Tumgik
#25 novembre 1985
ma-pi-ma · 2 years
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Spesso certi nostri affetti,
che presumiamo magnifici,
addirittura sovrumani, sono, in
realtà, insipidi; solo un'amarezza
terrestre, magari atroce, può, come
il sale, suscitare il sapore
misterioso della loro profonda
mescolanza!
.
Elsa Morante, da L'isola di Arturo
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aurevoirmonty · 1 year
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« Certains peuples n’ont jamais été libres dans leur histoire. Ils ont été élevés comme des esclaves. Ils ne savent même pas de quoi la liberté peut avoir l’air. Alors ils se taisent. »
Pierre Falardeau, dans une lettre à son ami Léon Spierenburg, 25 novembre 1985.
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carmenvicinanza · 4 months
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Teresa De Sio
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La musica folk è il rock del popolo. Con il folk si impara a rispettare gli uomini e le donne del nostro mondo, a riconoscerne il passato e grazie a quello guardare al futuro.
Teresa De Sio, cantautrice e ricercatrice musicale è portavoce di una tradizione culturale che abbraccia i Sud del mondo. Musicista simbolo di un pensiero libero e indipendente viene appellata La Brigantessa.
Con oltre due milioni e mezzo di dischi venduti, nel 2000 ha fondato la sua etichetta indipendente, la C.O.R.E., sottraendosi ai contratti delle multinazionali, in cambio della garanzia di un’assoluta libertà artistica.
Nata a Napoli il 3 novembre 1952, ha trascorso l’infanzia a Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno. Sua sorella è l’attrice Giuliana De Sio. Ha iniziato la carriera artistica con la danza, a diciassette anni si è trasferita a Roma per studiare recitazione ed è stato in ambito teatrale, alla fine degli anni settanta, che ha incontrato il cantautore Eugenio Bennato con cui ha fondato Musicanova, che in quegli anni ha rifondato e riscoperto la tradizione popolare napoletana. Questa storica esperienza è culminata nel 1978 con l’album Villanelle popolaresche del ‘500 in cui Teresa De Sio si è distinta per il timbro molto particolare che le conferiva genuinità e raffinatezza al tempo stesso.
Dopo la prima fase di recupero della tradizione, ha sperimentato altre strade musicali, si definisce una cantautrice folk-rock.
Nel 1980 ha pubblicato il suo primo album da solista Sulla terra sulla luna in cui, poco più che ventenne, ha affrontato tematiche e sonorità più moderne iniziando la scalata verso un ruolo di prestigio nell’ambito della canzone d’autore nazionale. Nel 1982 ha pubblicato l’omonimo album Teresa De Sio che ha venduto oltre un milione di copie vendute restando per 25 settimane nei primi tre posti in classifica.
L’anno successivo ha pubblicato Tre, vendendo 800.000 copie. Nel 1983 ha partecipato al programma televisivo Fantastico cantando la sigla di coda O sole se ne va e tenuto il primo concerto dal vivo ripreso interamente dalla televisione nazionale.
Nel 1985 è uscito Africana, in collaborazione con Brian Eno, per la prima volta ha cantato in italiano abbracciando atmosfere più vicine al rock. L’anno successivo è tornata alla passione per la musica partenopea di fine Ottocento e inizio Novecento con l’album Toledo e regina.
Nel 1988 ha pubblicato un doppio album dal titolo Sindarella suite al cui interno è compresa una suite vera e propria dal titolo La storia vera di Lupita Mendera, musicata ancora una volta in collaborazione con Brian Eno e cantato con Piero Pelù. Nello stesso anno ha interpretato il brano La volpe nell’album La pianta del tè di Ivano Fossati.
Nel 1991 è uscito Ombre rosse, in cui hanno suonato musicisti da diversi paesi del mondo.
Con La mappa del nuovo mondo del 1993,  l’impegno e la tematica sociale sono entrati a far parte del suo mondo poetico in composizioni come Teresa stanca di guerra e Io non mi pento. Nel 1994 ha portato in giro lo spettacolo Parole e musica in cui dialogava e interagiva col pubblico. Nel 1995 ha registrato in presa diretta l’album Un libero cercare a cui hanno collaborato anche Fabrizio De André e Fiorella Mannoia.
Nel 1997 ha pubblicato il live Primo viene l’amore contenente straordinarie riletture dei suoi grandi successi oltre a tre inediti.
Il progetto La notte del Dio che balla del 1999 è un viaggio tra tradizione e tecnologia che l’ha portata ad avvicinarsi alla musica popolare pugliese e alla taranta da cui è nato CRAJ, spettacolo a metà tra musica e teatro circense che l’ha vista lavorare accanto a Giovanni Lindo Ferretti poi diventato un film che ha vinto il Premio “Lino Miccichè” per la miglior opera prima ha vinto alla 62ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Nel 2004 con A Sud! A Sud! è tornata a celebrare in forma ancora più compiuta la musicalità mediterranea.
L’album successivo Sacco e fuoco contiene storie di briganti e rivoluzione.
Il progetto Riddim a Sud contiene interpretazioni diverse della stessa musica eseguite da più persone a cui hanno partecipato anche Roy Paci, Raiz e Ginevra di Marco.
