidità delle mie insicurezze e dimostrerà che accettare quella parte è l'unica cosa sensata da fare e mi convincerà a dire di sì ed è esattamente questo il motivo per cui non volevo dirgli un cazzo di niente.
"Anzi due"
"Ok"
"Dov'è Meg?"
"È andata a fare la hostess a un congresso di cardiologia o roba così, e ha detto che dopo sarebbe andata a ballare con le altre ragazze, quindi tornerà sul tardi"
"E quando arriva la pizza?" mi spiazza e io cerco di capire quanto larga la stia prendendo e dove voglia andare a parare col suo discorso motivazionale partendo dalla mia coinquilina e passando per la pizza.
"Tra una mezz'ora. Perché?"
"Perché… lo so che stiamo discutendo di cose importanti e non vorrei assolutamente sembrare fuori luogo, ma siamo soli e si possono fare tante cose in mezz'ora e sei così sexy quando ti ostini a difendere le tue indifendibili opinioni e sono più o meno quindici anni che non facciamo sesso, quindi che ne diresti di andare un attimo di là in camera tua?"
"Come fanno a essere quindici anni se ci conosciamo da meno di uno?"
"Tsk vuoi fare la scrittrice e non sai riconoscere un'iperbole?"
"Una che?"
"Un'iperbole"
"Ridillo"
"Iperbole"
"Sei sexy quando dici iperbole, potresti dirlo con un tono più indifendibile?"
"Vaffanculo. Andiamo?"
Siccome sono brava a fare la figa opponendo resistenza, dopo circa trenta secondi siamo nel mio letto. E siamo ancora lì esattamente sette minuti dopo, a comunicare tramite fiatone nel buio.
"Un po' veloce, eh?"
"Veloce, ma efficace"
"Te l'ho detto che mi sembravano quindici anni…"
"Se questi sono gli effetti, consiglio di proseguire a vederci con questa frequenza"
"Che stronza!" riesco a distinguere il suo profilo sorridente nell'oscurità, mentre si avvicina "Comunque, tornando al discorso di prima…"
"Ah vuoi tornare al discorso di prima? Pensavo l'avessi ormai archiviato causa bisogni più urgen- AHIA!" scherzo e lui, stretto a me, si vendica con un pizzicotto dove non batte il sole.
"No, non l'ho archiviato. E fai la brava, perché sto per fare un discorso serio"
"Mmm ok, spara" eccolo che arriva il cazziatone sotto mentite spoglie che mi porterà ad accettare la proposta.
"Non voglio dirti cosa fare, perché alla fine sei tu che devi decidere. Posso solo darti la mia opinione. Io penso che sotto sotto vorresti buttarti in questa cosa, ma hai paura o ti vergogni o entrambe. Non so se lo sai fare, ma Crowe è un professionista, credo sia in grado di capire se una persona sa recitare o meno e non ti affiderebbe mai una parte al di sopra delle tue capacità. Anch'io ho una battuta, sai?"
"Ma io ne ho più di una, è questo il problema!"
"Sicuramente a lui non frega un cazzo delle nostre doti attoriali, vuole che interpretiamo noi stessi, quindi anche tu, dovrai solo essere te stessa"
"Ok, mi correggo, è questo il problema"
"Io non…" i miei occhi si sono adattati all'oscurità e vedo quasi tutti i dettagli del suo viso mentre cerca di mettere insieme quello che vuole dire "Ripeto, non voglio dirti cosa fare e qualsiasi sarà la tua decisione, io la appoggerò, ma non vedo perché non dovresti provare. Nella peggiore delle ipotesi, se proprio non dovesse andare, Cam potrebbe sempre tagliare la tua parte, non hai niente da perdere"
"Tranne la faccia"
"Mmm non fingere di essere una fifona"
"Ahahah secondo te faccio finta? Certo, in realtà sono super coraggiosa"
"Sei molto coraggiosa. Da quando ti conosco, ti ho vista fare un sacco di cose che magari all'inizio non volevi nemmeno sentire nominare: giocare a basket con noi, suonare la batteria, salire sullo Space Needle, ballare in una discoteca piena di gente senza timidezza, prendere un aereo per San Diego da sola…" mi dà un bacio dopo l'ultima voce in elenco "Io non c'ero ancora, ma ho saputo che hai addirittura preso l'ascensore di questo palazzo una volta"
"Lì ho rischiato seriamente"
"Insomma, mi sembra che tu sia abbastanza brava nel fare le cose che ti spaventano di più, questa sarebbe solo l'ennesima dimostrazione di quanto sei figa, non rischieresti nulla"
E io vorrei dirgli che non sono né figa né coraggiosa e che se ho fatto ognuna di quelle cose è perché ogni volta c'era qualcun altro a spingermi e che con me basta una piccola insistenza ed è davvero facile farmi dire di sì. Ma per una volta non voglio esagerare, non voglio farlo sbuffare come mio solito e risultare la pesantona complessata di sempre, non voglio distruggere le sue convinzioni: voglio dire, se si è disegnato questo ritrattino di Angie l'Intrepida nella mente, chi sono io per confutarlo? Allo stesso tempo, non ho idea di che cazzo dire perché non ho mai capito come diavolo si risponda ai complimenti, cioè, chi avrebbe dovuto insegnarmelo e quando? In genere rispondo con una battuta sarcastica, ma ora sono a letto col mio ragazzo e qualcosa mi dice che non sarebbe la reazione migliore. Allora cosa faccio? Mostro disagio? Ridimensiono le sue lusinghe? Giustifico il motivo della riuscita di tutte le esperienze che ha elencato? Diffido? Gongolo? Non dico niente? Cambio argomento? Ringrazio e stop? In mio soccorso arriva il suono del citofono.
"Oh. O Meg ha spezzato tutti i cuori al congresso dei cardiologi oppure la nostra pizza è in anticipo" Eddie si stacca da me e si tira su a sedere sul letto.
"Tocca alzarsi per scoprirlo"
"Vado io, tranquilla" Eddie con ritrovata energia improvvisa scatta come una molla giù dal letto e corre di là.
"EDDIE?!" gli urlo dietro mentre scappa, ma non mi ascolta. Riappare sulla porta della mia camera un minuto dopo.
"È la pizza" fa come se niente fosse.
"MA SEI ANDATO COSÌ?" insisto rintanata sotto il piumone, mentre lui accende la luce ed esplora il pavimento della stanza. E meno male che sono già in posizione distesa, se no avrei potuto avere dei cedimenti.
"Così come?" domanda distratto, poi trova i suoi boxer ai piedi del letto e, tirandoli su, finalmente mi guarda. E io lo guardo. E allora capisce "Ho solo risposto al citofono, mica mi vede" sorride sornione mettendosi le mutande.
"Meno male…"
"Non fare finta di essere gelosa, non sei credibile" s'infila al volo i pantaloni cargo e la camicia rossa a quadri, abbottonandola a casaccio.
"I soldi per la pizza sono nel mobile qua fuori in corridoio, nel cassetto"
"Ok." fa per uscire di nuovo dalla camera, ma poi si volta "Che fai? Non vieni?"
"Adesso arrivo"
"Ok"
"Ok" rispondo, sempre sotto il piumone, mentre lui non si schioda da lì.
"O magari vuoi cenare a letto?" il maledetto mi fa l'occhiolino.
"No no, niente briciole nel mio letto, mangiamo di là"
"Va bene"
"Ok" e resta lì.
"Dai, che poi si raffredda se no"
"Ti ho detto che adesso arrivo, vai e ti raggiungo!" mi scappa quasi da ridere, ma il ragazzo della pizza mi salva una seconda volta e suona il campanello. Eddie si arrende e va ad aprire, ma non sento il rumore del cassettino che si apre. E che cazzo. Mi alzo dal letto in volata e chiudo la porta prima di infilarmi il pigiama a tempo di record. Quando esco dalla camera facciamo quasi un frontale: lo stronzetto pensava di cogliermi in flagrante!
"Già pronta?" chiede fingendo di passare di lì per caso.
"Hai pagato?"
"Sì"
"Ma se i soldi sono qui?" apro il cassetto incriminato e li sbugiardo.
"Li ho presi dal mio portafoglio"
"E perché?"
"Per fare prima. Ora vieni o stiamo qui a discutere finché la pizza non diventa immangiabile?"
"Andiamo, va!" vorrei prenderlo per mano, ma finisco per tirarlo per la manica sbottonata della camicia, e lo porto fino al divano. Eddie agguanta subito una fetta di pizza e io faccio in tempo a tirargli i tovaglioli di carta minacciandolo "Se sporchi il mio divano ti ammazzo"
"Che film vediamo, micetta?"
"Vediamo Grano Rosso Sangue!" rispondo entusiasta premendo PLAY sul telecomando e avventandomi anch'io sulla pizza.
"Dal titolo immagino sia una commedia romantica con lieto fine assicurato"
"Ovvio"
"E dici che posso mangiare mentre lo guardo?"
"Ahah sì, tranquillo, non è così forte" apro due birre e gliene allungo una.
"Avevi detto la stessa cosa di Hellraiser"
"Va beh, sei tu che sei sensibile! Comunque questo è moooolto più soft, non c'è paragone, direi che è quasi comico"
"Ok, mi fido, micetta" brindiamo con le nostre lattine e iniziamo la visione.
***
"Beh proprio comico… non direi…" il film è finito, così come pizza e birra.
"Ma dai, vogliamo parlare della recitazione? E poi, quegli effetti speciali del cazzo! Sembra che a un certo punto abbiano finito i soldi"
"Lì avranno spesi tutti in granturco"
"Ahah esatto! Ehi, comunque lo sai che anch'io in un certo senso sono stata una figlia del grano?"
"Eri membro di una setta satanica di baby-assassini?" Eddie, che era ormai accasciato in un tutt'uno col divano, si tira un po' su incuriosito.
"Eheheh no, anche perché a quest'età mi avrebbero già sacrificata"
"E allora?"
"Beh, hai presente i lavoretti estivi di quando eri piccolo? Ok, tu sei di San Diego, quindi boh, il vostro concetto di lavoro estivo includerà cose tipo bagnino, cameriere, gelataio, roba così, no?"
"Più o meno. Invece in Idaho?"
"In Idaho si andava a castrare il mais!"
"Ahahah cosa?" a questo punto ho catturato tutta l’attenzione di Eddie, che si mette a sedere composto e mi si avvicina.
"Ci sono andata per quattro anni di fila, a Notus"
"Che cazzo significa castratura? Il mais si castra?"
Segue ovviamente la mia mini-lezione di agricoltura che Eddie non vedeva l'ora di ascoltare. Nelle serate speciali i fidanzati parlano di progetti, si scoprono lentamente, flirtano. Io invece parlo di come il mais abbia fiori sia maschili sia femminili, spiegando che se rimuovi la parte maschile della pianta questa non s’impollinerà da sola, ma potrà essere fecondata dalla varietà scelta dal contadino, che non verrà cimata, creando così degli ibridi.
"In parole povere il lavoro consisteva nel camminare ore e ore nei campi di mais, strappando le cime dalle piante a mani nude. Iniziavi la mattina, quando era tutto bello umido, e finivi al pomeriggio zuppo di sudore per il caldo. Anche perché dovevi per forza metterti pantaloni lunghi e maniche lunghe se non volevi affettarti completamente la pelle"
"Foglie affilate?"
"Come dei cazzo di rasoi, Eddie, non puoi capire"
"Il lavoro ideale per dei bambini, insomma"
"Sono certa che ora sarai più comprensivo con Malachi”
"Ahahah sì! Ora capisco perché si sono ribellati, poveracci"
"Secondo me Colui che cammina nel grano in realtà un bambino che si era perso castrando il mais morendo dissanguato e la sua anima continua a vagare nei campi in cerca dei genitori per vendicarsi"
"Grano Rosso del sangue di bambini impiegati nel lavoro minorile"
"Di quelli in maglietta a mezze maniche! Però facevo dodici dollari l'ora…"
"Non male! Comunque, praticamente eravate i contraccettivi del granoturco"
"Eravamo Planned Parenthood del mais"
"Quindi anche il mais fa sesso. E più di noi, mi sa”
"Ahahahah Eddie!" mi alzo scandalizzata, e vado a buttare sia il cartone della pizza sia le lattine di birra vuote.
"Preferirei non essere castrato però"
"Sei un coglione! Da quanto ci stavi girando attorno per andare a parare lì?"
"Da un po'. Comunque scherzo, micetta"
"Lo so" mi risiedo di ritorno dalla cucina.
"È solo che… insomma, ci siamo appena messi assieme, dovremmo essere nel pieno della nostra fase Luna di miele, invece io non ci sono mai e mi dispiace un sacco"
"Nella fase che??"
"Sì, insomma, la prima fase di una relazione. Quando ti cerchi in continuazione… euforia, tanta attenzione reciproca, coccole, continua ricerca del contatto fisico, passione, chimica … hai presente?"
"Beh, direi che ce le abbiamo ugualmente queste cose, no? Solo, sono più… diluite nel tempo"
"Eh io preferirei concentrarle"
"Ma non è necessariamente un male. Vedila così: in questo modo ti stuferai di me mooolto più tardi"
"Perché devi dire queste cose?" non è che proprio s’incazzi, ma si vede chiaramente che si scurisce un po’ in volto.
"Eheh ma sì, era una battuta"
"Lo so, ma non mi piace quando fai queste battute. Su io che ti lascio, che mi stufo… è come se lo facessi per normalizzare la cosa, per prepararti a quando dovrebbe succedere"
"Ma va, figurati" invece è esattamente così, cazzo, e non avrei saputo sintetizzare meglio il concetto. Se mi scappa di dire certe cose non è perché voglio essere rassicurata da lui che non accadranno mai, ma proprio perché so per certo che accadranno e almeno così mi abituo all'idea.
"Sono esagerato, lo so. Non voglio farne un dramma, è solo che io non ci penso proprio alla fine della storia, non mi viene da pensarci, neanche per scherzo"
"Magari è perché abbiamo avuto esperienze diverse, tutto qui"
"Già. Comunque non volevo fare polemica, chi se ne frega delle altre esperienze, pensiamo a questa adesso, ok? E poi, soprattutto oggi" mi prende per le mani e il sorriso corredato di fossette torna prepotente.
"Eheh perché oggi?"
"Beh, perché è un giorno speciale"
"Wow il fatto che ti sono mancata così tanto mi lusinga, ma basta così poco per rendere una giornata speciale?"
"Lo è sempre quando stiamo assieme, ma… stavolta non è speciale solo per quello"
"Ah no? E per cosa?"
"Beh, dovresti saperlo…"
Oh cazzo.
"Mmm dovrei?"
"Angie, che giorno è oggi?" mi lascia le mani e, a braccia conserte, dà inizio all’interrogazione.
"Giovedì"
"Sì,  ma che giorno è?"
"14 marzo"
"E che giorno è?"
"Il tuo compleanno è a dicembre"
"Infatti non è il mio compleanno. E nemmeno il tuo"
"Onomastico? Non sapevo fossi cattolico"
"No e no" dal fatto che sta sorridendo capisco che non sono nei guai, ma è chiaro che non sto facendo una gran figura.
"Dovevamo fare qualcosa e me ne sono completamente dimenticata?"
"No, è una cosa che abbiamo già fatto, tempo fa." mi spiega e quando vede il nulla cosmico nei miei occhi mi dà un altro indizio “Una cosa fatta in questo giorno”
"Ma l'anno scorso a marzo non ci conoscevamo, non ero nemmeno qui"
"Non andare così indietro"
"In che senso?"
"Un mese fa, che giorno era?" alza gli occhi al cielo e mi concede l’ennesimo aiutino.
"14 febbraio, San Valentino?"
"E dov'eri un mese fa a quest'ora?"
"Boh, come da 18 anni a questa parte, a letto a dormire molto probabilmente"
"No. Pensaci bene, dov'eri?"
"Aspetta, sì, ero su un autobus per Seattle"
"Va beh, e invece qualche ora prima? Dov'eri? Che facevi? Angie, mi stai facendo sudare, cazzo"
"Aaaaaaaaaah! La so! Alla stazione dei pullman! Ci siamo baciati!"
"BINGO!" Eddie fa partire persino un mini applauso, non so se di sollievo o per prendermi per il culo o tutt’e due.
"Evvai! Visto che c'è l'ho fatta?"
"Quindi capisci perché è speciale"
"È stato bello, sì. Io a un certo punto non capivo più un cazzo, ma è stato un momento indimenticabile" lui mi ha baciata e io ho cominciato a sentire i Depeche Mode nella mia testa e poi non mi ricordavo più nemmeno dov’ero, se non mi ci avesse messa lui su quel pullman sarei ancora lì molto probabilmente.
"Sì ed è stato il momento da cui è iniziato tutto. Insomma, è una specie di ricorrenza, no? Non è un anniversario, ma…"
"È un mesiversario! Ahahahahah come dicono i dodicenni, che contano i mesi"
"Beh, è un mese che stiamo insieme, quindi…"
"Un mese che…? In che senso, perché tu… conti dal bacio?"
"Sì, per me è partito da lì. Perché? Tu da quando conti?"
"Io non conto"
"Eh?"
"Cioè, non mi sono mai posta la questione. Non sapevo di dover contare, ecco"
"Non sapevi di dover contare" ripete guardandomi con aria quasi esterrefatta.
"Io non… ti ho spiegato che non ho avuto relazioni proprio regolari, no?"
"Stai dicendo che non hai mai contato?"
"Esatto, quelli con cui stavo non erano interessati a queste cose. E quindi non me ne sono mai interessata nemmeno io. Non ho mai festeggiato anniversari, mesiversari o giorniversari. Le mie storie sono sempre state così brevi che non c'è stato neanche il tempo di capire se poteva andarmi di festeggiare"
"Beh, non è che sia indispensabile avere una data. Però… no, fanculo, non è vero, io voglio una data, mi serve, quindi se per te va bene, il 14 febbraio è il nostro giorno, ok?" il suo dibattito interiore si vede benissimo anche da fuori e mi fa sorridere.
"Quello che per te è il nostro giorno coincide con la festa più ipocrita e commerciale del mondo, te ne sei accorto?"
"Certo! E trasformarla nel nostro giorno è il più grande atto rivoluzionario che possiamo fare, non credi?"
"Beh, è un punto di vist- ASPETTA" non sorrido più perché ho appena realizzato che non c’è un cazzo da ridere.
"Eheh che c'è?"
"Sono giorni che parli di questa serata speciale. Perché tu intendevi questo! Celebrare il nostro… Oddio, mesiversario?!"
"Sì, ma non è che dovessimo fare chissà quale celebrazione, quello che abbiamo fatto va benissimo"
"Ma non vale comunque se io non ne sapevo un cazzo! Me ne sono dimenticata, capisci? Mi sento una merda" fisso il tappeto della sala e mi ci vorrei arrotolare dentro per poi farmi buttare in discarica dalla vergogna.
"Ahahah ma no, perché?"
"Tu hai pensato a una cosa dolce e io sono la fidanzata anaffettiva del cazzo" prendo un cuscino dal divano e ci affondo la faccia dentro.
"Anaffettiva tu? Ma dove?!"
"Sono una stronza. Per fortuna non mi hai fatto anche il regalo, se no sarei una stronza al cubo"
"Uhm…"
"Eddie?" la sua esitazione mi porta a levarmi il cuscino dalla faccia e la risposta la leggo sulla sua.
"Non è che ti abbia proprio preso un regalo…"
"MA PORCA DI QUELLA TROIA" stavolta mi accascio direttamente sul bracciolo del divano.
"Ma è una cosa per tutt'e due, non necessariamente per festeggiare il mese" prova a indorare la pillola mentre si alza a recuperare la giacca per prendere qualcosa dalle tasche.
"Cioè, tu mi hai fatto anche il regalo. E io non ti nemmeno fatto un panino. Ho ordinato una pizza. CHE HAI PURE PAGATO TU!"
"Micetta, non ti agitare" torna qui e si inginocchia sul tappeto davanti a me, facendomi salire ulteriormente l’ansia.
"Consiglio: MAI chiamarmi micetta quando sono agitata"
"Senti, ho solo preso due biglietti per Neil Young al Coliseum ad aprile. Li avrei presi comunque, mesiversario a parte" spiega mostrandomi i due talloncini bianchi e azzurri.
"Non posso credere che tu dica mesiversario, sei un adulto" tiro un sospiro di sollievo, anche se mi sento sempre una merda.
"Stai cercando di farmi sentire scemo?” pensandoci, io mi sento stupida per essermene dimenticata, ma come deve sentirsi lui? Che ha fatto tutto questo cinema quando  io nemmeno ci pensavo lontanamente e in più ne sto facendo una tragedia greca.
"No! È piuttosto evidente ormai che sono io la scema della coppia" Eddie mi mette i biglietti tra le mani e poi le prende tra le sue.
"Allora, quello che sto cercando di dire è che li ho presi e basta, a prescindere dalle ricorrenze, perché appena ho saputo del concerto la prima cosa a cui ho pensato è che ci sarei andato insieme a te. Ho pensato di darti il biglietto oggi perché, sempre per il discorso di prima, mi sembrava un bel modo per dirti Ehi, Angie, non sono sparito, ci sono ancora e voglio stare con te e fare cose con te e anche se sembra che le correnti mi trascinino via di tanto in tanto, tu non mi perderai mai perché le correnti cambiano di continuo, ma io tornerò sempre e solo da te"
"Hai proprio un debole per le metafore surfistiche, non c'è che dire"
"Vaffanculo, Angie. Dal profondo del mio cuore" mi bacia e non posso fare a meno di pensare a quanto mi piace farmi mandare a quel paese da Eddie.
"Ora devo pensare a cosa regalarti che sia all'altezza"
"Non mi devi regalare niente, non mi devi nulla" scuote la testa mentre si alza dal pavimento e si risiede sul divano.
"Va beh, se voglio farti un regalo per il secondo mesiversario? Chi me lo vieta? Stavolta me lo segno sul calendario però"
"Ahah non è che adesso dobbiamo festeggiare tutti i mesi"
"Come no? E io come la recupero la figura di merda?"
"Non la recuperi, così io mantengo il vantaggio nelle nostre dinamiche di coppia"
"Io già pregustavo il quinto, con la curiosa frapposizione tra il nostro mesiversario e l'anniversario della Presa della Bastiglia: i due atti rivoluzionari per eccellenza"
"Vedo che ancora prendi per il culo" io scappo di nuovo scivolando dall’altro capo del divano, ma lui mi segue e mi è praticamente addosso.
"Chi? Io? No!"
"Sei sexy quando lo fai"
"Allora sì, ti sto decisamente prendendo per il culo, alla grande proprio"
"La verità è che fai e dici un sacco di cose sexy, te ne sei accorta?"
"Sì vede che quello è il mio vantaggio nelle dinamiche di coppia"
"Anche questa, molto sexy"
"Vuoi, tipo… andare di là?"
"E mi leggi anche nel pensiero”
“Ma non riesco a leggere proprio tutto tutto”
“No?”
“Eh no”
“Allora mi sa che mi tocca darti qualche dritta”
“Prego, sono tutta orecchi”
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CAPITOLO 59 - MANI, KRAPFEN E APPUNTAMENTI AL BUIO
Nel capitolo precedente: Angie s'imbatte in tre ragazze che mostrano il loro interesse per i membri dei Pearl Jam e specialmente per Eddie. Angie soddisfa la loro curiosità, in principio ammettendo semplicemente di conoscerlo, poi rivelando di essere la sua nuova ragazza in maniera plateale ovvero baciandolo davanti a tutte loro. Angie stessa si stupisce del proprio comportamento e chiede un'opinione a Meg, che le spiega che probabilmente cercava approvazione da parte delle ragazze e che una parte di lei voleva anche tirarsela un po'. Più tardi, dopo il concerto, Jerry e Eddie parlano animatamente di sport, Angie li vede e corre a interromperli, pensando stiano discutendo per lei. Quando scopre la verità rimane perplessa, le sembra impossibile che i due possano comportarsi come nulla fosse, allora Eddie si lascia scappare che si sono messi d'accordo per non parlare mai di lei. Angie convince Eddie a fare un patto simile con lei e non parlare più di Jerry, lui accetta, ma in cambio lui le estorce la verità sul suo secondo nome: Wildwind. Dopo essersi lasciati andare per tutta la sera a varie effusioni nel locale, in modo da farsi finalmente scoprire dai loro amici, non vedendo nessuna reazione da parte della combriccola , Eddie e Angie decidono di annunciarlo ufficialmente. Quando scoprono che già tutti ne erano a conoscenza, Angie è quasi delusa, mentre Eddie ne è divertito.
***
“Ma girano fuori o dentro?” parcheggiamo di fronte al Miller Community Center, scendendo dall'auto noto che in fondo alla strada ci sono delle transenne e mi viene il sospetto che possano averle messe lì a delimitare il set.
“Fuori, credo. Cioè, in genere le scene in esterno-giorno si girano prima, poi si fanno gli interni” Angie fa spallucce prima di recuperare dai sedili di dietro uno dei due scatoloni che ho preso in prestito al minimarket per poter trasportare la quantità esagerata di krapfen preparata da lei.
“Ero convinta filmassero dentro, Stone mi aveva parlato di un intero condominio preso in affitto da Cam. Nei prossimi giorni dovrebbe girarci una scena pure lui, in un garage o roba simile” faccio lo stesso con l'altra scatola e spingo la portiera con un colpo d'anca, mentre Angie appoggia la sua sul tetto della Mini per chiuderla a chiave.
“Probabilmente il condominio è proprio quello, se ci sono tante scene ambientate in quel contesto, ci rimarranno un bel po'. Comunque la scena della band la girano domani, me l'ha detto Eddie”
“Che dici, basteranno?” sollevo leggermente lo scatolone, mentre cammino sul marciapiede cercando di guardare dove metto i piedi nonostante il trasporto ingombrante.
“Ahahah beh, alla fine non sono tantissimi, se ci pensi ci saranno una quarantina, cinquantina di persone al lavoro sul set... un centinaio di dolci mi sembrano il giusto”
“Non ho capito, scusa, hai fritto centro krapfen?”
“Più o meno”
“Cento??”
“Non ho lezione fino alla prossima settimana, ho un po' di tempo libero in più...”
“In genere per lo Spring Break la gente va in vacanza o a sfasciarsi alle feste o tutt'e due”
“Io invece faccio dolci, impiego il mio tempo in maniera più proficua, garantendomi l'accesso a un vero set cinematografico”
“Hai un pass al collo col tuo nome e la tua foto, ti farebbero entrare comunque, anche senza cibo”
“Ma così l'accoglienza è molto più calorosa, fidati”
“Cosa gli hai portato l'altra volta?” so che c'è già stata una prima volta per Angie, con Meg, a inizio settimana, al Gas Works Park. Stavolta la coinquilina le ha tirato il bidone, allora è venuta a prendere me al Westlake alla fine del mio turno. Praticamente mi ha obbligata. Non comprendo la sua difficoltà nel presentarsi da sola e a mani vuote su un set in cui è stata invitata dal regista stesso. Al limite potrebbero rimbalzare me, ma a quanto ho capito non fanno troppe storie. E allora che problema c'è?
“Focaccia. Stavolta vado sul dolce”
Arriviamo all'incrocio e, appena svoltato l'angolo, incontriamo un tizio dello staff che fa un cenno ad Angie e poi a me e sposta leggermente una transenna, quanto basta per farci passare. Evidentemente la mia amica lo conosce già
“Giusto in tempo per la pausa pranzo!” il tipo si sfrega le mani, mentre Angie appoggia il suo scatolone sopra un idrante al lato della strada e lo apre in modo che possa prendere un dolce.
“Prendine due, tanto ce n'è” lo invita lei.
“Ce n'è abbastanza per sfamare il set di Cleopatra, non temere” aggiungo io, non che il ragazzo abbia bisogno di incoraggiamento per fare il bis. 
“Grazie, adesso andate. So che Cam ti aspetta!” Richie, c'è scritto così sul suo pass, richiude i lembi dello scatolone e ci saluta allontanandosi, con la bocca piena ovviamente.
“Visto? Accoglienza calorosa” Angie sorride e dopo aver fatto di nuovo presa sicura sullo scatolone, avanza verso il set vero e proprio con me alle calcagna.
“Posso farti una domanda?”
“Certo Grace, spara”
“Verrai sul set anche domani?”
“No”
“Perché?”
“Mica posso venirci tutti i giorni. Ok che Cameron Crowe mi ha invitata, ma non posso approfittare troppo della sua generosità”
“Allora perché oggi e non domani?”
“Cosa?”
“Perché siamo, cioè, sei qui oggi e non domani?”
“Perché? Che differenza c'è?” Angie mi guarda perplessa e, come spesso accade, non capisco se lo fa apposta o davvero non sa dove voglio andare a parare.
“Che domani ci sono i ragazzi e oggi no. Se lo sapevi già, perché non hai programmato di venire qui domani?” io Stone lo sto vedendo col lanternino da quando hanno iniziato a registrare l'album e deduco sia lo stesso per Angie, se fossi stata in lei avrei preso due piccioni con una fava. 
“Perché domani a quest'ora tu lavori” risponde totalmente a caso.
“Che c'entro io? Lascia stare me, potevi venirci da sola o con qualcun altro, io sono un'ospite random”
“Per quello e perché domani faccio apertura da Roxy”
“Appunto, se fai apertura finisci prima e puoi venire qua” 
“Ma sarò stanca”
“Troppo stanca per visitare il set di un film? Tu?” figuriamoci, dilla tutta, bella!
“Il sacro fuoco dell'arte è forte, ma devo prendere la macchina e venire fin qui…"
"Un quarto d'ora di macchina a dir tanto"
"Dopo un turno pesantissimo? No, grazie”
“Neanche per Eddie?” mi avvicino per una sgomitata abbastanza leggera da non farla sbilanciare, non sia mai che mi caschi a terra, o peggio, su preziosi krapfen.
“Che c'entra Eddie? Mica devo aspettare il set di un film per vederlo”
“Ah no? Beata te! Io per vedere Stone tra un po' devo fare richiesta congiunta scritta a Kelly e alla Epic”
“Eheh beh sì, ultimamente sono presi, con l'album e tutto il resto”
“Motivo in più per tornare sul set domani, così vi vedete e unite l'utile al dilettevole”
“Uff sarò sincera con te. A te non posso mentire, non c'è gusto, non sei Meg”
“E' un complimento o...?”
“E' un complimento, sia per te che per lei”
“Ok, allora avanti, svelami la tua verità”
“Non è che non posso farlo, è che non voglio”
“Ahahah ma va? Non l'avevo capito!” 
“Non voglio fare la tipa rompicoglioni che va a trovare il suo ragazzo quando lavora”
“Ma tu ci verresti anche per vedere lui, mica solo per vedere lui. Saresti qui per prima cosa per un tuo interesse professionale”
“Hai usato la parola chiave: professionale. Voglio dare una buona impressione, voglio essere professionale, solo professionale. Questo è lavoro, non una scampagnata”
“Anche se ci sono i krapfen e le focacce?”
“Ahah sì!”
“Nessuno nello staff penserebbe che sei qui a farti i fatti tuoi col tuo ragazzo”
“Io lo penserei, se fossi un'altra persona.” fa spallucce, per quanto possibile sotto il peso dello scatolone “E' come se mi presentassi agli studi London Bridge mentre registrano il disco, sarei fuori luogo”
“Se ti presentassi con questi ti farebbero entrare secondo me”
“Come fai a dirlo? Non li hai ancora assaggiati”
“Posso immaginare”
E alla fine li assaggio, quando raggiungiamo un furgone con la scritta CATERING stampata su un foglio A4 incollato a un finestrino. In realtà è solo uno spazio dove la gente può sedersi per consumare in fretta il contenuto del proprio cestino, alternativa al bordo del marciapiede o alla scalinata del condominio stesso, altri punti strategici scelti dai membri della troupe, attori compresi. Vedo Matt Dillon sistematosi proprio su uno degli ultimi gradini, intento a divorare un sandwich e a parlare col regista, che gli siede accanto. Quale miglior momento per avvicinarsi col dolce e approfittare per fare due chiacchiere con una star di Hollywood se non questo? E infatti Angie non ci pensa proprio per niente, non si schioda dal van e si intrattiene più del dovuto in una conversazione con una ragazza della sala trucco. 
“Il primo giorno di lavoro è andato via solo per creare il look di Matt, praticamente. Di parrucche ne abbiamo provate una cifra, abbiamo scelto quella che dava un effetto più realistico, ma ce n'è voluto” spiega parlando proprio del protagonista. Ma perché non andiamo a discuterne col diretto interessato? Eh? No eh?
“Una cifra... tipo quante?”
“120”
“COSA CAZZO DICI?” Angie non crede alle sue orecchie, io ai miei occhi mentre Matt finisce di mangiare e fa un po' di stretching alle braccia. Stoney, nel mio cuore ci sei solo tu, ma la bellezza è fatta per essere guardata.
“Giuro. Sai come sono questi attori, non gliene andava bene una”
“Questa gli sta molto bene direi. Capelli castani, lunghi, mossi... non ti ricorda qualcosa, Angie? O meglio, qualcuno?” adocchio di nuovo il bell'attore, sperando di spingere con le intenzioni la mia amica verso quegli scalini, ma per ora sto fallendo miseramente. E allora mi vendico con una frecciata, tiè.
“Sì, Stone. Mi ricorda molto Stone, non credi? Lui o come porta i capelli circa l'80% dei ragazzi a Seattle”
“Ah-ah. Io pensavo a qualcun altro”
“La capo-trucco ci ha portato delle foto per farci un'idea di questo stile di Seattle, comunque, idem per le costumiste”
“Direi che ci avete preso!” Bridget Fonda sta fumando una sigaretta da sola sotto un albero poco più in là ed è praticamente la fotocopia della mia amica Maureen: camicia di flanella, bombetta, shorts, il suo look per eccellenza. Aspetta un momento “Matt è davvero perfetto, ha persino dei bermuda identici a quelli di Jeff”
“Perché sono quelli di Jeff” risponde Angie servendosi il caffè da un thermos che le ha appena allungato la ragazza, assieme a un bicchiere di plastica.
“Che?”
“Il tipo che ci ha portato il guardaroba di Matt? Si chiamava Jeff?” chiede un'altra tipa, appena affacciatasi dal portellone aperto del furgone, prima di servirsi con un dolce. 
“Sì, è un nostro amico. Cameron ritiene che il look di Jeff sia quello più, come dire, peculiare, e visto e considerato che hanno più o meno la stessa corporatura, tanto valeva farsi passare direttamente i suoi vestiti” 
“Anche i cappelli?” chiedo ridendo sotto i baffi di zucchero dati dai dolcetti di Angie. 
“Soprattutto i cappelli!”
“Laura lo sa?”
“Ahah non ne ho idea, ma deve assolutamente sapere che le sue creazioni entreranno nella storia del cinema” Angie prende due krapfen, li mette in un piattino di plastica e scende dal van, facendomi cenno di seguirla. Per un attimo mi illudo di poter finalmente tirare fuori penna e taccuino dalla mia borsa e farmi fare un autografo da Dillon, dato che stavolta sono arrivata preparata, mica come la sera dell'ultimo concerto all'Off Ramp. Ma mi bastano pochi passi per constatare che l'attore se n'è andato e non è più accanto a Crowe. Ovviamente! Altrimenti Angie non si sarebbe mossa di sicuro. 
“Ehi, ciao Angie, Grace! Cos'hai portato oggi? Ma guarda che non devi” il regista alza la testa da una serie di fotocopie di pagine a quadretti scritte a mano e ci saluta.
“Crema o cioccolato?” gli allunga il piatto e lui ci pensa un attimo.
“Si può fare tutt'e due?”
“Certo, era il mio piano fin dall'inizio” gli consegna ufficialmente i dolci e si siede alla sua destra, io mi accomodo dal lato opposto, sullo stesso gradino. Butto un occhio in direzione del van di fronte al quale, neanche a farlo apposta, ora stazionano i due attori. Dillon parla con la costumista di prima, che gli passa un krapfen e ci indica. A quel punto Matt ci fa ciao con la mano e io ora come ora strozzerei Angie a mani nude, ma evito. Fa brutto se la lascio qui col regista e vado a socializzare col cast? Forse un pochino.
“Oh a proposito di piani, anch'io ne ho uno sai? E ti riguarda, infatti speravo proprio venissi in questi giorni”
“Mi riguarda? In che senso?”
“Aspettami qua un secondo” Cameron si alza e si allontana, come si allontana, almeno momentaneamente, il mio proposito di andare a farmi fare questi benedetti autografi.
“Magari ha un lavoro per te” rispondo a una domanda che Angie mi ha fatto silenziosamente, solo coi suoi occhi confusi.
“Seh, figurati, per lavorare in una troupe cinematografica devi essere qualificata, non prendono persone a caso solo per amicizia”
“Va beh, non dico che voglia farti fare... che so... dimmi il nome di un ruolo importante qualsiasi”
“Direttore di produzione”
“Ecco, non dico quello, ma magari una cosa più semplice, che so, fare il caffè o spazzare il set, consegnare la posta, boh, cose così”
“Anche per fare lo schiavo devi almeno aver finito gli studi, non ti assumono a cazzo”
“Una laurea in caffeinomania?”
“Ahahah sì, potrebbe servire”
Crowe esce da una roulotte parcheggiata dall'altro lato della strada in cui non lo avevo nemmeno visto entrare e ha in mano un grosso raccoglitore verde, di quelli ad anelli. Inizia a sfogliarlo non appena si risiede in mezzo a noi, scorrendo pagine a quadretti scritte a mano, simili a quelle delle fotocopie. 
“Dove cavolo... ah eccola qua!” il regista da una botta a mano aperta sulla pagina appena trovata, apre e chiude gli anelli e tira fuori un singolo foglio, che passa ad Angie. In realtà lo appoggia sulle sue ginocchia, perché lei ha quasi timore di toccarlo, neanche fosse una reliquia.
“Cos'è?” chiedo allungando il collo curiosa. 
“Una scena che gireremo tra un paio di settimane”
“Interno giorno. Debbie entra con calma nel negozio, ha in mano il suo portfolio e si dirige verso la ragazza al bancone...” Angie legge l'inizio ad alta voce, per poi via via abbassarla, fino a concentrarsi in una lettura silenziosa. Ma uffa, da qua non vedo niente!
“Debbie è una dei protagonisti, è una donna in carriera in cerca del principe azzurro. Siccome non lo trova con i metodi tradizionali, si rivolge a un'agenzia di appuntamenti” Cameron spiega l'antefatto, mentre Angie continua a leggere sghignazzando qua e là.
“Dalle risatine di Angie deduco che la scena non sia tragica come la fai sembrare”
“Ahah no, infatti, è una situazione abbastanza surreale, tragicomica direi. Tutti gli iscritti devono realizzare un video in cui si presentano e spiegano cosa cercano nel partner ideale. Quindi Debbie si rivolge a questi tizi, che producono qualcosa di abbastanza assurdo”
“E vuoi che Angie giri il video nel film, giusto? Ho indovinato?” mi alzo in piedi urlando la mia ipotesi, Angie mi copia facendo cadere il foglio.
“MA SEI PAZZA?”
“Oh no, eheh, non era questo il mio piano per te” Crowe recupera la pagina dal gradino più basso senza scomporsi più di tanto e ci fa segno di rimetterci a sedere.
“Ma infatti, figurati!”
“Il piano è una particina: tu sei la commessa”
“EH?” Angie stava quasi per appoggiare di nuovo il sedere sulla scala, ma alle parole di Cameron si alza di scatto come se si fosse scottata le chiappe su un gradino rovente.
“Saresti perfetta!”
“Ma io... ehm... Cameron, ti ringrazio tantissimo, ma non credo-”
“Alternativa, algida e sarcastica, sei praticamente tu, fidati”
“Ma dove??? E poi… io non so recitare”
“Non devi recitare, devi essere te stessa”
“Io non so essere me stessa”
“Ahahahah Angie, taci e accetta! Sei impazzita, è un'occasione unica!” la rimprovero allungandomi per superare il regista e scuotendola per la spalla.
“Lo so che non vuoi fare l'attrice, ma lavorare in una produzione cinematografica è sempre utile,  soprattutto quando lo scrivi nel tuo curriculum”
“E' un'esperienza, cazzo, non puoi dire di no!” esclamo e mi sento molto Meg in questo momento, perché me lo sento dentro che questa folle dirà di no con tutta se stessa, e allora cerco direttamente di non farla parlare.
“Non devi rispondere subito comunque, ho bisogno di saperlo entro una settimana. Ma sappi che ho un'altra opzione per questa parte”
“Ecco, fossi in te passerei direttamente all'altra opzione”
“Non ascoltarla, Cameron! Ci penserà e ti farà sapere” la fulmino con lo sguardo.
“Ma ha pure un sacco di battute! Brian dice solo Venti. Posso fare Brian? Avrebbe anche più senso perché è il regista del video”
“Eheheh sì, in effetti ci starebbe, ma per Brian ho già un'altra opzione ed è insindacabile, mi dispiace”
“Ti pareva, il mio solito culo” borbotta Angie, dopo che un tizio ci è passato di fianco urlando che la pausa pranzo è finita e la troupe deve tornare al lavoro.
“Eh sì, Tim sta girando da queste parti, lascia il suo set apposta per fare questa comparsata per me, per quello so già con precisione quando filmeremo la scena”
“Tim?” chiedo alzandomi definitivamente e seguendo poi Cameron nel salire i gradini.
“Il mio amico Tim Burton, mi ha promesso un cameo in amicizia. Lo conosci?”
“E' un attore? Perdona l'ignoranza”
“Tranquilla! No, è un regista. Hai visto Beetlejuice? Edward Mani di Forbice?”
“Cazzo, sì!”
“Ha fatto anche l'ultimo Batman”
“E' famoso! Sentito Angie? Conoscerai un regista famoso di Hollywood!” faccio con la testa avanti e indietro per scavalcare visivamente Cameron e rivolgermi direttamente alla mia amica futura star del cinema, "E reciterai con lui!" ma non riesco a inquadrarla “Angie?”
Cameron, finora sovrappensiero, si volta a sinistra e poi a destra verso di me, e poi all'indietro. 
“Non c'è. Dov'è andata?”
“Angie!” mi guardo attorno e chiamo la mia amica stupida, che ha pensato bene di dileguarsi proprio al momento giusto. Beh, meglio così, almeno non può dire di no “Va beh, la troverò e la convincerò, tranquillo”
“Non voglio si senta obbligata, ma sarebbe un'idea carina secondo me. Questo film è un po' il mio ringraziamento a questa città che mi ha accolto e mi piace l'idea di metterci anche le persone che ho conosciuto. E poi penso davvero che la parte le calzi a pennello”
“Ti faremo sapere per tempo. Intanto vorrei capire dove si è cacciata”
“Chi state cercando?” così, dal nulla, ecco apparire Cornell in cima alla scalinata.
“La mia collega, nonché tua vicina di casa. Era qua fino a un minuto fa ed è letteralmente evaporata da un momento all'altro”
“Angie? Ahahahahah! Conoscendola, è più facile che sia caduta di sotto, avete controllato?” Chris ride sotto i baffi precipitandosi giù dalle scale. Dio quanto ama quella storia! “Uh, krapfen!” lo sento gridare subito dopo.
“Dai Chris, muoviti che torniamo a girare” gli urla dietro Cameron.
“Ehi ciao,” quasi non mi accorgo di Matt Dillon che ci raggiunge in cima alla scala “la tua amica cuoca è veloce”
“Ciao! L'hai vista?” lo saluto simulando nonchalance, mentre infilo una mano nella borsa in cerca del blocchetto e della penna. 
“Sì, mi ha detto che ti aspetta in macchina,” risponde e poi si rivolge al regista “e che è sparita perché le scappava tantissimo e mi ha detto di salutarti” 
“Eheh ok, grazie”
“E mi sa che le scappava davvero un sacco, mi è quasi venuta addosso”
“Nah, quello lo fa con tutti, è il suo cavallo di battaglia, non sentirti speciale!” Chris ci raggiunge di nuovo dopo la sua dose di dolce.
“Quanto cazzo ti piace quella storia Chris?” Cam scuote la testa e poi richiama l'attenzione della truccatrice che abbiamo conosciuto prima, perché venga a sistemare la faccia inzuccherata di Cornell.
“Che storia?” Dillon domanda curioso e chi sono io per non soddisfare la sua curiosità?
“Non te l'ha raccontata! Impossibile, ma non temere, rimedio subito io!”
***
“Cosa vuol dire che non ti sembra una cosa grave?” Angie cammina avanti e indietro agitatissima, io me ne sto qui tranquillo appoggiato alla mia macchina proprio sotto casa sua.
“Che non lo è, micetta” sono così tranquillo che mi sento quasi in colpa.
“Micetta un cazzo, ho detto a Matt Dillon che mi stavo pisciando addosso, ti pare normale? Penserà che sono scema” butta la sigaretta a terra, la spegne sotto lo stivale e se ne accende subito un'altra. 
“Perché? Gli attori non pisciano?” io sono ancora alla prima.
“Sì, ma non è questo il punto!”
“Non credo sia rimasto scandalizzato da questa cosa”
“No, certo, avrà solo pensato che sono una malata di mente”
“Dai, alla prossima lezione di chitarra gli spiegherò che la mia ragazza non è incontinente, ma solo timida”
“Lezione di chitarra?” finalmente riesco a farla fermare un secondo perché con questo andirivieni mi sta facendo venire il mal di mare.
“Sì, gli serve un'infarinatura minima per essere vagamente credibile sul set. Ha chiesto aiuto a me, non ho idea per quale motivo. Ma non ho saputo dire di no. Dopotutto non ho niente da fare in questo periodo” infatti, sto solo registrando un album, girando un film, facendo ancora qualche turno al mini market. Per poter vedere Angie stasera sono uscito dallo studio e sono andato a prenderla al lavoro per accompagnarla a casa. È buffo, quando era un segreto di stato avevamo tutto il tempo del mondo, adesso che tutti sanno che stiamo assieme siamo ridotti a vederci nei ritagli di tempo.
“Beh, avrai fatto una buona impressione. Probabilmente perché non sa che mi conosci”
“Lo sa già che ti conosco”
“Non sa quanto mi conosci” approfitto della sua ritrovata calma per prenderle le mani e attirarla a me.
“Vuoi fargli sapere anche quello? Ti facevo più riservata”
“Ahah vaffanculo, Ed” fa per allontanarsi, ma un bacio riesco a rubarlo.
“Mmm però sei proprio cattiva, sai?”
“Per un vaffanculo? Da quando sei così sensibile?” si riavvicina con quel suo ghignetto furbo e mi mette le braccia al collo. 
“No, non è per quello. Ti sembra giusto chiamarmi col mio soprannome intimo proprio adesso che non possiamo fare niente?”
“Sei proprio un coglione!” fa per staccarsi da me con uno spintone, ma la blocco. Allora mi prende la sigaretta dalle labbra e la lancia via per dispetto.
“A proposito, perché non possiamo fare niente? Perché questa sigaretta non possiamo fumarla su, nel tuo appartamento, magari davanti a una bella tazza di caffè?” le chiedo fregandole la sua dalle dita e facendo un tiro.
“Perché devo alzarmi prestissimo domani. E anche tu”
“Appunto. Saliamo, sigaretta, caffè e poi a nanna. Qual è il problema?”
“Il problema è che faremmo tutto tranne che dormire e lo sai bene” brava, lo so benissimo, perché l'avrei proposto altrimenti?
“Continuo a non vedere il problema”
“Ahahah il problema è che tu sarai super-performante e produttivo anche senza dormire, io no”
“Mica ti tengo sveglia tutta la notte” magari fosse, aggiungerei. 
"Mm… non ne sono troppo sicura" si riprende la sigaretta che mi penzola dalla bocca. E mentre fa un tiro lunghissimo mi guarda in una maniera che… che cazzo.
"Angie però, anche tu…"
"Io cosa?" espira il fumo di traverso per non buttarmelo dritto negli occhi.
"Non mi aiuti"
"Perché? Che ho fatto?"
"Non dobbiamo fare niente e poi invece mi tocchi, mi guardi così..."
"Ahah quanto sei idiota!" si stacca da me e apre la sua borsa in cerca di qualcosa. 
"Guarda che non era una battuta" forse Angie sta pian piano cominciando a farsi una ragione del fatto che mi piace, ma non ha la più pallida idea di come possa far sentire un uomo con uno sguardo, un abbraccio o anche solo il suono della sua voce. 
"Ok ok, allora ti sto lontana e cambio argomento. Come vanno le registrazioni?" prende un fazzoletto e si soffia il naso, allungando ancora un pelo la distanza tra noi. 
"Bene, credo che i tecnici vogliano ammazzarci. Non ci è voluto molto"
"Ahah perché? Che avete combinato?"
"Niente in particolare, hanno solo scoperto di avere a che fare con dei perfezionisti del cazzo"
"Oh, vuoi dire che hanno conosciuto Stone?"
"Ahah tutti noi, in realtà, non solo Stone. Le ultime tre notti le ho passate chiuso in studio da solo a provare, riprovare, riscrivere…"
"Come da solo?"
"Mi ero inchiodato su un paio di pezzi, non venivano proprio come volevo, come volevamo. Allora mi sono fatto spiegare dall'ingegnere del suono come registrarmi da solo e gli ho detto, ok, adesso chiudetemi dentro e vedrete che domani le faccio come dio comanda" 
"E ce l'hai fatta?"
"Certo, farsi il culo a volte è l'unica soluzione" ce l'ho fatta? Penso di sì. Cioè, con quei due pezzi sì, manca il resto dell'album. E manca il resto di me. Voglio dire, dal vivo mi sto sciogliendo, sto trovando la mia identità non solo in questa band, ma anche in questa scena, in questa città. Ma sul disco dobbiamo essere noi, i Pearl Jam, e la mia identità deve essere fatta e finita. Devo essere all'altezza di quello che abbiamo creato come gruppo, è indubbio che io sia l'anello debole qui. Non perché non abbia le capacità o il talento, ma perché sono l'ultimo arrivato in un gruppo con delle dinamiche già ben definite, in perenne equilibrio tra dovermi adattare a loro ed esprimere quello che sono. I ragazzi mi rassicurano in continuazione, ma… Sono scemo se dopo quasi sei mesi non mi sento ancora al 100% parte del gruppo?
"Stanotte no però, giusto?"
"No, stanotte riposo. E poi avevo voglia di vederti"
"Eheh ti sono mancata?"
"Certo"
"Ma se ci sentiamo tutti i giorni!" Angie butta la seconda sigaretta e infila le mani nella tasca della sua giacca di pelle. 
"Sentirsi non è la stessa cosa. E poi oggi a pranzo ero cotto, saremo stati al telefono sì e no  due minuti. Anzi, perdonami se ho chiuso frettolosamente, appena messo giù con te sono crollato sul divano dello studio un'oretta e poi mi sono rimesso al lavoro"
"Lo so, Eddie, tranquillo" si riavvicina quasi timidamente e mi da due pacche sulla spalla.
"Non sei arrabbiata?" 
"Ahah ma no, figurati, ci mancherebbe! Stai lavorando, mica ti stai facendo i cazzi tuoi"
"E non ti manco un pochino?" le prendo una mano e le bacio il palmo, per poi tenermelo sulla guancia.
"Certo che mi manchi, ma il tuo lavoro è questo, tu sei così. Se mi faccio le paranoie adesso perché non ci siamo visti una settimana, come dovrei reagire quando avrai un tour e starai via i mesi?" 
"Sicura non sia un problema per te?" dalla tranquillità che trasmette sembra stra-sicura, anche più di me. Insomma, non è che non ci abbia pensato, ci penso da sempre o almeno da quando ho deciso che un giorno avrei fatto della mia passione il mio lavoro. Non ne ho parlato con Angie, quello no. 
"Assolutamente, non sono la ragazza rompicoglioni che ti stressa se non la chiami tutti i giorni o che ti chiede di scegliere tra lei e la musica, non esiste" mi prende il viso tra le mani e poi mi scuote come a farmi dire No con la testa assieme a lei.
"Ok. Ma io invece ti posso chiamare tutti i giorni?" 
"Ahahahah puoi chiamare quando vuoi" mi bacia e si scosta di nuovo da me.
"Comunque non è un'eventualità immediata, cioè, se tutto va bene il disco uscirà quest'estate, verso la fine dell'estate. Faremo qualche data qua e là, ma nessun tour serio prima dell'autunno. Prima di allora non dobbiamo neanche porci il problema in pratica" dico più a me stesso che a Angie, che sembra del tutto serena. 
"Non esiste nessun problema per me, Eddie, davvero, non preoccuparti"
"Non mi preoccupo per te, ma per il sottoscritto. Come faccio a stare lontano dalla mia micetta?" 
"Ahahahahah sei proprio scemo!" Angie scuote la testa e prende le chiavi di casa dalla borsa, chiaro segnale che sta per salutarmi.
"Ecco, io apro il mio cuore e tu ridi di me!"
"No caro, tu mi prendi per il culo e io ti do quello che ti meriti!"
"Non ti piglio per il culo, è la verità! Pensi davvero che non mi mancherai da morire?"
"Non morirai"
"No, ma sarà dura. Ehm, in tutti i sensi"
"Ahahahahahahah e poi dici che non mi prendi in giro?!" mi da una specie di spintone, ma io sono irremovibile.
"Infatti sono serissimo. Come faccio a stare un mese senza fare l'amore con te?"
"Fai come fanno tutti, le groupie ci sono per questo no?" 
"Le groupie???" ma come cazzo fa a uscirsene con queste cose dal nulla?
"Ahahahah"
"Io non ho groupie!" 
"Beh, non ancora"
"Né ora né mai, per carità!"
"Non ti piace l'idea?"
"No! Lo trovo aberrante e umiliante per le donne, non siamo mica i Mötley Crue del cazzo!"
"Ma se una ragazza libera e sicura nella sua sessualità vuole fare le sue esperienze?"
"Che le faccia, ma non con me"
"Ahahah sei molto categorico su questo punto"
"Lo sono"
"Niente sesso con le fan allora?"
"No. Tutt'al più mi vedo con Fede"
"Fede?"
"Federica…"
"E chi è?" per un attimo credo di avercela fatta, di essere riuscito non solo a fregarla con un'altra battuta, ma anche a tirarle fuori quell'1% di gelosia che deve avere per forza nascosto da qualche parte. Invece no.
"Federica… la mano… amica" non faccio in tempo a finire la frase che Angie mi ha già riempito di sberle sul coppino.
"EDDIE!"
"Ahahah perché mi picchi?"
"Perché fai schifo!"
"Scusa, micetta. Le groupie sì e le seghe no? Spiegami… ahia… il senso!"
"Non ti picchio per quello, ma per il livello bassissimo della battuta"
"È sempre quello il punto: tu pensi che io stia scherzando, invece sono super serio" infatti sto seriamente cercando di punzecchiarti per farti cedere e farmi salire su con te, ma non c'è verso.
"Certo"
"Comunque tutti escono con Fede, anche tu scommetto…"
"L'hai vista anche questa settimana?" sempre brava a sviare tu, eh?
"Sì, lo ammetto"
"Eddie!" altro finto pugnetto al sottoscritto.
"Eheheh Eddie cosa? Me l'hai chiesto tu!"
"Adesso ho capito cosa fai tutta la notte da solo in studio, altro che lavoro!" 
"Nah, io preferisco la comodità della casa e di un letto. Quella fissata coi posti strani sei tu, cara" provo a segnare l'ennesimo colpo, ma va a vuoto anche questo.
"Va beh, a proposito di letto, s'è fatta una certa, direi che me ne vado a dormire"
"Ok" sospiro rassegnato.
"Ahahah e non fare quella faccia"
"Che faccia?"
"La faccia da cucciolo triste di uno che va in bianco" 
"Ah, dici questa?" incrocio le braccia, spalanco gli occhi e faccio un broncio da manuale buttando fuori il labbro inferiore in maniera esagerata.
"Esatto, ahahah, piantala" prova fisicamente a smontare la mia espressione da manuale stroppicciandomi la faccia con le mani, ma io resisto "Dai!"
A quel punto l'acchiappo a tradimento e l'abbraccio.
"Lo sai che scherzo, vero?" le sussurro all'orecchio.
"Certo che lo so"
"Volevo solo vederti perché mi sei mancata, non mi interessa il sesso"
"Lo so"
"Cioè, mi interessa, è bellissimo, ma non è tutto"
"È un bonus"
"Sì, ma non è che se stasera non mi dai il bonus mi incazzo o simili, ok?"
"Messaggio ricevuto, tranquillo"
"Perfetto" la bacio dietro l'orecchio, poi sulla guancia, poi sulle labbra.
"Recupereremo presto, promesso"
"Non ti preoccupare"
"Non mi preoccupo. Tanto c'è sempre Fede, no?" alza le spalle e mi rifila quel suo solito sorrisetto furbo del cazzo. Se no  fosse che dobbiamo fare i bravi, le sarei già saltato addosso.
"Sei perfida, sei veramente perfida" la allontano da me, ma me ne pento immediatamente.
"Buona notte, Eddie"
"Come buona notte? Ti accompagno su, dai"
"Non se ne parla, notte notte" mi da un ultimo bacio e s'incammina verso il portone. 
"Addirittura? Pensi ancora che m'infilerei a tradimento a casa tua? Non ti fidi proprio eh?"
"No, non mi fido. Di me stessa. Per niente. Al 99% ti farei entrare"
"Ah! Davvero?"
"Adesso devo proprio andare"
"Sono così irresistibile?"
"BUONA NOTTE!"
"Rispondi, maledetta!"
"A DOMANI!"
"Uff ok ok, buona notte!" ma non finisce qui, eh?
***
Stasera batto un record: dieci e mezza e sono già in pigiama. Cioè, più che in pigiama in mutande, ma è per dire che sono pronto per andare a letto. Alle dieci e mezza, mai successo, neanche che da bambino, credo. Non me lo ricordo. Sono stato bambino? Sì, direi di sì. Guardo la chitarra appoggiata al muro e mi viene in mente una sera d'estate di tanti anni fa, in casa c'eravamo io, mia madre e il tizio con cui usciva all'epoca. Lei suonava il suo vecchio Wurlitzer, lui l'accompagnava con la chitarra, facevano una jam, anche se all'epoca non avevo ancora idea di cosa volesse dire. Non ricordo se c'era altra gente. Ricordo solo che a un certo punto, forse perché non mi sentivo abbastanza al centro dell'attenzione in quel momento, corsi in camera mia a prendere una racchetta da tennis, e tornai in salotto a fare air guitar come uno scemo mentre loro due suonavano. A un certo punto, alla fine di un pezzo, il tipo chiese a mia madre se sapevo suonare. Alla sua risposta negativa, mi invitò ad avvicinarmi e, per la prima volta in vita mia, imbracciai una chitarra. Mi insegnò qualche accordo sul momento e vidi che mi risultava facile. Fu sempre grazie a lui che più tardi ricevetti in regalo la mia prima chitarra. Dovrei essergli riconoscente, se solo mi ricordassi come cazzo si chiamava..  
"Ehi Jerry, sei solo? Si può?" Layne entra spalancando la porta della mia stanza senza farsi troppi problemi.
"Sì. Ma anche se non potevi, ormai sei entrato lo stesso" lo sa benissimo che sono solo, sono sempre solo, ormai penso lo chieda più per non umiliare il mio ego che per vera informazione.
"Allora, che fai stasera?" 
"Schifo. Può andare come risposta?"
"Io e Demri andiamo a bere una cosa, vuoi venire?" non so per cosa stupirmi di più: per il fatto che si rivede con Demri dopo la maretta degli ultimi tempi? Perché ignora perfettamente la mia battuta? O perché gli faccio così pena da pensare di portarmi dietro come ruota di scorta a un'uscita con la sua ragazza? 
"A fare che? Reggere il moccolo?"
"Fanculo, Jerry, andiamo al Frontier Room a bere, non è un'uscita romantica, puoi venire senza farti pare"
"Sì, ok, no, non posso, sai com'è, stavo andando a dormire"
"A dormire?"
"Sì, vedi" ammazzo la canna nel posacenere sul comodino, sollevo il culo dal letto e mi infilo sotto il lenzuolo.
"A quest'ora?"
"Sì, voglio prepararmi per la partenza, sai, iniziare ad abituarmi al fuso orario di lì" tra pochi giorni si va in Europa, in tour coi Megadeth, e onestamente non vedo l'ora. Sarà una figata, indipendentemente dal fatto che il 99% del pubblico presente sarà lì per loro e non ci cagherà di striscio. Non me ne frega un cazzo, mi basta conquistare anche l'1%. Mi basta suonare e fare casino in giro. E staccare da Seattle e da tutto. Ora come ora, mi ci vuole davvero.
"Ehm, in Europa adesso sono tipo le sei/sette del mattino, Jerry" da quando in qua Layne è uno scienziato… come si chiamano… va beh, esperto di fusi orari?
"Appunto, comincio a mettere da parte preziose ore di sonno adesso, in previsione di quelle che perderò poi. Devo sempre spiegarti tutto!"
"Dai, non fare l'asociale! E poi Demri vuole salutarti" Demri vuole psicanalizzarmi, è diverso. Oppure vuole affibbiarmi qualche sua amica, come già ha provato a fare qua- ASPETTA UN MOMENTO.
"E chi c'è a parte noi tre?"
"Mah, non so, nessuno, credo" 
"Credi"
"Non so chi c'è, magari becchiamo qualcuno lì, altrimenti siamo solo noi"
"Becchiamo qualcuno lì… tipo chi?" 
"Ma che ne so, era per dire! Capita di trovare qualcuno di tanto in tanto. Coi cocktail a un dollaro e cinquanta, è il ritrovo preferito degli ubriaconi e dei musicisti con le pezze al culo, che sono i due gruppi principali a cui appartengono i nostri amici" il tuo ragionamento non fa una piega, fratello, peccato che fai cagare a mentire.
"Non è che andiamo lì e c'è qualche amica di Dem?"
"Mah, che ne so, può essere, chi è che non è amico di Demri?"
"Layne, ti prego"
"Conosce tutti, cazzo"
"Dimmi che non avete organizzato una cazzo di uscita a quattro per farmi conoscere qualcuna"
"Ahahahahah cosa? Ma no, figurati!"
"Perché mi incazzo se è così"
"Non abbiamo organizzato un cazzo di niente, mi ha appena chiamato e mi ha chiesto se mi andava di uscire a bere e di invitare anche te, tutto qui"
"E la cosa non ti insospettisce?"
"Eh?"
"Puoi dirmi con assoluta certezza che se adesso prendo e vengo con te al bar non ci troveremo Demri e una sua amica ad aspettarci?"
"Beh, con assoluta certezza no, ma-"
"Allora buona notte" spengo la luce e faccio per mettermi a letto come si deve.
"Cazzo che piaga che sei diventato! Comincio a dare ragione a Mike e Sean" Layne indietreggiare verso la porta e pigia l'interruttore per riaccendere la luce.
"Bene, allora vacci con loro al Frontier"
"Quanto la fai lunga! Cosa ti costa bere una cosa un'oretta con una tipa???" sbuffa e si arrende, finalmente.
"AH! ALLORA LA TIPA C'È!" scatto di nuovo seduto e lo punto con un dito accusatore.
"Sì, c'è! Va bene! Avevi ragione, sei contento?"
"Sì, di solito alla gente piace avere ragione, sai com'è"
"Mica ti ci devi fidanzare, solo farci due chiacchiere. Dem non è scema, certo non vuole accoppiarti adesso che stiamo per partire per un mese"
"Appunto, cosa la conosco a fare adesso? Ne parliamo quando torno" sprimaccio il cuscino e ci appoggio la testa, spengo di nuovo la luce.
"Dai, Jerry, vestiti e andiamo" riaccende.
"Non ci vengo" rispengo.
"Ho già detto che andavamo, che figura mi fai fare? Su!" riaccende.
"Sei uno stronzo" mi metto le mani in faccia, ma vorrei farlo a lui sinceramente.
"Pensa a quella povera ragazza che vede arrivare solo me. Che fa? Il terzo incomodo?"
"Ma se prima mi hai detto-" meno msle che cinque minuti fa era un'uscita senza impegno. Mi alzo.
"Coraggio! E poi la tipa è dello Scorpione" 
"E quindi? Che cazzo vuol dire?"
"Che ne so, ma Dem ha detto che per te è perfetta. E calcola che con Angie ci aveva azzeccato che sarebbe finita in merda. Io speravo si sbagliasse, ma ci azzecca sempre" 
"Grazie amico, erano giusto cinque minuti che non ci stavo pensando" osservo mentre m'infilo i pantaloni.
"Prego, non c'è di che. Ora vestiti, ti aspetto di là"
Non ci posso credere che mi abbia incastrato così facilmente. Va beh, per lo meno posso affogare i miei dispiaceri nell'alcol a buon mercato.
"E come si chiama questa tizia?" gli chiedo quando è già fuori dalla porta.
"Heather! Lavora con lei al negozio. È carina, vedrai"
Quindi la conosce pure lui. Ovvio. Ma non era tutto organizzato, nooooo. 
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Capitolo 58 - Il patto, il nome e il principe (Seconda Parte)
Nel capitolo precedente: Angie fa uno strano incubo sul suo futuro in cui diventa una scrittrice di romanzetti rosa a sfondo fantasy e viene svegliata da una telefonata di Eddie, che le ricorda che finalmente è venerdì, cioè il giorno in cui riveleranno agli amici che stanno insieme. Stone, dopo essere sparito per un po’ per riflettere su quanto gli aveva detto Grace, va a prenderla al lavoro e chiarisce le cose con lei. Angie e Eddie si baciano sotto casa di lei, convinti che Jeff, Mike e Dave, che li aspettano nel furgone della band per andare insieme al concerto, li abbiano visti e stiano parlando di loro. Quando arrivano al van, invece, li scoprono intenti a discutere dell’ultimo episodio di Twin Peaks.
***
Rosa. Stanno diventando rosa. I miei colpi di sole viola si stanno lentamente, ma inesorabilmente, sbiadendo in un fucsia-gomma da masticare triste di sottomarca, mentre la tinta blu scuro sta via via scaricando del tutto, lasciando il posto al mio vecchio e banale castano. China, in bilico, sopra la turca, analizzo le ciocche che mi penzolano davanti alla faccia, illuminate dalla luce ronzante del bagno dell'Ok Hotel. Dopo aver tirato l'acqua ed essermi ricomposta, sento il volume della musica del locale alzarsi e abbassarsi subito dopo, seguito da chiacchiere e risate femminili. Qualcun altro è entrato in bagno e allora io resto qui. Non so perché, ma non mi piace incontrare altra gente uscendo dal bagno, mi mette a disagio. Non ho nulla contro l'andare al cesso in due, tre, cinque, dieci ragazze, ma se devo fare pipì, io sono quella che la fa sempre per ultima e dice alle altre di andare pure e che le raggiungerà fuori. Non posso certo usare questo sistema con le sconosciute, soprattutto nei cessi dei locali con file interminabili fuori dalla porta, allora che faccio? La tengo oppure cedo, cercando di evitare di incrociare lo sguardo con quello della tizia che entra dopo di me, a cui non frega un cazzo della sottoscritta ovviamente e vuole solo farla. Stavolta però è presto, il concerto deve ancora iniziare e i bagni erano vuoti, almeno finché non sono entrate queste. Chissà quante sono? Dalle voci sembrano tre, dovrò aspettare qua dentro per poco, sperando che nessuna cominci a farsi domande sul perché la mia porta è chiusa a chiave.
"Ma voi li avete già sentiti questi Pearl Jam?" la domanda posta da una di loro non sfugge alle mie orecchie, concentrate sui loro discorsi, fino a quel momento solo allo scopo di capire quando se ne sarebbero andate, ma ora ancora più attente.
"Non ancora, ma Emma sì, vero?" risponde un'altra voce un po' più acuta della precedente.
"Sì, e il cantante è un figo pazzesco" la terza voce ha un accento vagamente bostoniano, non riesco a capire se è un accento vero che la ragazza cerca di camuffare o se è una parlata che non le appartiene ma che calca apposta, non saprei per quale motivo. Ed è l'accento ad attirare per primo la mia attenzione, più che quello che dice.
"Va beh, per quello non serve sentirlo cantare, basta avere gli occhi per guardare" ribatte la prima voce sghignazzando.
"Sì, visto così è carino, ma sul palco è ancora più sexy. Vedrete che mi darete ragione"
"Non è male, ma io sono più orientata sul bassista" interviene di nuovo la voce numero due, che viene subito coperta da quella delle sue amiche.
"Lo sappiamo, lo sappiamo!"
"E' dai Green River che sei orientata su di lui, magari dovresti cambiare orientamento, visto che non c'è storia, che dici?"
"Tornerà single prima o poi, no? Mica se la sposerà Miss Perfezione" l'innocuo, e tutto sommato lusinghiero, soprannome dato da queste tipe alla mia amica mi dà un po' fastidio, diversamente dagli apprezzamenti su Eddie, che mi fanno quasi... piacere? Sì, piacere. Sono normale o cosa?
"Punta sui single della band, fidati" Emma-forse-Boston cerca di dissuadere l'amica dalla sua cotta per Jeff.
"Che poi sarebbe solo il chitarrista"
"Ma chi? Stone? Non si è ancora ripreso dalla storia disagiata con Valerie? O intendi l'altro?"
"L'altro. Stone ha la ragazza, avrà ritrovato la fiducia nel genere femminile"
"Oppure questa tipa la tiene a distanza di sicurezza dalle sue chitarre eheheh"
Ma chi è Valerie? Devo ricordarmi di chiederlo a Meg.
"Quindi restano la chitarra solista e il cantante. Tu ti prendi il chitarrista"
"Il cantante non è single"
"No?" chiedono le altre due in coro.
"No, ha la ragazza a casa che lo aspetta, o che sta per raggiungerlo, dipende da come va con la band"
"Ma di dov'è?"
"California, non so bene dove"
"Los Angeles"
"Secondo te uno che vuol fare musica parte da Los Angeles, che è il centro di tutto, e viene a infognarsi a Seattle? Ho sentito che è di San Francisco"
"NO, SAN DIEGO "sul momento quasi non capisco di chi sia la quarta voce, poi realizzo: sono io stessa, uscita dal bagno praticamente urlando.
"E tu... che ne sai? Chi sei?" ora che vedo il terzetto mi rendo conto che non è per niente come lo avevo immaginato. Voce numero 1, che nella mia testa è una sorta di capo del gruppetto, è alta quanto me, magrissima, e tutta occhi, occhi grandi e verdi, bellissimi, i capelli scuri raccolti in una coda alta tiratissima, orecchini a cerchio giganti. La ragazza di Boston sembra uscita da un episodio di Baywatch, bionda, occhi azzurri e fisico da urlo strizzato in un mini-abito nero, mentre la fan di Jeff con la voce acuta è la più alta di tutte, con spalle da nuotatrice evidenziate da un top a fascia, occhi neri e naso leggermente aquilino che le dà un'aria esotica e affascinante.
"Lo so perché lo conosco" faccio spallucce mentre mi butto sul lavandino a lavarmi le mani, focalizzando tutta la mia attenzione sul rosa dei miei cazzo di colpi di sole nello specchio.
"Sì, aspetta...ti ho vista con l'amica di Stone e Jeff, la bionda che lavora da Roxy... come si chiama?"
"Meg, è la mia coinquilina" rispondo al capo guardandola attraverso lo specchio.
"Conosci Jeff? E' ancora fidanzato?"
"Eheh sì, mi spiace"
"Visto, te l'avevo detto?"
"Allora ripiego sul cantante, tanto se la tipa è a San Diego che ne sa? Occhio non vede, cuore non duole"
"Non sta più con quella ragazza, si sono lasciati quando si è trasferito qui" mi fermo prima di aggiungere altri particolari intimi e non richiesti, anche se ho un insensato e improvviso desiderio di riverarli tutti, fino all'ultimo.
"VISTO? ALLORA E' SINGLE!"
"Lo dicevo io"
"In realtà... sta uscendo con un'altra ragazza, una che sta qui a Seattle" e che poi sarei io, ho una voglia matta di dirlo, ma perché? Che mi sta succedendo? Non starò mica diventando gelosa? Ho detto a Eddie che la sua gelosia nei confronti di Jerry non aveva alcun senso, ma almeno quella aveva delle basi. Dopotutto Jerry è il mio ex, è venuto a cercarmi e abbiamo passato del tempo in uno spazio ristretto da soli. Queste invece sono delle ragazze random che hanno solo detto che Eddie è carino. E grazie al cazzo. E' normale che lo pensino .Allora, perché parlo?
"E chi è?"
"Va beh, uscire non significa avere una fede al dito o chissà cosa"
"Ma come si chiama lui?"
"Già, è vero, come cazzo si chiama?"
"Eddie"
"E com'è Eddie? Come tipo, intendo"
"E'..." è dolce, sexy, divertente, timido, fuori di testa, romantico, buffo, protettivo, silenzioso, sgraziato, intelligente, appassionato, concreto, fedele, sincero, affidabile e altri ottocento aggettivi che mi vengono in mente, ma che tengo per me "... è ok, non parla molto, ma è simpatico"
"Un figo che parla poco: l'uomo perfetto" sentenzia la bionda, scatenando le risate di tutte e tre.
Io intanto continuo a sciacquarmi le mani e se insisto ancora un po' mi verranno le dita palmate. Chiudo il rubinetto e scrollo le mani nel lavandino, prima di indirizzarmi verso il ventilatore asciugamani con tre paia di occhi addosso.
"Allora ce lo presenti?" mi chiede la pertica quando ho già una mano sulla maniglia della porta e sto per uscire.
"Sì, certo!" sto ancora cercando di interpretare il mio comportamento quando esco dal bagno, seguita a ruota dal gruppetto, e chi ti trovo proprio lì, di fronte, con una mano in tasca e l'altra impegnata a reggere un bicchiere?
"Ehi, finalmente! Mi stavo preoccupando, c'era coda?" mi chiede notando che non sono l'unica a uscire dal bagno. Io gli vado incontro strofinando le mani ancora un po' umide sui miei jeans e, ben conscia di avere gli occhi del trio puntati su di me, faccio una cosa onestamente incomprensibile: allaccio le braccia al collo di Eddie e lo bacio come se lo avessi baciato per l'ultima volta un mese prima e non venti minuti fa, nel backstage, cercando di suscitare una qualche reazione in Stone e Dave, che però proprio in quel momento non stavano guardando dalla nostra parte. Cos'è? Improvvisamente sono diventata un'esibizionista?
"Stavo parlando con le ragazze" mi stacco dalle sue labbra, gli rubo la birra dalle mani e ne bevo un sorso, dopodiché mi giro verso il terzetto di mandibole cadute a terra alle mie spalle.
"Parla poco, ma si fa capire" il capo è la prima a rompere il ghiaccio, facendo ridere le altre due, e anche me, sotto i baffi.
"Si fa capire molto bene, direi" aggiunge la stangona.
"Ahah dai andiamo, ciao Eddie, buon concerto!" la Boston vamp prende le altre due per mano e le invita ad allontanarsi con lei.
"Ciao Eddie!"
"Dio che figura di merda"
"Ma va, che abbiamo detto in fondo?"
"Beh, insomma..."
Seguo finché posso la conversazione a tre, poi, quando le ragazze scompaiono dal mio radar, mi volto di nuovo e trovo l'espressione perplessa di Eddie.
"Le conosci?"
"Più o meno. Dai, andiamo che fra poco tocca a voi"
Io e Eddie ci salutiamo sotto il palco con un bacio, poco dopo aver intravisto Meg venire dalla nostra parte, ma quando ci separiamo notiamo che la mia coinquilina è più impegnata a imprecare contro un tizio, reo di averla urtata e aver quasi rovesciato il suo cocktail sulla maglietta nuova di lei, piuttosto che a guardare noi e le nostre effusioni. Eddie alza le spalle, fa un cenno di saluto a Meg e se ne va nel backstage a prepararsi.
"Non devi più far finta di non sapere niente di Eddie e me"
"Ah no? Ok, comunque quello stronzo davvero non guardava dove andava!" ribadisce voltandosi verso l'anonimo malcapitato, ormai già sparito fra la gente.
"No, abbiamo deciso di dirlo. Cioè, di farlo sapere, più che altro. Non nasconderci, ecco"
"Ah! Allora è per questo che state limonando a caso per tutto il locale?"
"Esagerata"
"No, hai ragione, forse sotto al mixer non l'hai ancora slinguazzato. E nemmeno davanti ai cessi"
"Ahahah piantala! E comunque, ehm, davanti ai cessi sì, anche"
"HA!"
"A tal proposito, ho bisogno di una consulenza. Della dottoressa Meg"
"Uhm"
"Sai che non mi piace approfittare dei tuoi studi in psicologia"
"Studi alquanto miseri"
"E della tua grande passione non solo accademica per la materia, ma... sono strana e ho bisogno che mi dici perché sono strana"
"Allora, prima di tutto ti ringrazio per la fiducia che hai in me, probabilmente malriposta, perché deve essere enorme se pensi che basti così poco per risolvere l'enigma Angelina Pacifico"
"Sto parlando seriamente"
"E poi sono lusingata, perché in genere sono io a impicciarmi dei cazzi tuoi cercando di psicanalizzarti e farti ragionare, mentre stavolta sei tu a chiedermelo spontaneamente. Sento che c'è una lacrima di commozione pronta a uscire"
"Ho fatto una cosa strana prima e non me la spiego"
"Ok, spara"
Ignoro il suo sarcasmo, pur apprezzandolo, e le racconto tutto quello che è successo con le tre sconosciute in bagno, mentre lei mi ascolta in un silenzio innaturale. Innaturale sia per lei, perché onestamente non penso di averla mai sentita tacere così a lungo, sia per il luogo, un locale affollato di persone, voci e rumori, anzi, casino puro.
"Quindi? Che mi sta succedendo? Sono diventata gelosa come Eddie? La gelosia è contagiosa? Oppure sono diventata stronza e basta?"
"Eddie è geloso?"
"Sì. Beh, un pochino" questo capitolo meglio affrontarlo un'altra volta.
"Il giusto, insomma"
"Oddio, giusto... cos'è giusto? La gelosia non è giusta, è stupida. E sto diventando stupida anch'io a quanto pare"
"Non sono del tutto d'accordo con la tua affermazione, comunque la gelosia non c'entra un cazzo col tuo exploit di prima"
"No?"
"No bella, non è gelosia, te lo dico io cos'è. Sono tre cose"
"Tre? Addirittura?"
"Numero uno: sei pedante"
"Vuoi dire pesante?"
"No, proprio pedante, è più forte di te. Se uno dice una cosa sbagliata lo devi correggere, nulla ti può trattenere, neanche la tua timidezza patologica. Se fosse stata una questione di gelosia saresti saltata fuori subito dal gabinetto, insultandole e dicendo loro di tenere giù le mani dal tuo uomo, invece te ne sei rimasta lì, buona buona, chiusa in quella toilette puzzolente a sentire le tipe sbavare per il tuo ragazzo finché non hanno cominciato a snocciolare informazioni sbagliate. A quel punto non ce l'hai fatta, dovevi dire la tua e illuminarle"
"Quindi mi sarei messa al centro dell'attenzione solo per fare la maestrina?"
"Non solo, ma anche. In questo, lasciatelo dire, tu e Stone siete uguali. Spaventosamente uguali"
"Smettila, mi dai i brividi"
"Numero due: cerchi approvazione"
"Approvazione?"
"Tutti vogliono piacere agli altri, per qualcuno è un po' più importante, soprattutto se ha un'autostima che traballa"
"Cos'è un'autostima?"
"Se fossi stata gelosa mi avresti descritto quelle tre come delle stronze o delle racchie o entrambe le cose, invece sembra quasi ti stessero simpatiche"
"Infatti, è così"
"Appunto. Tre ragazze simpatiche e carine che avevano un interesse comune con te, senza saperlo. Gli hai detto che conosci Eddie perché, inconsciamente, volevi ti accettassero"
"Oh"
"Numero tre... beh, il numero tre è il mio preferito"
"Ah sì?"
"Sì. Perché, cara Angie, sono lieta di comunicarti che alla veneranda età di diciotto anni"
"E mezzo"
"Diciotto anni e mezzo..." si corregge alzando gli occhi al cielo "... dopo tutto questo tempo, hai finalmente appreso uno dei concetti fondamentali della vita, nonché una delle sensazioni più gradevoli"
"Ovvero?"
"Ahahahah tirarsela, è ovvio"
"Tirarsela? Io non me la sono mai tirata nella mia vita!" forse giusto due secondi, quella famosa sera sfigata, con la cameriera del Canlis, aspettando Jerry. Si è visto poi com'è andata a finire.
"Appunto, ti ho detto che ci hai messo qualche annetto..."
"Ma poi tirarmela per cosa?"
"Perché Eddie è il tuo ragazzo, no?"
"E che c'entro io? Mica è un merito di cui vantarsi!"
"Questo lo dici tu, ma il tuo subconscio la pensa diversamente. Rifletti, hai trovato l'approvazione delle tue nuove amichette e quando hai visto Eddie potevi limitarti a presentargliele di sfuggita e andartene con lui, invece hai puntato dritto su Vedder e lo hai baciato lì davanti a loro, sapendo bene che le avresti lasciate di sasso. E non provarci neanche a dirmi che ti è venuto spontaneo e non hai pensato nemmeno per un secondo alla loro reazione, perché non ci credo per un cazzo"
"Beh, in effetti, ok, sì, ci ho pensato, un po'..."