Nel 2009 ha pubblicato il suo primo romanzo Metti Il Diavolo A Ballare, noir ambientato nella Puglia del dopoguerra che ha vinto il premio Rapallo come migliore opera prima ed è diventato uno spettacolo che mescola musica e teatro.
Nel 2011 è stata la volta di Tutto cambia in cui spicca l’omonima versione in italiano del brano di Mercedes Soza e Na Strada Miezzo ‘o Mare rielaborazione in dialetto napoletano di Crêuza de mä di Fabrizio de André. Con questo disco è stata in tour fino al 2013, anno culminato con la collaborazione con Pino Daniele nei cinque storici concerti dal titolo Napule è tutta n’ata storia.
Nel 2015 è uscito il suo secondo romanzo L’Attentissima da cui è nato un reading musicale itinerante.
Due anni dopo ha pubblicato Teresa Canta Pino che contiene O’ Jammone, canzone scritta apposta per il caro amico e il più grande musicista napoletano di tutti i tempi.
Continuando a girare l’Italia diffondendo la sua musica ha prodotto Puro Desiderio, un mix di ritmi acustici che a tratti sfiorano l’elettronica spaziando in universi musicali diversi dal rock al pop d’autore diventando quasi lisergico e progressive, senza mai tradire la scrittura diretta ed evocativa di testi intimi e profondi.
La Brigantessa continua inarrestabile a portare in giro il suo stile unico che unisce la canzone napoletana popolare a sonorità jazz fusion, folk e suoni della world music, perseguendo un percorso artistico che rifugge la ricerca del successo facile trattando temi di denuncia sociale in assoluta libertà creativa.
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cinquecolonnemagazine · 5 months
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Diego Armando Maradona e i suoi gol più belli
Il 25 novembre 2020, la morte di Diego Armando Maradona lascia un vuoto incolmabile nel mondo dello sport e non solo. Diego Armando Maradona è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. La sua carriera è stata costellata di gol spettacolari, che hanno fatto innamorare i tifosi di tutto il mondo. Tra questi, ci sono cinque gol che sono considerati veri e propri capolavori? Proviamo a fare una lista (parziale) di alcuni di questi che hanno contribuito a rendere Maradona una leggenda del calcio. Diego Armando Maradona vs Hugo Gatti: "Gliene faccio 4, ricordatelo" “Maradona? Gran talento mi preoccupa però la sua tendenza a ingrassare. Tra qualche anno ci ritroveremo a parlare di un giocatore piccolo e grassottello”. A pronunciare questa frase fu Hugo Gatti, portiere argentino che nella sua carriera vanta oltre 700 presenze nel massimo campionato nazionale albiceleste. Un ventenne Maradona, quindi, ancora sottovalutato (o per meglio dire temuto) in patria si appresta ad affrontare il Boca Juniors nella giornata del 9 novembre 1980. Questo episodio, tra i primi della sua leggendaria carriera, fece capire fin da subito che non era il caso di provocare l'orgoglio e sminuire la classe di Maradona. Lo storico agente Jorge Cyterszpiler confidò che, una volta apprese le parole di Gatti, Maradona gli disse: “Avevo pensato di segnargli due gol. Dopo ciò che ha detto, gliene farò almeno quattro”. Promessa mantenuta. Prima un calcio di rigore, poi un fantascientifico gol su punizione defilata (sfruttando un pessimo posizionamento di Gatti), un pallonetto ed infine un gol all'incrocio su punizione diretta. La partita finì 5 a 3 per l'Argentinos Juniors e Gatti torno a casa con tutt'altro morale. La leggenda di Maradona inizia a farsi strada. https://www.youtube.com/watch?v=AfeaUc_Cw28 La tripletta contro la Lazio 24 febbraio 1985, prima stagione di Maradona con la maglia del Napoli. Gli azzurri ospitano la Lazio in quel dello Stadio San Paolo. L'arrivo del Pibe de Oro all'ombra del Vesuvio fa ancora scalpore ma la squadra alla fine della stagione 1984/1985 non andrà oltre l'ottavo posto finale. Quel pomeriggio, però, passerà alla storia. Le reti avverranno tutte nel secondo tempo e sono un crescendo di spettacolo e bellezza. Si parte con un colpo di testa nel quale Maradona approfitta del maldestro retropassaggio della difesa laziale verso il suo portiere. Il secondo è cineteca e storia: controllo sbagliato della difesa laziale, Orsi (portiere della Lazio) è fuori dai pali e Maradona decide di alzare il pallone verso la rete da distanza siderale e ci riesce perché la palla si insacca poco sotto l'incrocio dei pali. Il terzo gol è un altro capolavoro e lo realizza direttamente da calcio d'angolo. Apoteosi al Maradona e preludio di annate indimenticabili. https://www.youtube.com/watch?v=4SR9mJ-qckU "Tanto faccio gol comunque"... Calcio di punizione a due in area. Per i più giovani questo termine sembra essere uscito da qualche libro fantasy ma in realtà è una punizione prevista dal regolamento calcistico all'art. 12 ma al giorno d'oggi poco usata. Negli anni '80 però era diverso, altro calcio e altre circostanze. Perché abbiamo fatto questa premessa? Semplice, per parlare del gol su calcio di punizione a due in area più belle mai realizzato. 3 Novembre 1985, siamo nella stagione 1985/1986 ed allo Stadio San Paolo arriva la Juventus di Michel Platini forte di 8 vittorie nelle prime 8 giornate. Non è un caso se questa è da sempre la partita più sentita per Napoli ed i napoletani ma quella del novembre 1985 è a dir poco ostica. Siamo al minuto 28 del secondo tempo quando l'arbitro fischia un calcio di punizione a due in area. Cala il silenzio, alla battuta si presentano Eraldo Pecci e Maradona. Sarà l'ex Torino e Fiorentina a toccare il pallone per Diego che decide di calciare in porta nonostante una barriera furbamente troppo avanti. Poco importa visto che "Tanto faccio gol comunque" (questa la frase che Maradona disse al difensore napoletano Bruscolotti) e così fu. La palla si alza ed in maniera incredibile si abbassa entrando in porta con il portiere bianconero Tacconi che batté la faccia sul palo. Un altro capolavoro è servito. https://www.youtube.com/watch?v=KZnjHKuO_7A&pp=ygUobWFyYWRvbmEgdnMganV2ZW50dXMgY2FsY2lvIGRpIHB1bml6aW9uZQ Un pallonetto da centrocampo 20 Ottobre 1985 ed allo Stadio San Paolo arriva il Verona. I gialloblu hanno lo scudetto cucito sul petto dopo l'annata 1984-1985 conclusasi con l'unico scudetto vinto dal Verona. In quella partita, però, non ci sono campioni d'Italia che tengano perché il popolo azzurro ammira un'altra grande prodezza. Chi mai penserebbe di fare un pallonetto sulla fascia a distanza siderale dalla porta avversaria? Semplice, Diego Armando Maradona che al minuto 58 decide di fare prima due palleggi, alzarsi il pallone e creare un arcobaleno di rara bellezza che finisce in porta. Due palleggi, questo il tempo che a Maradona è servito per guadare il posizionamento degli avversari e infilarli con questo leggendario pallonetto. https://www.youtube.com/watch?v=Fm65T-vjdPw La Mano de Dios ed il gol del secolo Saremo poco fantasiosi ma non c'è nulla da fare: la Mano de Dios e il gol del secolo sono così leggendari che è impossibile non parlarne. Il 22 giugno 1986 è una data che ogni vero appassionato di calcio deve ricordare (più o meno come la data della caduta dell'Impero Romano quando andavamo a scuola) perché è il giorno del quarto di finale del mondiale di Messico 1986 tra Argentina e Inghilterra. Parlare dell'importanza socio-culturale di questa partita ci porterebbe via tanto tempo e andiamo (quindi) subito al sodo parlando dei due gol. Come può un gol essere ricordato per anni? Chiedetelo a Shilton, il portiere inglese di quel mondiale, che a distanza di anni ancora non si dà pace per quella Mano de Dios che al minuto 51 di gioco lo "trafisse". Un gol che ha tante interpretazioni che vanno bel oltre accuse o malelingue. È al minuto 55, però, che le proteste lasciarono spazio al calcio ed a un gol che sarebbe offensivo chiamarlo solo "leggendario". Dodici tocchi di sinistro partendo dal centrocampo fino alla porta inglese, 52 metri percorsi con 44 passi in 10 secondi e cinque difensori inglesi e il portiere Shilton saltati. Raccontarlo a parole non dà giustizia alla magnificenza di questo gol e proprio per questo motivo vi lasciamo al video con l'aggiunta del memorabile "relato" di Victor Hugo Morales: https://www.youtube.com/watch?v=DVzns_b7akM&t=15s D10S è immortale Raccontare tutti i gol più belli fatti da Maradona sarebbe compito impossibile da fare ma a 3 anni dalle sua morte abbiamo voluto ricordare il più grande calciatore di tutti i tempi grazie ai suoi gol. Le sue reti sono testimonianza indelebile di un calciatore e di un uomo che nella mente di tutti non morirà mai. Hasta Siempre, Diego. Foto di copetina: DepositPhotos Read the full article
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globmedia · 10 months
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Prison de Dschang
Fabien Tsafack mérite sa peine
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Interpellé puis écroué en prison depuis 1982, Fabien Tsafack avait été condamné à mort le 25 février 1985, accusé de vol aggravé.