"Stai col tipo che piaceva a tutte loro, quella è l'approvazione definitiva, quasi una consacrazione"
"Me la tiro senza un motivo valido, cosa sono diventata?"
"Pfff adesso non esagerare, dai!"
"Sono una persona orribile!"
"Ecco che parte l'Angie-dramma in 3, 2, 1" Meg fa il conto alla rovescia con le dita a un centimetro dal mio naso.
"Non capisci? Vuol dire che ho trattato Eddie come un oggetto, una merce di scambio!"
"Stai con un ragazzo carino e te la sei tirata un attimo, capirai!"
"Un trofeo per alimentare la mia autostima"
"La stai facendo più grave di quanto non sia, davvero. Cioè come tuo solito"
"Un ragazzo decente mi caga e mi monto la testa?"
"Un ragazzo decente ti caga, state insieme e non vi dovete nascondere per un motivo o per l'altro. Da quant'è che non ti capita?"
"Ehm... un sacco di tempo?" una relazione normale? Sono anni, direi. Ma poi, ce l'ho mai avuta una relazione normale?
"Stai col cantante di una band coi contro-cazzi di cui parlano tutti in città, io lo urlerei a tutti quelli che incontro, figurati. Vedila così: non sei orgogliosa di Eddie e di cosa sta facendo nella band?"
"Beh sì"
"E allora, sei orgogliosa e lo comunichi in giro, come lo hai comunicato a quelle tre"
"Infilandogli la lingua in gola davanti a loro?"
"Esatto. Ad ogni modo, considerando che lo stai facendo in ogni angolo di questo locale, ti avrebbero vista comunque a un certo punto"
"Non è detto, soprattutto se sono attente come i nostri amici, che non si sono ancora accorti di niente"
"O magari se ne sono accorti, ma vogliono essere discreti"
"Discrezione? Stone?"
"Beh, in effetti..."
"A proposito di Stone: chi è Valerie"
"ODDIO, VALERIE??? DOV'E'?!"
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"Mi sembra assurdo che tutti odino il Kingdome. Voglio dire, è il vostro stadio!" da quando sono qui a Seattle non ho trovato un tifoso che sia uno che non si sia lamentato dello stadio o che non l'abbia liquidato con sufficienza come una semplice location mai troppo amata dai cittadini. Jerry non è da meno, mentre discutiamo al bancone del bar in attesa dei nostri drink.
"Non è che lo odiamo, è che c'è di meglio. Sicuramente per il football non fa così schifo come per il baseball. O forse è solo questione di punti di vista: se i Mariners non giocassero così di merda, sarebbe lo stadio del cuore, come Wrigley Field per Chicago eheh"
"Non bestemmiamo, per cortesia! Non ci sono ancora stato comunque, devo andare a vedere coi miei occhi" lo spintono per gioco, afferro il bicchiere che il barista mi ha appena allungato e Cantrell fa lo stesso, facendomi un cenno di ringraziamento perché ho offerto io e continuando a parlare.
"Io ci ho camminato, anzi, ci ho corso! Sei anni fa, no, sette, quando i Seahawks hanno battuto i Raiders 13 a 7 al Wild Card Game e c'è stata una mega-invasione di campo dei tifosi. Ovviamente poi è andato a finire tutto in merda e la settimana dopo le abbiamo prese da Miami, ma in quel momento ci credevamo! Comunque il Kingdome lo fa la gente"
"Il dodicesimo uomo, no?" annuisco e, mentre faccio scorrere lo sguardo in giro per il locale, lo incrocio per caso con quello di Angie, poco lontana.
"Già, tolto quello e l'adrenalina, il campo di per sé fa cagare, sembrava di camminare su del cemento ricoperto di moquette verde"
"Io invece ci dormirei sull'erba di Wrigley..." guardo di nuovo nella stessa direzione di prima, ma non vedo più la mia ragazza "Ma anche sulle gradinate"
"Anche al Kingdome si può dormire bene, quando piove c'è la copertura che ti ripara. Al massimo te ne può cadere qualche pezzo in testa, ma che vuoi che sia" Jerry ridacchia sorseggiando il suo whisky, ma quasi si strozza, e io pure, quando una persona a caso compare dal nulla, praticamente urlando nelle nostre orecchie.
"CIAO RAGAZZI! VI STATE DIVERTENDO??"
"Oddio! Ciao Angie, uhm sì, direi di sì" Jerry la guarda perplesso mentre io istintivamente le circondo le spalle con un braccio.
"PERCHE'?"
"Come perché?"
"Cioè, ehm, voglio dire, come mai? Di che parlate?"
"Baseball" rispondo, probabilmente con gli occhi a forma di stella, come ogni volta che penso al mio sport preferito.
"E football" aggiunge Cantrell per poi finire in un sorso il suo drink.
"Sport eh? Una normale conversazione tra maschi, insomma..."
"Non necessariamente tra-" sto per obiettare sull'interesse prettamente maschile per lo sport quando il mio interlocutore mi interrompe.
"Vado a cercare Sean. Ho visto Layne con Demri quindi mi sa che hanno rifatto pace e mi tocca andare a casa col mio batterista. Ci vediamo!"
"Ci si vede!" lo saluto mentre si allontana con le mani in tasca e Angie fa lo stesso, ma a voce più alta.
"CIAO! Ok, che succede?" mi chiede rivolgendosi subito dopo a me con un'espressione serissima sul volto.
"Che succede? Niente, che deve succedere?"
"Di che stavate parlando davvero?"
"Che vuoi dire? Di sport, te l'ho già detto"
"Sì e io sono Doris Sams" ribatte incrociando le braccia e guardandomi male.
"Non è che sai giocare anche a baseball per caso?" la lascio andare a incrocio le braccia anch'io guardandola con sospetto per prenderla in giro.
"No"
"Non ci posso credere! Dobbiamo fare due lanci qualche volta"
"Non so giocare! Ma so come si gioca e so quattro cose di storia, ti ricordo che mio padre è un tifoso praticamente di tutti gli sport"
"Non lo so... sei molto brava a fingere di non saper fare le cose, non è vero?"
"E tu e il tuo amico siete molto bravi a fare finta di niente e cambiare argomento al momento giusto, non è vero?"
"Il mio amico?"
"Jerry... sì beh, amico per modo di dire"
"Guarda che stavamo parlando davvero del Kingdome"
"Sì, certo. E il dibattito era così animato che l'hai pure strattonato. Ovvio"
"Ahah gli ho dato una spintarella, per scherzo!"
"Oh sì, per scherzo"
"Angie, non so che cosa ti frulla per la testa e non so cos'hai visto, ma davvero, stavamo chiacchierando del più e del meno e stop"
"Stavate chiacchierando?"
"Sì"
"Tu e Jerry chiacchierate?"
"Sì. Come ben sai gli esseri umani sono animali sociali, interagiscono tra di loro e-"
"Piantala! Sai cosa voglio dire..."
"Non è che siamo migliori amici o cosa, ma ci conosciamo, perciò capita di fare quattro chiacchiere ogni tanto" alzo le spalle e da un lato mi viene da ridere al pensiero di Angie che accorre temendo un imminente duello tra me e il suo ex, dall'altro penso che tutto sommato un paio di pugni se li meriterebbe anche.
"E non avete parlato di nient'altro?"
"No, di che dovevamo parlare?"
"Non so, magari gli hai detto qualcosa per l'altra sera..."
"Perché avrei dovuto?" pensavo che Angie mi mandasse a fare in culo dopo quella prima scenata del cazzo, invece abbiamo fatto pace, la cosa è risolta. Perché dovrei andare a smuovere le acque?
"Boh, non lo so, forse perché a me hai fatto una testa così!" ribatte lei e d'un tratto mi sembra quasi esserci rimasta male.
"Che c'entra, io sto con te, mica con lui..."
"Ok, ma mi hai quasi mangiata viva al telefono. Invece lui niente? Se la cava così? Quattro chiacchiere al bar tra amiconi?"
"Angie, non ho capito, un secondo fa eri tutta allarmata perché pensavi gli avessi detto qualcosa e ora invece sei offesa perché non l'ho fatto. Sono io che non ci arrivo o non ha un cazzo di senso?"
Apre la bocca come per rispondere, poi la richiude e si guarda attorno come se fosse in cerca delle parole giuste fra la folla del locale, prima di ammettere, quasi mortificata: "Non ha un cazzo di senso, non lo so nemmeno io onestamente"
"Ehi, guarda che è tutto a posto, ok? Io e Jerry abbiamo un rapporto civile tra colleghi. E poi chi cazzo se ne frega di Jerry" le prendo il viso tra le mani e la costringo a guardarmi mentre la accarezzo e le sorrido per tranquillizzarla e farle capire che si sta agitando per niente.
"Ok. Ma come fate? Cioè, quando si parla di me, intendo"
"Semplice: noi non parliamo di te. Vuoi qualcosa?" rispondo secco, voltandomi verso il bancone e richiamando l'attenzione del barista per ordinare un altro giro per me, visto che Angie fa di no con la testa.
"Sì, va beh, ma se capita?"
"Non capita. Neanche una coca? O un succo?"
"No, grazie. Ma come fai a esserne sicuro? Se salto fuori come argomento in una discussione come vi comportate?"
"Non ci comportiamo in nessuna maniera perché non può succedere, Angie... Windbreaker?"
"Sbagliato. Comunque il fatto che non sia mai successo finora non esclude possa capitare in futuro" Angie sorride al mio tentativo buttato lì indovinare il suo secondo nome, ma non demorde sul tema.
"Lo escludo io, al 100%. Io e Jerry non parliamo di te e basta"
"Mai?"
"Mai, anche perché abbiamo fatto un patto" mi lascio sfuggire l'ultimo dettaglio e me ne pento un secondo dopo, non appena vedo l'espressione di Angie che registra questa informazione.
"Voi avete fatto... COSA??"
"Abbiamo stretto un accordo di non belligeranza che soddisfa entrambe le parti" ok, io non sono soddisfatto al 100%, e sicuramente nemmeno lui, ma almeno per ora sta funzionando.
"Hai fatto un patto con Cantrell? Su di me? E quando?" dopo ogni domanda lascia un paio di secondi di pausa, in cui io faccio sì con la testa. Ma la terza richiede una risposta più articolata.
"A San Diego" articolata per modo di dire.
"A SAN DIEGO? Hai detto a Jerry di noi quando me ne sono andata?"
"In realtà, prima..."
"COME PRIMA??"
"E comunque non gliel'ho detto io, è stato lui" Angie non mi sembra convinta o forse è solo che non ci sta capendo molto. Allora le racconto del nostro mini-battibecco allo Yates Club, di come Jerry aveva capito tutto e si era incazzato perché non gliel'avevo detto prima.
"Cioè, fammi capire: lui ha fatto quel cazzo che voleva con me e ha avuto il coraggio di prendersela con te perché non gli hai fatto sapere prima di essere interessato alla sua ex ragazza, che lui ha trattato come una pezza da piedi? Perché avresti dovuto riservargli questa cortesia? E poi, da cosa l'avrebbe capito che ci piacevamo, scusa?"
"Si vede che è un buon osservatore." o che io faccio schifo a nascondere cosa provo, ma evito di dirlo perché lei fa altrettanto schifo a capire i sentimenti degli altri e non voglio ferirla "Comunque un po' aveva ragione perché eravamo in tour assieme e ogni tanto lui mi chiedeva di te e si confidava con me e io avrei potuto confessare i miei sentimenti o almeno cambiare argomento e invece stavo lì a sentirlo. Quindi un po' merda lo sono stato"
"Si confidava con te?"
"Già"
"E che ti diceva di me?"
"Perché ti interessa? E' importante? E poi, non lo immagini?" se mi sono ingelosito così tanto l'altra sera è anche perché so che lui le sbava ancora dietro, mica per niente.
"No, ma sarei curiosa di sapere: 1) come fa ad essere ancora vivo e 2) come hai fatto a trattenerti durante tutto il tour"
"Non so, sarà che forse avevo fatto una certa promessa a una certa persona speciale di non spaccare la faccia a un certo ex e di mantenere un certo segreto e non combinare casini in generale"
"Caspita, sei proprio un tipo di parola, allora"
"Sono uno di cui ci si può fidare"
"Allora lo fai un patto anche con me?"
"Certo, tutto quello che vuoi"
"Il patto è... che non parliamo di Jerry"
"Ah"
"Tipo mai, ok?"
"Beh ecco..."
"Io non lo nomino a te e tu non lo nomini a me. Non è che lo possiamo cancellare dalle nostre vite, semplicemente non avremo mai più attivamente una conversazione su di lui, va bene?
"Non è così semplice..."
"Beh, se puoi fare un patto con lui non vedo perché non puoi fare lo stesso patto con me, che per giunta sono la tua ragazza" incrocia di nuovo le braccia e da come mi guarda so che non uscirò vivo da questa situazione se non accettando questo cazzo di accordo. L'unica cosa che posso fare è cercare di trarne il maggior vantaggio possibile.
"Infatti, posso farlo. Ci sto..." le tendo la mano e lei me la stringe "A una condizione"
"Quale sarebbe?" molla la mia mano sospettosa e secondo me davvero non sa dove sto per andare a parare.
"Che mi riveli finalmente il tuo secondo nome" alza gli occhi al cielo e nasconde a malapena un sorrisetto, forse si aspettava qualcosa di peggio.
"Ok, ci sto" mi stringe di nuovo la mano e io sono tutt'orecchi.
"Quindi?"
"Lo sai che ti sto offrendo un'arma potentissima, vero? Mi prenderai per il culo a vita per questa cosa"
"Scommetto che è un nome stupendo"
"Più che stupendo, stupefacente, come le sostanze che si facevano i miei quando hanno deciso di chiamarmi così"
"Così come?"
"Angelina...Qualcosa Wind Pacifico"
"Ma se è W puntato non può essere-"
"Anche l'altro pezzo inizia per W"
"Whirlwind!"mi viene di getto e per una spontanea associazione di idee nella mente mi scorre il testo di Like a hurricane di Neil Young e già me la vedo perfetta protagonista di quel capolavoro.
"No, è tutto insieme ma in teoria sarebbe una parola separata"
"Oh" sicura sicura? Perché quella ci stava davvero bene.
"E' un aggettivo" precisa mentre nel mio film mentale esco definitivamente dal bar fumoso di Neil e mi chiudo la porta alle spalle.
"Windy Wind?"
"Ahahah vaffanculo, Eddie!"
"Ok, serio. Warm Wind?" penso al calore dei suoi abbracci e della sua sola presenza in generale, ma lei fa no con la testa.
"Mia madre era...è una fan di Nina Simone. Quindi?"
"Uhm..."
"Forse se ti dico Station to station di David Bowie ti aiuto di più"
Scorro mentalmente la tracklist del disco finché non arrivo a forse una delle migliori performance vocali di Bowie di sempre, proprio alla fine.
Wild is the wind.
"Angelina Wildwind Pacifico"
"Colpita e affondata"
"Ma è fighissimo!"
"Ok ma... Vento folle? Io? mi ci vedi?" arrossisce e scuote la testa e si nasconde il viso con le mani.
"A dire il vero, ti si addice perfettamente"
"Come no? Si addice perfettamente alla persona più noiosa e banale del mondo"
"No, alla persona più forte e imprevedibile e bella da mozzare il fiato del mondo. Almeno, della parte di mondo che conosco io, che è poi l'unica che mi interessa perché ci sei tu" Angie si leva le mani dalla faccia e mi guarda seria seria senza aprire bocca e per un attimo mi illudo davvero di averla lasciata senza parole o per lo meno nella condizione di essere costretta a riconoscere e accettare un cazzo di complimento una volta tanto.
"Ahahah bel mondodi merda!" scoppia a ridere di botto e mi abbraccia, stretto.
"Quanto cazzo sei scema da uno a dieci?" io stringo di più.
"Non lo so, ma direi che a questo punto abbiamo un patto, giusto?" alza la testa per guardarmi e libera la sua manina destra dalla mia presa per siglare il nostro accordo definitivamente.
"Giusto. Affare fatto" la sciolgo dall'abbraccio e le stringo la mano, per poi tirarla di nuovo verso di me e sigillare il patto nella maniera che preferisco.
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Time to take a ride, time to take it in a midnight eye
And if you want to go, get on below
"Va beh, dove cavolo sono finiti quei due? Io e Dave dobbiamo aprire i regali!" siamo riusciti a raggrupparci più o meno tutti attorno a un paio di tavoli dell'Ok Hotel, do una pacca sulla spalla di Krusen che si risveglia di botto. Stava in fissa da quando è iniziato il pezzo dei Sonic Youth. O forse da quando è iniziata la serata.
"Prima li ho intravisti al bar" il batterista azzarda un'ipotesi e considerando che al bar ci ha trascorso tutto il tempo prima e dopo il concerto, Angie e Eddie potrebbe averli visti chissà quando. Potrebbero essere benissimo in Messico a quest'ora.
"Non ci sono più al bar, veniamo giusto da lì" McCready e Staley si uniscono a noi con due birre fresche fresche in mano, a proposito di gente che dovrebbe darsi una calmata.
"Ma sì, saranno in giro a limonare in qualche angolo del locale" è il commento di Stone, seduto di fronte a me, che tiene una mano sulla spalla di Grace, mentre agita l'altra nell'aria come per scacciare via un pensiero di poco conto.
"Ma chi? Eddie e Puffetta?" Gazzettino Cornell dall'altro capo del tavolo non poteva lasciarsi sfuggire il gossip dell'ultim'ora e sia Stone che Grace annuiscono.
"E' tutta la sera che non fanno altro, siamo al limite degli atti osceni in luogo pubblico" Mike condisce ulteriormente il pettegolezzo, seguito da Ben e Kim, che iniziano un vero e proprio siparietto, serissimo, che ci fa piegare tutti in due dalle risate.
"Io non ho mai visto una cosa del genere"
"A un certo punto li abbiamo cronometrati"
"Ci annoiavamo"
"Dodici minuti e mezzo di lingua"
"Ma lingua ininterrotta eh? Cioè, senza pause"
"Sembravano due cazzo di quattordicenni"
"Beh, Angie non è che sia tanto più grande, ci può stare"
"Ok, ma Eddie? Ma poi anche a livello pratico, cioè, io non ho capito come cazzo facevano a respirare"
"Avranno le branchie, cazzo ne so"
"Ahahahah ma che stronzi che siete!" la mia ragazza ci rimprovera tutti, ma prende a sberle sul coppino solo me.
"Si vede che stanno recuperando il tempo perso e voi siete solo invidiosi" Meg si unisce nel difendere i due piccioncini.
"Ho capito, ma DODICI MINUTI E TRENTA SECONDI" Kim ribadisce il concetto scandendo bene la tempistica da record.
"Invidiosi e guardoni!" ci si mette pure Grace.
"Erano in cima alle scale, era impossibile non vederli" il chitarrista fa spallucce e il suo bassista annuisce.
"Da qualsiasi punto e angolazione"
"Dodici minuti e mezzo sulle scale?" mi diverto a gettare benzina sul fuoco, i due musicisti mi guardano e allargano le braccia per ribadire la loro incredulità.
"Sì!"
"Allora il record è che Angie non sia caduta di sotto su qualcuno, visti i precedenti" commenta Cornell ridendo sotto i baffi.
"Dio, quanto ti piace quella storia!" Layne quasi si strozza con la sua birra e poi ride in faccia a Chris.
"Va beh, comunque siete delle merde, tutto questo casino per qualche effusione. Solo perché si sono lasciati un po' andare non significa che stiano sempre lì a sbaciucchiarsi ventiquattr'ore su ventiqu- Oh, aspè, sì, eccoli lì, si stanno baciando vicino alla porta" Meg interrompe bruscamente la sua arringa di difesa e il momento è comico perché tutti ci giriamo all'unisono e fra quelli che stanno dietro c'è chi si alza, chi si avvicina e chi allunga il collo per vedere meglio la nuova coppia non tanto nuova accanto all'ingresso del locale. Anche gli sconosciuti che ci passano davanti si girano dalla stessa parte per capire che cazzo stiamo fissando.
Non sappiamo se siano passati più di dodici minuti e mezzo dall'inizio di quest'ultima sessione, ma quei due si staccano e Eddie butta l'occhio proprio verso di noi, che come dei cazzoni ci giriamo e torniamo a parlare tra di noi, o meglio, a fare finta di chiacchierare del più e del meno, come se niente fosse, come se non ci avesse sgamati in pieno. Con la coda dell'occhio li vedo avvicinarsi e alzo la voce a caso.
"Va beh, anch'io adoro Goo, è un disco della madonna, non c'è neanche bisogno di dirlo. Dicevo solo che metterlo su per intero in un locale, lasciandolo andare, mi sa tanto di... sciatteria? Si dice così? Cioè, non dico tenere un dj o uno stronzo qualsiasi solo a mettere i dischi e fare una selezione, ma almeno prendersi il tempo in settimana di fare una cazzo di compilation e suonare quella, anche in repeat, non mi sembra uno sforzo così immane. Oh, ciao ragazzi, dov'eravate?" mi rivolgo prima a Stone e Dave, che mi guardano stralunati, poi a Angie e Eddie che arrivano al tavolo.
"In giro. Hai già aperto i regali? Manca il mio!" Angie alza le spalle e ravana nella sua borsa in cerca di qualcosa, per poi estrarre un pacchetto non troppo piccolo, anzi.
"Che figo, un set di pennelli nuovi, grazie!" esulto scartandolo.
"Me l'ha detto un uccellino che ti servivano..." Angie guarda per aria facendo la gnorri, esattamente come quell'uccellino che conosco bene e che le sta accanto. Questi due pirla stanno proprio bene assieme.
"Oh e questo è il mio" l'uccellino infila le mani nella borsa della sua bella e ne tira fuori un altro pacchetto tutt'altro che piccolo, che si rivela essere Subway art, un libro fotografico sulla graffiti art che volevo prendermi da una vita.
Posso dire di concludere questo compleanno in attivo, tra corde, cavi, kit di attrezzi, set di acrilici, un paio di buoni dell'Easy Street Records, ambìti e apprezzati tanto quanto il buono spesa del supermercato che mi ha preso Meg, e altri regali apparentemente più inutili, ma graditissimi, come l'appendichiavi da muro a forma di testata di Marshall con quattro portachiavi a jack: grazie Alice!
In tutto questo scambio di doni e auguri, Eddie e Angie sono seduti in un angolo e praticamente osservati speciali da parte di tutto il tavolo, che li guarda come si guarda un documentario sugli animali nella stagione degli amori. I due partecipano alle conversazioni e fanno finta di niente, anche se di tanto in tanto parlano zitti zitti tra di loro.
"Angie deve dirvi una cosa comunque" Eddie se ne viene fuori con questa cosa così dal nulla, in un momento in cui siamo tutti in silenzio a riprendere fiato dopo una battuta letteralmente del cazzo di Stone, che ha suggerito come titolo del brano di punta della nostra band fittizia nel film di Cameron Crowe Touch me I'm Dick, tanto per prendere un po' per il culo Mark Arm e soci. A proposito, chissà se Chris ha già buttato giù i brani del demo di Cliff? Devo ricordarmi di chiederglielo.
"Che cosa?" chiede Meg per prima, visto che nessuno parla, nemmeno Angie, che ha prima squadrato malissimo Eddie e poi ha iniziato a guardarci uno per uno e a sbiancare.
"C'entra il film?" chiede Layne.
"No, non c'entra il film"
"Molli l'università?" prova Dave.
"No! Perché dovrei?" nega quasi schifata Angie.
"E' una cosa personale?" se non lo conoscessi direi che Stone sta cercando di mettere Angie a suo agio aiutandola a sputare il rospo, ma visto che lo conosco posso dire senz'ombra di dubbio che si sta solo divertendo alle spalle della poveretta.
"Beh, sì, ma... mmm... non riguarda solo me, ecco"
"E chi?" la incalzo io.
"Eddie" "Io" rispondono i due piccioncini in coro.
"Oh cazzo, sei incinta?" McCready si distingue come sempre per il tatto e la delicatezza.
"ODDIO NO! Ma che cazzo dici?" Angie si alza in piedi allibita, mentre Eddie ride e basta.
"E allora? Qual è questa notizia?" Cornell è tutto orecchi e in questo momento me lo immagino armato di penna e blocchetto come un cronista di altri tempi.
"Quello che Angie sta cercando di dire è che-" Eddie si asciuga gli occhi con la manica della camicia e prova a rispondere, ma la ragazza lo interrompe.
"Stiamo insieme"
"..."
"Io e Eddie. Stiamo assieme"
"..."
"Da un po'"
"Quasi un mese" le suggerisce lui sottovoce.
"Quasi un mese" ripete lei e guarda le nostre facce in cerca di qualcosa che non riesce a trovare ed evidentemente ha deciso che la cosa migliore da fare è continuare ad aggiungere particolari o a ripetere lo stesso concetto con parole diverse finché non l'avrà trovato. O finché qualcuno di noi non aprirà la bocca.
"..."
"Tre settimane e qualcosa"
"..."
"Praticamente siamo una coppia"
"..."
"Cioè, lui è il mio ragazzo e io-"
"E lei è la mia ragazza"
"Wow, che coincidenza" Stone non si trattiene e io mi nascondo la faccia tra le mani per non far vedere che rido.
"In che senso?"
"Ok. State insieme e...?" Mike cerca di indagare ancora e se le chiede di nuovo se è incinta giuro che rotolo giù dalla sedia.
"E basta" Angie risponde e si risiede.
"E sarebbe questa la notizia?" Kim domanda mantenendo un'espressione serissima.
"Perché? Qual è il problema? E' perché pensate sia troppo piccola? Guardate che ne abbiamo parlato, lo so bene anch'io che-" Angie sta per lanciarsi in un discorso senza uscita, ma la sua coinquilina la blocca e fa scoppiare tutti a ridere.
"Angie-dramma del tutto immotivato in 3, 2, 1..."
Tutti tranne Angie, ovviamente.
"Perché ridete? C'è qualcosa che non so?"
"Quello che non sai è che tutti ora sanno che quello che tu sei convinta nessuno di noi sapesse, in realtà era ben noto a tutti quanti" Stone risponde alla sua maniera e la faccia di Mike mi lascia intendere che non ci ha capito molto.
"Eh?" il chitarrista conferma la mia ipotesi.
"Cioè ridiamo perché la notizia la sapevamo già" gli spiego riaccendendo la lampadina nel suo cervello.
"Ah!"
"Allora ci avete visti, insomma, stasera? No perché non dicevate niente..."
"Per chi ci hai presi? Noi siamo tipi discreti!" dichiara Cornell e sembra quasi crederci lui stesso.
"E comunque lo sapevamo già da prima di stasera" aggiunge Ben senza pensarci.
"Come lo sapevate già? MEG?? GLIEL'HAI DETTO, VERO??" Angie si rialza e ruggisce contro la sua amica.
"Come faceva a dirlo, scusa, se non lo sapeva?" Eddie domanda alla sua ragazza, ormai ufficiale, con perplessità.
"No! Infatti! Non lo sapeva! Ma... boh, magari lo aveva intuito. LO AVEVI INTUITO?"
"Lo avevo intuito" confessa Meg.
"ECCO!"
"Ma non ho detto un cazzo a nessuno, giuro" alza le mani come per difendersi, Angie decide di crederle e allora torna a squadrare noi uno per uno, prima di puntare dritto sul suo ragazzo.
"GLIEL'HAI DETTO TU!"
"No no, ti assicuro che io non ho aperto bocca, ho fatto come mi hai chiesto tu"
"E allora come facevate a saperlo?"
"A me l'ha detto Stone" dal nulla la voce dell'innocenza di McCready.
"Anche a me l'ha detto Stone, perché c'ero anch'io quella sera. E anche Dave" confesso e pure il batterista annuisce.
"Anche a noi l'ha detto Stone, ma un'altra sera, almeno credo" Chris guarda Kim e Ben che fanno sì con la testa.
"Per ovvi motivi, l'ha detto anche a me" Grace alza la mano e confessa timidamente.
"A me l'ha detto Jeff. Che gliel'ha detto Stone" anche Laura dice la sua.
"C'è qualcuno a cui Stone non l'ha detto, cazzo?" Angie sbotta incredula.
"Io! Io ho capito tutto da solo, sono un genio!" Layne alza la mano e la agita in aria tutto felice, come il vincitore di un gioco a premi in tv.
"E tu, invece? Tu come lo sapevi, genio?" Angie si rivolge a Gossard in cagnesco, ma Stone le risponde tranquillissimo.
"Io penso di averlo saputo ancora prima di te che sareste finiti insieme, Puffetta"
"Che vuoi dire?"
"Che fate entrambi schifo a fare gli innamorati inconsapevoli. Siete fatti l'uno per l'altra" traduco in Jeffese e tutti annuiscono, perfino Eddie.
"Eravamo così ovvi?"
"Noooooo"
"Non così tanto"
"Ma vaaaaa"
"E' che Stone è un acutissimo osservatore"
"E' che Stone non si fa i cazzi suoi, punto"
Sono solo alcune delle nostre risposte date in ordine sparso per non far sentire troppo una merda la piccola Angie.
"Dai, si è capito subito che avevano una certa intesa. Dalla prima sera che si sono incontrati, l'ho capito a mie spese visto che ci avevo scommesso su, ti ricordi Mikey?" mi piace che Stone, un po' come me, rievochi i ricordi in base alle scommesse fatte.
"Vero! Anch'io ci ho rimesso un deca perché pensavo non vi sareste cagati, invece avete attaccato bottone subito, sembrava vi conosceste già"
"Sorvolo sull'ennesima scommessa fatta sulla pelle di un'amica... ma, in un certo senso, noi ci conoscevamo già per davvero" Angie confessa e fa scattare mille campanelli d'allarme nella mia testa.
"COSA? COME? SUL SERIO?"
"Jeff?" Stone mi apostrofa dubbioso, mentre io continuo a dissimulare, alla mia maldestra maniera.
"IN CHE SENSO VICONOSCEVATE GIA'? QUESTA Sì CHE E' UNA NOTIZIA!"
"L'avevo incontrato da Roxy la sera prima, era venuto lì a mangiare"
"NOTIZIA NEL SENSO CHE E' UN FATTO NUOVO, MAI SENTITO"
"Jeff tu non ne sapevi niente, vero?" Stone non molla e ormai è chiaro che mi ha già sgamato alla grande, sono fregato.
Il mio sputtanamento per lo meno ha un merito: il battibecco che scatta subito dopo tra me, Stone e Mike circa i venti dollari che secondo loro gli dovrei restituire, sposta un po' l'attenzione da Angie che, finalmente libera dall'imbarazzo, si risiede e si gode la scena dei nostri amici che mi fanno il culo, mano nella mano con il suo nuovo ragazzo.
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Siccome sono sempre in cerca di pretesti per giustificare i miei aggiornamenti a cadenza di decesso papale, mi è venuto in mente di creare un profilo Instagram da autrice con immagini, aesthetics (perché “cazzatelle” suona meno figo) e curiosità varie sulla mia storia. Se qualcuno di voi è anche lì, potete darci un’occhiata e, se vi va, seguirmi, rendendo efficace questo mio velatissimo post di spam
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Thank you @sheisdemetra for tagging me 💖 💖 💖 Since you tagged my fic blog, I’m gonna have one of my characters do it. 
5 songs that have been on repeat for Grace lately:
Disappear - INXS
All this time - Sting
Joyride - Roxette
Here he comes - Brian Eno
Teenage Lust - MC5
Tagging: @pureinallmythoughts @stars-open-among-the-lilies if they feel like doing it and everyone who sees it and wants to
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Capitolo 58 - Il patto, il nome e il principe (Prima Parte)
Nel capitolo precedente: Angie incontra Jerry all’uscita della tavola calda dopo il lavoro. Inizialmente lui cerca di farle credere di essere passato di lì casualmente, ma è chiaro che l’abbia fatto apposta. Le dice di aver scritto dei pezzi nuovi di cui non è del tutto convinto e di avere un demo in macchina. Angie si lascia convincere ad andare a sentirli assieme a lui. Si tratta di tre pezzi: uno dedicato all’amico scomparso Andy Wood, uno dedicato a suo padre e un altro... non si sa, perché Jerry, pur tentato di farglielo ascoltare, ferma il nastro prima che inizi il cantato vero e proprio. Questo perché la terza canzone ha a che fare con lei. Durante l’ascolto Jerry si apre e si sfoga con la ex, al tempo stesso trovando assurdo che riesca a farlo solo con lei. Angie gli dice che qualsiasi cosa sia successa tra loro, lei resterà sempre una sua amica e ci sarà comunque quando lui avrà bisogno. Jerry la riaccompagna a casa e sta quasi per baciarla, ma non succede nulla. Una volta rientrata a casa Angie s’interroga sulla sincerità della promessa fatta a Jerry e su quanto sia davvero disposta ad esserci sempre per lui e a passare sopra al dolore che le ha causato, su quanto sia disposta a sacrificare pur di essere sempre la brava ragazza che “fa la cosa giusta”. Angie telefona a Eddie e i due hanno una scaramuccia sul secondo nome misterioso di lei e sul nomignolo che lui usa per caso e che, vista la reazione della ragazza, decide di adottare ufficialmente. La situazione però precipita improvvisamente quando Angie, candidamente, rivela a Eddie di aver visto Jerry. Il cantante si incazza e la tratta in malo modo al telefono, attaccandole in faccia. Meg dice alla coinquilina che la sua amica Jane di New York l’ha cercata e pensa stesse parlando al telefono proprio con lei poco prima. Angie si irrigidisce, conferma la versione ed esce con la scusa di aver dimenticato di comprare le sigarette, per poi invece andare a chiamare Jane da una cabina. Il mattino dopo Eddie aspetta Angie sotto casa per scusarsi. Il ragazzo ammette il suo problema con la gelosia, lei lo perdona e i due fanno pace. Eddie sente che Angie sta nascondendo qualcosa, ma non vuole forzarla e spera sia lei a parlargliene quando le sembrerà il momento giusto.
***
Regno di Talmaren, anno decimo della Nuova Era
Non senza fatica il principe Alexander si passò il dorso della mano sulla bocca per rimuovere il sangue che vi era schizzato poco prima, fortunatamente non il suo. Il combattimento l’aveva lasciato stremato e privo di forze, ma non c’era tempo per riposarsi: Basil era sicuramente un guerriero tanto abile quanto spietato, nonché un sadico e un porco, e vederlo ridotto a una bambola di pezza senza vita, accasciata scompostamente sul pavimento della camera del suo oscuro sovrano, poteva senza dubbio far tirare un piccolo sospiro di sollievo a gran parte della gente delle Lande dell’Ovest e non solo; tuttavia, era soltanto lo stupido lacchè di quel mostro di Kaspar, che era ancora dannatamente vivo.
Kaspar, re di Talmaren, detto Il Sanguinario, colui che appena salito al trono dette il via a una guerra che si trascinava da ormai dieci anni, aveva già distrutto cinque dei sette regni conosciuti, tra cui Senaria, patria di Alexander. Il conflitto mirava ufficialmente alla pura espansione, ma in realtà nascondeva un obiettivo totalmente differente. Tale scopo giaceva di fronte agli occhi impietriti del principe e aveva le sembianze, seppure irriconoscibili, della donna che amava, incatenata per le braccia alla testiera in ferro del letto di sua maestà. Le gambe erano state lasciate libere, presumibilmente perché, anche se le avesse usate, quella fanciulla avrebbe potuto fare ben poco. Il volto di Coriliana era una maschera informe di capelli e sangue raggrumato mentre il corpo faceva mostra di un orribile velo di lividi. Di fatto, eccetto che per una volgare collana di grosse pietre nere che lui non aveva mai visto, la ragazza era completamente nuda. Lo sguardo di Alexander si era fermato sul suo petto generoso, quel seno dove spesso aveva trovato conforto e riposo dopo la battaglia, con la mente sgombra da ogni pensiero, finché non riuscì a scorgere un movimento impercettibile della collana. Su e giù.
Era viva.
Non c’era tempo per festeggiare, ma nemmeno per tirare il fiato e leccarsi le ferite, Alexander si precipitò sul letto e si avventò sulle catene, nel frattempo la chiamava per nome per cercare di destarla dal suo sofferto torpore, rifugio mentale dalle sevizie e dagli abusi di ogni tipo che Kaspar e la sua cricca dovevano averle inflitto nelle ultime settimane. Non fu facile liberarla, si adoperava con la spada cercando di assestare colpi efficaci, ma doveva ovviamente fare attenzione a non fare del male alla sua Coril. Sua… Non era sua, non poteva esserlo, lei era speciale, una futura regina, anzi, una futura dea, era a un altro livello, non sarebbe stato possibile, non più. Ma il suo cuore sarebbe appartenuto a lei e a lei soltanto, per sempre.
Finalmente la catena che imprigionava il polso sinistro cedette sotto i fendenti di Alexander, il braccio cadde di colpo sul letto, anche per il peso del bracciale e del pezzo di catena che le era rimasto attaccato.
Alexander si dedicò all’altra catena, in ginocchio sul letto impugnava la spada con entrambe le mani e colpiva con rabbia, finché anche questa si ruppe, quasi nello stesso momento in cui l’erede al trono di Senaria sentì qualcosa sfiorargli il fianco e accennare una debole stretta. La fissò per un istante, forse gli occhi di Coril erano ancora chiusi (chi poteva dirlo in quel macello), ma la sua mano lo stava cercando. In quel momento Alexander provò sollievo, assieme a una profonda vergogna: non vedeva la futura regina dei Kos da mesi, non ricordava quanto era passato da quando l’aveva tenuta l’ultima volta tra le sue braccia, da quando ne aveva saggiato il corpo con le dita e con la lingua, da quando si era insinuato dentro di lei per l’ultima volta. Ora la donna che amava era lì nuda sotto di lui e nell’osservarla, sebbene fosse in uno stato di incoscienza e straziata dalle torture di Kaspar, si era ignobilmente eccitato.
Tornò in sé quasi subito, cercò di sollevare Coril con delicatezza fino a metterla in posizione semi-seduta, dopodiché l’avvolse nel suo mantello di seta. Dovevano fare presto, ma non poteva portarla fuori dal palazzo così, sarebbe stato umiliante per lei, inoltre il freddo pungente dell’inverno di Talmaren avrebbe potuto peggiorare le sue condizioni di salute già precarie.
In un attimo si caricò l’amata sulle spalle come un fagotto e corse verso la porta della camera degli orrori. Gli sembrava più piccola, l’aveva presa in braccio più di una volta e mai a peso morto, e non l’aveva mai sentita così leggera, così fragile. Percorse correndo, ma con circospezione, il largo corridoio, rallentò quando gli parve di distinguere l’ombra in movimento di una persona, presumibilmente un uomo, proiettata da una torcia in fondo al passaggio, dove il corridoio voltava a destra. Tolse la mano dalla spada solo quando riconobbe Gabriel, suo fratello. Accelerò di nuovo, gli fece un cenno, Gabriel si bloccò e ricambiò sollevando appena il capo, poi si accorse che l’aveva trovata e gli diede il segnale di via libera. Se la situazione non fosse stata talmente agghiacciante da rendere impossibile solo pensarlo, Alexander avrebbe giurato di aver visto comparire sul viso del fratello un sorriso.
Il drappello capitanato da Alexander si era accampato sulle rive del fiume Neeto. Per evitare le ronde avevano pensato di raggiungere il castello attraversando la foresta. Lungo il cammino si erano d’un tratto imbattuti in questa piccola radura che spuntava dal nulla in mezzo al fitto bosco e il principe aveva deciso di stabilirvi la loro base operativa. La fortezza distava circa un’ora di cammino e Alexander aveva pensato che, per salvare Coriliana, un “attacco silenzioso” nel cuore della notte, con un pugno di uomini che giungessero al castello a piedi e vi si introducessero senza farsi notare, sarebbe stato più efficace di un assedio. Aveva scelto quindi una ventina di uomini che lo seguissero, incluso Gabriel, lasciando il resto della spedizione, destrieri compresi, alla radura.
Si malediceva per questa scelta mentre percorreva a ritroso il sentiero che si inerpicava sul Colle Zham, il basamento della dimora di Kaspar, cercando di non sbilanciarsi e cadere nel vuoto. Tirò un sospiro di sollievo quando finalmente terminò la discesa e iniziò il bosco, almeno fin quando non si rese conto che stare attenti a non inciampare sulle radici esposte e a non farsi schiaffeggiare dai rami sporgenti, assicurandosi che anche Coril non si ferisse, richiedeva altrettanto impegno.
Ripensò allo sguardo che il fratello minore gli aveva riservato quando gli aveva detto che si sarebbe occupato lui di Coril. Gabriel invece avrebbe coperto la loro fuga, assieme agli altri, per poi trovare la moglie di Kaspar. Se tutto fosse andato bene, sarebbe bastata qualche minaccia a voce grossa per farsi dire dove si trovava il consorte. Gabriel aveva recepito l’ordine e si era congedato con un mezzo inchino, non prima di aver lanciato al principe un’occhiata al veleno. Alexander doveva dimenticare quella donna, lo sapeva benissimo, e lo avrebbe fatto, non c’era bisogno che gli altri glielo ricordassero in continuazione. Si sarebbe fatto da parte un giorno, sapeva di essere fuori posto nel cuore di Coriliana, ma prima doveva prendersi cura di lei, farla stare meglio, prepararla al futuro che l’aspettava. Un futuro al comando, che non prevedeva la presenza del principe di Senaria al suo fianco, se non come alleato nella guerra contro il Sanguinario e la sua stirpe.
La profezia parlava chiaro.
Sentiva il rumore dell’acqua, il Neeto era vicino. Riconobbe su un tronco d’albero il segnale tracciato all’andata dal fratello e voltò a sinistra. Seguì un’altra indicazione e si ritrovò a costeggiare il fiume. D’un tratto sentì che Coriliana si muoveva e, per quanto poteva, si stringeva a lui. Ebbe la mezza idea di fermarsi. L’avrebbe fatta sedere per un momento, sarebbe sceso velocemente verso la riva per raccogliere dell’acqua nella borraccia, tornato da lei gliene avrebbe data un po’, a piccoli sorsi, e avrebbe usato il resto per lavarle via il sangue dal viso e dai capelli. Senza bagnarli troppo, era ovvio, o le sarebbe venuto un accidente con quel freddo. L’avrebbe rassicurata, mancava poco all’accampamento. Le avrebbe detto che era tutto finito e che sarebbe stata meglio, che quei viscidi vermi non l’avrebbero più toccata, che avrebbe ucciso Kaspar con le sue mani. Oppure sarebbe semplicemente rimasto accanto a lei, in silenzio, con gli occhi nei suoi mentre si abbeverava. Rallentò pensando alle sue labbra, bagnate, quando queste ultime si appoggiarono sulla sua guancia sinistra accennando un bacio asciutto. Poi sussurrarono:
“Gabriel...”
Alexander sentì le ginocchia cedere. Improvvisamente il suo fardello gli sembrava troppo pesante, lo schiacciava, ciononostante accelerò il passo. Non si curò più delle fronde che lo colpivano in volto.
Ora il veleno aveva tutto un altro sapore.
Coriliana è proprio una stronza. Scuoto il capo e sogghigno, mentre rimuovo il foglio dalla macchina da scrivere. Cos'ho da ridere poi non si sa. Vivo in un appartamento squallido di New York, mi affaccio da una qualsiasi delle due finestre e vedo solo mattoni, sono single, non ho neanche un gatto perché il mio padrone di casa non vuole animali. Sento un rumore strano, uno squillo. Il telefono? Ma io nemmeno ce l'ho il telefono, ogni volta che ho bisogno di fare una chiamata devo arrivare fino alla cabina di fronte al negozio di sedie all'angolo. Che poi che cazzo mi rappresenta un negozio che vende solo sedie? Non dico vendere arredamenti completi, ma almeno offrire anche sgabelli, poltrone, tavolini. No, da Pianeta Sedia trovi solo sedie. Come quella su cui sono seduta adesso, che viene proprio da lì. Compro sedie da Pianeta sedia e mi mantengo scrivendo stronzate. Come mi sono ridotta: da aspirante sceneggiatrice di Hollywood a scrittrice di romanzetti rosa da quattro soldi che pure Harmony si rifiuterebbe di pubblica-
Mi sveglio di soprassalto, sudata e boccheggiante.
“Ma che cazzo” commento ad alta voce il mio sogno di merda. Grazie tante Morfeo, si può sapere che ti ho fatto? Mi lascio ricadere sul letto e prendo fiato. La parte fantasy era anche interessante e il principe Alexander aveva il suo perché, anche perché somigliava un casino a Eddie; la parte del mio ipotetico futuro in disgrazia, invece, l'avrei evitata volentieri. Il trillo del telefono continua e per un attimo ho il terrore di trovarmi ancora nell'incubo squallido, ma poi capisco che è il mio vero telefono a suonare. Allungo la mano sul comodino e prendo il cordless al secondo tentativo, dopo che al primo mi era cascato per terra.
“Pronto”
“E' già venerdì?” la voce del principe, ehm, volevo dire di Eddie, mi porta a un altro tipo di sogno.
“No, Eddie.” ripeto in automatico sbadigliando, continuando il nostro gioco degli ultimi tempi.
“Eheheh come no? Oggi sì!”
“Che?” sento che mi sto svegliando del tutto, anche se non vorrei, perché so che impegnandomi potrei chiudere gli occhi, riaddormentarmi, riprendere il sogno e arrivare velocemente al punto in cui quella stronza di Coriliana muore e Alex resta solo e consolabile da qualcuno a caso, come la figlia del fattore, che è tipo la copia della sottoscritta, ma magra, figa, con gli occhi azzurri e i denti dritti. Che poi chi li aveva i denti dritti nel medioevo? Mica c'erano gli apparecchi. Non c'erano neanche i dentisti. E' già tanto se arrivavano a quarant'anni con quattro denti in bocca. E' già tanto se arrivavano a quarant'anni e stop.
“Ma stavi dormendo? Guarda che oggi è venerdì sul serio”
“Non proprio, ma che ore sono?” posso capire l'impazienza di Eddie, soprattutto dopo la nostra piccola prima lite dell'altra sera, ma non pensavo arrivasse a chiamarmi a notte fonda per festeggiare il gran giorno.
“Sono le 8. Scusa se ti ho svegliato, ma pensavo fossi in piedi da un pezzo. Non hai mica lezione stamattina? Avevo capito che oggi fosse l'ultimo giorno...”
“COSA?! LE OTTO?” i miei neuroni si destano tutti assieme non appena capiscono che la sveglia non ha suonato e che sono in ritardo. Un'eventualità più unica che rara. Insomma è difficilissimo che io non punti la sveglia e, anche quando questo dovesse capitare, è impossibile che io non mi svegli ugualmente all'orario in automatico. Il panico è talmente immediato che mi alzo, afferro vestiti a caso e corro in bagno bestemmiando. Dopo cinque minuti pieni mi rendo conto di aver dimenticato qualcosa. Torno al volo in camera e cerco il telefono. Non lo trovo. Ritorno di corsa in bagno e in mezzo alla pila di vestiti recupero il cordless “Sei ancora lì?”
“Sì, lo sai che mi piace ascoltarti al telefono”
“Non avrai sentito granché, a parte un sacco di parolacce”
“Mmm non erano poi così tante”
“E io che mi spazzolo i denti”
“E la tua pipì”
“EDDIE!” l'elastico con cui mi stavo legando i capelli mi sfugge parte come un proiettile, finendo chissà dove.
“Eh ho sentito anche quella, che posso farci”
“DIO CHE FIGURA DI MERDA” mi nascondo la faccia con la mano, come se Eddie potesse vedermi.
“Questa è vera intimità di coppia”
“Ma non potevi riattaccare?” piagnucolo mentre sondo il pavimento del bagno in cerca dell'elastico.
“Nah, la telecronaca del tuo delirio era troppo divertente, micetta”
“Micetta invece non è divertita per niente” se comincio a usarlo pure io questo nomignolo siamo rovinati.
“Dai, per così poco?”
“Micetta è alquanto imbarazzata”
“Se vuoi posso scoreggiare al telefono, così siamo pari e non ti imbarazzi più”
“Ahahahah ma vaffanculo!” lo insulto quando finalmente trovo l'elastico, sopra il calorifero.
“Comunque è incredibile: anche tu dimentichi le cose come i comuni mortali”
“Già, hai visto? A volte capita perfino a me che qualcosa sfugga al mio controllo”
“Wow sei umana”
“Comunque ti devo lasciare, perché l'umana è in stra-ritardo e deve farsi la doccia”
“Ti scoccia se seguo in diretta anche quella?”
“Cos'è, anche il rumore dell'acqua ti rilassa?” passo il cordless da una mano all'altra mentre tolgo il sopra del pigiama e lo butto fra le cose da lavare.
“Sì, esatto. Proprio quello m'interessa. L'acqua che scorre. Mica il pensiero di te nuda sotto la doccia”
“Dai, non posso stare al telefono, devo correre” mi vengono in mente un sacco di battute sul gusto di Eddie per l'orrido, ma non ho voglia né tempo di farlo incazzare di prima mattina. Beh, prima, sono già le otto. Passate. Mi tiro giù i calzoni e li lancio con un calcio nella cesta dei panni sporchi..
“Comunque i denti potevi lavarli direttamente in doccia e avresti guadagnato minuti preziosi, si vede che sei una principiante dei ritardi”
“E spero di restare principiante. Ti chiamo dopo pranzo, ok?”
“E va bene... Wind?” mi tiro sù di scatto e le mutande che mi stavo levando rimangono arrotolate ad altezza ginocchia.
“...”
“Angie?”
“Uh...” mi guardo attorno persa e imbarazzata, come se mi fossi trovata all'improvviso nuda di fronte a Eddie. Ed è proprio così, in fondo.
“ASPETTA, HO AZZECCATO??”
“Quasi”
“CHE VUOL DIRE QUASI? Ci ho preso o no?”
“Ci hai preso... a metà” finisco di spogliarmi completamente e prendo l'asciugamano.
“In che senso a metà?”
“Te lo spiego dopo, dai, devo andare” entro in vasca e appoggio l'asciugamano sullo sgabello qui a fianco.
“Col cazzo, me lo spieghi adesso”
“E' metà del nome” sono in piedi, nella vasca, in ritardo, con il telefono in una mano e il doccino nell'altra, non possiamo rimandare questa conversazione?
“Cioè sei WindQualcosa o QualcosaWind?”
“Esatto”
“Esatto cosa? La prima o la seconda?”
“Ciao Ed, a dopo”
“A DOPO UN PAIO DI PALLE, ANGIE?!”
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“Grazie, eh? Arrivederci!” il mio saluto ad alta voce va dritto alla schiena del tizio che ha appena comprato una stecca di Pall Mall Extra Mild e se ne va indisturbato senza rivolgermi la parola. Io lo capisco che uno possa non aver voglia di parlare, socializzare o interagire come un essere umano di tanto in tanto e sono praticamente la portabandiera dell'idea che non puoi giudicare gli altri, specialmente gli sconosciuti, perché in fondo non sai che cazzo stanno passando. Però, perfino nei miei momenti più bui, un buongiorno e un grazie alla commessa, al cameriere o alla cassiera di turno non li ho fatti mai mancare, perché queste persone fanno già lavori di merda, sfruttati e mal pagati, e non mi sembra giusto privarli di quel minimo di dignità che gli spetta. Senza contare che essere gentili è gratis. La giornata dell'ultimo cliente deve essere davvero di merda però, perché non mi risponde e quasi non fa caso alla persona che sta entrando nel mini market, andandoci a sbattere praticamente addosso.
“Ehi, attenzione!” appena lo sento inveire contro l'uomo delle sigarette, alzo lo sguardo sul suo viso e sono io che vado a sbattere in pieno contro un paio di occhioni verdi e furbi.
“Sei in anticipo Stone, la tua ragazza stacca tra mezz'ora” Hannigan gli rivolge la parola prima di me, che ho la bocca occupata a mangiarmi una pellicina del pollice.
“Uhm, non possiamo fare un po' prima? Abbiamo il soundcheck alle sette” Stone guarda l'orologio che sta sulla parete proprio dietro di me e si aggiusta il berretto dei Chicago White Sox sulla testa, quello che si mette ogni volta che vuole far incazzare un po' Eddie, che ultimamente vuol dire ad ogni concerto.
“Oh Grace, non sapevo facessi parte del gruppo anche tu, cosa suoni?”
“Grace non fa parte della band. Lei suona... me, fa vibrare soavemente le corde del mio cuore, musica per la mia anima.” Stone continua a parlare col mio capo come se io non ci fossi, ma la cosa anziché indispettirmi mi diverte, come se stessi guardando una puntata del Muppet Show, che è più o meno come mi sento ogni volta che Stone parla a qualcuno di me “E se non vibro, non riesco a esibirmi”
“Se Grace si esibisce nel prezzare i cereali e li riassortisce, vi lascio andare a vibrare dove cazzo volete, ok?” anche il boss parla di me in terza persona come se non fossi presente, ma a questo punto finalmente reagisco.
“Ok, grazie. Lo faccio subito” mi guardo il dito per verificare se me lo sono mangiucchiato tutto assieme alla pellicina e vado spedita in magazzino.
Stone. Che diavolo ci fa qui Stone? Cioè, lo so cosa ci fa qui, ma quello che mi chiedo è... come? Insomma, sparisce per giorni, per metabolizzare tutto quello che gli ho detto, e non è che voglia fargliene una colpa, cioè lo capisco anche. Ma poi che fa? Si ripresenta così come se niente fosse per portarmi al concerto? Senza avvisare prima? Non mi ha neanche chiesto se ci voglio andare, se ho altri impegni. Non mi ha praticamente parlato. Altro che cuore, gli farei vibrare la prezzatrice sui denti ora come ora.
“Vuoi una mano?” mi volto di scatto quando sento la sua voce e per un pelo non realizzo la mia fantasia di un secondo fa.
“No, grazie” regolo le rotelline sul prezzo giusto e comincio a etichettare le scatole.
“Non ne hai un altro di quegli aggeggi? Aspetta, te li metto in fila, così fai prima.” Stone inizia a impilare le scatole tutte nello stesso verso, in modo da facilitarmi il compito, quando ha raggiunto tre pigne si allontana e va a recuperare due scatoloni vuoti, dove infila le confezioni già prezzate.
“Com'è che sei molto meglio di me a fare il mio lavoro?” vorrei dirglielo con una smorfia, con un tono arrogante, con aria seccata, invece alla fine glielo dico sorridendo. Perché è così che mi viene, perché mi è mancato e sono contenta che sia qui, perché se è qui vuol dire che è tutto a posto. O no?
“Sono solo più bravo a organizzare, tutto qui.” fa spallucce e mi da il bacio che stavo aspettando da quando l'ho visto sulla porta, mentre fa scivolare la sua mano lungo il mio braccio fino a portarmi via la prezzatrice “Vai a riempire gli scaffali, qui continuo io”
“Ok, capo”
“Era ora, che è successo? Hannigan ti ha fatto prezzare il resto del magazzino? E sì che te l'ho insegnato il metodo” Stone commenta il mio apparente ritardo quando lo raggiungo in macchina.
“Scusami, ma dovevo almeno darmi una sistemata. A saperlo prima, sarei uscita di casa in maniera un po' più presentabile” continuo controllando il lavoro fatto con la matita per gli occhi nello specchietto laterale.
“Che significa a saperlo prima? Sono settimane che ti parlo di questo concerto” Stone mi risponde allibito e io non capisco se ci fa o ci è.
“Del concerto lo sapevo, non sapevo se mi avresti voluta lì...”
“Che cazzo dici, eravamo anche d'accordo che saresti venuta al soundcheck”
“Sì, ma ci eravamo messi d'accordo prima”
“Prima?” quindi ha deciso di fare finta di niente e andare avanti come se nulla fosse successo?
“Prima del nostro discorso. Sai, il discorso...”
“E allora? Il discorso non ha cambiato niente”
“No?”
“Certo che no, non credo che all'Ok Hotel ci sia un regolamento che vieta l'ingresso ai portatori di protesi” la risposta alla mia domanda di poco fa è che ci è. Perché anche se lo fa apposta, lo fa proprio perché è così: un cazzone.
“E tra di noi?”
“Noi non abbiamo stipulato regolamenti”
“Tra di noi non è cambiato niente?” l'unica maniera di interagire con Stone in questi casi è ignorare cosa dice e andare avanti seguendo il tuo percorso logico, aspettando che lui ti reputi abbastanza degno e decida di venirti dietro.
“No, perché?” sbuffa perché stavolta è costretto a rispondere seriamente.
“Beh, non lo so, sei sparito per giorni, non ti sei più fatto sentire”
“Ho avuto da fare, lo sai”
“Non dire cazzate, me l'hai detto chiaramente che avevi bisogno di schiarirti le idee”
“E allora se lo sapevi, non c'era nulla di cui preoccuparsi, no?” Stone sorride e pensa di risolvere tutto con un'alzata di spalle e accendendo l'autoradio, ma ha sbagliato a capire.
“Quindi?” gli chiedo spegnendo la radio e guadagnandomi un'occhiata stupita.
“Quindi che?”
“Te le sei schiarite?”
“Sì”
“E?”
“E... ora ce le ho chiare” improvvisamente è diventato avido di parole?
“E non potresti illuminare anche le mie, di grazia?” lo illuminerei anch'io, dopo averlo ricoperto di benzina, se non la smette di fare così.
“Dobbiamo farlo proprio adesso? Ho il concerto stasera e ho un sacco di cose per la tes-” non lo faccio neanche finire di parlare e ho già slacciato la cintura e aperto la portiera, approfittando del fatto che siamo fermi a uno stop “Dove credi di andare adesso?”
“Vado a casa, ci rivediamo quando hai la mente libera” rispondo chiudendo la portiera e incamminandomi sul marciapiede verso la fermata del bus più vicina, seguita dall'auto, che procede a passo d'uomo col finestrino abbassato.
“Grace, torna in macchina, su”
“Salgo se hai intenzione di parlare, se no passo” gli rispondo, mentre le altre macchine che sopraggiungono gli suonano il clacson e lo sorpassano bestemmiandogli dietro.
“E va bene, parlo, basta che sali”
“Non lo so” potrebbe essere molto più convinto e convincente di così, se solo volesse.
“Ok, OK!” Stone spegne il motore, mette le quattro frecce e scende dalla macchina, per andarsi poi a sedere sull panchina della fermata “Allora? Non volevi parlare? Vieni su, parliamo” tocca lo spazio accanto a lui facendomi segno di raggiungerlo e sedermi.
“Sei tu quello che ha qualcosa da dire, io quello che dovevo farti sapere te l'ho già comunicato. E capisco sia una cosa difficile da digerire, credimi, lo so. Però mi aspetto anche una certa franchezza da parte tua. Insomma, sei qui, quindi ho capito che vuoi portare avanti questa cosa con me, ma-”
“Che cazzo vuol dire che l'hai capito? Perché avevi forse dei dubbi?” Stone mi strattona e mi fa sedere sulla panchina mentre io mi ci stavo avvicinando lentamente.
“Beh, hai detto che avevi bisogno di tempo per pensare”
“Pensare a quanto sono stato deficiente, a quante volte ti avrò ferita senza volerlo, magari anche la sera stessa, usando le parole o gli sguardi sbagliati, reagendo in maniera troppo esagerata o troppo composta. Pensare a quanto devi fidarti di me, al valore che devi dare alla nostra relazione per arrivare a dirmi una cosa del genere, a quanto devi aver ponderato la scelta del modo e dei tempi. Pensare a come posso fare per farti capire che anch'io ci credo e mi fido di te alla stessa maniera. Pensare a come comportarmi con te in maniera diversa e allo stesso tempo non cambiare di una virgola e continuare a essere il solito stronzo. Pensare a cosa posso dare io a te in questa storia, di altrettanto significativo, a come posso aiutarti, o almeno capirti, a qual è il mio valore aggiunto in tutto questo. Pensare a come posso starti vicino in questa cosa, ma senza darti fastidio, trovare la chiave. Oh e credo di averla trovata, sai? Ecco, queste sono le cose a cui ho pensato, beh, una parte, ma fra queste cose stai pur certa che non c'era assolutamente il dubbio se stare con te o no, perché quello non è mai stato messo in dubbio, neanche per un secondo”
“Ah” ha ritrovato le parole. E per fortuna.
“Ah?”
“E qual è?” sono io adesso ad essere senza parole. Anzi no, ne ho tre.
“Cosa?”
“La chiave, che hai trovato”
“Gaby Pearce”
“Chi?”
“La mia nemesi in seconda elementare”
“Uh, il piccolo Stone aveva una cotta!” non so dove cavolo voglia andare a parare, ma pensare a baby Stone mi mette istantaneamente un sorriso sulle labbra.
“No no, non è il caso di bambino che tira le trecce alla bambina perché la ama, la odiavo proprio. E infatti Gaby ha tentato di uccidermi”
“Che?”
“Mi ha letteralmente scaraventato giù dall'altalena durante la ricreazione”
“Ahahah magari era il tipico caso di bambina che prende a calci il bambino perché lo ama”
“Beh, doveva amarmi un sacco visto che mi ha causato un trauma cranico di grado severo e mi sono fatto quasi un mese in ospedale, più due di riabilitazione”
“COSA?”
“Già. Quando mia madre mi ha raggiunto al Virginia Mason era sconvolta, mi ha visto sveglio e mi ha abbracciato. Io l'ho guardata e l'ho chiamata pane. E' svenuta”
“Pane?”
“Non so se questa cosa abbia un nome, la botta aveva danneggiato la parte del cervello che si occupa del linguaggio. Capivo tutto e riuscivo a parlare, ma le cose che dicevo non avevano senso. Non mi ricordavo come si chiamavano le cose oppure me lo ricordavo e pensavo una parola, ma me ne usciva un'altra”
“Pane”
“Esatto. Due mesi di logopedista per tornare come prima. Anzi meglio. E meno male perché ti puoi immaginare uno come me privato dell'uso della parola”
“Posso immaginare, come toglierti l'aria che respiri praticamente”
“Eheh appunto. Comunque va beh, è stata una roba non grave e transitoria, non ho avuto nessuna conseguenza”
“Questo lo dici tu” scherzo per allentare la tensione e sono contenta di trovare il mio stesso ghigno riflesso sul viso di Stone.
“Ehi, non si scherza su queste cose!” mi spintona per scherzo per poi catturarmi di nuovo e tirarmi più vicino a sé sulla panchina.
“Chi lo dice? Ti ricordo che mi manca un piede, praticamente ho un free pass per qualsiasi cattiveria”
“Ah è così?”
“Già, e visto che anche tu hai una piccola storia triste del passato, hai il permesso di prendermi per il culo e prendere la cosa con leggerezza. E' questa la chiave, giusto?”
“Oh mio dio, no! Sei totalmente fuori strada, nemmeno io sono così cinico, vergognati!” Stone mi spinge via di nuovo, ma io mi sento disorientata davvero.
“E allora qual è il senso?”
“Il senso è che so cosa vuol dire ripartire da zero, Gracie. Non voglio tirarmela, ma credo che poche persone capiscano cosa significhi dover attraversare il processo di imparare di nuovo a fare cose basilari. Camminare e muoverti nel tuo caso, parlare nel mio. Perché io ero più piccolo di te e molte cose me le sono scordate, ma la fatica e la frustrazione no, quelle me le ricordo bene. In pochi sanno cosa significa spingere te stesso fuori dalla comfort zone per raggiungere degli obiettivi. Lo sai che avevo appena iniziato a suonare la chitarra? Ho dovuto ricominciare da capo anche lì, perché a quanto pare la parte sinistra del mio cervello andava da una parte e la destra dall'altra e ho imparato a mie spese che questo non è un bene quando devi suonare un cazzo di strumento”
“Mi sembra che tu abbia recuperato alla grande” gli prendo le mani con cui stava accennando una sorta di air guitar e gli accarezzo le dita lunghe e affusolate.
“Sì, ma mi sono dovuto fare il culo, sicuramente non quanto te, ma non è stato facile. Anzi no, cazzata, lo è stato in fondo, è stato facile, ma solo perché io ho deciso che doveva esserlo, ho deciso che potevo fare qualsiasi cosa e che ce l'avrei fatta. Bastava capire quando potevo spingere e quando invece dovevo abbassare l'asticella di un paio di misure, e io l'ho capito, l'ho imparato. E con questo non voglio giustificare il mio essere un perfezionista del cazzo maniaco del controllo. Però, tant'è” Stone intreccia le dita con le mie e allarga le braccia, come per dire eccomi, sono così, è questo quello che ti offro. E io non chiedevo di meglio.
“Io non sono una perfetta perfezionista però”
“E vai bene così. Io non pretendo di sapere e capire tutto di te, anche perché sei completamente pazza, ma capisco lo schema di pensiero che sta dietro a questa cosa, a questa parte di te. Posso capire quando spingerti e quando abbassare l'asticella, e tu puoi fare lo stesso con me. Capisco cosa vuol dire seguire il proprio istinto anche quando gli altri ti dicono di fare il contrario, magari anche per il tuo bene. E penso che anche tu possa capirlo, anzi, ne sono sicuro. E per me è una cosa importantissima. Perché nessuno nella mia vita è mai stato capace di distinguere tra quando sono testardo per il gusto di esserlo o di dimostrare che ho ragione e quando invece spingo su me stesso per raggiungere un obiettivo vero”
“Tra testardaggine e determinazione”
“Già. Vedi che tu mi capisci? Da quando ho ripreso in mano la chitarra da bambino non ho mai più smesso. Mai. Non ho smesso quando si sono sciolti i Green River. Non ho smesso quando Andy è morto. Non ho smesso quando mio padre mi consigliava di tornare al college. Ed ora è il mio mestiere e lo sarà per sempre. E non c'entra il successo, Mark Arm può dire quel cazzo che vuole, a me interessa farlo perché fra tutte le cose che so fare, e ti dirò, non sono certo poche, è quella che mi riesce meglio”
“Mmm presunzione, ne abbiamo?” gli riesce tutto bene, specialmente con me.
“Io la chiamo consapevolezza”
“Sei consapevole che dopo questo discorso non potrò mai lasciarti perché non troverò mai un altro che mi parli in questa maniera?”
“Dici che ho alzato troppo l'asticella?”
“Se l'abbassi ti ammazzo”
“Adesso andiamo, sono in ritardo per il soundcheck e Jeff starà già dando fuori di matto” Stone sorride e si alza in piedi, invitandomi a seguirlo.
“Jeff lo sa? Dico, di questa cosa...”
“Nah, non lo sa nessuno, a parte la mia famiglia. E quella stronza di Gaby Pierce. Sai che non mi ha mai neanche chiesto scusa?”
“Io avrei iniziato da lì in poi a chiamarla stronza anziché usare il suo nome, dando la colpa al trauma”
“Sei... un genio del male, cazzo. Perché questa cosa non è venuta in mente a me? E soprattutto, dove diavolo eri nel 1974 se non nella mia vita?” Stone si ferma a un passo dall'auto, si gira e mi abbraccia stretto.
“Kenosha, Wisconsin”
“Oh. Cavolo questo sì che cambia tutto. Ehm... non so se posso stare con una del Wisconsin, non ti offendere, ma non credo di farcela” mi lascia andare di colpo e si affretta a salire in macchina.
“Scusa se non ti ho confessato prima questo segreto, ero preoccupata di come l'avresti presa” salgo anch'io e non posso fare a meno di seguirlo anche in quest'ultima cazzata, come sempre.
“E facevi bene a preoccuparti. Però se vuoi possiamo rimanere amici”
“Metti in moto, Stone” seguirlo, ma senza perdere l'orientamento.
“Possiamo andare a caccia di tassi insieme qualche volta, se ti va”
“Ti amo” seguirlo ovunque.
“Anche se non so distinguere un tasso da un procione?”
“Te lo insegno io”
“In questo caso, ti amo anch'io”
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Quando sento Angie al telefono nel primo pomeriggio riesco a convincerla a venire all'Ok Hotel con me e i ragazzi già dal soundcheck, ma non riesco a convincerla a dirmi il suo cazzo di nome.
“Ok deve essere per forza Windqualcosa perché sei Angelina W. Pacifico, quindi inizia per doppia vù” le dico non appena esce dal portone del suo palazzo.
“Ciao anche a te, Eddie”
“Windflower? O Windchill?” le chiedo mimando un brivido di freddo, neanche tanto per finta, vista l'aria frizzante del tardo pomeriggio, per poi avvicinarmi e baciarla.
“Acqua e acqua” risponde dopo aver alzato gli occhi al cielo. La bacio di nuovo e lei si guarda attorno in maniera un po' subdola per non farsi notare da me. Illusa. Non lo sai che noto tutto?
“Sono nel furgone che ci aspettano. E poi è venerdì, no?” le sorrido e la bacio di nuovo e stavolta mi sembra un po' meno tesa.
“Già, hai ragione” risponde con un sorriso dei suoi e mi accarezza una guancia, prima di baciarmi ancora a sua volta.
“Windstorm?” le chiedo, lanciando poi un'occhiata al cielo per cercare di prevedere come girerà il tempo.
“No. E adesso taci perché se gli altri vengono a sapere anche questa sei morto.” mi raddrizza il collo della giacca e mi prende per mano “Da che parte?”
“Laggiù, dopo il bowling, all'angolo... Windsurf”
“Ahahah figurati!” scuote la testa e attraversa la strada con me tenendo lo sguardo fisso sul furgone e, anche se non dice nulla e cerca di dissimulare, lo so che nella sua mente sta facendo un veloce calcolo di angolazione e prospettiva per capire se da lì possono averci visti che ci baciavamo. Tra parentesi io l'ho già fatto mentre arrivavo ed è sicuro come l'oro che ci hanno visti.
“Va beh, però dopo me lo dici, ok?”
“Sì. Se te lo meriti”
Quando arriviamo davanti al van, Mike e Jeff, seduti davanti, sono rivolti entrambi verso Dave, seduto nel mezzo, apparentemente molto concentrati in una conversazione. Tanto concentrati da non cagarci di striscio. Sicuramente stanno parlando di noi e non si sono accorti che siamo proprio qui. Chissà che faccia faranno appena aprirò lo sportello e-
“Dai, Lynch è un genio” ehm, no, mi sa che parlano di altro.
“Lynch è un genio, ma ci sta prendendo tutti per il culo secondo me, ora è palese” Mike ribatte all'affermazione di Jeff scuotendo la testa.
“A me è sembrata una scena perfettamente in linea con lo show. Quell'uomo è in contatto diretto con un altro mondo, la sua arte è piena di momenti della serie che-cazzo-ho-appena-visto” Dave cerca di mediare, ma i risultati sono scarsi a quanto pare.
“Un pomello? Un cazzo di pomello??” McCready sbotta facendo sobbalzare sia me che Angie, che cerchiamo l'uno lo sguardo dell'altra nello stesso istante, lei divertita e io perplesso.
“Ahahah mi piace perché fra tutte le cose nonsense come il gigante, la signora ceppo, i gufi, l'uomo nel sacco, l'uomo con un braccio solo...  a te fa incazzare il pomello!” Jeff sghignazza aggiustandosi il cappello sulla testa.
“Di che cazzo state parlando?” mi decido a intervenire nella questione e a comunicare la nostra presenza ai ragazzi, che non ci hanno ancora cagati.
“Della morte di Josie, nell'ultimo episodio” Angie risponde al posto dei miei compari, che si voltano appena a guardarci.
“Quando arriva Cooper, sembrava dormisse” il batterista inizia a spiegare.
“Invece aveva appena ammazzato uno” aggiunge Jeff.
“Che però non muore subito subito, eh, fa due passi giù dal letto prima” Mike ironizza cercando il mio appoggio, mentre gli altri due continuano ad aggiungere dettagli alla trama a turno.
“E confessa di averne ammazzati altri”
“Poi sembra si stia per sparare”
“Ma non lo fa”
“Però sembra”
“Però sviene”
“Ricade sul letto ed è morta”
“Poi lei e lo sceriffo scompaiono, un riflettore da chissà dove illumina l'agente Cooper e lì inizia il che-cazzo-sto-guardando”
“Bob ciccia fuori da sotto il letto e fa tutti i suoi versi alla Bob”
“E sembra molto soddisfatto di se stesso per l'interpretazione, devo dire”
“Ma scompare subito anche lui e chi spunta?”
“Il nano del cazzo” Mike irrompe nel serratissimo botta e risposta.
“E cosa fa? Quello che gli riesce meglio”
“Balla a caso sul letto”
“Fa il suo balletto del cazzo” è ancora 'Cready a manifestare la sua poca ammirazione nei confronti del personaggio.
“Poi scompare”
“E ricompaiono Josie e lo sceriffo”
“E lo spirito di Josie viene misteriosamente teletrasportato nel pomello di un cassetto del comodino” e non può che essere sempre Mike a ritirare fuori il pomello incriminato.
“E lei cerca di venire fuori da quel minchia di pomello, ma non ci riesce e il pomello prende la forma della sua faccia” stavolta è Angie ad aggiungere ulteriori dettagli.
“E io dico che è successo? Chi è stato? L'ha fatto Bob? L'ha fatto il nano? Insomma che-cazzo-ho-appena-visto??” Mike pone le sue domande a tutti noi singolarmente, che non sappiamo rispondergli.
“E non avremo mai delle risposte” appunto, Jeff.
“Ed è quello il bello! Voglio dire, se cominciano anche a darci delle risposte non ha più senso guardarlo. Già l'aver svelato in anticipo chi fosse l'assassino di Laura è stata una grandissima stronzata secondo me” commenta la mia ragazza mentre fa per aprire il portellone di dietro e io la aiuto.
“Effettivamente è diventato un po' moscio da allora” Krusen ammette mentre Jeff mette in moto e Mike da man forte a Angie nella sua critica.
“Secondo me Lynch non voleva dirlo fino alla fine, ma l'emittente l'avrà obbligato. E adesso ci sta perculando tutti per vendicarsi”
“Col pomello?” intervengo io, che mi sento un po' tagliato fuori dalla conversazione, e così facendo suscitando un'altra mini-reazione isterica nel chitarrista.
“Quel pomello del cazzo!!”
“Dai, quale altra serie tv può vantare di aver fatto morire un personaggio trasformandolo in un pomello?” Angie cerca di calmarlo con una pacca sulla spalla, mentre io chiudo il portellone da dentro.
“Già, è la morte definitiva” ammette Jeff cercando di non ridere.
“Potevano anche attaccarci un bel cartello con scritto Fine su quel pomello”
“Ehm si è fatto tardi, direi che è ora di andare” richiamo l'attenzione del gruppo quando vedo che Jeff non ha ancora intenzione di partire. E continua a non farlo, invece si gira e si rivolge direttamente a me.
“Tu che ne pensi, Eddie?”
“Eddie non guarda ancora Twin Peaks, ma non temere, ho registrato tutte le puntate su cassetta, possiamo iniziare a colmare la tua lacuna quando vuoi” Angie mi fa pat-pat su un ginocchio e mi prende per mano e lo fa proprio davanti a Jeff, a cui il gesto non passa certo inosservato. Lo vedo chiaramente abbassare lo sguardo sulle nostre mani unite, anche se per un nano-secondo, prima di sorridere e voltarsi di nuovo in avanti.
“Comunque la mia preferita è la signora ceppo, lei è ancora un mistero” continua Angie mentre finalmente ci muoviamo. Il segreto che dobbiamo svelare oggi, invece, credo non sia altrettanto misterioso in fondo.
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Note
Ebbene.
La prima volta che ti scrissi è stata quattro anni fa (tra l'altro col vecchio tumblr che mi è stato bloccato qualche mese fa, rip). Mi meraviglio di me stessa, quando ero più piccolina pensavo che a vent'anni non avrei più letto fanfiction, e invece alla tua sono così affezionata da rileggerla nei momenti in cui l'attesa si fa pesante (tranquilla, ormai penso siamo tutti abituati agli aggiornamenti dilatati nel tempo e apparizioni a sorpresa dei capitoli).
Ti scrivo, a dire il vero, perché qualche giorno fa mi è capitato di tornare sul profilo di wattpad e
Puff,
mi è apparsa la tua fanfic nella home e, che bello, ci hai mostrato come vedi i personaggi! Volevo chiederti: ti dispiace se disegno come li vedo io? O perché no, sarebbe carino se tutti mostrassimo come ci appaiono i personaggi!
Tra l'altro, questa storia va avanti da così tanto tempo che ormai i tuoi personaggi per me sono persone reali; in più, nel mio immaginario i "nostri eroi" si comportano realmente così come li dipingi, senza contare che hai un talento assurdo nel tirar fuori dialoghi geniali (che fai, per addormentarti parli da sola e ti appunti ciò che ti chiedi e rispondi?)
Non so in quanti ancora stiamo leggendo, e non so se tutti i lettori si fanno vivi (so che c'è anche chi legge e non lascia nemmeno un cuoricino), ma ti prego, non abbandonare questa storia (dimmi che in realtà la continui anche per te, dai dai, so che sei tenace! Ti mando energie di tenacia e voglia di scrivere ogni volta che ne avrai il tempo!).
Non mi sembra di avere altro da dire, ogni volta che devo inviare un messaggio mi dimentico tutto quello che volevo dire, dovrei farmi dei post it e metterli in ordine per articolare discorsi sensati senza lasciarmi sopraffare dall'emozione, ma sono così e l'unica cosa che so dirti è
❤️💓💜💛💚💙💓💗🧡❤️💜❤️🖤🧡💛💜🖤🤍🧡🖤💛💜❤️🤍❤️💗💖ti maledico💕💞💜💚🤍❤️💖❣️🤍💞💞💜🤍🖤💗💖💓💟💝💘💓🤎❤️💓💗💜🖤💗💖🤍💝💟💗💚💖🤎
Fine, ti amo e ti odio.
Buona sera, 
pensa che io ne ho ben più di 20 e non solo le leggo, ma le scrivo pure, o almeno, scrivo un sacco nella mia mente. E mica solo prima di addormentarmi, anche durante il giorno, mentre faccio qualsiasi cosa, mi capita di avere Meg o Angie che mi parlano in testa e tirano fuori dialoghi interessantissimi. Ovviamente non prendo nota di nulla e quello che va a finire nella storia è circa il 10% di quello che mi passa per la mente. Sarebbe fantastico se tu o chiunque altro capiti ancora da queste parti disegnasse i miei personaggi per come li immagina o, se non sa disegnare una linea retta col righello come la sottoscritta, dicesse anche semplicemente la sua su come li vede o segnalasse a chi assomiglia nel suo immaginario tizio o caio. 
Chi mi legge è fondamentale e adoro l’interazione coi lettori, ciononostante, se solo da questo dipendesse il mio andare avanti, avrei già abbandonato Angie e le sue divise di merda da tempo. E invece no, stai tranquilla, io vado avanti, perché se per te i personaggi sono reali, per me sono come dei parenti, anzi di più, dei congiunti, anzi di più, degli affetti stabili, e non riesco a tenerli a distanza. 
Grazie  ❤️❤️❤️❤️❤️
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Capitolo 57 - Numeri di telefono e vacanze di primavera
Nel capitolo precedente: Eddie e Angie si appartano in un posto isolato e romantico in riva al mare, ma vengono sorpresi da due poliziotti, che li sottopongono a un fuoco incrociato di domande, a metà tra l'interrogatorio e il gossip. Durante questa conversazione Angie riesce inaspettatamente ad aprirsi e a rivelare che non vuole rendere partecipi gli amici della sua storia con Eddie anche per paura di perderli se le cose dovessero andare male. Angie fa pace con le sue insicurezze e, riaccompagnando Eddie a casa, gli propone di dire tutto ai loro amici in occasione del prossimo concerto dei Pearl Jam all'Ok Hotel. I due hanno anche una piccola scaramuccia causata dalla gelosia di Eddie nell'apprendere che Angie era stata nello stesso posto romantico e appartato anche con Jerry. Eddie scopre, grazie al poliziotto che leggeva la patente di Angie ad alta voce, che la sua ragazza ha un secondo nome che inizia per W, ma lei non ha la minima intenzione di dirgli qual è. Nel frattempo Stone e Grace sono di ritorno dal loro ennesimo appuntamento eccentrico, lei ha portato una cassetta con dei pezzi che le piacciono da ascoltare e lui critica la selezione e l'accostamento dei brani. Una volta a casa di lei, dopo una parentesi di passione, Stone è deciso ad affrontare di petto Grace e la sua difficoltà a condividere il letto e l'intimità con un'altra persona, sapendo benissimo che c'è qualcos'altro sotto. Tuttavia resta scioccato quando scopre la vera origine delle insicurezze di Grace: anni prima, a causa di una forma aggressiva di tumore alle ossa, la ragazza ha subito l'amputazione di un piede. La reazione di Stone alla notizia e di totale confusione, non sa che fare o che dire e, pur rassicurando Grace, se ne va dicendo di dover metabolizzare la notizia.
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Io giuro che non l'ho fatto apposta. Cioè, non so se sia il caso di giurare, perché comunque se non l'ho fatto volutamente sarà pur sempre stato il mio inconscio a metterci lo zampino. Oppure uno di quegli automatismi mentali del cazzo, come quando sei abituato a fare sempre la stessa strada e arrivato all'incrocio sotto casa giri a sinistra come sempre, ma invece dovevi andare da tutta un'altra parte e te ne accorgi quando sei già arrivato alla meta sbagliata. Che poi a me non era mai successo, ma è una cosa che capita a tutti, cioè, se ne sente parlare spesso. Beh, stavolta deve essere capitato anche a me perché sono uscito dalla Music Bank, mi sono messo al volante e, non so come, mi ritrovato nel fottuto parcheggio di Roxy. Rimango fermo senza fare un cazzo per chissà quanto, indeciso sul da farsi. Che ci faccio qui? Che dovrei fare? Passo dentro per un saluto? Certo, la prima cosa che vuoi vedere dopo una giornata di lavoro è la faccia di merda del tuo ex che ti viene a trovare, no? Beh, in fondo, magari non se lo ricorda neanche più che sono il suo ex, basta vedere come mi tratta, come mi ha trattato a San Diego. Come un amico qualunque. Non è nemmeno più incazzata con me, anzi, ci sta che mi sia anche grata. Dopotutto se non avessi sabotato la nostra relazione lei non starebbe con Eddie adesso. Perché è ovvio che stanno insieme. Non lo so, ma me lo immagino. Lui ci avrà provato e lei ci sarà stata. C'è stata con me che sono uno stronzo. Chiunque venga dopo di me in confronto sembrerà il Principe Azzurro. In tutto questo, la macchina ha ancora il motore acceso. La spengo quando vedo Angie assieme a Brian e a un'altra ragazza uscire dal locale, precedendo di pochi secondi Roxy stessa, che li saluta e chiude la saracinesca. Angie ha un sacco della spazzatura in mano e si dirige verso i bidoni al lato del ristorante, mentre gli altri si allontanano a piedi o in macchina. Scendo dall'auto e corro dall'altra parte del ristorante, nascondendomi, non so perché, e affacciandomi di tanto in tanto aspettando la prossima mossa di Angie. La vedo spuntare dopo qualche minuto, ha ancora la divisa, entrambe le mani infilate nella tasca della sua giacca di pelle, il viso nascosto per metà da una sciarpa voluminosa, la sua solita borsa colorata a tracolla. Attraversa il parcheggio e raggiunge la strada, seguita a debita distanza da me. Mi guardo attorno per vedere se qualcuno mi ha notato perché a un osservatore esterno potrei sembrare un malintenzionato che sta seguendo una ragazza indifesa. Ma io non sono un malintenzionato, onestamente non so neanche che intenzioni ho, non so nemmeno perché cazzo la sto seguendo. Un paio di volte rischio di farmi sgamare, quando si ferma a guardare delle vetrine e, a sorpresa, si gira. La prima volta mi sono salvato infilandomi in una cabina del telefono, la seconda ho fatto dietro front al volo unendomi a un piccolo pubblico di un busker. Continuo a seguirla e vorrei tanto sapere dove cazzo sta andando, visto che abbiamo già superato due fermate dell'autobus. Siamo alla terza quando si ferma e si guarda attorno, mentre io mi tuffo nel primo vicolo per non farmi notare. Ma poi perché non mi faccio notare? Non posso semplicemente andare lì a dirle ciao? Mi sporgo e la vedo accendersi una sigaretta, iniziando a camminare avanti e indietro e io mi nascondo ogni volta che viene verso di me. Mi affaccio di nuovo e non la vedo più. Esco dal nascondiglio e presumo sia andata alla fermata più in là, forse è presto e non vuole aspettare ferma al freddo. Oppure qualcuno è venuto a prenderla, magari il suo ragazzo... No, sta ancora camminando per la strada, tutta sola, letteralmente, perché man mano che ci allontaniamo dai negozi la via si fa più deserta. Cammino muro muro, praticamente in punta di piedi perché ho paura che possa sentire il rumore delle mie scarpe. Ed è a questo punto che capisco che non ha un cazzo di senso quello che sto facendo. Mi do del coglione da solo e faccio una corsetta per raggiungere Angie, le metto una mano sulla spalla e sento uno dei dolori più forti che un uomo possa provare nella sua vita nel momento in cui lei si gira di scatto e mi molla un'epica ginocchiata nelle palle.
“CRISTO, ANGIE!” urlo non so se più per il dolore o per chiamarla, visto che accenna a scappare.
“Jerry??” si blocca e mi guarda incredula mentre mi contorco, prima di riavvicinarsi “Ma eri tu che mi seguivi?”
“Sì”
“Ma sei scemo? Perché?”
“Volevo... beh, volevo farti uno scherzo” non ho perso il mio talento nell'improvvisazione.
“Bello scherzo del cazzo, mi hai fatto prendere un colpo!”
“Scusa”
“Beh, scusami tu. Ti ho fatto male?”
“Noooo sto una favola” commento quando torno a vedere ciò che mi circonda e non più le stelle.
“Anche tu però... mi hai spaventata”
“E sono stato punito direi”
“Pensavo fossi uno che mi voleva aggredire”
“Eheh e invece sono stato aggredito io.” a quanto pare è destino, mi devo fare male ogni volta che ci vediamo, fisicamente o no. Noto la sua mano e la indico “E quelle?”
“E' un trucco che mi ha insegnato Meg” risponde rimettendo in borsa le chiavi che aveva piazzato tra le dita nel pugno chiuso.
“Sai che ti puoi fare male se non le tieni bene quando colpisci? E' un trucco pericoloso”
“Cos'è, ti offri volontario per allenarmi?” riprende le chiavi e le fa tintinnare mentre mi sorride diabolica e io mi rassegno al fatto che amerò sempre questa ragazza. A modo mio, sbagliatissimo, senza senso. Ma non posso farne a meno.
“No, grazie. Non che non me lo meriti, ma avrei altri programmi per la serata”
“Del tipo?”
“Del tipo... riascoltare i demo che ho appena registrato e capire perché cazzo non funzionano”
“Demo? Dell'album nuovo?” Angie passa dallo scherzo a essere interessatissima e io non aspettavo altro che soddisfare la sua curiosità. Forse è proprio per questo che sono venuto fin qui.
“Sì... ma è roba mia, cioè, che ho buttato giù da solo, non l'ho ancora fatta sentire agli altri”
“Beh, magari devi lavorarci un po' sopra, anche assieme al gruppo. E poi Layne può cantare qualsiasi cosa e renderlo perfetto, perciò non ti preoccupare” Angie alza le spalle e mi sorride e io penso di stare impazzendo perché mi prenderei un altro calcio nei coglioni pur di farmi toccare da lei.
“Ti va di sentirle?”
“Magari! Hai una copia da passarmi?”
“No, però ho il nastro in macchina... potremmo ascoltarlo lì, che dici?”
“Beh, non lo so, è un po' tardi” anche se dura un secondo, la sento tutta l'esitazione nella sua risposta. E' ovvio che l'idea non le vada tanto a genio, però non sa nemmeno come dirmi di no senza levarsi quella maschera di totale indifferenza nei miei confronti dalla faccia. Ammettere di essere a disagio da sola con me sarebbe come ammettere che ci siano ancora sentimenti in sospeso tra noi e questo lei non lo farebbe mai.
“Sono tre pezzi di numero. Li ascolti, mi dai il tuo parere e io in cambio ti do un passaggio a casa. Ti va?”
“E va bene, andiamo!” fa di nuovo spallucce e mi segue come niente fosse.
“Allora?” le chiedo dopo il primo brano.
“Jerry è... cosa credi che non funzioni esattamente in questa canzone? E' spettacolare”
“Lo credi davvero?”
“Sì”
“Non lo dici solo perché non vuoi tornare a casa in autobus?”
“Ovviamente no, non scherzare!”
“Con la voce di Layne guadagnerebbe qualche punto sicuramente”
“Nel ritornello sicuramente, ma mi piace la tua voce nella strofa” far ascoltare le mie canzoni nuove ad Angie non è solo una scusa per passare del tempo con lei, mi piace perché è sincera, le sue opinioni sono oneste, non ti dice che un pezzo è una figata solo per farti contento.
“Grazie”
“Ha un titolo?”
“Would. Un gioco di parole, con Wood”
“Andy?”
“Sì, è per lui. Ho pensato tanto a lui in questo periodo. Beh, non ho mai smesso di pensarci. Ma ultimamente ci penso sempre più spesso. Il nostro primo album è andato bene, suoniamo in giro, Stone e Jeff ce la stanno facendo, tante altre band stanno venendo fuori e-”
“E lui non è qui”
“Esatto. Lui non c'è. E mi manca. Andy era un amico, ma non uno con cui fai discorsi seri sul senso della vita o cose del genere. Era solo divertimento, ci divertivamo un sacco, io, Andy, Xana e Chris. Era una persona eccezionale, piena di energia e di vita”
“Le scelte che ha fatto raccontano una storia diversa però...”
“Ha fatto delle scelte del cazzo, ma non significa che fosse una cattiva persona. Ha sbagliato. Io non lo giudico però. Quelli che giudicano mi fanno solo incazzare”
“Scusa, non era mia intenzione”
“Nah, tu che c'entri, non mi riferivo a te. Tu non sei così” Angie non ha bisogno di giudicarti, le basta parlarti sinceramente o guardarti negli occhi per farti sentire una merda per tutte le cazzate che combini.
“Meg mi ha detto che è morto in questo periodo l'anno scorso, giusto?”
“Sì, tra poco sarà un anno. E mi sembra passato un decennio”
“Mi fai sentire un'altra canzone?” Angie sa quando cambiare argomento, ma non sa che il tono della conversazione non si alzerà nemmeno col secondo pezzo.
“Rooster era il soprannome che mio nonno aveva dato a mio padre quando era piccolo,” precedo la sua domanda prima di premere stop sull'autoradio “perché faceva il galletto. E perché aveva i capelli che gli sparavano in aria, come una cresta”
“Hai scritto una canzone su tuo padre?” Angie sa benissimo tutta la storia incasinata della mia famiglia e sa anche quanto sia difficile per me parlarne, anche se con lei è stato molto meno difficile.
“Ho scritto una canzone cercando di immedesimarmi in lui, provando a immaginare cosa potesse pensare o provare in quei momenti un soldato americano in Vietnam. Come sai, lui non ci ha mai raccontato niente”
“Dovresti fargliela sentire”
“Vedremo. Se ne verrà fuori una canzone vera e propria, potrebbe succedere, chissà”
“Potrebbe essere un modo per riavvicinarvi”
“Non l'ho scritta per questo”
“Lo so”
“Non l'ho scritta per nessun motivo in particolare”
“Ok”
“E' venuta fuori così e basta”
“Si vede che doveva venire fuori”
“Ti piace?”
“Sì, mi piace anche questa. Mi fai sentire l'ultima?”
“Era questa l'ultima” mento sfacciatamente.
“Ma se hai detto che erano tre canzoni...”
“Sì beh, era per dire. Sono tre tracce, ma due canzoni complete. La terza è solo una roba strumentale” dire cazzate ad Angie mi riesce ancora facile, come ai vecchi tempi, però bisogna vedere se anche lei è ancora brava a crederci.
“Voglio sentire anche quella” incrocia le braccia e mi guarda storto.
“Ti porto a casa, va” faccio finta di niente e accendo la macchina, ma Angie ha un'altra idea e allunga la mano per premere di nuovo play sull'autoradio.
Partono i primi accordi di un pezzo troppo lento e troppo moscio che non entrerà mai nemmeno in un lato B di un singolo del cazzo della band e che non farei ascoltare agli altri nemmeno sotto tortura, anche perché è talmente personale che mi prenderebbero per il culo per decenni e mi sembra che di motivi per farlo ne abbiano già parecchi. Per fortuna, nella prima parte della canzone, mi è venuta la brillante idea di intonare la melodia con un po' di 'mmm mmm', così posso cavalcare la balla del pezzo strumentale.
“Vedi? E' solo un abbozzo. Solo un coglione che strimpella e mugugna una melodia improvvisata” alzo le spalle e stoppo il nastro, per poi tirarlo fuori e farmelo scivolare nella tasca della giacca. Perché sono così stronzo? Io non ci dovevo nemmeno andare da Angie. Poi quando l'ho vista e le ho proposto di venire a sentire il demo ho cercato di raccontarmela come una mossa per poter passare del tempo con lei. Invece è chiaro che volevo farle sentire anche questo pezzo. Beh, soprattutto questo. E adesso? Me la faccio sotto oppure ho capito che era un'idea di merda in partenza? Cosa volevo ottenere? Farle sapere che mentre lei va avanti con la sua vita io sono ancora impantanato nelle mie stronzate?
“Beh mi sembrava un bell'abbozzo”
“Troppo lenta, troppo deprimente, non lo so”
“Jerry?”
“Sì?”
“Va tutto bene?”
“Certo, perché?”
“Non lo so, chiedo” perché chiedo io. E' ovvio che si faccia delle domande, spunto così dal nulla, mi presento dove lavora, la convinco ad ascoltare dei pezzi, poi il tutto si trasforma in una cazzo di seduta di psicoterapia sotto mentite spoglie.
“E' tutto ok, sono... sono solo le solite cose, ecco”
“Le solite cose continueranno ad essere sempre le stesse se non le affronti, Jerry”
“Lo so. Infatti le sto affrontando. La musica è pefetta per questo, non l'hai detto anche tu?”
“Sì, ma non basta”
“Già. Oh e scusa se sono venuto a romperti le palle, non era programmato, insomma, mi sono trovato lì. Cioè, non è che sono capitato da Roxy per caso, diciamo, che fino a un certo punto non avevo idea che stavo venendo da te, poi, diciamo, l'ultimo kilometro...”
“Ok, Jerry, ho capito”
“Scusa”
“Non ti scusare, non ce n'è motivo”
“E' solo che, beh, è più facile con te. Mi viene più facile parlare con te, nonostante tutto. Assurdo, vero?” Angie sa già tutto, a lei non devo spiegazioni, e ora che non stiamo più insieme, non le devo nulla. Però, allo stesso tempo, lei non deve nulla a me. Non è tenuta ad ascoltarmi.
“Beh, un po' sì, ma non troppo strano. La gente ama confidarsi con me, si vede che ispiro fiducia. O che sembro innocua” Angie scuote la testa e io penso che non è innocua per niente dato che il (troppo) poco tempo in cui le nostre strade si sono incrociate mi hanno lasciato un segno bello grosso e profondo.
“Innocua? Con le chiavi tirapugni? No, non direi proprio”
Il viaggio fino a casa di Angie dura più del dovuto, perché scelgo deliberatamente il percorso più lento e trafficato, ma lei è così gentile da non farmelo notare. Oppure neanche se n'è accorta.
“Allora buona notte. E grazie per il passaggio” mi dice con la mano sulla portiera già mezza aperta.
“Grazie a te per aver accettato di farmi da cavia. E grazie per i pareri”
“Figurati. E comunque quando vuoi parlare o farmi ascoltare altre cose... sappi che io ci sono, ok?”
“Davvero?” le chiedo non perché io sia incredulo, ma perché so perfettamente che sta dicendo sul serio, che è davvero sincera e pronta a sorbirsi le pare di uno che non riesce ad aprirsi emotivamente se non con la sua ex, che sta pure con un altro.
“Certo. Solo perché sei stato una merda non significa che, boh, non ti salverei da un incendio o non ti darei una mano mentre dondoli in bilico sull'orlo di un precipizio per tirarti su. Per le cose serie, se posso, una mano te la darò sempre” Angie fa spallucce mentre mi dice una cosa stupenda e invece di soffermarmi ad ammirare la bontà e l'altruismo di lei, di farmi ispirare dal suo concetto di amicizia, di imparare qualcosa dalla sua totale mancanza di rancore... io vado in fissa sui suoi occhi prima e sulle sue labbra poi e stavolta non credo proprio che non si sia accorta che ho tutta l'intenzione di baciarla. Infatti nel giro di due secondi mi da di nuovo la buona notte e schizza fuori dalla macchina, alla volta del portone di casa.
“Notte!” le urlo dal finestrino guadagnando un suo frettoloso ciao-ciao con la mano.
Si può sapere che cazzo mi sono messo in testa?
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Si può sapere che cazzo mi sono messa in testa? Che faccio, prometto cose che non sono sicura di poter mantenere? Certo, le mie sono state delle gran belle parole, non c'è che dire, suonavano benissimo, ma sarò poi in grado di farle seguire dalle azioni? Ci sarò davvero sempre per Jerry, anche se è stato uno stronzo? E' bello aspirare ad essere persone migliori, ma credo che nel mio caso spesso sia più una sorta di autocompiacimento masochistico. Insomma, c'è che a me piace un sacco essere buona, comportarmi da tale e far sì che tutti mi vedano così, come una ragazza gentile e comprensiva. Tutti, anche quelli che non si meriterebbero nessun riguardo, anzi, specialmente quelli. Tu hai fatto il bastardo con me? E ora ti aspetteresti che, come minimo, cambiassi strada quando ti vedo, giusto? Invece no, io sono qui ad ascoltare i tuoi sfoghi emotivi, a tenerti la mano e a incoraggiarti, dicendoti che andrà tutto bene. Tiè, beccati questa! Non voglio dire che lo faccio proprio apposta, però non posso negare che esista questa componente di soddisfazione nell'essere quella che fa la cosa giusta, o meglio, che fa la cosa buona che nessuno farebbe. Ora lo so che quando racconterò a Meg cosa è successo, lei scuoterà la testa e mi dirà che sono stupida e che avrei dovuto semplicemente mandare Jerry a fare in culo come si meriterebbe, ma il suo vero pensiero sarà che sono troppo buona o una cosa del genere. Ecco, io adoro essere troppo buona, mi fa stare bene, in pace con me stessa e con gli altri, perché è uno dei pochi ruoli sociali esistenti a risultarmi facili da ricoprire e in cui mi sento a mio agio. Almeno per un po'. Perché il problema è che, se ti comporti da buona, poi lo devi essere fino in fondo, senza dubbi, ripensamenti o scazzi vari. Cioè, se io ho appena detto a Jerry che per lui ci sarò sempre come amica, la prossima volta che lo vedo non posso prenderlo a calci in culo perché mi sono improvvisamente ricordata che mi ha tradita e mi ha mancato totalmente di rispetto, non solo come ragazza, ma prima di tutto come persona. Funziona così con Jerry: ci parlo e mi sembra di interagire con una persona del tutto diversa da quella con cui sono stata, ma non per modo di dire, è proprio come se fosse un altro tizio, non mi suscita nessun turbamento, non c'è nessuna tensione. Almeno finché non succede qualcosa, un rumore, una parola, una cazzo di battuta, che mi fa tornare in mente chi diavolo ho di fronte, e lì giuro che lo prenderei a sassate, così, dal nulla. Però no, non si può. Perché se hai la Sindrome di Gesù devi essere Cristo fino in fondo, col porgere l'altra guancia e tutto il resto. Non puoi solo goderti la fama di messia, devi anche farti crocifiggere o, più spesso, metterti in croce da sola.
Il mio rimuginare prende una piega mistica proprio quando entro in casa, forse il tutto è collegato al fatto che appena sono dentro mi levo le scarpe e alle sensazioni di estasi provate dalle mie estremità dopo una giornata in piedi. Agguanto il telefono senza neanche accendere la luce, noto qualcosa scritto sul blocchetto lì accanto, ma non lo prendo neanche in considerazione perché immagino sia un appunto di Meg che mi dice che Eddie mi ha cercata. Dopotutto avevamo un appuntamento telefonico circa... beh, un'oretta fa. Mi lascio cadere sul divano, anche se so che non è la cosa ideale da fare e sarebbe meglio raggiungere il letto, e compongo il numero a memoria sul tastierino, praticamente alla cieca.
“Pronto”
“Ciao Eddie, stavi dormendo?”
“Ovviamente no mia cara... Wallflower?”
“Eheh acqua, mi spiace!”
“Cazzo”
“Tanto non te lo dico”
“Tanto lo scoprirò lo stesso”
“Ah sì, e come?”
“Ho i miei metodi di convincimento, non lo sai?” sì, lo so eccome, ecco perché cambio argomento.
“Comunque stai diventando più imprevedibile, ero convinta che avresti risposto con 'E' già venerdì?' invece del pronto”
“Mi piace sorprenderti, micetta. A proposito, per caso è già venerdì?” domanda ridendo sotto i baffi, mentre io faccio per alzarmi di scatto dal divano e finisco invece per rotolare giù, sul tappeto.
“COME CA- AHI!”
“Tutto ok? Cosa è stato?”
“Niente niente. Scusa Eddie, come stracazzo mi hai chiamata?” gli chiedo mentre mi raddrizzo sul fianco, tenendomi la chiappa dolorante.
“Micetta, perché?”
“Perché, dice lui!”
“Stai parlando con qualcuno o è sempre il tuo solito pubblico immaginario?”
“Non farlo mai più”
“Dai, è carino”
“Questo lo dici tu”
“E poi a te piacciono i gatti”
“Mi piacciono tante cose, mi piacciono anche gli horror, ma non per questo mi farei chiamare Poltergeist... Anche se, pensandoci...”
“Non è male, ma preferisco micetta”
“Io preferirei qualsiasi cosa rispetto a micetta”
“Attenta a ciò che desideri”
“Ugh vuoi dire che potresti venirtene fuori con qualcosa di peggio?”
“Mettimi alla prova”
“Ma poi micetta non ha senso”
“Sì che ne ha”
“Perché mi piacciono i gatti?”
“Perché hai gli occhioni da gatta, sei dolce e tenera, ma sai tirare fuori le unghie quando serve... anche letteralmente. La mia schiena ringrazia eheh” è mezzanotte passata, io sono ancora stesa sul tappeto di casa mia e sto arrossendo.
“E' che non mi piacciono i nomignoli in generale” il meccanismo diversivo di difesa si inserisce da solo mentre cerco di rialzarmi.
“Regina ti piace però”
“Che c'entra, quello non è un nomignolo di coppia”
“Che cazzo dici, è il nomignolo di coppia per eccellenza!”
“Sì, ma nel nostro caso era una cosa tra amici” finalmente mi risiedo sul divano e d'istinto mi avvinghio a uno dei cuscini.
“Ahah amici un cazzo, fosse stato solo per amicizia il nomignolo sarebbe nato e morto quella sera”
“Ok, ma tecnicamente è nato in amicizia, quindi va bene” mi concentro sull'aspetto tecnico perché faccio ancora fatica a realizzare che Eddie abbia avuto questa... cotta (?) per me già da tempo. Cioè, razionalmente capisco che non ha ricevuto un'improvvisa illuminazione quella mattina alla stazione dei pullman di San Diego e che doveva per forza averci pensato anche prima. Ma la mia parte irrazionale ancora non si capacita del fatto che Eddie stia con la sottoscritta, figuriamoci concepire che possa aver covato il suo interesse per me per mesi.  
“Va beh, va beh, cosa c'è che non va in micetta?”
“E' troppo... è troppo zuccheroso”
“E' un nomignolo, deve essere dolce, o meglio, tendenzialmente è così”
“E' stupido”
“Che ti aspettavi da uno stupido come me, micetta?”
“Uff ti sei proprio fissato eh?” alzo gli occhi al cielo e so già che questa non la vincerò neanche per sbaglio.
“Secondo me non è che non ti piace, è solo che ti imbarazza, per non so quale strano motivo a me sconosciuto”
“Non è vero” ribatto strizzando il cuscino.
“Invece sì”
“Invece no”
“Lo sai che ti cambia il tono della voce quando colpisco nel segno?”
“Ahah cosa... di che diavolo stai parlando?”
“Niente. Se mi lasci usare micetta, ti permetto di chiamarmi come vuoi”
“Ahahah cioè, vuoi introdurlo proprio come vezzeggiativo ufficiale! Dì la verità, ci stavi lavorando già da tempo, ammettilo”
“No, mi è uscito così senza pensarci. E magari me ne sarei dimenticato un secondo dopo, se tu non avessi avuto quella reazione stupenda”
“In pratica, è colpa mia”
“Come sempre, mia regina”
“Regina o micetta, deciditi”
“E perché mai? Puoi essere tutt'e due. Anzi, lo sei”
“Se per sbaglio quella parola esce dalla tua bocca in presenza di uno dei nostri amici sei-”
“HA! Allora è quello che ti terrorizza? Che possa arrivare alle orecchie dei ragazzi?”
“Se succede una cosa del genere sei morto, sappilo”
“Sei troppo preoccupata dell'opinione degli altri, lasciatelo dire”
“Ma non morto nel senso che ti faccio il culo, ti meno o ti uccido letteralmente. Semplicemente da quel momento in poi cesserai di esistere per me, celebrerò mentalmente il tuo funerale, piangerò un pochino, dopodiché non ti rivolgerò mai più la parola né riconoscerò più la tua presenza in alcun modo”
“Ti ho mai detto che ti adoro quando sei così teatrale?”
“Ti ho mai detto che le mie minacce sono sempre reali?”
“Ok, ok, prometto che non userò mai quel nome se non quando siamo soli soletti. Così va meglio?”
“Sì” lo dicevo che questa non l'avrei vinta.
“Grazie, micetta. Tu come mi vuoi chiamare invece?”
“Io ti chiamo Eddie, punto”
“Guarda che mi va bene anche un nomignolo non zuccheroso”
“Ed?” ebbene sì, è il massimo che riesco a fare.
“Ahahahahah”
“Che cazzo ridi?” in realtà adoro quando ride, specialmente quando mi prende per il culo, ma non è necessario che lui lo sappia.
“Wow, non sarà troppo intimo? Non so se me la sento di permetterti di chiamarmi Ed”
“Vaffanculo, Ed”
“Specialmente davanti agli altri”
“Non è una cosa che puoi decidere a tavolino, ti viene spontaneo chiamare una persona in un altro modo, anche tu l'hai detto, no? Quando mi verrà di chiamarti con un vezzeggiativo idiota, lo saprai”
“Va bene. Allora, è già venerdì?”
“No, mancano ancora due giorni”
“Tecnicamente uno, la mezzanotte è passata da un pezzo”
“Allora se lo sai già, perché me lo chiedi?”
“Volevo vedere se eri attenta”
“Comunque vedi che succede a furia di sparare cazzate al telefono? Finisce che il tempo passa in fretta”
“Era il mio obiettivo fin dall'inizio. Comunque avremmo potuto spararne anche di più se non te la fossi presa comoda, io ero qui ad aspettarti dalle undici e mezza”
“Non me la sono presa comoda, sono arrivata a casa adesso. Cioè, neanche un minuto prima di chiamarti”
“Roxy ti fa fare gli straordinari? Questa cosa che ti fa fare sempre la chiusura però non la capisco, si chiamano turni per un motivo, no?”
“Non la faccio sempre. E questi orari li ho chiesti io perché per me sono più comodi per una serie di motivi. Comunque stavolta sono uscita quasi puntuale, ho perso tempo dopo, anche se non lo definirei tempo perso, visto che ho avuto un'anteprima esclusiva!”
“Ah sì? Che hai fatto?”
“Ho ascoltato un paio di demo degli Alice che andranno nel prossimo disco. Cioè, questo lo dico io, perché sono una bomba, anche se Jerry non è del tutto convinto. Ma quello è normale, perché lui non capisce un cazzo” altro autore perfezionista del cavolo come Eddie, tra di loro dovrebbero intendersi in questo senso.
“Jerry? L'hai visto? E' venuto alla tavola calda?” in barba all'intesa da me supposta, l'adorabile e giocoso Eddie scompare all'istante e nel momento stesso in cui pronuncia il nome di Jerry capisco che sta per incazzarsi esattamente come l'altra sera.
“No, l'ho beccato dopo il lavoro”
“Beccato dove? Sei andata da qualche parte dopo il lavoro e-”
“Oh no, l'ho incontrato per strada”
“Per strada?”
“Sì”
“Per strada davanti a Roxy's alle undici di sera di un mercoledì?”
“Sì” la conversazione sta lentamente scivolando nell'interrogatorio.
“E che ci faceva lì?”
“Non lo so, era in giro, non gliel'ho chiesto”
“Chiedilo a me”
“Eheh cosa?” non sono scema, non è che mi metto a ridere sapendo che Eddie avrà il fumo che gli esce dalle orecchie a questo punto. E' più un ghigno nervoso che non riesco a trattenere.
“Chiedilo pure a me, te la do io la risposta”
“Eddie io-”
“Chiedimelo” Eddie sa convincermi, anche se preferisco gli altri suoi metodi, quelli più piacevoli.
“Ok, che ci faceva lì Jerry?”
“E' venuto apposta per vederti, mi pare ovvio”
“Non è venuto apposta” sì che è venuto apposta, ma quello che voglio dire è che non è venuto apposta con l'idea di riconquistarmi, come crede Eddie. E' solo venuto a cercarmi perchè non sapeva da chi altro andare.
“Va beh, e poi?”
“E poi cosa?”
“E poi cosa è successo, che avete fatto, dove siete andati? Dove te l'ha fatto sentire QUESTO CAZZO DI DEMO?” le grida di Eddie attraverso la cornetta mi fanno sobbalzare sul divano.
“Sì, ma stai calmo, perché alzi la voce?”
“PERCHE' MI VA”
“Eddie”
“Perché io ero qui ad aspettare di parlare almeno al telefono con la mia ragazza, visto che non potevamo vederci di persona, mentre lei era in giro col suo ex”
“Non ero in giro”
“Sei andata direttamente a casa sua?”
“No”
“E' venuto lui da te? Magari gli hai fatto anche il caffè”
“Siamo stati in macchina il tempo di sentire due canzoni di numero e poi mi ha portata a casa” ignoro il suo sarcasmo perché se non lo facessi finirei per rispondere col mio e non ne usciremmo vivi.
“In macchina”
“Sì, dove me la faceva sentire la cassetta secondo te? Nessuno è andato a casa di nessuno e Jerry non va mica in giro con il boombox sulla spalla” eccolo, il mio sarcasmo non ha resistito, questa discussione non può finire bene.
“In macchina” ripete con lo stesso tono sprezzante.
“Sì, in macchina”
“E dove vi siete imboscati? Visto che il vecchio parcheggio è off limits...”
“Non ci siamo imboscati da nessuna parte, eravamo lì, sulla strada. E' finito l'interrogatorio?”
“No. Vi siete baciati?”
“MA FIGURATI, SECONDO TE??” mi viene da urlare, ma allo stesso tempo non voglio reagire con troppa veemenza e dargli l'impressione di essere stata punta nel vivo e che sia successo davvero qualcosa con Jerry.
“Non lo so, se no non te l'avrei chiesto”
“Davvero non lo sai? Cioè, tu seriamente pensi che io potrei baciare Jerry? E che soprattutto, dopo averlo fatto, ti chiamerei e mi metterei a parlare di gatti, poltergeist, nomi e nomignoli come se niente fosse?”
“Non lo so, Angie, so solo che il tuo ex si è fatto vivo con la scusa del demo e tu non hai resistito. E a giudicare dalle tempistiche, non penso proprio che tu abbia ascoltato due canzoni e poi sia filata dritta a casa, a meno che gli Alice in Chains non si siano dati a pezzi prog da 15 minuti l'uno”
“Abbiamo parlato”
“Di cosa?”
“Di cose personali”
“Ah beh allora! Perfetto, non ho assolutamente motivo di arrabbiarmi! Hai visto il tuo ex e avete parlato dei vostri segreti, ora sì che sono tranquillo!”
“Cose personali sue, che non riguardano me”
“Oh perché ora tu sei la confidente preferita di Jerry, giusto. Perché non va a raccontare i cazzi suoi alle tipe che si scopava alle tue spalle?” beh, wow, complimenti per il tatto, Eddie... Resto interdetta per alcuni secondi prima di rispondere.
“E io che ne so? Magari lo fa già, magari no. Perché lo chiedi a me, io cosa c'entro, scusa?”
“C'entri perché sei la mia ragazza, non la sua, se te lo fossi dimenticato”
“Non me lo sono dimenticato, ma forse tu sì, visto come mi stai trattando” va bene mantenere la calma, ma io non ho fatto niente, perché dovrei stare sulla difensiva? Non mi piace per niente quando fa così.
“Vero, sono io che faccio lo stronzo, dopotutto ti sei solo vista da sola con Jerry, mica mi dovrei incazzare”
“Senti, te l'ho detto io che ho visto Jerry, di mia iniziativa, senza che tu sapessi un cazzo. Se non ti avessi detto niente non l'avresti mai saputo. E invece io te l'ho detto, perché non ho niente da nascondere e non ho fatto niente di male” litigare è una delle cose che odio di più e che rifuggo come la peste. Non mi piace litigare, mi mette ansia, anche quando ho ragione, ed è per questo che spesso faccio finta di niente e chiudo gli occhi e le orecchie anche quando non dovrei, anche quando avrei qualcosa da ribattere, perché semplicemente non ho voglia di casini e voglio stare tranquilla. In questo caso, però, non riesco proprio a stare zitta, quindi cerco di farlo ragionare.
“Ok, ascolta, io ci credo che non hai fatto niente, che non è successo niente, mi fido di te. Ma non mi fido di lui? Non lo capisci che lo fa apposta? Era un pretesto del cazzo per vederti” Eddie smette di trattarmi di merda per un attimo, ma questo non è che mi faccia sentire poi tanto meglio.
“Non era assolutamente così, ma anche se lo fosse, io non c'entro nulla. Mi ha chiesto di ascoltare un paio di pezzi e dargli un parere, morta lì”
“Potevi dirgli di no. Potevi dirgli che dovevi andare a casa, che avevi un impegno. Che poi ce l'avevi davvero l'impegno, con me”
“Onestamente non ci vedo nulla di male nell'ascoltare due canzoni e un mezzo sfogo di un amico, quindi non vedo perché avrei dovuto dirgli di no” l'impegno che avevo con te era una telefonata, non casca certo il mondo se ti chiamo un po' più tardi, no?
“Forse perché non è un amico, ma è il tuo fottuto ex?”
“Proprio perché è il mio ex, non vedo perché devi essere geloso. E' acqua passata, una storia chiusa con un sacco di pietre messe sopra. Se sei geloso, il problema è tuo” se c'è una cosa che non sopporto è la gelosia, non la tollero, è stupida, è-
“Se non vedi qual è il problema, sei tu il problema. Buona notte” c'è bisogno che il segnale di occupato vada avanti per un po' prima che io capisca che Eddie mi ha letteralmente attaccato il telefono in faccia. Sono incredula, non solo per questo gesto, ma per tutta la situazione. Che cazzo è successo? Come siamo passati da una tranquilla telefonata a una lite accesa nel giro di un minuto? Perché si è arrabbiato così tanto? Non so cosa fare, aspetto qualche minuto, poi provo a richiamarlo, ma il telefono squilla a vuoto, senza risposta.
“CHE CAZZO! Angie, che diavolo ci fai lì?” la luce della sala si accende di colpo e l'improvvisa vista della mia sagoma sul divano terrorizza la mia amica.
“Ciao, Meg, scusa”
“Scusa un cazzo! Ok, dichiaro ufficialmente terminato il campionato di Spaventa a morte la tua coinquilina. Hai vinto tu e stop, mi arrendo” si avvicina tenendosi una mano sul cuore e io so già che ora si siederà con me, capirà in un nanosecondo che c'è qualcosa che non va, io inizialmente non le dirò un cazzo, poi, inevitabilmente, le spiattellerò tutto, lei mi consolerà, insulterà Eddie, poi Jerry, poi mi dirà che non è niente di irreparabile, mi darà dei consigli che mi sembreranno senza senso, ma che alla fine risulteranno azzeccati e tutto si sistemerà. Forse.
“Scusami, stavo telefonando”
“Ah, hai richiamato la tua amica, allora?” mi chiede Meg, disorientandomi totalmente. Come se non fossi già abbastanza confusa.
“La mia amica?”
“Sì, Jane, la tua ex compagna di scuola. Ti avevo lasciato un appunto...” Meg si allontana saltellando e torna da me con il blocchetto che avevo notato accanto alla base del cordless. Mi basta quel nome, prima pronunciato da lei e poi scritto a chiare lettere sul foglio giallo, per tornare immediatamente padrona di me stessa.
“Sì sì, infatti, l'ho appena richiamata, grazie” mi alzo dal divano e prendo il blocco delicatamente, ma con fermezza, dalle mani di Meg, prima di staccare la pagina incriminata.
“E' tutto ok? Mi sembrava una cosa urgente”
“Ahahah per Jane è sempre tutto urgente! Nah, voleva solo darmi la notizia che finalmente ha trovato lavoro. E darmi il suo nuovo numero, ora che si è sistemata” prendo la borsa e infilo il foglio di carta nella mia agenda, per non perderlo. O almeno, questa è l'idea che voglio dare a Meg. Io questo numero ce l'ho già, ma sotto sotto, mi piacerebbe tanto perderlo.
“718... uhm... che prefisso è, Texas?”
“New York”
“Hai un'amica nella Grande Mela? Che figata! E che fa di bello?”
“Fa la modella. Il suo sogno è fare l'attrice” sarebbe più corretto dire che il suo sogno è essere famosa, anzi, essere adorata. Da tutti, possibilmente. Ma non mi sembra necessario aggiungere questo dettaglio, non so neanche perché ne sto parlando con Meg.
“Un giorno sarai tu a dirigerla allora? Un'attrice e una regista: la squadra perfetta!” la mia coinquilina manifesta un entusiasmo che cozza un po' col mio umore, ma non posso darlo a vedere.
“A parte che preferirei scrivere e non dirigere, tranquilla che ne ho di panini da servire ancora prima di arrivare a quel punto” chiudo la borsa, me la rimetto a tracolla.
“Come mai non mi hai mai parlato di questa Jane? E' la prima volta che la sento nominare, pensavo avessi solo tre amici in croce” non demorde e mi segue fino in corridoio.
“Infatti, confermo i mitici tre. Jane non è proprio un'amica, è più... è una conoscenza più superficiale”
“Però è carina a mantenere i contatti, dai” sì, certo, carinissima.
“Sì, è una brava ragazza” credo che vomiterebbe se mi sentisse dire questo di lei.
“Che fai? Esci?” Meg mi blocca quando, anziché andare verso la mia camera, come si aspettava, faccio per aprire la porta di casa.
“Sì, ho finito le sigarette. Me ne ero dimenticata, cazzo. Mi tocca uscire di nuovo, ma ci metto un attimo”
“E non puoi stare senza fumare?”
“No, decisamente no, Meg, fidati”
Esco invitandola a tornare a dormire, dicendole che ho con me le chiavi e che non serve aspettarmi. Scendo le scale in un lampo e quando sono fuori dal condominio, do un'occhiata alle finestre del quarto piano. Le luci sono di nuovo tutte spente. Meglio così, non è necessario fare il giro dell'isolato. Mi infilo nella cabina sotto casa, inserisco una ad una le monete nel telefono a gettoni come se pesassero una tonnellata ciascuna e compongo il numero che è chiuso nella mia agenda, ma che non mi serve tirare fuori, perché lo so a memoria da anni ormai.
“Pronto”
“Che ti serve?”
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“E' ancora presto, cazzo” dico tra me e me guardando l'orologio, che segna le otto meno un quarto. Che poi, dovrei buttarlo questo cazzo di orologio. O rivenderlo. L'avevo detto anche ad Angie, chiedendole se le dava fastidio, ma lei mi aveva guardato come se fossi matto e mi aveva chiesto perché. Non le importa che io abbia al polso ogni santo giorno l'orologio che mi ha regalato una che aveva una cotta per me, una ragazza che ho persino baciato. Angie non sa cosa sia la gelosia, quell'angoscia che nasce dalla pancia e ti arriva subito alla testa, che ti fa vedere tutto nero, che ti toglie il respiro, come un mostro marino che emerge dall'oceano e ti sorprende mentre stai nuotando, ti avvolge e ti immobilizza con i suoi tentacoli, che ti convince che ormai è tutto perduto. Angie non ci pensa nemmeno, non ci ha pensato ieri sera, quando ha incontrato Jerry, e neanche quando me l'ha detto, candidamente, come se fosse una cosa normale. Perché per lei è normale. Perché è probabile che sia normale per tutti tranne che per me, lo stronzo instabile, che è qui sotto casa della sua ragazza dalle sei del mattino, in attesa che venga fuori per poterle chiedere scusa e salvare la situazione. Non avevo intenzione di svegliarla così presto e sapevo che non sarebbe uscita a quell'ora, ma non ce la facevo più a stare a casa, dopo una nottata insonne in cui sono passato, anche piuttosto velocemente, dalla rabbia alla realizzazione della cazzata appena fatta. Esco di nuovo dal pick up. Sarò sceso e salito cinque o sei volte in un paio d'ore e ci saranno i mozziconi di un intero pacchetto di sigarette su questa merda di marciapiede. Non piove, ma l'aria è fresca, io però sto sudando. Allungo la mano attraverso il finestrino lasciato aperto per metà, recupero il mio cappellino dal sedile e lo indosso. Mentre sono impegnato a raccogliere tutti i capelli alla bene e meglio sotto il berretto, sento il portone aprirsi e la vedo uscire, intenta a sistemarsi la sciarpa voluminosa attorno al collo per proteggersi dal vento. Non mi guarda, ma viene verso di me, e io non mi devo neanche impegnare a fare la faccia contrita, perché solo rivederla per me è un tuffo al cuore e sono sicuro che la mia espressione naturale sia già quella giusta. Sto quasi per chiamarla per nome quando, anziché proseguire dritta nella mia direzione, gira alla sua destra e se ne va chissà dove. Non mi ha visto? Mi ha visto e mi ha ignorato apposta, poco importa. Butto l'ennesima cicca a terra e la seguo.
“Angie” si inchioda di colpo, segno che no, forse non mi aveva visto. Si volta verso di me e letteralmente mi squadra da capo a piedi, prima di fermarsi sui miei occhi e rispondere con un cenno.
“Ciao Eddie” si volta di nuovo e riprende a camminare, stavolta più lentamente.
“Lo so che sei arrabbiata, hai tutte le ragioni per esserlo” la raggiungo e cammino accanto a lei, che affonda la faccia nella sciarpa, quasi a volersi nascondere.
“Io non sono arrabbiata. Eri tu quello incazzato, mi pare”
“Mi sono incazzato per niente, Angie, scusami. Ti chiedo perdono”
“Eri una furia”
“Lo so, lo so, sono stato uno stronzo”
“Mi hai attaccato il telefono in faccia e non mi hai neanche risposto quando ti ho richiamato”
“Meglio così! Credimi! Ero fuori di me, chissà cosa avrei potuto dire” ecco forse questo era meglio non dirlo.
“Ok, allora meglio così” Angie alza le spalle e accelera impercettibilmente il passo.
“Angie, possiamo fermarci un secondo, ho bisogno di parlarti per bene, non così, mentre camminiamo”
“Ho delle cose da fare, devo passare in banca e fare altre commissioni prima di andare in facoltà”
“Ci vorranno solo due minuti, Angie, per favore. Fammi parlare, non ci ho dormito tutta la notte” le circondo le spalle con un braccio, delicatamente, indirizzandola verso la prima panchina che mi capita a tiro.
“E dov'è la novità?” mi chiede con un sorriso un po' spento. Mi sa che non ha dormito neanche lei granché.
“La novità è che stavolta è colpa mia.” faccio un cenno verso la panchina “Ti prego”
“Ok, solo due minuti però” alza gli occhi al cielo e si arrende, sedendosi con me.
“Allora... beh, come avrai intuito, ho un piccolo problema con la gelosia” inizio a confessare.
“No! Davvero?” mi rivolge il suo solito sorrisetto sarcastico e mi sento un pochino meglio perché forse c'è la possibilità che io non abbia mandato tutto a puttane.
“Sono geloso. Ed è un mio problema, come hai detto tu ieri, avevi ragione, hai ragione. Nel senso che tu non hai fatto niente, tu non fai mai niente, è una cosa mia, non c'entrano le cose che fai o come ti comporti o cazzate del genere. Potresti non uscire mai di casa e io sarei geloso del fattorino che ti porta la pizza perché, che cazzo ne so, ti sorride un po' troppo quando gli lasci il resto di mancia”
“Beh, sì, visti i guadagni da fame, qualcuno potrebbe anche innamorarsi per una mancia, ci posso credere” Angie continua a prendermi per il culo e ammetto che la cosa mi fa sentire sempre più a mio agio.
“Il fatto è che nove volte su dieci il pensiero arriva, mi genera fastidio per quei due secondi, e poi se ne va e non ci penso più. Insomma, il più delle volte lo tengo a bada, ignoro le voci nella mia testa, e continuo con la mia vita come se niente fosse”
“Non stiamo parlando di vere voci, giusto?”
“Eheh no, voci della coscienza”
“Ah ok. E invece che capita nell'unica volta su dieci?”
“Capita che perdo la testa e dico cose che non penso”
“Sicuro che non le pensi?”
“Angie, no, non le penso. Perdonami, non succederà più, te lo prometto” provo a prenderle le mani, un po' timidamente, ma lei mi lascia fare e non si allontana da me.
“Come fai a prometterlo? Se perdi il controllo, come dici, come puoi evitarlo?”
“Posso evitarlo perché voglio evitarlo, perché tu sei più importante, di tutto”
“Eddie, ascoltami,” Angie si gira un po' di più verso di me, sempre tenendo le mani nelle mie “posso capire la tua gelosia. Cioè, non la accetto, non la giustifico, ma posso capire come funziona, ne intuisco il meccanismo e i motivi scatenanti. So che devi sentirti insicuro, anche se non ho la più pallida idea di come sia possibile, visto che sei un ragazzo eccezionale e che non ti lascerei mai”
“Magari c'è qualcuno più eccezionale di me...”
“Chi? Jerry Cantrell?” Angie non perde tempo e va dritta al punto.
“Deve pur avere qualcosa di buono se ti ci sei messa assieme. E se gli sei ancora amica, dopo che... beh, dopo il male che ti ha fatto”
“Certo che c'è del buono in lui, ma nulla di un potenziale fidanzato. Non più. E non so più come dirtelo per fartelo capire”
“E allora perché ci parli ancora? Non voglio dire che non devi parlargli, non sono quel tipo di ragazzo, che ti proibisce cose o ti dice chi devi frequentare o dove puoi andare o stronzate del genere. Solo, non capisco davvero come tu possa farlo, cioè, se Beth saltasse fuori dal nulla e mi cercasse dicendomi che ha bisogno di parlare con qualcuno, le risponderei con un bel dito medio”
“Io non sono te” la risposta è tanto immediata quanto semplice.
“Eheh lo so. E meno male, aggiungerei”
“Non so che altra spiegazione darti, per me è così. Prima di provarci era un amico e quello che è successo tra noi come coppia non ha cambiato le cose. Cioè, detto onestamente, io pensavo di sì, che le avrebbe cambiate, ma poi col passare del tempo mi sono resa conto che per me Jerry è tornato ad essere né più né meno quello che era prima: un amico”
“Mi sembra incredibile, è come se scindessi le due cose”
“Non è come se, è esattamente così. Io divido le due cose, i due rapporti, i due Jerry. C'è Jerry il mio ex e Jerry l'amico, il primo non c'è più, è rimasto l'altro” Angie fa spallucce come se spiegasse la cosa più ovvia del mondo, io non ci provo neanche a capire e non so se crederci o meno. Ma devo sforzarmi se voglio che questa cosa funzioni e non naufraghi quando è praticamente appena cominciata.
“E' un concetto molto lontano dal mio modo di vedere, ma... posso capirlo”
“Stessa cosa per me con la tua gelosia. E' un concetto molto, molto lontano da me, ma lo capisco. Quello che non ammetto è il modo in cui mi hai trattata perché eri geloso”
“Lo so, Angie, scusami”
“Mi hai detto delle cose bruttissime. E con un tono... il tono era davvero cattivo, come se cercassi di farmi male il più possibile”
“Te l'ho detto, sono scattato per una cazzata”
“Secondo me il tuo problema non è la gelosia, ma la rabbia. Appena tii senti in pericolo attacchi, alla cieca. Non è la prima volta che lo fai, ma a questi livelli no, non era mai successo” colpito e affondato. Angie mi conosce da nemmeno sei mesi, sta con me da qualche settimana e mi ha già inquadrato in tutto e per tutto.
“Lo so, è un casino. Io sono un casino.” mi lascio andare, appoggiando la testa sul suo grembo, senza mollarle le mani “Speravo non vedessi mai questo lato del mio carattere” illuso, era ovvio che saltasse fuori subito, con una maggiore intimità.
“Anch'io sono un casino, tutti lo siamo. Ma quando si tratta di ferire deliberatamente una persona, con cattiveria beh, io lì tiro una riga e segno il mio limite. Cosa me ne faccio dei nomignoli zuccherosi se poi sfoghi le tue frustrazioni su di me?” lo sapevo, mi sta lasciando. Mi ha sopportato anche troppo in fondo.
“E' finita, vero?”
“COSA? Di che stai parlando?” Angie libera le sue mani dalle mie e mi prende la testa, girandola e obbligandomi a guardarla.
“Non vuoi mollarmi?”
“Eheheh chi è quello teatrale adesso?” mi spinge di nuovo la testa in basso, mi leva il cappello, se lo mette in testa e inizia a spettinarmi per gioco.
“Hai detto che quello è il tuo limite...”
“Secondo te ti mollo per una lite del cazzo?”
“No?” sono salvo?
“La prossima volta, quando ti incazzi per qualcosa, prima di insultarmi, fai un bel respiro profondo e parlane francamente, dimmi cosa non va, di cosa hai paura e come posso aiutarti. Oppure insultami, ma solo se me lo merito o se pensi ci sia una valida ragione. Insomma, ci sta discutere, cazzo, ci sta anche litigare, anche se io detesto litigare e farei qualsiasi cosa pur di evitarlo, ma ammetto che ci sta, se c'è un motivo. Ecco, io voglio avere la libertà di litigare con te senza rischiare un crollo emotivo ogni volta, ok? Perché, come ti ho già detto, anch'io sono un casino, proprio come te, anch'io ho i miei problemi, che credi. Non vedi quanto ci metto a esternare un cazzo di sentimento che sia uno? Da un lato ti invidio, sai?” quello che dice mi lascia inizialmente senza parole perché è così... maturo. Io sono qui a piagnucolare, mentre lei ha analizzato la situazione razionalmente e sta semplicemente dicendo le cose come stanno.
“Mi invidi? Pensi che essere schiavo delle proprie emozioni sia meglio? Ogni volta è come lanciare in aria una cazzo di monetina, fai un tiro e non sai che cosa verrà fuori: come sto oggi? Sto bene? Sto male? Sono felice? Sono incazzato? Jeff e Stone potrebbero scommetterci su” mi rimetto a sedere come una persona normale e mi accorgo di avere una stringa semi-slacciata.
“Beh, le mie monetine non vengono mai lanciate, le infilo nel salvadanaio, una dopo l'altra, e lì rimangono. Almeno finché non arriva Natale e bisogna rompere il salvadanaio e allora BAM! Escono fuori tutte assieme” faccio per allacciarmi la scarpa, quando Angie si intromette, le allaccia per me mentre parla, e poi mi riprende le mani nelle sue.
“Mi presti il tuo salvadanaio?” le chiedo prima di ricevere quel bacio che temevo di non avere più.
“Sì, solo se mi fai lanciare le tue monetine ogni tanto” mi sorride e ora ne ho la certezza: sono salvo.
“Scusami, Angie, davvero”
“Non mi serve che ti scusi, mi serve che non fai più lo stronzo”
“Va bene”
“E che se qualcosa non va me lo dici e ne parliamo, come due persone adulte”
“Ok”
“Perché non sono il tuo pungiball”
“No, sei la mia...” aspetto che capisca cosa voglio dire e risponda alla provocazione. Finalmente si gira di scatto e mi guarda malissimo, proprio come piace a me.
“Non ci provare”
“Perché? Hai detto che potevo”
“Non in pubblico”
“Ma se non c'è nessuno” mi guardo attorno e c'è giusto qualche passante che non ci calcola minimamente.
“Pensi che se non ti ho mollato per la piazzata di ieri non ti mollerò se mi chiami micetta? Potrei stupirti”
“HA! L'hai detto tu. Dicendolo l'hai automaticamente accettato come nomignolo ufficiale”
“E chi lo dice?”
“Io, micetta” le rispondo nell'orecchio, perché va beh rischiare, ma non voglio neanche tirare troppo la corda.
“In cosa mi sono andata a cacciare” Angie alza gli occhi al cielo per l'ennesima volta e credo che con me diventerà un'abitudine.
“Non ne hai idea, credimi”
“Non voglio più litigare con te”
“Io invece non vedo l'ora”
“Ahah che?”
“Solo con te un litigio può trasformarsi in un confronto a cuore aperto sulle emozioni, i sentimenti e la maniera di gestirli. Mi piace parlare di queste cose con te, mi piace parlare con te, mi piaci tu”
“Anche tu mi piaci,” Angie mi stampa un bacio sul naso e poi si alza “però adesso devo proprio andare”
“Ah allora non era una scusa per evitarmi? Hai da fare sul serio?” mi alzo anch'io e scherzo, facendo finta di non badare al fatto che mi ha appena detto che le piaccio, senza imbarazzarsi, senza che glielo abbia chiesto o che abbia cercato di estorcerle questa confessione con la tortura.
“Sì e mi devo muovere”
“Ma quando finiscono le lezioni?” sbuffo recuperando il mio cappello dalla sua testa e rimettendolo sulla mia.
“Domani è l'ultimo giorno”
“Finalmente! Cos'hai di vacanza, una settimana?”
“Dieci giorni”
“Ancora meglio... senti, stavo pensando... cioè, in realtà non ci avevo pensato prima, ci sto pensando adesso. Che ne dici se andassimo via qualche giorno, io e te?” le prendo di nuovo le mani, o meglio, i polsi, e ne accarezzo l'interno. Lo so che le piace.
“Via dove?”
“Dove vuoi tu. Per staccare e stare un po' da soli, ti andrebbe?”
“Non so, non sarai preso col film e la registrazione dell'album?”
“Appunto, potremmo fare questo weekend, che ne dici? Mi girano le palle che sarò impegnato proprio quando tu sarai a casa e potremmo vederci di più”
“Non lo so, Eddie. In realtà avevo già dato la disponibilità sia a Roxy che ad Hannigan per fare qualche ora in più sia nel weekend che in settimana, sai, per mettere da parte qualcosa” il suo sguardo si abbassa troppo spesso perché non ci sia qualcosa che non va.
“Oh ok... ma va tutto bene?” la scuoto un po' invitandola a guardarmi, oltre che a parlare sinceramente.
“Certo, perché?”
“Non so, non è che hai bisogno di soldi?”
“Ahahah e chi non ne ha bisogno?” Angie si stacca da me e mi fa cenno di riavviarmi assieme a lei.
“Eheh no, intendo, che magari hai qualche problema e ti servono i soldi”
“Il mio problema è il solito: pagare le bollette, l'affitto, il college e i libri. O le fotocopie dei libri, anche quelle costano” camminiamo vicini mentre Angie conta le sue spese sulle dita della mano.
“Beh, ma ti aiutano i tuoi, no? Tuo padre non mi da l'idea di essere il tipo che s'incazza se non gli mandi la tua parte all'inizio del semestre, ma un po' più tardi”
“Non c'entra, è una questione di principio, se prendo un impegno lo mantengo”
“Certo e questo è bellissimo. Ma non c'è niente di male nel chiedere aiuto quando si ha bisogno” proseguo e non mi accorgo subito che Angie si è fermata poco più indietro.
“Ecco, questo me lo dovrei tatuare, così magari inizierei anche a farlo prima o poi” mi giro e la vedo ferma sul primo gradino della scalinata della banca.
“Tutti vengono da te quando hanno bisogno, tu invece?” la raggiungo e l'abbraccio.
“Io invece chiamo te se ho un ragno in casa”
“Puoi chiamarmi anche per il resto, lo sai vero?”
“Grazie.” mi bacia ancora e stavolta non può fare a meno di guardarsi attorno per controllare che non ci sia nessuno di nostra conoscenza nei paraggi “Comunque è tutto ok, solo necessità di tutti i giorni, non ti fare strane idee, davvero”
“Ok”
“Ora devo andare sul serio però. Ti posso chiamare a pranzo?”
“Non me lo devi chiedere”
“Correggo la mia domanda: ti trovo a casa a pranzo?”
“Sì”
“Ci sentiamo dopo allora, buona giornata” mi stampa un altro bacio troppo veloce e se ne va troppo in fretta.
“A dopo... Whirpool??”
“Acqua!”
'Se qualcosa non va me lo dici e ne parliamo' così mi hai detto. Spero tu lo sappia che vale anche per te.
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Capitolo 56 - Segreti, mix tape e gelosia
Nel capitolo precedente: la serata speciale organizzata da Angie si è rivelata per lei un disastro e si sta concludendo in maniera ancora peggiore, dato che Eddie non sembra interessato a fare sesso con lei. Alla fine però i due si chiariscono e fanno l'amore per la prima volta. Angie resta ancora però ferma nella sua decisione di non dire niente agli amici. Lo scopriamo quando raggiungono Jeff, Stone, Grace, Mike e Cornell al solito pub. Jeff li vede arrivare assieme in macchina, ma entrare in momenti diversi nel locale per non dare nell'occhio. Dai suoi pensieri scopriamo che li aveva visti anche quando Angie era andata da Eddie a portargli la torta, sorprendendoli in atteggiamenti affettuosi. Il bassista se n'era andato per non metterli in imbarazzo. Grazie anche ai suggerimenti degli amici, Jeff riesce a mettere insieme i titoli del finto demo di Cliff Poncier, il protagonista del film di Cameron Crowe, e sfida Chris a scrivere davvero quelle canzoni.
***
“L'ha steso?”
“Sì, è andato giù come un sacco di patate. Ed era un sacco bello grosso” Angie molla per un attimo la mia mano, giusto il tempo di mimare la stazza approssimativa del tizio, poi la stringe di nuovo, mentre camminiamo verso la sua macchina.
“Con un pugno?”
“Ad essere precisi, due”
“Visto quello che ti ha detto, io gliene avrei dati di più” ubriaco o no, se tocchi una donna sei una merda e se mi capiti a tiro sei morto.
“Avresti infierito su un sacco di patate inerme?”
“Nah, hai ragione: scarsa soddisfazione. Comunque hai capito Meg, tipa tosta”
“Già... e pensare che all'inizio credevo fosse una fighetta insipida”
“Cosa? Tu? Tu che hai un pregiudizio? Non è possibile!” mi diverto a stuzzicarla. Quando le ho espresso dei pregiudizi molto simili sul conto di Violet mi ha fatto sentire una merda.
“Eheh sì, lo ammetto, ho sbagliato anch'io: errare è umano. Comunque è così che abbiamo fatto amicizia ed è iniziato tutto”
“Esempio di come da una brutta storia possa nascere qualcosa di buono”
“Vedi, quindi anche quel tizio qualche merito ce l'ha avuto dopo tutto” quando arriviamo alla sua Mini, Angie mi prende anche l'altra mano e si appoggia al paraurti tirandomi a sé.
“Merito un cazzo. E' successo una vita fa e io neanche c'ero e mi prudono lo stesso le mani dalla voglia di pestarlo a dovere” probabilmente portarmi a mangiare Thai nel quartiere universitario la fa sentire abbastanza al sicuro da possibili avvistamenti da parte dei nostri amici.
“Non ti agitare” cerca di calmarmi con un bacio e diciamo che ci riesce benissimo, ma non è necessario che lo sappia.
“Uhm... sono ancora un po' agitato” le dico dopo aver fatto un po' di scena, schioccando le labbra e la lingua come fanno i sommelier dopo un sorso di vino.
“Ahah dai, andiamo” me ne stampa un altro veloce e apre la portiera, mentre io faccio il giro per salire dall'altro lato.
“Angie, io sono l'ultimo a poter dare lezioni sullo stradario di Seattle, ma non dovevamo girare a sinistra?” le domando dopo la svolta al secondo semaforo.
“Oh... ma... perché tu vuoi tornare a casa, giusto?” stava allungando la mano verso il vano porta oggetti, ma si blocca, come se l'avessi beccata a combinare qualcosa e li vedo anche nel buio dell'abitacolo i suoi occhioni improvvisamente tristi.
“No, cioè, non per forza”
���Perché pensavo che è ancora presto e...” rimette entrambe le mani sul volante e contemporaneamente si stringe nelle spalle.
“Infatti, è presto” è sempre troppo presto per me quando è ora di salutarla.
“Pensavo... così... di fare un giro”
“Va bene”
“Ma se vuoi ti porto a casa”
“No, non voglio andare a casa”
“Non ti ho chiesto neanche se domattina hai da fare”
“Non ho un cazzo da fare domattina, Angie”
“Magari sei stanco”
“Non sono stanco”
“Appena posso faccio inversione”
“Angie?” le prendo la mano destra dal volante e ne bacio il palmo.
“Sì?”
“Portami in giro”
“Ok”
“Dove mi vuoi portare?” le chiedo lasciando andare la sua mano, che stavolta si fa strada nel cassettino porta oggetti e ne estrae una cassetta, senza custodia, che viene prontamente infilata nello stereo.
“In un posto... vedrai” sorride mentre Jim Morrison comincia a cantare.
Yeah I'm a back door man
I'm a back door man
The men don't know
But the little girls understand
“Manca ancora molto?” le domando mentre Brian Ferry ha appena finito di dire che L'amore è la droga che preferisce e noi ci immettiamo nella Greenwood Avenue.
“No, ci siamo quasi”
“Quasi... sii più specifica” mi piace stuzzicarla e vedere le sue facce.
“Meno di dieci minuti e siamo arrivati. Ti stai annoiando?”
“Con te mai”
“E allora perché sei così impaziente?”
“Non sono impaziente, vorrei solo capire se questo posto dove mi vuoi portare si trova dentro i confini degli Stati Uniti o no. Perché se per caso, per essere sicura che i nostri amici non ci sgamino, mi stai portando in Canada, ti avviso che non ho con me il passaporto”
“Ah ah” Angie mi rivolge un'occhiataccia, a cui segue immediatamente una carezza e una stretta sul mio ginocchio.
“Allora non sconfiniamo?”
“No”
“E dove stiamo andando?”
“Tra poco lo vedrai”
A un bivio giriamo a sinistra e poi ancora a sinistra e gli alberi si infittiscono.
“Tanto lo so: mi stai portando in un parco”
“Chissà” stacca per un attimo le mani dal volante per allargare le braccia facendo la gnorri.
“No! Mi stai portando al mare” mi correggo quando dopo pochissimo la strada diventa in discesa, la vegetazione si dirada un po' e vedo meglio l'orizzonte.
“Una cosa non esclude l'altra”
“Adoro vederti guidare col cambio manuale, lo sai?” dico cambiando completamente argomento, perso nei suoi movimenti nella guida.
“Ahah ho imparato a dodici anni, da mio padre. Tu lo sai fare?”
“No”
“No?? Davvero?” mi guarda scioccata per un attimo mentre prende dolcemente le curve della strada praticamente deserta.
“Eheh davvero, giuro, non ho mai provato”
“Ti insegno io!”
“Volentieri. Scommetto che sei una bravissima insegnante”
“Brava, ma severa”
“Perfetto”
Un cartello giallo indica una strada senza uscita ed è a quel punto che capisco che siamo arrivati a destinazione. Angie svolta in una strada sterrata piuttosto stretta sulla sinistra, per poi fermarsi in una sorta di spiazzo naturale, una radura in mezzo agli alberi, col muso della Mini rivolto verso l'ampia vista libera sul mare.
“Wow”
“Dal parcheggio più in alto il panorama è migliore, ma qui è più tranquillo” commenta spegnendo il motore.
“Lo vedo” mi guardo attorno ed effettivamente siamo ben nascosti dalle case costiere.
“Ti piace?” mi domanda mentre si scioglie la sciarpa e la lancia sul sedile di dietro, e dalle casse sfumano gli Stones e arriva morbida e graffiante allo stesso tempo la voce di Nico.
Here she comes, you better watch your step She's going to break your heart in two
Ho poco da fare attenzione ormai. Ci sono dentro fino al collo e il mio cuore è suo; non è spezzato, ma può farci quello che vuole, anche se non ha le lenti colorate e non è una Femme fatale diabolica e spietata come quella della canzone.
“Sì, mi piace qui...” maliziosa sì però, con quel sorrisino che... aspetta un momento “Angie?”
“Dimmi” risponde sbottonandosi il cappotto.
“Un piccolo dubbio mi assale”
“Eheh cioè?”
“Mi hai portato qui a scopare?”
“EDDIE!”
“A scopare in una Mini Cooper?”
“AHAHAHAHAH!”
“Perché ridi? Ho fatto una semplice domanda” in realtà mi sto divertendo un sacco anch'io, ma in maniera più discreta.
“Certo che proprio non ti piace girare attorno alle questioni, eh?”
“No, dovresti saperlo ormai... Allora?”
“Allora, ti ho portato qui per stare un po' insieme tranquilli, tra di noi, in intimità”
“Cioè scopare”
“Non solo per quello!”
“Ma anche quello”
“Beh... se ti va, sì” ammette e lo vedo anche al buio che è arrossita. Questa cosa delle iniziative da prendere ci sta sfuggendo di mano. Ma non mi sto certo lamentando.
“Mi va, ma per fare questa cosa andava bene pure casa mia, anzi era meglio”
“Insomma” scuote la testa poco convinta.
“Sia per la temperatura che per la comodità”
“Dimentichi un piccolo particolare”
“Quale?”
“Uno non così tanto piccolo, che vive con te e si chiama Jeff”
“Jeff sa quando farsi i cazzi suoi, è un ragazzo sveglio”
“Appunto, troppo sveglio!”
“Uff...”
“E poi non c'è questo panorama a casa tua” ribatte indicando la vista attraverso il parabrezza.
“Qualunque sia il posto, il panorama è sempre spettacolare quando ci sei tu”
“In pratica mi stai dicendo che vuoi tornare a casa” abbassa lo sguardo e fa finta di niente perché non può accettare un complimento neanche a morire.
“No, voglio stare qui e godermi il panorama da vicino” la abbraccio infilandole le mani sotto il cappotto e tirandola verso di me per un bacio. Il primo di una lunga serie.
“Allora ti è piaciuta come... iniziativa?” mi chiede staccandosi dalle mie labbra e mettendosi a giocare coi miei capelli.
“Eheh sì, molto. Solo vorrei capire come si svolge il tutto a livello... come dire... logistico”
“Usa un po' di fantasia, no?”
“La prossima volta che vuoi andare in camporella dimmelo che prendo il mio pickup”
“Ahahah non è che là ci sia tanto più spazio alla fine, sai?”
“Però c'è sempre il cassone”
“Ahahahahah comodissimo e soprattutto discreto”
“Dipende dove vai...”
“Oddio, l'hai fatto nel cassone??” Angie si stacca da me e mi guarda come se avesse visto un fantasma.
“Un paio di volte, sì”
“Per la gioia dei guardoni”
“Ovviamente mi sono prima accertato che non ci fosse nessuno in giro”
“Sei un esibizionista del cazzo!”
“Non c'era nessuno, scema!”
“Eheh anche adesso non c'è nessuno”
“Già”
Ci guardiamo per un secondo, smettiamo di ridere e praticamente ci saltiamo addosso l'un l'altro nello stesso istante. Angie si scrolla il cappotto di dosso e in qualche modo lo butta sul sedile di dietro dopodiché si arrampica a cavalcioni su di me, tutto questo senza scollare la bocca dalla mia.
“Abbassa un po' lo schienale” mi sussurra nell'orecchio.
“Così?” tocco appena una levetta laterale e mi ritrovo steso.
“Ahahah anche un po' meno, ecco così. Magari prova ad andare anche un po' in là” Angie mi aiuta a risollevarmi dopodiché raggiunge un'altra leva, presumo sotto al sedile, e lo spinge all'indietro in modo da quadagnare qualche centimetro quadrato in più di spazio vitale.
“Sei comoda?”
“Sì, tranquillo”
“Sei sicura? Hai un ginocchio sulla portiera e l'altro sull'attacco della cintura”
“Non sono mai stata meglio” se io non amo perdere tempo con le parole, Angie è quella che non indugia con i fatti perché sta già cercando di slacciarmi i pantaloni. Ci riesce e basta qualche secondo perché mi faccia già uscire di testa. Poi si alza botto torna sul suo sedile.
“Che fai? Dove vai?”
“Aspetta, devo giusto rimuovere... qualche piccolo ostacolo” la vedo slacciarsi le scarpe, trafficare con i suoi jeans, e presumo anche con gli slip, prima di tornare da me. Anch'io tiro giù tutto nel frattempo per facilitare la dinamica. Non faccio caso al fatto che non l'ho vista lanciare nient'altro sui sedili posteriori ed è solo quando allungo le mani per accarezzarla che mi accorgo che ha ancora indosso una gamba dei pantaloni.
“Fai le cose a metà?” rido sulle sue labbra.
“Metti che dobbiamo ricomporci al volo”
“Hai pensato proprio a tutto, eh?”
“Lo sai che sono precisa”
“Uhm vedo. Anche la cassetta...”
“Che cassetta?”
“La compilation da scopata che stiamo ascoltando da quando siamo partiti”
“Che?!” Angie scatta non so se più per la mia uscita o per il modo in cui la tocco.
“Non provarci neanche a fare finta che non lo sia”
“Figurati!”
“Tim Buckley ha appena detto che vuole essere la tua vittima d'amore” e lo capisco eccome.
“E' una compilation... romantica... si vede che mi è uscita così”
“Talmente romantica che subito dopo ti ha chiesto di frustarlo e prenderlo a schiaffi”
“Mai sentito parlare di metafore? E sì che scrivi canzoni”
“Metafore. Sì certo. Quindi quando Eric Clapton parla di fare l'amore contro il muro è sempre una metafora? E non cito quello che viene dopo che è pure peggio, perché tanto già lo sai” le sbottono il golfino e la camicia insieme, mentre lei si stringe nelle spalle e cerca di fare la gnorri.
“E' solo una bella canzone”
“Sono tutte belle” la stringo e riesco a tirarmela di nuovo addosso.
“Non voglio musica di merda quando guido” sentenzia prima di baciarmi togliendomi praticamente il fiato.
“Né quando ti imboschi col tuo ragazzo” la ripago subito con la stessa moneta.
“Sono precisa” mi fissa e risponde beffarda dopo un po'. Che poi... questa cassetta l'avrà fatta apposta? Cioè, apposta per stasera o comunque per me? O è un mix già pronto all'uso che tiene lì per ogni evenienza? E se sì, con chi l'avrà usato? L'avrà fatto avendo in mente qualcun altro? Ma soprattutto, perché mi vengono questi pensieri del cazzo adesso?
“Una cosa però l'hai dimenticata...” concentriamoci che è meglio.
“Cosa?”
“Non sono pronto a diventare papà”
“Ah! No... ce li ho, tranquillo” tutta la sicurezza di un secondo fa sparisce, Angie si tira su e si volta non solo per tentare di raggiungere e aprire il portaoggetti, ma anche per nascondere una piccola punta di imbarazzo.
“Sei la mia precisina preferita”
“Tecnicamente... ehm... il rischio non lo correresti ugualmente... nel senso che... beh, prendo la pillola, però ecco...” comincia a balbettare mentre apre la scatola senza guardarmi.
“Va bene”
“Al momento preferisco così, cioè, secondo me è meglio usarli lo stesso... se per te non è un problema...”
“Angie”
“Almeno per adesso, visto che... beh... abbiamo appena... poi con quello che è successo prima...”
“ANGIE?”
“Sì?”
“Ho detto che va bene, basta paranoie, ok?”
“Sicuro?”
“Ma certo, più in là vedremo, adesso va benissimo così”
“Ok”
“E adesso vieni qua”
“Come qua? Sono già qua”
“Intendo dire, più vicino”
“Siamo in una Mini, non posso andare molto lontano”
“Ho freddo e mi sento solo quaggiù sul sedile. E ho voglia di te. Quindi torna qui” la tiro per i lembi della camicia e lei si arrende, non so se più per paura che gliela strappi o perché convinta dalle mie parole.
“Lo sguardo da cucciolo bisognoso è quasi più potente delle fossette” alza gli occhi al cielo, o meglio, al tetto dell'auto, e mi raggiunge sorridendo.
“Addirittura?”
“Ho detto quasi”
**
Ancora non mi capacito di come faccia Angie ad avere tutto questo potere su di me, di come faccia a disarmarmi e stupirmi ogni volta. Anche una cazzata assurda, come quella di appartarsi in macchina a fare contorsionismo notturno in un posto sconosciuto, roba che non faccio da quasi una decina d'anni, con lei diventa speciale, e non solo per l'atto pratico in sé. In questo momento sono totalmente rapito dalla ragazza che sta sopra di me, ma non soltanto perché sta letteralmente sopra di me. La verità è che mi sta sopra, sotto, dentro, fuori, sulle spalle, tra le gambe, nella testa, nel sangue, sulla pelle e tutt'attorno. Faccio l'amore con lei nel modo e nel luogo più scomodi e stupidi del pianeta, ma il mio unico pensiero è che la voglio più vicina, ancora di più, come se fosse umanamente possibile. Il mio unico pensiero non è un pensiero perché non riesco a pensare, è solo un istinto, una sensazione, come la fame e la sete. La bacio e attraverso gli occhi chiusi vedo colori e punti luminosi, lampi di luce come scosse elettriche date da fulmini improvvisi. E le scariche si fanno via via più ravvicinate e intense e io penso di stare impazzendo perché non ho mai provato nulla del genere. Finché Angie non disimpegna la bocca e la usa per parlare.
“Ma cos- OH CAZZO”
Insomma, non so se sia colpa/merito di Angie, ma ci siamo rincoglioniti l'un con l'altro a tal punto da non accorgerci della volante della polizia spuntata chissà quando da chissà dove e parcheggiata a pochi metri da noi col lampeggiande acceso.
“Oh oh”
“OH OH? C'è la cazzo di polizia e tutto quello che sai dire è Oh oh??” Angie torna alla realtà molto più velocemente di me, che invece sono ancora un po' confuso.
“Che devo dire? Merda sarebbe più appropriato?”
“Sì, decisamente”
“Che fai ti rivesti?”
“No! Ma va! Resto qui tranquilla ad aspettare gli agenti a culo nudo” Angie si affanna a ricomporsi, mentre io faccio tutto lentamente. Diciamo anche che per me è più semplice.
“Non agitarti troppo, possono pensare che vuoi nascondere qualcosa”
“Nascondere qualcosa è proprio quello che sto cercando di fare” tira su frettolosamente i pantaloni e inizia ad abbottonarsi il golfino, tralasciando la camicia, non so se volontariamente o no.
Quando sentiamo qualcuno bussare al finestrino saltiamo in due. Angie guarda alla sua sinistra, poi di fronte, poi verso di me e scuote impercettibilmente la testa prima di indossare l'espressione più innocente che le ho mai visto in viso da quando la conosco.
“Buona sera, agente” si rivolge a uno dei disturbatori della nostra serata dopo aver tirato giù il finestrino. A giudicare dall'ombra che intravedo attraverso il mio, direi che il compare sta dalla mia parte.
“Buona sera... anche se buona notte sarebbe più appropriato, che dite?” abbiamo beccato il poliziotto che fa lo spiritoso. Cazzo.
“Beh, sì eheh!” Angie decide di assecondarlo e non posso darle torto “Come... ehm... come posso aiutarla?”
“Uhm vediamo, cominci con accendere la luce e darmi i suoi documenti, signorina”
“Certo, subito!” Angie si allunga sul sedile di dietro e il poliziotto picchietta il parabrezza con il manganello in corrispondenza dello specchietto per attirare la sua attenzione e farle capire che prima deve accendere la luce interna dell'abitacolo. Lei sussulta un attimo e poi esegue, prima di tornare a cercare i documenti.
“Stai calma” le sussurro mentre recupera la borsa e porge il tutto all'agente. Avrei preferito esserci io alla guida, non vorrei che Angie si agitasse e combinasse qualche cazzata. Sarà la prima volta in vita sua che la fermano.
“Grazie, anche quelli del suo... amico... prego” il tipo mi guarda malissimo e nello stesso momento qualcun altro bussa al mio finestrino. Voltandomi vedo una figura femminile che mi fa segno di tirarlo giù.
“Buona sera, ecco a lei” tiro fuori lentamente il portafoglio e da lì la patente, prima di darla alla collega.
“Angelina W. Pacifico... Idaho, eh?”
“Sì, mi sono trasferita da qualche mese” Angie ci aggiunge del suo, rispondendo a una domanda fatta da nessuno, cercando di mostrarsi disposta a collaborare.
“1972. Wow, sembra quasi vera ahah!” l'agente sventola il documento e ride a denti stretti rivolto alla collega.
“Sembra? Guardi che è vera!” Angie si infastidisce e io sbianco perché se comincia a rispondere alle provocazioni sono cazzi.
“Sarà... è da controllare”
“Controlli pure!” cazzi amari.
“Facciamo che mi da anche il libretto di circolazione, così controllo pure quello, che ne dice?”
“Va benissimo! Glielo do subito, per me può anche perquisire me, lui e tutta la macchina, ho la coscienza pulita io!”
“Ma lo sa che mi ha dato un'ottima idea, signorina Pacifico?” lo stronzo ride ancora sotto i baffi e spero che Angie si levi al più presto dalla faccia l'espressione in cagnesco che le vedo fare mentre recupera i documenti della macchina.
“26 anni. Non sei un po' troppo grande per quella ragazzina?” mi domanda la poliziotta dopo aver esaminato la mia patente e io decido di tacere, peccato che qualcun altro non sia del mio stesso avviso.
“IO SONO MAGGIORENNE! In che lingua glielo devo dire?”
“Silenzio!” l'urlo del poliziotto mi coglie di sorpresa dal mio lato, dove ha raggiunto la collega per prendere il mio documento, prima di tornare alla sua auto per i controlli.
“Angie, taci, per favore” sibilo tra i denti sperando segua il mio consiglio.
“Maggiorenne o no, è sempre un po' più grande di te” la poliziotta si china sul finestrino affacciandosi a parlare con Angie, con un tono più gentile.
“Non è un reato” risponde lei sottovoce e non so neanche se l'agente l'ha sentita. Forse finalmente ha capito qual è l'atteggiamento giusto.
“Vai all'università di Washington?” chiede la donna, che evidentemente vuole buttarsi sulle chiacchiere per ammazzare il tempo e per allentare la tensione.
“Sì, come fa a saperlo?”
“L'adesivo sopra il paraurti”
“Ah! Sì, mi sono trasferita qui apposta, per l'università”
“Con i tuoi?” ok, l'operazione poliziotto buono/poliziotto cattivo è iniziata.
“No, da sola”
“Quindi vivi da sola, hai un appartamento...”
“Beh sì”
“E tu?” stavolta si rivolge a me e per farlo mi punta la torcia dritta in faccia.
“Io non faccio l'università”
“Intendo dire, tu non ce l'hai una casa?”
“Certo”
“E allora cosa diavolo ci fate qui? In macchina? Beh, in una specie di macchina” continua spegnendo la torcia e usandola per indicare sommariamente la vettura e io mi giro verso Angie di scatto perché lo so che potrebbe bastare questo per farla scattare e saremmo fregati, ma lei imperterrita resiste e risponde pacata.
“Facevamo un giro”
“Un giro?”
“Sì” ribadisco io.
“Da fermi?”
“Ci siamo fermati un attimo” risponde prontamente la mia ragazza.
“Per fare cosa?”
“Chiacchierare” si è instaurato questo meccanismo per cui diamo una risposta ciascuno a turno, quindi sono io ad aprire bocca.
“Parlare” aggiunge Angie.
“Ascoltare musica” questo me lo suggerisce la cassetta che continua ad andare avanti con... The rain song?? Angie, cazzo, non potevi essere meno ovvia? E hai il coraggio di dire che non è un mix da scopata. Praticamente il nastro basterebbe da solo come prova in tribunale di atti osceni in luogo pubblico.
“Guardare il panorama”
“Sì sì, infatti quando siamo arrivati abbiamo visto quanto eravate concentrati sul panorama” la donna alza gli occhi al cielo e le scappa da ridere. Verrebbe da ridere anche a noi probabilmente se non fossimo sotto interrogatorio.
“Lei non ha specificato quale panorama... anche tu, un po' di elasticità mentale, per favore!” il collega cabarettista torna e porge i documenti a Angie attraverso il finestrino.
“Giusto!” esclama la poliziotta scambiandosi sguardi divertiti col socio, che torna a fare domande.
“Allora, se perquisisco questa macchinina da autoscontro ci trovo della droga o no?”
“No, agente” risponde seccamente lei e io spero sia vero, perché se ci trova qualcosa siamo doppiamente nella merda.
“Armi?”
“Figuriamoci, per carità. Le odio”
“E se ti faccio il palloncino cosa trovo?”
“Nulla perché non ho bevuto. Lui sì, qualcosina, ma non guida”
“Sì, ho visto, ho capito che sei tu che conduci, era piuttosto evidente ahahah” il tizio non riesce a trattenersi e scoppia a ridere sul finale, seguito a ruota dalla collega, che però lo redarguisce, rivelandoci così anche il suo nome.
“Barlow!”
“Ok ok, lo sapete perché vi abbiamo fermati?”
“Eravamo già fermi” Angie dice a voce bassa, ma non a sufficienza, mentre mi passa le carte da mettere via nel portaoggetti.