Comme dans un film hollywoodien, l’affaire Tsafack s’est révélée au public.41 ans en prison, le feuilleton s’est répandu dans les médias et sur les réseaux comme une trainée de poudre. Au départ, une seule vérité se disait à ce sujet, Fabien Tsafack, natif du village Nzindeng dans le Groupement Foréké-Dschang, Département de la Menoua est écroué en prison depuis 1982 pour recel d’un poste radio, il y séjourne depuis 41 ans, sans aucune condamnation. Cette première version a laissé les camerounais interloqués. Certains se sont même interrogés sur le système judiciaire au Cameroun, une problématique qui continue d’être au centre des préoccupations. Après enquête, nous nous sommes rendus à l’évidence que le problème de Fabien Tsafack avait une partie immergée de l’iceberg. En réalité, Fabien est condamné à la peine de mort depuis 1985, une sentence prononcée au tribunal de grande instance de la Menoua. Les faits ayant conduit à cette condamnation se sont déroulés le 11 novembre 1983 dans un quartier de la ville de Dschang. Fabien porte atteinte à la fortune d'autrui dans plusieurs résidences, en soustrayant frauduleusement de nombreux objets parmi lesquels, le poste radio, des chaussures dames et hommes, des vêtements, des ustensiles de cuisine et une somme de 36 mille FCFA, sans doute d'une grande valeur. Des faits qui constituent un crime de vol aggravé et réprimé par le code pénal à cette époque. Âgée de 22 ans Fabien est placé en détention provisoire le 9 novembre 1984 et condamné à la peine de mort par fusillade le 25 février 1985. C’est plus tard en 2020 qu’il saisit le chef de l'État pour un recours gracieux, une demande qui suit son cour auprès des autorités compétentes.
Panisse Istral Fotso
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almanach2023 · 1 year
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Aujourd'hui, mercredi 15 mars, nous fêtons Sainte Louise Marillac.
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Aujourd'hui, mercredi 15 mars, nous fêtons Sainte Louise Marillac.
SAINT DU JOUR . Louise . Forme féminin de Louis. . Sainte-Louise-de-Marillac (1591-1660) Née à Paris, elle veut se faire religieuse. Son confesseur lui conseille néanmoins d'épouse en 1613 Antoine le Gras. Veuve en 1625, Louise se met au service de Saint Vincent de Paul et contribue à la fondation des « Soeurs de la charité ». Louise est la première supérieure des Soeurs de la Charité jusqu'à sa mort. Béatifiée en 1920, elle est canonisée en 1934 par Pie XI. . Les Louise passent souvent pour austères et quelque peu moralisatrices. C'est simplement qu'elles préfèrent, pour ne pas trahir la haute idée qu'elles se font d'elles, sacrifier leurs plaisirs pour se tourner vers les autres. Ainsi elles se dévouent aux faibles et aux déshérités et s'efforcent de tendre, par des élans désordonnés, à un idéal de justice et de réforme du monde et de la société. . Prénoms dérivés : Aloïsa, Eloisa, Héloïse, Louisette, Luise... Nous fêtons également les : Isa - Liam - Loeiz - Loeiza - Loeizig - Loïe - Lola - Loli - Lolita - Lossa - Louella - Louisa - Louise - Louise-Marie - Louisette - Louisiana - Louisiane - Lovisa - Ludovica - Luigina - Luisa - Saintin - Tranquille - Willi - Williamine - Williane - Zaïg Toutes les infos sur les Saints du jour https://tinyurl.com/wkzm328 FETE DU JOUR Quels sont les fêtes à souhaiter aujourd'hui ? [ Bonne fête ] . Louise Bourgoin, née Ariane Bourgoin, est une comédienne, mannequin et animatrice de télévision française . Louise Monot, actrice française . Louise Field, joueuse de tennis australienne, professionnelle du milieu des années 1980 à 1995. . Louise Bourgeois, sculptrice, dessinatrice, graveuse et plasticienne (31 mai 2010) Ils nous ont quittés un 15 mars : 15 mars 2009 : Ron Silver, acteur et réalisateur américain (2 juillet 1946) 15 mars 2006 : Jacques Legras, acteur français (25 octobre 1924) 15 mars 2004 : John Pople, chimiste britannique, Prix Nobel de chimie 1998 (31 octobre 1925) 15 mars 1981 : René Clair, cinéaste et écrivain français (11 novembre 1898) Ils sont nés le 15 mars : 15 mars 1985 : Kellan Lutz, né Kellan Christopher Lutz, acteur américain de films et téléfilms 15 mars 1983 : Sean Biggerstaff, acteur écossais 15 mars 1981 : Brice Guyart, escrimeur (fleuretiste) français 15 mars 1975 : Eva Longoria, actrice 15 mars 1968 : Sabrina, chanteuse 15 mars 1962 : Terence Trent d'Arby, chanteur 15 mars 1953 : Christian Lopez, footballeur Toutes les naissances du jour https://tinyurl.com/msmk5e22 Fêtes, Célébrations, événements du jour 15 mars : Journée internationale de lutte contre l’islamophobie (A/RES/76/254) (ONU) 15 mars : Journée mondiale du travail social (JM) 15 mars : Journée Internationale des droits des consommateurs (JM) CITATION DU JOUR Citation du jour : Le plus souvent les bêtises se disent à pleine voix.. Jean Dolent. Citation du jour : La fleur a pour seul vêtement sa beauté. Jean pierre Szymaniak Toutes les citations du jour https://tinyurl.com/payaj4pz Petite histoire... digne d'un caramel... P'tite #blague du #mercredi Comment dit-on se déshabiller en japonais ? Takatoukité (t'as qu'à tout quitter). P'tite #blague du #mercredi Un petit fakir arrive en retard à l'école : Je suis désolé maîtresse, mais je me suis endormi sur un passage clouté. Petit clin d'oeil sur le jardin : C'est peut-être le moment... De nettoyer les planches de fraisiers. De vider et de nettoyer, si nécessaire, les bassins maçonnés. Nous sommes le 74ème jour de l'année il reste 291 jours avant le 31 décembre. Semaine 11. Beau mercredi à tous. Source : https://www.almanach-jour.com/almanach/index.php
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lignes2frappe · 1 year
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« ENTER THE WU-TANG (36 CHAMBERS) » : LA PALESTINE, LE KUNG-FU ET LE COMMANDANT COUSTEAU
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Mais quelle aventure que de (ré)écouter Enter the Wu-Tang (36 Chambers) !