“Non faccia la spiritosa, lo sapete o no?” non dirgli che se lo fa lui lo puoi fare anche tu, so che glielo vuoi dire, ma non farlo, ti prego!
“No” rispondiamo in coro. Meno male. E almeno su questo è preparata: con la polizia, fare sempre gli gnorri.
“Perché secondo voi trombare in macchina in un luogo pubblico è una cosa normale, giusto?”
“Non è un luogo pubblico se non c'è nessuno, no?” la mia ragazza ci prova e rimarrà molto delusa.
“E questo su quale codice civile l'hai letto?” risponde lui sarcastico.
“Spero non studi legge, tesoro”
“No. Studio cinema”
“Aaah! Allora stavate provando le scene, ecco cosa!” questi due si stanno divertendo un mondo con noi.
“Barlow, piantala! Ehm ehm stiamo pattugliando la zona perché ultimamente ci sono state delle rapine. C'è una banda che prende di mira le coppiette che si appartano qui di notte, proprio come voi, ragazzi”
“Quindi al vostro posto rivedrei un po' le mie abitudini” aggiunge il collega riprendendo fiato dalla sue risatine del cazzo.
“Ognuno di voi ha una casa, andate lì”
“Ma sì, O'Hara, non hai capito? Ci sarà di mezzo una storia di corna! Lui molla la fidanzata a casa con una scusa e si incontra con l'amante più giovane, ho ragione o no?”
“NO!” Angie reagisce scandalizzata e io sento che questa serata sarà ancora molto lunga.
“Ce lo potete dire, tanto questo no, non è un reato” Barlow si china praticamente incrociando le braccia sull'apertura del finestrino e affacciandosi verso l'interno.
“Non c'è nessuna fidanzata a casa” spiego io.
“Allora è il suo ragazzo il cornuto?”
“Il suo ragazzo sono io, stiamo assieme”
“Quindi, fatemi capire: state insieme, in una relazione regolare intendo, lei è maggiorenne, ognuno di vuoi due ha una casa... coinquilini rompicoglioni?” l'agente O'Hara conta sulle dita gli elementi che non le quadrano nel ragionamento.
“No, cioè, non troppo” Angie mi guarda mentre risponde, come se cercasse un suggerimento o, più probabilmente, perché trova il tutto tremendamente assurdo, tanto quanto me.
“E allora perché non siete a casa vostra?”
“Lo chieda a lei” non so perché rispondo in questo modo, non so neanche se l'ho fatto davvero, non me ne accorgo nemmeno, mi esce così, spontaneamente.
“Eddie?!”
“Dicci, Angie, perché non siete a casa vostra?” insiste il comico, incuriosito, chiamandola per nome.
“Perché... perché è una cosa fresca”
“E questo si era capito, anche solo per... per l'entusiasmo, ecco” il poliziotto continua guadagnandosi l'ennesima finta occhiataccia dalla collega.
“Non vuole dirlo ai nostri amici” e questo mi sa che sono ancora io che vado a ruota libera.
“E perché? C'è qualche ex di mezzo?” O'Hara domanda e ormai siamo passati dall'interrogatorio all'angolo del gossip.
“No. Cioè, sì,” Angie si corregge quando mi vede fare una smorfia “ma non è quello il motivo”
“E allora qual è? Mica ti vergognerai di lui? Insomma, non ho una particolare attrazione per i capelloni, ma mi sembra un bel ragazzo, tutto sommato”
“Non mi vergogno affatto, è... è bello. E' perfetto, in tutto” dal gossip siamo arrivati alle confidenze? Un momento, cos'è che ha detto?
“E allora?” già, e allora? Mentalmente mi unisco ai due che insistono all'unisono per avere in cinque minuti una risposta che io cerco da settimane.
“E' che... beh, abbiamo gli stessi amici, è tutta una compagnia. E alcuni di loro suonano in un gruppo, con lui”
“Musicisti eh? Forse una perquisizione conviene farla tutto sommato” Barlow fa un'altra battuta del cazzo, ma la collega lo ignora e resta sul tema del momento.
“E sono più amici tuoi o suoi?”
“Beh, io li ho conosciuti poco prima, ma... più o meno uguale, direi”
“Ok, quindi hai paura sia di perderli sia di farli perdere a lui se le cose andassero male, giusto?”
Angie annuisce in silenzio alle parole di O'Hara e io rimango di stucco. Perderli? Improvvisamente una luce nuova viene gettata sulla faccenda, un nuovo punto di vista che non avevo mai preso in considerazione. Angie ha detto che non si fida di se stessa, ma si fida di me e non le ho mai creduto fino in fondo. Ha sempre espresso questa preoccupazione nei confronti dei nostri amici, perché sono impiccioni e non si fanno i cazzi loro, ma non avevo mai considerato che l'oggetto delle sue insicurezze fossero proprio loro, i ragazzi.
“Ho paura di essere giudicata o che giudichino lui. Ho paura di far nascere casini nel gruppo e che le nostre strade si dividano” Angie continua a confessare e mi chiedo se ci voleva davvero la minaccia di due poliziotti annoiati per tirare fuori finalmente la verità. Ma è lei che non l'ha mai rivelato o sono io che non ho mai capito un cazzo?
“Tesoro, ma è una cosa normale! Prendersi, lasciarsi, riprendersi, rilasciarsi, mettersi con un altro dello stesso giro. Nelle compagnie succede continuamente, ma non per questo si sfasciano” O'Hara si accende una sigaretta e da poliziotto buono si è trasformata in sorella maggiore. O meglio, nella zia a cui confidare tutto.
“Beh, non lo so, non ho mai avuto una compagnia, non così grande. Non ho mai avuto tutti questi amici” ora è tutto chiaro, cazzo. Non li ha mai avuti e non vuole perderli.
“Angie, se proprio dovessimo combinare qualche cazzata, sta' sicura che i ragazzi il culo lo fanno a me, mica a te. E il ben servito, se proprio deve prenderselo qualcuno, me lo becco sempre io” cerco di rassicurarla, ma dalla sua espressione non ci sto riuscendo.
“E pensi che questo mi farebbe piacere?”
“Mi sembra di guardare una puntata di Oprah dal vivo” commenta Barlow rapito.
“Angie, gli amici restano. La verità è che agli amici frega, sì, ma non più di tanto. Non fraintendermi, gli amici ti amano, ti danno dei consigli più o meno richiesti, possono mettersi in mezzo e prendere le parti dell'uno o dell'altro, ma alla fine vogliono solo che voi stiate bene, sia insieme sia ognuno per conto suo. A un certo punto si fermano e dicono arrangiatevi, nel miglior senso possibile. Poi se spariscono, beh, vuol dire che non erano amici veri”
“Forse, forse ha ragione”
“Certo che ho ragione!”
“Ragione o no, qui a scopare non ci dovete venire più, intesi?” il poliziotto, che si stava praticamente accasciando alla portiera, si ridesta e da un paio di colpi al tetto della macchina, forse per darsi una svegliata da solo.
“Intesi”
“D'accordo”
“Bene, si è fatta una certa, andiamo O'Hara”
“Tornate a casa, ragazzi. E guida con prudenza, Angie, va bene?”
“Certo”
“Buona notte”
“Arrivederci agenti”
“A mai più” aggiungo io quando i due sono ben lontani.
Tiriamo su i finestrini nello stesso momento, Angie mette in moto e attende.
“Non vanno?”
“Aspettano che partiamo noi, per essere sicuri che ce ne andiamo” le spiego e sorrido tra me e me del fatto che non l'avesse capito. E' come una piccola rappresentazione della sua innocenza. A volte mi dimentico che è giovanissima, che non ha esperienza in nulla, e no, non sto parlando solo degli atteggiamenti da tenere con gli agenti di polizia.
“Oh già, non ci avevo pensato, che palle” Angie sbuffa e parte.
“Che cosa assurda” siamo di nuovo in città quando Angie finalmente rompe il silenzio.
“Già”
“Che momento imbarazzante”
“Molto imbarazzante” però mi ha aperto un po' gli occhi, quindi tutto sommato è anche servito a qualcosa. Da quando siamo partiti non abbiamo più fatto cenno a quello che è successo, non abbiamo accennato a niente perché non abbiamo aperto bocca e ci siamo limitati a scambiarci sguardi e sorrisi fugaci e a canticchiare qualche canzone. Adesso, una volta metabolizzata tutta la faccenda, è arrivato il momento di riprendere discorso, stavolta tra noi.
“Non mi era mai successo”
“Neanche a me” ho avuto a che fare con la polizia, ma non per questo tipo di infrazioni.
“Ci sono stata un sacco di volte e non ho mai visto polizia, queste rapine devono essere una cosa recente”
Ci metto un po' a registrare quello che ha detto, forse perché sto ancora pensando al reato che stavamo compiendo su questi sedili neanche un'ora fa. Ma quando realizzo è come se mi svegliassero con una secchiata di ghiaccio potentissima.
“Mai? Perché, ci eri già stata?”
“Certo, se no come facevo a conoscere il posto?” lei risponde tranquillamente, quindi o è pazza o non ha capito dove sto andando a parare o non gliene frega un cazzo.
“E con chi?” la bocca di Angie si apre in una piccola O e qui intuisco che adesso sì, ha capito dove voglio arrivare.
“Come con chi? Con... con Meg”
“Con Meg”
“Sì, lei è qui da una vita, conosce i posti. Me l'ha fatto conoscere lei”
“Che ci sei andata a fare in riva al mare di notte con Meg?”
“A fare un giro! A bere e fumare, e spettegolare”
“E basta?”
“Ahahah che vuoi dire, che cosa pensi facessimo?”
“Voglio dire, ci sei andata con Meg e basta? Un sacco di volte, hai detto”
“E con te”
“Con Meg, me... e basta?”
“Beh...”
“Angie?”
“Non solo...”
“Ci sei andata con Jerry?”
“...”
“Angie, parlo con te”
“Lo so, ci sono solo io qui” siamo fermi al semaforo e Angie si guarda attorno nell'abitacolo, buttando pure l'occhio sui sedili di dietro, prima di tornare a fissare me.
“E quindi?”
“Non ci sono andata con Jerry”
“Quindi mi giuri che non mi hai portato dove ti infrattavi con il tuo ex, vero?”
“No!”
“Ok”
“Con lui... ehm... siamo andati nel parcheggio di sopra”
“COSA?!”
“Che c'è? Perché ti arrabbi?”
“Perché? Come perché? Mi porti a fare cosacce dove scopavi il tuo ex ragazzo, non dovrei neanche arrabbiarmi?”
“Non ho mai scopato Jerry in quel posto!”
“Il fatto che fosse un altro parcheggio cinquanta metri più su non cambia la sostanza, Angie”
“Intendo che non l'ho mai fatto in macchina con Jerry!” esclama mentre fa un cenno di scuse al tipo dietro, che ci ha appena suonato perché non siamo scattati subito al verde. Anche lui, che cazzo vuole poi? Che cazzo di fretta ha?
“No?”
“No, non ho mai... non ho mai avuto rapporti completi con Jerry in auto”
“Questo uso sospetto di termini molto, troppo specifici non mi sembra per niente casuale”
“Ci siamo baciati”
“Non lo voglio sapere” mi basta che lo dica per immaginarmelo, diciamo che me lo immagino anche senza che lei mi dica nulla, la mia immaginazione non ha bisogno di aiutini.
“Ma se me l'hai praticamente chiesto?”
“Non sono scemo, ho capito che non te lo sei scopato lì, ma qualcosa ci facevi. Il succo non cambia”
“Che c'entra chi ci ho portato prima, adesso ci sei tu”
“C'entra perché... perché mi da fastidio, mi fa strano, mi da... una sensazione... brutta”
“Te l'ho praticamente detto quando ci siamo arrivati che ci ero già stata, ma non hai fatto una piega. Perché adesso te la prendi tutto d'un tratto?”
Ed effettivamente è vero, me l'ha detto, non mi ricordo le parole esatte, ma me l'ha fatto capire. La verità è che ero talmente preso dalla situazione, da lei, dal suo profumo, dai suoi gesti nel togliersi la giacca, dai suoi occhioni, dal suo sorriso malizioso a forma di cuore... e non ho capito un cazzo.
“Si vede che prima non ci ho fatto caso e adesso sì”
“Io vengo da fuori, non conosco tanti posti, se decido di appartarmi con te da qualche parte non posso improvvisare, è ovvio che io segua... ehm... una strada già battuta”
“Beh allora non andiamo più da nessuna parte e stiamo a casa, così risolviamo il problema”
“Se è per questo, Jerry è stato anche nel mio letto, non andiamo più nemmeno lì?” Angie mi guarda perplessa e io lo so, lo so che sono pazzo, che sono io quello malato, che la gelosia retroattiva non ha senso. Ma mi girano le palle, ah, se mi girano!
“Potresti... potresti evitare di ricordarmelo? Grazie”
“Ma... sei geloso di Jerry?”
“No” noooo ma va! Cosa te lo fa pensare?
“Ok. Anche perché sarebbe veramente stupido se tu lo fossi” ecco, appunto.
“Infatti”
“Perché non mi interessa, non c'è praticamente la benché minima speranza che lui possa interessarmi ancora e che possa tornare con lui” siamo sicuri? Magari da parte di Angie non c'è storia, ma Jerry ci spera ancora, eccome. Me l'ha detto lui! Ovviamente, questa informazione me la tengo per me.
“Lo so”
“Bene”
“Anche la cassetta la usavi con lui o è una mia esclusiva?”
“La cassetta l'ho fatta ieri, per te. Per l'occasione” ribatte sfiancata, alzando gli occhi al cielo.
“Ok”
“Contento?”
“Molto. Mi piace”
“Meno male”
“La cassetta di Jerry invece com'era?”
“Dio, Eddie, non c'è mai stata nessuna cassetta di Jerry”
“Non ci credo”
“Pensala come vuoi, potrei anche non risponderti, perché la cosa in fondo non ti riguarda. Invece ti ho pure risposto ed è la verità” ha ragione, quello che aveva con Jerry non sono cazzi miei. E sto facendo la figura del coglione.
“Scusa”
“Va bene”
“Sono un po' stupido a volte”
“Ho notato”
“Poi però mi passa”
“Lo spero”
“Poi me la presti la cassetta? Voglio farne una copia”
“Spero ti passi in fretta, molto in fretta”
**
“Eccoci” Angie si ferma a un isolato da casa mia, come fa sempre ultimamente ogni volta che mi riaccompagna a casa.
“Guarda che Jeff non fa la casalinga impicciona alla finestra per controllare con chi esco. Non gliele può fregare di meno, sono mica Stone” scherzo per alleggerire un po' l'atmosfera, che è ancora tesa nonostante le mie scuse e le stronzate che sparo.
“Venerdì” Angie tiene stretto il volante e continua a non guardarmi.
“Venerdì cosa?”
“Venerdì suonate all'Ok Hotel”
“Sì”
“E si festeggia Jeff, che fa gli anni due giorni dopo”
“Già”
“E poi lunedì iniziate a registrare Eleven”
“Hahaha si chiama Ten”
“Ma sono undici canzoni! Non ha senso, te l'ho già detto!” finalmente si volta dalla mia parte e le mani si spostano sulla parte bassa del volante.
“Se è per questo è anche il nostro primo disco, lo chiamiamo One? O First? Eheheh”
“Ridi ridi, poi quando non saprete come chiamare il vostro decimo album vedremo chi riderà per ultimo”
“Il decimo? Credi che dureremo così tanto?”
“Certo! Ma vi scioglierete proprio a causa di quel disco perché non saprete che cazzo di nome dargli, indecisi tra... boh... una marca di surf e una riserva dei Seattle Supersonics”
“Ahahah sempre che i Sonics esistano ancora”
“Perché non dovrebbero?” mi chiede improvvisamente seria, in quella sua maniera adorabile di focalizzarsi su dettagli del tutto secondari.
“Tu ci pensi mai al futuro? Dico, il futuro futuro, tipo venti o trent'anni da ora?” io sì, ad esempio ora mi sto immaginando tra vent'anni, a parlare in macchina con te, magari di ritorno da una partita dei Sonics.
“Mmm no, cioè, non dettagliatamente, ma sono curiosa di sapere se sul 2001 aveva ragione Kubrik o se nel 2019 avremo schiavi replicanti androidi come in Blade Runner, quello sì”
“Eheh intendo il tuo futuro, personale, a che punto sarai. Cioè, dove ti vedi, come ti vedi... cose così” le domando ancora e vorrei confessarle che io ogni tanto ci penso al futuro. E lei mi prenderebbe per il culo perché uno che è abituato a vivere l'attimo che pensa al futuro è un controsenso. Ma io farei finta di non averla sentita e le direi che non lo so se ci arriverò, ma ogni tanto mi piace immaginarmi tra venti o trent'anni, magari coi capelli più corti o senza capelli addirittura, a vivere di musica, sposato, con due o tre marmocchi. E allora sì che scapperebbe a gambe levate.
“Beh, no, onestamente non ci penso. Spero giusto di riuscire a laurearmi prima di allora”
“Dai, una maniaca del controllo come te che non pianifica il suo futuro? Mi stupisci”
“Il lontano futuro non si può controllare, così come il passato, l'unica cosa su cui puoi avere il controllo è il presente. O il futuro immediato” fa spallucce mentre il suo sguardo si perde chissà dove attraverso il vetro di fronte a lei.
“Vivi l'attimo anche tu allora? Devo aspettarmi di trovarti a scalare qualche edificio nel tempo libero?”
“Eheh no, ma le mie tempistiche di pianificazione sono piuttosto brevi. Per esempio, per ora arrivano fino a venerdì, come ti stavo dicendo, prima che ci perdessimo via in uno dei nostri discorsi senza senso” adoro i nostri discorsi senza senso.
“Che succede venerdì?”
“Pensavo, che potremmo farlo venerdì”
“Che cosa? Scalare un edificio? Io comincerei con qualcosa di iconico, tipo il cappello e gli stivali giganti di quella stazione di servizio, come si chiama...”
“Pensavo potremmo dirlo venerdì”
“Dire cosa?”
“Di noi... agli altri”
“Ah” non ci posso credere, sto sognando? Sì, dai, la storia dei poliziotti era troppo assurda, ovvio sia tutto un sogno, dovevo arrivarci.
“Visto che per un motivo o per l'altro saranno praticamente tutti lì, secondo me potrebbe essere l'occasione giusta. Così, ecco, lo diciamo solo una volta” continua lei e stranamente non mi sono ancora svegliato.
���Ma sei sicura?”
“Sì”
“Non devi farlo perché te l'hanno detto due sbirri del cazzo”
“Non è per quello”
“Né perché mi sono arrabbiato senza motivo pochi istanti fa”
“Non è neanche per quello”
“E allora per quale motivo?”
“Ahah è dall'inizio che premi per dirlo a tutto il mondo e adesso fai storie?” Angie molla il volante e si gira completamente verso di me.
“Non faccio storie, è che voglio tu sia sicura e mi sembra strano tu ti sia convinta in un paio d'ore”
“Non mi sono convinta adesso, ho sempre pensato che l'avremmo detto prima o poi, ovviamente. Adesso ho capito che il momento è arrivato”
“Sì?”
“Sì”
“Ok”
“Perfetto”
“Lo diciamo venerdì”
“Già”
“E come lo diciamo? Cioè, all'atto pratico, come facciamo? Salgo sul palco, ti indico e dico al microfono Quella laggiu è la mia ragazza?”
“Fai una cosa del genere e non esisterai più neanche per il primo album dei Pearl Jam, altro che il decimo” mi minaccia così bene che mi fa paura sul serio.
“Facciamo fare direttamente dei poster?”
“Non dobbiamo fare niente, dobbiamo solo comportarci normalmente”
“E coi nostri amici come comunichiamo? Con la telepatia?”
“Ci comporteremo normalmente, come facciamo di solito quando siamo da soli e loro non ci sono”
“Calandoci i pantaloni e saltandoci addosso?” lo so, lo so che sono un coglione, lei si sta finalmente aprendo e io sparo cazzate, ma non ci posso fare niente, sono fatto così, specialmente quando sono contento.
“Eddie!”
“Ti sei proprio fissata coi luoghi pubblici eh? Non conoscevo questo tuo... lato esibizionista, ahia!” insisto mentre cerco di schivare le sue sberle.
“Sei proprio scemo!”
“Eheh dai, scherzavo”
“Io faccio un discorso serio e tu scherzi”
“Scherzo perché sono felice per la tua decisione”
“Comunque... intendevo cose normali, camminare mano nella mano, abbracciarsi, baciarsi, senza ostentare la cosa, con discrezione ecco, in modo che tutti capiscano. E verranno a chiederci Dovete dirci qualcosa? oppure Ma state assieme? e a quel punto ci basterà un sì, risposta secca, senza troppe spiegazioni”
“Sei un genio”
“Che ne dici? Può andare?”
“Certo che può andare, mi sembra un'ottima idea”
“Ok, allora è andata”
“E visto che tanto venerdì lo diciamo a tutti, potresti accompagnarmi fino a casa, per favore?”
“Ahahah no”
“E magari salire con me”
“E' già venerdì per caso?”
“Uhm no”
“Allora scordatelo”
“Quanto manca a venerdì?”
“Poco. Buona notte” Angie si avvicina e mi da quello che nelle sue intenzioni doveva essere un bacio veloce, ma io non resisto e la tengo stretta.
“Stai gelando, rimettiti il cappotto” le dico staccandomi a malincuore da quell'abbraccio freddino, ma solo a livello di temperatura.
“E' vero, nella fretta di andarmene, me lo sono scordato” segue il mio consiglio afferrandolo dai sedili di dietro.
“Allora... buona notte” le do un altro bacio, apro la portiera, sospiro e scendo dalla macchina.
“Notte, ti chiamo domani, ok?” le faccio un cenno e sorrido sotto i baffi. Adoro quando mi chiama. Poi d'un tratto, proprio mentre sta per ripartire, mi torna in mente un dettaglio.
“Angie, aspetta!” due colpi alla sua portiera e lei frena di colpo e abbassa il finestrino.
“Che c'è? Hai dimenticato qualcosa?” mi chiede guardandosi attorno nell'abitacolo.
“Per cosa sta la W?”
“Che?”
“Il poliziotto, quando leggeva la tua patente, ha detto Angelina W. Pacifico. Per cosa sta la W?”
“Ah. Quella W” si irrigidisce e il motore si spegne, non credo l'abbia fatto lei volontariamente.
“Sì quella” mi appoggio al tetto della macchina e mi chino verso il finestrino, aspettando la risposta.
“E' un'iniziale”
“Ok, immaginavo. Iniziale di...?”
“Di un nome”
“Già, e qual è questo nome?”
“Il mio secondo nome”
“Che è...?”
“Che è... un nome che inizia per W” mi guarda con aria sofferente e sento che non ha finito di tergiversare.
“Ahahah cos'è, un altro dei tuoi segreti?”
“Esattamente! Buona notte, Eddie” fa per tirare su il finestrino, ma io lo blocco infilandoci la mano. Spero di non rimetterci le dita.
“Ahahah buona notte un cazzo, dimmi come ti chiami”
“Devo proprio?”
“Sei la mia ragazza, devo sapere il tuo nome per intero!”
“Io non lo so mica il tuo nome per intero”
“Sono nato Edward Louis Severson III, per un po' sono stato Edward Jerome Mueller e ora sono Edward Jerome Vedder, perché ho preso il cognome di mia madre”
“Jerome e Louis sono dei bellissimi nomi” commenta lei, concentrandosi sui nomi e ignorando completamente il casino anagrafico della mia identità.
“Scommetto che anche il tuo è bello”
“No, non lo è”
“W come... Wendy?”
“No”
“Wanda?”
“No”
“Wilhelmina? Winifred?”
“No e no”
“Winona”
“Magari. Non è neanche un nome”
“Come non è un nome”
“E' un nome che non è un nome, è... una cosa”
“Una cosa? Aspetta! Genitori hippie, giusto?”
“Ehm... già”
“Willow!”
“No”
“Water?”
“No, buona notte Eddie” rimette in moto e la mia faccia almeno ha il potere di farle tornare il sorriso.
“Col cazzo! Non mi puoi lasciare così”
“Lo sto facendo, notte notte!” Angie prende e parte e mi lascia qui, come un coglione, a scervellarmi sull'ennesimo mistero, sull'ennesima cosa di lei che non so e che non vedo l'ora di conoscere.
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“No no no, Grace, mi dispiace, ma te lo devo dire: hai sbagliato tutto. E questo? Vuoi passare? E passa! Quanto ti ci vuole per sorpassare una Granada diesel?” senza nulla togliere alla macchina del mio caro genitore, non è esattamente il modello più veloce mai prodotto dalla Ford.
“Perché?”
“Se accosto ti basta o devo scendere a darti una spinta? Oh ecco! Bravo! Come perché? Ci vedi della logica?” il deficiente passa e io posso tornare a torturare Grace.
“Beh dai, tralasciando il metronotte che stava per beccarci, è stato carino e mi sembrava ti stessi divertendo”
“Infatti! Il pic nic notturno nella fabbrica abbandonata è stato figo. E anche la fuga dal sorvegliante. Oddio, se vogliamo chiamarla fuga: eri più lenta di una lumaca, se il tizio fosse stato almeno un pelo in forma ci avrebbe acchiappati”
“Avrebbe acchiappato me, visto che tu sei scappato senza aspettarmi” sottolinea imbronciata.
“Ti aspettavo alla macchina”
“Certo”
“Col motore acceso, avevo un piano ben preciso in mente”
“Immagino”
“Comunque l'appuntamento è stato da 8, non parlavo di quello”
“E allora di cosa?”
“Della cassetta. E' tutta sbagliata” non dico che debba essere ai livelli di Angie, che è una sorta di cintura nera nell'arte della cassettina, però neanche fare un pastrocchio del genere. Se l'avessi saputo, non le avrei chiesto di portare qualcosa da sentire in macchina.
“Ahahah sono canzoni che piacciono a me, come fanno a essere sbagliate?”
“Non sono sbagliate le canzoni, ma come le hai messe assieme. Hai infranto ogni regola per la creazione di una compilation” le canzoni prese singolarmente vanno dall'ok al fantastico, qualcuna mi ha anche sorpreso. Non pensavo che Grace potesse conoscere band come i Cock Sparrer o i Japan, che tra loro c'entrano come i cavoli a merenda. E ovviamente sono vicine nel mix di Grace.
“Esistono regole del genere?”
“Certo che sì!”
“Fammi un esempio”
“Beh prima di tutto, non c'è un tema”
“Un tema?”
“Sì, un tema, un filo conduttore, qualcosa che le accomuni”
“Il tema è: Canzoni che mi piacciono”
“Ahahah eh no, non funziona così. Devi raccontare una storia, non buttare lì pezzi a caso. Hai messo canzoni di generi diversi, decadi diverse, mood diverso, perfino lingue diverse!”
“Adoro quella canzone di Ofra Haza!”
“Lente, veloci, poi tutte lente. Nah! E non puoi buttare lì un pezzo lo-fi e poi piazzarci subito dopo una megaproduzione”
“Non sono una musicista, non mi interessano i tecnicismi, io vado a sensazione”
“Quali sensazioni malsane ti portano a piazzare Bootsy Collins dopo i Bauhaus?”
“Creano entrambi... un'atmosfera” Gracie fa spallucce ma io continuo.
“E poi hai messo dei pezzi live... in una compilation... uhm... non si fa”
“Ok, quindi voto alla cassetta?”
“Non classificabile. Ripresentati al prossimo appello”
“E invece, voto ai miei stivali nuovi?” domanda accavallando le gambe per mostrare il suo nuovo acquisto. Come se non l'avessi già notato.
“10. Pete, il tuo ex, ti ha consigliata bene” sono marroni, con le stringhe fittissime e una sorta di ricamo laterale.
“Pete non è il mio ex e lo sai benissimo. E non fare finta di essere geloso perché tanto non ci crede nessuno”
“Non sono geloso, constatavo semplicemente il suo buon gusto estetico” e stanno benissimo con quei pantaloncini di velluto.
“E comunque non li ho comprati lì, li ho trovati in un negozio vintage in centro” un po' mi crogiolo nell'autoconvinzione che li abbia presi apposta per me, perché sa l'effetto che mi fanno.
“Non sono male. Anche se non te li ha venduti Pete” d'altra parte però non vorrei pensasse sono un cazzo di pervertito che non riesce ad avere un'erezione se non vede un paio di stivali. E in generale, non vorrei pensasse sia quel tipo di persona che è necessario stupire ogni volta, con qualcosa di estroso o sopra le righe. Ho avuto questa impressione, ma magari è solo mia. Insomma, la cosa degli appuntamenti è simpatica, ma più che altro perché è una cosa solo nostra, e non semplicemente per l'originalità delle scelte nelle uscite.
“Sei un cretino, Stone, te l'hanno mai detto?”
“Sì, ma detto da te suona meglio” le rispondo con un lesto baciamano e voglio vedere come ribatte a questo colpo da maestro.
“Meglio del mio mix tape?” è brava anche lei, non c'è che dire.
“Decisamente. Non che ci volesse molto...” ma non sa ancora fino a che punto mi piace avere l'ultima parola.
“Già. E anche per capire quanto sei cretino, mi ci è voluto davvero poco” risponde con un occhiolino. L'ultima parola, ma quanto le piace togliermela?
**
“Sicuro di non volere qualcosa?” Grace mi chiede dal bagno, mentre io mi fisso su uno dei due acquari.
“Sicuro, sono pieno” per il pic nic avrà preparato venti panini, più il vino, direi che sono a posto.
“Non hai neanche un mini-posticino nello stomaco per il dolce?”
“Credo di non avere più spazio in nessun organo interno, anche volendo. Forse nelle orecchie, potrei provare ma...”
“Neanche per questo dolce?” Grace esce e la maniera in cui mi si presenta non mi è affatto nuova, ma non per questo meno straordinaria.
“Beh, magari... giusto un assaggio...” credo che i miei organi interni stiano esplodendo nel momento in cui Grace avanza verso di me, completamente nuda e solo con gli stivali addosso.
Istintivamente indietreggio, ma non so perché, deve essere un istinto del cazzo perché non ho assolutamente intenzione di sottrarmi alle sue attenzioni, anzi. Forse sono solo in soggezione di fronte alla sua bellezza. Forse sono solo ancora un po' brillo.
“Perfetto.” Grace mi viene incontro, ma anziché abbracciarmi, mi dribbla e prosegue verso la cucina. La vedo scostare una delle sedie, forse quella nuova, forse no, per poi appoggiare le mani al tavolo e saltarci su “Allora che aspetti? E' pronto in tavola”
“E questa... da che film porno di serie B l'hai presa?”
“Muoviti o mi rivesto”
“Ok”
**
“Che fai stanotte? Rimani a dormire?” sto ancora cercando di capire chi sono e dove mi trovo e quale camion mi ha appena travolto, quando Grace si riaffaccia in cucina in pigiama, con lo spazzolino in bocca, intenta a lavarsi i denti.
“Dipende”
“Dipende da che?”
“Se posso dormire nel tuo letto sì, se no me ne torno a casa mia” non so dove trovo la forza di tirare fuori l'argomento che potrebbe generare una gran discussione. Forse ho raggiunto un equilibrio tale nel nostro rapporto da riuscire a parlare apertamente di tutto. O forse è solo che mi fanno male i reni, le gambe e tutte le ossa e ho sonno, e quindi vorrei dormire sulla superficie più comoda e più vicina possibile.
“Ok, allora ci vediamo domani” Grace punta lo spazzolino verso di me per poi rimetterselo in bocca e tornare in bagno.
“Dai, Ciottolina, perché devi fare sempre così?” mi alzo dal divano tirandomi su boxer e calzoni alla bene e meglio, cercando di non perdere l'equilibrio, prima di andare verso il bagno per parlare faccia a faccia come le persone normali, ma il faccia a faccia diventa letterale quando lei sbuca dalla porta come una furia e quasi ci sbattiamo contro a vicenda.
“Come cavolo mi hai chiamata??” mi chiede trattenendo una risata a stento.
“Hai detto che il tuo cognome significa sasso, no? Non posso chiamarti... She-Stone, mi farebbe senso”
“Stonia?”
“No”
“Stonette?”
“Perché non possiamo dormire assieme?” la riporto al succo della questione, perché conoscendo lei, e me, potremmo andare acosì vanti per ore.
“Te l'ho spiegato perché, è complicato” Grace si allontana da me e si sofferma un attimo di fronte al divano, come se ci si volesse sedere, ma poi ci ripensa e prosegue, sedendosi al tavolo della cucina, sulla sedia accanto alla porta d'ingresso.
“Lo so, ma ora, beh, è passato del tempo. E da qualche parte dovrai pure iniziare per... abituarti di nuovo alla presenza di un'altra persona, no? Andiamo per gradi” recupero la sedia che Grace aveva buttato da parte una mezz'oretta fa e mi ci siedo, risultando così esattamente di fronte a lei.
“Non sono solo io a dovermi abituare, Stone” in questo modo lascia intendere che ci sia dell'altro e io non sono certo stupido, l'ho capito da un pezzo che non è solo una questione di abitudine all'essere single. C'è una cosa che la rende insicura, all'inizio pensavo fosse qualcosa nella sua stanza, tipo le decine di peluches o qualche animale domestico strano di cui non vuole rivelarmi l'esistenza. Ma poi ho capito che è molto più di questo. Ho pensato che potrebbe avere qualche disturbo ossessivo compulsivo che la fa andare in panico nel momento in cui una persona va a turbare il suo equilibrio. Insomma, basta vedere il casino che ha tirato fuori per la sedia. Magari sistema le cose sul comodino secondo un preciso ordine di utilizzo o fa il letto col righello le squadre e l'idea che qualcuno glielo scombini la manda ai matti. Però mi ha risposto picche anche quando l'ho invitata a rimanere a dormire da me. Non è voluta nemmeno entrare nella mia stanza. Probabilmente riesce a dormire solo nel suo letto, vuoto. Poi ho pensato anche che potrebbe avere a che fare col suo passato, con la sua lunga malattia di cui non vuole mai parlare. Magari prende dei medicinali che la scombussolano o semplicemente che non vuole mostrarmi. Sono arrivato anche a pensare che possa prendere qualche droga, ma no, non la mia Gracie. E poi che c'entrerebbe la sua camera?
“Ok, se mi dici a cosa mi devo abituare, magari comincio a portarmi avanti io e poi tu mi vieni dietro, che ne pensi?”
“Fosse facile”
“Lo so che non è facile, altrimenti non avrei aspettato così tanto prima di metterti alle strette”
“Mi stai mettendo alle strette?”
“Sì, o parli o parli”
“Per forza?”
“Non me ne vado di qui finché non mi dici che succede. Davvero”
“Oh.” forse solo ora Grace capisce che faccio sul serio e che non mi farò andare bene le sue risposte evasive anche stavolta “Ok, va bene”
“Non devi avere paura, sono... sono solo io.” allungo le mani sul tavolo per prendere le sue e finalmente alza lo sguardo incrociando il mio “E lo sai quanto sono intelligente, sono in grado di capire qualsiasi cosa, puoi stare tranquilla”
“Eheheh lo so, mi posso fidare”
“Esatto”
“Mi devo fidare, insomma, sapevo che questo momento sarebbe arrivato, prima o poi te lo devo dire, non posso nascondertelo per sempre. Nonostante le tue passioni peculiari”
“Che vuoi dire?”
“Ugh non posso credere che sto per fare il discorso, di nuovo” si nasconde la faccia tra le mani, che poi si passa tra i capelli.
“Di nuovo?”
“Sarà per questo che sono diventata allergica alle relazioni stabili, per evitare di dover rifare lo stesso discorso ogni volta. Ma poi sei arrivato tu e mi hai mandato all'aria tutti i piani” Grace mi prende di nuovo le mani, dà una stretta e mi sorride, prima di lasciarle andare e tornare a esaminare la stampa della tovaglia sul tavolo.
“Che discorso?”
“Non è facile per me essere a mio agio con un uomo... in intimità”
“Davvero? Perché a me e alle mie articolazioni non sembrava affatto” provo a scherzare per allentare la tensione, ma non so se sia il caso, forse è una cazzata, forse devo lasciarla parlare e basta.
“Non parlo solo di quell'intimità, ma in generale”
“Perché sei abituata ai tuoi spazi e-”
“No, non c'entra un cazzo quello. E' una cosa... una cosa fisica, Stone”
“Fisica?”
“Lo so, conoscendomi la prima cosa che viene da pensare è che sia la mia testa ad avere problemi. E non sono qui per negarlo, insomma, che io non sia del tutto registrata è un dato di fatto”
“Beh... l'hai detto tu, eh?” alzo le spalle e rispondo al suo mezzo sorriso con uno pieno.
“Ma il punto della questione è un problema che ha a che fare, ecco, col mio corpo”
“Il tuo corpo non può avere problema alcuno, Ciottolina”
“Perché non l'hai visto tutto, Bam Bam” visto il momento delicato, decido di soprassedere sul nomignolo, che tutto sommato mi sono meritato.
“Come non l'ho visto? Più di così!”
“Diciamo che la tua curiosa fissazione in questo caso ha giocato a mio favore. O sfavore, perché in realtà ha fatto in modo che io potessi rimandare la questione a oltranza fingendo che il problema non esistesse, quindi dipende dai punti di vista”
“La mia curiosa... Gracie, non ci sto capendo niente, puoi essere un po' più chiara?”
“C'è qualcosa che non va nel mio corpo, qualcosa che non hai visto”
“Ha a che fare con la tua malattia passata?”
“Sì”
“Oh Grace, non saranno delle cicatrici a mettermi a disagio! Mi alzo, pronto a prenderla tra le braccia e stritolarla per punizione, ma lei rimane inchiodata al tavolo”
“Eheheh cicatrici... magari fosse quello!”
“Che significa?”
“Il problema non è qualcosa che ho, ma qualcosa che... manca”
“Sarò scemo, ma io non ho notato niente”
“Sai cos'è un osteosarcoma?”
“Dal nome direi una malattia delle ossa” il termine tecnico irrompe in una conversazione che fino ad ora era stata decisamente leggera, dirottandola completamente verso una destinazione più cupa.
“Un tumore, per la precisione”
“E' questo che hai avuto, anni fa?”
“Sì”
“Ok. Ma l'hai sconfitto quello stronzo di tumore, insomma, stai alla grande”
“Ma quello stronzo di tumore il segno l'ha voluto lasciare lo stesso, Stone”
“Grace, seriamente, non c'è nulla che mi possa allontanare da te. Posso sembrare un coglione con la puzza sotto il naso, ma non sono un tipo impressionabile” in questo momento meglio tralasciare il fatto che non amo particolarmente gli aghi.
“Sai come si cura l'osteosarcoma?”
“Chemio?”
“Chemioterapia e chirurgia”
“Ok”
“E' partito dall'alluce, una cosa rarissima a detta dei medici”
“Devi sempre essere originale tu, eh?” Grace da corda al mio sdrammatizzare con i suoi sorrisi, ma io non sono più tanto sicuro se sia l'atteggiamento giusto da tenere e la mia uscita mi sembra meno intelligente di quanto non dia a vedere.
“Poi si è esteso via via a tutte dita, poi il resto. E' stato tutto così veloce, una settimana prima mi sentivo bene, vivevo la mia vita tranquillamente, poi un dolore mentre facevo jogging e una settimana dopo rischiavo di perdere la gamba o, peggio, di morire in caso avesse raggiunto organi vitali”
“Ma i super chirurghi hanno fatto il loro dovere e ti hanno rimessa in sesto” sembro il bambino che non vuole sentire le parti drammatiche della storia della buona notte e vuole arrivare subito al lieto fine, per addormentarsi sereno.
“Sì. Mi hanno salvata. A un piccolo prezzo”
“Grace, chi se ne frega se il tuo piede non è bello da vedere, l'importante è che sei qui, adesso, con me, a poter parlare di questo”
“Non è bello da vedere perché non lo puoi vedere, Stone, non hai ancora capito? Non c'è, non ce l'ho, me l'hanno dovuto amputare” sento le parole uscire dalla bocca di Grace, ma suonano vuote di significato. Sento il bisogno di sedermi e di dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma mentre riesco a fare la prima cosa, il mio secondo intento mi risulta stranamente impossibile. Forse per la prima volta nella mia vita non so cosa dire. O meglio, ho talmente tante cose che vorrei dire che mi girano in testa e mi sembrano tutte stupide, superficiali, stonate, del tutto inutili.
“Stone?”
E non so neanche come muovermi. Cosa faccio? Se mi allontano sembrerò distaccato, se mi avvicino penserà che sto ostentando una serenità che non posso realisticamente avere, stessa cosa se le guardo i piedi, ma se evito del tutto di guardarli si convincerà di avermi spaventato.
“Stone di' qualcosa. O se non vuoi dire niente, almeno chiudi la bocca, ce l'hai spalancata da un quarto d'ora” Grace si allunga verso di me sul tavolo e mi chiude la mandibola con una lieve pressione della mano. La sua mano così delicata, dolce, gentile, come lei. Non posso credere le sia successa una cosa del genere, proprio a Grace. Ok, nessuno si merita un dolore di questo tipo e il mondo è pieno di orrori, ma posso essere libero di indignarmi per un'ingiustizia di questa portata?
“E' il destro o il sinistro?” finalmente parlo. E ovviamente dico una boiata.
“Che differenza fa?” Grace mi guarda giustamente come si guarda un coglione.
“Così, per sapere”
“Destro”
“E hai una protesi?”
“Ovviamente sì, se no secondo te come farei a stare in piedi?”
“Ma non si nota, cioè, quando cammini, cammini normalmente. Sei solo un po'-”
“Lenta, come una lumaca” completa la mia frase ed è come quando nei film gialli viene dato l'indizio definitivo e una lampadina si accende nel cervello dell'investigatore, che comincia a ripercorrere a ritroso tutti i momenti chiave dell'indagine. Nel mio caso specifico, tutte le volte in cui ho preso Grace per il culo per la sua lentezza.
“Dio, sono uno stronzo” e d'improvviso, la realizzazione.
“Sì, ma stronzo o no, questo non lo potevi sapere”
“Ma mi sento una merda ugualmente”
“Ti passerà. Ok, allora, adesso che vuoi fare?”
“Che voglio fare?”
“Generalmente, secondo la mia esperienza, gli uomini a questo punto si dividono in due categorie, vorrei sapere a quale delle due appartieni”
“Dipende dalle categorie” rispondo, sempre più scomodo su questa sedia. Forse è perché è quella nuova. Sì, sarà per questo. Grace ha ragione, ha sempre avuto ragione, una sedia non vale l'altra.
“Quelli che non vogliono vedere e quelli che vogliono guardare”
“Oh”
“E, all'interno delle suddette categorie, troviamo due ulteriori sottogruppi: quelli che non vogliono vedere, ma mi chiedono di mostrarglielo per dimostrare che non gli fa né caldo né freddo, e quelli che invece sono curiosi di vedere, ma dicono di no per non sembrare morbosi”
“Io, beh, mi sa che io appartengo a una nuova categoria”
“E cioè?”
“Quelli che non sanno cosa fare”
“Eheh beh, di certo una categoria più onesta” Grace si alza e io la copio istantaneamente.
“L'hai detto a qualcun altro? Della nostra compagnia, intendo”
“No”
“Perché non me l'hai detto prima?”
“Ti sembra una cosa facile da dire? Ciao, mi chiamo Grace, sono dell'acquario e il mio colore preferito è il rosso. Ah, e ho un piede solo”
“Ho... ho bisogno... sì, insomma devo uscire” come faccio a dirle che devo andarmene senza sembrare una merda? Non ne ho idea e infatti mi esce malissimo.
“Te ne vai?” mi chiede mentre prendo la mia giacca e faccio per mettermela.
“Mi serve una boccata d'aria”
“Oh, ok”
“E devo schiarirmi le idee.” al terzo tentativo di inserimento della seconda manica della giacca andato a vuoto, Grace ha pietà di me e mi dà una mano “Grazie”
“Va tutto bene, Stone?” mi fa una domanda a cui, onestamente, non so rispondere e non so neanch'io il perché.
“Certo, è tutto ok.” le prendo il viso tra le mani e la bacio “E' solo... non me lo aspettavo, devo metabolizzare la notizia, tutto qui” dico a lei e a me stesso.
“In tutti questi anni, non ho ancora trovato un modo migliore per dirlo”
“Beh, tanto adesso non ti servirà più cercare un altro modo”
“Ah no?”
“Eh no, ora stai con me, non dovrai più dirlo a nessun altro ragazzo” offro a Grace un sorriso più convinto, anche perché lei non si merita nulla di meno, e la bacio ancora.
“Meno male, allora vedi che servi a qualcosa anche tu?”
“Buona notte, Ciottolina”
“Notte Stone” esco dall'appartamento di Grace, poi dal suo palazzo, poi mi infilo in macchina ed è lì che mi accorgo di aver praticamente trattenuto il fiato, per tutto il tempo.
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Capitolo 55 - Il vino, i puzzle e i suonatori di cucchiai (Seconda Parte)
Nel capitolo precedente: Meg e Angie fanno spese per la serata romantica di quest’ultima con Eddie, tra vino, cibo e abbigliamento sexy. Le due discutono anche di uno schizzo di Meg per un tatuaggio basato sulla grafica di un puzzle. Eddie arriva a casa di Angie e la trova intenta a cercare di aprire una bottiglia di vino sbattendola fuori dalla finestra con l’aiuto di uno stivale perché non ha il cavatappi. La serata scorre tranquilla tra riscaldamento impazzito, turbamenti dovuti alla seminudità di Angie e delle sue gambe, risate, momenti imbarazzanti, ma anche di intimità tra i due. Angie pensa che la serata tanto progettata si sia trasformata in un disastro, Eddie non riesce a interpretare i segnali ambigui di lei, che un po’ lo provoca e un po’ gli sfugge. Lui propone di nuovo di raccontare a qualcuno, magari a Meg, della loro storia.
***
“Torna presto però, ok?”
“Sì, certo” come se facesse qualche differenza. Un'ultima occhiata a Eddie, alle sue palpebre socchiuse e ai suoi capelli sparpagliati sul cuscino e mi alzo dal letto per andare in bagno. Mi ritrovo faccia a faccia con una me sbuffante allo specchio, apro l'armadietto a sinistra e prendo dischetti e latte detergente. Mentre mi strucco e vedo il cotone diventare sempre più sporco penso all'inutilità di tutta la preparazione iniziale. A cosa è servito farmi carina... beh, provarci, se poi non ho cavato un ragno dal buco? Pensavo che questa potesse essere la volta buona, invece, arrivati a letto, dopo un po' che ci stavamo baciando, Eddie mi ha gentilmente fatto notare che ero ancora truccata e che gli sembrava strano che io non mi struccassi prima di andare a dormire, visto che sono sempre 'così precisa'. Precisa un cazzo. Oggi non ne ho combinata una giusta: il vino giù dalla finestra, la musica d'atmosfera levata quasi subito, le candele e i fiori non cagati nemmeno per sbaglio, neanche mezzo commento sulla maglietta... e adesso? Mi dice pure di levarmi il trucco. Complimenti Angie, hai proprio fatto colpo! Butto i dischetti sporchi nel cestino e già che ci sono decido di lavarmi i denti. Mi guardo allo specchio mentre cerco di sincronizzare il movimento dello spazzolino a quello della mia testa che sto scuotendo sconsolata. Pensavi davvero che con una bottiglia di vino in più Eddie avrebbe fatto sesso con te? Sei proprio convinta che un album diverso l'avrebbe spinto a saltarti addosso appena entrato? O che la sottovestina di pizzo da puttanella suggerita da Meg l'avrebbe eccitato di più? Non capisci che il problema non sta in queste cose, né nella varietà di fiori né nel colore del rossetto? Puoi anche mettere il rossetto a un maiale... ma resta sempre un cazzo di maiale. E' chiaro che non gli piaccio, Eddie può dire ciò che vuole a parole, ma le sue azioni mandano un messaggio completamente diverso. Sciacquo la bocca, mi asciugo con la salvietta, rimetto lo spazzolino nel bicchiere blu e, notando il barattolo di crema lì accanto, è come se mi apparisse, non il fantasma del padre di Amleto, ma Meg con le mani sui fianchi che mi dice Le creme antirughe sono una puttanata per fare soldi. L'unico modo per ritardare la comparsa delle rughe è idratare la pelle e tenere la faccia lontana dal sole. Mi idrato per bene con questo prodotto dal profumo dolciastro, prendendomi anche un pochino a sberle con la scusa di farlo assorbire bene, spengo la luce e torno in camera. Eddie è girato dall'altra parte e probabilmente starà già dormendo. E meno male che soffriva d'insonnia. Da quando ci frequentiamo non l'ho mai visto metterci più di dieci minuti per addormentarsi: o è un cazzaro o l'ho guarito. Mi metto a letto e tiro su solo il lenzuolo perché fa ancora caldo. E' a questo punto che Eddie si muove e si gira verso di me, dandomi un bacio sulla guancia e appoggiando la testa sulla mia spalla. Allunga anche una mano sulla mia pancia, io la intercetto prontamente e me la porto sul fianco. Evidentemente ci ho messo meno di dieci minuti.
“Che buono...” Eddie continua a baciarmi, praticamente a mangiucchiarmi la guancia.
“Ti... ti piace?”
“Adoro questo profumo. E poi sei... tutta... cremosa...” io cerco di rimanere impassibile perché, insomma, non è che puoi prenderti solo i pezzi che più ti garbano: o ti piaccio tutta o non se ne fa niente, prendere o lasciare. Ma gli argomenti di Eddie sono sempre molto convincenti e finisco per rotolarmi nel letto N volte assieme a lui, un po' dalla mia parte e un po' dalla sua, e sono ancora di più in balia di Eddie qui, nella quasi totale oscurità della mia stanza, non potendo prevedere le sue mosse, che di volta in volta mi colgono di sorpresa. Perché mi sembra sempre che abbia, non so, dieci mani? Perché mi tocca così? Dovrebbe essere illegale. E' troppo bello per non essere illegale.
Rotoliamo ancora, Eddie finisce sopra di me, la foga è tanta e la stoffa che ci copre è poca e... e Meg è proprio una cretina e finirò per picchiarla un giorno perché per colpa dei suoi discorsi del cazzo (no, giuro che non era voluta...) di stamattina, sono costretta a mordermi le labbra a sangue per non scoppiargli a ridere nell'orecchio. Posso quasi vederla, qui ai piedi del letto, braccia conserte e faccia da culo, mentre mi chiede Cos'è, sta morendo anche adesso?
“Angie?” la voce di Eddie, profonda e affannata mi distoglie dai miei pensieri sciocchi.
“Sì?”
“Dove sei?” mi chiede senza smettere di muoversi sopra di me, ma solo rallentando, il che rende il tutto se possibile ancora più intenso.
“In... in che senso? Sono qui”
“Fisicamente sei qui, ma con la testa sei da un'altra parte” ok, come cazzo fa? Come fa a saperlo? Ci vede al buio come i gatti e mi ha vista fare qualche faccia delle mie? Mi legge nel pensiero? A giudicare dai miei pensieri, spero proprio di no.
“E' colpa tua... mi fai... mi fai perdere l'orientamento”
“Addirittura?”
Sta morendo proprio male, eh?
Zitta tu!
“Beh sì” rispondo e anche i miei occhi si stanno abituando al buio perché vedo benissimo sia l'azzurro degli occhi di Eddie sia la scintilla che li illumina brevemente e che contemporaneamente trasmette una specie di ghigno alle sue labbra irresistibili. Le sfioro con le dita, che lui bacia ad una ad una, prima di attaccarsi di nuovo alla mia bocca e io non riesco più a ragionare, non riesco più a pensare a niente che non sia il suo respiro, la sua pelle, i suoi capelli che mi solleticano il collo, i suoi denti, le sue mani che, Dio...
“Dormiamo?”
“Eh?” che ha detto? Un momento, quand'è che ha rallentato con i baci?
“Ho detto, dormiamo?” ripete e stavolta lo sento,  e sento che mi accarezza i capelli, mentre vedo solo puntini luminosi nel buio.
“Ok” rispondo.
Sei proprio una cogliona. Ci caschi OGNI. CAZZO. DI. VOLTA. Ma questa cosa deve finire: o siete amici o state assieme. O fate sesso o non fate sesso. Anzi, o fate sesso o non fate NIENTE.
Ce ne ha messo di tempo a morire, eh?
Vaffanculo, proiezione mentale di Meg!
“Domani devi alzarti presto? Te lo chiedo così mi preparo psicologicamente alla tua sveglia killer” scherza e io avrei voglia di fargli saltare qualcuno dei suoi bellissimi denti con un pugno.
“No, domani no, la sveglia killer suona alle otto e mezza”
“Eheh caspita, mi va di lusso allora” ride e rotola via da me, stendendosi dall'altra parte del letto.
“Già. Beh, allora... buona notte”
“Buona notte, Angie” lo sento scivolare sotto il lenzuolo verso di me, appoggia la fronte sulla mia tempia e fa un respiro profondo. Io chiudo gli occhi praticamente strizzandoli e spero che il sonno mi colga presto “Angie?” ma Eddie vanifica i miei progetti chiamandomi ancora.
“Sì?”
“E il bacio della buona notte?”
“Non ce lo siamo già dato prima?”
“Non mi pare, quando?”
“Prima... più di uno” rispondo e resto immobile con gli occhi serrati.
“Ma quelli erano baci di altra natura, non erano della buona notte”
“Ah no?”
“No”
“Esiste un tipo di bacio specifico per la buona notte?”
“Certo. E gli hanno dato anche un nome, sai? Alcuni lo chiamano... bacio della buona notte”
“Originale”
“Posso averlo?”
“Cosa?”
“Il bacio della buona notte”
“Ok”
“Ok?”
“Va bene. Vada per il bacio della buona notte” meno male che avevo detto basta un minuto fa.
“Sì?” Eddie respira piano sulla mia guancia, di tanto in tanto sembra quasi trattenere il fiato.
“Sì, me lo puoi dare” faccio Risolutezza di secondo nome.
“Ah. Posso” risponde con un tono di voce un po' strano, un secondo dopo le sue labbra sono sulle mie per un bacio a stampo, dopodiché si rigira dall'altra parte “Notte”
“Notte Eddie” tutto qui? Beh, meglio così, no?
**  
Sono sola. Ok, c'è Eddie qui a letto con me, ma è come se fossi da sola. Continuo a girarmi e rigirarmi sotto il lenzuolo senza riuscire a prendere sonno; adesso mi sono fermata in posizione supina, in silenzio e totalmente immobile da almeno cinque minuti, intenta a fissare il soffitto in cerca di qualcosa di interessante. Se fossi a casa dei miei in Idaho a quest'ora almeno avrei Frou Frou con cui parlare, la mia macchia di umidità/cavallino/amico immaginario preferito. Osservo le crepe sull'intonaco cercando di attribuirgli una forma conosciuta, la forma di una persona, di un animale, di un essere a cui possa sembrare lecito fare una domanda da adulti. Non che le cose di cui parlavo con Frou fossero solo ed esclusivamente infantili, però non mi ci vedo a chiedere al mio amico quadrupede immaginario d'infanzia perché il mio ragazzo non vuole scoparmi. O meglio, perché il mio amico che non è attratto da me si ostina a voler giocare ai fidanzati. Se pongo a me stessa la domanda, beh, so già cosa mi risponderò. Ho bisogno di un fittizio interlocutore esterno che bilanci la mia insicurezza dicendomi che magari non c'entro io, che forse è perché non riesce a dimenticare del tutto la sua ex o ha qualche problema intimo o è semplicemente asessuale e non sa come dirmelo. Quei segni di muffa non potrebbero ricordare vagamente una salamandra? Non potrebbe pensarci lei a raccontarmi un po' di quelle cazzate? Così poi io potrei ribattere che è stupido stare a impazzire dietro a ipotesi complicate quando la risposta è quasi sempre quella più facile. Insomma, per tirare fuori il rasoio di Occam in maniera più credibile mi serve un contraddittorio, non posso fare tutto da sola. Comunque più che una salamandra sembra un pesce. Uff, forse è meglio chiudere gli occhi e provare a prendere sonno. Mi giro di nuovo sul fianco, verso la porta.
“Tutto ok?” per un attimo mi sembra quasi sia stato il poster di Patti Smith a parlare, ma con una voce assonnata e decisamente più maschile.
“Sì Eddie”
“Non dormi?”
“No” e a quanto pare nemmeno tu, mi viene da dire.
“Che dici, apro un po' anche questa finestra?”
“No, tanto abbiamo chiuso il calorifero. E poi abbiamo già aperto di là, non voglio prendermi un malanno”
“Ok”
“Comunque non ho caldo”
“No?”
“No. E tu?”
“Mmm no, io sto bene”
“Allora ok” concludo e spero che anche lui la finisca qui e si rimetta a dormire. Non vedo l'ora di sentirlo russare.
“Ma quindi perché non dormi?” Cristo santo...
“Boh, così...”
“C'è qualche problema?”
“No” rispondo forse fino troppo in fretta.
“Sicura?” nella semi-oscurità vedo i miei stivali ai piedi del letto e la tentazione di metterlo ko con un'anfibiata è forte.
“Sì”
“Sicura sicura?” sempre più forte.
“Non c'è nessun problema, Eddie, non lo so... magari ho mangiato troppo, magari sono i pensieri, boh...”
“Che pensieri?” ovviamente lui deve soffermarsi solo sulla seconda ipotesi.
“Pensieri normali, su cose normali” siamo pericolosamente vicini alla mia linea di tolleranza.
“Tipo?”
“Tipo le cose da fare domani”
“Che devi fare domani?”
“Cose normali... la spesa, pagare l'affitto, lavare le finestre”
“Non hai i soldi per l'affitto?”
“Sì che ce li ho”
“Allora non vedo cosa non dovrebbe farti dormire” il pericolo si avvicina sempre di più.
“Infatti, non c'è nulla che non va, te l'ho detto”
“Altri pensieri?”
“No”
“Sicura?” una volta superato il limite non si può più tornare indietro.
“No. Beh, c'è un problema in effetti”
“Ah sì? Quale?”
“C'E' CHE MI SONO ROTTA IL CAZZO, EDDIE!” sbotto accendendo il lume sul comodino e mettendomi seduta sul letto.
“Angie che-”
“NON CE LA FACCIO PIU'!” gli urlo di nuovo in faccia, facendo sobbalzare lui e il materasso sotto i nostri culi.
“Troppe domande eh? Scusa, ti lascio dormire...” Eddie, piuttosto intimidito, si scusa perché ovviamente non ci sta capendo nulla, poverino, ma questo non fa che irritarmi ancora di più.
“DORMIRE UN CAZZO! NON VOGLIO DORMIRE!”
“Ok”
“E NON DORMI NEANCHE TU”
“Va bene...” Eddie, che stava per girarsi dall'altra parte, capisce che è il caso di mettersi a sedere proprio come la sottoscritta. Ho il fiatone, il muso e le braccia incrociate sul petto. Ogni tanto i nostri sguardi si incrociano, il mio probabilmente da pazza, il suo perplesso, ma nessuno apre bocca per svariati minuti. E' Eddie a rompere il silenzio “Vuoi che ne parliamo?”
“Sì.” rispondo prima di fare un bel respiro profondo “Direi che è proprio arrivato il momento di parlarne”
“Ok”
“Ok”
“Ti ascolto” eh ma allora lo fa apposta!
“TU MI ASCOLTI?? TU ASCOLTI ME?!”
“Uhm... no?” Eddie fa di tutto per non scomporsi e sembrare tranquillissimo, non riuscendoci.
“NO! Sono io che ascolto te, sei tu che devi parlare!” cerco di riprendere il controllo perché mi sto spaventando da sola.
“Io?”
“Certo, mi devi una spiegazione”
“Come faccio a spiegarmi se non so neanche di cosa parli?”
“Perché non mi vuoi?”
“Eh?”
“Perché stai con me se non ti piaccio?”
“CHE?!” stavolta è lui a perdere la compostezza e lanciarmi un acuto in faccia.
“Lo sai che è così”
“Angie, di che cazzo stai parlando?”
“Perché non vuoi fare sesso con me?”
“Oh mio dio” Eddie china la testa e se la regge tra le mani mentre la scuote.
“Insomma, io lo so di non essere una strafiga, però...”
“Angie”
“Però tu insisti con il fatto che stiamo insieme e... se due stanno insieme si suppone che si piacciano, in tutti i sensi”
“Tu mi piaci in tutti i sensi possibili e immaginabili”
“E allora... allora, perché non me lo dimostri?”
“Io non te lo dimostro??” Eddie alza la testa e mi guarda come se avessi appena detto che la terra è piatta.
“Perché non vuoi farlo... con me?”
“Credi davvero che io non voglia?”
“Beh, sì, considerato che non l'abbiamo ancora fatto”
“Angie, io muoio letteralmente dalla voglia di farlo... di fare l'amore con te”
“E allora perché non-”
“Sto solo aspettando”
“Aspettando cosa?”
“Che tu sia pronta”
“Pronta? Ma io sono pronta, sono prontissima!”
“Ne dubito, Angie”
“Ma guarda che... io non... non sono più vergine, se è quello che pensi” il solo pensiero di essere qui a fare questa conversazione con Eddie mi imbarazza a morte, ma non posso stare in questo limbo di incertezza per sempre.
“Lo so, cioè, lo supponevo,” risponde con una smorfia un po' tesa e non posso fare a meno di pensare alle volte in cui senza volerlo ha beccato me e Jerry in atteggiamenti inequivocabili “non è questo il punto”
“E qual è?”
“Non mi sembri pronta a farlo, con me”
“Perché?”
“Perché non sei ancora totalmente a tuo agio assieme a me”
“Ahah io non sono mai a mio agio con nessuno, nemmeno con me stessa, sono fatta così, non vuol dire niente!” la risata nervosa mi scappa. Se aspetta che io diventi Miss Sicura di Sé per fare roba, allora faccio prima a farmi suora.
“Per me significa molto, invece” Eddie resta accigliato e io cerco di tornare seria.
“Lo so. Quello che intendevo dire è che io sono sempre così... sono timida... è il mio modo di essere, non vuol dire che io non stia bene con te”
“La timidezza non c'entra. Credimi, lo so che stai bene con me, lo percepisco. Quello che non so è cosa provi. Per me. Cioè, a volte mi sembra di capirlo, ma poi magari fai o dici qualcosa che mi comunica l'esatto opposto e io non so più che pesci pigliare”
“Cosa provo?” come se fosse facile.
“Già”
“Non è semplice... parlare dei propri sentimenti, lo sai che io non sono brava a parlare in generale”
“Non sempre serve parlare, Angie, ci sono anche altri modi per dimostrare cosa si prova”
“Io te lo dimostro in continuazione!”
“No, io te lo dimostro in continuazione. Tu... tu non fai niente”
“COME NIENTE?!” alzo di nuovo la voce, anche stavolta spontaneamente.
“Angie, tu... tu non mi baci neanche”
“Io cosa?”
“Non mi baci. Mai” che cavolo sta dicendo?
“Non è vero!”
“Sì invece. Da quella volta alla stazione degli autobus a San Diego, fino al bacio della buona notte di prima. Sono sempre io che bacio te e tu rispondi e basta”
“Sono sicura che ti sbagli. Ti avrò baciato anch'io... qualche volta”
“Qualche volta? Qualche volta quando?”
“Non lo so, non è che mi ricordo ogni singola volta”
“Se fosse successo davvero, me lo ricorderei, fidati”
“Eddie”
“Sarebbe stato un evento storico perché tu non mi baci mai per prima. Non fai nulla per prima. Non prendi mai un'iniziativa che sia una con me”
“Beh ecco... può darsi che spesso, essendo timida, io lasci che sia tu ad avvicinarti per-”
“Spesso? Diciamo pure sempre”
“Scusa...” rispondo imbarazzatissima e il suo sguardo si addolcisce.
“Non ti devi scusare! Non voglio scuse, voglio solo sapere qual è il problema e cosa devo fare per rassicurarti” mi accarezza il braccio e si capisce che sta cercando di farmi sentire meglio, ma io mi sento sempre peggio.
“Non devi fare niente, non sei tu il problema”
“Non mi baci, non mi chiami, se non chiedendomi prima con precisione quando sono a casa, quando puoi chiamarmi, quando non mi disturbi, eccetera. Quando sei passata da me con la torta prima del concerto non sai quanto mi hai fatto felice”
“Eheh per così poco?”
“Sì, perché non è poco”
“E quella di stasera? Non ti sembra che io abbia preso l'iniziativa stasera?”
“No, per niente”
“Ah no? Mi sono fatta trovare praticamente mezza nuda, vestita solo di una maglietta del tuo gruppo preferito... ho allestito tutto questo scenario romantico e sexy, ho pure sabotato la caldaia condominiale... se non è iniziativa questa!”
“Tu... hai fatto cosa?”
Ops.
“Non potevo farmi trovare scosciata con quattro gradi in casa, mi avresti presa per una deficiente. Volevo solo alzare un po' la temperatura, perché se qui si gela non è per un malfunzionamento dei riscaldamenti, è perché quegli stronzi dei proprietari li tengono bassi per risparmiare! Poi non è colpa mia se la manopola mi è rimasta in mano, ecco” svelo il mio piano diabolico a un Eddie sempre più basito.
“Quindi per te è più facile fare tutto questo casino che non semplicemente, non so, la butto lì, dirmelo?”
“Dirti cosa?”
“Che vuoi fare l'amore con me”
“Ah, quello”
“Come puoi farlo se non riesci nemmeno a dirlo serenamente?” mi sembra quasi di sentire Meg, che  a quanto pare non ha ancora lasciato la mia camera da letto.
“Te l'ho detto, sono timida!”
“Comunque, se lo vuoi sapere, la tua non la definirei un'iniziativa. Questo non è prendere l'iniziativa, questo è stato... cercare di provocarmi perché fossi poi io a prenderla, come sempre”
“Non sono la donna fatale che ti salta addosso e ti mangia in un boccone”
“Non devi esserlo! Beh, a meno che tu non voglia, in quel caso non avrei certamente nulla da ridire” aggiunge con un sorrisino ammiccante.
“Non succederà mai, neanche nelle mie prossime cento vite”
“Dai, scherzavo. Quello che voglio dire è che mi 'accontenterei' di qualcosa di molto più semplice”
“Cioè?”
“Di un bacio, Angie. Un cazzo di bacio, che tra parentesi non mi hai ancora dato”
“Stiamo parlando”
“E allora? Chissenefrega, baciami e mettimi a tacere”
“Come tu hai fatto con me a San Diego?” sorrido ripensandoci.
“Sì. Voglio che mi baci, cazzo. Voglio che tu ti senta libera e tranquilla tanto da baciarmi, abbracciarmi, chiamarmi, prendermi a schiaffi quando ti va, come ti va, senza accertamenti, preavvisi o permessi in carta bollata”
“Non è facile per me”
“Ma perché? Perché non riesci a lasciarti andare con me?”
“Perché... perché ho paura” mi costa una fatica enorme rispondere, soprattutto perché sto dicendo la verità.
“Paura di cosa? Angie, io lo so che siamo agli inizi e so che hai avuto fregature in passato. Voglio essere onesto con te: io non sono un santo. Sono molto lontano dalla perfezione, sono pieno di difetti e quelli peggiori non li hai ancora visti, ma ci tengo davvero a questa cosa con te e non ho intenzione di mandare tutto a puttane”
“A quello ci sto pensando già io, a quanto pare” rispondo sconsolata.
“Ma figurati! Perché dici così?”
“Beh, stiamo discutendo...”
“Stiamo parlando, non stiamo mica litigando. Stiamo cercando di capire perché non ti fidi di me”
“Io mi fido di te”
“Non abbastanza”
“Eddie, credimi, io mi fido di te. E' di me che non ho fiducia”
“Di te?”
“Non mi fido di me stessa perché ho paura. Ho paura di fare casini e mandare tutto in merda. Cosa che per altro sto già facendo”
“Non hai fatto proprio niente, come ti ho detto stiamo solo parlando. E' così che le persone risolvono i problemi, parlando. O baciandosi. Come ti ho chiesto già da un po', ma tu non hai ancora provveduto...” Eddie mi sgomita piano cercando di farmi ridere e un pochino ci riesce.
“Eheh ecco, io cerco di fare un discorso serio e tu mi prendi in giro”
“Non ti prendo in giro, la mia è una richiesta autentica. E ancora valida”
“Forse non prendo iniziative perché... perché ho paura che siano quelle sbagliate”
“Sbagliate?”
“Ho paura di sbagliare, di fare casini. Di essere troppo appiccicosa. O troppo poco. Di essere troppo presente o troppo assente. Io... non faccio niente perché così ti osservo, in modo da capire quello che vuoi”
“E quello che vuoi tu? Non conta?”
“Io... io voglio te, è questo che conta” è come se sentissi qualcun altro rispondere al mio posto e vedessi questo qualcuno arrossire di botto di fronte a un Eddie rimasto a bocca aperta.
“Oh Angie...” mi prende il viso tra le mani obbligandomi a guardarlo negli occhi “Anch'io voglio te, ti voglio come sei e non cambierei una virgola. Vorrei solo che non avessi paura di essere te stessa quando sei con me. E che mi baciassi quando ti va. O quando te lo chiedo. Cosa che, non so se te l'ho già detto, non hai ancora fatto”
“Fosse per me ti bacerei sempre, Eddie”
“Lo dici come se fosse una cosa brutta” allunga i pollici per accarezzarmi le guance.
“No, tu non capisci. Quando dico sempre intendo proprio sempre. Cioè, immagino tu ti sia guardato infinite volte allo specchio, ma non credo tu l'abbia mai fatto con gli stessi occhi che posso avere io”
“Ok, quindi sono bello e vuoi baciarmi” mi toglie le mani dal viso e fa spallucce.
“Non è una questione di bellezza, che comunque non ti manca. E' proprio... voglio dire, la tua bocca... ok, ti serve per tante cose... per parlare, per cantare da dio, per bere e mangiare... ma le tue labbra, è come se mi chiamassero, in continuazione, e non per fare due chiacchiere”
“Ah no?” mi domanda con quella faccetta da cazzo compiaciuta.
“No. E non è che le tue labbra siano fatte per baciare: le tue labbra hanno inventato il bacio stesso. Cioè, io non ho studiato questo aspetto della storia nello specifico, ma credo che la gente non si baciasse sulla bocca finché sulla terra non è comparso qualcuno con delle labbra come le tue e a quel punto l'evoluzione non ha potuto che seguire il corso più naturale”
“E' un modo contorto per farmi un complimento?”
“E' un modo contorto per dirti che se io mi lasciassi davvero andare, come vuoi tu, mi attaccherei a quelle labbra come una cazzo di ventosa e probabilmente non ti permetterei di fare nient'altro e anch'io non potrei fare nient'altro e finiremmo per perdere i sensi come Marina e Ulay, solo che noi non siamo artisti, cioè io no, e comunque non potremmo vivere di questo tipo di arte, sembreremmo solo due imbecilli” e poi succede anche che quando provo a lasciarmi andare vado in ansia e quando vado in ansia comincio a blaterare cose a caso senza prendere fiato. E in tema di fiato...
“Marina e chi?”
“E Ulay. Breathing in/breathing out, non ne hai mai sentito parlare?” Eddie fa no con la testa “E' una performance artistica. Marina Abramovic e Ulay sono due artisti contemporanei. Un bel giorno questi due si sono tappati le narici con dei filtri di sigaretta e si sono incollati l'uno alle labbra dell'altra in questo bacio soffocante, scambiandosi anidride carbonica mista a quell'unica dose di ossigeno iniziale, che si è consumata in pochi minuti, portandoli a perdere quasi i sensi”
“Eheh tu mi fai perdere i sensi anche senza tappi nel naso, quindi direi che si può fare” lui ride e io non riesco ad articolare il pensiero, ci metto un quarto d'ora a rispondere.
“E se mi lascio andare e non mi sopporti? Se divento fastidiosa? Se ti bacio in un momento in cui non ti va?”
“Angie, ti svelo un segreto”
“Mi sveli sempre un sacco di segreti tu”
“Sì, perché sono più vecchio e più saggio”
“Ahahah ma per favore”
“Allora, il segreto: il segreto è che non c'è un momento in cui non mi va”
“Esistono momenti opportuni e momenti meno opportuni”
“Non esiste, non riesco a pensare a un solo momento in cui io potrei mai anche solo pensare di non voler essere baciato da te. Voglio dire, potrebbero legarmi e torturarmi infilandomi spilli sotto le unghie delle mani e dei piedi e io avrei ancora voglia di un tuo bacio”
“Esagerato”
“Potrei aver appena cagato lamette o aver subito un intervento all'appendice senza anestesia, ma se tu ti avvicinassi per baciarmi io di sicuro non mi volterei dall'altra parte per evitarti”
“Ahahahah”
“Guarda che è la verità, non sto scherzando. Ma anche in positivo! Potrebbero avermi appena proclamato vincitore di un Grammy, un Oscar o un altro premio del cazzo a caso e magari mi chiamano sul palco per ritirarlo, ma se tu sei lì che mi stai baciando io non mi muovo di un millimetro e non me ne frega un cazzo del resto. Anzi, no, me ne fregherebbe solo perché la vittoria sarebbe una scusa per farmi baciare da te, solo in funzione di quello”
“E se i Cubs vincessero le World Series?” troppo facile coi premi, parliamo di cose che contano davvero per Eddie.
“A maggior ragione vorrei un cazzo di bacio da te per festeggiare l'evento memorabile! Ma mi auguro di non dover aspettare che quell'evento si verifichi per avere un tuo bacio”
“Non dovrai aspettare tanto” rispondo spostandomi nel letto per avvicinarmi un poco a lui.
“No?” domanda sottovoce.
“No” mi avvicino ancora un po'.
“E quanto allora?” insiste posando lo sguardo alternativamente sui miei occhi e sulle mie labbra.
“Poco, pochissimo”
“Sì?”
“Già”
“Ok”
“Ok”
“Sto aspettando”
“Un attimo! Come sei impaziente”
“Sì, sono piuttosto impaziente, sai com'è? Sono solo...” Eddie si interrompe e fissa un punto indefinito alle mie spalle, mentre contemporaneamente accenna un conto con le dita, poi torna a guardarmi negli occhi “Sono solo tre mesi che aspetto questo momento”
“Tre mesi?” gli chiedo perplessa.
“Beh sì, tre mesi che aspetto consapevolmente. Inconsapevolmente un po' di più...”
“Che significa inconsapevolmente?”
“Non stavi per baciarmi?”
“Eddie, cosa vuol dire inconsapevolmente?” alzo un po' la voce, Eddie solleva gli occhi al cielo e mi risponde rassegnato.
“Significa che, come dire, non è che mi sono alzato una mattina e ho deciso di avere una cotta per te, è stata una cosa... lenta e graduale”
“Iniziata più di tre mesi fa?”
“Iniziata la prima volta che ti ho vista, da Roxy”
“Ma se mi hai detto due parole! E poi stavi ancora con la tua ex”
“Non proprio... e comunque ho detto che è iniziata allora... e continua anche oggi. Dalla prima volta che abbiamo parlato ho iniziato a conoscerti ed è come se ti fossi insinuata dentro di me, come un seme, che germogliava e il germoglio cresceva giorno per giorno. E più ti conoscevo, più la pianta continuava a crescere e più mi piacevi. Poi quando ho realizzato cosa mi stava succedendo, ormai era troppo tardi perché ci ero dentro fino al collo e la piantina era diventata un fottuto albero”
“Ahahah un albero?” anche lui ha i suo monologhi nonsense indotti dal panico?
“Sì, un cazzo di baobab, Angie. Ora se magari la smetti di ridere delle mie metafore, mi baci, per favore?”
“Ok”
“Ok. Ti rendi conto che non ci riesci anche se te lo sto letteralmente chiedendo, vero?”
“Ci riesco! Solo un secondo, non è facile così... a freddo”
“Non c'è un cazzo di niente tra noi due che sia freddo in questo momento, Angie”
“Va bene, adesso ti bacio, così la pianti!” mi avvicino e gli stampo un bacio sulle labbra, dopodiché lo guardo trionfante “Visto?!”
“E quello che cazzo era?”
“Come cos'era? Un bacio, no?”
“Me lo chiami bacio quello?”
“Certo! Perché tu come lo chiami?”
“Non lo chiamo, non me ne sono neanche accorto”
“Ah, allora i miei baci ti lasciano indifferente...” faccio per allontanarmi verso il mio lato del letto, ma Eddie mi trattiene per la vita.
“Non mi lasciano indifferente, so come baci, per questo gradirei un bacio vero”
“Uno vero eh?”
“Sì, grazie”
“Tipo... così?” parlo sulle sue labbra prima di avvicinarmi con lentezza e posarci sù le mie, all'inizio delicatamente, poi premendole con un po' più di forza.
“Mmm... già meglio” gli concedo una piccola pausa per rispondere, poi lo bacio ancora, finché non lo sento infilare le mani sotto la mia maglietta.
“Eh no, non puoi...” lo blocco e continuo a baciarlo, spingendolo dalla sua parte del letto e portandogli le mani unite sopra la testa, come se fosse in trappola.
“Che ho fatto?” mi domanda e sembra seriamente preoccupato.
“Se non ho capito male devo prenderle io le iniziative adesso, o sbaglio?”
“Oh” lo sguardo accigliato lascia spazio a un sorriso tutto fossette.
“Quindi tu stai fermo, ok?”
“Non è che devi fare proprio tutto tu”
“STAI FERMO, OK?” alzo la voce e lo sguardo divertito diventa qualcos'altro.
“Va bene, mia regina” risponde e io lascio andare le sue mani e affondo le mie fra i suoi capelli, prima di tornare a baciarlo con un tale trasporto da ritrovarmi a un certo punto a cavalcioni su di lui senza neanche sapere come ci sono arrivata.
“Allora?” mi stacco di poco dalle sue labbra, che tiene ancora schiuse, mentre respira affannato, poi mi alzo “Andava bene?”
“Benissimo...” risponde aprendo finalmente gli occhi e usandoli per incendiarmi sul posto “allora ti piaccio?”
“Ahahah ma va?? Grande deduzione, Sherlock!”
“Non ridere tu” mi afferra le cosce e mi scuote come se volesse disarcionarmi.
“Perché, non lo sapevi?”
“Come facevo a saperlo?”
“Che significa, è ovvio che lo sapevi”
“Ovvio? Ovvio per te. A parti invertite tu cosa avresti pensato?”
“In che senso?”
“Se fossi stata al mio posto, se fossi stata tu a fare sempre il primo passo, non dico solo a baciarmi... Se avessi dovuto cercarmi sempre tu, chiamarmi sempre tu... E in tutto questo, io ti avessi anche chiesto di mantenere il segreto più assoluto e di non dire a nessuno che stiamo insieme e avessi evitato accuratamente di farmi vedere in giro con te in atteggiamenti anche solo poco più che amichevoli in posti frequentati dai nostri amici... Se non ti avessi mai detto una parola sui miei sentimenti o su di noi in generale, se non a fatica e su tua esplicita richiesta... In questo caso, tu che avresti pensato? Come ti saresti sentita?” una merda vale come risposta? Mi ricorda quando stavo con quello stronzo di Drake. Beh stavo è una parola gro-... Aspetta un momento.
“Non voluta. Oh ma tu non ti senti così, vero?”
Cazzo.
“Non più. Forse”
“Eddie, io...” mi chino su di lui e riempio di baci la sua faccia, illuminata da un sorriso di sollievo, mentre io mi sento uno schifo e parlo tra un bacio e l'altro “io... non... credevo... che-”
“Che anch'io potessi sentirmi insicuro? Invece sì”
“Sono una stupida” sospiro e appoggio la testa sul suo petto, allungando le gambe fino a stendermi completamente su di lui.
“Sono io lo stupido perché avrei dovuto parlartene subito” replica accarezzandomi i capelli.
“Non è facile parlare con me, sono sempre sfuggente. Sono una maestra della fuga dalle situazioni difficili e dai discorsi seri”
“Ma ora non mi scappi più” aggancia le mie gambe con le sue e mi blocca in una trappola da cui non ho la minima intenzione di liberarmi.
“Scusami”
“Smettila di scusarti. Non l'ho detto per farti sentire in colpa, l'ho detto per farti capire perché non potevo fare l'amore con te”
“E adesso?”
“Adesso cosa?”
“Adesso... puoi?” alzo la testa per guardarlo negli occhi, che sono splendidi anche alla luce del mio schifosissimo lume.
“Non lo so, non sono più io quello che prende le iniziative adesso”
“Ti odio”
“Non è vero”
“Invece sì” torno nella mia metà del letto e lo trascino con me, sopra di me, afferrandogli i lembi della maglietta e sfilandogliela nel mentre.
“Sai cosa ho scoperto?”
“Che cosa?”
“Che mi piace un sacco quando prendi tu le iniziative”
“Ah sì?”
“Eccome” risponde mentre mi libero anche della mia t-shirt degli Who.
“Meglio così” intreccio le mani dietro alla sua nuca e lo attiro a me con poca delicatezza per un lungo bacio, che si trasforma in una lunga serie.
A un certo punto mi ritrovo con le mutandine calate alle ginocchia e non so dare nessuna spiegazione scientifica a questo fenomeno, perché per tutto il tempo le mie braccia sono rimaste allacciate al suo collo e le sue mani fisse sul mio seno, quindi o l'attrito e gli strusciamenti hanno fatto sì che si sfilassero da sole o Eddie ha delle mani extra o è successo tutto per magia. E non so cosa mi sia preso perché, mentre con una mano cerco di tirarle giù per liberarmene del tutto, allungo l'altra mano sull'elastico dei suoi boxer per abbassarglieli. Il gesto non passa inosservato perché è come se Eddie improvvisamente andasse fuori di testa. Comincia a leccarmi e mordermi la faccia, le labbra, la lingua, il collo, sul lato sinistro, avvicinandosi sempre più al mio punto debole e io non capisco più un cazzo e inizio a gemere e basta. Rinsavisco brevemente quando lo sento tornare a strusciarsi su di me, senza nessuna barriera di tessuto, dopo avermi allargato le gambe.
“Eddie?”
“Sì?”
“Secondo... secondo cassetto” spiego indicando alla mia sinistra.
Anche Eddie sembra calmarsi un attimo, mi accarezza il viso col dorso della mano, mi da un piccolo bacio sulle labbra e poi si allunga verso il mio comodino, trovando il pacchetto quasi subito. Ne estrae una bustina, che mi porge prima di lanciare la scatola sul comodino e lasciarsi cadere sull'altro lato del letto.  
“Tieni” mi dice mentre io cerco di coprirmi con il lenzuolo alla bene e meglio.
“Che significa?” gli chiedo perplessa.
“Che sei tu a prendere le iniziative adesso, te ne sei già dimenticata?” ribatte con quelle cazzo di fossette in bella mostra. E non solo quelle.
“Ah è così adesso?” cerco di fingermi arrabbiata.
“Eh sì”
“E sarà sempre così?”
“Perché? Ti dispiace?”
“Per niente” me lo sento dire, ma non so nemmeno io da dove mi esce tutta questa sicurezza. Non mi faccio domande e cerco di tenermela stretta finché dura, mentre mi chino di nuovo sulle sue labbra e apro la bustina.
**
“Smettila di ridere” sento il riso vibrare nel profondo del petto di Eddie perché il mio orecchio ci è appoggiato sopra, anzi, è praticamente appiccicato visto che siamo anche vagamente sudati. Spero di evitare l'effetto ventosa, mi dispiacerebbe rovinare il momento perforandomi un timpano.
“Sono felice. Rido” risponde laconicamente.
“No, tu ridi di me”
“Perché dovrei?”
“Lo sai benissimo” mi scollo da lui e alzo la testa per guardarlo e vedo tutti i suoi bellissimi denti in bella mostra.
“Sei adorabile quando vieni, lo sai?”
“Sì certo, a parte i suoni che produco”
“Veramente io mi riferivo proprio a quelli”
“Gli adorabili gemiti strozzati di un maialino scannato al mattatoio?”
“Ahahahah ma stai zitta!” esclama stringendomi sotto il lenzuolo.
“O di uno scoiattolo schiacciato da una macchina”
“O di uno scoiattolo fatto di crack” ribatte citando il nome della mia vecchia e unica band.
“Eheheh esatto”
“Un momento: non è quello il motivo per cui vi chiamavate così, vero?” mi domanda improvvisamente tutto serio e da come me l'ha chiesto forse preferivo quando mi prendeva per il culo.
“Ahahahah oddio! Ovviamente no, figurati!”
“Sicura? Dopotutto il tuo ex era nella stessa band...” risponde facendomi anche una specie di linguaccia subito dopo.
“Non è assolutamente quello il motivo, è stata una scelta casuale”
“Ok. Comunque mi piace, è tenero. Tu sei tenera” si rasserena e mi dà un bacio in fronte.
“Tenera? Quindi il mio tentativo di risultare figa, sicura e sexy è fallito miseramente?”
“Tenero è sexy, per me. La dolcezza è la cosa che più mi eccita in una ragazza, lo sai?” continua coi baci sulla fronte e sui capelli.
“Ah sì?”
“La dolcezza e la propensione agli atti di vandalismo. E dopo stasera, direi che hai il massimo dei voti in entrambe le cose”
“Se nel locale caldaia ci sono telecamere sono fottuta” nascondo la faccia di nuovo sul suo petto.
“Tranquilla, te la pago io la cauzione”
“Con quali soldi?”
“Beh, la venderemo qualche copia di Ten, spero”
“Ten?”
“E' uno dei nomi più papabili per l'album”
“Perché sono dieci canzoni?”
“In realtà saranno undici o dodici”
“E allora che c'entra il dieci?”
“E' il numero di maglia di Mookie Blaylock. Abbiamo dovuto cambiare nome, ma un omaggio ci sta”
“La vostra è proprio una fissazione” scuoto la testa prima di affondare la faccia nell'incavo del suo collo.
“In questo momento ho una fissazione diversa per la testa però”
“Ah sì e quale?” gli chiedo sinceramente curiosa, perché penso che stia ancora parlando di musica, e quindi mi coglie decisamente di sorpresa quando in un nanosecondo mi afferra e mi ribalta sul letto, saltandomi sopra.
“Secondo te?” domanda con un'espressione euforica mentre si strofina senza pietà sulla sottoscritta.
“Ancora? Di già?” forse reagisco con fin troppo stupore.
“Come di già? In che senso?”
“No, niente”
“Non vuoi? Se non ti va guarda che non c'è problema” smette di muoversi e io mi taglierei la lingua.
“NO, MI VA!”
“E allora perché-” fa per rispondere, non senza ridere della foga con cui ho espresso le mie intenzioni.
“Pensavo ci mettessi di più, che ne so! Non sono mai stata con uno... beh, della tua età”
“Angie, ok che sono più grande di te, ma ho ventisei anni non sessantadue” Eddie mi guarda come se fossi un'ebete e non ha tutti i torti.
“Dettagli”
“Te li faccio vedere io i dettagli” minaccia afferrando il lenzuolo e sollevandolo sulle nostre teste, coprendo entrambi completamente.
“Non dovevo prenderla sempre io l'iniziativa?”
“Maestà, mi vedo costretto a fare un'eccezione per darvi una dimostrazione pratica. Posso?”
“Prego, proceda pure signor Vedder”
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“Che ne dici di Butterfly girl?” Mike torna al tavolo con due pinte di birra in mano, mentre Stone e Grace lo seguono, portando ognuno il proprio boccale.
“Nah, non lo so. Mi sembra più il nome di un supereroe del cazzo” rispondo poco convinto.
“Supereroina semmai” puntualizza Stone, e chi se no.
“Ok, mi suona come una supereroina del cazzo. Catwoman, Batman, Batgirl, Butterflygirl... avete presente?”
“Sì, grazie Jeff per la spiegazione ragionata. Comunque è un demo finto, i titoli delle canzoni non devono avere un senso. Anzi, credo che Cam non si aspetti nemmeno che tu tiri fuori dei titoli” durante le sue considerazioni, in cui non dimentica di prendermi per il culo, Stone ha un braccio attorno al collo di Grace per tutto il tempo e meno male che Laura non è venuta. Non per altro, ma mi sarebbe dispiaciuto che a Mike toccasse il ruolo del quinto incomodo reggi-moccolo. Insomma, già non se la sta passando benissimo ultimamente.
“Se mi ha chiesto di occuparmi dell'artwork del demo, vuol dire che la cassetta avrà una certa importanza nel film” spiego ciò che mi sembra fin troppo ovvio. Se questo demo deve avere una certa immagine vuol dire che apparirà, che verrà inquadrato a un certo punto, quindi deve sembrare vero a tutti gli effetti.
“Oh certo, sarà sicuramente la parte più importante della pellicola: tutta la trama ruota attorno al tuo demo, Jeffrey” Stone annuisce prima di bere un sorso di birra e io sono tentato di fracassargli il bicchiere sul cranio.
“Jeff ha ragione! Se non fosse stato importante, Cameron non gli avrebbe affidato questo compito. Avrebbe preso delle cassette vergini e ci avrebbe scritto su al momento il nome del tipo... Com'è che si chiama il protagonista? Me l'hai detto, ma non me lo ricordo” Grace interviene in mio favore ed è troppo divertente guardare Stone fare finta che la cosa non lo irriti affatto.
“Cliff Poncier”
“Viene cacciato dalla sua band e si mette a vendere il suo demo di cinque tracce per strada” precisa McCready.
“E quante tracce hai per ora?” mi chiede ancora Grace incuriosita.
“Tre, me ne mancano due” rispondo mostrando il blocchetto per appunti su cui ho annotato i titoli e fatto una specie di schizzo della copertina.
Seasons
Nowhere but you
Spoon man
… girl
???
“E la quarta deve per forza parlare di una ragazza?”
“Sì, perché è stato scaricato anche dalla tipa oltre che dalla band. Come ogni musicista sfigato che si rispetti, riversa il suo dolore nelle canzoni” Stone risponde per me e io mi concentro di nuovo cercando di farmi venire in mente un aggettivo da accostare a questa girl del titolo. Do un'occhiata distratta fuori dalla vetrata del pub, ma quello che vedo mi spinge a darne un'altra un po' più attenta: l'inconfondibile macchina di Angie che parcheggia dall'altro lato della strada, proprio sotto casa nostra.
“Angelic girl?” azzardo ma mi fa schifo nel momento stesso in cui lo dico.
“Per carità! Lasciati consigliare da Mike, mi sembra il più ferrato in materia di due di picche” ironizza Gossard e l'altro chitarrista lo guarda in maniera inequivocabile.
“Io non ho ricevuto nessun due di picche”
“Ovvio”
“Non sono stato scaricato, ho scelto di stare da solo”
“Certo, certo”
Seguo il battibecco tra Mike e Stone e, allo stesso tempo, anche i movimenti fuori dal pub. Angie esce dalla macchina guardandosi attorno con circospezione, mentre dal lato passeggero ecco scendere il nostro cantante che, senza farsi problemi, fa il giro dell'auto fino ad arrivare alle spalle di lei per abbracciarla e darle un bacio sulla guancia. Come sono carini! Ma se non vogliono farsi scoprire dovrebbero essere un po' più discreti, cazzo. Ok che alla fine è tutto inutile, perché tanto lo sanno tutti quanti che quei due stanno assieme, però se proprio vogliono sostenere questa farsa, che almeno la portino avanti come si deve. L'altro giorno si sono fatti sgamare persino da me! Voglio dire, hai invitato la tua ragazza a casa nostra? Dimmelo, cazzo! O se non vuoi dirmelo perché devi fare l'innamorato segreto, almeno fammelo capire, dimmi di farmi un giro e tornare più tardi, dimmi che ci vediamo direttamente al soundcheck! Invece no, io devo tornare a casa e trovarvi avvinghiati sulla poltrona. Non so neanche come abbiate fatto a non accorgervi di me, nella fretta di andarmene via di lì credo di avere pure sbattuto la porta uscendo. Che poi non ci sarebbe stato niente di male, ma conoscendo Angie non mi avrebbe rivolto la parola per giorni per la vergogna.
“Fly girl?” suggerisce Mike e questa non è malvagia.
“Mmm non male, la metto in forse, bravo Mikey!” mentre scrivo vedo che Angie ha messo in pratica fin troppo bene il mio invito alla discrezione. Praticamente si scrolla Eddie di dosso in malo modo e gli dice qualcosa che a lui non deve piacere tantissimo, perché la fissa con aria delusa e a braccia conserte. A questo punto Angie gli indica il pub e io mi volto verso gli altri nel dubbio che possa vedermi attraverso la vetrata e accorgersi che li ho notati.
“Sì! Bravo Mikey! Ehi, che ha fatto Mike?” Cornell arriva al nostro tavolo e si siede accanto a me senza tante cerimonie.
“Ha proposto un possibile titolo di una canzone” risponde prontamente Grace.
“Per il vostro album?”
“No, per il demo di Cliff Poncier” rispondo prima che un altro amico si aggreghi alla compagnia.
“Li hai trovati tutti e cinque alla fine? Ciao ragazzi...” Eddie Cane Bastonato si siede vicino a Stone e io non posso fare a meno di lanciare un'occhiata fuori, dove intravedo Angie seduta al posto di guida, intenta probabilmente a far passare un numero secondo lei sufficiente di minuti prima di entrare per non destare sospetti.
“Ciao Eddie. No, solo tre e mezzo” spiega Stone.
“Chi cazzo è Cliff Poncier?” chiede Chris perplesso.
A questo punto gli faccio un aggiornamento veloce, raccontandogli del demo e di quel poco che Crowe mi ha accennato della trama del film.
“Figo! Fammi vedere... Seasons eh?”
“Cos'è? Un pezzo dedicato alle uniche due stagioni esistenti a Seattle?” la voce di Angie irrompe alle mie spalle e io non posso fare a meno di pensare che i minuti non sono stati poi così tanti.
“Ehi Angie! E quali sarebbero le due stagioni?” chiede Mike facendole posto accanto a sé.
“Umido e Più Umido” la Pacifico fa spallucce e non le pare vero di sedersi agli esatti antipodi di Eddie per non destare sospetti. Questa cretina.
“Beh, se venisse effettivamente scritta, potrebbe parlare proprio di quello eheh” scherza Eddie, cercando di dissimulare il suo malumore.
“E perché non scriverla veramente?” Chris batte un pugno sul tavolo, prima di alzarsi in piedi.
“Che vuoi dire?” gli chiedo confuso.
“Che dovremmo scrivere davvero queste canzoni, registrarle e farle sentire a Cameron. Sarebbe una bella sorpresa, non credete?”
Per un po' il tavolo resta in silenzio, probabilmente tutti, come me, cercano di capire se Cornell sta scherzando o è serio, cosa che con lui capita il 90% delle volte in pratica.
“Vuoi dire che saresti davvero in grado di scrivere...” Angie si alza per allungarsi sul tavolo e leggere mio taccuino “Spoon Man??”
“Perché no? Artis ne sarebbe felicissimo, gli faremmo pubblicità” replica Chris ed è a questo punto che capiamo che sta facendo sul serio. E se per caso non fosse così, ci penso io a incastrarlo.
“Ok, allora ti sfido: lunedì devo presentare l'artwork del demo a Cameron, hai cinque giorni per scrivermi i cinque pezzi del Poncier Demo”
“Cinque? Ahahah per domani le avrai tutte, amico!” esclama e mi porge la mano per stringere il nostro patto.
“Però vi faccio notare che mancano ancora due titoli, cioè, uno e mezzo” ricorda Stone il precisino.
“Che ne dite di Flutter girl?” Grace fa il suo tentativo e... cazzo, è il migliore!
“Mi piace! Andata. Scusa Mike” faccio un cenno al chitarrista che scuote la testa.
“Nah, tranquillo, la sua proposta stravince anche per me”
“Ok, allora ne manca una sola. Spremetevi le meningi” incoraggio gli altri e a parlare è l'altra ragazza del tavolo.
“Beh, il quinto titolo manca perciò... perché non Missing?”
“Siete due cazzo di geni!” sentenzio e aggiungo anche l'ultimo titolo ai miei appunti, prima di strappare la pagina e darla a Chris “E ora sono cazzi tuoi”
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Capitolo 55 - Il vino, i puzzle e i suonatori di cucchiai (Prima Parte)
Nel capitolo precedente: Eddie e Angie si svegliano a casa di lei. E’ la terza volta di fila che dormono assieme ma, sebbene Eddie la stuzzichi in continuazione, non hanno ancora fatto l’amore. Angie comincia a farsi paranoie anche su questo ed è convinta ci sia qualcosa che non va. Eddie, Stone e Mike si recano da Roxy la mattina stessa, proprio durante il turno di Angie. Lui le fa delle battutine, le lancia dei messaggi d’amore subliminali attraverso le canzoni del juke box, poi la segue nel retro e la bacia; lei pensa lo faccia apposta per far sì che i loro amici li scoprano. I due discutono brevemente, ma poi si riappacificano subito. Meg rivela ad Angie il suo nuovo progetto: diventare una tatuatrice. Capisce inoltre che Angie ha qualche preoccupazione e fa in modo di far sputare il rospo all’amica, che le confessa i suoi dubbi circa l’attrazione fisica di Eddie nei suoi confronti. Meg cerca di farla ragionare e le suggerisce di organizzare un’altra serata con Eddie, stavolta particolarmente romantica.
***
“Ian, puoi venire qui un secondo?” chiamo il mio collega mentre sfoglio il blocco da disegno che la mia coinquilina mi ha appena passato in cassa assieme agli acquisti. “Che c'è?” lo sento rispondere in lontananza. “Ho bisogno di te” “Non puoi fare da sola? Quel tizio che ha fatto cadere il ragù alla bolognese ha combinato un casino!” “Pff se quello è ragù alla bolognese io sono Julia Roberts!” il commento mi scappa proprio nel momento in cui Hannigan, probabilmente attratto dal trambusto, ritorna dal magazzino. “ANGIE?” mi guarda in cagnesco e io vorrei sotterrarmi. “Ehm nel senso che è una salsa prodotta nella nostra amata America! Sano cibo americano, gustoso e nutriente… che trae ispirazione da una ricetta italiana per… per…” cerco di recuperare rivolgendomi al mio pubblico costituito da Meg, che mi guarda come se stesse per scoppiare a ridere, il mio capo e due clienti perplessi, un ragazzo e una signora sulla cinquantina. “Per darne una nuova interpretazione?” suggerisce il ragazzo dal reparto snack. “ESATTO! Una nuova interpretazione. Diversa dall'originale” “Ma altrettanto valida” aggiunge il boss. “Validissima!” esclamo a denti stretti. “E’ mezza italiana.” spiega Meg parlando ai clienti “Deve rompere il cazzo su tutto, ma il sugo è buono” Il ragazzo ridacchia e la signora scuote la testa e si dirige verso i surgelati. “Avrei gradito evitassi l'uso della parola cazzo, ma hai riassunto perfettamente il mio pensiero” il volto di Hannigan si rasserena e io forse ho ancora un posto di lavoro. “Comunque è tutta colpa di Ian” preciso non appena vedo apparire il mio collega alle spalle del capo. “E io che c'entro?” “Ti ho chiamato e non sei venuto” “Beh adesso sono qua, che c'è?” “Adesso c'è lui, non ho più bisogno” “Mi spiegate che cazzo succede? Non ci sto capendo un cazzo” sbotta il capo nel mezzo del nostro battibecco. “Pensavo che la parola cazzo non si potesse dire” Meg interviene alzando la mano come se fosse a scuola. “Ai clienti no, ai dipendenti sì” “Meg deve comprare del vino” indico la mia coinquilina e la bottiglia che ha piazzato sul bancone. “E allora? Stacchi alle 13, hai ancora dieci minuti” Ian mi rivolge uno sguardo da pesce lesso e in questo momento gli infilerei due dita negli occhi. “Non è per l'orario, è che io non posso venderglielo…” “Ah già! Beh, ci pensi tu?” domanda al nostro principale. “Sì, certo Ian! Ci penso io, sono già qui! D'altronde perché far lavorare i miei dipendenti stipendiati quando posso fare tutto da me, no?” “Uhm… allora vado a buttare un altro po’ di segatura su quella macchia” Ian si allontana e Meg stavolta non si trattiene e scoppia a ridere senza ritegno. “Ahah non ce la fa! Comunque fa ridere che non puoi vendermi il vino, considerato che poi te lo berrai tu alla faccia mia” commenta Meg mentre Hannigan batte lo scontrino della sua spesa: bottiglia di rosso, pane in cassetta, salmone, formaggio, burro e snack vari. “Certo che anche tu, non ce la fai proprio, eh?” mi nascondo la faccia tra le mani. “Potresti evitare di dirmelo, almeno…” borbotta il capo scuotendo la testa. “Che? Dire cosa? Non ho parlato! Oops, stavo per dimenticarmi il dolce, aspetta un secondo!” Meg capisce di aver fatto una stronzata e fa la gnorri, allontanandosi verso il reparto dolci. “Comunque scherzava eheh” ribadisco sperando non noti che sto sudando. “Ovviamente”
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“Sono fighissimi!” “Grazie Meg per aver fatto la spesa per me e averla portata su per quattro piani… hai detto questo, vero?” la mia amica sistema tutto in frigo mentre io continuo a sfogliare il suo album di schizzi. “Precisamente” “Comunque non devi dire che ti piacciono solo per farmi contenta, voglio un parere sincero” “Sono sincera! Devo dire che preferisco quelli in bianco e nero” “Vero? Non mi sento ancora sicura col colore. Cioè, non è che non sappia fare disegni a colori, solo che nel momento in cui faccio qualcosa e lo coloro e penso che dovrebbe andare sulla pelle di qualcuno, finisce che mi sembrano tutte delle cagate, ne ho fatti pochissimi colorati” “La serie dei fiori è perfetta, anche quella degli animali” è davvero brava a disegnare, l'ho sempre sostenuto. “Sono solo scarabocchi per cominciare, per provare un po’ di temi e stili diversi” “Non sono scarabocchi… e questo?” mi soffermo su un disegno fatto su un foglio volante, piegato e inserito in mezzo al blocco, che mi cade a terra mentre giro le pagine. “Quale?” Meg si volta distrattamente per poi sbattere lo sportello del frigo e correre a prendermi il foglietto dalle mani non appena vede di che si tratta “Oh questo? Questo non è niente, questo… l'ho fatto l'altra sera al salone nei tempi morti, è una schifezza” E’ una pagina composta interamente da tessere di un puzzle, tutte diverse per forma e sfumatura, che però non compongono nessun disegno. Sono tutte vuote e riempiono il foglio completamente, tranne che per un piccolo spazio, una tessera mancante. Al posto della tessera, nello strato sottostante, s'intravede ciò che sembra carne viva e tessuto muscolare, che è anche l'unica parte colorata del disegno. “E’ semplice, ma di effetto. Quello potrebbe essere davvero un tatuaggio” “Dici?” “Sì! Sembra anche molto realistico. E inquietante, ma in senso positivo! Mi piace” “Oh beh, grazie” “Che significa?” “Che ti ringrazio del complimento?” “Ahaha no, che significa il tatuaggio?” “Ah” “C'è sempre un significato dietro, no? Quale sarebbe il significato di un tatuaggio così?” “Beh ma… ma questo non è un tatuaggio è solo un esercizio di stile, non c'è un ragionamento dietro” “No?” “No! Ok, presumo che potrebbe rappresentare, boh, un pezzo mancante nella vita di una persona? Voglio dire, tutti abbiamo un vuoto dentro, no? Nessuno si sente completo al 100%, c'è sempre una tessera del puzzle che non troviamo o che abbiamo perso per strada. E può essere tante cose: una persona, una passione, uno scopo nella vita. Tu che dici?” “Che sarebbe un tatuaggio di coppia perfetto” “Di coppia? Ahahah non ti facevo così sentimentale!” “Non necessariamente coppia di fidanzati. Anche solo tra due veri amici. O fratelli. Pensaci, uno si tatua il puzzle incompleto e l'altro si tatua il pezzo mancante, che si incastra perfettamente” “E’ un'idea. Dovrebbe rappresentare un legame forte. Tra fratelli… o anche tra un genitore e un figlio” “Sì beh, anche” non è detto che sia sempre forte. “Una madre… una madre potrebbe farsi questo, con uno o più pezzi mancanti a seconda di quanti figli ha. E i figli saranno le tessere mancanti” e se invece i pezzi perduti fossero i genitori? “E poi tu gli tatuerai quelle belle braccine pacioccone da neonati” “Ahahahah scema, lo possono fare da grandi. OPPURE… le tessere mancanti si possono fare nello stesso tatuaggio, un po’ più in là” Meg prende il blocco dalle mani e comincia a fare uno schizzo mentre mi parla, presa da un improvvisa ispirazione. “Ci puoi mettere anche il nome. O le iniziali” “Di chi?” “Del bambino. Nel pezzo del puzzle” “Certo, a sapere il nome” “In che senso? Ahaha come fai a non sapere il nome?” Meg mi guarda stranita, poi sorride: “Nel senso, se solo mi venisse in mente un nome per fare una prova” “Prova con Angie” le dico ridendo sotto i baffi. “Uno a caso” “A casissimo” “E’ inutile che ci provi, tanto non me lo faccio un tatuaggio di coppia con te, scordatelo” scuote la testa mentre inizia a tratteggiare una A in corsivo all'interno del disegno. “FIGURATI! Ho paura dei buchi alle orecchie, secondo te adesso mi faccio un tatuaggio, sei pazza?!” “O te lo vuoi fare con Eddie?” “Dai, muoviti, c'è dello shopping che ci aspetta” “Ahah questo entusiasmo da parte tua mi sorprende, l'astinenza fa brutti scherzi” “MEG!”
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“E secondo te una sottoveste da puttanella la troviamo al negozio dell'usato?” Meg non modera il tono della voce quando mi fermo davanti all'entrata di Rummage Hall. “Shhhhhh! Non devo comprare una sottoveste da puttanella, che cavolo dici?” “Come no? Siamo uscite espressamente per questo” “Avevi detto che dovevo mettere qualcosa di carino, senza esagerare. Non voglio esagerare, se no Eddie capisce…” “Scusami, lo scopo del tutto non è proprio quello? Far sì che capisca?” “Beh sì” “E allora, puttanella sia!” Meg entra nel negozio e io la seguo a ruota. “Shhhhhhhhhhhhhhh” “Comunque qui non troveremo un cazzo” la mia amica si dirige a lunghe falcate nel reparto abbigliamento. “Dove mi volevi portare, da Nancy Meyer? Non ho i soldi per quella roba” “No, ma Fantasy Unlimited è qui a due passi” “MA QUELLO- ehm… quello è un sexy shop” alzo la voce anch'io senza rendermene conto, per poi zittirmi da sola. “Appunto, devi essere sexy stasera, no? E comunque hanno cose molto carine, ci ho preso un sacco di roba, che per la cronaca uso anche per andare a ballare. Beh, ormai solo per quello” commenta facendo spallucce mentre esamina una vestaglietta in simil-raso, per poi rimetterla a posto. “A te bastano due triangoli di stoffa per essere vestita e stare bene, Meg, per me è leggermente diverso” “Ci vogliono solo dei triangoli un po’ più grandi, che problema c'è?” “Il problema è che non esistono triangoli abbastanza grandi per me” “Ma figurati!” “E poi non so se a Eddie piacerebbe, insomma, non so i suoi gusti” magari questo tipo di artifici di seduzione non gli piacciono, magari preferisce uno stile più semplice, un approccio più naturale. Perché cazzo non sono naturalmente figa? “E’ un ragazzo, è etero, quali vuoi che siano i suoi gusti? Più carne vede più è contento” è la risposta alquanto semplicistica di Meg. “La mia carne?” “Sì, perché?” “Ce n'è fin troppa nel mio caso, forse sarebbe più sensato nasconderla” chi voglio prendere in giro? Non basta mettersi una cosa addosso per trasformarsi in una ragazza attraente. Bisogna anche essere in grado di portarla e sentirsi a proprio agio in quei panni. Io non mi sento a mio agio nemmeno adesso che ho il cappotto. Non sono mai a mio agio, tranne a volte, con Eddie. Perché rovinare tutto? Mi faccio trovare così, col cappotto. O con la vestaglia di pelo, tanto ormai è abituato ai miei look di merda, niente di nuovo sotto il sole. “Angie, che cazzo dici?? Vuole vedere la tua carne perché gli piaci, pensavo che questo punto fosse ormai chiarito” “Gli piaccio, nell'insieme” “No, fanculo l'insieme, fanculo il cervello e le altre cazzate” “Cazzate?” “Angie, gli piaci fisicamente, gli fai sangue, ti vuole” “Mi vuole così tanto che devo vestirmi da puttanella per farmi notare?” “Il punto non è farti notare, è qui che non hai capito un cazzo. Ti ha già notata, praticamente state insieme! Il punto è solo fargli capire che sei pronta e disponibile al passo successivo. E stimolarlo un pochino, scaldare un po’ l'ambiente” “Se lo dici tu” scaldare l'ambiente eh? “Angie, cazzo, mi farai venire un esaurimento!” Meg si stringe la radice del naso tra le dita e temo che stia davvero per sbottare. “Non urlare! C'è gente” protesto guardandomi attorno imbarazzata e sperando che nessuno stia sentendo la nostra conversazione. “Scusa una cosa, quando siete insieme non noti niente in lui?” “In che senso?” “Quando vi baciate o vi abbracciate… quando pomiciate, insomma” “Beh, sembra preso… sì, sembra molto coinvolto e mi guarda sempre in maniera molto-” “Ok ok, gli occhi dell'amore, ma a parte quello, non senti niente?” “Che devo sentire?” “Dico, dormite pure assieme” “Puoi essere più chiara” “Non hai mai sentito… bussare?” “Bussare?” “Mini-Eddie non si alza per dirti ciao?” “Mini… MEG MA CHE CAZZO??” “Gli viene duro? L'avrai notato, no?” “MA SEI IMPAZZITA?!” “Shhh non urlare, c'è gente” Meg sghignazza e io la prenderei a testate. “Tu sei da ricovero” la prendo per la manica della giacca e faccio per trascinarla fuori dal negozio con me, ma lei mi spinge nel reparto libri. “Mamma mia come sei bacchettona” “Non sono bacchettona, sono solo… discreta!” “Ok, discretamente, non hai mai sentito se gli viene duro o no?” “A parte il fatto che non vuol dire niente” “Oh certo, adesso a Eddie vengono erezioni random, dopotutto è in piena età puberale!” “Tu scherzi, ma guarda che è vero. L'erezione non è necessariamente legata solo all'eccitazione sessuale. Sai che si possono avere erezioni anche in punto di morte in determinate condizioni?” “Oh davvero? E quante volte è morto Eddie di recente?” ribatte sorniona. “Comunque, a parte questo… non sono affari tuoi” mi giro dall'altra parte, facendo l'offesa, e guardando verso il reparto abbigliamento, dove eravamo fino a cinque minuti fa, avvisto una cosa che non avevo notato prima. “Tanto lo so già!” mi urla dietro Meg mentre mi allontano verso l'oggetto del mio interesse, prima di raggiungermi alle spalle sbuffando “Dai non ti arrabbiare, ti chiedo scusa. Volevo solo provare la mia tesi! E stuzzicarti un po'” “Che ne dici di questa?” mi volto mostrando alla mia amica il capo che ho appena tirato giù dallo stand. “Dico che… considerato che si tratta di Eddie, neanche da Fantasy Unlimited troveremmo una cosa migliore per stimolare la sua fantasia. Aggiudicata!”
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Sono a metà strada tra il primo e il secondo piano quando mi rendo conto di aver preso le scale anziché l'ascensore. Mi fermo un attimo, con un piede su un gradino e l'altro su quello più in alto, contemplando quanto sono scemo e cercando di risalire al momento in cui ho inserito il pilota automatico e concludo di aver perso un po’ la lucidità nel momento in cui ho parcheggiato sotto casa di Angie. Il portone era aperto? Credo di sì, perché non ricordo di aver suonato e me lo ricorderei se avessi sentito la sua voce, anche attraverso quel merdoso citofono gracchiante. A quanto pare, passare più tempo assieme non ha cambiato l'effetto che l'idea di vederla ha su di me. Spero non cambi mai. Scuoto la testa e riprendo a salire le scale, due per volta, per arrivare prima. Non ho propriamente corso, ma quando arrivo al quarto piano mi sento accaldato. Faccio un bel respiro, mi sistemo meglio lo zaino in spalla e mi avvio lungo il corridoio verso l'appartamento di Angie. La prima cosa strana che noto è un suono: il suono di un sassofono, che diventa sempre più forte man mano che vado avanti. La seconda stranezza mi si presenta non appena giro l'angolo e vedo che la porta di casa di Angie ha qualcosa che non va. Avvicinandomi mi accorgo che la lampada del corridoio proietta un sottile fascio di luce sulle piastrelle del pavimento all'interno dell'abitazione ed è lì che capisco che la porta è semi-aperta. Da quel che so, Angie si chiude a chiave a doppia mandata anche quando va in bagno ed è sola in casa, non lascerebbe mai la porta d'ingresso aperta. Mi avvicino lentamente e nel frattempo apro lo zaino e ci infilo la mano dentro per trovare un oggetto contundente da usare come eventuale arma di difesa. Mi scoccerebbe sprecare del buon vino fracassando la bottiglia sulla testa di un fantomatico ladro, ma dubito che la videocassetta di Harold e Maude sortirebbe lo stesso effetto. Afferro la bottiglia per il collo mentre spingo la porta ed entro con circospezione nell'appartamento, notando subito due cose. Prima di tutto vedo che c'è qualcosa a terra, all'inizio mi sembrano pezzi di un oggetto colorato andato in frantumi, ma quando mi chino per capire meglio di cosa si tratta, prendo in mano alcuni di questi frammenti e scopro che non sono altro che fiori, abbandonati sul pavimento. Continuo facendo a tastoni a terra in cerca di acqua o di pezzi di vetro di un vaso caduto e rotto, ma non trovo nulla. Pensandoci, almeno fino a ieri, qui non c'era nessun vaso di fiori. Quasi allo stesso tempo, realizzo che dei fiori qui ci sono solo i petali e che sembrano formare una scia verso il soggiorno. In quel momento realizzo che riesco a seguire il percorso dei petali blu e rossi sul pavimento perché l'ingresso non è rischiarato solo dalla luce del corridoio, ma anche da alcune candele accese posizionate sul mobiletto del telefono e sulla scarpiera. Oh. Mi alzo di scatto sentendomi deficiente per aver scambiato un allestimento romantico per la scena di un crimine, chiudo la porta e seguo la via indicata dai fiori, dirigendomi verso il soggiorno e immaginando le diverse scene che potrei trovarmi di fronte e che hanno tutte la stessa adorabile protagonista. In realtà è proprio lei che manca quando mi affaccio nella stanza, tutto ciò che trovo sono altre candele, il tavolino apparecchiato e imbandito con ogni ben di dio e poco più in là, tra i due divani, un cesto con una composizione di fiori rossi e blu come i petali trovati a terra all'ingresso. Your love is king canta Sade in sottofondo, che così sottofondo non è visto che il volume è abbastanza sostenuto, e io resto qui impalato col vino ancora in mano in attesa che Angie appaia magicamente, magari con un piccolo agguato alle mie spalle, coprendomi gli occhi con le mani, o in qualsiasi altra maniera abbia escogitato, ma questo non accade. D'un tratto mi sembra di sentire un rumore, anzi, una successione quasi regolare di rumori. Mi avvicino allo stereo di Angie e abbasso il volume e la serie di tonfi sordi si fa più chiara. Forse un allestimento romantico non esclude una scena del crimine… che cazzo sta succedendo? “Angie?” la chiamo e non ottengo risposta. I rumori vengono dalla cucina ed è lì che vado, spedito ma con cautela. Inizialmente apro la porta piano piano, ma la spalanco quando vedo Angie alla finestra, sporgersi fuori, praticamente appollaiata sul davanzale. “Angie!” la chiamo di nuovo, ma non mi sente. Allora appoggio la bottiglia di vino sul tavolo e la raggiungo, scuotendola per una spalla “Angie che-” “AAH! Oh cazzo, ATTENTI LA’ SOTTO!!” Angie sobbalza e inizia a gridare fuori dalla finestra, dopodiché sento un rumore tagliente come di qualcosa andato in pezzi ed è a questo punto che mi sporgo anch'io a vedere che succede. Succede che c'è un piccolo gruppetto di persone sul marciapiede qua fuori, disposte in una sorta di cerchio attorno a una macchia rossa che si allarga, e un tipo inveisce e fa il dito nella nostra direzione. “Angie… che hai combinato? Che significa?” le chiedo mentre entrambi ricacciamo la testa dentro l'appartamento. “Ho appena perso una bottiglia di vino rosso e uno stivale” Angie sospira e mi risponde come se si trattasse di una cosa normalissima, finalmente voltandosi verso di me. E finalmente mi concentro un attimo e realizzo cos'ho di fronte: Angie vestita soltanto di una maglietta nera degli Who che viva Dio le lascia quasi interamente scoperte le gambe, gli occhi truccati con la matita o quel che è, con quelle codine ai lati che vanno all'insù e che fanno sembrare il suo sguardo ancora più da gattina, un rossetto lucido sulle labbra, profumo di vaniglia addosso. Il ladro deve avermi fatto fuori e questo è il paradiso. “Beh, al vino posso rimediare perché l'ho portato anch'io…” indietreggio verso il tavolo senza staccarle gli occhi di dosso, indicando il punto in cui dovrei aver piazzato la bottiglia “e posso scendere un attimo e recuperarti la scarpa. Perciò vedi? A tutto c'è rimedio eheh, tranquilla” che cazzo rido? Credo di essere simpatico? E perché sto sudando? “Mi scoccia farti scendere, sei appena arrivato” replica con un broncio irresistibile dei suoi, staccandosi dalla finestra e dal mio sguardo, rivolgendo gli occhi a terra. “Figurati, no problem! Vado e torno.” faccio per uscire dalla cucina, poi ritorno sui miei passi “Anzi no, non posso” “Oh ok… perché? Cioè, non fa niente Eddie, non… non ti preoccupare” inizia a balbettare e io rido sotto i baffi, cercando però di rimanere serio. “Dimenticavo che devo fare una cosa prima” “Che cosa?” mi chiede perplessa prima che io mi avvicini per prenderle il viso tra le mani e baciarla. “Questo. Torno subito, ok?” le sussurro subito dopo. “Va bene” sorride e io la bacio ancora. “E al mio ritorno sappi che ho una serie di domande da farti su tutto questo” “Va bene” il suo sorriso si allarga ancora di più e io la bacio di nuovo. “Te lo dico prima così non ti colgo impreparata” “Va bene…” ripete e io sto per baciarla un'altra volta, ma lei mi trattiene premendo le mani sul mio petto “Adesso vai però” “Ah è così?” faccio per baciarla ancora e lei mi spinge via con più forza. “Muoviti” “Vado, vado. Come siamo autoritarie…” mi stacco da lei ed esco dalla cucina, per poi riapparire un secondo dopo sulla porta, giusto per un attimo “Mi piace”
**
Ci metto un po’ a scovare gli anfibi, anzi, l'anfibio marrone di Angie perché era rotolato giù dal marciapiede sotto una macchina. Quando lo trovo guardo istintivamente in alto, come se mi aspettassi di vederla ancora lì, affacciata alla finestra, coi suoi capelli colorati svolazzanti e visibili nella brezza notturna. Invece non c'è e io torno subito dentro e l'intero tragitto, stavolta in ascensore, lo passo cercando di immaginare il nesso tra vino e stivale e la dinamica che ha portato entrambi giù dalla finestra. Avanzo verso l'appartamento e Sade canta ancora forte e chiaro. “Grazie Eddie. Vuoi?” giro l'angolo e Angie è sulla porta con una scodella di patatine in mano, che mi porge appena le distanze si accorciano. Voglio te le direi, ma mi limito a prendere il recipiente e affondarci la mano per prenderne un po’. “Di nulla” le do la scarpa e la vedo allontanarsi velocemente verso la sua stanza, allontanarsi velocemente sulle sue gambe nude… EDDIE STAI SUDANDO, RIPRENDITI! “Perché resti lì? Dai entra” Angie ritorna e io sono ancora sulla porta a trangugiare patatine. “Ti aspettavo” alzo le spalle e seguo di nuovo i petali di fiori e i suoi passi fino al soggiorno. “Allora?” mi chiede quando siamo di fronte al divano e io metto giu la ciotola di patatine sul tavolino pensando che stessimo per sederci. Invece resta ritta in piedi e mi guarda sorridendo, con la punta del suo canino che si affaccia e preme sul suo labbro inferiore per un secondo come al solito. “Allora?” ripeto avvicinandomi fino ad avere il viso a pochi centimetri dal suo, ma senza abbracciarla né baciarla, come se ci fosse un gioco, una sfida in atto tra noi due, una sfida che perderò sicuramente. “La serie di domande…” abbassa lo sguardo e, tendendo i lembi della maglietta all'ingiù, si siede di scatto e sono convinto stia arrossendo anche se non mi guarda. “Ok… Sade?” le chiedo indicando il giradischi e sedendomi accanto a lei, mentre mi tolgo la giacca e la appoggio sull'altro divano di fronte. “Ahahah di tutto questo la cosa più strana ti sembra il disco di Sade?” “No, però è la prima cosa che mi è venuta in mente adesso” “Non ti piace? E’… è un bel disco” si gira verso di me e si muove impercettibilmente accorciando la distanza tra noi sul divano. “Lei è molto brava, solo non pensavo ti piacesse. Posso passare alla seconda domanda?” “Certo” “Che cazzo ci facevi affacciata alla finestra con una bottiglia e uno stivale?” il sorriso di Angie si allarga di nuovo. “Cercavo di aprire il vino” fa spallucce come se fosse la spiegazione più ovvia. “A scarpate?” “Ahahah più o meno. Me l'ha insegnato mio padre” “Sento che sta per arrivare un aneddoto memorabile, sono tutto orecchi” Angie mi racconta di quella volta in cui è andata in campeggio sul lago Payette coi suoi genitori, un'idea di suo padre per festeggiare il suo compleanno e quello della moglie, che a quanto pare sono vicini. La prima sera Ray ha tirato fuori una bottiglia di vino portata per l'occasione, ma si è accorto di aver dimenticato il cavatappi. Si è accanito sul tappo con un coltello, senza riuscire ad aprire la bottiglia, e Janis voleva rimandare il brindisi alla sera successiva, dopo aver comprato un cavatappi in un negozietto lì vicino, ma non c'era verso di convincere Ray. Così il padre di Angie, come se niente fosse, si è tolto lo scarpone davanti a loro, ci ha infilato dentro la bottiglia e, senza dire nulla, con la camminata sbilenca ha raggiunto il pino giallo più vicino, e ha iniziato a sbattere la bottiglia, protetta dalla scarpa, sul tronco. “Sai, la pressione all'interno della bottiglia spinge fuori il tappo, finché non riesci a toglierlo con le mani. Io e mia madre eravamo piegate in due dalle risate” durante il racconto Angie accavalla le gambe e si muove sul divano, cosa che fa sollevare un po’ alla volta la sua maglietta. Io lo noto e mi sento anche un po’ un coglione per questo. “Però ha funzionato” “E quella è stata la prima volta in cui ho assaggiato il vino: avevo 11 anni. Era buono, nonostante fosse stato shakerato per un quarto d'ora” “Allora niente cavatappi a casa tua?” “Già… cioè, in teoria ce l'avevamo, ma non lo trovo più. Secondo me l'ha fatto sparire qualcuno alla mia festa di compleanno oppure l'abbiamo prestato a Matt e Chris. Di certo non mi sembrava il caso di andare a chiederglielo, sai com'è…” sì, so com'è, non hai chiesto a loro perché avrebbero fatto domande a cui non hai intenzione di rispondere, almeno per ora. “E hai deciso di usare il metodo Pacifico” “E non avendo alberi a disposizione, l'unica alternativa era sbattere la bottiglia al muro. Ma non volevo rischiare di sporcare…” “Eheh così hai pensato bene di farlo fuori dalla finestra?” io adoro questa ragazza. “Già e stava funzionando finché qualcuno mi ha spaventata e mi ha fatto cadere tutto. E ho combinato un casino” mi lancia una finta occhiataccia e si fa più in là sul divano. “Hai ragione, è tutta colpa mia.” mi sposto in modo da sedermi più vicino “Ma saprò farmi perdonare” ok, più che vicino, praticamente incollato. “E come?” mi guarda divertita, sbattendo le ciglia praticamente sulle mie. “Aprendo l'altra bottiglia” mi alzo di scatto e la lascio lì, forse un po’ delusa? Vado in cucina, prendo la bottiglia e apro la finestra. “Col metodo Pacifico?” domanda lei, apparsa sulla porta. “Nah, col metodo Vedder” mi affaccio alla finestra, tolgo la copertura del tappo, tiro fuori l'accendino e inizio a scaldare l'estremità del collo della bottiglia con la fiamma. “Ma non è pericoloso?” sento una mano che mi circonda il fianco e per un pelo la bottiglia di rosso non fa la fine di quella di Angie. “Ma va, l'ho fatto un sacco di volte” rispondo ruotando la bottiglia. “Ehi, si sta stappando!” Angie esclama alle mie spalle mentre il tappo comincia a muoversi verso l'alto. A quel punto inclino leggermente la bottiglia onde evitare che il sughero esploda come un proiettile dentro l'appartamento o nella finestra di qualcun altro, finché il tappo finalmente non salta e finisce giù in strada, dove apparentemente non colpisce nessuno. Anche il vino è salvo. “Visto! L'aria calda si espande nella bottiglia e spinge il tappo.” richiudo la finestra e mostro trionfante la bottiglia stappata ad Angie, che solleva un sopracciglio perplessa “Che c'è? Anch'io ne so di scienza, sai?” “Quindi sai anche che potevi far scoppiare tutto e farti male?” alza gli occhi al cielo e mi sta ancora abbracciando. “Nah, basta sapere come si fa e stare attenti. Allora, sono perdonato?” le chiedo sollevando la bottiglia verso di lei. “Certo!” sorride e mi guarda in silenzio per un attimo e io mi aspetto un bacio, invece mi lascia andare e fa per uscire dalla cucina, poi si volta di nuovo “Vieni? Andiamo ad assaggiare il tuo vino bollito”
Il vino non è affatto bollito e non è male, io e Angie siamo al secondo bicchiere e, mentre mi sto ingozzando di patatine e sandwich, mi rendo conto di avere caldo. Non posso essere così accaldato per due bicchieri di vino, né tanto meno per la mezza nudità di Angie, anche se… E’ a questo punto realizzo che la mia freddolosa ragazza è vestita di una sola maglietta e non sento i suoi denti battere per il gelo, quindi ci deve essere qualcosa sotto. “La mia serie di domande non è finita comunque…” butto lì mentre Angie si è messa comoda sul divano, appoggiata sul bracciolo e semi-distesa. “Spara” “Fa un cazzo di caldo qui o sbaglio?” le chiedo togliendomi la camicia di flanella e lei comincia a ridere in maniera strana e scomposta e, mentre ride e cerca di tirarsi su per mettersi a sedere, i suoi piedi si avvicinano, mi toccano le gambe e fanno per spingermi un po’ più in là per fare leva. Ma io non mi muovo di un millimetro. “Ahahah non sbagli, oggi come vedi è proprio una serata perfetta: un disastro dopo l'altro” “Perché, che è successo?” lancio la camicia là dove sta la giacca. “Non so, deve… devono essersi rotti i riscaldamenti, il che non è di certo una novità. Ma… stavolta boh, si saranno rotti al contrario, è da oggi pomeriggio che vanno a tutto spiano senza mai staccarsi” “Vuoi che dia un'occhiata ai caloriferi?” “Ma non serve, non è solo qui, tutto il palazzo sta bruciando in pratica” “Se vuoi vado giù a vedere la caldaia…” “NO!”  Angie praticamente mi dà un calcio, poi si ricompone “Ehm, no, tranquillo. E poi scusa è l'amministratore che deve chiamare dei tecnici, è pagato apposta! Che ci pensi lui” “Ok” “Poi metti che non risolvi il problema e magari danno la colpa a te che ci hai messo mano…” “Va bene” “E per lo meno non si gela” “Beh, sì, sempre meglio che gelare, però non è il massimo” “Lo so. Ed ecco spiegato… ehm, il motivo della mia… mise” continua Angie tirando di nuovo in giù l'orlo della maglietta per coprirsi le cosce. “Allora non lo definirei affatto un disastro” le sorrido e l'accarezzo col dorso della mano dalla caviglia al ginocchio. Lei mi guarda fisso negli occhi e per un attimo mi illudo che stia per saltarmi addosso e baciarmi, ma vengo smentito anche stavolta. “Allora? Che film guardiamo per primo? Il mio o il tuo?” “Decidi tu” ora come ora mi ero pure scordato dei film, del caldo, del vino, di dove stiamo e forse pure in che anno siamo. “No, dai, dimmi tu” la mia mano fa ancora su e giù. “Per me è uguale, Angie” “Anche per me” “Sei la padrona di casa, fai tu” “E tu sei il mio ospite, quindi sta a te” e ti pareva, come sempre: sta a me. “Uhm… e va bene! Allora, guardiamo prima il tuo” “Ok! La cassetta è lì sotto il televisore, la metti su tu? Io vado a prendere dell'acqua” in un nanosecondo Angie sgattaiola via in cucina e io mi ritrovo solo. Vado a spegnere lo stereo, poi davanti alla tv e, mentre mi metto a carponi per prendere la vhs di Quei bravi ragazzi, faccio un pensiero, anzi due, uno peggio (o meglio?) dell'altro. Il primo è che avrei preferito andare a prendere io l'acqua, per poi tornare qui e vedere Angie chinata al mio posto ad armeggiare col videoregistratore e che sarebbe stato un bel vedere. Il secondo pensiero è che la tv stava molto meglio di là in camera di Angie e che sarebbe stato molto più interessante guardarla insieme a lei dal suo letto. “L'hai trovata?” la domanda di Angie mi scuote, fisicamente, nel senso che faccio una specie di scatto, come se fossi stato colto in flagrante a fare qualcosa di illecito. “Sì sì” schiaccio Play, mi alzo e cerco di raggiungere il divano prima di lei. Ci riesco e mi siedo proprio nel mezzo. Così non potrà starmi lontana. Sorrido tra me e me, compiaciuto per la mia astuzia. “Se vuoi metterti comodo, stenditi pure. Io mi metto di là. Eheh volendo, abbiamo un divano a testa” ma Angie sarà consapevole del suo immenso potere? Quello di farmi cadere le palle con le sue uscite? “Veramente… non voglio” “Sicuro?” ma, non so, secondo te? “Sicurissimo, non voglio un divano tutto per me, lo voglio dividere con te” tendo le braccia e la prendo per la vita, tirandola verso di me, finché non la riporto sul divano. E l'abbraccio e la bacio e l'accarezzo, spingendola verso il bracciolo dalla sua parte. E a un certo punto la sento muovere una mano sotto di me e credo di sapere cosa sta per fare. E mi sento tutto d'un tratto euforico. Invece riesce a sorprendermi ancora, perché percepisco chiaramente il gesto con cui afferra il bordo della maglietta e lo tira giù, per l'ennesima volta. Mi viene da sorridere pensando alle mie stupide illusioni a luci rosse, anche se da una parte mi dispiace che Angie non si senta ancora a suo agio con me. Non c'è fretta, davvero, solo vorrei capire qual è il problema. Mi stacco da lei con un ultimo bacino e così le permetto di rimettersi a sedere. “Ok. Mandiamo avanti veloce tutte le pubblicità e gli avvisi. Dov'è il telecomando? Oh eccolo lì!” Angie, che prima stava quasi per abbandonarmi da solo su questo divano e che fino a un minuto fa faceva un po’ la ritrosa di fronte alle mie avances, praticamente mi sale sopra per scavalcarmi e allungarsi a prendere il telecomando sull'altro bracciolo del divano e poi fa la stessa cosa per tornare al suo posto. E non ho la minima intenzione di lamentarmi, anzi.
**
Siamo quasi alla fine del mio film e la situazione è la seguente: il vino è finito da non mi ricordo quando, del cibo resta solo qualche salatino e due tortine al cioccolato, sono in maglietta e boxer perché fa veramente caldo, anche se abbiamo aperto la finestra del salotto; Angie sta fumando una sigaretta, sdraiata sul divano con le gambe sopra le mie e io le sto accarezzando da ore, cosa che contribuisce a fare alzare ulteriormente la temperatura, e io mi sento anche un pochino in colpa perché Harold è appena corso in ospedale con Maude e so già cosa sta per succedere, e il finale mi spezza il cuore ogni volta, e invece ora sono qui a bearmi di quanto sia liscia e morbida la pelle di Angie sotto le mie dita. “E’ triste. Ma anche bello, allo stesso tempo” commenta lei sui titoli di coda. “Già, davvero non l'avevi mai visto?” “Giuro. E ora capisco perché ti piace” “Eheh è vero, Cat Stevens ci ha messo del suo” commento pensando che si riferisca alla colonna sonora. “Mmm sì, ma non volevo dire quello. Intendevo che… beh, questo film è come te” scrolla la sigaretta nel posacenere appoggiato a terra e fa un altro tiro. Ed è stupenda. Non perché fuma, però… lo so che è una cosa sgradevole da dire, e poi fa anche male, è una pessima pessima abitudine, ma ci sono dei momenti, momenti particolari in cui, magari fomentato da un'eccessiva temperatura ambientale e una conseguente nudità, trovo qualcosa di estremamente sexy in una donna mentre fuma. “Assurdo?” “Assurdo, eccentrico, riflessivo, dolce e amaro…” Angie conta gli aggettivi sulla punta delle dita, lentamente, e non posso dire che non ci abbia preso. Quindi l'ha capito che c'è anche l'amaro, il buio. Forse è per quello che ancora non si fida completamente di me. “Eccentrico eh?” un ghigno diabolico mi spunta sulla faccia. “Beh…” “Disse colei che cercò di aprire una bottiglia con una scarpa alla finestra” “Ok questa diventerà un'altro di quei tormentoni per cui mi prenderai per il culo a vita?” “Sì… dopotutto non posso più prenderti in giro per le tue uscite con Meg a scopo rimorchio” “Ah no? E perché?” si mette a sedere e per un attimo temo di perdere il contatto con le sue gambe, ma le tiene sempre sulle mie. “Perché non le fai più” la prendo per la vita e la abbraccio, mentre lei mi mette le mani sulle spalle. “Sicuro?” “Non ne hai più bisogno” “Posso appendere le mie efficacissime tecniche di conquista al chiodo allora?” “Certo, ormai hai rimorchiato me” “Come ho fatto poi, non si sa…” “Con le tue efficaci tecniche di conquista” “Che consistono in? Non fare assolutamente niente?” come se avesse avesse avuto bisogno di fare qualcosa per farmi cadere ai suoi piedi. Mi stendo giù sul divano e me la tiro dietro. “Essere te stessa e non fare assolutamente niente, il metodo migliore” “Se lo dici tu…” borbotta lei, mentre cerca di tirarsi su, ma io la tengo stretta e glielo impedisco. A questo punto, anche per non scivolare dal divano, è costretta a mettersi più o meno a cavalcioni sopra di me. “Con me ha funzionato, non vedi?” l'acchiappo mentre cerca di nuovo di divincolarsi, la stringo ancora più forte e le infilo una mano sotto la maglietta per accarezzarle la schiena. “Eddie! Dai, fammi tirare su…” “Perché?” “Perché così ti faccio male…” “Ma figurati!” “E’ vero” “Non mi puoi schiacchiare, lo sento che hai tutto il peso sulle ginocchia e sulle braccia” “Perché voglio risparmiarti l'asfissia da schiacciamento” “Ma piantala!” decido di usare le maniere forti e dalla schiena scivolo verso l'ascella per farle il solletico, ma lei cede molto prima che io ci arrivi. Appunto mentale: Angie soffre un sacco il solletico “Oh, così va meglio!” “Ahahah smettila!” “Molto meglio” ripeto quando ci ritroviamo praticamente naso a naso e allora smetto di torturarla, chiudo gli occhi e respiro in silenzio insieme a lei per credo cinque minuti, aspettando qualcosa… che non arriva. Angie sposta le mani dai miei capelli, dove erano affondate per sbaglio, e, aggrappandosi ai cuscini, si solleva e si stacca da me. “Spengo la tv” Angie si allunga sul tavolino dove ho lasciato il telecomando per prenderlo e spegnere l'apparecchio, poi si risiede, ai miei piedi. Faccio un respiro profondo e mi tiro su a sedere anch'io. “Sarà meglio che vada” faccio per alzarmi, ma Angie con un gesto repentino mi tira per un braccio e mi rimette a sedere con decisione. “DOVE VAI?” “A casa, così ti lascio dormire” le do un buffetto sulla guancia e provo di nuovo ad alzarmi in piedi, ma Angie me lo impedisce di nuovo. “Ma io non voglio dormire! Cioè… voglio dire, che puoi dormire con me, insomma, puoi fermarti qui a dormire” “Anche stasera?” “Sì! Perché? Non vuoi?” Angie tormenta ancora l'orlo della sua maglietta e se tira un altro po’ la trasformerà in un saio. “Certo che voglio. Pensavo che magari poteva essere un problema” “Per quale motivo?” “Non so, per Meg?” “Meg non c'è, dorme fuori” “Ma domattina tornerà, no? Se mi vede qui anche domattina? Cosa penserà?” io lo dico per lei, mica per me. Se mi vede e fa due più due io sono solo contento. “Niente, cosa deve pensare? E comunque gliel'ho già detto” “Gliel'hai detto?” le chiedo io improvvisamente interessato e carico di speranza. Che abbia rivelato finalmente a qualcuno che stiamo assieme? “Sì, le ho detto che saresti venuto stasera. E che magari ti saresti fermato a dormire” speranza infranta in dieci secondi netti. Forse. “E lei?” “E lei niente, ha detto Va bene” Angie alza le spalle e prende le ultime due tortine rimaste sul tavolino, addentandone una e porgendomi l'altra. “Va bene? Va bene e basta?” prendo il dolce e gli do un morso. “Sì, cosa doveva dire?” “Niente. Ma… allora Meg lo sa” “Certo che lo sa, te l'ho appena detto! Perché d'un tratto ti fai tutti questi problemi?” “No, intendo dire che lo sa… di noi…” un secondo morso e la tortina non c'è più. “NO! Io… io non le ho detto niente” “Angie… è la quarta volta che dormiamo insieme in una settimana, non credo sia necessario che tu glielo dica. Se non è scema, l'avrà capito da sola” “Sa che dormo da te e tu da me, non è che sa… cosa… ehm… cosa facciamo” Angie finisce il suo dolcetto e si versa mezzo bicchiere d'acqua per mandarlo giù meglio. “Credo lo possa intuire” anzi, sono sicuro che l'intuito di Meg andrà ben oltre quello che accade davvero tra me e Angie nella realtà. “Meg non ha peli sulla lingua: se avesse dei sospetti, me ne avrebbe già parlato apertamente” “Fallo tu” “Cosa?” “Parlagliene apertamente, dille di noi” “CHE? PERCHE’?” ma perché la terrorizza così tanto? “Perché è una tua amica e da qualche parte dovrai pure cominciare, no?” “Di che cazzo stai parlando?” “Senti, ne abbiamo già discusso, vuoi tenere la cosa segreta? E va bene, ci sto. Però potresti fare una cosa graduale, senza grandi annunci collettivi, cominciare a dirlo a qualcuno. E perché non dalla tua migliore amica?” “Non lo so, forse perché è totalmente incapace di tenere un segreto?” Angie mi guarda come se fossi scemo e alza gli occhi al cielo. “Beh appunto, ancora meglio, no? Lo diciamo solo a Meg e poi ci pensa lei a far girare la voce, così ci risparmiamo gli annunci” provo ad abbracciarla e mi becco una sberla sul petto. “Vaffanculo, Eddie” “Andiamo a letto?” “Mmm… ok”
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Capitolo 54 - Clown, tatuaggi e fenicotteri
Nel capitolo precedente: si sono rivisti poche ore prima, ma Grace già non regge più l'eccessiva dolcezza e l'attaccamento di Stone e sbotta con lui, per poi scoprire che si trattava di una sorta di test messo in atto dal chitarrista per capire le sue intenzioni. I due si chiariscono e decidono di affrontare la loro relazione un passo alla volta. Meg ha a che fare coi soliti marpioni, dopodiché ha un piccolo scambio di battute con Mike Starr, che lei a un certo punto usa per far “ingelosire” McCready. Si arrabbia quando lo vede fare lo scemo, apparentemente, con due ragazze. Passa qualche giorno dal ritorno dei ragazzi e Angie, che ha un improvviso giorno libero, decide di passare a trovare Eddie con la scusa di portargli una torta prima del concerto dei Pearl Jam all'Off Ramp della sera stessa. I due passano il pomeriggio insieme, Angie è ancora tesa quando è con lui e si sente stupida per questo, ma pian piano si scioglie. L'arrivo di Jeff interrompe il loro idillio e la ragazza scappa via con una scusa. Eddie la segue per un saluto “come si deve” e le chiede un chiarimento sulla loro relazione, cosa che sotto sotto vuole anche lei. I due mettono in chiaro che stanno insieme.
***
“GESU'. CRISTO.” ed è così che anche Eddie fa la conoscenza della mia bomba sonora “CHE CAZZO E'?”
“E' solo la mia sveglia” mi allungo per spegnerla e mi volto, trovandolo seduto sul letto, coi capelli che gli coprono metà del volto.
“Alla faccia della sveglia... sembra un cazzo di allarme antiaereo” continua, con l'unico occhio che vedo mezzo aperto ancora fisso nel vuoto.
“Ho il sonno pesante” spiego infilando le braccia sotto il cuscino e affondandoci pure la faccia.
“Ho notato” lo sento scivolare lentamente sotto le coperte, dove si avvicina e mi raggiunge con un abbraccio.
“Tu non dormi mai, non puoi capire” mi rigiro sul fianco e mi ritrovo col viso a un centimetro dal suo.
“Stanotte ho dormito benissimo però” rivela dandomi un bacio leggerissimo sulle labbra, secche da sembrare carta vetrata, sfiorate dalle sue morbidissime.
“Comodo il letto matrimoniale eh?” non che abbia nulla da ridire quando ci rannicchiamo a dormire nel suo letto singolo, anzi.
“Certo, perché il merito è tutto del letto, mi pare ovvio” mi stringe ancora di più e io sento che alzarsi stamattina sarà doppiamente traumatico.
“Mi spiace aver interrotto uno dei tuoi sonni migliori. Oggi mi tocca un turno infame” faccio per allontanarmi e, per tutta risposta, Eddie intreccia le gambe con le mie sotto le coperte, bloccandomi a tutti gli effetti.
“Ci parlo io con Jack, devo fargli un bel discorsetto...” inizia a distribuire piccoli baci sulla mia guancia, poi verso l'orecchio, poi di nuovo sulla guancia a pochi millimetri dalla bocca.
“Eheh magari fossi di turno al mini market, andrei al lavoro in pigiama, altro che sveglia alle sei meno un quarto”
“LE SEI ME- ehm, scusa... sono le cazzo di sei meno un quarto?” Eddie mi urla per un attimo nell'orecchio, poi torna a un volume più adatto all'alba.
“Eh già. Ho il turno-colazione da Roxy” sospiro e a quanto pare la mia condanna di stamattina mi fa guadagnare una razione extra di carezze.
“E da quando in qua?”
“Da quando devo ricambiare il favore a chi mi ha coperta per i quattro giorni in cui sono stata via”
“Ah. Allora è colpa mia” Eddie si appoggia col gomito sul cuscino, solleva la testa e mi guarda dall'alto.
“Eheh no, beh, che c'entra”
“Scusami” con un faccino imbronciato che mi stenderebbe se non fossi già sdraiata.
“Non fa niente, ne è valsa la pena” faccio per sciogliere le gambe dalla presa, ma lo scemo non me lo permette.
“Ah sì?” la scintilla nel suo sguardo la vedo anche nella semi-oscurità della mia camera.
“Sì”
“Oh. In questo caso...” scende in picchiata a baciarmi, affondando le mani nei miei capelli, indietreggiando supino verso il suo lato del letto e provando a tirarmi su di sé.
“Eddie... mi devo alzare” provo a fare resistenza tra un bacio e l'altro, ma nemmeno io sono molto convinta.
“Cinque minuti” risponde spingendo se stesso e la sottoscritta di nuovo dalla mia parte.
Mi aggrappo alla sua maglietta, chiudo gli occhi e pochi istanti dopo ci pensa lui a sigillarmi le palpebre con dei baci, che poi scivolano di nuovo sulle mie labbra, mentre i suoi capelli mi solleticano il viso e in maniera del tutto autonoma si dispongono in maniera da ripararci entrambi come una tenda.
“Eddie?” non so esattamente quanto tempo sia passato, ma nel momento in cui la pressione dei suoi baci si allenta, provo a richiamare la sua attenzione.
“Cinque minuti” ripete, fa presa sulla mia gamba e mi bacia con ancora più passione.
Il fatto che in questa decina di giorni io mi sia abituata alle piacevolissime torture di Eddie non significa che abbia imparato a mantenere la lucidità in questi momenti. Diciamo pure che non appena inizia a baciarmi per più di cinque secondi non capisco più un cazzo, e non in senso figurato. Ma già quando sta solo pensando di farlo, magari mentre sto parlando normalmente o sto dicendo qualche cazzata, che poi è quasi sempre la stessa cosa, e lui distoglie lo sguardo dal mio e comincia a farlo vagare qua e là, fino a posarlo sulla parte inferiore della mia faccia, come se volesse leggermi le labbra; quando è ancora in quell'attimo di riflessione, che ormai ho imparato a riconoscere, che precede l'avvicinamento e l'attacco, è già da quell'istante che le mie parole iniziano regolarmente a suonarmi ovattate, nonché perfettamente superflue, e la testa si fa sempre più leggera, così leggera che se non ci pensasse poi lui a reggermi per le labbra, probabilmente mi cascherebbe da collo.
“Eddie” ci riprovo mentre è intento a seminare baci impercettibili dal mio mento, attraverso la linea della mascella fino al collo. Aggancia il colletto della casacca del mio pigiama con le dita e lo allarga per liberare l'accesso e proseguire lungo la spalla.
“Eddie?”
“Mm?” mugugna senza interrompere il suo lavoro.
“Dai che devo... aprire... il ristorante” lo stronzetto trasforma i baci in morsi proprio mentre parlo e mi risulta difficile aprire bocca senza perdere il filo e mantenendo un respiro regolare.
“Manca ancora un minuto”
“Roxy mi... mi fa... ugh... mi fa il culo, Eddie, da-aai” lui continua col suo gioco e sono così vicina che posso vedere l'angolo della sua bocca sollevarsi in un ghigno divertito.
E' ovvio che alzarmi da questo letto è l'ultima cosa che farei in questo momento, ma davvero, se arrivo tardi proprio oggi che devo fare apertura sono morta.
“Ti do uno strappo io, così arrivi prima, ok?” propone smettendo di baciarmi per un attimo e ricoprendomi il collo col pigiama e tenendo lo sguardo fisso sulle linee immaginarie che è intento a tracciare sul tessuto con le dita.
“Ok” ci metto qualche istante a rispondere, incantata dalle sue carezze e dal suono del suo respiro profondo.
“Bene” allenta un poco la presa sulla mia coscia e mi da un piccolo bacio sulle labbra. Poi un altro. Poi ancora un altro, poi altri due, tre... Con la mano libera mi accarezza la fronte e i capelli.
“Eddie”
“Trenta... ventinove... ventotto...” comincia a sussurrare dopo ogni tocco delle labbra sulle mie facendomi ridere, ma questo non gli impedisce di continuare a baciarmi.
“Come sono lunghi questi secondi” scherzo dopo un po' fingendo di controllare un immaginario orologio al polso.
“DIECI, NOVE, OTTO...” Eddie accelera coi baci e conta ad alta voce ad ogni schiocco “DUE, UNO...” e al posto dello zero c'è un ultimo, lunghissimo e dolcissimo bacio.
Eddie scioglie le mie gambe dalle sue, si stacca da me e sospirando rotola dalla sua parte del letto. Io sono ancora in grado di respirare? Boh. Pare di sì. Mi tiro su a fatica, mettendomi a sedere, per poi sollevare il piumone e portare le gambe oltre il bordo del letto per scendere. Sto tastando il pavimento con le punte dei piedi in cerca delle ciabatte mentre mi stiracchio e mi lascio andare a uno sbadiglio gigante, quando d'improvviso mi sento afferrare per i fianchi da due mani molto decise che mi tirano di nuovo giù su letto.
“Ma che-” non faccio in tempo a registrare cosa sta accadendo, vengo subito zittita dalla bocca di Eddie, che stavolta sembra volermi divorare le labbra, con baci più... rudi? Sì, direi che il termine esatto è proprio quello, rudi e impazienti. Con un rapido movimento del ginocchio, mi apre le gambe e le allarga ancora di più insinuandosi proprio in mezzo e crollando letteralmente su di me, mentre continua a ricoprirmi di baci e ad accarezzarmi ovunque. Per un riflesso incondizionato, stringo leggermente le cosce attorno ai suoi fianchi e il movimento non passa inosservato perché Eddie comincia a muovere il bacino e strofinarsi su di me.
Cazzo. Mi sa che ci siamo.
Mi sa che è arrivato il momento. Inaspettato? Non proprio, in fondo ci frequentiamo da più di due settimane e sapevo che presto saremmo passati dai baci e le pomiciate a qualcosa in più. Anzi, diciamo che mi aspettavo succedesse prima. Sono tre sere di fila che passiamo a casa con la scusa della pioggia, del freddo, della scarsa voglia di uscire e del doverci alzare presto, e per due notti ho dormito da lui, sfruttando l'assenza strategica di Jeff, parcheggiato a casa di Laura. Pensavo (e beh, sì, speravo) proprio che la vicinanza forzata causata dal micro-letto singolo ci avrebbe inevitabilmente portati a fare sesso. Cosa che invece non è accaduta. Allora ieri, con la scusa di Meg che avrebbe fatto tardissimo, della pioggia, del vento, delle cavallette e di salcazzo cos'altro, l'ho invitato da me, per vedere se per caso la comodità di un letto matrimoniale poteva meglio agevolare il corso naturale delle cose. Niente. Come sempre, Eddie si è preso il suo tempo per i baci e le coccole e le torture, e dio le benedica, ma quando ha detto Buona notte, e ho sentito via via allentarsi il suo abbraccio mentre si lasciava andare al sonno, ho capito che non sarebbe successo nulla. Diciamo anche che ci sono rimasta un po' male. E' vero che sono tesissima per questa cosa e mi fa anche un po' paura e mi sento ancora in una sorta di soggezione quando le distanze tra noi si accorciano più di un tot... Ok, diciamo pure che me la faccio sotto e mi sento deficiente per questo. Però l'idea di farlo con lui non mi suscita ovviamente solo terrore immotivato, ecco, ma anche un ampio spettro di emozioni molto diverse. E si stanno radunando tutte in questo momento, che però non mi sembra proprio il più azzeccato. Insomma, Eddie, ne abbiamo avute di occasioni, e tu ti decidi proprio adesso che devo fare apertura alla tavola calda?? E dove cazzo ho le mani? Se mi pongo sempre questa domanda quando sto con Eddie c'è un motivo, infatti come al solito sono abbandonate, a caso, sul letto, una sul cuscino, con le dita annodate tra i miei capelli, l'altra a penzoloni fuori dal letto. Mi decido ad avvicinarle allacciandole dietro al collo di Eddie, che per tutta risposta fa scivolare la sua dentro i pantaloni del mio pigiama fino ad afferrarmi e stringermi una chiappa con una certa forza. La velocità e l'irruenza del suo gesto mi colgono un po' di sopresa e mi portano ad emettere una specie di via di mezzo tra un gemito e un guaito, perché ovviamente non posso non fare figure di merda anche durante la mia prima volta con il ragazzo dei sogni. Eddie ride sulle mie labbra e mi da un'altra strizzatina, che si trasforma in carezza e risale dal mio fondoschiena ai fianchi.
“Vado a fare il caffè?” la voce più sexy del creato mi pone questa domanda e io ovviamente non capisco un cazzo di niente perché non so neanche dove mi trovo. So solo che non sento più il suo corpo sul mio, né il suo tocco.
“Eh?” apro gli occhi e lo vedo, mentre si solleva da me, bilanciandosi su una mano, e con l'altra si trattiene i capelli che altrimenti gli cadrebbero sulla faccia.
“Dico, mi vesto al volo e vado a preparare il caffè, mentre tu fai la doccia e ti prepari, così guadagnamo tempo”
“Ah! S-sì, va bene”
“Ok” Eddie si china di nuovo su di me per un fugace bacio sulle labbra, sempre tirandosi i capelli all'indietro con la mano, poi schizza fuori dal letto e un secondo dopo ha già su i pantaloni e fa per aprire la porta della mia camera, non prima di voltarsi verso di me ancora una volta “Senza latte e senza zucchero, giusto?”
“Sì, grazie” rispondo al suo crudele spiegamento di guance e fossette, che abbandona la stanza subito dopo.
Già, niente zucchero per me stamattina.
**
“Dio, non sono neanche le 10!” Steffy si lamenta dietro al bancone, concentrata nel taglio delle arance per le spremute, e involontariamente dà la brutta notizia anche a me.
“Che cazzo dici?” mentre passo l'ennesimo ordine a Brian in cucina, guardo l'orologio e ne ho la triste conferma.
“E sì, oggi non passa più” poverina, nemmeno lei è abituata a questo turno.
Eppure il lavoro è stato intenso e in genere quando c'è tanto lavoro il tempo corre più in fretta, specialmente la mattina, o almeno così si dice. Ma oggi non c'è proprio storia.
“Non sono i tuoi amici quelli?” mi volto alla domanda di Steffy e per poco non faccio cadere a terra il vassoio che ho appena preso e tutto il suo contenuto quando vedo Eddie, Stone e Mike al centro della sala che si guardano attorno in cerca di un tavolo.
“Sì” Stone trova un posto nel settore di Steffy e lo indica agli altri, mentre Eddie trova me e mi fa un cenno non appena incrociamo gli sguardi. Io stranamente mi ricordo come si fa a mantenere l'equilibrio, il cibo arriva integro al tavolo all'angolo, e io posso tornare indietro a prendere gli altri piatti.
“Servili tu, facciamo cambio, ok?” la bionda mi sorride e si allontana con penna e blocchetto in mano, andando ad accogliere un gruppo di ragazze sedute a un tavolo che in teoria sarebbe toccato a me.
Faccio un respiro profondo e vado incontro ai tre. In fondo sono i miei amici no? E non sanno mica leggere nel pensiero, almeno non che io sappia. Eppure da quando le cose con Eddie sono ehm cambiate, mi sento sempre in imbarazzo con gli altri. Da un lato è come se avessi il timore di lasciar trapelare qualcosa, anche involontariamente, dall'altro invece mi sento in colpa per via di questo segreto. Mi sento in colpa con loro perché gli nascondo una cosa che, in senso molto lato, li riguarda, e mi sento in colpa con Eddie, perché lo so che questo sotterfugio non gli piace per niente.  Faccio finta di nulla, arrivo al loro tavolo e sto per aprire bocca quando il juke box comincia inaspettatamente a chiamarmi.
Angelina, Angelina, please bring down your concertina And play a welcome for me 'cause I'll be coming home from sea
“Non ne sapete niente voi?” li guardo mentre sghignazzano sotto i baffi.
“Tu non ci crederai” inizia Mike.
“Infatti, già non ci credo”
“Non ha ancora parlato” protesta Stone.
“Non vi credo sulla sfiducia”
“Eravamo lì vicino in cerca di un tavolo e ci è caduto l'occhio proprio su questa canzone” aggiunge Gossard, mimando la scena con il portatovaglioli a forma di juke box.
“Pensa te che caso” commento con le mani sui fianchi in posizione minacciosa.
“E' una canzone molto gioiosa” Mike interviene e pensa di migliorare così le cose.
“Infatti, guardala, le si addice proprio” ribatte Stone indicando la mia faccia scazzata, cosa che fa ridere tutti e tre. Ride anche Eddie, che in tutto questo non ha ancora parlato.
“Cosa vi porto?” alzo gli occhi al cielo e poi li abbasso sul blocchetto, impugnando la penna, pronta a prendere le loro ordinazioni.
“Io prendo un Big Bopper con salsa al caramello. E una tazza di caffè” risponde Stone.
“Io caffè, possibilmente direttamente in vena, cara” Mike scopre il braccio e lo tende in maniera drammatica verso di me. Magari è solo una mia idea, ma ho come l'impressione che da quando le cose tra lui e Meg si sono fatte ancora più ingarbugliate, Mike faccia di tutto per essere simpatico e affettuoso con me. Non dico che non sia sincero, probabilmente ha solo paura che io possa percepirlo più freddo e distante visto che lui e la mia amica si evitano, e allora fa sempre la battutina in più per darmi l'idea che con me non sia cambiato nulla.
“Eheh e da mangiare non vuoi niente?”
“No, grazie. Mangerò un po' dei pancakes di Stone”
“Ma col cazzo, prenditi qualcosa per te!”
“Ma è una porzione enorme, non puoi mangiarla da solo neanche volendo”
“Non mi conosci ancora bene”
“Daaai”
“E se li avanzo, piuttosto che farli mangiare a te, li do al primo randagio che incontro per strada. O a Jeff Ament. Che poi è la stessa cosa”
Assisto divertita al battibecco tra i due e incrocio lo sguardo di Eddie, che mi sorride, ma pare totalmente disinteressato a cosa si stanno dicendo i due.
“E tu Eddie? Che prendi?” chiedo tornando a concentrarmi sul blocco.
“Uhm vediamo... sicuramente qualcosa da mangiare perché sto morendo di fame...” Eddie prende il menù e inizia a studiarlo solo adesso “Anche perché stamattina ho preso solo un caffè”
“Ah sì??” gli chiedo di scatto, forse con troppa veemenza, tanto da guadagnarmi due occhiate perplesse da parte dei chitarristi.
“Già, andavo un po' di fretta” continua e Stone fa per aprire bocca, sicuramente per chiedergli il motivo di tanta premura, cosa che ovviamente non posso permettergli.
“Allora ti consiglio il Big Kahuna, che è la cosa più nutriente che abbiamo nel menù! Che ti porto con le uova? Puoi scegliere tra patate normali ed hash brown, il bacon ovviamente scrivo di non mettertelo. Aspetta, le uova le mangi, giusto? Eheh non mi ricordo mai se sei vegetariano o vegano, scusami, sono stordita” parto a raffica lasciando a bocca aperta i presenti, Eddie compreso, che mi guarda basito, con la stessa identica espressione con cui mi guardava mentre blateravo cose a caso la prima volta che ci siamo visti, qui in questo stesso locale. Ma con meno pubblico. Perché mi è tornato in mente proprio ora? E perché mi tremano le ginocchia?
“Le mangio, le mangio, però adesso... ho più voglia di qualcosa di dolce.” Eddie risponde nascondendo un sorrisetto dietro al menù “Prendo un Wake up little, Susie”
“Oh ottimo! Cosa vuoi sopra gli waffle?”
“Sciroppo di cioccolato e granella di nocciole” conclude chiudendo il menù e porgendomelo.
“Ci vuoi anche un po' di panna montata?” faccio per prendere il menu, ma lui non lo molla.
“Sì, grazie” risponde fulminandomi sul posto con un sorriso dei suoi e lasciando andare il menù.
“A me non hai chiesto se la volevo!” Stone protesta indignato e Mike scoppia a ridere.
“La vuoi anche tu la panna montata coi pancakes, Stone?”
“No, mi fa schifo, ma grazie per il pensiero” mi fa un sorrisone e mi porge il suo menù e quello di Mike.
“Arrivo subito” commento a denti stretti strappandoglieli dalle mani.
Passo l'ordine in cucina e prendo la caraffa del caffè appena fatto da Steffy. Riempio le tazze e le porto al tavolo dei tre imbecilli. Tre di cui uno particolarmente attraente.
Drea-ea-ea-ea-eam, dream, dream, dream Drea-ea-ea-ea-eam, dream, dream, dream When I want you in my arms When I want you and all your charms Whenever I want you, all I have to do is Drea-ea-ea-ea-eam, dream, dream, dream
Chissà se questa l'hanno scelta sempre loro... Nah, figurati.
“Caffè con latte tiepido per Stone, nero come piace a me per Mike e con due cucchiaini di zucchero per Eddie”
“Eddie non ti ha chiesto il caffè” Mike mi guarda strizzando gli occhi con sospetto.
“Oh. E' vero. Beh, ho dato per scontato-”
“Hai fatto benissimo, ho bisogno di una ricarica” Eddie prende la tazza tra le mani mentre c'è ancora sopra la mia e le nostre dita si sfiorano per un secondo prima che io mi ritragga al volo.
“Sveglia presto stamattina, eh?” commenta Gossard per poi nascondersi dietro un sorso di caffè.
“Eheh sì. Ed è stata dura. Non mi volevo proprio alzare da quel letto...” risponde a Stone parlando in realtà con me e io non posso fare altro che scappare con la scusa dei clienti appena entrati.
Prendo un altro paio di ordinazioni e dalla cucina mi passano i piatti per i ragazzi. Li sistemo su un vassoio e praticamente gli lancio tutto sul tavolo per poi augurargli buon appetito e andarmene, nel tentativo di evitare ogni altro scambio imbarazzante.
Little bitty pretty one Come on and talk-a to me Lovey dovey lovey one Come sit down on my knee
Porgo il sacchetto di carta con i due muffin e il caffè da portar via a un ragazzo con una bella cresta verde fluo che mi ha lasciato il resto di mancia. Tengo a freno le punte dei piedi che vogliono a tutti i costi battere il tempo della canzone di Thurston Harris, do uno sguardo al tavolo dei miei amici e questo s'incrocia di nuovo con quello di Eddie, che stavolta mi strizza l'occhio. Non sarà mica lui l'autore di questa selezione musicale? La sveglietta digitale a forma di fragola appesa sotto al bancone suona e questo significa soltanto una cosa: è ora di pulire i bagni e stavolta tocca a me. Uno sguardo alla sala per verificare che sia tutto tranquillo e mi allontano verso la toilette. Le condizioni sono meno disperate di quelle che temevo, ma devo ancora capire perché i cessi delle donne sono sempre quelli messi peggio. Sto dando una passata al pavimento dell'ingresso ai bagni al ritmo di La Bamba quando sento che la porta si apre.