Quand les neuf pirates de Staten Island ont pris le game par surprise le 9 novembre 1993, ils ont non seulement révolutionné la manière dont sonnait le rap, la manière dont se conduisaient les affaires dans le rap, mais aussi ce dont on parlait dans le rap.
Brassant un cocktail de références inédites, leurs textes formaient une sorte de pot-pourri de la culture bis.
Petit cours de décryptage de cet univers pas comme les autres.
La 36ème chambre de Shaolin
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La Ref’ ? : Le titre de l’album, Enter the Wu-Tang (36 Chambers)
Le premier film de la trilogie phare de la Shaw Brothers, le studio de cinéma hongkongais culte spécialisé dans les arts martiaux.
Sorti en 1978, il conte l’histoire de Liu Yu-te (Gordon Liu, l’acteur qui 25 ans plus tard interprétera à la fois le vieux maître Pai Mei et le chef de gang Johnny Mo dans Kill Bill de Quentin Tarantino), un fils de poissonnier désireux de s’initier au kung-fu afin de résister à l’envahisseur mandchou dans la Chine du 17ème siècle.
Il se convertit alors au bouddhisme et devient moine, seule façon d’intégrer le temple Shaolin, dont les fameuses 35 chambres d’entraînement permettent chacune de développer un talent spécifique (l’équilibre, la force des jambes, l’agilité des yeux, le maniement du sabre…).
Élève particulièrement doué, une fois ses cinq années d'initiation terminées, Liu Yu-te se voit proposer de prendre la tête de la chambre de son choix… ce qu’il refuse, préférant créer une 36eme chambre destinée aux laïcs.
Outre le fait d’avoir vu ce long métrage « 300 fois », RZA n’a jamais caché « la profonde influence de la Shaw Brothers » sur son travail et celui de ses pairs.
« Au sein du Wu-Tang, nous nous identifions aux villageois chinois luttant contre l’oppression mandchoue. Cela faisait écho à nos quotidiens de jeunes noirs dans une banlieue américaine. Nous aimions y voir un message universel : une détermination sans faille pouvait nous conduire à la victoire, peu importe les circonstances. »
Shaolin versus Wu Tang
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La Ref’ ? : Les extraits de dialogue entendus dans Bring Da Ruckus, Da Mystery of Chessboxin’, Wu-Tang: 7th Chamber, Clan in Da Front, Conclusion et Method Man (Remix)
Gordon Liu toujours, ce long métrage qu’il a réalisé en 1983 met en scène l’affrontement entre deux écoles d’arts martiaux rivales : Shaolin et le Wu Tang – « Wu Tong » en français, « Wu Dang » en mandarin.
Tout simplement, le film préféré de RZA.
« ‘Mystery of Chess Boxing’ a longtemps été mon numéro un. Et puis ‘Shaolin versus Wu Tang’ est sorti et a complètement changé ma perception des arts martiaux. À ce jour, c’est toujours mon film préféré, à égalité avec ‘Les Huit Diagrammes de Wu-Lang’. »
Précisons si besoin est que, si le Wu-Tang s’appelle le Wu-Tang, c’est dû à Shaolin versus Wu Tang.
« Des deux clans, c’est pour moi le Wu Tang qui avait le meilleur style en combat de sabres. La langue étant une forme de sabre et nos lyrics étant les meilleurs, nous étions de ce fait le Wu Tang. »
L’Organisation de libération de la Palestine
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La Ref’ ? : « P.L.O. style, hazardous, ’cause I wreck this dangerous » de Ghostface Killah sur Bring da Ruckus
Organisation politique paramilitaire fondée en 1964, l’O.L.P. se veut à ses débuts un mouvement de révolte. Suite à la débâcle des armées arabes lors de la guerre des Six Jours de 1976, elle se mue sous l’impulsion de Yasser Arafat en groupe terroriste (8 000 attaques perpétrées de 1969 à 1985, 650 morts israéliens).
L’O.L.P. fait toutefois évoluer sa stratégie dans les années 80, d’une part en abandonnant publiquement la lutte armée, et de l’autre, en reconnaissant le droit d’Israël à vivre « en paix et en sécurité ».
Interlocuteur privilégié de la communauté internationale à compter de ce tournant, l’O.L.P. n’en conserve pas moins une odeur de soufre aux États-Unis, à tel point que RZA est revenu sur cette rime dix ans plus tard dans son Manuel du Wu-Tang publié en 2004.