“Attenzione che è bagnato”
“Sarò cauto, tranquilla” la voce mi fa scattare con lo spazzolone in mano che, senza volerlo, punto in faccia al malcapitato.
“Eddie!”
“Vengo in pace” alza le mani e mi guarda ridacchiando.
“Perché sei qui?”
“Di solito perché si viene al bagno?”
“E ti scappa proprio adesso?”
“Pare di sì... perché non si può? E potresti mettere giù quel coso? E' molto minaccioso”
“Ho appena pulito” rispondo abbassando la guardia e appoggiando lo spazzolone al muro.
“Lo so, ti giuro che prendo la mira” altro occhiolino e altro sorrisetto del cazzo prima di abbassare le mani e di entrare nel bagno degli uomini.
Scuoto la testa e riprendo possesso dello strumento del mestiere. Perché l'ho posato poi? Cosa pensavo? Che Eddie mi venisse vicino e mi baciasse? Al cesso? Wow, Angie, non starai diventando troppo romantica?? Lavo secchio e straccio, esco dai bagni e con la chiave che ho al collo apro l'armadio a muro esattamente dalla parte opposta del corridoio, dove ripongo tutto e cerco i sacchetti, gli asciugamani di carta e il segnale di Attenzione pavimento bagnato da sistemare nella toilette. Non mi accorgo dei passi felini alle mie spalle.
“Angie”
“Sì?” mi volto e la risposta di Eddie consiste nel prendermi il viso tra le mani e baciarmi, facendo scudo tra noi e il resto del mondo con l'anta dell'armadio.
“Che diavolo fai?!” protesto a voce bassa spingendolo via.
“Mi sono lavato le mani, giuro” scherza e lo prenderei a sberle se non fosse che gli schiaffi fanno rumore e attirano l'attenzione.
“Eddie non scherzare”
“E dai, avevo voglia di baciarti... non si era capito?” risponde facendomi segno di ascoltare.
Well, when I was a young man never been kissed I got to thinkin' it over how much I had missed So I got me a girl and I kissed her and then, and then Oh, lordy, well I kissed 'er again
Because she had kisses sweeter than wine...
“Quante cazzo di monete hai infilato in quel coso? Hai svaligiato una chiesa?”
“Che dio mi perdoni” scuote la testa e mi bacia di nuovo, stavolta ancora più a lungo, prima che io lo spinga via di nuovo.
“Piantala! E se ci vede qualcuno?”
“E' solo un piccolo prestito, giuro che domani riporto tutto in parrocchia”
“Se ci vedono Mike e Stone?” ribadisco ignorando le sue battute.
“Oh quello sì che sarebbe un dramma, una vera tragedia. Non possiamo permetterlo” annuisce serissimo per poi baciarmi di nuovo, stavolta spingendomi contro l'anta che si spalanca e ci rende potenzialmente visibili a una piccola parte della sala.
“E' questo che stai cercando di fare? Le battutine, i messaggi subliminali nelle canzoni, l'agguato in bagno... Vuoi farci scoprire apposta?” riprendo il controllo e mi tiro di nuovo l'anta dietro le spalle.
“Non lo sto facendo apposta. Non sto facendo niente. Penso solo che non sarebbe poi così terribile se ci vedessero baciarci, che sarà mai?” Eddie fa spallucce. E mi fa innervosire.
“Già, che sarà mai? Dopotutto si tratta solo di un favore che ti ho chiesto io, che vuoi che sia? Solo perché per me è una cosa importante, non vuol dire che debba esserlo anche per te. Voglio dire, chi se ne frega, giusto? Probabilmente gliel'hai anche già detto” prendo tutto quello che mi serve, chiudo l'armadio a chiave, dribblo Eddie e torno in bagno.
“Non sanno niente.” Eddie mi segue e si ferma sulla porta. Non rispondo e mi limito a guardarlo “Non gli ho detto niente e continuerò a non dirgli niente finché non vorrai”
“Ok” apro il porta asciugamani e lo riempio.
“E le canzoni sono messaggi subliminali, sì, ma per te”
“Ok” sistemo i sacchetti nuovi nei cestini.
“E se fai attenzione scoprirai che non sono neanche tanto subliminali”
“Va bene”
“Scusami” Eddie è appoggiato al lavandino, con le mani in tasca e lo sguardo a terra.
“No, scusami tu” mi avvicino e mi piego in modo da intercettare il suo sguardo diretto al pavimento e ritrovarci faccia a faccia.
“Eheh forse è meglio se torno di là” mi sorride e rialza la testa.
“Idem per me o Steffy inizierà a lanciarmi maledizioni se entra altra gente” mi raddrizzo anch'io e a questo punto mi aspetto un ultimo bacio di Eddie, che invece tira fuori una mano dalla tasca, mi accarezza una guancia, mi sorride e se ne va, così, come se niente fosse.
Rimango impietrita e impalata nel bel mezzo del bagno per un'eternità, finché una voce acuta non mi ridesta dal mio torpore.
“E' asciutto? Si può?” chiede una ragazzina affacciandosi alla porta.
“Sì, certo, entra pure” esco dal bagno e ritorno in me, pensando che la tipa avrà sicuramente bigiato la scuola. Torno in sala e noto due nuove coppie di clienti. Chiedo lumi a Steffy, che in volata mi dice che sono appena entrati e di andare tranquilla. Nel frattempo vedo Eddie al juke box e non posso fare a meno di sorridere internamente. Chissà cosa avrà in mente adesso? Torna al suo posto, dove Stone e Mike sono alle prese con una discussione apparentemente animata e io lo seguo con lo sguardo, prima di andare dai miei clienti.
“Benvenuti da Roxy, io sono Angie. Avete già scelto o posso darvi un consiglio?”
SIb7 – Sol7 – Re7
Tre semplici accordi che costituiscono l'intro di una canzone dei Flamingos che adoro. E sono più che sicura che Eddie non ne abbia la minima idea. Chiedo alla ragazza che ha appena parlato di ripetere cosa mi ha chiesto, fingendo un malfunzionamento improvviso della penna, e cerco di concentrarmi.
My love must be a kind of blind love
I can't see anyone but you
Prendo nota del cheeseburger Joe di Maggio e del Fats Domino Deluxe e giro i tacchi verso la cucina, scampando di un soffio a un frontale con Steffy e il suo vassoio, che per un pelo non mi si spalmano addosso entrambi.
Are the stars out tonight
I don't know if it's cloudy or bright
Passo il foglietto con l'ordine alla cucina e mi volto, appoggiandomi alla parete come se stessi per cadere.
The moon may be high But I can't see a thing in the sky I only have eyes for you
Lancio un'occhiata in direzione del tavolo dei miei amici e vedo Stone che tiene in mano il suo piatto di pancakes, tentando di allontanarlo dalle grinfie di Mike, che si avvicina pericolosamente con una forchetta. Eddie dietro di loro mi guarda, perfettamente impassibile.
I don't know if we're in a garden Or on a crowded avenue
Mike si allunga sul tavolo e riesce a fregare un pezzetto di pancakes a Stone, se l'infila in bocca e mastica platealmente a bocca aperta davanti all'amico per sbefeggiarlo. Eddie si sposta sulla panca, girandosi totalmente verso di me.
You are here And so am I Maybe millions of people go by
Stone appallottola un tovagliolo di carta e lo lancia a Mike, che lo prende e glielo ritira al volo centrando la tazza di Gossard, che rimane a bocca aperta. Eddie continua a fissarmi, allungando una mano sulla sua tazza di caffè, forse per evitare che sia centrata anch'essa da un altro proiettile, e tamburellandoci le dita sopra. Dalla cucina mi consegnano un vassoio e mi dirigo spedita verso il tavolo.
But they all disappear from view And I only have eyes for you
Una volta serviti i clienti torno verso il bancone, passando davanti al tavolo dei ragazzi. Mike e Stone si lanciano cibo e si prendono a calci sotto il tavolo, mentre Eddie mi segue con lo sguardo e io mi fisso in maniera insensata sui suoi polpastrelli che girano lungo il bordo della tazza. Finché non vado a sbattere contro il cartonato di Betty Boop in pattini a rotelle all'angolo.
“Tutto bene?” mi chiede Steffy incrociandomi e recuperando da terra il vassoio, fortunatamente vuoto, che ho appena fatto cadere attirando l'attenzione di tutti i presenti.
“Sì sì! Eheh mi è... mi è scivolato” il juke box tace, mentre i miei pensieri fanno un gran baccano, quando rivolgo un'altra occhiata a Eddie, che mi sorride e sembra... soddisfatto?
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Questa borsa pesa un quintale. Forse mi sono lasciata prendere un po' la mano in biblioteca. Mi trascino lungo il corridoio fino alla porta del mio appartamento e praticamente è solo l'adrenalina a farmi tirare avanti perché tra le ore piccole fatte in discoteca con Melanie ieri, il turno al salone, quello da Roxy, il colloquio e le mie ricerche, ho consumato tutta la mia riserva di energia. Giro la chiave nella toppa e non vedo l'ora di buttarmi sul mio letto di faccia, senza nemmeno spogliarmi. Entro e vedo la luce accesa in sala e penso che Angie sarà uscita così di corsa per andare al concerto del suo bello da dimenticarsi di spegnerla. Ma l'inconfondibile rumore di patatine sgranocchiate che sento subito dopo mi fa rivedere la mia supposizione.
“Ciao Meg!” mi saluta dal divano, prima che possa spaventarla come mi piace fare.
Vestaglione rosa, copertina sulle gambe, ciotola di patatine appoggiata sul divano, piatto con due sandwich ancora confezionati in mano, bicchiere d'acqua sul tavolino. E senza sottobicchiere. Qualcosa non torna.
“Angie, ciao! Che ci fai a casa?”
“Ci abito? Oppure mi hai sfrattata e non ho ricevuto l'avviso?”
“Perché non sei all'Off Ramp?” ignoro la battuta perché sono stanca e non ho voglia di girare attorno ai problemi inesistenti e alle seghe mentali di Angie un'ora e mezza prima di arrivare al punto come al solito.
“Stamattina mi sono alzata all'alba e la giornata è stata impegnativa, stasera passo. Tanto suonano anche venerdì prossimo” Angie mi allunga la ciotola e io rubo una manciata di patatine, prima di sedermi accanto a lei sul divano.
“Ok. Invece perché non sei all'Off Ramp veramente?” è vero che i nostri amici sono lì a suonare ogni due per tre, ma non raccontiamoci balle, qua c'è sicuramente qualche altra motivazione del cazzo.
“Perché deve esserci sempre qualcosa dietro secondo te?” domanda leggendomi praticamente nel pensiero. Nah, non è una maga, semplicemente segue sempre gli stessi percorsi mentali e continua a ripetere i suoi schemi idioti.
“Non sempre, solo quando riguarda te” le sorrido e prendo un altro po' di patatine.
“Ok ok! Sono stanca e... voglio evitare imboscate a tradimento da parte di star del cinema come l'altra sera” Angie appoggia il piatto coi tramezzini sul tavolo e incrocia le braccia imbronciata.
L'ultimo concerto dei Pearl Jam, sempre all'Off Ramp, è stato usato da Cameron Crowe come occasione di ritrovo e primo incontro per il cast del film che girerà qui a Seattle. La scelta non è stata di certo casuale, Cam voleva che gli attori si immergessero da subito nell'atmosfera della città, dove la musica ha un ruolo importantissimo. E, da quel che ho capito, avrà un certo spazio anche nel film stesso. Angie però, nonostante le sue inclinazioni cinematografiche, non l'ha presa bene.
“Disse colei che ha appena intrapreso una carriera nel cinema”
“Che cazzo c'entra? Io voglio scrivere, gli sceneggiatori non incontrano gli attori”
“Sì invece!”
“Ma neanche per il cazzo”
“Alla notte degli Oscar sì”
“Beh allora posso dormire sonni tranquilli perché un Oscar non lo vedrò mai neanche in fotografia, Meg”
“Comunque la scena di tu che iperventili davanti a Matt Dillon non ha prezzo”
“Dio mio” Angie si nasconde la faccia tra le mani, ma per poco, perché una si rituffa subito nella ciotola delle patatine.
“Sei sbiancata di colpo, temevo che gli avresti vomitato addosso”
“Ci sono andata vicina. Esco dai cessi e mi ritrovo davanti Flamingo Kid, non è cosa da tutti i giorni”
“Comunque ti ci abituerai, alla fine saranno in giro da queste parti per tutta la durata delle riprese”
“Spero siano riprese brevi”
“Ahahah ma non volevi assistere?”
“Assistere alle riprese è una cosa, la nipote di Henry Fonda che ti chiede un Tampax è un'altra... Preferisco evitare”
“Va beh è successo una volta, non è che adesso ce li troviamo sempre tra le palle all'Off Ramp”
“E se volessero immergersi totalmente nelle loro parti?”
“Va beh, la tua timidezza cronica spiega perché sei qui e non al concerto. Ma il resto?” taglio corto, sempre perché sono stanca delle cazzate di Angie.
“Il resto? Che resto?”
“Cos'è quello?” chiedo indicando il piatto coi tramezzini.
“La mia cena!” esclama affrettandosi a riacchiapparlo, come se se lo fosse improvvisamente ricordato solo ora.
“Sei tornata tardi?”
“No, non direi”
“E perché ceni con due tramezzini industriali e patatine dal sacchetto?”
“Non ho voglia di cucinare” fa spallucce e accende la tv come niente fosse.
“Ecco, lo dicevo che qualcosa non va, ti senti bene?” le metto una mano sulla fronte e lei la scosta ridendo.
“Meg, ti devi togliere dalla testa questa immagine di me alla Martha Stewart una volta per tutte” scuote la testa e inizia a scartare uno dei tramezzini.
“Non sarai Martha Stewart, ma non prepararti neanche un panino per pigrizia, gli aloni da bicchiere sul tavolino e le briciole di patatine sul divano non sono da te, quindi bando alle ciance e parla. Qual è il problema?”
“Non c'è nessun problema!”
“Dai su, non farmi perdere tempo. Ho una grande notizia da darti e allo stesso tempo voglio andare a dormire, quindi parla e facciamola finita”
“Che notizia?” sta per addentare il tramezzino, ma lo rimette giù nel piatto.
“La saprai se vuoti il sacco”
“No ti prego, adesso voglio sapere!”
“Prima tu”
“No, prima tu. Se parlo prima io poi finiamo a discutere di me per tutta la sera, poi tocca a te e si riduce tutto a cinque minuti. Stavolta facciamo al contrario, prima tu e poi io”
“Allora ammetti di avere qualcosa da dire... poi!”
“Beh... sì” confessa a testa bassa sul piatto.
“HA! LO SAPEVO!”
“Ma non ti dirò niente se non mi dici che cazzo sono queste novità”
“Oh niente di che, ho solo capito cosa voglio fare della mia vita”
“Ah però, nulla di che eh?” riprende il tramezzino e gli dà finalmente il primo morso.
“Già, bazzeccole”
“Hai visto Mike? Avete parlato?” si gira vero di me e incrocia le gambe sul divano.
“Mike? Che c'entra Mike?”
“Non c'entra?” colgo una punta di delusione nella sua voce. Da patita di horror si è trasformata in appassionata di storie d'amore? Da quando?
“No. Almeno non come credi tu. C'entra nel senso che ho capito che devo mollare il colpo”
“Hai abbandonato le speranze?” a quanto pare Angie non le ha abbandonate, ha tutta l'aria di una che sta per tirare fuori dai cuscini del divano lo striscione CREADY 4 PRESIDENT o qualcosa del genere.
“Non ho abbandonato niente. Semplicemente ho deciso che non posso concentrare tutte le mie energie nello stare male per gli uomini. I sentimenti e le relazioni sono cose meravigliose, ma non posso incentrare tutta la mia vita su quello” le spiego impossessandomi definitivamente delle patatine.
“Non l'hai fatto” controbatte masticando.
“Oh sì invece, ultimamente sì. I miei pensieri principali sono Matt, Mike, Matt o Mike, chi mi vuole, chi offre di più... Insomma, mi sono resa conto che a un certo punto tutto ha iniziato a girare attorno al piacere all'uno o all'altro o a qualcuno a caso. Ho smesso di interessarmi al resto, alle cose che contano davvero per me. Da quant'è che non ti faccio una maschera nuova al viso?”
“Le impurità della mia pelle sono le cose che contano di più per te?” mi guarda di sottecchi mentre finisce il primo tramezzino e si pulisce con un tovagliolo.
“Sai cosa voglio dire. Sto studiando per fare l'estetista e non solo come ripiego, ma perché per me è una passione. Eppure ho smesso di interessarmi alle novità, ho smesso di applicarmi e di provare a migliorarmi. Ho smesso persino di disegnare. Prima disegnavo ogni santo giorno e non perché volessi diventare un'artista, ma perché non ne potevo fare a meno”
“Tu sei un'artista, Meg”
“Ma ho accantonato la mia arte e i miei interessi per concentrarmi sulle cose frivole”
“Stare con una persona non è una cosa frivola” Angie scarta il secondo tramezzino e lo addenta subito.
“No, certo che no! Ma inseguire una persona che non ti vuole lo è. Un conto è mettere da parte l'orgoglio, un conto è mettere in discussione te stessa di continuo e buttare la dignità dalla finestra”
“Questo è vero” manda giù il primo boccone con un sorso d'acqua e sottolinea le sue parole con una specie di cin cin.
“Così com'è frivolo cercare ad ogni costo di piacere a tutti e di trovare un uomo, uno qualsiasi. Io non voglio uno qualsiasi e, soprattutto, non voglio essere una qualsiasi per nessuno”
“Che intendi dire?”
“A Portland ho visto due ragazze che mostravano le tette a Mike e ad altri suoi amici deficienti”
“Oh. Beh. Non vuol dire niente, non è detto che Mike-”
“Lo so, lo so. Non è che sono gelosa o cazzate simili. Cioè, un po' sì, ma non è questo il punto. Sul momento mi sono incazzata, ma poi quella scena mi ha fatto riflettere. Ero lì che pensavo a quanto fosse stupido Mike a scaricare me e ad accontentarsi di tipe del genere, ragazze che non hanno niente da offrirgli se non il loro corpo e il loro essere disponibili. E da lì sono scivolata inevitabilmente verso un altro interrogativo: io invece? Io cos'ho da offrire? Cosa gli ho offerto? E mi sono resa conto che la risposta è un bel niente”
“Che significa? Stai dicendo che sei una persona vuota? Sai benissimo che non è così”
“Infatti, lo so benissimo! Non lo sono eppure è questo che ho offerto a Mike, specialmente negli ultimi tempi, e anche a Matt per quel poco che c'è stato. Sai com'è iniziata tra me e Mike?”
“Vi ha presentati Stone” Angie finisce il tramezzino e tiene il piatto con incarti e tovagliolo sulle gambe.
“Sì, anche. Lui veniva alla tavola calda e io andavo a sentirlo suonare, lui mi faceva cassettine e io gli regalavo un disegno al giorno fatto su un tovagliolo del ristorante”
“Il picco glicemico è a tanto così, ti avviso” ironizza indicando una misura infinitesimale con le dita.
“Quando abbiamo incominciato a frequentarci condividevamo tutto, ci scambiavamo libri, dischi, gli parlavo di me, del mio passato, di quello che mi aspettavo dal futuro... E lui faceva lo stesso. Invece negli ultimi tempi, anche quando tra di noi le cose andavano bene e non c'erano contrasti, in realtà non c'era più nulla. Solo le frecciatine, le nostre parti ben recitate, e il sesso”
“Hai detto niente” borbotta praticamente lanciando il piatto sul tavolino e la cosa mi insospettisce. Mi riprometto di approfondire più tardi.
“Ho smesso di prendermi cura di me stessa, di coltivarmi”
“Quindi la novità è che tornerai a prenderti cura di te stessa?”
“Sì. Quello. E che diventerò una tatuatrice”
“Eh?”
Mentre butto giù qualche altra manciata di patatine con Angie, le racconto come sono arrivata a questa conclusione. Maya, una cliente fissa del salone, nonché la mia preferita, da tempo è riuscita a liberarsi del suo ex, un uomo manipolatore e violento, che l'ha ferita nel corpo e nell'anima. Si è confidata con me come fanno tante, che confondono la sedia del parrucchiere o dell'estetista con il lettino dello psicologo, e spesso gli fa anche bene. Tra una ceretta e l'altra mi ha mostrato la lunga cicatrice, l'ultima, che lo stronzo le ha lasciato come ricordo sulla pancia prima di finire in galera proprio per averla accoltellata sotto casa dei suoi genitori, da cui era tornata per sfuggirgli. Maya ha deciso di coprire quello squarcio con un tatuaggio: pensava che disfarsi dei segni fisici che quell'esperienza le aveva lasciato l'avrebbe aiutata a liberarsi, col tempo, anche di quelli emotivi. Sapendo che sono brava a disegnare, Maya mi ha chiesto di realizzare uno schizzo del suo tatuaggio. La sua idea era quella di un uccello che fugge da una gabbia aperta, finalmente libero.
“Mi sono sentita caricata di una certa responsabilità e mi sono messa subito al lavoro. E facendolo mi sono resa conto che questo senso di responsabilità era data, ok, sicuramente dalla triste vicenda che ci stava dietro, ma anche dall'idea che una cosa realizzata da me, una mia creazione, sarebbe diventata parte integrante dell'aspetto di una persona, per sempre. Capisci cosa voglio dire?”
“L'eternità dell'arte in senso strettamente umano?”
“Sì. Anche. Boh, non lo so. Ma anche, più modestamente, l'idea che questa persona avrebbe portato in giro un prodotto della mia creatività. Che qualcuno avrebbe potuto vederglielo addosso, che so, un giorno al mare e magari dirle Wow, chi te l'ha fatto? E lei avrebbe risposto Meg McDonald. Perché in questa mia piccola fantasia il disegno è figo. Deve essere come minimo stupendo, deve essere il migliore che io abbia potuto fare. E se non è una motivazione questa...”
“Alla fine le hai fatto il disegno allora?”
“No. Cioè, sì, ma non come lo voleva lei. E questo mi ha dato un'ulteriore lezione sul processo creativo. Ho iniziato con qualche schizzo basandomi sull'idea che mi aveva dato, ma non ero mai soddisfatta, c'era sempre qualcosa che non mi convinceva e ci ho messo un po' a capire cosa stonava. Poi ci sono arrivata e ne ho parlato con lei, in un certo senso l'ho coinvolta nel processo”
“Cosa non andava nell'uccello che scappa dalla gabbia?” mi chiede incuriosita.
“La gabbia”
“Che vuoi dire?”
“La metafora è semplice, no? La gabbia è il criminale che ha cercato di ammazzarla, l'uccello è Maya. Perché dovrebbe portarsi dietro una gabbia per sempre, sulla pelle, seppur aperta?”
“Giusto. L'uccello in fuga dalla gabbia non si volta indietro, non la vuole più vedere”
“Esatto. Gliene ho parlato e la discussione stessa che abbiamo avuto è stata così... soddisfacente! Lei ha capito che la sua idea iniziale non rappresentava altro se non la sua difficoltà a lasciarsi alle spalle un passato così angoscioso e, per assurdo, a staccarsi da lui; io, dall'altra parte, ho imparato tanto su come comunicare un'idea”
“Cos'hai disegnato alla fine?”
“Ho mantenuto la simbologia di libertà dell'uccello e ne ho aggiunta un'altra, di vita: l'albero. Un albero dai rami contorti che si dissolvono in tanti uccelli che volano via”
“Fammelo vedere!”
“Non ce l'ho, ce l'ha Maya. O meglio, il suo tatuatore. Che l'ha visto e lo ha apprezzato tantissimo”
“Vedi che non era bello solo nella tua fantasia?”
“Alla fine gli ha detto chi sono e questo tipo ha voluto incontrarmi. Ci sono andata oggi”
“Cosa? E perché io non ne sapevo un cazzo? Una volta mi dicevi le cose”
“Colpa mia, mi piace troppo parlare di te” le faccio pat-pat sul ginocchio e lei storce il naso e continua.
“E quindi? Che ha detto questo tipo? Vuole insegnarti la sacra arte dell'inchiostro sotto-pelle?”
“No”
“Come no?”
“Cioè, non ancora. Ha detto che ho talento, ma che devo lavorarci su. Si aspettava che mi presentassi lì con un portfolio o qualcosa, figurati! Io ci sono andata così, con le mani in mano. Allora mi ha tenuto una specie di lezione su cosa fare prima di tutto per capire se è la strada per me. Poi, in caso positivo, mi ha spiegato come fare per provare a entrare in quel mondo”
“Quindi non vuoi più fare l'estetista?”
“Certo che voglio! Voglio fare tutte e due. Forse. Il tatuaggio non ha a che fare anch'esso col sentirsi bene con se stessi, nella propria pelle? E' autoespressione, ma è anche decorazione. E' un elemento estetico, che però scava molto più a fondo”
“Quindi aprirai il primo centro estetico d'America con salone di tatuaggi annesso?”
“Tu scherzi, ma l'idea è più o meno quella”
“E cosa devi fare secondo il guru del tatuaggio per entrare nel clan?”
“Disegnare, disegnare il più possibile. Magari seguendo anche qualche corso di perfezionamento. Realizzare un portfolio degno di questo nome e cominciare a girare per vari studi, proponendomi per un apprendistato, ovviamente a titolo gratuito”
“Lavorare gratis? Wow una vera svolta per te. Praticamente è quello che stai già facendo al salone”
“Già. Ma io ho pensato a tutto! Tra un paio di mesi finisco la scuola di cosmetologia e mi prendo il mio attestato, così posso cominciare a cercare un lavoro retribuito in quel settore, che di certo mi rende di più che servire ai tavoli da Roxy. E contemporaneamente, potrò lavorare da un tatuatore, sempre che qualcuno mi prenda, e imparare tutto quello che c'è da sapere”
“Non serve poi una specie di licenza?”
“Sì, ma quella la fai dopo. Comunque prima di tutto questo c'è la fase di ricerca” aggiungo afferrando la tracolla della borsa che ho abbandonato accanto al divano e trascinandola verso di me.
“Cos'è, hai iniziato ad andare in palestra da Henry anche tu? O semplicemente a drogarti?” domanda con un ghigno dei suoi.
“No, ho trovato giusto un paio di letture per conoscere bene il mondo del tatuaggio” spiego tirando fuori tutti i libri che ho preso in biblioteca.
“Proprio un paio”
“Non si tratta solo di disegnini. C'è tutta una storia dietro, motivi culturali e di tradizione. E poi ci sono i diversi stili. Insomma, ho un sacco di roba da studiare”
“Eheh lo vedo” osserva mentre prende un paio di libri dalla pigna e inizia a sfogliarne uno.
“Che ne pensi? Voglio dire, pensi sia pazza? Onestamente...”
“Nah, non sei pazza. Sei inciampata per caso in una cosa, un'idea che potrebbe trasformarsi in un progetto concreto nel tuo futuro. Si vede che sei coinvolta e interessata in maniera sincera. Mal che vada, se anche dovessi accorgerti a un certo punto che non è quello che vuoi fare, avrai pur sempre imparato qualcosa di nuovo e nutrito la tua vena artistica”
“Grazie, significa tanto per me” e non lo dico per dire, l'opinione di Angie in tutto questo ha un suo peso specifico importante.
“Ti faccio solo un piccolissimo appunto”
“E cioè?”
“Tu non ne hai neanche uno” continua passando in rassegna altri libri.
“Di che”
“Di tatuaggio! Un tatuatore senza tatuaggi è un controsenso”
“Beh, perché non ci avevo mai pensato. Sicuramente ora ci penserò e mi verrà in mente qualcosa di significativo anche per me”
“Comunque scordati che io ti faccia da cavia anche in questo, lo sai che ho il terrore del dolore”
“Lo dicevi anche per la ceretta”
“Ahah quello è vero, te ne do atto! Ma ceretta non è permanente, il tatuaggio sì. E non riesco a immaginare nulla che mi appartenga così tanto e che sia... immutabile. E soprattutto che mi vada di fissare in maniera definitiva sulla mia pelle”
“Quindi niente faccione di Eddie tatuato sul petto?”
“Fanculo, Meg” Angie mette su il broncio e si rigira a braccia conserte verso la tv e il telegiornale.
“Le tette fanno già da guance”
“Ahahah per favore!”
“I capezzoli da fossette”
“La finisci??”
**
“Eddai, la battuta mi serviva come stacco per passare al momento in cui parli tu” raccolgo tutti i miei libri e la borsa.
“E' già arrivato?”
“Sì” sentenzio e mi allontano in camera mia per posare il tutto.
“E che ne sai che quello che ho da dire a che fare con Eddie?” domanda quando torno in salotto.
“Intuito femminile”
“Potrebbe essere una cosa dell'università”
“Non hai esami adesso. Anzi, tra poco hai pure lo Spring Break”
“E se odiassi la primavera?”
“Ahaha certo”
“Il caldo, l'umidità”
“Come no? I pollini”
“Esatto! I pollini! Le zanzare”
“ Angie”
“Il doversi vestire più leggeri, sai che odio scoprirmi”
“ANGELINA PACIFICO??” alzo la voce e lei ha un sussulto.
“Ok ok! Ha a che fare con Eddie...”
“Cos'è successo?”
“Niente”
“Angie non farmi urlare...”
“No, non hai capito. E' proprio quello il problema”
“No, infatti, non capisco”
“Il problema è che non è successo niente, tra Eddie e me... ancora” mi confessa nervosa e io penso bene di sciogliere la tensione scoppiandole a ridere in faccia.
“AHAHAHAHAH dio Angie mi fai morire”
“E' bello sapere che posso sempre contare su di te nei momenti difficili” si alza sbuffando, prende il piatto coi resti della cena, mi strappa la ciotola di patatine dalle mani e sciabatta via in cucina.
“ANGIE USCITE INSIEME DA UN GIORNO, CRISTO IDDIO” le urlo dal divano.
“QUINDICI CONTANDO DA QUANDO CI SIAMO BACIATI” risponde lei gridando dalla cucina.
“Ho capito che sono mesi che vi filate a vicenda e che con questa storia degli innamorati inconsapevoli avete rotto abbastanza il cazzo, ma dagli un po' di tempo a questo povero stronzo!” non resisto e la raggiungo, trovandola intenta a lavare il piatto sotto il rubinetto.
“Meg non è quello, io sento che c'è qualcosa che non va” spiega ancora china sul lavello.
“Tu lo senti? Ma che cazzo senti? Ci hai messo una vita solo a capire che gli piaci... anzi, mi sa che non sei ancora del tutto convinta”
“Appunto”
“MA COSA APPUNTO?? ANGIE, FATTI CURARE, CAZZO”
“Meg”
“Io pensavo che una ex studentessa di psicologia che ha mollato al secondo anno potesse bastare, ma mi sa che per te ci vuole davvero uno bravo”
“Non sto dicendo che non gli piaccio” si volta verso di me appoggiando le mani al bordo del lavandino.
“MENO MALE, PORCA TROIA”
“Ma magari non gli piaccio... fino a quel punto”
“Lo sapevo che c'era un ma. Che intendi dire?”
“Non gli piaccio abbastanza”
“Abbastanza?”
“Abbastanza da volerlo fare”
“Cioè, fammi capire...” mi siedo perché è meglio “Tu mi stai dicendo che il tuo sospetto è che Eddie ti trovi abbastanza bella da baciarti, coccolarti, dormire con te, eccetera... ma non sufficientemente bella da scoparti?”
“Beh... detto in maniera molto semplicistica, ma... sì”
“Ma da quando, Angie?”
“Ecco, non lo so, ho iniziato a pensarlo da quasi subito perché lui... inizia... con delle cose e sembra sempre molto preso, ma poi non... finisce, non porta a termine niente. A un certo punto si blocca e morta lì. Così mi lancia messaggi ambigui”
“No, intendevo da quando hai iniziato a farti di crack”
“Ahahah per favore”
“Perché non c'è altra spiegazione a una stronzata di questo tipo. Come puoi pensare una cosa del genere??”
“Beh, può essere”
“CHE CAZZO DICI ANGIE?? Questa cosa non esiste”
“Sì che esiste. E ha anche un nome”
“Paranoia?”
“Martin”
“Martin?”
“Sindrome di Martin”
“Chi cazzo è Martin?”
“Il mio ex”
“Ah un'altra delle tue sindromi del cazzo, ho capito” mi strofino la faccia con le mani per cercare di mantenere lucidità. I discorsi del cazzo di Angie mi fanno perdere un botto di neuroni ogni volta.
“Ti ho parlato di Martin, no?”
“Quello con cui ti sei messa anche se non eri convinta”
“No, non è che non ero convinta, proprio non mi piaceva. Cioè, mi piaceva tanto come persona, era divertente, interessante, intelligente, dolce, premuroso, ma non assillante. Insomma, era perfetto. Almeno per gli standard del liceo. Però...”
“Però faceva schifo al cazzo”
“Non faceva schifo al cazzo! Era un ragazzo normalissimo. Solo, non ero attratta minimamente da lui. Ma mi ci sono messa lo stesso, perché mi piaceva l'idea di avere il ragazzo”
“Angie, ascoltami: quanti cazzo di anni avevi quando ti sei messa con Martin?”
“Quindici”
“Perfetto. Ora, quanti anni ha Eddie?”
“Non c'entra assoluta-”
“Zitta e rispondi, quanti anni ha?”
“Come faccio a rispondere se devo stare zitta?” la sua alzata di sopracciglio mi fa solo innervosire.
“ANGIE NON FARMI BESTEMMIARE”
“Ventisei! Ha ventisei anni, basta che ti calmi”
“Oh ci voleva tanto! Comunque, ti sei già risposta da sola”
“E' ovvio che il comportamento di Eddie non è quello di un quindicenne”
“Appunto, è ovvio. Eddie è un uomo e un uomo non si mette con una che non gli piace fisicamente solo perché non vuole stare solo o perché gli piace l'idea di avere una ragazza”
“Non sto dicendo che sia solo per questo. Ma può essere che io gli piaccia, che si trovi davvero bene con me per tutta una serie di motivi che a me risultano oscuri, ma ci sono. E che pensi qualcosa del tipo Ok, fisicamente non è il mio tipo ideale, però è davvero una persona fantastica e con lei ci sto bene, perché non provare? Che è simile a quello che ho pensato io con Martin. E pensavo a quanto spesso accade che se una persona ti piace davvero tanto, anche se non è bellissima o comunque non è il tuo tipo, finisci per vederla bella ugualmente perché quello che ha dentro si riflette fuori. Invece non sono mai stata attratta da Martin. E mi ricordo la brutta sensazione quando ci baciavamo e quando si faceva qualcosa in più... Non riuscivo a stare in intimità con lui, mi sentivo sporca. Mi sembrava di prostituirmi in cambio di attenzioni. Cosa che poi ho fatto perché alla fine non potevo non... andarci a letto. E mi sono sentita una merda” Angie parla a raffica e mi sembra avere pure un certo fiatone.
“Hai finito di esporre la tua teoria?”
“Beh, sì”
“Posso esporre la mia ora?”
“Prego, fai pure”
“Grazie. Dunque, teoria di Meg: Eddie ti adora, è cotto”
“Ahah una teoria poco estrema”
“Beh ha solo perso la testa per te, vedi un po' tu”
“Esagera un altro po'!”
“Angie, fidati, non sto esagerando. Eddie è convinto di essere sposato con te da almeno tre mesi”
“Va beh, continua, voglio vedere dove vuoi andare a parare”
“Questo in generale. Limitandosi invece al solo aspetto fisico, Eddie è pazzo di te ed è talmente attratto da te che probabilmente si eccita solo al pensiero di vederti”
“Seh come no!”
“Magari glielo fai venire duro solo parlandogli al telefono, il che spiegherebbe perché è arrivato a chiamarti tipo tre volte al giorno anche solo per sentirti leggere l'elenco del telefono o boiate simili”
“Ahahahahahah”
“Comunque, lui sicuramente non vede l'ora di coronare il vostro sogno d'amore con una bella trombata, ma c'è una cosa che lo frena. Anzi, una serie di cose”
“Che cosa?”
“Mah, prima di tutto, forse il fatto di non essere un animale? Neanche Jerry ti ha scopata dopo quindici giorni. E Jerry è un porco. Eddie è un tipo sensibile, aspetta che tu sia pronta”
“Ma io sono pronta”
“Non credo proprio. E qui siamo al secondo motivo di blocco”
“Cioè?”
“LE TUE PATURNIE DEL CAZZO, ANGIE!”
“Che ne sa delle mie paturnie del cazzo? Io mica gliene parlo”
“Angie, fidati, non ce n'è bisogno. Si vede lontano un miglio che sei insicura. In più, come se non bastasse, gliela meni con questa storia del tenere tutto top secret. Uno cosa deve pensare?”
“Che non mi fido di lui?” risponde dopo averci pensato un po' su.
“Oh! Vedi che se ti impegni ci arrivi! E tu la daresti a uno che non si fida di te?”
“Beh... no... credo”
“No che non gliela daresti. Quindi dimostragli fiducia e vedrai che la natura farà il suo corso. Nonostante il terzo motivo”
“Qual è il terzo motivo?”
“Eddie è lento come la fame. Ci ha messo una vita solo per darti un bacio, come cazzo pretendi che ti scopi dopo due settimane? Devi dargli tu una piccola spinta”
“Io? In che senso?”
“Devi dirglielo”
“Dirgli cosa?”
“Angie, ma sei scema o ci fai? Digli che vuoi fare l'amore con lui!”
“MA TU SEI MATTA!”
“No sei tu che non sei normale, Angie. Ti ritieni pronta a fare sesso con lui, ma non a parlargliene?”
“Non sono brava a parlare di queste cose...”
“Più fatti meno parole, eh?” le do uno spintone per scherzo, ma lei non sembra divertita.
“Qua non ci sono né le une né tantomeno gli altri, Meg”
“Dai, Angie, seriamente. Siete due persone mature, che si frequentano, parlate di tutto, potete affrontare anche questo argomento. E poi ripeto, Eddie è un ragazzo sensibile, saprà metterti a tuo agio e ti capirà”
“Sì ma che cazzo gli dico?”
“Allora, è semplice. Tu lo inviti qui, che so, domani sera. Facciamo che io sparisco convenientemente e vado a dormire da Grace o da Melanie e ti lascio casa libera”
“Non serve a niente, questa settimana abbiamo avuto casa libera per tre notti e non è successo nulla”
“Aspetta, se non mi fai parlare! Allora, lo inviti qui per una serata tranquilla. Poi ti butti sotto la doccia e ti fai quello scrub al cocco che ti ho regalato a Natale. Indossi qualcosa di carino e molto poco coprente e ti metti giù da gara, ma senza esagerare. Non vogliamo terrorizzarlo. Ovviamente a quello ci penso io”
“Che culo!” protesta e io mi alzo dalla sedia e la prendo per un braccio, portandola di nuovo in salotto.
“Prepari una cassettina con musica d'atmosfera adatta alla situazione, vino, candele, qualche stuzzichino afrodisiaco” aggiungo indicando lo stereo, il tavolo e altri punti a caso della stanza.
“E' la trama di un film porno?”
“Quando arriva lo accogli col vino, lo baci, gli dici che non vedevi l'ora che arrivasse perché devi dirgli una cosa importantissima.” strizzo Angie in un abbraccio e poi le do uno spintone che la fa arrivare al bracciolo del divano, dove capitombola con le gambe all'aria “Lo fai accomodare sul divano, appoggi il vino sul tavolo, gli prendi le mani, lo guardi negli occhi e gli dici...” la raggiungo mentre si siede meglio, le stringo le mani e la fisso.
“E gli dico...?”
“E gli dici... Let's talk about sex baby, let's talk about you and me!” comincio a canticchiare ed Angie mi spinge via le mani.
“MA VAFFANCULO VA”
“Let's talk about all the good things and the bad things that may be” continuo battendo le mani a tempo e la seguo mentre fugge in camera sua.
“E io che ti sto anche a sentire!” esclama sbattendomi la porta in faccia.
“Dai Angie, cazzo, glielo dici e basta”
“Non sono capace!”
“Oppure glielo fai capire”
“Ancora peggio!”
“Va beh, se non è coglione lo capisce già con la musica e il vino” segue un lunghissimo silenzio, finché Angie non apre la porta di qualche centimetro e il suo profilo si affaccia dal minuscolo spiraglio.
“Meglio bianco o rosso?”
“Rosso! Che domande”
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“Allora? Valutazione complessiva dell'appuntamento?” Grace domanda tutta fiera non appena parcheggio sotto casa sua.
Il gioco è nato al nostro secondo appuntamento, quando mi ha portato a un corso di cucina, e a fine serata le ho dato un 7 e mezzo per l'originalità della scelta. Da allora l'ha presa come una sfida personale.
“9 ma solo perché non ha piovuto, se no con questo saresti arrivata al 10 sicuro”
“Ahahah immagino! E ovviamente l'unica sera in cui a Seattle non piove dovevo beccarla io... Allora ti sei divertito?”
“Eccome! E sono felice di aver contribuito all'accoppiamento di qualcuno.” quando mi ha detto che mi voleva portare a fare un giro a nord sul Lake Washington e di vestirmi comodo, mi immaginavo un trekking notturno con limonata vista lago. Invece mi sono trovato in mezzo a un gruppo di invasati che mi hanno dato un secchio e un gilet catarifrangente con cui pattugliare la strada in attesa di rane, rospi e lucertole in amore “Quei poveri esserini si svegliano dal letargo e hanno in testa una cosa sola”
“La natura ti ringrazia”
“E io ringrazio te. Mi è praticamente impossibile annoiarmi quando usciamo assieme, sai?”
“Eheheh mi sto impegnando”
“L'avevo capito.” la partita a scacchi a Westlake Park, il giro in battello lungo il Puget Sound, la serata alla sala giochi, il matinée di Rent al teatro sulla 5th Avenue... no, non ho mai avuto appuntamenti così “Ma non serve che ti impegni. Voglio dire, non serve che ti inventi cose strane per le nostre uscite. Con te non mi annoierei nemmeno se passassimo tutto il tempo a girare in macchina a vuoto”
“Ooow che romantico... dici così perché hai paura di cos'altro posso escogitare, vero?” sbatte le ciglia in un espressione sognante, per poi guardarmi storto.
“Sono terrorizzato, sì”
“Ahahah sei scandaloso, Stone!” sghignazza mentre apre la portiera e a questo punto scendo anch'io dalla macchina.
“Ti accompagno su, dai”
“Ma come siamo premurosi!”
“Beh ho passato la serata ad aiutare i rospi ad attraversare la strada, lo posso fare anche con te” le prendo la mano e faccio per andare verso le strisce pedonali, ma lei non si schioda e mi fissa imbronciata. Io me la rido.
“Ah ah. E se fossi io ad accompagnare te?” mi stringe la mano e trotta davanti a me tirandomi appresso fino al semaforo.
“Non ci contare!” me ne sto buono buono senza reagire, ma appena viene fuori il verde faccio uno scatto in velocità trascinandola con me.
“Stone? Stone! Piano! Mi fai cadere!”
“Ehehe che c'è? Troppo alti i tacchi?” scherzo indicando i suoi bassi stivali neri di gomma. Carini però.
“Ci sono le buche... e non mi piace correre. E a dire il vero sono stanca morta” e visti senza la copertura dell'impermeabile, con i calzettoni alti sopra il ginocchio e l'abito di maglia, erano ancora più apprezzabili.
“Seh seh, tutte scuse. E' inutile che ci provi, non ti porterò nel palmo della mano come le ranocchie, cammina su” la spingo per gioco mentre sale su per le scale.
“Anche perché col cazzo che ce la faresti” ribatte aprendo il portone e facendo per chiudermelo in faccia.
“Questo lo dici tu!” protesto pressando da fuori.
“Ahah sto letteralmente usando due dita per tenere chiuso il portone, Stone” ridacchia lei dall'altra parte.
“Va beh, io non sono un forzuto e tu non sei una centometrista. Niente Olimpiadi per noi l'anno prossimo”
“Magari cominciamo ad allenarci per quelle del '96, che dici? Ci portiamo avanti” io smetto di spingere e lei mi lascia entrare nell'androne del palazzo riprendendomi per mano.
“Sei un genio!”
“Stone?”
“Mm?”
“Siamo arrivati al piano”
“Ah. Ok”
Le porte si chiudono mentre ho inchiodato Grace con un bacio contro lo specchio dell'ascensore. Lei schiaccia il pulsante e le porte si riaprono di nuovo.
“Stone?” le prendo le mani, le intreccio con le mie e le sollevo all'altezza delle nostre teste, appoggiandole allo specchio.
L'ascensore si chiude. E inizia a muoversi. Riusciamo a ricomporci prima che si fermi all'ultimo piano, chiamato da una coppia di ragazze. Prendo Grace a braccetto ed esco, dirigendomi verso il corridoio.
“Stone, dove stai andando?” mi chiede lei perplessa.
“Ok, via libera.” appena sento che l’ascensore è ripartito, faccio dietro front e la conduco verso le scale, che usiamo per riscendere al piano giusto “Che c'è? Non guardarmi così, non potevo mica metterti in imbarazzo coi tuoi vicini di casa”
“Mettere in imbarazzo me?”
“Uff, sempre a mettere i puntini sulle i tu!”
“Eccoci” sorride alla sua borsa, mentre ci ha praticamente infilato la testa dentro in cerca delle chiavi.
“Eccoci” dondolo sui piedi in attesa del momento clou.
“Ed ecco le chiavi!” le inserisce nella toppa e si gira verso di me “Allora... buona notte”
“E' un po' presto per la buona notte, non sono neanche le undici”
“Sono stravolta, Stone” questa è la scusa base, la scusa fissa di partenza di ogni fine appuntamento.
“Beh, ce l'hai un divano no? Ci buttiamo sopra e ci rilassiamo. E magari ci facciamo un tè, visto che per le rane è già primavera, ma fa ancora freddino”
“Non lo so, Stone. Non mi sento neanche troppo bene, devo aver esagerato con gli jalapeños da Laredo's. Mi sento... piena” sulla scusa fissa ecco che si innesta quella variabile. Cerca di avvalorare la tesi tenendosi una mano sull'addome.
“E cosa c'è di meglio di un bel tè caldo per rimettere a posto lo stomaco?”
“Credo anche di aver preso uno strappo o qualcosa del genere mentre mi chinavo ad acchiappare una salamandra. O un colpo d'aria...” Grace fa per stiracchiarsi spostando la mano sulla schiena.
“Sei fortunata, le mie mani sono magiche. Ti faccio un massaggio” replico roteando le dita davanti alla sua faccia.
“Ehehe e va bene” apre la porta del suo appartamento e mi fa segno di entrare.
VA BENE? Non ci posso credere, sono emozionato.
“Come va?” le chiedo mentre, seduto dietro di lei che mi da le spalle, le massaggio la parte bassa della schiena.
“Mmmmm!” sembra soddisfatta.
“Meglio?”
“Meglio, sì. Solo che non so se riuscirò mai ad alzarmi da questo divano”
“Non alzarti” faccio spallucce e continuo col massaggio.
“Sono troppo piena per funzionare” sbadiglia e io penso che, alla peggio, se si addormenta nei prossimi dieci minuti, per lo meno ho la scusa per restare qui a dormire. E al risveglio potremmo combinare qualcosa. Non che io abbia fretta eh, insomma, quando succede succede. Però se succede adesso, tanto meglio. Siamo giovani, siamo belli e la stagione degli amori è iniziata perfino per i rospi.
“Per fortuna hai me” le do un bacio sul collo proprio quando il bollitore dell'acqua comincia a fischiare.
Preparo il tè e torno sul divano con le due tazze. Io ho già finito mentre Grace ci sta ancora soffiando sopra.
“Hai la lingua di amianto?” mi domanda inarcando un sopracciglio.
“Questo dovresti saperlo meglio di chiunque altro” le strizzo l'occhio e lei scuote la testa.
“Sottile, Stone, molto sottile” e beve forse il primo sorso.
“A qualcuno piace caldo”
“Ahah sempre più sottile”
“Ti faccio un massaggio ai piedi?” faccio per sollevarle una gamba sulle mie ginocchia, ma lei quasi si strozza col tè.
“NO!” urla e la rimette giù.
“Oh ok, scusa”
“No eheh è che... beh, soffro tantissimo il solletico”
“So essere molto delicato, sai?”
“Ma io sono molto sensibile, poi comincio a scalciare come un mulo, meglio di no. Non vorrai rischiare di rovinare il tuo bel visino con un calcio rotante” mi accarezza una guancia e io le blocco la mano per godermela il più a lungo possibile.
“Ma l'eventuale calcio rotante non sarebbe poi così forte senza questi stivali sexy”
“Ahahah ok che ti ho detto di prendermi pure per il culo, ma devi per forza prendere tutto alla lettera?”
“Per una volta che, stranamente, non ti stavo prendendo per il culo! Mi piacciono davvero”
“Sì?”
“Sì. A dire il vero gli stivali da donna sono un po' una mia fissazione”
“Fissazione?” mi guarda di sottecchi da dietro la tazza.
“Li trovo molto sensuali”
“Ok ma questi sono dei cazzo di stivali di gomma per la pioggia, Stone, mica stivaletti di pelle col tacco alla Catwoman”
“Non sto a guardare il modello, non sono mica il tuo amichetto che lavora al negozio di scarpe” la mia frecciata non fa breccia nella sua espressione perplessa.
“Non sarai mica un cazzo di feticista?” domanda prima di un altro lungo sorso di tè ormai probabilmente freddo.
“Ahahah ma figurati! Sarei malato solo perché sono attratto dalle belle ragazze che portano gli stivali e la gonna?” mi avvicino e gioco a infilare le dita sotto l'orlo dei suoi calzettoni bordeaux.
“Da quante belle ragazze sei attratto esattamente?” mi chiede dopo aver appoggiato la tazza vuota sul tavolino davanti a noi.
“Noto che qui non lo soffri il solletico”
“No. Lì no” la bacio e sento Grace indietreggiare leggermente prima di lasciarsi andare al mio tocco, che risale lungo la sua coscia.
Poi, d'un tratto, mi scappa via e me la ritrovo di fronte, in piedi davanti al divano. Preparo mentalmente una serie di scuse convincenti per aver allungato le mani, ma prima che possa iniziare a snocciolarle, Grace afferra un lembo del suo vestito e lo solleva per sfilarselo dalla testa in tre secondi netti, lanciandolo in un punto che non mi curo di individuare. Resto inebetito a guardarla per alcuni istanti prima di parlare.
“Per forza che prendi i colpi d'aria, non hai niente sotto”
Grace mi si siede sopra a cavalcioni e mi mette le braccia attorno al collo.
“Va bene, dopo metto la maglia della salute, quando abbiamo finito”
“Finito cosa?” le chiedo estasiato.
“Indovina”
**
“Gli alluci” mormoro mentre dal tappeto del salotto fisso il lampadario spento sul soffitto.
“Cosa? Che hai agli alluci?” mi chiede Grace, sdraiata accanto a me, buttandomi un braccio attorno alla vita.
“Sono le uniche parti del corpo che riesco ancora a muovere al momento”
“Ahahahah esagerato”
“Temo di doverti chiedere ospitalità per la notte”
“Va bene, te la concedo” si stiracchia e si alza.
“Grazie”
“Però dovrai riuscire almeno a muovere le braccia per trascinarti sul divano” continua allontanandosi verso il bagno.
“Ci provo... aspetta... come il divano??” mi alzo più velocemente che posso e mi guardo attorno in cerca delle mutande.
“Perché vuoi dormire per terra?” le sento domandare in lontananza.
Trovo finalmente le mutande, mi copro e mi avvicino con circospezione alla porta del bagno.
“No, pensavo a una soluzione diversa, più comoda. Tipo il tuo letto”
“Scordatelo” apre la porta e ne esce in pigiama, babbucce e coi capelli raccolti da un mollettone.
“Che succede? Non capisco, vuoi che me ne vada?” rimango un po' spiazzato e cerco di capire quale tipo di merda ho pestato senza accorgermene.
“Ma no! Certo che puoi rimanere, Stone” mi allaccia le braccia al collo e mi da un bacio che resusciterebbe anche un rospo schiacciato da un tir.
“Ah ok! Per un attimo mi sono spaventato” ti va di scherzare eh? Ci stavo quasi credendo che mi volessi far dormire...
“Solo, non in camera mia” mi rivolge un sorriso stanco e si trascina verso la porta della sua stanza.
Ma che cazzo?
“E... e perché?”
“Non puoi dormire con me, Stone” si volta e spiega, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Continuo a non capire” mi metto in mezzo tra lei e la porta.
“Domattina devo alzarmi presto e... non riuscirei a dormire con te vicino”
“Grace, mia cara, ti giuro che faccio il bravo! Non riuscirei a combinare molto nemmeno se volessi, aiutare la natura a fare il suo corso ha sfiancato anche me, che credi?” allargo le braccia e cerco di spiegarle che sarei praticamente innocuo e lei ride.
“Non è per questo. E che... oh cavolo, è piuttosto imbarazzante”
“Guarda che non me ne frega niente dei peluches”
“Eh?”
“Non devi vergognarti, per me non è un problema. Ok, magari li troverò un po' inquietanti all'inizio, ma poi ci farò l'abitudine”
“Ahahah non c'entrano i peluches, fidati”
“E allora che problema c'è?”
“Non riesco a dormire... con altre persone... nel mio letto”
“Ah”
“Non mi sento... comoda”
“Ma guarda che io non sono il tipo che si accoccola in maniera appiccicosa, anzi. Bacio della buona notte e mi giro dalla mia parte” non ho nulla contro l'accoccolamento appiccicoso in realtà, ma visti i presupposti, meglio cercare un compromesso.
“Non è il dormire abbracciati, è proprio la presenza in sé. So che sembra orribile, è solo che... è da tanto che non ho una relazione, diciamo, duratura. E mi sono abituata a dormire da sola. E adesso, se c'è qualcun altro con me non mi trovo” lei è improvvisamente interessatissima ai suoi polpastrelli e alle sue unghie e mi sembra un'altra persona rispetto alla donna fatale in stivali e mutandine che mi ha rivoltato come un calzino fino a pochi minuti fa. E forse è proprio per questo che l'adoro.
“Gracie, tranquilla.” le prendo le mani e me le riallaccio dietro al collo “Non c'è problema, il divano andrà benissimo”
“Visto cosa vuol dire mettersi con una che non è a posto di cervello?” ironizza prima di uno sbadiglio.
“Per così poco?” alzo le spalle e la bacio sul naso.
“Fosse solo questo...”
“Beh, ne abbiamo di tempo per tirare fuori anche il resto, non dobbiamo mica farlo per forza adesso, no?”
“Eheh no, adesso dormiamo”
“Già, notte Gracie”
“Buona notte, Stone” mi prende il viso tra le mani e mi concede l'ennesimo bacio prima di sparire in camera sua.
Mi dirigo rassegnato verso il divano e ho già individuato la mia maglietta, quando sento aprirsi la porta della camera di Grace.
“Ci hai ripens-” non faccio in tempo a finire la frase e un cuscino e una coperta mi planano direttamente in faccia.
**
“Stone? Dai, svegliati, che è tardi” una voce calda e dolce mi desta al posto della mia solita radiosveglia. Sono vigile, ma non riesco ancora ad aprire gli occhi.
“Mmm” mugugno contro lo schienale del divano.
“Stone su, devo andare al lavoro”
“Da quando in qua lavori al sabato mattina” borbotto spostandomi in posizione supina.
Apro gli occhi e la prima cosa che vedo è il lampadario sul soffitto. La seconda, quando li abbasso verso i miei piedi, è talmente agghiacciante che rotolo giù dal divano dallo spavento.
“AAAAAAAAH! MA CHE... CHE CAZZO...!”
“Buongiorno anche a te Stone” Grace, vestita e truccata di tutto punto da pagliaccio, mi saluta con un sorriso gigante contornato di rosso.
“Mi hai spaventato a morte!” mi tengo una mano sul cuore mentre lei ride a crepapelle e finisce di allacciarsi le stringhe degli stivali da clown.
“Ho provato a chiamarti prima di travestirmi, ma non c'è stato verso di tirarti giù dal divano. Ora ho capito come fare”
“Un po' drastico come metodo” commento rialzandomi e mettendomi a sedere sul divano.
“Ma efficace”
“Dove diavolo devi andare vestita così?” mi sciolgo la coda malfatta e rilego decentemente i capelli.
“Ho una festa di compleanno esattamente tra...” guarda l'orologio sul muro “poco più di mezz'ora”
“E' una festa in maschera? Io da cosa mi vesto?”
“Ahah spiritoso! E' una festa per bambini, ci vado per lavorare”
“E ti pagano bene?”
“Abbastanza. Ed è sicuramente più divertente che stare dietro al bancone di un minimarket. Perché? Interessa anche a te?”
“No grazie, preferisco continuare a trattare con i musicisti. O, al massimo, coi rospi” scherzo e guadagno un bacio, anzi un tentativo a vuoto che si concretizza in bacio solo dopo che Grace si toglie momentaneamente il naso rosso da clown che ostacolava il gesto.
“Eheh io vado, tu fai pure con comodo. Basta che ti ricordi di infilarmele nella cassetta della posta quando esci” Grace fa tintinnare le sue chiavi di casa davanti al mio naso prima di alzarsi in piedi.
“Vai? Ma aspetta, dov'è questa festa?”
“Oh è a una ventina di minuti a piedi da qui, faccio due passi” risponde candidamente e io per poco non cado di nuovo dal divano.
“CHE COSA VUOL DIRE CHE FAI DUE PASSI? HAI INTENZIONE DI USCIRE CONCIATA COSì?”
“Beh sì, perché?”
“Mi stai prendendo per il culo?”
“Non tutti sono così fifoni come te, Stoney”
“Non è per quello, è... no, tu non hai il coraggio di uscire così, non ci credo”
“Ah no?”
“Non ci credo finché non lo vedo”
“Vuoi scommettere?” domanda con aria sorniona, mentre apre la porta di casa.
“Se esci per strada così, farò scegliere a te la meta di tutti i nostri prossimi appuntamenti, per sempre”
“Buona giornata, Stone” mi lancia le chiavi e se ne va chiudendosi la porta alle spalle.
“NON CI CREDO” mi vesto al volo e mi precipito fuori dal suo appartamento. Poi mi blocco a metà corridoio, torno indietro, chiudo la porta a chiave, e torno a inseguirla. Mi precipito giù dalle scale, visto che mi ha preceduto sull'ascensore, e la vedo scendere le scale e avviarsi lungo la strada con nonchalance, tutta sorridente.
E mi rendo conto che l'adoro. Adoro il fatto che possa essere la paladina dei rospi un momento prima, una vamp qualche istante dopo, una ragazza timida prima di andare a dormire e un clown la mattina successiva, restando sempre e comunque se stessa. Perché lei è tutte queste cose e molto altro.
“ASPETTA! TI DO UN PASSAGGIO”
“Allora, ho vinto?” si gira incrociando le braccia, guardandomi con aria trionfante.
“Hai vinto, ma fermati!” la raggiungo con una corsetta e l'accompagno verso la macchina “Toglimi una curiosità: perché ti sei truccata subito? Potevi andare prima a casa del bambino e farlo lì”
“Non posso, e se i bambini mi vedono?”
“In che senso?”
“Se mi vedono senza costume e poi col costume, capiscono che sono io e che non sono un vero clown” e già, stupido io a non pensarci.
“E comunque trovo sexy anche quelli, sappilo” aggiungo una volta saliti in macchina, indicando i suoi stivali da pagliaccio.
“Lo terrò presente per la prossima volta. O per quando avrò bisogno di materiale per ricattarti” risponde e, prima che possa ribattere, mi suona una trombetta in faccia.
Io questa me la sposo.
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Capitolo 53 - Il Capitano Kirk, il discorso e il discorso sulle ex
Nel capitolo precedente: Eddie ed Angie si sentono al telefono tutti i giorni, si avvicina il giorno del concerto a Portland, Meg ci sarà insieme a Grace e Laura, Angie mancherà. Cornell torna a casa all’alba e trova Eddie seduto davanti alla porta di Angie, che gli racconta di aver viaggiato tutta la notte perché voleva tornare a casa. Angie ed Eddie finalmente si rivedono dopo il bacio.
***
“Cosa cazzo ho appena visto?” Meg accanto a me ride e applaude di gusto assieme al piccolo capannello che si è formato nel parcheggio attorno ai nostri amici.
“Vuoi della candeggina per disinfettarti le cornee?” le suggerisce Stone, alla mia destra, sporgendosi in avanti, tenendo il braccio allacciato alle mie spalle “Vado a chiedere dentro?”
“Beh, però sono da ammirare” sottolineo io.
“Per il coraggio e la totale mancanza di ritegno? Eccome!” risponde lui serissimo.
“No. Cioè, anche. Io mi riferivo alla loro scelta artistica?”
“Artistica?” Meg mi guarda con sospetto, prima di venire trascinata via da Jeff e Laura, per avvicinarsi tutti e tre ai fenomeni che hanno appena concluso l'esibizione.
“Sì beh, avrebbero potuto giocare facile scegliendo una WMCA o una In the navy, invece sono andati sul pezzo di nicchia”
“Oddio, di nicchia...”
“Ammetterai che non è il classico pezzo da party dei Village People” faccio spallucce e mi volto, accennando un passo di ritorno verso il locale.
“In effetti...” Stone mi segue e stavolta mi aggancia prendendomi per mano.
“Si sono pure dovuti inventare la coreografia”
“Eheh è vero, hai ragione” mi sorride e mi da una piccola stretta e a questo punto sbotto.
“COSA?”
“Che?”
“Cosa cazzo stai dicendo, Stone?” ribadisco piantandomi poco lontano dall'ingresso del locale.
“Hai assunto droghe che ti stanno salendo adesso?” Stone mi guarda smarrito, ma sempre con un sorrisino trattenuto a stento.
“Vieni!” cambio direzione e lo trascino di nuovo verso il parcheggio, ma sul retro, più precisamente verso il furgone della band.
“I Village People ti hanno dato suggerimenti subliminali su come trascorrere il resto della nottata?” domanda mentre gli faccio segno di aprire la portiera.
“Vedo che allora ti è rimasto un po' di senso dell'umorismo anche per me!”
“Gracie, che ti prende?” apre il van e allarga le braccia mentre io faccio il giro per salire davanti dal lato del passeggero.
“Sali e te lo dico”
“Allora?” una volta chiusi nell'abitacolo, ancora quel sorrisino del cazzo.
“Cosa ti sta succedendo, Stone?”
“A me? Cosa sta succedendo a te semmai...”
“Non mi hai presa per il culo neanche una volta da quando ci siamo visti!”
“Che?!”
“Va bene l'essere affettuoso... anche se, lo ammetto, a volte al telefono avrei voluto gridare 'Esci da questo corpo!' perché non ti riconoscevo più”
“Non... non capisco”
“Ma per lo meno ci scherzavi con me, insomma, eri sempre tu, sebbene ricoperto da uno spesso strato di melassa. Stasera non fai altro che darmi ragione, cazzo!”
“Non devo?”
“No!”
“Sicura?”
“Certo che sono sicura, io voglio il vecchio Stone, non la sua copia sbiadita. Se è così che sei quando hai una ragazza, beh, non sono certa di voler ricoprire quel ruolo”
“Oh. Questo è davvero curioso” Stone mi guarda stupito e il sorrisetto ora non cerca nemmeno più di nasconderlo.
“Cioè, io lo voglio ricoprire il ruolo, voglio dire, mi piaci... Solo non riesco a capire cosa ti sta succedendo ultimamente”
“E' curioso perché tutte le mie ex hanno sempre preferito la copia sbiadita”
“Le tue ex?”
“Anzi, la pretendevano”
“In che senso?”
“Nel senso che si mettono con me, ma poi regolarmente pretendono di cambiarmi... 'Dovevi proprio farla quella battuta?'... 'Non farmi fare figure!' … 'Mi hai detto che mi avresti chiamata alle 7. Sono le 7:01, che cazzo stavi facendo?'... 'Devi proprio trascorrere tutta la serata del tuo concerto con quelli della tua band?'... 'Devi proprio suonare stasera?' … 'Perché hai preso in giro il mio vestito? Il mio disco? Mia madre? Il mio cane?'... Che ogni volta mi veniva da dire, insomma, dove sei stata fino ad ora? Con chi sei uscita? Non mi conosci? Pensavo volessi stare con me”
“Io non ti voglio cambiare, mi vai benissimo così”
“Davvero?”
“Sì, puoi chiamarmi anche un quarto d'ora dopo, dormire con la tua chitarra o con Jeff e insultare tranquillamente tutto il mio guardaroba” conto sulle dita tutte le cose che può fare e finalmente Stone si volta verso di me.
“Anche venti minuti dopo?”
“Anche un'ora!”
“Addirittura?”
“Sì! Queste sono stronzate, non sono mica quelle le cose importanti!”
“Allora... beh, sembra che tu abbia superato il test” si prende il mento tra le dita come per pensarci su, poi mi schiocca un bacio sul naso e scende dal furgone come se niente fosse, raggiungendo poi il mio lato e aprendo la portiera.
“Eh?”
“E a pieni voti!”
“Che test?”
“Lo stress test di Stone Gossard”
“E che diavolo sarebbe?”
“Quello che non hai retto neanche per... mmm... cinque ore” Stone guarda l'orologio al suo polso per quantificare la durata della serata e io esco incredula dal van.
“Mi stai dicendo... che l'hai fatto apposta?”
“Certo”
“E le telefonate?”
“Anche.” sta per chiudere il furgone con la chiave e la mia faccia perplessa lo spinge ad essere un po' più esplicativo “Oh quello era per capire se sei una psicopatica appiccicosa. Invece è venuto fuori che sei una normale ragazza con normali dubbi sul tipo con cui ha appena iniziato a uscire”
“Quindi se io ti avessi assecondato...”
“... ti avrei scaricata al volo” chiude la sicura e mi prende di nuovo per le spalle, stampandomi un bacio veloce sulle labbra.
“Al volo?”
“Beh, no, ovviamente mi sarei comportato bene e avrei aspettato che ci rivedessimo, per parlarne di persona” ci avviamo verso l'ingresso posteriore del locale e io non posso fare a meno di scoppiare a ridere.
“Ahahah ma col cazzo! Mi avresti scaricata alla grande per telefono, anzi, probabilmente avresti chiesto a Jeff di farlo al posto tuo”
“Dio, mi conosci sul serio!” si ferma di colpo, mi afferra per i fianchi e mi tira a sé divertito.
“Sì. E nonostante questo voglio stare con te, pensa che folle...”
“Beh, quando ho detto che sei normale ho usato un chiaro eufemismo”
“Quindi adesso cosa siamo? Insomma, stiamo insieme, stiamo uscendo o cosa?”
“Tu cosa vuoi che siamo?” domanda appoggiando la sua fronte alla mia.
“Beh, voglio stare con te... però voglio fare le cose con calma”
“Uh che coincidenza! E' proprio quello che voglio anch'io” si stacca di colpo da me e mi prende ancora per mano mentre ci rincamminiamo.
“Però, calcolando che abbiamo anche già fatto il discorso, direi che siamo già un bel po' avanti”
“Il discorso?”
“Sulle ex”
“Ah, quello!”
“Beh, non mi hai raccontato i dettagli ma...”
“Direi che ne possiamo benissimo fare a meno” risponde secco, scuotendo la testa.
“E poi manca la parte sui miei ex”
“Possiamo fare a meno anche di quella?”
“Non sarai mica geloso, Gossard”
“Nah, è solo che le storie sui casi umani mi mettono troppa tristezza”
“Ah-ah”
“Hai detto che ti piace il mio senso dell'umorismo e ora te lo tieni” scherza mentre mi accarezza delicatamente il dorso della mano col pollice.
“Posso ripensarci un attimo?”
“No. Adesso mi hai anche chiamato per cognome per fare la simpatica alternativa, non puoi più tornare indietro”
“Altre osservazioni prima di entrare?” gli chiedo quando siamo di fronte alla porta.
“Sì, una. Quante M&M's hai ucciso per fare quella gonna?”
“HA! LO SAPEVO CHE TI FACEVA CAGARE”
“Non sai che fatica stare zitto per tutto questo tempo. E l'ho fatto solo per te, dovresti apprezzarlo”
************************************************************************************************************************************
“Ehi, hai visto Mike?” Eddie mi incrocia nel parcheggio e pone la sua domanda alla persona sbagliata.
“Mmm no, l'ultima volta che l'ho visto stava mimando un tango con Cantrell lungo quella balaustra, mentre gli altri Village People facevano la ola”
“E' stato davvero... intenso”
“Ora non saprei. Oh, sai cosa? Dovresti provare a individuare le coordinate del punto in cui mi trovo io in questo momento e calcolare quello esattamente agli antipodi sulla superficie terrestre perché è molto probabile che si trovi lì” vomito tutta la mia bile sul povero Eddie, che rimane interdetto per un po'.
“Ok”
“Oppure lo trovi dentro” aggiungo calmandomi.
“Ok, grazie Meg.” Eddie mi sorride e fa per andarsene, ma torna un secondo sui suoi passi “Mike non ce l'ha con te, vuole solo starsene un po' per conto suo per non fare casini”
“Sì, beh, io non posso aspettarlo in eterno” allargo le braccia per poi incrociarle di nuovo e stringermi nel mio giacchino. Fa freddo stasera, cazzo.
“Tranquilla, lo sa” Vedder mi fa un cenno e se ne va, lasciandomi qui come una cogliona.
Certo che lo sa, lo sa benissimo. Forse è quello che spera, ci conta proprio che io mi stufi di aspettarlo. Basterebbe che io mi trovassi qualcun altro e lo toglierei dai guai, no?
“Scusa? Scusa!” sento chiamare alle spalle e mi volto per vedere se per caso ce l'hanno con me.
Due tizi apparentemente intossicati da alcol o altro si avvicinano sorridendo e sgomitandosi. Sì, purtroppo ce l'hanno con me.
“Sì?”
“Ciao! Scusa, io e il mio amico qui siamo nel bel mezzo di un... di un...” il biondo non trova le parole, l'amico coi dread interviene in suo aiuto.
“Di un dilemma”
“Bravo! Di un dilemma. Solo tu ci puoi aiutare”
“Non sapete decidere chi è il più stronzo dei due?”
“Ahahahah che forte!”
“Te lo dicevo che aveva la faccia simpatica”
“Non sappiamo decidere qual è la cover più brutta tra: Hotel California rifatta da Al B. Sure e Under my thumb di Sam Kinison. Conosci?”
Ma che cazzo.
“La prima, sicuro”
“Seeeeeeeeeeh! Visto, che ti dicevo, ho vinto io!” il biondo urla e si batte il petto come un gorilla.
“Fanculo, vinci sempre tu, non è giusto”
“E cos'avresti vinto?” domando per capire dove vogliono andare a parare questi due cazzoni.
“La possibilità di provarci con te, tesoro!”
“Non è che hai un'amica?” domanda il compare, ancora sconsolato.
“Bene, hai avuto la tua possibilità. E' andata male. Ciao!” li saluto con ampi gesti delle braccia e mi allontano rapidamente.
“Dai perché? Dove te ne vai?”
“Ragazzi, dovete cambiare tecnica perché giuro che questo non solo è il peggior approccio che mi abbiano fatto, ma anche il peggiore a cui io abbia mai assistito in generale”
Mike, mi dispiace, ma visti gli uomini che ci sono in giro, temo che la soluzione ai tuoi problemi sia ancora molto lontana.
Rientro nel locale proprio mentre Vedder sta uscendo, assieme a un paio di amici di Mike. Ecco perché lo cercava.
“Buona notte Meg!”
“Ciao”
Se ne va? Dove? Mah. La sala sembra ancora più grande ora che i concerti sono finiti e c'è un po' meno gente di prima a occupare la pista e a ballare con la playlist del dj.
“Baby here I am, I'm the man on the scene!” un Mike, ma non quello che stavo cercando io con lo sguardo, mi urla nelle orecchie cantando e saltellandomi alle spalle.
“Ehi Starr, ho saputo da fonte attendibile che non sei niente male come ballerino”
“Eh sì, la tua coinquilina è rimasta molto soddisfatta” mi prende le mani e accenna dei passi di danza.
“Sì, nonostante la tua mano veloce!” ribatto strizzandogli una chiappa.
“Shhhhh non dirlo troppo forte! Se Jerry ci sente si prende male di nuovo e si rimette in testa di pestarmi” Mike si ferma improvvisamente guardandosi attorno e facendomi segno di tacere.
“L'ha fatto?”
“Nah, lui parla parla, ma alla fine non lo fa mai. Però c'è sempre una prima volta”
Mentre Starr mi illustra i suoi timori il mio sguardo vaga nella folla e incrocia un cappello alla Stevie Ray Vaughan che conosco bene. Due ragazze stanno parlando con quel cappello.
“AHAHAHAHAHAHAH mi fai morire!” gli do una spintarella, ma lui non si scompone.
“Ok, non mi sembrava questa gran battuta, però...”
“Ahahah sì ma ridi lo stesso, ok?? Ridi, cazzo!” lo prendo per le spalle e lo scuoto.
“Sei fatta?”
“Fai finta che ci stiamo divertendo un mondo, capito? AHAHAHAH!” gli getto le braccia al collo e forse finalmente questo troglodita coglie qualcosa.
“Aaaaaah ci sono! Mikey ci sta guardando, è così?” ha colto, ma non ha capito che se si gira manda tutto a puttane.
“Non guardare!” gli prendo la testa tra le mani e gliela raddrizzo con la forza.
“Ehi stai calma... volevo solo vedere se era con qualche ragazza”
“Te lo dico io: sì. Contento?”
“Beh sì, perché se ci sono tipe di mezzo tu ti incazzi” sorride sornione e mi fa quasi più incazzare delle ragazze.
“Oh grazie! E questo ti renderebbe felice per quale motivo esattamente?” gli chiedo minacciosa, prendendolo per il collo di nuovo, ma con meno delicatezza.
“Perché più ti incazzi più ti vuoi vendicare, più io posso approfittare della situazione!” risponde ammiccando con le sopracciglia e facendo per allungare le mani.
“Sei proprio un coglione” scuoto la testa e mollo la presa, andandomene e piantandolo da solo in mezzo alla pista.
“Meg dove vai?” Mike, sempre quello sbagliato, mi segue mentre mi dirigo verso il bar e mi raggiunge al bancone “Dai, stavo scherzando! Siamo amici, no?”
“Ok”
“Però se vuoi fare quello che sta facendo la tizia con la bandana io ci sto, questo ed altro per un'amica in difficoltà”
Mi giro e vedo che la ragazza in questione si è appena tirata su la maglietta davanti a Mike, che non si scompone in mezzo a un gruppetto di maschi ululanti. L'amica prima ride come una matta, poi la imita.
“Ammazzati, Mike” sibilo dopo aver mandato giù alla goccia il whiskey appena ordinato.
“Chi? Io o lui?”
“Entrambi”
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Lunedì. Strano giorno per un concerto, specialmente per l'ultima data di un tour. In realtà, da quello che mi ha detto Eddie, inizialmente era previsto suonassero venerdì scorso, ma poi c'è stato qualche problema ed è slittato tutto a lunedì, così da regalare ai ragazzi un weekend lungo di libertà. Questi doni sono ancora più belli quando sono inaspettati. Un po' come la mia lezione saltata di oggi. Ho impiegato la mattinata per fare tutte le commissioni e le faccende del giorno, ho pranzato con calma, ho studiato un paio d'ore per non sentirmi in colpa, ho fatto anche una torta, che invece mi farà sentire parzialmente in colpa, e ora sono libera. Libera di fare una piccola modifica ai miei piani con Eddie. Una botta di culo mi fa trovare parcheggio proprio sotto casa sua, prendo la torta, entro grazie a un ragazzo, vestito di tutto punto per andare in bici, che mi tiene il portone aperto e mi infilo su per le scale.
E se lo disturbo?
Ma no che non lo disturbi.
Starà riposando dopo il turno.
Il suo turno è finito da ore, non ha un cazzo da fare.
Magari mi presento proprio nel bel mezzo della composizione di un nuovo pezzo e gli faccio perdere l'ispirazione.
Beh, se proprio ti dice che ha da fare-
Non lo direbbe mai, Eddie è troppo gentile!
Se proprio ti rendi conto che è impegnato gli lasci la torta e te ne vai, dopotutto lo vedrai stasera al concerto.
Non è lo stesso.
Lo puoi vedere quando cazzo vuoi, Angie.
E se non è in casa?
Se non è in casa non ti apre.
Se c'è Jeff?
Vorrà dire che la torta se la mangerà lui, basta con queste menate del cazzo!
Se c'è un'altra ragazza?
Ma chi?! Eddie è talmente asociale che l'unica che ha rimediato sei tu.
Arrivo all'appartamento e attraverso la porta chiusa si sente l'inconfondibile voce di Ian MacKaye. Questo è Eddie, sicuro. Suono il campanello e la musica viene di poco abbassata, la porta si apre quasi subito, in un piccolo spiraglio.
“Ehi!” Eddie mi saluta, socchiude velocemente la porta per levare la catenella e la riapre al volo.
“Ciao E-” mi trascina a sé e praticamente senza accorgermene mi ritrovo dentro casa, abbracciata a lui nel bel mezzo di un bacio.
“Che ci fai qui? Che ore sono? E' tardi?” Eddie fa per guardarsi il polso, che però è senza orologio, per poi accennare qualche passo all'indietro.
“Sono le quattro e mezza, Eddie”
“Aspetta, ci dovevamo vedere adesso? Scusa, ma ho la testa un po' confusa in questo momento” ciao rughette sulla fronte di Eddie, mi siete mancate.
“Eheh no, si era detto stasera al concerto, non ricordi?” stamattina l'ho intravisto al mini market è ho fatto una capatina veloce prima di andare all'università. Per un pelo non ci faceva sgamare da Hannigan a baciarci davanti ai gelati.
“Già! Non avevi da fare oggi?”
“Sì, ma in facoltà ho scoperto che mancavano due professori, quindi mi si è liberata la giornata” appoggio la torta sul tavolino all'ingresso prima di fare qualche danno.
“Fantastico!” esclama con forse un po' troppa enfasi, tornando ad abbracciarmi.
“E ho pensato... beh, di farti una sorpresa”
“Ancora più fantastico!” mi prende le braccia e se le allaccia attorno al collo prima di baciarmi di nuovo.
“Non ti ho disturbato?”
“Figurati”
“Sicuro?”
“Mi stavo giusto rilassando un po'”
“Rilassando? Coi Fugazi?”
“Lo sai che sono fatto a modo mio.” Eddie strofina il naso sul mio e le sue fossette sono ben oltre il livello di guardia “Come sei bella oggi”
“Hai fumato?”
“Non puoi... tipo... accettare i complimenti e basta ogni tanto?”
“Certamente potrei. Resta il fatto che hai fumato” le mie narici non mentono, tantomeno la sua faccia.
“Sì. Ma il fumo non c'entra col fatto che sei bella”
“Ok. Ne hai ancora un po'?”
“Certo mia regina!”
Ho scoperto che mi piace passare il tempo con Eddie. Wow, che grande scoperta! Mi è sempre piaciuto ovviamente. Solo che, beh, dopo che è successo... quello che è successo, temevo che le cose sarebbero cambiate, che non saremmo più stati noi, che nulla sarebbe più stato lo stesso. Invece è esattamente lo stesso. Siamo amici, ridiamo, scherziamo, parliamo di qualsiasi cosa, usciamo assieme, tutto come prima. Da quando è tornato ci siamo visti tutti i giorni. Venerdì pomeriggio abbiamo giocato a basket, sabato è venuto alla tavola calda in chiusura, ieri abbiamo fatto un altro giro a Pike Place. Insomma, è tutto uguale a prima. I baci, le coccole e le pomiciate sono un extra, un di più, delle piacevoli parentesi che nulla tolgono al resto. Va tutto a gonfie vele e sono certa che continuerà così. Finché nessuno dei due parlerà della faccenda, è ovvio. Meg trova incredibile che nessuno di noi abbia detto niente, io invece credo sia il segreto del successo di questa cosa. Voglio dire, anch'io vorrei capirci qualcosa, capire cosa siamo: stiamo insieme, non stiamo insieme, siamo fidanzati, siamo amici... Io non ho delle grandi esperienze in fatto di relazioni: con Sean l'abbiamo deciso a tavolino cosa fare assieme, mentre Martin me l'ha chiesto con un biglietto; poi ci sono stati Drake e Dave con cui, in modo totalmente diverso, ho avuto delle storie/non storie, nessuno ha detto niente, non si sa nemmeno se sono iniziate, ma si sa che sono finite da sole; infine Jerry, beh, limitiamoci a stendere un velo pietoso. Insomma, sono passata dai fidanzamenti infantili alle relazioni adulte, in mezzo c'è il vuoto e io non ho la più pallida idea di come si faccia da adulti a capire se si sta insieme o no. Si fa un discorso vero e proprio? Oppure uno dei due comincia spontaneamente a riferirsi all'altro chiamandolo il mio ragazzo o la mia ragazza e da lì ci si considera implicitamente una coppia? Nessuno dice un cazzo e se non ci siamo ancora mandati affanculo dopo N mesi allora stiamo insieme? Si diventa coppia dopo un lasso di tempo minimo di sesso esclusivo? Come faccio a capire se sto con Eddie? E' poi tanto necessario capirlo? Oddio, in teoria sì, Angie, se non vuoi prenderla nel culo come con Jerry Cantrell. Hai il diritto di sapere cosa sta succedendo e decidere se ti sta bene o no. Il fatto è che a me sta così bene questa cosa, con Eddie, così com'è, che ho una paura fottuta di fare o dire la cosa sbagliata e mandare tutto in merda. Eddie è la cosa più bella che mi sia successa da tantissimo tempo. A Jerry volevo bene, in un certo senso gliene voglio ancora, non posso negarlo, ma con lui non ho mai avuto l'intesa, la complicità, persino l'intimità che ho con Eddie, anche se di intimo in senso stretto non ci ho fatto un bel niente. E se lo volesse fare? CAZZO, SE VOLESSE FARLO ADESSO?! Stravaccarsi sul divano con Eddie ad ascoltare post-punk, mangiare torta al cioccolato e assumere sostanze che tolgono le inibizioni: non esattamente la miglior ricetta per la castità.
“Ahahah questa è stata proprio una grande idea” Eddie agguanta altri due quadrati di torta, uno lo ingurgita subito e l'altro se lo appoggia sulla coscia, che continua a sfregare contro la mia.
“E non sapevo del tuo appetito indotto”
“E' una grande idea indipendentemente dalla ganja. Prendine un altro pezzo” suggerisce masticando.
“No, io basta, ne ho mangiato un quarto da sola!”
“E allora? Metà l'ho mangiata io, ne resta ancora un altro quarto” diventa improvvisamente serissimo nell'indicare le varie frazioni della torta col coltellino sul piatto.
“Quello è per Jeff”
“Ma Jeff non è qui ora...” sussurra con fare seducente, come se mi stesse proponendo di cornificare un fidanzato con lui e per fortuna non ho nessun fidanzato perché Eddie sa essere molto convincente, anche adesso che ha due fessurine al posto degli occhi e non riesce a concentrarsi per più di dieci secondi senza ridere. Anzi, quando ride è ancora peggio.
“Ma mi fa piacere se la trova quando torna a casa, così può assaggiarla anche lui”
“Sei così altruista” mi sposta all'indietro una ciocca di capelli che ricade subito allo stesso posto e mi da un piccolo bacio, poi un altro, poi un altro ancora e continua a sorridere così tanto che ho paura mi cavi gli occhi con quelle guance. Mi prende per i fianchi e mi tira delicatamente su di sé. Cioè, questo è quello che vorrebbe fare, ma in realtà io rimango dove sono.
“Ehm Eddie?”
“Sì?”
“La torta” indico il dolce che rischia di spezzettarsi sulla sua gamba.
“Oops!” mi lascia andare e prende la fetta, addentandola di gusto.
Questo divano è un disastro, ci sono briciole ovunque.
Fortunatamente non è casa tua e non te ne frega niente.Concentrati su altro!
Il lato B di 13 songs è finito e stavolta opto per andare a spegnere lo stereo. Ci serve un diversivo.
“Vado un attimo in bagno!”
“Ok”
Il mio monologo interiore continua, sia sulla tazza che al lavandino, mentre mi lavo le mani.
Perché sono così?
Perché sei stupida.
Perché mi blocco? Con Eddie mi sento a mio agio... e allora perché ho questi momenti di imbarazzo totale?
Perché è una cosa fresca, ti ci devi ancora abituare.
Ma abituare a cosa? Alle effusioni con un bel ragazzo? Dovrebbe essere la cosa più naturale del mondo! Dovrei essere di là con lui adesso e non qui in fissa sulla mia faccia davanti allo specchio.
La canna che ti sei fatta potrebbe essere responsabile della fissa, il resto è solo insicurezza. Cerca di comportarti normalmente, rilassati e non pensarci troppo.
Hai detto niente...
Esco dal bagno e torno nel salotto, dove Eddie non c'è più. Probabilmente se ne sarà andato, lasciandomi un biglietto con scritto RISOLVI I TUOI CAZZO DI PROBLEMI.
Non può andarsene, è casa sua, cretina.
Ah. Già.
“Ehi eccoti! Stavo cercando da bere. Ci sarebbe una bottiglia di vino rosso, che aprirei più che volentieri con te, ma non oggi. Col concerto e il resto meglio non fare cazzate, che dici?” Eddie spunta dalla cucina con un cartone di succo ACE e due bicchieri.
“Eheh sì, forse è meglio” rispondo mentre gli prendo dalle mani il bicchiere per me.
“Questa è roba di Jeff, sana e vitaminica” me lo riempie e poi passa al suo, appoggia il cartone sul tavolino e si siede sulla poltrona.
Sulla poltrona, certo. Brava Angie, complimenti, gli hai mandato il messaggio di stare alla larga. Faccio un bel sorso di succo e appoggio il bicchiere sul tavolino, Eddie mi fa dei gesti e mugugna qualcosa che non capisco perché lo fa mentre beve.
“Come? Vuoi qualcosa?”
“Mmh”
“Le sigarette?” chiedo indicando il pacchetto.
“Il telecomando, guardiamo un po' di tv, ti va?” chiarisce finalmente. Eddie che vuole guardare la tele? Mi sa che ho esagerato col messaggio subliminale.
“Che c'è? Vuoi fare un sonnellino?” ma perché non chiudo questa cazzo di bocca? Ci prova e lo respingi, cerca un riempitivo per passare il tempo e devi prenderlo per il culo. Non ti va mai bene un cazzo.
“Eheh dormire no, giusto un po' di relax” risponde allungandosi e appoggiando il bicchiere vuoto sul bordo del tavolino. Lo sposto un po' più al centro onde evitare che caschi, così in bilico, poi prendo il telecomando per Eddie.
“Tieni”
“Grazie, Angie” faccio per andare verso il divano, ma Eddie mi prende per il braccio prima e per i fianchi poi e nel giro di due secondi mi ritrovo seduta sulle sue ginocchia.
“Eddie! Dai, che fai?”
“Dove credevi di andare?”
“A sedermi, non posso stare mica qui così...” mi giro per guardarlo mentre parlo, facendo leva sullo schienale della poltrona.
“Ah no? E perché?” mi prende per un ginocchio e mi solleva la gamba in modo che sia perpendicolare alle sue.
“Perché non posso starti così buttata addosso” lui invece continua anche con l'altra gamba e ora sì che gli sto proprio in braccio.
“Chi lo dice?”
“Sono pesante, Eddie, ti schiaccio...” finisce che ci addormentiamo così e lo soffoco nel sonno.
“Io non sento nessun peso” bugiardo.
“E' la droga, ti ha anestetizzato”
“Ahahah Angie, ci vuole di più di un paio di canne per anestetizzarmi, fidati” Eddie mi stringe il fianco e con l'altra mano mi sta ancora accarezzando le ginocchia sopra i jeans.
“Ma sei scomodo...”
“Non sono mai stato così comodo in tutta la mia vita” sentenzia e appoggia, anzi, lascia cadere la testa sul mio petto.
“Se lo dici tu...”
“Tu sei comoda?” chiede rialzando di scatto la testa. Ri-ciao rughette!
“Sì...”
“Perfetto,” mi bacia in una maniera che quasi cado da questa cazzo di poltrona, poi mi passa il telecomando “allora accendi”
“Ok, cosa metto?”
“Fai tu”
Comincio a fare zapping, sperando di trovare qualcosa da cui possa partire uno spunto di conversazione e per fortuna non ci metto molto.
“Uh! Ci sono le repliche di Star Trek! Ti piace?”
“Lo vedevo da piccolo. Diciamo che ero più per i supereroi e le sitcom che per la fantascienza, però me lo ricordo”
“Quindi quella nuova non l'hai vista? The next generation?”
“Mmmm no”
“Beh, fa niente, anch'io preferisco questa classica. Però non è male, sai?”
“Eheh ok”
“Se non ti va cambio”
“No Angie, va benissimo” mi prende il telecomando dalle mani, alza il volume e lo infila da qualche parte tra il bracciolo e il cuscino della poltrona.
“ODDIO MA E' ARENA!”
“Che sarebbe?” chiede Eddie, un po' stranito dal mio improvviso entusiasmo.
“E' una puntata storica! Il Capitano Kirk contro il Gorn, hai presente?”
“Ehm non è che me lo ricordi più di tanto, come ti ho detto”
“Ah se avessi visto questo episodio te lo ricorderesti, credimi!” mi sistemo meglio sulle ginocchia di Eddie.
“E' bello?”
“E' uno dei migliori episodi in assoluto!” mollo la spalliera e il bracciolo della poltrona e mi allaccio al collo di Eddie.
“Oh! Figo”
“E contiene la scena di lotta più penosa della storia della televisione americana”
“Che?”
“Forse anche mondiale, ma non ho gli strumenti per azzardare questa ipotesi”
“Come fa a essere tra le puntate migliori se ha una scena che fa schifo?”
“Non si può spiegare, non capiresti”
“Nel senso che è talmente brutta che è bella?”
“Sì, ma no. Non proprio. Diciamo che Star Trek è anche questo”
L'episodio è già iniziato, anche se non da molto, quindi faccio un breve riassunto a Eddie. L'attacco su Cestus 3, la battaglia spaziale tra l'Enterprise e la nave nemica, i Metron che si incazzano perché gli hanno invaso il settore.
“Praticamente gli fanno fare una specie di processo per duello?” domanda Eddie, che mi tiene ancora saldamente tra le sue braccia. Quando gli si addormenteranno gli arti e precipiterò da questa poltrona gli dirò Te l'avevo detto!
“Esatto! Il processo per combattimento. Come dire, siete venuti a rompere il cazzo a casa nostra, ora prendiamo voi due capitani delle navi, vi piazziamo in questo pianeta deserto e ve la vedete tra di voi finché uno non muore”
“Chi resta vivo vince”
“Sì, e chi muore perde e condanna anche la sua nave”
Eddie segue l'episodio in silenzio, o è molto concentrato o è fatto. Ora sono io ad appoggiare la testa sulla sua spalla. In fondo è solo Eddie, perché dovrei agitarmi? Non so se è merito del Capitano Kirk o del contatto forzato sulla poltrona, ma mi sento molto più rilassata.
“Mi sa che ho fumato troppo, vedo tutto al rallentatore” commenta dopo un po' e io rido sotto i baffi.
“Non sei tu, è così la scena”
“In che senso?”
“E' questo il combattimento osceno che ti dicevo, è a velocità normale”
“Stai scherzando?”
“Ahahah no”
“Che cazzo era quel pugno a due mani?”
“E' il colpo preferito dal Capitano Kirk! Lo usa spesso”
“Sì ma non serve a un cazzo”
“Dettagli”
“E perché quell'alieno è così lento?”
“E' massiccio, non può essere troppo agile”
“Non è riuscito a dargli neanche un calcio! Ecco ora lo sta stritolando”
“Ma il Capitano risponde cercando di strozzarlo”
“Non ce la farà mai”
“Invece sì, con la mitica mossa delle-”
“Manate in testa?! Ahahahahah”
“Vedi? L'ha stordito”
“Scappa!”
“Non può, lo deve affrontare per forza”
“Che cazzo fa adesso?”
“Gli tira un sasso”
“Ma quello è un armadio a quattro ante, che cazzo gli fa il sasso?”
“Il Metron gli ha detto che avrebbero trovato sul pianeta le risorse necessarie”
“Se lo ammazza con quel sassolino urlo”
“Deve pesare un sacco. Guarda, guarda la plasticità nel lancio”
“Ecco, ahahahahah! Come volevasi dimostrare non si è neanche spostato”
“L'ha fatto incazzare ancora di più”
“Dove va? Cristo sì! Quello sì che è un sasso”
“Vuole ricambiare tirandogli un asteroide in pratica”
“Che figura di merda per il Capitano dell'Enterprise”
“Taci, eretico! Kirk non si discute”
“Dai, non puoi negarlo, sta facendo veramente schifo”
“Però sa schivare gli asteroidi”
“Se vanno avanti così questo combattimento potrebbe durare per anni”
“Eheh fortunatamente finisce prima”
“Sicura? Non sta andando avanti ancora oggi, vero?”
“No no, a un certo punto finisce”
“Meno male”
E il finale dello scontro arriva: Kirk costruisce una specie di mortaio con del bambù, diamanti e delle polveri colorate trovate sul pianeta, spara e stende il Gorn.
“Quindi MacGyver non ha inventato niente?” domanda Eddie, facendomi scoppiare a ridere.
“Eheheh no, esatto”
“Non lo ammazza?”
“No. Questa diciamo che è la parte più bella dell'episodio”
Seguiamo l'episodio fino alla fine: Kirk risparmia il Gorn perché capisce che in fondo voleva solo difendere il suo territorio, il Metron è colpito dalla pietà del Capitano, un tratto che non si aspettava di trovare negli umani, e risparmia entrambi.
“La morale è positiva alla fine”
“Sì, c'è ancora speranza per l'umanità”
“Ma... quel combattimento faceva veramente cagare, non ce la faccio” Eddie molla la presa sulle mie gambe per coprirsi la faccia con la mano mentre ride.
“Non posso negarlo. Però devi capire che è del 1968”
“Già, è vero, scusa. E' così che si combattevano gli alieni-lucertola all'epoca”
“Eheh sì, ora ne sappiamo molto di più sugli alieni-lucertola, ma allora si faceva così”
“Comunque avremo dovuto registrarlo per riguardarlo alla moviola, non ho capito bene cosa stava succedendo durante lo scontro, erano troppo veloci”
“Ahahahah”
“Come possono mandare in onda una cosa così violenta a quest'ora? Non pensano ai bambini?”
“Sei più simpatico quando guardi Star Trek, me lo devo annotare”
“Non c'entra Star Trek”
“Ah già, è il fumo. Prendo nota ugualmente”
“No, neanche quello”
“E allora cos'è?”
“Sei tu”
“Oh...”
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“Hai sentito anche tu?” Angie si stacca di colpo dal nostro bacio e si guarda attorno.
“Cosa?”
“Un rumore”
“Che rumore?”
“Non so, qualcosa che sbatte”
“Boh, avrò lasciato una finestra aperta” alzo le spalle e torno a baciarla.
“Dal corridoio non ho visto finestre aperte, prima, quando sono andata in bagno” insiste.
“E allora non c'è stato nessun rumore” le do un buffetto sul naso e ci riprovo.
“Ma io sono sicura di aver sentito qualcosa” niente da fare.
Pensavo fosse tranquilla adesso. Prima era così tesa... anche se non capisco il perché. Cerco in tutti i modi di metterla a suo agio.
“Magari veniva da fuori, no?” le tolgo i capelli dal viso e le accarezzo la guancia, le prendo il mento tra le mani e...
“Non so, mi sembrava più da questa parte” spiega indicando genericamente l'ingresso e il corridoio.
“Come dicevo, magari qualcuno che è rientrato a casa e ha sbattuto la porta”
“Sì... può essere... hai ragione” finalmente mi sorride e io posso riprendere da dove avevamo lasciato.
Almeno finché qualcuno non suona il campanello, un suono che, diversamente da quello immaginario di prima, sentiamo bene tutti e due.
“Hanno suonato” Angie scivola via dalle mie ginocchia e resta pietrificata in piedi, al centro del salotto.
“Già... vediamo chi è che rompe.” mi alzo malvolentieri e vado ad aprire “Jeff?”
“Ehi, scusa amico, ho dimenticato le chiavi” il mio coinquilino entra e lancia lo zaino a terra.
“No problem. Ma che ci fai qui? Non avevi il turno fino alle sei?”
“Infatti. Sono quasi le sei e mezza, Ed” Jeff ride mentre si toglie la giacca e la appende all'attaccapanni.
“COSA? Di già?”
“Ho capito che Violet ti stava sul cazzo, ma se fossi in te l'orologio che ti ha regalato io lo metterei, ti farebbe comodo” mi da due pacche sulle spalle, incrocia le braccia e mi guarda. Sorriso a duecento denti.
“Me ne comprerò un altro...” annuisco e faccio per tornare in salotto. Mi giro e mi aspetto di trovare Jeff che mi segue, invece è ancora lì, impalato, nell'ingresso, che ride. Che cazzo ride?
“Vado a fare una doccia al volo, in teoria abbiamo il soundcheck tra mezz'ora” finalmente si schioda dalla sua posizione sull'attenti e si infila diretto nel corridoio.
“CIAO JEFF!” lo chiama Angie dal salotto e Ament fa un piccolo dietrofront.
“Angie! Ciao! Non ti avevo vista!” entro anch'io nella stanza e vedo Angie, capotto addosso e borsa a tracolla. Non dico che mi aspettavo di vederla come prima, spalmata sulla poltrona con la camicetta sbottonata, però...
“Eh andavi veloce...”
“Che ci fai qui? Non dirmi che stasera non vieni?” Jeff fa il finto incazzato e Angie non ci casca.
“Vengo, vengo. Ho solo fatto una scappata per portarvi una cosa” lei non fa in tempo a indicargli il piatto che subito il bassista si avventa sulla torta.
“Cioccolato! Grande Angie, sei mitica. Soprattutto perché l'hai portata solo a noi e non agli altri membri della band”
“Avrei voluto, ma portare una torta all'Off Ramp mi sembrava un po' scomodo”
“Scomodissimo, infatti, meglio così!” ribadisce lui con la bocca piena.
“Non dovevi farti la doccia? Non eravamo in ritardo?” gli domando avvicinandomi ai due.
“Ma sì, tanto i suoni all'Off Ramp fanno sempre cagare. Se ci aspettano bene, se no sticazzi”
“Va beh, allora io vado” Angie si smarca da Jeff, e anche da me.
“Di già?” protesto io.
“Sì, direi che avete da fare”
“A questo punto aspetta e vieni direttamente con noi al locale, no?” Jeffrey ha l'idea del secolo.
“Già! Se hai pazienza un secondo andiamo tutti assieme” mi unisco anch'io alla proposta.
“Grazie, ma... non posso, ho un paio di commissioni da fare che non posso rimandare eheh. Ci vediamo stasera!” Angie infrange le mie speranze e corre via verso l'ingresso.
“Ciao Angie, grazie per la torta” Jeff la saluta e si siede col piatto in mano, tagliando un'altra fetta. Mi stupisco che non la stia rompendo direttamente con le mani. Forse è perché c'è ancora lei. Ancora per poco.
“Ciao ragazzi!” si ferma e si affaccia al volo un ultima volta verso di noi, facendo ciao-ciao con la mano, per poi scomparire. Non faccio neanche in tempo a fare un solo passo per raggiungerla e salutarla come si deve che sento già la porta aprirsi e chiudersi.
Ma che cazzo...?
“Ho interrotto qualcosa?” sto ancora cercando di capire cos'è successo quando Jeff mi fa la domanda.
“No”
“Sicuro? Mi sembra ci fosse una bella festicciola in corso...” il mio amico indica la mia camicia abbandonata a caso sul tavolino, i mozziconi nel posacenere e i bicchieri.
“Sicuro. Ehm... torno subito” rispondo facendo qualche passo all'indietro.
“Dove vai?”
“Devo... cazzo, mi sono dimenticato di dire una cosa ad Angie”
“Ah sì? Che cosa?” Jeff incrocia le gambe sul divano e continua a ridermi in faccia.
“Una cosa... di lavoro... torno subito” schizzo fuori e mi precipito giù per le scale.
Io non ho detto nulla a Jeff, ma ho come il sospetto che abbia capito qualcosa. Beh, d'altronde aveva già capito prima, non è mica scemo. Che poi, io glielo direi anche. Però ho intuito che Angie non vuole che nessuno lo sappia. Da cosa l'ho intuito? Beh, vediamo... forse dal fatto che venerdì sera, dopo aver passato un pomeriggio fantastico solo noi due, quando siamo andati tutti insieme al pub scozzese qui sotto per festeggiare la fine del tour, lei mi ha a malapena rivolto la parola sedendosi il più lontano possibile da me? O perché sabato sera, quando sono passato da Roxy e ci stavamo tenendo per mano, lei ha mollato subito la mia non appena è apparsa Meg? Capisco siano pochi giorni, però non vedo perché ci dovremmo nascondere.
“Angie!” la raggiungo tra il secondo e il primo piano e la sua faccia quando mi vede è decisamente perplessa.
“Eddie? Che c'è?”
“Che vuol dire che c'è? Cos'era quello?” mi fermo, qualche gradino più in su.
“Quello cosa?” domanda e sembra davvero non capire.
“Questo” rispondo, facendole ciao-ciao con la mano e scendendo di un paio di gradini.
“Un gesto universale di saluto?”
“E non hai dimenticato niente?” alzo gli occhi al cielo e scendo ancora.
“Non so... che ho dimenticato?”
“Tipo... questo?” arrivo al suo gradino, le prendo il viso tra le mani e la bacio.
“Oh intendevi questo” commenta imbarazzata.
“Sì, proprio questo.” aggiungo con un altro bacio veloce “Perché sei andata via salutando così?”
“Beh, c'era Jeff...”
“E allora?”
“Rischiavamo che ci vedesse”
“Ripeto: e allora?” Angie e io non ne abbiamo ancora parlato, insomma, tutte le volte che io provo a parlarle di noi, lei cambia argomento e finora ho fatto finta di nulla. Dopotutto sono solo pochi giorni. Ma forse è arrivato il momento di affrontare il discorso.
“Eddie...”
“Che c'è di male se ci vede? Prima o poi lo verrà a sapere, o no?”
“Sì, ma... non lo so” lo sguardo di Angie scivola a terra.
“Non vuoi che lo sappia nessuno, questo l'ho capito. Ma non ho capito perché”
“Solo per il momento”
“Non ti ho chiesto quando, ma perché”
“Perché... lo sai come sono i ragazzi... non si fanno i fatti loro” inizia a farfugliare gesticolando.
“Angie”
“Sei nella band dei miei amici e se succedesse qualcosa-”
“Angie, ti svelo un segreto: agli altri non frega un cazzo di noi. Sì, possono fare due battute, scherzare, spettegolarci su due minuti, ma poi ognuno torna alla sua vita e ai suoi problemi. Non ruota tutto attorno a noi”
“Eheh lo so!”
“E allora?”
“Vorrei solo aspettare un po' prima di dirlo, tutto qui”
“Non è che dobbiamo dirlo, non dobbiamo fare annunci, solo... smettere di nasconderci. E i nostri amici mangeranno la foglia”
“Se aspettiamo un attimo prima di fargliela mangiare?”
“Ti vergogni di me”
“Cosa? Ma figurati, che cazzo dici?!”
“E allora cos'è, non ti fidi?”
“Non è quello, Eddie”
“Perché se non ti fidi, allora dimmi cosa devo fare per farti avere fiducia in me”
“Non devi fare niente”
“Io non sono Jerry” se lei non vuole nominare l’elefante nella stanza, sono io a doverlo fare.
“Oddio, lo so!”
“Lo sai? Sicura?”
“Certo che lo so, altrimenti non sarei qui con te”
“Io non ci sto a nascondermi perché io non ho nulla da nascondere, ok? Cosa sono? Il nuovo non-ragazzo? Il fidanzato segreto del momento?”
“Io... che hai detto scusa?” Angie finalmente mi guarda, solo che lo fa come se avesse visto un fantasma.
“Che non ci sto e-”
“No, quello che hai detto dopo” Angie si appoggia alla ringhiera della scalinata, aggrappandovisi con entrambe le mani.
“Che non ho niente da nascondere?”
“Dopo ancora?”
“Il fidanzato segreto”
“Sì, quello! Ecco...in che senso, scusa?” mi chiede con gli occhi sgranati.
“Come in che senso? Nel senso che sono il tuo ragazzo e nessuno lo sa, non-”
“Sei... sei il mio ragazzo?”
“Beh, sì... o no?” io avevo capito di sì. Forse non avevo capito un cazzo.
“Sì sì! Cioè, non lo so, non ne abbiamo parlato...” gli occhi sono di nuovo bassi e io mi avvicino.
“Non ne ho parlato perché mi sembravi un po' a disagio, ogni volta che provavo ad affrontare l'argomento...”
“Lo so, è vero... è colpa mia”
“Colpa? Che colpa? Non c'è nessuna colpa? E'... è nata questa cosa ed è una cosa bella e ci stiamo frequentando. E ti imbarazza un po' parlarne perché è appena iniziata, non c'è nulla di strano”
“Quindi... cosa siamo... io e te?” mi chiede e lo sento che le costa tanta fatica parlare così schiettamente.
“Tu cosa vuoi che siamo?”
“Te l'ho chiesto... ehm, te l'ho chiesto prima io” ribatte accennando un sorriso. Il solito, irresistibile.
“Stiamo insieme”
“Ok”
“Per te invece?”
“Anche per me”
“Perfetto” le prendo le mani e gliele stacco dalla ringhiera, baciandole assieme.
“Quindi... non ti stai vedendo con nessun'altra?” mi chiede e io le darei una testata, ma di quelle forti!
“No, Angie, non mi vedo con nessun'altra...” poi d'improvviso, un sospetto “Perché tu ti vedi con qualcun altro?”
“Cosa? No!”
“Sicura?” non è che tutta questa discrezione e l'imbarazzo sono solo dovuti al fatto che è uscita con qualcun altro? Dopotutto non ne abbiamo mai parlato, quindi non abbiamo mai stabilito quanto questa cosa fosse esclusiva o no. Con chi cazzo esce? Chiunque sia se la vedrà con-
“Certo, con chi vuoi che mi veda?”
“Non lo so, dimmelo tu”
“Non mi vedo con nessuno, Eddie. Solo con te” stavolta è lei a prendermi la mano e a stringerla delicatamente nelle sue, accarezzandone il dorso, poi le dita e infine il palmo, studiandola attentamente, senza guardarmi.
“Ok”
“Allora stiamo insieme”
“Già... allora... andiamo a dare a Jeff la bella notizia?”
“Eddie, per favore”
“Scherzavo! Scherzavo!”
“Solo per qualche giorno, teniamocela per noi... ok?”
“Ok, mia regina”
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Capitolo 52 - Cervi, medagliette e microonde
Nel capitolo precedente: Angie accetta di uscire con Dave. Eddie la cerca ancora al telefono, è costretta a rivelare a Meg cosa è successo a San Diego e cerca di spiegare all’amica il suo punto di vista sulla faccenda e perché lo sta evitando. Grace e Meg hanno pianificato una serata assieme a casa di quest’ultima, per un caso Grace resta sola quando Stone chiama. Gossard si mostra come sempre molto affettuoso con lei, che ne sembra un po’ intimorita. Grace parla al telefono anche con Eddie e, non sapendo nulla del bacio tra lui ed Angie, pensa di scuoterlo un po’ facendolo ingelosire e raccontandogli dell’uscita tra lei e Dave. Eddie la prende malissimo. Grace se ne pente una volta che Meg le rivela a che punto sono davvero Angie ed Eddie. Quando la ragazza torna a casa è costretta dalle amiche a chiamare Vedder e dirgli la verità. Angie si decide, affronta Eddie e svela che Dave ha iniziato a uscire con la bassista delle L7 e che lei lo ha solo accompagnato a un loro concerto, pur di non farlo andare da solo, per evitargli imbarazzi. Eddie allora si scusa con Angie e le confessa quello che prova come mai gli era riuscito prima. Le amiche di Angie sentono tutto, avendola obbligata a usare il vivavoce.
Intensa fragranza usata in profumeria. Sette lettere. Inizia per M. Mughetto! No, sono otto. Mango... Magnolia... Boh? Stranamente sono riuscita a mettere le mani sulla copia del Seattle Times che ogni tanto entra in casa nostra prima che Angie, come al solito, faccia il cruciverba. Ora però mi sa che mi tocca chiedere aiuto alla mia socia, perché sono nella nebbia più totale.
“Allora, ti stavo dicendo, mi presento al tavolo, solito saluto d'ordinanza con sorriso incorporato, chiedo alla tizia cosa prende e questa mi chiede, testuali parole, un cheeseburger senza formaggio e delle patatine” la porta della sua camera è aperta, mi affaccio con circospezione e la vedo al telefono. Ovviamente non ho bisogno di sapere con chi sta parlando, dalla sera in cui io e Grace siamo miracolosamente riuscite a convincerla a richiamare quel povero Cristo di Eddie ce ne sono state altre di chiamate, tutti i giorni. Per nostra sfortuna senza viva voce. Cazzo, quando ha aperto il suo cuore ad Angie io e Grace ci siamo sciolte in sospiri e aaaaaaw che per un pelo Vedder ci sgamava. Sono un'impicciona? Sì. Mi interesso alla vita sentimentale altrui per evitare di pensare al disastro della mia? Ebbene sì. Sono però anche genuinamente felice che alla mia amica le cose girino per il verso giusto come si merita? Eccome!
“Aspetta, rimango spiazzata per un attimo per il modo in cui si è espressa, poi rispondo: perfetto, allora le porto il menù Go-go con hamburger più patatine più bibita media a quattro dollari e novantanove. Va beh, in pratica non mi fa neanche finire di parlare e mi dice: No, no, io non voglio un hamburger. Voglio un cheeseburger senza formaggio” Angie dondola a destra e sinistra, cullandosi sulla sua sedia con le rotelline, mentre ascolta sorridendo la replica del suo bello.
“Esatto! Ahah stessa cosa che le ho detto io: quindi... un hamburger, signora? NO! Risponde lei seccatissima. Ho detto che non voglio un hamburger, ho chiesto un cheeseburger senza il formaggio! Ti giuro che urlava, mi sono vergognata per me, ma anche un po' per lei” Angie ruota un pelo di più sulla sedia e mi vede, facendomi un cenno.
“Ovviamente non mi sono scomposta e le ho detto: allora vuole pagare un dollaro in più per un cheeseburger, ma lo vuole senza formaggio?” Angie e io scoppiamo a ridere assieme mentre entro in camera sua schiodandomi dalla porta, poi continua “Eh sì, perché il menù col cheeseburger costa di più, è quella la cosa assurda! Se io prendo l'ordine come menù cheeseburger, anche se segnalo alla cucina di non mettere il formaggio, sarà sempre considerato un cheeseburger. Va beh, questa stronza sgrana gli occhi e mi fa: Sì, esatto! Era così difficile da capire? Ahahah eh, te l'avevo detto che era una stronza!”
“Il cliente ha sempre ragione!” esclamo io sedendomi sul suo letto.
“Ehi, tu e Meg avete detto la stessa cosa quasi contemporaneamente! Comunque, visto che il cliente ha sempre ragione e questa qua mi aveva appena dato della menomata mentale senza capire che l'unica ottusa era lei, le ho risposto: Assolutamente no, signora, un menù Marilyn con cheeseburger senza formaggio, patatine e bibita a cinque dollari e novantanove per lei? E quella: ecco, sì, adesso ci siamo, grazie. Ma vai a cagare! Eheh... aspetta un secondo, ok?” Angie se la ride con Eddie, poi gli dice di attendere e scosta solo leggermente il telefono dall'orecchio, rivolgendosi a me “Volevi dirmi qualcosa?”
“Intensa fragranza usata in profumeria, inizia per M, sette lettere” le domando mostrandole il giornale.
“Muschio” risponde subito senza battere ciglio. E' vero! Perché non mi veniva? La odio, cazzo.
“Sì, può essere, in effetti ci sta”
“Non può essere: è!” gongola per poi portarsi di nuovo il telefono all'orecchio “Cosa? La sapevi anche tu? La sapeva anche lui”
“Beh grazie a tutti e due, ma non tiratevela troppo!” ribatto lanciando un cuscino ad Angie, che però riesce a schivarlo, per poi raccoglierlo da terra.
“Purtroppo usata in profumeria, aggiungerei... Come perché? Il muschio è dannosissimo, sia quello sintetico che il muschio naturale... Beh, nel dubbio, tra estinzione totale di una specie animale e inquinamento, meglio non scegliere nessuno dei due e usare altre profumazioni, no? Come che animale? In che senso? Tu sai da dove deriva il muschio, vero?” parte un dibattito tra Eddie ed Angie di cui io sento solo una parte, anche se credo sia comunque la parte più consistente “Pianta? Ma che pianta? Il muschio non è una pianta! Cioè, sì, esiste anche la pianta, ma non è quello che si usa per fare i profumi. No! E' una secrezione animale, di un cervo per la precisione. Ma no, non ti sto prendendo per il culo, Eddie, giuro! Questi cervi hanno una ghiandola, una specie di sacchetto sotto la pancia che secerne questa sostanza, e la spargono nel loro ambiente per marcare il territorio, specialmente nella stagione degli amori... Ahahah no, Eddie, non è sperma di cervo!”
Non la tipica conversazione tra innamorati eh?
“Comunque credo che ora sia per lo più sintetico” commento io dopo aver finito di scrivere la risposta giusta nelle caselle.
“Tanto peggio, perché inquina e finisce pure nella catena alimentare.” risponde Angie sia a me che a Eddie “Come? Ahahah no, niente profumo al muschio in regalo per me, grazie. E niente regali in generale, me ne hai fatti già troppi... Sì invece... Sì invece... Eddie? Per favore... Dai...” ora torniamo più su conversazioni di coppia, Angie stringe sempre di più il cuscino e io penso sia giunta l'ora di togliere il disturbo e tornare di là. Va beh, o di continuare a origliare da fuori senza farmi vedere.
“Aspetta, Meg! Sì, ora glielo chiedo.” mi alzo e faccio per uscire, camminando all'indietro e facendo ciao ciao con la mano, ma Angie mi blocca “Allora vai a vedere i ragazzi domani sera a Portland?”
“Sì, il piano è quello. Quasi sicuramente verranno anche Grace e Laura”
“Sentito? Meg, Grace e Laura, un bel terzetto pronto ad acclamarvi e a lanciarvi i reggiseni”
“Ahahah io ho poco da lanciare!”
“No, Eddie, te l'ho già detto, non posso... Roxy m'incula, è pure un mercoledì, ci sono gli infermieri della scuola serale che finiscono prima... non posso chiedere un altro giorno”
Il nostro piccolo Romeo è impaziente, vedo. I suoi sogni si sono già infranti quando ha scoperto che Kelly aveva programmato per la band un giro promozionale di radio e interviste varie proprio nei due giorni di pausa tra i due concerti in Oregon e che c'era ancora da aspettare prima di rimettere piede qui a Seattle. Eddie ci ha provato a svicolarsi, spiegando che tanto lui non conta un cazzo nella band di Stone e Jeff e che potevano pensarci loro, ma a quanto pare non è bastato.
“E va beh, ci vediamo dopodomani, cosa cambia? Ma piantala, non cambia niente... Ahahah no!” sono ancora qui impalata nel bel mezzo della stanza di Angie, mentre lei giocherella col cuscino e vorrei tanto sapere a cosa si riferisce quell'ultimo no, ma tanto la mia amica non me lo dirà mai.
“Salutamelo, ok?” stavolta mi allontano veramente, fermandomi in corridoio perché, come volevasi dimostrare, i cazzi miei non me li so ancora fare.
“Meg ti saluta! Comunque pensavo a una cosa. Ahahahah no! Pensavo che se domani le ragazze vengono a vedervi... beh, sarà come un'ulteriore perdita della famosa scommessa... non credi? Ahahah non lo so, non conosco Portland, non so se ci sono discoteche anni Settanta, devi chiedere a Stone. No no, chiediglielo, sono sicura che se anche non ce ne fossero, farebbe in modo di allestirne una pur di farsi un'altra risata alle spalle dei perdenti! Eheh sì, sarebbe un momento imperdibile. Ah sì? Perché? Oh sì, certo, la mia presenza o meno fa sicuramente la differenza”
La telefonata dei piccioncini va avanti ancora per un po', con Eddie che presumibilmente le dice cose sempre più carine e lei che ci scherza su, non so se per il suo naturale imbarazzo o perché sa perfettamente che sono qui a origliare. Dopo averlo salutato, dissipa i miei dubbi.
“Meg!”
Taccio.
“Meg? Dai, tanto lo so che sei qui fuori”
“Uhm, stavo andando in bagno” ricompaio magicamente sulla porta, giusto in tempo per beccarmi una debole cuscinata.
“Certo...”
“Allora?” mi siedo di nuovo ai piedi del letto, in attesa delle confidenze di Angie, che mi illudo possa condividere senza che io debba tirargliele fuori con cavatappi.
“Allora Grace viene con voi domani sera?” Angie spegne subito ogni mia speranza.
“Sì, c'è anche lei”
“Sicura?”
“Certo, l'ho sentita stamattina e mi ha confermato che c'è. Perché?”
“Non lo so, è che non mi è sembrata particolarmente impaziente di rivedere Stone... o sbaglio? Cioè, è strano ma...”
“Aspetta un momento. Angela Pacifico che fa del gossip??”
“Ahahah vaffanculo Meg!”
“Chi sei? Cosa ne hai fatto della mia coinquilina?” mi alzo di scatto, indicandola con una mano tremante.
“Non sto spettegolando, faccio solo delle considerazioni su due amici”
“Considerazioni eh?” tiro giù il braccio e la guardo ridacchiando.
“Due cari amici a cui tengo. E mi sembrano carini insieme. E Grace mi sembrava molto presa all'inizio, invece adesso... mah... Insomma, secondo te c'è qualcosa che noi non sappiamo?” la nuova reginetta del gossip cerca di girarci attorno e io decido di starci. Anche perché una conversazione in più su Grace è un discorso in meno su di me e la mia vita sentimentale inesistente.
“Nah, secondo me è tutto normale. Grace aveva una cotta e Stone faceva il figo, adesso Stone non fa più il figo e lei è rimasta spiazzata, tutto qua”
“Più che altro Stone mi sembra super lanciato”
“Oh sì, effettivamente... Mi ricorda qualcun altro di nostra conoscenza” stavolta non posso fare a meno di stuzzicarla, ma lei alza gli occhi e continua.
“Per lui stanno già insieme in pratica, invece lei si è chiusa a riccio” certo, un atteggiamento di cui tu ti intendi parecchio, vero Angie? Stavolta mi trattengo.
“Vedrai che da domani sera il riccio si apre, fidati”
“Vorrei solo non soffrisse” la mia amica alza le spalle e si rigira il telefono tra le mani. Non è che lo stai dicendo a te stessa?
“Chi dei due?”
“Beh, nessuno dei due!”
“Quindi... niente profumo al muschio?” le chiedo dopo un po' e Angie ricomincia a dondolare sulla sedia.
“Ahah no, per carità!”
“Devo ricordarmi di dire a Eddie di prendertene uno alla frutta” le strizzo l'occhio e lei sbuffa facendo un giro di trecentosessanta gradi.
“Per favore...”
“Alla banana sarebbe perfetto”
“MEG!”
“Che ho detto?!”
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Beer-pong. Ventisei anni e ancora mi metto a giocare a beer-pong? Beh, Kim ne ha trenta e li organizza lui i tornei di questi giochi del cazzo, la cosa dovrebbe consolarmi. Ventisei anni, una relazione stabile, un progetto musicale serio, un conto in banca che mi paga le bollette senza arrivare alla fine di ogni mese con l'acqua alla gola... e mi risveglio nella vasca da bagno del mio bassista alle sei del mattino. Cazzo di mal di schiena! E perché cavolo sto ancora in questo condominio di merda? Bestemmio mentre insisto nel premere il pulsante per chiamare l'ascensore che tanto non arriverà mai, dopodiché mi rassegno alle quattro rampe di scale.
Trascino le mie vecchie membra fino alla porta del mio appartamento, ma quando infilo la mano in tasca in cerca delle chiavi la sensazione di freddo metallico è rimpiazzata dal nulla più totale. Non ci posso credere. Matt doveva trovarsela proprio adesso la ragazza? Tasto velocemente tutte le tasche della giacca e dei pantaloni e non trovo un cazzo e mollo un pugno alla porta.
“Cazzo” nello sferrare il pugno sento distintamente un tintinnio di chiavi e torno a cercare meglio in ogni fottuta tasca, ma non trovo nulla. Sferro un'altra botta alla porta ed ecco di nuovo il rumore. Mi metto a saltellare come un coglione davanti alla porta e ad ogni balzo corrisponde un tintinnar di chiavi, mi levo la giacca, la scuoto, stessa cosa. Ispeziono più a fondo le tasche e trovo, non il mazzo di chiavi, ma un bel buco in quella sinistra. Ecco risolto il mistero! Ora devo solo cercare di usare quel po' di lucidità che mi resta per individuare l'esatta posizione delle chiavi all'interno della fodera del giaccone ed estrarle. Mentre mi appresto a recuperarle, un altro rumore, stavolta non metallico, ma “umano”, attira la mia attenzione. Una voce, come qualcuno che canticchia, ma senza parole, mormorando, molto piano. All'inizio penso a qualcuno che magari canta mentre si fa la barba o si prepara, dopotutto per tutto il mondo è mattina. Però la voce, pur essendo flebile, si sente bene, in maniera chiara, e con un piccolo riverbero che fa pensare che la persona sia già uscita dal proprio appartamento. E allora perché non vedo arrivare nessuno? Mi incammino lungo il corridoio e sto ancora tastando la mia giacca quando, girato l'angolo, lo vedo: Vedder, seduto per terra, o meglio, seduto sullo zerbino delle ragazze, che scrive su un quaderno, con un sacchetto di carta appoggiato sulle gambe.
“Eddie?” lo chiamo perché lui non mi si fila proprio.
“Oh ehi, ciao Chris” Eddie smette di scrivere e mi saluta, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Che ci fai qui? Non dovresti essere in tour?”
“E' finito! Cioè, tecnicamente finisce il tre marzo, ma considerando che le ultime tre date sono qui a Seattle, praticamente abbiamo finito. Nel senso che abbiamo finito di girare” Eddie spiega candidamente, chiudendo la penna e infilandola nel quadernetto, per poi infilarsi il tutto in una tasca interna della giacca. Nel fare questo lascia intravedere la sua maglietta: bianca con su scritto Air Love Bone e la sagoma di un giocatore di basket coi capelli lunghi che somiglia più a Jeff che a Jordan. Ne ho una uguale pure io, ma blu.
“Non avete due concerti in Oregon?”
“Avevamo, abbiamo suonato a Portland ieri sera. Poca gente, ma bella atmosfera, gran concerto” Eddie annuisce a se stesso e non si schioda da terra.
“Avete suonato ieri? E quando sei tornato?”
“Che ore sono adesso? Uh le sette e mezza. Beh, qualche oretta fa”
“Eheh saltati sul van e schizzati a casa subito dopo il concerto? Non vedevate l'ora di tornare eh?” mi sa che soprattutto lui non stava nella pelle, o sbaglio? Non è che Eddie mi abbia mai parlato di queste cose, non sono la sua confidente o Jeff, però forse fra tutto sono uno di quelli, assieme ad Ament, che lo conosce un po' di più. E comunque non ci vuole un genio per capire che se, anziché a letto a dormire per smaltire la stanchezza del tour, è qui davanti alla porta di una ragazza, allora c'è qualcosa di grosso sotto.
“Beh, ehm, questo non lo so... Cioè, non so cos'hanno fatto gli altri, io sono... sono tornato da solo” Eddie perde per un secondo la sua apparente tranquillità.
“Da solo?”
“Sì”
“E come?”
“Autostop” risponde alzando il pollice.
“Autostop?”
“Sì”
“Cioè, tu hai mollato tutto e tutti e sei venuto in autostop fino a Seattle”
“I Village People mi hanno ispirato”
“Eh?”
“Do you want to spend the night?”
“Di che cazzo sei fatto, Ed?”
A quel punto mi spiega che si tratta della solita scommessa del cazzo di Stone e Jeff e che una parte dei nostri amici si è esibita nel parcheggio del Melody Ballroom. Conosco il posto. Ci ho suonato e ci ho visto pure i Fugazi. Mi ha sempre fatto sorridere pensare che li ci facciano anche i matrimoni e le feste dei liceali. Beh, complimenti alla versatilità e all'apertura mentale dei proprietari.
“E a un certo punto mi sono detto: che cazzo ci faccio qui? E ho chiesto a dei tizi che ho già visto ai nostri concerti qui se mi davano uno strappo” il motivo per cui ha avuto quest'illuminazione improvvisa è al di là di quella porta, entrambi lo sappiamo, ma nessuno sente l'esigenza di puntualizzarlo.
“E ci hai messo tutto questo tempo?”
“Non sono mica arrivato adesso...”
“Da quanto tempo sei su quel cazzo di zerbino?” gli domando quando finalmente trovo le dannate chiavi e cerco di tirarle fuori.
“No beh, qui da un'oretta. Facciamo due”
“E perché?”
“Perché era troppo presto”
“Quindi ti sei fatto scaricare qui e poi ti sei accorto che era l'alba?”
“No, non mi sono fatto lasciare qui”
“E dove?”
“A Pike Place” risponde come se fosse la cosa più ovvia e io fossi un coglione a chiedere.
“A Pike Place” ripeto facendo sì con la testa, assecondandolo come si fa coi pazzi.
“Dovevo prendere delle cose” aggiunge afferrando il sacchetto di carta e appoggiandolo a terra alla sua sinistra.
“Ma non hai trovato chiuso?” chiedo scettico.
“Le panetterie aprono presto”
“Ah” assecondare sì, questa è la strategia migliore.
“Ho mangiato qualcosa, ho preso un caffè, ho comprato qualcosina per Angie e poi sono venuto qui”
“In autostop”
“Ahahah ma va, in tram!” ancora una volta mi risponde come se fossi io il coglione e forse non ha tutti i torti.
“Sono arrivato e quando stavo per suonare il campanello mi sono reso conto che erano tipo le cinque del mattino”
“Come recita un altro pezzo dei mitici Village People”
“Uhm sì, ma cosa c'entra?” domanda improvvisamente serissimo e io gli scoppio a ridere in faccia. Con Eddie non capisci mai se è serio o se ti prende per il culo ed è un aspetto che mi piace nelle persone. Di certo l'ha capito che anch'io non sono del tutto a posto, forse dalla prima volta che l'ho portato fuori a bere. O da quando mi sono materializzato al mini market e l'ho portato via a fine turno dicendogli che gli avrei fatto vedere come trascorrono i venerdì sera le rockstar locali. E abbiamo passato la nottata a bere e inseguire i miei cani, o meglio, i cani di Susan nel bosco.
“Ahah niente niente! Allora ti sei parcheggiato qui, giusto?”
“Sì...” risponde ancora scettico “In attesa di un orario più umano”
“Beh dai, le sette e mezza mi sembrano acceettabili” mi avvicino e faccio per suonare il campanello, ma Eddie mi blocca prendendomi per il polso.
“No!”
“Perché no?”
“Non ho sentito rumori, non si è ancora svegliata. Ormai aspetto che si svegli” faccio marcia indietro e mi immagino Eddie con l'orecchio incollato alla porta in attesa del rumore del cicalino del microonde o dello sciacquone del cesso e mi faccio un sacco di risate, internamente. Non voglio ferirlo!
“E la tua roba?”
“Che roba?”
“Le tue cose, i tuoi bagagli”
“Oh avevo solo uno zaino, è sul van. Jeff me lo porterà, credo”
“Credi?”
“Beh, penso di sì”
“Ma... hai detto agli altri che tornavi a casa, vero?”
“Mmm... aspetta... ah sì, l'ho detto a Mike” allora sì che stai in una botte di ferro, amico.
“Era lucido quando gliel'hai detto?”
“Sembrava di...” mentre Eddie inizia a descrivere lo stato apparente di Mike nel dopo concerto di ieri, ecco che la porta a cui era appoggiato si apre di scatto e lui cade giù all'indietro a peso morto, ma capisco che è ancora vivo quando termina la frase dal pavimento di casa di Angie “...sì”
“Che cazz... Eddie? Chris?” la ragazza ci guarda uno ad uno incredula, mentre lega la cinta della sua vestaglia rosa.
“Ciao dolcezza! L'ho trovato sul tuo zerbino. Non ha la medaglietta, però sembra ben nutrito” scherzo, mentre Eddie è ancora a terra.
“Ciao Angie!” esclama con un certo entusiasmo ammirandola dal basso in tutta la sua... confettosità? Esiste? Mah...
“Eddie! Che ci fai a terra, tirati su” Angie gli tende la mano e lui accetta l'offerta, si aiuta aggrappandosi alla maniglia e si alza.
“Sono caduto” ahah sì, che ci sei cascato con tutte le scarpe mi pare evidente.
“Fatto male?” chiede lei perplessa.
“Nah”
“E' proprio così al naturale, fidati. Ehi Eddie, attento” lo avviso indicando il sacchetto di carta che sta quasi per calpestare.
“Oh cazzo, grazie Chris” recupera il sacchetto e lo stringe come se fosse un neonato da cullare.
“Cos'è?” chiede lei sempre più confusa, calcolando anche che si sarà appena svegliata e come prima attività della giornata le tocca avere a che fare con due deficienti.
“La colazione!” risponde Vedder tutto soddisfatto di sé.
“Oh... grazie... beh, facciamo colazione allora” Angie indica l'interno del suo appartamento e io capisco che si è fatta una certa ed è ora di levare le tende, visto e considerato che ho pure recuperato le mie cazzo di chiavi di casa.
“Ottima idea” Eddie le lancia uno sguardo sornione, ulteriore segnale che è arrivato il momento di levarsi dal cazzo.
“Beh, allora io vado eh?”
“Non fai colazione con noi?” mi chiede lei in maniera apparentemente innocente. L'occhiata di Eddie mi basta per trovare la risposta.
“No, grazie, dolcezza, ma ho troppo sonno. E alla sola idea di ingerire ancora qualcosa di solido o liquido sento le mie budella chiedere pietà”
“Mmh ok, ci vediamo allora”
“Ciao Chris!” Eddie mi saluta e sparisce nell'appartamento.
“Buona notte ragazzi... Cioè, buongiorno... Insomma, avete capito”
“Notte Chris”
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“Che ci facevate qui fuori a chiacchierare? Ho sentito dei rumori e-” richiudo dopo essermi accertata che Chris cammini dritto a sufficienza per arrivare al suo appartamento e non appena mi giro vengo travolta da Eddie che mi inchioda alla porta abbracciandomi.
“Scusa se ti abbiamo svegliata”
“N-no, ma no! Ero... ero già sveglia”
“Mi sei mancata”
“Oh, ehm, anche tu” rispondo e spero tanto che il colluttorio che ho usato ieri sera sia davvero ad azione prolungata come sostenuto in etichetta perché Eddie sta praticamente respirando sulle mie labbra strofinando il naso contro il mio.
“Da morire...” è sempre più vicino e io non so dove guardare, se guardare, se chiudere gli occhi, se baciarlo, se aspettare che lo faccia lui, se stare zitta e godermi il momento.
Ma io sono zitta...
Beh zitta nella tua testa, cretina che non sei altro!
Ma è impossibile non pensare, anche il pensiero di non pensare è qualcosa che pensi in fondo, no?
Ma perché pensi a queste cazzo di cose mentre Eddie ti sta torturando in questa maniera? E le mani? Dove cazzo le hai messe le mani?
Aspetta, ce le ho... sospese, a mezz'aria, praticamente lo sto abbracciando coi gomiti.
Coi gomiti? Che cazzo sei un meccanico con le mani sporche di grasso?! Sembri il pastore del presepe della nonna, quello che si stupisce, con le mani alzate al cielo.
Riesco a smettere di litigare con me stessa per un attimo e ad appoggiare le mani sulle spalle di Eddie, che deve percepire il gesto come un segnale di via libera e mi bacia.
Dave Gahan non si vede né si sente, idem per i suoi compagni di band, lo zio Tom Jones non si fa vivo, di Sonny e Cher neanche l'ombra. Per un attimo mi sento quasi un'adulta, almeno finché non sento partire le nacchere e Phil Spector butta letteralmente il trio delle Crystals sul palco senza tante cerimonie.
He kissed me in a way that I've never been kissed before
He kissed me in a way that I wanna be kissed forever more
Il concerto non finisce neanche quando Eddie si stacca dalla mia bocca per un secondo e mi guarda negli occhi, come se cercasse qualcosa. Forse sta cercando di capire se in questo momento sono su questo pianeta o no e sa già che chiedermelo direttamente non servirebbe a molto. Quello che trova deve piacergli perché sorride mostrando bene le sue cazzo di fossette... come se avessi bisogno di altri stimoli! E mi bacia di nuovo. Stavolta sono piccoli baci che piano piano si spostano dalle labbra alla guancia, per poi indirizzarsi giù verso il collo. Una delle sue mani invece risale dai fianchi, mi sfiora forse sì, forse no, forse l'ho sognato, il seno, mi solletica, qui sì, sono sicura, le braccia anche attraverso uno strato non indifferente di pile, mi accarezza la guancia e si infila tra i miei capelli, mentre sul collo decide di affondarci anche i denti.
Devo fare qualcosa.
Ma non voglio!
Ma devi, non vedi che ti stai impanicando? Vuoi aspettare di avere la testa che giri, vedere i puntini e cascare giù lunga tirata per terra?
E' così piacevole però...
E se gli viene in mente di fare qualcosa di più piacevole?
Magari...
Angie, cazzo, torna in te!
“Cosa c'è nel sacchetto?” riesco a chiedere dopo un po'.
“Uhm?” mormora Eddie senza staccarsi dal mio collo.
“Nel sacchetto, che hai portato...”
“Te l'ho detto... prima... la colazione” risponde seguendo il percorso di prima all'inverso, tra un bacio e l'altro.
“Ovvero?”
“Brioches” rivela prima di stamparmi un bacio sul naso.
“Alla crema?” domando improvvisamente davvero interessata all'argomento e non solo usandola come stupida scusa per spezzare questo momento piacevolissimo.
“E al cioccolato.” annuisce lui in maniera deliziosa, quasi infantile “Le ho prese stamattina prestissimo per te, appena sono arrivato a Seattle”
“A proposito, quando sei arrivato?”
“Presto” e mi racconta del suo viaggio in autostop e delle tappe che lo hanno portato fino a casa mia. In tutto questo io sono ancora tutt'uno con la porta. E con Eddie, che non ha la minima intenzione di mollarmi. Ha fatto tutto questo casino... per me? Per vedermi qualche ora prima del previsto?
Beh, è messo veramente male se fa l'autostop di notte per vederti con gli occhi incollati, la doccia ancora da fare e i denti da lavare, i capelli tirati su a caso col mollettone.
“Gli serve una scaldatina allora”
“Eh?”
“Dico, bisognerà scaldarle un pochino...”
“Che cosa?”
“Le brioches, saranno fredde adesso”
“Ah! Eheh beh, sì” perché arrossisce? Ma soprattutto quante mani ha? In teoria ne ha una ancora tra i miei capelli mezzi raccolti mezzi no e un'altra sul mio fianco sinistro, ma io mi sento accarezzare ovunque.
“Mangiamo adesso? Tra un'oretta scarsa devo essere a lezione” cerco di tornare alla ragione.
“Oh... devi proprio?” e tu devi proprio guardarmi così?
“Eh... sì, c'è il monografico su Renoir e oggi il prof spiega il passaggio al sonoro, che è una parte importantissima che c'è pure nell'esame, quindi...”
“Ok” molla la presa, ma mi prende la mano portandomi verso la cucina, dove il sacchetto ci aspetta sul tavolo. Mi stavo giusto chiedendo dove lo avesse messo.
No, non è vero, non te lo stavi chiedendo per un cazzo.
Allora?! La piantiamo di battibeccare qua dentro? Sto cercando di restare cosciente e non perdermi neanche un secondo di questa cosa. E poi adesso si mangia.
Le mani di Eddie sono sulle mie spalle mentre tiro fuori il l'incarto all'interno del sacchetto, lo apro velocemente e viene fuori che ha comprato una montagna di brioches allettanti.
“La colazione è per tutto il condominio?” gli chiedo sogghignando.
“No, solo per noi” la presa sulle spalle si fa più stretta e un bacio tanto veloce quanto rovente mi viene stampato sulla guancia.
“Facciamo che ne scaldo quattro, ok?”
Eddie non mi risponde e si limita a un altro bacio sull'altra guancia e io non so se ci arrivo a vedere La Chienne.
“Le scaldi nel microonde?” mi fa mentre sistemo il piattino con le brioches nel fornetto.
“Sì, ma per poco e a bassa potenza se no... ehm, se no diventano dure... come i sassi e immangiabili” e pensandoci sono un po' come me, che a furia di baci e carezze e abbracci, come quello di adesso, stretto, da dietro, coi riccioli di Eddie che mi fanno il solletico sul collo, mi irrigidisco come un baccalà e divento completamente inutile.
“Mi fido di te” mi sussurra nell'orecchio.
Io invece no, non mi fido, perché mi vuoi chiaramente morta.
Quando sono pronte, estraggo il piatto fumante dal microonde e praticamente schizzo in sala, lo appoggio sul tavolino e mi siedo sul divano, pensando così di essere al sicuro. Al sicuro da cosa non si sa. Ma non faccio altro che cadere dalla padella nella brace perché Eddie mi raggiunge, si china su di me e mi bacia di nuovo, con una certa decisione, ancora prima di toccare il divano sedendosi accanto a me. La decisione si concretizza nello buttarmisi praticamente addosso e come previsto credo di essere entrata in modalità stoccafisso, perché Eddie si stacca da me quasi subito.
“Tutto ok?”
“Eh? Sì”
“Qualcosa non va?”
“No, perché?”
“Sicura? Sembri strana” continua con quei suoi occhi indagatori azzurro oceano che visti dal basso e da così vicino sembrano ancora più profondi.
“No, è che... beh, è tardi e-”
“Troppo?”
“Beh, non è proprio così tardi, ma...”
“No intendevo... io, troppo? Troppo veloce?”
“NO!” gli urlo praticamente in faccia e quasi lo spettino. Gli spunta un ghigno sulla faccia e a questo punto sono più che certa che sappia perfettamente l'effetto che ha su di me “Ehm, no, non è quello, è che... davvero, ho lezione e non posso...”
“Hai ragione, scusami.” Eddie mi da un bacio piccolo piccolo sulle labbra che mi lascia con la voglia di averne altri dieci mila subito e si risiede “E poi le brioches si raffreddano” aggiunge con un sorriso fossettato, mentre ne prende una alla crema.
Io no, non credo di correre questo pericolo invece.
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Capitolo 51 - Elvis, la barba e i baci di Schroedinger (Seconda parte)
Nel capitolo precedente: Eddie lascia San Diego e la sua casa a malincuore, ma deve partire con la band per proseguire il tour. Chiama Meg per avere notizie di Angie e quando scopre che la ragazza si è fatta sentire con la sua amica, ma non con lui, ci rimane un po' male, ma non pensa ci sia altro sotto. Matt e Meg hanno una conversazione chiarificatrice in cui lui le chiede scusa per il suo comportamento e le rivela di avere una nuova ragazza, notizia che Meg non prende benissimo. Angie torna finalmente a Seattle, viene a sapere che Eddie l'ha cercata, ma non lo richiama e cerca di non pensare a ciò che è successo e al bacio, di cui non dice nulla a Meg. Tornata al lavoro da Roxy, Angie riceve la visita inaspettata di Kurt e Dave, che le chiede di nuovo di uscire. 
***
“Comunque i capelli ti stanno da Dio. E' una cosa permanente o...?” Dave è al bancone per salutarmi prima di andare via, il suo amabile socio pochi passi più indietro.
“E' solo uno shampoo colorante con dei colpi di sole, poi vanno via”
“Beh ti donano un casino!”
“Seeh e in questo contesto fanno molto psychobilly.” Kurt dice la sua, alza un indice e lo fa girare a indicare lo stile della tavola calda “La parte psycho è quella che ti si addice di più ovviamente”
“Ah-ah”
“Va beh, tornando alle cose serie: hai deciso?” mi incalza Dave ed è come se stesse saltellando sul posto, ma coi piedi ben fissi a terra.
“Come posso dirti di no?”
“Beh, tipo come quando l'hai scaricato, per esempio?” Cobain risponde alla domanda retorica e si finge smarrito quando sia io che il suo amico lo guardiamo male “Cosa? Ho detto che era un esempio!”
“Allora ci vieni, grande!” Dave si scrolla il fastidio di dosso in un nanosecondo e torna ad abbagliarmi col suo sorrisone, che mi fa pensare che forse sarebbe tutto più facile se non lo avessi scaricato. Oppure no?
“Sì, ma non voglio fare troppo tardi, ok?”
“Non temere, l'importante è che resti per il concerto... e un pochino dopo il concerto, va bene?”
“Tutti questi buoni sentimenti... le mie orecchie stanno sanguinando, se vi interessa”
“No, Kurt, non ci interessa. Ci vediamo alle otto all'Off Ramp allora” mi rivolgo prima al cantante che si sta arrotolando la sciarpa attorno alle orecchie e agli occhi e poi a Dave.
“Ti passo a prendere se vuoi”
“No, tranquillo, ci vediamo lì”
**
La serata alla tavola calda passa insolitamente in fretta. Forse perché era una di quelle poche volte in cui avrei voluto non passasse. Meno sto a casa meno probabilità ho di ricevere direttamente certe telefonate... Torno a casa e quando entro nell'appartamento e vedo tutto buio penso di averla fatta franca, almeno finché la porta della stanza della mia coinquilina non si spalanca proprio nel momento in cui ci passo davanti.
“Ehi Meg, ancora sveglia?”
“Mmm” mugugna prima di dirigersi abbastanza spedita verso la cucina.
Coincidenza? Non credo. Rimango incredula nel bel mezzo del corridoio, finché non la sento aprire il rubinetto. Semplice sete. Scrollo le spalle e vado in camera mia.
“Buona notte” mormoro quando sento i suoi passi scalzi avvicinarsi di nuovo e la sua risposta consiste nell'entrare nella mia stanza e prendermi per un braccio mentre sto tirando fuori il mio pigiama da sotto il cuscino. Ovviamente rischio un infarto.
“CRISTO SANTO!”
“Angie non puoi fare così”
“Certo che posso? Mi hai spaventata a morte!”
“Intendo dire con Eddie. Tieni” Meg molla la presa solo dopo avermi messo in mano il cordless.
“Che diavolo significa?”
“Ho capito che ci sei rimasta male per San Diego, ma non puoi evitarlo per sempre”
“Meg, ma che... guarda che stai facendo un casino per niente” cerco di mantenere la calma, mentre guardo il telefono come se mi avesse appena dato un ordigno nucleare innescato. Avrà chiamato di nuovo?
“Sta' zitta e chiama Eddie” mi intima risultando tuttavia poco minacciosa, dati gli occhi semi-chiusi e il tono di chi sta praticamente ancora dormendo.
“Ma... guarda che l'ho già chiamato” mento spudoratamente e in genere mi viene abbastanza bene. Confido anche nei suoi sensi offuscati dal sonno.
“Quando?”
“Stasera” faccio per ridarle il telefono, ma non si scompone.
“Quando?”
“Stasera! Durante la pausa sigaretta”
“Dal lavoro?”
“Sì”
“Allora tutto ok?”
“Sì, gli ho lasciato un messaggio, così sta tranquillo” le restituisco il telefono e a questo punto lo prende, seppur scettica.
“Uhm... bene”
“Ok, notte Meg” acchiappo il pigiama e fuggo in bagno alla velocità della luce.
Non mi piace mentire a Meg. No, non è vero, mi piace. Cioè, non è che mi piaccia, ma lo faccio volentieri. Oddio, volentieri... Diciamo che lo faccio tranquillamente e non mi sento affatto in colpa per non averle detto del bacio. Il bacio. Ma poi sono sicura che sia successo veramente? Magari me lo sono sognato, come il sedano, Eddie che affogava, i Depeche Mode e tutto il resto. Potrebbe essere stato tutto un parto della mia mente, dalla sveglia Sonic Youth alla compagna di viaggio sul pullman. E se stessi ancora sognando? Forse andare a letto e dormirci su è il miglior modo di svegliarsi, sempre che voglia farlo.
Tanto non chiamerà più.
Esco dal bagno e verifico che la via sia libera. Mi infilo nel mio letto e appoggio la testa sul cuscino, crollando all'istante. Quando riapro gli occhi non so dire se siano passati cinque minuti o cinque giorni, ma so per certo che non è più notte per via della luce del sole che filtra dalle tendine. E dopo qualche secondo so anche che non deve essere tanto tardi perché sento la voce di Meg e questo significa che non è ancora uscita. Vado in fissa su una ragnatela nell'angolo vicino alla porta e sto quasi per fare l'equazione ragnatela = ragno, quando un pericolo maggiore e più imminente si fa largo tra i miei pensieri e la voce della mia amica si fa più chiara.
“Ma non ha chiamato ieri?”
Merda.
“Ah. Allora ho capito male. Eh? No, non è che mi abbia proprio detto così... sono io che... cioè, io l'ho vista andare in camera sua col telefono in mano, quindi ho pensato che ti avrebbe chiamato. Sicuramente voleva farlo, si sarà addormentata prima eheh. Come? No, io ti sto parlando dal telefono fisso” blatera Meg e riesco quasi a vederla mentre fa dietrofront e torna verso l'ingresso, dove sta il telefono col filo. Guarda che non ti vede, ma fidati che non gli serve per capire che stai raccontando un mare di cazzate. Meg non sa mentire, ma apprezzo il fatto che voglia pararmi il culo pur avendo scoperto che le ho raccontato una bugia.
“Aspetta che vado a chiamarla. Ma no, figurati! Tanto si deve alzare comunque. Dai, aspetta che te la passo, un secondo!” sposto il piumone con poca delicatezza, praticamente lanciandolo a terra, e dopo due secondi sono in piedi, dritta di fronte alla porta, con Patti Smith che mi guarda perplessa dal poster. Lo so, lo so, sono ridicola e infantile, ma ne possiamo discutere dopo, zietta?
“Ehi Angie? Sei sve-” Meg entra lentamente e io le metto al volo una mano davanti alla bocca, mi accerto che abbia lasciato il telefono di là e la tiro dentro richiudendole la porta alle spalle al volo.
“Io non sono qui, ok?” le dico
“Mm?” può solo mugugnare lei, con gli occhi strabuzzati.
“Ti prego, reggimi il gioco” la imploro, mentre lei cerca di liberarsi dalla stretta e rispondere.
“P..ché?”
“Dopo ti spiego tutto, per favore...” Meg alza gli occhi al cielo e annuisce. A quel segnale non posso che lasciarla andare.
“Che cazzo” riesco a leggere il suo labiale un attimo prima che sparisca di nuovo attraverso il corridoio.
Seguo con circospezione i suoi passi... metti che ci ripensa e me lo passa. Nel frattempo cerco di riorganizzare le idee per lo spiegone che mi aspetta a breve. Perché ovviamente adesso le dovrò dire tutto e lei mi prenderà per deficiente perché tutto questo non ha molto senso. O meglio, per me è perfettamente logico, ma diventa automaticamente assurdo nel momento in cui cerco di tradurlo mentalmente in parole da comunicare a un altro essere umano.
“Sì, deve essere uscita presto, non l'ho proprio sentita...” spero tanto di non commettere mai un crimine, ma in caso contrario spero di non avere Meg come unico alibi perché è talmente poco credibile che farebbe condannare persino un innocente.
“Ok, dimmi tutto. No, aspetta, la penna non scrive, ne prendo un'altra. Arrivo eh!” Meg esce dalla cucina e mi passa davanti scuotendo la testa per poi infilarsi in camera sua, uscendone con una biro blu tra le dita subito dopo.
“Eccomi. Huh-uh... Fino a domattina? Ok, glielo dico. Ma no, figurati! Lo sai come ragiona, è che lei fa orari del cazzo e magari pensa di romperti le palle. Ok, le dico anche questo. Guarda, lo scrivo! Angie non rompe mai. Va bene? Eheh ciao Eddie, buona giornata. Sì, tranquillo! Ciao!”
Faccio un bel respiro e vado incontro al mio destino. Entro in cucina già con le mani alzate.
“Che cazzo è successo, me lo vuoi dire?” Meg mi sta già aspettando, seduta sul tavolo a braccia conserte.
“E'... è complicato”
“Ti ha fatto del male?” chiede serissima e io praticamente le scoppio a ridere in faccia, per poi lasciarmi cadere sulla sedia.
“Ma chi Eddie? Ma figurati, no!”
“Ha fatto lo stronzo? Si è rivisto con la sua ex?”
“No, almeno, non credo, non finché ero lì...”
“Ma qualcosa deve essere successo, no?”
“Beh sì...”
“Avete litigato?”
“No”
“Gli hai confessato i tuoi sentimenti e-”
“Ahah quali sentimenti?”
“Taci. Gliel'hai detto e lui ti ha rifiutata?”
“Io non gli ho detto un bel niente!”
“Ne ha parlato lui di sua iniziativa?”
“Non abbiamo discusso di... quello”
“E di che avete parlato allora?”
“Non abbiamo parlato”
“Te l'ha fatto capire? Guarda, Eddie ti vuole bene, è palese. Forse ha dei dubbi per la differenza di età e lo potrei anche comprendere, anzi, è una cosa positiva. E' segno che è un ragazzo maturo e responsabile”
“Non c'è stato nessun discorso e nessun rifiuto, Meg”
“Ti ha detto Ti amo e poi ha ritrattato come Jerry?”
“No!”
“Angie, mi vuoi dire che cazzo è successo o devo tirare a indovinare per altre due ore?”
“Lui... beh...”
“Ti ha detto che è gay?”
“No!”
“E allora si può sapere che cazzo ha fatto?!”
“Mi ha baciata”
“COSA?!” Meg salta giù dal tavolo in maniera così repentina che quasi lo ribalta, assieme alla mia sedia.
“Mi ha dato un bacio. Beh, più di uno in realtà, ma tutti insieme, nella stessa occasione, quindi credo si possa parlare di un bacio solo, credo valgano come un atto singolo, ecco”
“EDDIE TI HA BACIATA?! E me lo dici così?”
“Come te lo devo dire?”
“E, soprattutto, me lo dici solo adesso?!”
“Non sono nemmeno sicura sia successo veramente...”
“ANGIE, IO TI AMMAZZO, GIURO SU DIO”
“E' stato un momento un po' strano”
“Ti ha baciata sì o no?”
“Penso di sì”
“PENSI?!”
“Sì, cioè, a questo punto, dopo aver rielaborato tutto, penso di poter dire che al 90% mi ha baciata sul serio”
“Che cazzo significa, cioè, eri fatta? Eri bendata e non sai chi ti ha messo la lingua in bocca?”
“Io non ho parlato di lingua”
“Ti ha baciata senza lingua?”
“Beh, no, cioè, sia con che senza”
“OMMIODDIO”
“Perché? Non credevo fosse un dettaglio così importante”
“Non è imporante il dettaglio, razza di imbecille! Insomma ti ha baciata? Tu ed Eddie vi siete baciati?”
“Sì”
“E quando? Cos'è successo? Com'è andata? Racconta!”
“Non hai mica detto che il dettaglio non è importante?”
“Non rompere i coglioni e racconta”
Le spiattello tutto, anche perché non mi resta altra scelta. Parto dall'inizio, cioè dal mio arrivo a San Diego.
“Ti ha baciata sulla spiaggia davanti a Jerry Cantrell? Dimmi di sì”
“No”
Le racconto del giro turistico.
“Ti ha baciata da Subway? Sulla panchina al parco?”
“No”
Aggiungo i dettagli della serata in discoteca che non le avevo riferito in precedenza.
“Ti ha baciata mentre ballavate l'Hustle?”
“Noo!”
Cerco di non perdermi in chiacchiere riassumendo la giornata con Dina, il concerto e la festa.
“Ti ha baciata nel backstage? In spiaggia al chiaro di luna mentre gli altri si bagnavano le chiappe nell'oceano?”
“No”
“Bacio della buona notte quando siete tornati a casa?”
“No, Meg”
“Angie, sto perdendo la pazienza, quando cazzo ti ha baciata?”
“Ci sto arrivando!”
“Dimmelo e basta, per favore”
“Uff alla stazione dei pullman, prima che partissi”
“Cioè, ha avuto due giorni a disposizione e ti ha baciata un minuto prima di salutarti?”
“Sì...”
“Che testa di cazzo”
“Va beh, si vede che gli è venuto così in quel momento!”
“Sì ma è un coglione, ti ha fatta penare fino all'ultimo”
“Non è vero”
“Sì che è vero”
“Non ho penato, sono stati due giorni fantastici. Ehm, sì insomma, belli, due belle giornate, serene”
“E il bacio? Com'è stato?”
“Beh...”
“Fantastico? O sereno? O anche questo solo carino?” mi prende per il culo citando una nostra conversazione di mesi prima.
“Non è stato carino, è stato... è stato... non lo so, non saprei come descriverlo, è come se avessi perso i sensi per alcuni minuti”
“Oh Angie”
“Cioè, non proprio tutti i sensi, non come in un'anestesia, perché comunque ho sentito tutto benissimo”
“Ahahah immagino”
“Era... era elettricità, calore, confusione, vento”
“Vento?”
“Sì, come quando il vento ti fa perdere il controllo dei tuoi passi e ti soffia così forte in faccia da toglierti il respiro per un secondo e quasi lo senti nello stomaco... Come quando scendi in picchiata sulle montagne russe”
“Ti sei fatta un bel giretto su Eddie La Giostra insomma”
“Però lì te lo aspetti. Invece è stato più come quando stai scendendo le scale tranquilla e metti un piede in fallo e senza accorgertene ti trovi per terra.  Solo che io non arrivavo mai a terra, Eddie mi baciava e io continuavo a cadere e basta”
“E Tom l'hai sentito?”
“Tom?”
“Jones”
“No”
“Ahahah ecco, se no sì che mi sarei preoccupata”
“Ho sentito Dave”
“Dave? Il tuo ex?”
“Gahan, dei Depeche Mode. L'ho anche visto ballare in realtà...”
“Non è che tu e Vedder vi siete scambiati anche degli allucinogeni assieme alla saliva?”
“Ero presente e assente allo stesso tempo, c'ero, ma in una forma diversa. Come l'acqua che evapora o il ghiaccio che si scioglie. Però più la prima, perché mi sentivo leggera. Evaporavo. O forse sarebbe più corretto dire che sublimavo...”
“E hai ancora il coraggio di dire che non provi sentimenti per Eddie?” Meg interrompe la mia dissertazione senza senso con qualcosa che di senso ne ha ancora meno.
“Io... io li provo, solo che, beh, ancora non ho ben chiaro quali sono”
“Non hai ben chiaro?”
“Sto... cercando di capire!”
“Penso si veda bene anche dallo spazio cosa cazzo provi, Angie”
“Allora sono io ad essere limitata perché non ci arrivo”
“Sai benissimo di che sentimenti si tratta, è solo che non vuoi ammetterlo”
“E' tutto un gran casino”
“Cos'è? Hai paura? Per quello lo stai evitando?”
“Non lo sto evitando...”
“Mi hai esplicitamente chiesto di dirgli che non c'eri, come me lo chiami?”
“Sto solo rimandando una conversazione che nessuno dei due vuole affrontare”
“Certo, ha chiamato dieci volte perché non vuole assolutamente parlare con te, mi sembra ovvio”
“Non vuole, ma sente di doverlo fare, perché è un bravo ragazzo”
“Bravo ragazzo? Scusa, cosa pensi voglia dirti?”
“Secondo te? Che è stato un errore e di dimenticare tutto”
“AHAHAHAHAHAH”
“Che c'è da ridere?”
“Ahahah sarò scema io, ma secondo me vuole dirti che non vede l'ora di fare un altro giro sulle montagne russe” Meg mima con la mano un ottovolante che va a finire dritto sul mio fianco destro.
“Piantala!”
“O sui mulini a vento” continua e si avvicina fingendo per scherzo di volermi baciare, per poi soffiarmi in faccia.
“Non sei divertente”
“Tu invece fai un sacco ridere, lo sai?”
“Io con Eddie... non esiste! E' una cosa impossibile” mi alzo e mi allontano verso il corridoio, seguita a ruota dalla mia coinquilina che non vuole proprio capire.
“Perché?”
“Perché è così”
“Non è una risposta”
“Perché... perché non c'entriamo niente”
“Oh signore...” sospira Meg, sorpassandomi proprio all'ingresso della mia stanza, per poi buttarsi sul mio letto a faccia in giù.
“Non sto dicendo che lui sia migliore di me. Tralasciamo per un momento il fatto che lo sia. Non sto parlando del fatto che io sono... boh, un pigliamosche caposcuro e lui un albatro beccogiallo dell'Atlantico. E' che siamo proprio due cose diverse, come... come... un paracarro e una poesia di Robert Frost”
“Eh?” Meg risolleva la testa dal mio piumone e mi guarda interrogativa.
“Un biglietto dell'autobus timbrato e... gli anelli di Saturno”
“Il fatto che, in entrambe le affermazioni, non fatico a capire per te chi dei due sia cosa è un brutto segno, vero?”
“Stai entrando nella mia logica”
“Ti prego, fammi uscire! Ho già mal di testa” Meg tende le braccia verso di me, ancora in piedi al centro della stanza, intenta a convincere il mio pubblico formato da un'unica persona.
“Che dovrebbe farci Eddie con me?”
“Non so, scrivere una poesia di Robert Frost sul paracarro a pennarello?”
“Usare le mie pessime metafore contro di me non mi farà cambiare idea”
“Eddie sa benissimo cosa vuole farci con te e te ne ha anche già dato un assaggio mi pare”
“Eddie ha confuso un'amicizia con qualcos'altro, tutto qui”
“No, sei tu che hai preso una persona innamorata per una persona confusa”
“Innamorata?! Buahahah addirittura?”
“Tu il vapore ce l'hai nel cervello, Angie, lasciatelo dire”
“Scommettiamo che Eddie è convinto di aver fatto una cazzata?” le propongo porgendole la mano, che lei schiaffeggia via.
“Ovvio che lo sia! Lo stai evitando. Se baciassi un tipo e questo non mi cagasse più per giorni, lo penserei pure io”
“Io dico che lo ha pensato indipendentemente dalle mie azioni successive”
“Io dico che continui a ripeterti questa storia per cercare di autoconvincerti, quando in realtà sai benissimo che esiste anche l'altra possibilità”
“Certo che lo so” Meg è riuscita a zittirmi e ci metto un po' a risponderle.
“Ha! Vedi?”
“Le due possibilità coesistono”
“Esattamente”
“E continueranno a coesistere ed essere entrambe valide, almeno finché non osservo il sistema”
“Che sistema?”
“Questa parte di universo”
“Di che cazzo stai parlando, Angie?”
“Fisica quantistica. Hai presente il paradosso del gatto di Schroedinger?” le domando sedendomi accanto a lei sul letto.
“Il gatto vivo o morto nella scatola?”
“Più precisamente, sia vivo che morto, finché non si apre la scatola”
“E il gatto sei tu o Eddie?”
“Eddie mi ha baciata, dopodiché sono partita e non l'ho più visto né sentito. E' come se lo avessi chiuso nella scatola, no? E ora siamo in una situazione di sovrapposizione quantistica, cioè due possibilità che si sovrappongono”
“Eddie pentito ed Eddie innamorato?”
“Sì... beh, più o meno”
“Il gatto è sia vivo che morto finché non apri la scatola, perciò allo stesso modo...”
“Eddie è sia pentito che, ehm, infatuato finché non ci parlo”
“Mi sembra ovvio”
“E allora dovresti aver capito perché voglio affrontarlo il più tardi possibile”
“In realtà no”
“Oh cazzo, Meg, seguimi. E' il bacio di Schroedinger, ok? In questo scenario il bacio è contemporaneamente una cosa che ha un valore e un errore che invece non significa niente”
“Ok...”
“E se io non parlo con Eddie continuerà ad essere così, giusto?”
“Giusto”
“E magari una mezza alternativa è tutto quello che mi resta, no? Se fosse il massimo a cui posso aspirare? Meglio tenersela stretta, non credi?”
“Cioè non lo chiami perché vuoi rimandare la delusione?”
“Bingo!”
“E non potevi dirla così invece di fare tutto questo discorso del cazzo?” scherza spintonandomi.
“Dimentichi che qualcuno qui fa fatica ad ammettere le cose in maniera lineare...”
“Se hai paura di rimanere delusa... vuol dire che una speranza ce l'hai!”
“Ovvio che ce l'ho! Se non ce l'avessi, sarebbe tutto così semplice. Invece no, c'è sempre una piccola stronzissima parte di me che spera in queste assurdità, è quella che mi frega”
“Quando ti metterai con Eddie riderai di tutte queste seghe mentali, Angie” Meg scuote la testa e si alza dal mio letto, avvicinandosi al quadretto del collage fatto proprio da Eddie e indicandolo in una delle foto, su cui il mio sguardo si fissa per un paio di minuti buoni.
“Cercare di alimentare le mie false speranze non mi è di nessun aiuto”
“E allora? Meglio crogiolarsi nel 50% di probabilità?”
“Sempre meglio del 100% di certezza”
“Dipende da qual è la certezza”
“Quella più logica”
“E a Eddie non pensi?”
“A cosa credi stia pensando da due giorni a questa parte? E di chi stiamo parlando da mezz'ora?”
“Intendo dire che, cazzate quantistiche a parte, e tralasciando le possibili implicazioni sentimentali, voi due siete amici e agli amici si deve sincerità e rispetto”
“Sì, lo so...”