« Nous ne supportions pas le terrorisme. Nous aimions leur style de guérilleros. Les mitraillettes, les cagoules, les bandanas… »
À sa décharge, Ghostface a longtemps porté le keffieh comme personne.
Steven Seagal dans Justice Sauvage
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La Ref’ ? : « I’m kickin’ like Seagal: Out for Justice » d’Inspectah Deck sur Bring da Ruckus
Croyez-le ou non, mais l’ami Steven n’a pas toujours été cette baderne prétentieuse star de série Z de treizième zone. Tenez-vous bien, il fut un temps, au début des années 90, où il était ce svelte jeune premier au cheveu lisse et huilé promis à la A list hollywoodienne.
Tourné entre Nico et Piège en haute mer, Justice Sauvage le voyait endosser le rôle de l’éternel flic en butte avec sa hiérarchie devant venger la mort de son coéquipier. Considéré comme un sommet de sa filmographie (ce qui équivaut à un actionner nanardesque mais sans plus), il a marqué les esprits des seagalophiles par l’usage répété de coups de pieds de la part Christ, là où traditionnellement ce dernier était plus enclin au cassage de bras – ce que le Rebel INS relève ici astucieusement en jouant du double sens du mot « kick » en anglais.
Thelonious Monk
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La Ref’ ? : Clan in Da Front qui sample Ba-Lue Bolivar Ba-Lues-Are, Shame on a Nigga qui sample Black and Tan Fantasy
Pianiste jazz de génie, il passe avec Charlie Parker et Dizzy Gillespie pour l’un des pères fondateurs du be-bop, cette forme de jazz au tempo rapide qui se caractérise par son aspect désordonné.
Reconnaissable pour son style de jeu bien à lui (dissonance harmonique, discontinuité rythmique…), Thelonious Monk a pendant la première partie de sa carrière été relativement incompris, d’autant plus que pour ne rien arranger, sa personnalité, mélange d’excentricité et d’introversion, était délicate à saisir.
Très populaire chez les rappeurs, il a notamment été samplé par DJ Premier, Madlib et Skee-Lo.
Du côté de Shaolin, outre Enter the Wu-Tang, Monk peut être entendu sur la toute première démo du groupe, Cuttin Headz, ainsi que sur le morceau du même nom d’Ol’Dirty Bastard sorti en 1995.
La Nike Air Flight 89
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La Ref’ ? : « I kick it like a Nike Flight » de Raekwon sur Wu-Tang: 7th Chamber
Commercialisé en 1989, si elle ressemble comme deux gouttes d’eau à la Air Jordan IV sortie quelques mois plus tôt, ce n’est absolument pas une coïncidence : Nike, qui depuis toujours a pour habitude de recycler les éléments de ses modèles à succès, a ici dupliqué sa silhouette, sa semelle et sa bulle d’air.
Tout comme sa grande sœur, la Air Flight est rapidement devenue un hit, se faisant voir aux pieds des rappeurs (Dr. Dre tape la pose avec, les EPMD la portent sur la pochette de leur album Unfinished Business…) et sur les parquets de la NBA (Scottie Pippen, Charles Barkley, Chris Mullin, Shawn Kemp, Reggie Miller…).
Très régulièrement rééditée dans sa version haute comme dans sa version basse, elle pâtit néanmoins de l’aura de l’AJ IV, faisant plus figure de modèle de substitution qu’autre chose pour qui a manqué la raffle.
La tribu perdue de Shabazz
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La Ref’ ? : « My rap style has the force to leave ya lost like the Tribe of Shabazz » d’Inspectah Deck sur Wu-Tang: 7th Chamber
Les textes de Enter the Wu-Tang sont parsemés de références à la doctrine des Five Percenters, cette organisation née dans les années 60 d’une scission avec la Nation of Islam dont la plupart des membres du groupe sont adeptes.
C’est par exemple U-God sur Da Mystery of Chessboxin’ qui enjoint « les diables blancs » à regagner sans ménagement les montagnes du Caucase, ou Inspectah Deck qui évoque ici l’un des mythes développés par Wallace Fard Muhammad et Elijah Muhammad, les fondateurs de la N.O.I..
Auteurs d’une relecture de l’histoire à lueur d’un mélange d’islam et d’afrocentrisme de bandes dessinées, ces derniers avancent que l’humanité descend de treize tribus originelles, toutes composées d’hommes noirs apparus il y a 66 millions d’années – avant ça, il y avait les dinosaures la Terre et la Lune ne formaient qu’une seule entité.
Shabazz, scientifique autoproclamé et chef de ladite tribu, aurait ensuite décidé de s’installer avec les siens en Afrique centrale afin de se frotter à l’inimité du climat et créer une race supérieure (?!).
Bref, vous l’aurez compris, à moins d’être une bille en météorologie et amateur de complotisme pour les nuls, ce folklore prête au mieux à sourire.
Le Thrilla in Manilla
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La Ref’ ? : « C’était moi le thriller entre Ali et Frazier à Manille » de GZA sur Wu-Tang: 7th Chamber
Peut-être le combat le plus brutal de l’histoire de la boxe.
Après s’être précédemment affronté deux reprises (une victoire chacun), Mohammed Ali, 33 ans, et Joe Frazier, 31 ans, se retrouvent à l’Araneta Coliseum de Quezón City aux Philippines, le 1er octobre 1975 à 10 heures du matin heure locale.
Sous une température qui avoisine les 50 degrés (!), les deux hommes se livrent alors à une guerre d’une violence et d’une intensité telles qu’Ali confiera qu’il s’est ce jour-là « approché au plus près de la mort ».
Dominé à l’entame du combat, Frazier lui a en effet décroché « des crochets du gauche à faire tomber les murs de la ville ».
À l’entame du dixième round, Ali réussit néanmoins à trouver la parade pour se dégager des cordes. Maintenant Frazier à distance, il le bombarde ensuite tellement de gnons au visage que ses arcades gonflent au point de l’aveugler.
C’est ainsi qu’au quatorzième round, l’entraîneur de ‘Smokin’ Joe’, Eddie Futch, décide contre l’avis de son poulain d’arrêter le combat pour le sauver de séquelles irrémédiables.
« C’est terminé. Personne n’oubliera jamais ce que tu as accompli aujourd’hui » lui glisse-t-il alors à l’oreille.
Couverts d’une gloire qui ne se dément pas depuis plus de quarante ans, Ali et Frazier en ont payé le prix fort, eux qui, aussi bien physiquement que mentalement, n’ont plus jamais été les mêmes après le Thrilla à Manilla.
Le constructeur automobile japonais Lexus
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La Ref’ ? : Raekwon qui rappe « Rap from, yo, Cali to Texas/Smoother than a Lexus » sur Shame on a Nigga, Raekwon qui rappe devant une LS 400 dans le clip de Can It Be All So Simple
Presque inconnue dans nos contrées, cette marque filiale de Toyota née en 1989 s’est très vite imposé sur le marché nord-américain des berlines premium, son modèle GS allant même jusqu’à concurrencer les sportives allemandes BMW et Mercedes sur le terrain de l’ostentation – Biggie et 2Pac en avaient fait l’une de leur caisse de prédilection.
Toute première voiture commercialisée par Lexus, la LS 400 a quant à elle nécessité la participation 60 designers, 1 400 ingénieurs et 2 300 techniciens, coûté un milliard de dollars et entraîné la création de 450 prototypes.
Fiable, confortable et silencieuse, elle a très vite rencontré un joli succès grâce à son prix de vente particulièrement attractif : 38 000 petits dollars, là où une BMW 735i en coûte 55 000 et une Mercedes 420 SEL 68 000.
[Ça, plus son caméo dans Street Fighter 2.]
Toujours en production à l’heure actuelle, elle en est depuis 2017 à sa cinquième génération.
Le commandant Cousteau
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La Ref’ ? : « Mon flow est tellement profond que même Jacques Cousteau ne peut pas descendre aussi bas » de ODB sur Da Mystery of Chessboxin’
Celle-là, il fallait la voir venir.
Le Sal’Vieux Bâtard est-il tombé sur Le Monde du silence qui en 1956 a remporté la Palme d’Or, avant d’être couronné l’année suivante meilleur film aux Oscars ? Ou a-t-il repris la rime de Biz Markie sur We Writre Songs en 1988 (« Now I’ma get deep like Jacques Cousteau ») ?
Personne n’en saura jamais rien.
Longtemps symbole de l’explorateur voguant sur les flots pour prévenir les foules du péril écologique, Jacques-Yves Cousteau a vu son héritage révisé à la baisse depuis quelques années.
En cause, son film Le Monde du silence justement, qui propose une vision toute particulière de l’écologie : la fine équipe de la Calypso y est vue surfer sur une tortue marine, achever un requin à coup de pelle, tirer au fusil sur des cachalots blessés par l’hélice du bateau, ou encore faire exploser à la dynamite un tronçon de corail (!).
Ça, et puis le financement de ses expéditions par des industriels et des compagnies pétrolières, sa complaisance à l’égard des essais nucléaires français dans le Pacifique ou son passé par forcément très net sous l’Occupation.
Évidemment, dans une époque qui ne rate jamais une occasion de juger le passé, cela fait tâche.
À la décharge du commandant au bonnet rouge, on lui doit malgré tout d’avoir été l’un des premiers à sensibiliser le grand public à la protection des fonds marins.
Le jeu d’échecs
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La Ref’ ? : La citation « Une partie d’échec est comme un combat de sabres, il est nécessaire de penser avant d’agir » qui ouvre Da Mystery of Chessboxin’
Sérieux, quand il s’agit de dropper du knowledge, personne n’arrive à la cheville du Wu.
Et le clip de Da Mystery of Chessboxin’ est au diapason, mettant en scène nos Killa Beez sur un échiquier grandeur nature.
Dr. Doom
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La Ref’ ? : « Yo, there’s no place to hide once I step inside the room/Dr. Doom, prepare for the boom » de RZA sur Wu-Tang Clan Ain’t Nuthing ta Fuck Wit
Parce qu’il n’y a pas que le kung-fu et les 5% dans la vie, les textes du Wu-Tang puisent également leur inspiration dans les comic books de chez Marvel.