“Un amico ti sta cercando e tu non ti fai trovare e ti neghi con delle bugie, ti sembra un comportamento corretto?”
“No, infatti non mi volevo giustificare, ma solo spiegare come ragiono”
“Ragioni col culo. Qualsiasi sia la ragione per cui ti vuole parlare, gli stai mancando di rispetto”
“E' difficile...”
“Fare la cosa giusta non è mai facile.” Meg esce di nuovo dalla mia camera, per farci ritorno subito dopo “Ora prendi il telefono, fai il numero dell'albergo di Santa Rosa che mi ha dato Eddie e scoperchi questa cazzo di scatola” Meg mi mette fisicamente in mano il cordless e il blocchetto su cui ha preso appunti mentre era al telefono con Ed.
“Adesso?”
“Subito”
“Adesso devo prepararmi, non posso, devo andare a lezione”
“Chiamalo mentre ti prepari, è un telefono senza filo, lo dice la parola stessa, puoi portartelo dietro ovunque, pure al cesso”
“Senti, ti prometto che più tardi lo chiamo”
“Cazzate, non ti credo”
“Davvero, entro oggi lo chiamo, deciso, mi hai convinta”
“Lo chiami stasera davanti a me e Grace. E col vivavoce. Cazzo, Grace andrà fuori di testa quando saprà che tu ed Eddie vi siete baciati ahah! Questa serata tra ragazze capita proprio a fagiolo”
“Ecco, a tal proposito, volevo dirti che stasera purtroppo non ci sono”
“Che vuol dire che non ci sei? Non diciamo stronzate!”
“Ho un impegno”
“Guarda che scherzavo sul vivavoce! Senti, ho pensato che potremmo fare così: Grace chiama Stone per farci due chiacchiere, poi ci aggiungiamo io e te e gli chiediamo dove sono gli altri e la trasformiamo in una chiamata di gruppo come l'altra volta. Così tecnicamente avrai parlato con Eddie, ma non da soli”
“Esco con Dave”
“Così almeno rompete il ghiaccio e uscite da quest'impasse e poi del bacio ne potrete parlare in un secondo momento, magari dal vivo... Scusa, non ho capito bene, con chi esci?”
“Dave, andiamo a un concerto”
“Cioè per paura che il gatto sia morto, ne vai a ripescare un altro?”
“Ahahah ma no!”
“Resuscitiamo un micio che avevamo già sotterrato in precedenza?”
“Non è come credi”
“Ah quindi non esci col tuo ex lasciando il ragazzo che ti ha baciata a struggersi per te?”
“No, perché non è un appuntamento! E nessuno si sta struggendo...”
“Perché non chiami Jerry a questo punto? Potreste uscire a cena domani sera”
“Va beh, io vado a farmi la doccia, se hai voglia di sapere la verità aspettami e ti racconto, se no continua pure a pigliarmi per il culo”
“Mmm entrambe le cose mi tentano, penso che non ti rivolgerò mai più la parola per farle coesistere e godermele entrambe nel mio sistema quantistico di stocazzo” ironizza mentre esco dalla camera porgendole un sentito dito medio.
“Vaffanculo Meg”
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Certo che deve essere proprio figo. Avere il posto di lavoro sottocasa. Sarebbe il mio sogno, o forse no. Da un lato avrei la comodità, non arriverei mai più in ritardo, o quasi; ma dall'altro mi sembrerebbe di non staccare mai, la mia testa sarebbe sul lavoro anche quando non sarei di turno. Ti affacci alla finestra al mattino o esci di casa nel pomeriggio ed ecco che ti becchi l'insegna del minimarket e pensi alle prossime consegne in arrivo, agli espositori nuovi da montare e il tecnico da chiamare per il banco frigo. Che palle! In questo caso però la vicinanza risulta comoda, perché mi basta attraversare la strada e sono già col dito sul citofono di casa McDonald-Pacifico. Il dito praticamente si atrofizza su questo cazzo di citofono perché dopo un quarto d'ora non mi risponde ancora nessuno. Era oggi no? Magari Meg è uscita un secondo. Eppure le luci sono accese...
“Tutto inutile Grace, è rotto” sono così impegnata a scrutare le finestre illuminate del secondo piano che non mi accorgo di Angie, spuntata sulla soglia del portone.
“Ehi, bentornata... PACCARA!” mi avvicino spettinandola per poi abbracciarla velocemente.
“Grazie. Meg te l'ha detto?”
“Sì, mi ha anticipato che stasera ci avresti tradite”
“Ti ha anche detto che è per una buona causa?”
“Certo, altrimenti non ti avrei neanche rivolto la parola”
“Ti ha detto solo questo?” chiede abbassando improvvisamente la voce, chissà per quale motivo.
Proprio in quel momento un clacson risuona squillante per ben due volte alle nostre spalle e ci voltiamo in contemporanea.
“Mi sa che è arrivato il tuo cavaliere”
“Cioè il mio compagno di sventura. Vado, buona serata e non esagerare con le maschere purificanti di Meg, mi raccomando!” Angie alza gli occhi al cielo e mi sorride prima di allontanarsi verso la macchina che l'aspetta sul ciglio opposto della strada.
Entro dal portone lasciato aperto da Angie e prendo l'ascensore. Mi dispiace che stasera non sia dei nostri, però allo stesso tempo sento che l'uscita di stasera sarà fonte di aneddoti curiosi da discutere alla prossima occasione. Nel menù di oggi, Meg mi ha promesso aggiornamenti succulenti su di lei e su Angie, ma non ha voluto anticipare nulla. Staremo a vedere! In compenso, mi ha chiesto novità su Stone e me, ma non è che ci sia molto da dire. Me lo richiede ogni volta, ma, insomma, non capisce che non ci troviamo nemmeno nello stesso stato? La fiamma non si sta né accendendo né spegnendo, è solo in stand-by. Esco dall'ascensore e attraverso il lungo corridoio, reso un po' inquietante da una delle lampadine del soffitto che sfarfalla. Giro l'angolo e mi ritrovo praticamente faccia a faccia con Meg, che sta uscendo dall'appartamento con il portafoglio in mano.
“Non dirmi che pacchi anche tu e la serata è annullata, perché in tal caso non vi parlo più, né a te né alla tua coinquilina rubacuori”
“Ahahah no, stavo scendendo ad aspettare te e il tipo delle pizze perché adesso non funziona nemmeno il citofono in questo condominio del cazzo”
“Sì, ho incontrato Angie che mi ha aperto, se no sarei ancora fuori al gelo”
“Dai, entra pure, tanto dovrebbe arrivare tra poco, io torno subito. E preparati psicologicamente perché ho un sacco di cose assurde da raccontarti!”
“Ho già capito che il film non lo guarderemo neanche” sorrido entrando in casa, mentre Meg si allontana stringendosi nella giacca.
“Non ci servirà il film, fidati... Arrivo!”
Salt lick dei Tad è il primo disco della serata che scelgo di mettere su, anche se la serata non è ancora iniziata, considerando che Meg è ancora di sotto ad aspettare il ragazzo delle consegne. Mi affaccio dalla finestra per vedere se arriva qualcuno, ma per ora niente. Mi siedo sul divano e comincio a giocare con le birre già sistemate sul tavolino di fronte, allineandole prima per due poi per tre, finché non ne avanza una, che apro subito per me. Mi rialzo e gironzolo per la casa per ingannare l'attesa. A dire il vero non guardo qua e là, ma vado diretta verso un punto, il frigorifero in cucina, e inizio a scrutarlo in cerca delle novità, che non tardo a scoprire. Una calamita che raffigura un panda, un'orca e un sole sorridente col cappello circondati da palme e dalla scritta SAN DIEGO. Attaccata con la stessa calamita c'è anche una cartolina dal gusto retrò, con una spiaggia al tramonto, una serie di auto d'epoca su cui sono legate delle tavole da surf e quattro sagome di surfisti, due ragazze e due ragazzi. Sapevo che avrebbe arricchito la sua collezione. Sto osservando con attenzione le lunghe ombre dei surfisti della cartolina quando vengo scossa dallo squillo improvviso del telefono. Ci penso un po' prima di rispondere, dibattendo interiormente sul da farsi, dopotutto non sono a casa mia... ma se è una cosa importante? Magari è la pizzeria che avvisa del ritardo.
“Pronto?”
“Oh sia ringraziato il cielo! E io che mi ero già messo l'anima in pace pensando di dovermi sorbire le paturnie di Meg ed Angie prima di poter parlare finalmente con te” la voce dall'altra parte mi fa solo rimpiangere di non aver risposto al primo squillo.
“Ehi Stone”
“Ciao, amore. Come stai? Sei ancora sobria? Hai già lo smalto sui piedi?” ecco, non poteva fermarsi al semplice sarcasmo? Due frasi, due cose che stonano. Ci sto già ripensando, forse se non rispondevo era meglio.
“Eheh no. Cioè, sì sono sobria e no, le mie unghie sono... sono come prima, tutto uguale”
“Tutto bene? Ti sento strana... Meg ti sta minacciando con una pinzetta per le sopracciglia? Se non puoi parlare non rischiare, dimmi una frase in codice, qualcosa che passi del tutto inosservato in una conversazione tra fidanzati, tipo Gli avevano sparato in faccia, così la madre non poteva fargli il funerale con la bara aperta...”
“Eheh no, tutto tranquillo, solo un po' spaesata. Comunque Meg non c'è, è di sotto che aspetta il ragazzo delle pizze. Citofono rotto”
“Sì beh, in effetti questa frase passerebbe molto più inosservata. Chiamo il 911”
“Tu come stai? Non devi suonare stasera?”
“Sì, infatti siamo nei camerini, che poi sarebbero una specie di succursale dei bagni”
“O viceversa” la sento appena, ma la voce che interviene è inconfondibile.
“O viceversa, come dice giustamente Eddie, non l'abbiamo ancora capito”
“Guarda! Qui c'è il numero di telefono di Mike Patton” anche Jeffrey dice la sua in questa telefonata incasinata.
“Ora metto giù con te, tesoro, e lo chiamo subito. Sicuramente sarà il suo, dopotutto una scritta nei bagni di un locale di Sacramento mi sembra una fonte più che attendibile”
“Ma non erano i camerini?” chiedo sghignazzando e per un attimo contemplo l'idea di chiederglielo anch'io quel numero. La prenderebbe male?
“Eh te l'ho detto che non l'abbiamo ancora capito!”
“Ci hanno suonato i Faith No More, non deve essere un brutto posto comunque”
“Credo più i Mr Bungle. Però non è male, a parte gli scherzi credo sia uno dei locali più fighi in cui siamo stati finora, anche se è grande quanto il tuo appartamento”
“Ed è pieno di gente!” urla Jeff, probabilmente ingoiando la cornetta.
“Confermo quanto detto dal cavernicolo. Gente che è qui per gli Alice ovviamente”
“Che ne sai? Non buttarti giù così” provo a consolarlo, anche se so benissimo che non ne ha bisogno.
“Mica mi butto giù, è la verità. Al 99% non ci conoscono, siamo noi che ce li dobbiamo conquistare”
“E allora vai e conquistali!” lo incito e solo dopo mi accorgo che potrebbe suonare come se volessi chiudere la chiamata subito. Ma non voglio. Davvero! Quando non mi ricorda ogni cinque minuti che è il mio ragazzo, mi trovo perfettamente a mio agio in questa conversazione.
“Sarà fatto, cara. E' arrivata la pizza? E l'alcol? Sei ancora sobria?”
“Ahah i tuoi compagni penseranno che sono un alcolizzata! Comunque niente pizza. E ora che ci penso, ho una fame assurda”
“Dai resisti. A me si è chiuso lo stomaco, sai che è sempre così per me prima di salire sul palco”
“Eheh sì, me l'avevi detto. Non essere nervoso”
“Non sono nervoso, sono realista. Io faccio il mio, ma ci sono altre quattro variabili per la riuscita di un concerto, hai presente?”
“Eheh quattro variabili in carne ed ossa, che ti disturbano mentre mi chiami?”
“Esatto. Però adesso mi hanno lasciato solo, saranno andati a cercare l'altro nostro chitarrista visto che tra poco tocca a noi”
“Si parlava di sobrietà...”
“Appunto. Comunque sarebbe troppo melenso e fuori luogo da parte mia dirti che mi manchi e vorrei fossi qui con me?”
“Sì, decisamente, Stone” ho l'impressione di aver trattenuto il respiro prima di parlare, sarà stato troppo lungo il mio silenzio? Riuscirò a farla passare come una pausa comica?
“Ok, allora non te lo dico. Ops, sta tornando una variabile. C'è Eddie, dobbiamo fermarci col sesso estremo al telefono per ora, scusa piccola”
“Cazzo, Stone” sento Vedder borbottare qualcosa che sa di imbarazzo, mentre Stone ridacchia nella cornetta.
“Stavo evidentemente scherzando, credi che se facessi sesso telefonico estremo con la mia ragazza verrei a dirlo a te?”
La mia ragazza, ribadiamolo ancora, perché forse non si era capito.
“Lascia stare Eddie, non metterlo in imbarazzo”
“Come? Adesso?” Stone parla, ma chiaramente non con me “Che le devi dire? Ah aspetta, ho capito! Grace, scusami, Eddie ti vuole parlare un secondo, te lo passo”
“Vuole parlare... con me?” non credo proprio di essere io l'oggetto del suo interesse, ma probabilmente è la grande assente della serata quella con cui vorrebbe parlare. Da quanto mi ha anticipato Meg, né la visita a sopresa di Angie né il cambio di look sono bastati a scuotere il bel surfista dal suo torpore. E adesso lei lo sta un po' evitando. E io la capisco, cioè, so come ragiona e ovviamente lei farà finta di nulla perché 'tanto, figurati, a me Eddie mica piace' e 'sono andata a San Diego per vedere i ragazzi' e altre stronzate simili. Ma è chiaro che lei un po' ci sperava e invece lui niente. Ci sarà rimasta malissimo. E se si fosse messa in mezzo la ex di lui? Quello sì che sarebbe stato un colpo duro da digerire, persino per la sempre (all'apparenza) impassibile Angie.
“Se ti propone sesso estremo al telefono dimmelo eh?”
“Ahahah piantala e passamelo”
“Buona serata, amore”
“Anche a te... e in bocca al lupo” perché cazzo deve sempre aggiungerci qualcosa alla fine?!
“Ehm ciao Grace” la voce profonda di Eddie suona un po' più acuta, sarà l'imbarazzo. O l'impazienza? Sicuramente vorrà chiedermi di Angie. E per la diciottesima volta si sentirà dire che non c'è. E gli sta bene! Insomma, ok la timidezza e i dubbi, ma qui si tratta di tenere sulle spine una ragazza che comunque ha un debole per lui. Perché voglio pensare siano solo dubbi e non che la stia bellamente prendendo per il culo, perché in quel caso sarebbe una vera merda umana.
“Ciao Eddie, come va? Che mi racconti?” adesso lo tengo al telefono un'ora facendogli domande a caso, voglio vedere quanto tempo ci mette prima di chiedermi di Angie.
“Oh tutto bene, a parte la fifa da palcoscenico, ma quella è una costante per me” no dai, non è giusto torturarlo così.
“Non ti preoccupare, andrete alla grande. Immagino tu voglia parlare con Angie, giusto?” infatti mi è appena venuto in mente un altro sistema perfetto per punirlo.
“Uhm ecco, sì, in effetti. Pare sia diventata introvabile ultimamente”
“E infatti non la trovi neanche stasera, non c'è”
“Oh davvero? Fantastico, eheh, chissà perché me lo sentivo...” risponde nervosamente e quasi quasi mi dispiace fare quello che sto per fare. Ho detto quasi.
“Sei un po' sfortunato, Eddie”
“Già, me ne sono accorto. Va beh, magari provo a chiamarla alla tavola calda, non volevo romperle le scatole al lavoro, ma almeno lì la trovo per forza”
“Oh ma non è da Roxy”
“Ha il turno al Westlake di sabato? Ma poi a quest'ora?” Eddie suona sinceramente confuso e a me sembra di giocare come il gatto col topo.
“Eheh no, Eddie, non sta lavorando. Non ha giustificazioni, ci ha proprio bidonate e basta, la stronzetta”
“Ah! Capisco, e... ehm, dove-”
“E per un ragazzo poi!”
“Cosa?” credo di aver individuato il momento esatto in cui è scattato l'interruttore della gelosia.
“Le amiche non si piantano mai in asso, per nessun ragazzo al mondo, non credi?”
“Che ragazzo?”
“Ma sì, lo conosci! Il suo ex o giù di lì, quello che suona la batteria...”
“Dave?” il tono con cui pronuncia quel nome spaventa anche me: allarme rosso!
“Sì! Andavano a un concerto, se non sbaglio”
“Capito. Grazie, ti ripasso Stone, ok? Ciao”
“Ok, cia... ciao Ed?” mentre rispondo, un tonfo mi sfonda un timpano. Spero non abbia lanciato la cornetta in testa a Stone. Comunque voglio proprio vedere, se nemmeno adesso si smuovono le acque!
“Tesoro, scusami, esattamente, cos'hai detto al mio cantante? E' schizzato via come una furia...” la sua non è la voce di chi ha appena preso una botta da oggetto contundente, quindi mi tranquillizzo.
“Ma niente, voleva parlare con Angie, ma...”
“Fammi indovinare: non c'è”
“Esatto”
“Ti prego, personalmente non me ne può fregare di meno, ma fatelo parlare con Angie. Non mi dispiace quando è aggressivo sul palco, ma sta diventando intrattabile anche il resto del tempo...”
“Non è colpa nostra se non si trovano mai...” rispondo innocentemente. Non me la sento di condividere le mie macchinazioni diaboliche con Stone, anche se credo le apprezzerebbe.
“Va beh, sticazzi, si arrangiano. Torniamo a noi. Volevi sapere cosa indosso, giusto?”
“Ahah no. E tra l'altro è appena arrivata Meg con le pizze, ti devo lasciare” la mia amica entra finalmente in casa con i due cartoni fumanti e li appoggia sul tavolino, proprio davanti a me.
“CIAO STONE!” urla nella mia direzione “Ho interrotto qualcosa?” aggiunge sottovoce.
Dopo i convenevoli con Stone, riattacco il telefono e osservo in silenzio Meg che si leva la giacca e si butta sul divano accanto a me, apre i cartoni e stappa una birra.
“Che c'è? Perché hai quel sorriso stampato sulla faccia? Stone ti fa questo effetto eh?” mi domanda facendomi l'occhiolino.
“Ahah no, cara. In questo caso Stone non c'entra. Sono io ad aver esercitato un certo effetto. E prima che pensi a cose strane, no, non su di lui. Su qualcun altro”
“E su chi?”
“Credo di aver messo in moto un bel meccanismo, stavolta mi faccio i complimenti da sola” aggiungo dandomi delle auto-pacche sulla spalla.
“Quante ne hai bevute di quelle?” domanda sospettosa indicando la bottiglia che tengo nella mano destra.
“E' la prima e unica! Comunque lascia che ti spieghi perché sono un genio...”
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“Eccola! E' arrivata!” Grace finalmente si scolla dal davanzale e richiude la finestra.
“Era ora, almeno la finisci di far entrare il freddo. Qua già si gela di suo...” borbotto riavvolgendomi meglio la coperta attorno alle spalle.
“Tecnicamente non è il freddo che entra, ma il calore che esce, comunque...”
“Non serve che fai la Angie della situazione, sta arrivando l'originale” scherzo alzandomi dal divano.
“Menomale, quest'ansia mi sta uccidendo. Non vedo l'ora di risolvere questo casino” Grace cammina avanti e indietro per il soggiorno, come fa da qualche ora a questa parte, praticamente ininterrottamente.
“Va beh, dai, mica è colpa tua. Cioè, non solo. Anch'io potevo essere più chiara e dirti cos'era successo tra Eddie e Angie”
“Che c'entra? Mica eri tenuta a raccontarmi tutto, dopotutto sono cazzi di Angie. Sono io che non mi dovevo intromettere. Cosa cazzo mi è venuto in mente?”
“Avevi buone intenzioni, l'hai fatto a fin di bene”
“Certo, fare ingelosire Eddie per farlo uscire allo scoperto una volta per tutte... Peccato che si era già dichiarato alla grande e io gli sono andata a dire che la sua bella invece è uscita con un altro!”
“E mica un altro qualsiasi!” lo so, sto rigirando il coltello nella piaga, ma non posso fare a meno di prendere per il culo Gracie. E' così tenera nel suo sentirsi una merda.
“Il suo cazzo di ex! Ma quanto ci mette a salire?” la ragazza guarda l'orologio, come se stesse cronometrando la salita della nostra amica.
“Lo sai che non prende l'ascensore, dipende quanto fiato le è rimasto dopo il concerto”
“E se Eddie si è fatto un'altra per ripicca? O se torna con la sua ex?” Grace continua il suo soliloquio disperato, mentre il rumore della chiave nella toppa è il segnale del ritorno di Angie.
“Eccola, grazie a dio. Così risolviamo questa cosa e ti calmi, non ti si regge più” non faccio in tempo a finire la frase che Grace si è già lanciata verso l'ingresso senza aspettarmi.
“ANGIE HO FATTO UN CASINO!”
“Ciao anche a te Grace... che hai fatto? Meg si è spinta troppo in là con la ceretta?” Angie rivolge uno sguardo più che perplesso alla ragazza che le ha piazzato le mani sulle spalle, praticamente spingendola contro la porta appena chiusa.
“Ahahah no, niente di tutto questo”
“MAGARI, ANGIE, MAGARI!” ribadisce Grace urlandole in faccia.
“Stone di certo ne sarebbe felice” aggiungo io avvicinandomi.
“MEG, TI PREGO, NON E' IL MOMENTO”
“Si può sapere che vi prende? Cos'avete fumato? E soprattutto, perché non mi avete aspettata?”
“Vieni, Angie, ti spiego io, Grace non è capace di intendere e di volere in questo momento” metto un braccio attorno al collo di Angie e automaticamente trascino lei e l'altra in soggiorno e sul divano.
“Se va tutto a puttane è solo colpa mia. Ma non può andare a finire così, ti prometto che se c'è qualcosa ci parlo io con lui” Grace prende la mano di Angie, che la guarda sempre più stranita.
“Ma lui chi?”
“Eddie, e chi se no?” rivela ed è a quel punto che Angie ritira la mano dalla sua.
“Perché? Che è successo con Eddie?”
“E' successo che-” provo a iniziare a spiegare, ma vengo interrotta dall'ansia fatta persona.
“Adesso te lo diciamo, però devi stare calma. Qualsiasi cosa accada l'affronteremo assieme, ok?”
“Ok... Mi posso togliere il cappotto prima o...?”
“Oh ma certo! Certo, toglilo, mettiti a tuo agio! Mettiti comoda”
“Certo, Angie! Mettiti pure comoda, fai come se fossi a casa tua eheh” non riesco a trattenermi, anzi, cerco intenzionalmente di stemperare la tensione.
“Meg, non prendermi in giro, sto già abbastanza male così” Grace mette il broncio e Angie si leva cappotto e stivali sempre con diffidenza.
“Perché stai male? Si può sapere cos'hai fatto? E che c'entra Eddie?”
“Se state buone e zitte tutte e due un minuto, te lo spiego subito”
“Tutto qua?” Angie fa spallucce dopo aver ascoltato il dettagliato racconto della cazzata combinata da Grace.
“COME TUTTO QUA? NON CAPISCI? LUI PENSA CHE TU SIA USCITA CON DAVE!” l'autrice della cazzata scatta in piedi, stupita dall'imperturbabilità di Angie, che ovviamente fa la parte di quella a cui non frega niente.
“Beh è la verità, no?”
“Ma tu non ci sei uscita uscita...” ribatte Grace.
“Non fare finta di non capire, Angie. Lui avrà pensato fosse un appuntamento” la rimprovero io.
“Un vero appuntamento” aggiunge Grace.
“In piena regola”
“Non è che l'ha pensato lui, sono io che gliel'ho detto. Cioè, gliel'ho fatto capire, ma praticamente gliel'ho detto”
“E allora?” le alzate di spalle di Angie sono quasi più irritanti del senso di colpa di Grace.
“Come allora? Allora sarà incazzato nero!” sbotto cercando di scuoterla.
“Dovevi sentirlo, sembrava diventato di ghiaccio tutto di colpo. Mi ha fatto paura” annuisce Grace, in contrapposizione a Angie che invece fa di no con la testa.
“Figurati, sai cosa gliene frega”
“Angie, non serve che reciti, guarda che gliel'ho detto del bacio” spiego indicando Grace, che continua ad annuire a caso.
“Non avevo dubbi. E comunque ribadisco che non credo la cosa lo turbi più di tanto” Angie si alza col cappotto sottobraccio, afferra gli stivali con l'altra mano ed esce dalla sala come se niente fosse.
“No, infatti, sembrava solo uno pronto a uccidere il primo essere umano che gli capitasse a tiro!” Grace indossa i panni del sarcasmo, forse presi momentaneamente in prestito da Stone, per reagire alla finta indifferenza di Angie “Ma che fa, se ne va?” chiede poi rivolta a me.
“Lasciale mettere il pigiama, dopo le rompiamo ancora le palle”
Quando Angie riappare attraversando il soggiorno per andare in cucina, ci trova qui, esattamente dove e come ci ha lasciate: io su un divano e Grace sull'altro, a fissarla incredule.
“Che c'è?” domanda infastidita, col bicchierone d'acqua in mano, pronto per essere appoggiato sul suo comodino per la notte.
“Devi chiamare Eddie” Grace mi precede di un nanosecondo.
“Perché?”
“Perché devi spiegargli come stanno le cose” stavolta sono io la prima.
“Ci hai già pensato tu, no? Anzi, così mi hai risolto un bel problema, grazie Grace” Angie mima un brindisi verso la nostra amica.
“Col cazzo! Non mi puoi far vivere con questo senso di colpa, tu adesso lo chiami e gli dici la verità” la passività aggressiva (o aggressività passiva?) di Grace non mi dispiace affatto.
“E gli dici anche il resto” aggiungo io, tanto per essere chiari.
“Il resto? Che resto?”
“Beh, per esempio potresti dirgli cosa provi e cos'hai provato quando ti ha baciata descrivendolo con le stesse parole che hai usato con me”
“Tu sei scema”
“Uh! Le voglio sentire anch'io le parole!” Grace smette i panni dell'angosciata cronica per entrare in modalità gossippara.
“E allora spiegagli solo la storia di Dave e digli che il bacio è stato bello, ma sei in un momento difficile e non sai cosa vuoi e ci devi pensare”
“Io non devo pensare a un cazzo”
“Digli che ti manca e basta, no?” suggerisce ancora Gracie.
“Non mi manca”
“Angie, Cristo di un Dio!” mi alzo urlando così forte che quasi mi spavento da sola “Non me ne frega un cazzo di che gli dirai, digli quello che cazzo vuoi, ma tu ora lo chiami, punto. Chiamalo. E la finiamo qui”
“Ok... va bene... Ora lo chiamo! Non c'è bisogno di scaldarsi tanto” Angie finalmente cede, appoggia il bicchiere sul tavolino e prende il cordless che stava proprio lì accanto.
“Oh finalmente!” Grace batte le mani e mi strizza l'occhio.
“E metti in vivavoce”
“A che serve il vivavoce se gli lascio un messaggio in segreteria?” ribatte Angie componendo velocemente il numero a memoria.
“Ahahah seeeee come no!” rido e sfilo il telefono dalle mani della mia coinquilina che pensa di essere tanto furba.
“Che c'è?”
“C'è che sul mobiletto dell'ingresso trovi il numero dell'albergo dove sta Eddie, lo prendi e lo chiami lì, così ci parli” le spiego meglio, visto che fa la finta tonta.
“E metti in vivavoce!” Grace non sta nella pelle ed è ormai seduta sull'orlo del divano.
“Avevano il concerto stasera, secondo voi lo trovo in albergo?” domanda guardandoci entrambe con sufficienza.
“Certo” rispondo tranquilla.
“Solo in camera a soffrire per te” aggiunge Grace.
“E a prendere a pugni il muro”
“Su cui ha appeso una foto di Dave”
“E a ubriacarsi per dimenticare”
“Solo e ubriaco con le nocche doloranti”
“Sì ok, ho capito, avete reso l'idea” Angie allarga le braccia e si allontana verso l'ingresso, tornando con il fantomatico blocchetto.
“Dai chiama, su!” la incita Grace.
“Un attimo... però il vivavoce no”
“Il vivavoce sì” mi spiace, ma su questo non transigo.
“Uff...” Angie sbuffa e fa il numero, osservando più del dovuto il telefono prima di premere invio e far partire la chiamata “Tanto non sarà in camera... Ehm ehm... pronto? Eddie? Sì, ciao, sono io” gli occhi di Angie sono di puro terrore, quelli di Grace sono a forma di cuoricino. I miei, invece, sono fissi sul telefono appoggiato all'orecchio di Angie e individuano il tasto del vivavoce, che viene da me prontamente premuto mentre lei parla.
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Non aveva detto niente musicisti? Beh, anch'io sono un musicista, ma che c'entra? La legge deve essere uguale per tutti, no? Né io né lui, che cazzo. E comunque aveva detto che erano solo amici. Io pensavo fosse in imbarazzo per quanto accaduto, che non sapesse come comportarsi con me, cosa dirmi. Invece era solo che non gliene fregava un cazzo. E va beh, ci può stare. Non sempre si è ricambiati. Anzi, qualcuno, uno scrittore, non ricordo chi, diceva che l'unico vero amore è quello non corrisposto. Bella merda. Comunque, posso accettare di essere ignorato e scaricato, ma non puoi baciarmi e poi non cagarmi di striscio e uscire con un altro senza dirmi un cazzo. Cioè, lo puoi fare, insomma, puoi fare quello che vuoi, non mi devi nulla, non mi hai mai promesso nulla e, anche se lo avessi fatto, avresti ugualmente il diritto di ritrattare e sfancularmi come preferisci. Lo puoi fare, ma non posso fare a meno di essere deluso. Balle. Sono incazzato come una iena e se avessi per le mani quel Dave gli spaccherei la faccia. Anzi, se avessi per le mani chiunque gli spaccherei la faccia. Ecco perché ho pensato bene di prendere un taxi per tornare subito in albergo dopo lo show. Il concerto non è stato male, l'incazzatura è sempre un buon carburante da palco. Abbiamo tirato giù il posto e quella trentina di persone che ci hanno cagato hanno visto uno spettacolo che non dimenticheranno tanto facilmente. Angie invece ci ha messo poco più di un giorno per dimenticarmi. Io quanto ci metterò a scordarmi di lei? E delle sue labbra? E della maniera deliziosa in cui bacia? E dei piccoli scatti delle sue palpebre chiuse che ho sbirciato mentre ci baciavamo? E di come mi stringeva? Dio, ma ti senti?! Svegliati! Non ti ha più richiamato ed è uscita con un altro, non ti basta per capire che te la devi levare dalla testa?
Il trillo gracchiante del telefono mi fa sussultare sul letto. Sarà Jeff che vuole sapere se sono arrivato sano e salvo. Mi metto a sedere e sollevo la cornetta.
“Sì pronto”
“Pronto?” mi fa lei dopo essersi schiarita la voce.
Lei.
Cazzo.
“Angie. Sei tu.”
“Eddie? Sì, sono io” lo so che sei tu, non era una cazzo di domanda.
“Non ci posso credere, allora esisti, cominciavo a pensare fossi solo un'entità astratta”
“Eheh sì, scusami, è che sono stata un po' incasinata, tra il viaggio e il resto”
“Sì, mi hanno detto dei tuoi impegni” rispondo freddamente, o meglio, cerco di essere freddo, ma probabilmente risulto soltanto inacidito.
“Insomma, quando potevo chiamarti pensavo non fosse il momento adatto e quando arrivava il momento giusto, non avevo mai tempo o ero troppo stanca. Sono imperdonabile”
“Fa niente” se devi chiamarmi per dirmi che ti sei messa con un altro, puoi anche evitare del tutto. Sicuramente mi sta chiamando per quello. Grace deve averle detto della nostra conversazione e lei ora si è sentita in dovere di chiarire le cose. Ma non c'è niente da chiarire, mi sembra tutto piuttosto limpido.
“Scusami”
“Ho detto che non fa niente!” ribadisco forse con troppa veemenza, visto che Angie non parla più per lunghissimi secondi.
“Grace mi ha detto che hai chiamato anche stasera e mi sono decisa. Adesso o mai più. Non pensavo di trovarti in albergo a quest'ora”
“Infatti sei impegnata anche adesso, mi pare”
“P-perché?”
“Il vivavoce”
“Ah! No, è che sto sistemando un po' la mia camera, mi sto preparando per andare a letto. Come... come va? Com'è andato il concerto?” in un'altra situazione l'idea di lei in un letto mi avrebbe fatto un effetto totalmente diverso.
“Bene”
“Bene nel senso che tu stai bene o che il concerto è andato bene?”
“Tutt'e due” sto una meraviglia.
“Bene!”
“Bene, già”
Altro silenzio.
“E'... è per caso un brutto momento?”
“No. Perché?” è un momento bellissimo, il più bello della mia vita.
“Boh, così... sei di poche parole”
“L'hai scoperto adesso? Eri un po' distratta a quanto pare” d'altronde perché avresti dovuto prestarmi attenzione se non ti interesso neanche un po'?
“No, ero molto attenta invece. E comunque non è tanto il numero di parole, quanto come le dici” insomma, vuole proprio sentirmi dire che sono geloso e che mi ha spezzato il cuore. Non possiamo limitarci a fare finta di niente, come ha fatto lei per quasi tre giorni?
“Perché, come le dico?”
“Non lo so... sei strano... forse sei stanco”
“Sì, può essere, i concerti sfiancano, una volta che ti scende l'adrenalina crolli” ma io l'adrenalina ce l'ho ancora a mille, potrei prendere e tornare a Sacramento a piedi e poi tornare qui e sarei ancora carico. Potrei arrivare fino a Seattle e prendere a calci in culo Grohl, sempre con gli stessi piedi.
“Eheh è vero. Che poi non è tanto diverso da quando il concerto lo guardi. Stasera ne ho visto uno e sono praticamente ko” ed eccola che cerca di portarmi sull'argomento prendendola larghissima.
“Ah sì, sei andata a un concerto?” decido di andarle dietro, dopotutto via il dente via il dolore, no? Prima dice quello che mi vuole dire e prima chiudiamo questa assurda telefonata. Però mi mancava sentire la sua voce...
“Sì! Mi sono divertita un sacco, ma me ne ricorderò la prossima volta che qualcuno mi proporrà di pogare” dopotutto non è mica colpa sua se non le piaccio. Però non posso evitare di farmi salire il sangue al cervello pensandola nel moshpit insieme a quello stronzo.
“Che gruppo sei andata a vedere?” cambiamo discorso, che è meglio.
“Una band tutta al femminile, sono fortissime! Tra l'altro sono di San Diego, sicuro che le conosci. Si chiamano L7”
“Certo che le conosco, sono vecchie amiche! Ci ho suonato anche assieme con la mia vecchia band” io sono in California e loro sono a Seattle, ironia della sorte.
“Lo so, me l'ha detto la bassista”
“Hai conosciuto Jennifer? Aspetta, tu che vai a socializzare con una band? Dovevi essere proprio in buona stasera” la parentesi sulle mie vecchie conoscenze non mi fa dimenticare che si è messa con un altro.
“Diciamo che sono stata obbligata, praticamente era il motivo stesso per cui sono uscita”
“Obbligata?”
“Sì, Dave è venuto a pregarmi in ginocchio alla tavola calda” e me lo dici pure? Come se non mi fosse bastata la scena della pseudo-serenata dell'altra volta...
“E non gli hai saputo dire di no...”
“Mi ha incastrata! Praticamente lui e Jennifer si stanno frequentando, anche se non ufficialmente, insomma, sono usciti qualche volta. Lei è impegnata con la band e non si sta facendo sentire e lui non vuole starle addosso, però allo stesso tempo vuole vederla di più. Quando ha saputo che avrebbero suonato all'Off Ramp, ha pensato che doveva assolutamente andare al concerto, ma se si fosse presentato da solo avrebbe fatto la figura del tipo assillante, almeno, così la pensava lui. E voleva evitarsi l'umiliazione di non essere cagato, nel caso lei si fosse mostrata poco interessata, perché lui non aveva idea di cosa pensasse lei in quel momento, dato che non si sentivano più come prima. Insomma, morale della favola: ha chiesto a un po' di gente di accompagnarlo per non dare nell'occhio” Angie parla a raffica e io non ci sto capendo niente, o meglio, ho capito quello che dovevo capire, ma ho quasi paura a chiederle ulteriori spiegazioni che potrebbero farmi incazzare di nuovo.
“Dave e Jennifer?”
“Sì, si frequentano. E secondo me sono una bella coppia”
“Ed è andato al concerto con un po' di gente, tra cui tu...”
“Beh, in realtà Kurt l'ha paccato perché doveva uscire con una ragazza. Chi se lo piglia uno così insopportabile non ne ho idea, ma tant'è. Krist è fuori città. Calcola che non conosce ancora molte persone qui, perciò restavamo io e il suo coinquilino. Mi sono portata dietro anche Brian della tavola calda per fare numero. Se avessi saputo che quel coglione poga coi gomiti alti non lo avrei invitato!”
“Quindi non eravate da soli?”
“No, fortunatamente Brian ha avuto la sfiga di andare a pestare i piedi al tipo sbagliato, che gli ha fatto passare la voglia...”
“No, intendo tu e Dave. Io... io pensavo... cazzo, mi sento un perfetto idiota, scusami” perché lo sono, sono un idiota, un coglione.
“Io e Dave?”
“Pensavo fossi uscita con lui. Pensavo stessi con lui. Di nuovo” non so come ma mi ritrovo in piedi accanto al letto.
“Ahahahah ma figurati!”
“Ma che ne so, Grace ha detto-”
“Grace ha tratto delle sue conclusioni sbagliate. Oppure hai capito male”
“Ma no, sono io che ho capito male, non ho capito proprio un cazzo. Non capisco mai un cazzo, specialmente quando si tratta di te, Angie” sono ancora incazzato? Sono felice? Sono confuso? Boh, non lo so nemmeno io.
“Che... che vuoi dire?”
“Voglio dire... Insomma, non ti sei fatta più sentire dopo che... E poi Grace mi dice che sei uscita con quello... Ho pensato che non ne volessi più sapere, ecco”
“Che non ne volessi più sapere di cosa?”
“Di me” di chi se no?
“Ahahah e perché?” ma perché è così difficile parlare con questa ragazza?
“Boh non lo so... Magari per quello che è successo l'altra mattina, prima che partissi...”
“Eddie... non ti preoccupare. Non è successo niente, stai tranquillo, ok?”
Niente? Come niente? Che cazzo dici? Meglio risedersi sul letto.
“Beh, proprio niente non direi...”
“Va beh, facciamo finta che non sia successo niente, no?”
Ma col cazzo!
“Non mi sembra fattibile, Angie”
“E allora facciamo che è successo, ma che ce lo dimentichiamo, ok?” continua nervosa, ostentando determinazione.
“Perché, tu riesci a dimenticarlo? Io non penso ad altro da quando sei andata via” le confesso e mi pare di sentire uno strano rumore subito dopo, come un gemito, un miagolio strozzato.
“Non... non lo so, Eddie”
“Io so di aver sbagliato, non me lo perdonerò mai”
“Non è grave, sei tu che la stai ingigantendo. Ti ripeto che per me non è successo niente”
“L'altra mattina, alla stazione dei pullman, non avrei mai dovuto baciarti”
“Appunto”
“Avrei dovuto farlo molto prima”
“Eddie non... eh?”
“In tre giorni avrei potuto baciarti mille volte e non l'ho fatto perché sono un cagasotto. Ma anche prima, ne ho avute di occasioni. Dovevo baciarti quando eravamo sullo Space Needle, con quel panorama coi controcazzi. O sul tetto di Pike Place. O mentre ti specchiavi provando quel cappello rosso e non mi guardavi ed eri così bella. Oppure sul portico di Crowe a Capodanno, quando mi raccontavi di Schopenhauer, dei ricci e di Woodstock e sapevi di arancia e sarei rimasto ad ascoltarti per ore”
“Anche perché eri fatto” commenta lei e se s'illude di spezzare il discorso si sbaglia di grosso.
“No, in quel momento non ancora. Comunque avrei potuto anche darti un bacio assieme alla cioccolata, quella volta che sei scesa al mini market in pigiama per comprare gli assorbenti e ti vergognavi. O quando mi hai sorpreso da solo alla galleria e mi hai portato da mangiare, mentre io mi sarei accontentato di divorarti di baci. Per non parlare di quando ho dormito da te e mi sono svegliato tra le tue braccia e invece di svegliarti con un bacio, come si addice alle principesse, ti ho preso per una spalla e ti ho scrollato un po'. Che coglione!”
“Eddie non... Forse non dovremmo parlarne al telefono, cioè...”
“Lo so, lo so, è per questo che dico che ho sbagliato. Perché se lo avessi fatto prima avremmo avuto tempo per parlarne, invece ora dobbiamo aspettare finché non torno a Seattle e io non ce la faccio perché vorrei farlo ora. Ti vorrei qui, ora. Anche senza parlare”
“Io... Io non so cosa dire, Eddie”
“Non dire niente, ti ho detto che va bene anche senza parlare, no?”
“Eheh stiamo zitti al telefono?”
“Sì. Lo sai che sono un tipo di poche parole”
“Lo so bene”
E che voglio stare zitto al telefono solo con te e con nessun altra? Sai anche questo?
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Capitolo 51 - Elvis, la barba e i baci di Schroedinger (Prima parte)
Nel capitolo precedente: Dina, la migliore amica di Angie, la raggiunge a San Diego e le basta qualche ora con lei e Eddie per capire che c’è sotto qualcosa, prova a farglielo ammettere quando sono sole e in parte ci riesce. Incontra Jerry e si stupisce della nonchalance con cui Angie parla e si rapporta con lui nonostante quello che le ha fatto. Alla festa in spiaggia Dina ha ulteriori conferme dell’attrazione tra i due quando li sente parlare assieme a riva, mentre gli altri si sono tuffati per un bagno notturno. Il mattino seguente è quello in cui Angie deve partire per tornare a casa, Eddie non riesce a credere di non aver fatto nulla per dichiararsi nonostante abbia avuto ben due giorni per farlo. Fa per baciare Angie mentre dorme, ma si ferma subito. Mentre la accompagna alla stazione dei pullman hanno un piccolo battibecco quando Angie per scherzo, ma non troppo, gli dice che dovrebbe trovarsi una ragazza e che la sua amica Michelle sarebbe la candidata ideale. Esasperato dalla cecità di Angie rispetto ai suoi sentimenti, la zittisce baciandola. Nel frattempo Angie, la notte prima della partenza, sogna di nuovo Eddie e nel sogno lui la bacia. Quando poi il bacio accade davvero, alla stazione degli autobus, Angie perde la testa e sente la famigerata “musica”: Just can’t get enough dei Depeche Mode.
***
“I'm in love again, been like this before...” forse quella non avrei dovuto metterla nella cassettina, troppo diretta. Beh... le ho appena infilato la lingua in bocca, direi che ormai più diretto di così è impossibile. Appena. Sono già passate ore e presumo di non aver ancora perso il ghigno idiota che mi accompagna da quando ho salutato Angie. Alzo lo sguardo e mi vedo canticchiare allo specchio. Presumevo bene, cazzo. Continuo a ripetere mentalmente tutti i passaggi della nostra conversazione dal risveglio in poi che ci hanno portato a baciarci e... e basta, è tutto quello che riesco a fare mentre butto le mie quattro cose in valigia, pronto a ripartire e lasciare di nuovo questa casa, stavolta a malincuore. Sì, perché mentre prima la mia dimora non era altro che una sorta di rappresentazione delle mie frustrazioni, della mia solitudine e di tutto ciò che non ero riuscito ad essere e ad ottenere pur avendolo sempre voluto, adesso invece possiede un valore aggiunto in più: dei ricordi, momenti piacevoli che ho costruito assieme alla ragazza che amo, la successione di eventi che mi ha portato finalmente a dichiararmi, anche se non con le parole. Ce n'erano state di occasioni perfette prima di questa. Sul divano abbracciati, in spiaggia davanti a un falò, sulla terrazza di Pike Place Market, in cima allo Space Needle, sulla panchina di Balboa Park, perfino l'altra sera sulla pista da ballo, tutte situazioni certamente più propizie e romantiche; eppure di quei baci rubati alla stazione dell'autobus non cambierei nulla, neanche di una virgola. Però c'è da dire che se mi fossi svegliato prima adesso non dovrei aspettare una settimana per il secondo giro. Stamattina, per un attimo, ho pensato di non farla salire su quel cazzo di pullman e riportarmela qui a casa, ma Angie ha l'università, il lavoro e non ho intenzione di mettermi in mezzo tra lei e le sue responsabilità a cui tiene un sacco. E poi non volevo fare la figura del coglione sentimentale. Non ancora.
Qualcuno bussa alla porta. Chiudo la cerniera della borsa, me la tiro su in spalla, do un'ultima occhiata in giro cercando di memorizzare più dettagli possibili di questo posto ed esco.
“Sei già pronto?” Mike indietreggia appena, forse preso alla sprovvista dalla mia rapida uscita.
“E' già pronto” Jeff, al suo fianco, risponde per me.
“Confermo, pronto per partire!”
“Ed è anche contento” aggiunge il chitarrista.
“Già” Ament annuisce.
“Come mai sei contento?” i passi di Stone che sale le scale non si fanno attendere.
“Fammi indovinare: Angie non è partita!” azzarda McCready.
“Viene con noi ad Oakland!” aggiunge il mio coinquilino.
“Ci segue per il resto del tour!”
“Dio, spero di no!” Stone guarda malissimo Mike e poi mi fa un sorriso sornione “Qualcun altro però la pensa diversamente, vero?”
“Di che cazzo state parlando? Che c'entra Angie?” cerco di fare il finto tonto, ma scommetto che se avessi di nuovo di fronte lo specchio della mia stanza vedrei lo stesso sorrisetto del cazzo di prima, quindi la vedo dura.
“Dov'è?”
“Non saprei di preciso, alle 7 di stamattina l'ho messa su un pullman per Seattle, quindi presumo sia ancora là. Beh, tecnicamente era un pullman per Los Angeles, poi da lì doveva prenderne un altro per Seattle. A quest'ora ci sarà già. Sul secondo pullman. Credo” onestamente pensavo che mi avrebbe fatto uno squillo già da lì, cioè, io al suo posto l'avrei chiamata subito, alla prima sosta. Com'era la storia del coglione sentimentale? Angie è più pragmatica, avrà pensato fosse più logico chiamare un po' più in là nel corso del viaggio, a metà strada. Magari pensava stessi riposando in vista della partenza e non ha voluto disturbarmi. Come se fosse possibile chiudere occhio dopo quello che è successo.
“Ah. Quindi è partita?” chiede Jeff come se non fosse proprio convintissimo.
“Sì, certo”
“E allora come mai sei felice?” insiste Gossard, seguito dal suo socio.
“Dovresti essere triste”
“Ahah e perché? Che sono quei musi lunghi?! Non è mica andata in guerra, tra una settimana, neanche, la rivediamo” mi sembra di essere piuttosto convincente nell'includere tutta la band nel dispiacere per la partenza di Angie.
“Ah beh, sì, ovvio...” mugugna Mike.
“E lasciare San Diego? E la tua casa? Non ti dispiace?” continua Jeff con l'interrogatorio.
“Sicuramente, ma-” accenno una risposta, ma sento già che sarà superflua ancora prima di venire interrotto da Stone.
“... ma, come si dice, la casa è dove è il cuore, no?”
“E comunque non sono felice!”
“Ha! Lo dicevo io” esclama Jeff tutto soddisfatto senza alcun apparente motivo.
“Sono solo carico, per il concerto...”
“Ah. Sì, per il concerto, come no” Mikey continua ad annuire da un quarto d'ora, credo sia ancora in coma da ieri sera, l'unica cosa che mi impedisce di averne la certezza sono gli occhiali a specchio giganti che creano una barriera tra lui e il mondo esterno.
“Beh, bisogna pur trovare delle motivazioni, no? Per andare avanti...” Jeff mi mette un braccio attorno al collo e insieme scendiamo le scale e attraversiamo il giardino fino al cancelletto, seguiti dagli altri due “E comunque sei giorni passano in fretta” aggiunge sottovoce strizzandomi l'occhio.
“Ah, prima dobbiamo passare da Craig, devo lasciargli le chiavi da restituire alla padrona di casa. E salutarlo. Faccio veloce.” alzo gli occhi al cielo e cambio argomento al volo. Non vorrei proprio lasciarla questa casetta, ma non posso certo permettermi due affitti.
“Velocissimo, Kelly ci sta già aspettando.” Stone ci richiama all'ordine mentre saliamo tutti sul furgone “Abbiamo giusto quelle cinquecento miglia di strada da fare”
**
Primo squillo. Ok. Secondo squillo. La speranza c'è ancora tutta. Faccio appena in tempo ad accorgermi che sto praticamente trattenendo il fiato. Terzo squillo. Però non è detto, potrebbe esserci uno scarto di... Quarto squillo. Fanculo. Scuoto la testa. Quinto squillo. Metto giù la cornetta con forse troppa forza e lascio cadere la mano con cui mi stavo tappando l'altro orecchio per cercare di isolarmi dal casino del backstage del Real Rock Club. Fanculo il telefono e la segreteria telefonica intelligente di Jeff, che risponde dopo due squilli quando ci sono messaggi da ascoltare. Perché non chiama? Le avevo chiesto espressamente di farlo. Sarà successo qualcosa? Si sarà pentita amaramente dei nostri baci? O magari non si ricorda il numero... Che coglione, dovevo scriverglielo! Dovrebbe saperlo a memoria solo perché potrei piacergli? Recupero le monete e le infilo nuovamente nel telefono a gettoni, componendo un numero diverso dal mio stavolta, cercando di battere l'ansia sul tempo.
“Pronto?”
“Ehi Meg, ciao” grazie al cielo è a casa, è tutto il giorno che parlo da solo o col nostro messaggio da cazzoni sulla segreteria telefonica.
“Ciao Eddie! Come stai? Mi hai beccata per un pelo, stavo giusto uscendo per il turno da Roxy” quando si dice culo.
“Tutto ok, grazie. Stiamo... ehm, stiamo per salire sul palco per il soundceck, tra una mezz'oretta più o meno”
“Figo! Ci sono anche gli altri stronzi lì con te?”
“Uhm no, sono solo io...”
“Ah ecco, dovevo immaginarlo, non ho sentito Stone lamentarsi in sottofondo” Meg cerca di dissimulare la delusione con una battuta. Sicuramente avrebbe preferito parlare con qualcun altro.
“E tu invece? Come va?” le chiedo perché in fondo non voglio fare la figura dello stronzo che la chiama soltanto per chiederle della sua amica.
“Bene, dai, il solito. Allora, come posso aiutarti?” chiede lei senza perdere tempo.
“In che senso?”
“Beh, dubito che tu abbia chiamato solo per sapere come sto. Che volevi dirmi?”
“Va beh, anche per sapere come stai”
“Eddie”
“Ma niente, mi chiedevo se per caso avessi notizie di Angie...”
“Arriva domani pomeriggio, no?”
“Sì, appunto. E' che l'ho messa sull'autobus stamattina e pensavo che boh, magari si era fatta sentire nel frattempo”
“Sì, infatti, mi ha chiamata una mezz'oretta fa”
“Ah”
“E' già a San Francisco, hanno fatto una sosta lì. Mi ha detto che per il momento il pullman è in linea con la tabella di marcia, quindi domani per le due dovrebbe essere qua”
“Capisco. Beh, meglio così, no?” dai Eddie, non prendertela, l'importante è che stia bene, no? Magari la sosta è stata breve e c'era la coda per telefonare. O magari non ne vuole sapere di te, brutto stronzo.
“Già... Ma è tutto ok?”
“Certo, perché non dovrebbe?”
“Non lo so, mi sembri strano... E' successo qualcosa?” strano? Più del solito?
“No, niente! Che doveva succedere?”
“Boh, dimmelo tu”
“E' solo che eravamo rimasti d'accordo che mi avrebbe chiamato per aggiornarmi e invece non si è fatta viva, allora mi ero un po' preoccupato, tutto qui”
“Come fa a chiamarti se siete in giro a suonare?”
“Le avevo detto che poteva lasciarmi un messaggio... la segreteria sta a Seattle, ma posso ascoltarla dappertutto, no?” forse dovrei cercare di essere meno acido.
“Va beh, sai com'è fatta Angie, magari non ti voleva disturbare”
“MA GLIEL'HO DETTO CHE NON DISTURBAVA!” alzo fin troppo la voce, tanto che Meg esita a rispondermi “Ehm, scusa. Eheh”
“Stai calmo Eddie... Forse è per quello o forse non aveva abbastanza moneta per chiamare entrambi e siccome io devo andarla a prendere ha dovuto per forza chiamare me”
“Beh, sì, può essere...” in effetti non ci avevo pensato. Non le ho nemmeno chiesto se aveva moneta per telefonare. Mica solo per me, poteva servirle in generale, in caso di emergenza! Sono un cazzo di irresponsabile che abbandona le ragazze alla stazione degli autobus.
“O magari avete litigato?”
“Che? No!”
“O il contrario?”
“In che senso?” quale sarebbe il contrario di litigare?
“Va beh, va beh, se non è successo niente non hai nulla da temere, ha chiamato me per praticità. Ti chiamerà domani, tranquillo”
Non è successo niente. E' successo tutto. E' successa un sacco di roba. Però Meg ha ragione, devo stare tranquillo. Insomma, ho baciato Angie da dodici ore e sono già in modalità ansiogena. Non sono al centro del mondo, non ruota tutto necessariamente attorno a me: è in viaggio, è stanca, ha chiamato la sua coinquilina per un passaggio, chiamerà anche me appena possibile.
“Lo so. E' solo che... insomma, il viaggio è lungo. Ero in pensiero. E poi mi sento un po' responsabile, se non avessi sbagliato a dirle le date avrebbe preso un comodo aereo e sarebbe già a casa” cerco di buttarla sulla sicurezza stradale e cazzate varie, speriamo abbocchi.
“Dai, Eddie, non ti colpevolizzare. E comunque credo non le sia dispiaciuto affatto allungare la vacanza, sai?”
“Oh... ok, eheh, lo spero” a me non è dispiaciuto per niente, anzi, per quanto mi riguarda la vacanza poteva durare un'altra settimana. E non sarebbe bastata per portarla in tutti i posti che avrei voluto mostrarle, dal ristorante sulla spiaggia di Las Olas alla saletta col biliardo del Casbah, tutti i pezzetti del mio mondo che avrei voluto condividere con lei. Mi sarebbe piaciuto anche solo condividere altro tempo in macchina con lei, a chiacchierare e fare gli scemi; come quando siamo tornati a casa dalla serata allo Yates e, mentre tiravo fuori la sua cassetta dal mangianastri per cambiare lato, alla radio è partita Love reign o'er me degli Who e lei si è messa a cantarla a squarciagola e, nonostante stesse facendo scempio di uno dei miei pezzi preferiti, io non riuscivo a pensare ad altro se non a quanto suonasse perfetta la parola love, amore, pronunciata da lei. E se per caso avevo ancora dei dubbi, ci hanno pensato quei cinque minuti di canzone a togliermeli completamente: io la amo e continuo a innamorarmi di lei ogni volta che la vedo, che le parlo al telefono o che sono anche solo in attesa di fare una di queste due cose, e mi basta osservarla o parlarci un minuto per trovare ogni volta cento cose nuove da amare.
“Sì, Eddie, fidati! Scusami, ma ora ti devo lasciare, Roxy mi fa il culo se arrivo in ritardo”
“Oh certo, figurati, anzi, scusa se ti ho disturbato...”
“Nessun disturbo, ti faccio chiamare da Angie appena arriva, ok? O anche prima se la sento nel frattempo” ormai l'ha intuito anche lei che sono un disperato.
“Grazie”
“Prego. E in bocca al lupo per stasera!”
“Crepi...”
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“Maledetti stronzi” inveisco ad alta voce contro gli ignoti bastardi che hanno deciso di realizzare un'opera di arte astratta con ketchup, maionese e gomme da masticare sul sedile che sto strofinando da ore. I miei colleghi si sono scatenati con i migliori consigli per risolvere la questione e la cucina si è divisa tra i sostenitori del ghiaccio per seccare la cicca e staccarla e quelli del calore per scioglierla. Intanto però quella che deve pulire sono io!
Sento la porta scampanellare e sto per scaricare tutta l'incazzatura sul rompicoglioni di turno, che non sarà certo il colpevole di questo disastro, ma è pur sempre uno stronzo che non sa leggere la scritta CHIUSO sul vetro.
“Siamo chiu...” alzo la testa e rivedo una faccia sparita da un po', anche se me la ricordavo diversa.
“Ehi Meg”
“Da quando in qua hai la barba?” non gli sta male.
“Oh eheh beh, da un po'” risponde ridacchiando e grattandosi il mento insolitamente ricoperto di peli, come una buona parte del viso.
“Provi nuovi look?” solo ora mi rendo conto di essere ancora a carponi sul sedile e mi tiro su di scatto.
“Prova che è iniziata in maniera del tutto casuale, diciamo che ho trasformato la sciatteria in look”
“Ci state invecchiando in quello studio di registrazione, in pratica” scherzo mentre si avvicina e improvvisamente mi tremano le ginocchia.
E a questo punto mi sembra chiaro che ho qualche rotella fuori posto, che ci deve essere per forza qualcosa che non va in me. Perché sono giorni che mi dispero per non essere riuscita a tornare con Mike, per la sua decisione di starsene da solo, la prima decisione che abbia mai preso da quando lo conosco, lui, che non ha mai saputo cosa voleva e proprio adesso che lo sa, sa che non sono io. E insomma, io sono qui a farmi le paranoie sul mio ex, poi arriva Matt e mi bastano due mossette per non capire più un cazzo e... com'è che fa Mike di cognome?
“Più che altro invecchiamo in sala prove, tecnicamente nello studio ci dobbiamo ancora entrare, per l'album vero e proprio”
“E cosa aspettate?”
“Eheh di perfezionare il demo e avere le idee più chiare”
“Da quel poco che ha sentito, mi sembrano già abbastanza chiare”
“Non vedo l'ora di registrare con Ben, credo porterà una ventata d'aria nuova nel disco”
“Concordo. Allora? Quand'è che iniziate a registrarlo? Così mi faccio un'idea di quanto tempo ancora sparirai dalla circolazione...”
“Tra poco, in primavera... Comunque, a questo proposito, avrei proprio bisogno di parlarti, Meg”
“A proposito dell'album?”
“Eheh no, a proposito della mia sparizione. E di altre cose”
“Capito. Ok, spara”
“Uhm no, non qui. Magari quando hai finito. Ti accompagno a casa?”
No. NO. No, Meg, non puoi. Non puoi andare a letto con Matt stasera. Se la prima volta è stata una stronzata, questa sarebbe una stronzata al cubo. Non puoi scopartelo ogni volta che va male con Mike. Mike McCready! Ecco com'era.
“In realtà sono con la mia macchina”
“Hai una macchina? Da quando?” domanda sinceramente sorpreso.
“Probabilmente da quando tu hai la barba, più o meno”
**
E' mezzanotte passata, Matt e io siamo seduti sul cofano della mia Impala a parlare di Ballard, del tour dei Mookie... ehm, dei Pearl Jam e di quanto è insopportabile l'infermiera del secondo piano, passandoci e ripassandoci una bottiglia di vino rosso scadente a vicenda.
“Quand'è che andiamo al sodo, Matt?” gli faccio a un certo punto, correggendo il tiro immediatamente dopo “Cosa volevi dirmi?”
“Ah sì. Beh, ecco... per prima cosa volevo chiederti, ecco, sento di doverti delle scuse”
“Scuse? Per cosa?” qualsiasi cosa sia, ti perdono, a prescindere.
“Per come mi sono comportato, per come ti ho trattata dopo quello che è successo, per come ho trattato la... faccenda in generale”
Nome in codice: Faccenda.
“Ma non l'avevamo già chiarita? La faccenda?” se parlassi di una cosa del passato che vuoi assolutamente rifare entro i prossimi quindici minuti la chiameresti faccenda?
“Non proprio. Cioè, abbiamo semplicemente fatto finta di niente” risponde facendo spallucce.
“E non era forse la cosa migliore da fare?” pongo la mia domanda retorica a cui ovviamente lui non potrà che rispondere no, appena prima di saltarmi addosso.
“Sì, ma...”
COME Sì?
“... ma no” ecco, così va meglio.
“Che vuoi dire?” fingo di non capire e mi preparo psicologicamente alle prossime avances dell'angelo barbuto. Ovviamente non posso starci subito, questo è fuori discussione, devo porre un minimo di resistenza morale all'inizio.
“Che ho fatto lo stronzo. Mi sono reso conto di essermi comportato in maniera molto fredda con te, quasi cinica, non vorrei pensassi che... beh, che quello che abbiamo fatto...”
“Che la faccenda”
“Eheh sì, che la faccenda non contasse nulla per me o cose del genere”
“Ma no, Matt, tranquillo”
“Ok, è stata una cosa avventata e poco ragionata”
“Direi per niente”
“Una cosa sbagliatissima”
“Certo” anche se, addirittura il superlativo, mi pare un tantino esagerato, no?
“La cazzata più grande che potessimo fare”
“Ok” qualcosa mi dice che stasera non si tromba.
“Però se l'ho fatto è perché in quel momento lo volevo e non solo tanto per, come passatempo. Ci tengo a te”
“Lo so, anche per me vale la stessa cosa”
“Abbiamo sbagliato, ma non sono pentito, è stata comunque una cosa bella in fondo, non credi?”
“Sì... molto bella” forse sì, si tromba.
“Ti chiedo scusa se ti ho dato una brutta impressione, se ti ho trattato male e ti ho evitata, è che non sapevo come comportarmi. Allontanarmi mi sembrava la soluzione migliore ed essere freddo con te era la maniera più facile”
“E' tutto ok, Matt, davvero. L'avevo capito”
“E sono pronto anche a dirlo a Mike se vuoi, voglio assumermi le mie resp-”
“NO! Ehm, cioè, non è necessario. Insomma, già non è che sia proprio ansioso di parlarmi e vedermi, se sapesse una cosa del genere con lui avrei chiuso. E poi non mi sembra il caso di fare casino per niente, tanto non succederà più, no?” insomma, succederà o no? Voglio delle risposte.
“Oddio, no, ovvio!” questa risposta fa cagare, avanti un'altra, grazie.
“Ecco, allora meglio lasciare le cose come stanno” qualcuno mi spieghi il senso di questa conversazione se non serve a portarmi a letto.
“Ad April l'ho detto però” sento che sta per arrivarmi la spiegazione.
“April?”
“Sì, la conosci, è amica di Stone...”
“Ma chi, quella che suona il violino?”
“La viola!”
“Beh, quel che è, ci assomiglia. Ma perché le avresti raccontato di noi, scusa? Non sapevo nemmeno vi conosceste, cioè, non credevo foste in confidenza”
“Non lo eravamo. Poi ci siamo conosciuti meglio”
“Ti sei messo con April?”
“No!” ah ecco meno male “Siamo usciti qualche volta, insomma, siamo all'inizio” meno male un cazzo.
“Capisco” inizio di che cosa, scusa?
“L'inizio di cosa non lo so nemmeno io, eheh, comunque, staremo a vedere”
“E com'è che in questo inizio invece siete finiti a parlare di me?”
“Oh beh, ecco, stavamo parlando dei nostri ex e delle nostre esperienze passate e io le ho parlato di te. Senza fare nomi, ovviamente! E mentre le raccontavo la faccenda, April mi ha aiutato a capire, mi ha aperto gli occhi. Grazie a lei mi sono accorto di quanto sono stato stronzo”
“Ah però”
“E' stata lei a dirmi che avrei dovuto chiarire con te. E scusarmi” la tipa ne sa una più del diavolo, non c'è che dire, non voleva che il suo bello avesse questioni in sospeso con altre e gli ha suggerito un bel discorso pacificatore. E di chiusura.
“Wow, beh, io la conosco solo di vista, ma da quel che dici sembra una tipa in gamba”
“Lo è” Matt ha lo sguardo perso che buca il parabrezza e io non mi sono mai sentita tanto fuori posto in tutta la mia vita.
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LATO A
Can't help falling in love (Elvis Presley)
I want to tell you (The Beatles)
You're all I need to get by (Marvin Gaye and Tammy Terrell)
When you dance I can really love (Neil Young)
Can't keep it in (Cat Stevens)
Two hearts (Bruce Springsteen)
LATO B
I wanna be your boyfriend (Ramones)
You really got me (The Kinks)
Love you more (Buzzcocks)
Here comes my girl (Tom Petty)
Thank you (Led Zeppelin)
Don't talk (put your head on my shoulder) (The Beach Boys)
Afferro il foglietto su cui ho annotato i titoli delle canzoni della cassetta di Eddie e faccio per rimetterlo a posto quando stiamo per arrivare. Non ho visto il cartello BENVENUTI A SEATTLE, a dire il vero non l'ho mai visto, né la prima volta che ci ho messo piede né tutte le altre volte che ho fatto avanti e indietro dalla mia città di adozione, quindi potrei essermelo perso, ma potrebbe anche darsi che non esista nemmeno un cartello del genere. Appoggio il foglio sullo zaino che tengo sulle gambe e ne osservo le pieghe fatte e disfatte ogni volta che l'ho tirato fuori e rimesso nella custodia, la grafia resa incerta dalle buche, dalle frenate e dalle parole inattese. Il primo pezzo mi ha spiazzata perché Elvis era onestamente l'ultima persona che mi aspettavo di sentire fra i preferiti di Eddie, per nessun motivo in particolare, semplicemente non l'ho mai associato a lui, anche se da lì ho cominciato a scorrere mentalmente vari brani del Re e a pensarli coverizzati da lui. I Beatles me li aspettavo un po' di più e immaginavo anche che avrebbe scelto un pezzo un po' più ricercato rispetto ai soliti noti. Sul Motown sound di Marvin e Tammi mi è caduta la mascella e forse anche la penna con cui man mano scrivevo, perché quel pezzo è uno dei miei preferiti in assoluto e non me lo aspettavo per un cazzo. Neil Young e Springsteen erano i più telefonati, un po' come i Ramones ad aprire il lato B, mentre quella di Cat Stevens è stata un'altra chicca che mi ha stupita positivamente. Sulla parola got del pezzo dei Kinks la penna ha ceduto, perché mentre sorridevo tra me e me, pensando al fatto che anche in quel caso avesse in un certo senso risposto alla mia cassetta selezionando un pezzo diverso di una band scelta anche da me, mi sono messa a scorrere con lo sguardo tutti i titoli precedenti, leggendoli di seguito come se si trattasse di un'unica frase, di un messaggio e... Ovviamente no, non diciamo cazzate, è un caso. Quando ho sentito i Buzzcocks ho pensato che forse il lato B sarebbe stato quello più punk e più movimentato e ho scritto il titolo della canzone in caratteri piccolissimi; invece poi è arrivato Tom Petty e mi stavo giusto chiedendo quando l'avrebbe messo, seguito dai Led Zeppelin, che mi fanno stare lì a pensare al motivo per cui Eddie dovrebbe ringraziarmi. Io non ho fatto nulla e forse è da lì che parte tutto il casino, perché non ho fatto altro che essergli amica e stargli vicino in alcune situazioni e lui magari si sente in debito e forse proprio per questo motivo ha fatto altrettanto. E ha confuso questa vicinanza per qualcos'altro. E quindi i casi sono due, o ha pianificato tutto, cassetta e baci, o la cassetta non vuol dire un cazzo, i pezzi sono solo un caso, e mi ha baciata solo perché... boh, perché gli è venuto di farlo. Magari era fatto. Si vede che non sono solo gli acidi a renderlo affettuoso. Mentre facevo queste considerazioni, l'ultima canzone poi, dei Beach Boys,  al momento giusto, quasi potessero sentirmi, come se avessero ascoltato il mio monologo delirante interiore e mi avessero invitata a stare zitta, facendomi tacere proprio come aveva fatto qualcun altro qualche ora prima, senza parlare. Con la coda dell'occhio vedo la sagoma del Kingdome alla mia sinistra entrare prepotentemente nel mio campo visivo, distogliendomi dai miei pensieri insensati. Piego il foglio, prendo la cassetta dalla tasca anteriore dello zaino e ce lo rimetto dentro, per poi cacciare il tutto di nuovo in borsa molto rapidamente.
Quando scendo dal pullman non mi sento più il culo, faccio una specie di stretching piuttosto imbarazzante e non mi sembra vero di poter stendere le gambe e camminare e non doverci salire mai più, tanto che quando attraverso la strada e vedo Meg che si sbraccia dal finestrino della sua macchina quasi mi dispiace: me la farei volentieri a piedi fino a casa.
“Poi mi spieghi come cazzo hai fatto a sopravvivere 30 ore su un pullman” è il saluto della mia coinquilina non appena lancio lo zaino nel bagagliaio, per poi richiuderlo e buttarmi sui sedili di dietro.
“Non lo so nemmeno io, comunque ciao anche a te”
“Ciao Angie, benvenuta sul mio taxi, dove ti porto?” scherza ironizzando sul mio essermi seduta dietro.
“A morire a casa, perché le ore sono state precisamente 32 e stasera lavoro pure”
“Va beh, anche tu ti vuoi male, perché non hai chiesto un'altra giornata a Roxy?” chiede come se fosse la cosa più facile del mondo, come se non ci lavorasse anche lei e non sapesse com'è l'andazzo.
“E' già tanto che mi abbia dato questi giorni, non volevo tirare troppo la corda” rispondo sbadigliando e accasciandomi sullo schienale.
“NON PENSERAI DI DORMIRE ADESSO?” la voce perentoria di Meg mi fa spalancare gli occhi di colpo proprio quando stavo cominciando a sbavare sulla camicia di Morfeo.
“Perché no?”
“Perché devi raccontare!”
“Raccontare cosa?” trovo un elastico uscito da chissà dove nella tasca della giacca e mi lego i capelli.
“Come cosa? Tutto! Com'è andata a San Diego?”
“Bene”
“Bene?” insiste voltandosi completamente verso di me.
“Sì, tutto bene. Non dovresti guardare la strada comunque?”
“Bene... e poi?” continua seguendo il mio consiglio.
“E poi niente, tutto ok”
“Ahah sì va beh, pensi seriamente di cavartela così?”
“Penso che sarai così gentile e carina da rimandare questa conversazione a domani”
“Sì, ma dammi qualche anticipazione, raccontami qualcosa!”
“Stone e Jeff hanno scommesso con gli altri sul fatto che qualcuna di noi sarebbe andata a trovarli in tour e i perdenti si sono esibiti in un tributo ai Village People in una squallida discoteca in stile anni Settanta” dico tutto d'un fiato sperando di averla spiazzata abbastanza da impedirle di fare altre domande.
“Questo l'hai sognato sul pullman o qui in macchina nei dieci secondi in cui hai chiuso gli occhi?”
“Ahahah nessuno dei due, è successo davvero”
“Dimmi che stai scherzando oppure dimmi che hai delle prove fotografiche di questa cosa” si gira di nuovo a intermittenza, cercando di capire dalla mia espressione se la sto prendendo per il culo o no.
“La seconda che hai detto”
“ODDIO LE DEVO VEDERE ASSOLUTAMENTE”
“Guarda avanti, Meg!”
“A casa me le fai vedere”
“Se ci arriviamo”
“Ok, faccio la brava... E per il resto?” no, a quanto pare la botta dei Village People non è stata abbastanza forte.
“Tutto ok, il concerto è stato figo, metà del pubblico erano amici di Ed” resto vaga, come se non sapessi dove vuole andare a parare.
“Hai conosciuto i suoi amici? Come sono?” lei non insiste, probabilmente ha deciso di cambiare strategia e assecondarmi per poi fregarmi in un'altra maniera.
“Simpatici. E tutti surfisti praticamente”
“Uhm interessante! E Eddie com'era?” appunto.
“Oh è stato bravo, ormai sta diventando un animale da palcoscenico, non è più timido come prima”
“Bene, benissimo. E giù dal palco, com'è stato?” ri-appunto.
“In che senso?” forzo un altro sbadiglio e appoggio la testa al finestrino.
“Sì, insomma, com'è andata con lui?”
“Bene”
“Mi spieghi cosa cazzo vuol dire bene?! Sii più chiara!”
“Ehi non ti agitare! Bene, nel senso che mi ha salvato la vita, ospitandomi eccetera. E mi ha fatto fare la turista portandomi in giro, me e anche Dina che è venuta da Los Angeles!”
“Alla fine ce l'ha fatta! Anche lei ospite a casa di Ed?”
“No, è venuta solo il giorno del concerto, dal pomeriggio, ed è andata via la sera stessa. Beh, più notte che sera. Quasi mattina, ecco, dopo la festa in spiaggia”
“E com'è andata la festa in spiaggia?”
“Bene”
“Angie, quant'è vero iddio...”
“Bene, è stata una bella festa! C'era la musica, c'era da bere, la compagnia... a un certo punto si sono tuffati tutti nell'acqua gelida” io ci riprovo a buttare tutto su aneddoti che riguardano altre persone, magari alla lunga funziona.
“E sono sopravvissuti?”
“Sì, strano ma vero. Inutile dire che io non ho partecipato”
“Chi l'avrebbe mai detto! Eddie invece?”
“Eddie neanche, si è rovinato il divertimento stando con me a farmi da balia” gli ho guastato la festa e ho dato modo ai suoi amici di rendersi conto che sono una specie di ameba.
“Sì, me lo immagino. Comunque non mi hai ancora risposto...”
“Ah no?”
“No”
“E qual era la domanda?”
“Stai cercando di esasperarmi?” no, sto solo cercando di non dirti un cazzo.
“No! Ho solo sonno, ho dormito poco e male”
“Com'è andata con Eddie? E' successo... qualcosa?” Meg cerca di incrociare il mio sguardo nello specchietto retrovisore e io la evito maldestramente.
“In che senso?”
“Beh, non so... sei stata lì due giorni... la casa era piccola...”
“E allora?”
“Magari avete dormito assieme?”
“MEG!”
“Che ho detto?! L'avete già fatto, no?”
“Quante volte te lo devo dire che abbiamo dormito e basta?”
“Ma guarda che ti credo, infatti anch'io ho parlato di dormire e basta”
“E comunque è stato un incidente”
“Niente incidenti a San Diego?”
“No” a parte il frontale con le sue labbra, niente.
“Nemmeno un pisolino a due sul divano?”
“No, Meg”
“Un bacetto in spiaggia al chiaro di luna?”
“No” sarò stata abbastanza convincente?
“Due coccole al parco?”
“Nooo”
“Una mano sul culo in discoteca?”
“Ahah no! Almeno non da parte Eddie. Comunque abbiamo ballato ass-”
“COSA VUOL DIRE NON DA EDDIE?”
“E' una lunga storia. Comunque è ufficiale: Eddie balla di merda anche da sobrio”
“Ok, ma io voglio sapere di chi era la mano incriminata!”
“Mike Starr. Lui sì che sa ballare”
“CHE COOOSA?!”
“Abbiamo ballato così, per ridere! Comunque sa ballare davvero, mi ha detto che ha preso lezioni”
“Oh cazzo... ha preso lezioni anche di mano morta”
“E' stato un incidente”
“La tua vita è costellata di piacevoli incidenti, te ne sei accorta?”
“In netta minoranza rispetto a quelli spiacevoli, fidati”
“Comunque, Eddie non si è fatto avanti nemmeno stavolta allora? Non ci posso credere, è proprio un coglione”
“O forse semplicemente non gli interesso, no? Sei tu che ti sei fissata con questa storia”
“Adesso capisco perché non l'hai chiamato”
“Che vuoi dire?” abbandono la mia posizione accasciata e mi raddrizzo, mettendomi a sedere in modo quasi normale.
“Eddie mi ha telefonato ieri per sapere se avevo tue notizie, era preoccupato perché gli avevi detto che l'avresti chiamato e invece non ti sei fatta sentire. E ora capisco anche il perché”
“Ma... figurati! Non l'ho chiamato perché avevano il concerto, non volevo rompere le palle”
Cazzo.
“Il ragazzo invece aspettava ansiosamente un tuo messaggio in segreteria”
Cazzo cazzo cazzo.
“Chiamerò più tardi, prima di andare al lavoro”
“Perché non adesso? Dopotutto devi solo dirgli che sei viva e stai bene?”
“Ma sì, ora vedo...”
“Invece ora torniamo alla mano di Mike Starr per favore?”
“Meg, piantala e pensa a guidare, PER FAVORE”
**
E' ovvio il perché, è tutto chiaro: vuole sapere se sono arrivata perché vuole chiamarmi, vuole chiamarmi per parlare di cosa è successo ieri mattina, vuole parlare di ieri mattina per dirmi che è stata una grandissima stronzata e che non si ripeterà più e che spera che questo non rovini la nostra amicizia. Insomma, tutte cose che so già da me e che quindi gli risparmio volentieri. Il pisolino è stato deleterio perché ho più sonno di prima, ma la doccia mi sveglia abbastanza da permettermi di sgattaiolare lesta via di casa evitando ulteriori domande da parte di Meg. Salgo in macchina e faccio per mettere su la cassetta di Eddie che mi sono portata dietro, ma all'ultimo ci ripenso, la infilo nel vano portaoggetti assieme alle altre e accendo la radio. E io ci provo a concentrarmi sulla strada e sui Fleetwood Mac che partono proprio in quel momento, ma com'è che invece continuo a sentire i Depeche Mode e il tocco dei polpastrelli di Eddie sui miei polsi e il sapore della sua bocca? Sono così concentrata nella guida che ho praticamente messo il pilota automatico e mi ritrovo nel parcheggio della tavola calda senza aver capito bene come ci sono arrivata. Stringo il volante e lo prendo a leggerissime testate un paio di volte, non so perché, forse nel tentativo di far uscire letteralmente Eddie dalla mia testa. Un'ascia bipenne penso mi sarebbe più utile, dopotutto con Zeus e Atena ha funzionato. Una volta al lavoro non c'è tempo per le chiacchiere, un paio di minuti per il bentornata da parte dei colleghi, una battuta di Brian sulla mia mega-abbronzatura Californiana (guance e punta del naso vagamente rosati), e sono subito sotto a servire i clienti. Lavorare non mi dispiace, almeno mi posso distrarre ed evitare di pensare ad altro. Il problema è che riesco a pensarci lo stesso. Almeno fino a quando uno dei miei tavoli non viene occupato da un vecchio amico e dal cantante cagacazzo della sua band, forse l'unico in grado di non farmi pensare a Eddie per cinque minuti. Il cagacazzo ovviamente, non l'amico.
“EHI PURPLE RAIN!” il sopracitato mi accoglie col suo solito sorrisetto del cazzo.
“Idaho è passato di moda?”
“Ciao Angie”
“Ciao Dave, come stai?”
“Ho deciso di svecchiare un po' il mio repertorio” Kurt risponde aspettando diligentemente il suo turno.
“Tutto ok, grazie. Anche se non mi sono ancora comprato la moto. Tu? Ti vedo bene, mi piacciono i tuoi capelli!”
“Grazie. Comunque per comprarti la moto devi prima pubblicare l'album. E venderne qualche copia”
“Per pubblicarlo dobbiamo prima registrarlo, cosa che ufficialmente non abbiamo ancora iniziato a fare” Kurt, strano ma vero, dice una cosa seria, normale e non sarcastica nei miei confronti.
“E che aspettate?”
“Tra un mesetto dovremmo andare in California per le registrazioni vere e proprie. Tu invece ci sei già stata, giusto? A proposito, com'è andata?” mi chiede Dave come se nulla fosse.
“Come... che ne sai che ero in California?”
“Già, che ne sai?” chiede anche Cobain, guardandolo di sottecchi.
“Beh, sono passato ieri e il tuo collega me l'ha detto.” rivela indicando Brian che non si fa mai gli affari suoi, dopodiché porta le mani in avanti come per difendersi “Ma giuro che non ti sto stalkerizzando!”
“Anche perché in tal caso non mi sarei mai prestato a fargli da complice” aggiunge il biondo.
“E non ci saranno serenate o stronzate del genere, promesso!”
“Gli ho detto che se succede ancora lo caccio dalla band”
“Uhm... ma per cacciarlo deve essere nella band... Hai capito Dave? E' ufficiale: TI HANNO PRESO!”
“ODDIO Sì! EVVAI!” Dave mi batte il cinque e Kurt ci guarda schifato.
“Forse avete sbagliato locale, l'open mic è al comedy club dall'altra parte della strada”
“Comunque... ero passato perché ti cercavo”
“Ma va, davvero?” ironizza il cantante per poi iniziare a spulciare il menù.
“Devo chiederti una cosa e ti assicuro che non è come sembra” Dave mette già le mani avanti e com'è che invece ho l'impressione che sarà proprio come apparirà?
“Ok, spara”
“Usciresti con me domani sera?”
Appunto.
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