Juillet 1962, cinquième numéro des Quatre Fantastiques. Un méchant recouvert d’une combinaison de fer capture la Torche humaine, la Chose et Monsieur Fantastique, et parvient à les priver de leurs pouvoirs.
Son nom ? Victor Von Fatalis, alias Dr. Doom (Docteur Fatalis en VF).
Monarque de Latvérie, un pays frontalier de la Sokovie, il est doté d’une intelligence sans commune mesure (scientifique de génie, il s’est créé une armée de cyborgs à son image, les Fatalibots) qu’il combine à des dons de sorcellerie glanés auprès de moines tibétains (genre transférer son esprit), ainsi qu’à une force surhumaine.
Super villain iconique s’il en est, son retour sur grand écran est imminent depuis que le MCU s’est payé les droits des Quatre Fantastiques.
Ne reste plus qu’à croiser les doigts bien fort pour que les débâcles de 2005 et 2015 ne se reproduisent pas, d’autant que certaines rumeurs prédisent que Doom pourrait être le Thanos de la phase 6.
Mary Poppins
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La Ref’ ? : Le « Chim-chimney, chim-chim, cher-ee » de Method Man sur Method Man
Parce que le Wu-Tang c’est pour le monde, et même « pour les enfants », quoi de plus naturel pour l’homme de la méthode que de détourner le célèbre gimmick « Chim Chim Cher-ee » de la comédie musicale de 1964 ?
Notez qu’au couplet précédent il en a fait de même en transformant le « Bow-wow-wow-yippie-yo-yippie-yeah » de George Clinton en « Yippy-yippy-yay, yippy-yah, yippy-yo ».
Publié initialement sur Booska-p.com le 6 janvier 2023.
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clamarcap · 1 year
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Mishima secondo Glass
Philip Glass (1937): Mishima, musiche per il film omonimo di Paul Schrader (1985), imperniato sulla figura dello scrittore giapponese Yukio Mishima (1925 - 25 novembre 1970). Artisti vari, dir. Michael Riesman; con la partecipazione del Kronos Quartet. Mishima / Opening November 25: Morning [2:47] 1934: Grandmother & Kimitake [6:58] Temple Of The Golden Pavilion (Like Some Enormous Music)…
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beatlesonline-blog · 1 year
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musicletter · 2 years
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«Eri con me», l'album di Alice con sedici canzoni di Franco Battiato
Il 25 novembre 2022 uscirà in Eri con me, l’album di Alice contenente sedici canzoni di Franco Battiato, registrato in studio con Carlo Guaitoli (pianoforte, direzione) e i Solisti Filarmonici Italiani. Questo progetto vede le sue radici nella collaborazione artistica tra Alice e Franco Battiato iniziata nel 1980 con il singolo  e l’album Capo Nord.  Con Gioielli rubati del 1985, per la prima…
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veryhottub-blog · 4 years
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Nous l'avons tant aimé 😢😢😢 Au revoir à notre "Beau Bizarre" aujourd'hui c'est "Comm'si la terre penchait" dans un "Les Vestiges du chaos" Christophe ne nous dira plus jamais " Des mots bleus Les mots qu'on dit avec les yeux" Il a tiré sa dernière révérence à notre monde pour retrouver espérons-le un bien Monde meilleur 🙏🙏🙏 Quelle tristesse cette sale période 😢Sincères Condoléances à sa Familles et à ses Amis et Paix à son âme 😢 maintenant qu’il retrouve le Paradis des Saltimbanques où tous ses prestigieux prédécesseurs l’attendent avec une mélodie du bonheur infini C'était Christophe : Monsieur Daniel Bevilacqua, dit Christophe, né le 13 octobre 1945 à Juvisy-sur-Orge et nous a quittés le 16 avril 2020 à Brest, Christophe descend d'immigrés italiens originaires du Frioul. En 1891, son arrière-grand-père, le maçon-fumiste Baptiste Bevilacqua, s'installe à Juvisy et fait venir de nombreux compatriotes pour travailler dans l'entreprise familiale1. Plusieurs décennies après, le père de Christophe, Georges Jacques Bevilacqua, tient une entreprise d'installation de chauffage central — qui prospère assez pour s'étendre à la vente d'électroménager —, tandis que la mère est couturière2. Vers l'âge de 8 ans, Édith Piaf et Gilbert Bécaud sont ses premières idoles, puis il découvre le blues, Robert Johnson et John Lee Hooker. Fasciné très jeune par l'American way of life, tel qu'il est dépeint dans les films qu'il va souvent voir au cinéma.À la fin des années 1950, comme bien des jeunes de sa génération (celle du baby boom de l'après-guerre), il est marqué par Elvis Presley et James Dean, tout en développant une passion sincère pour le rock des pionniers de la maison Sun et le blues (il reconnaîtra avoir également été influencé par Georges Brassens). Ayant trouvé sa vocation, il apprend la guitare et l'harmonica. En 1961, il fonde Danny Baby et les Hooligans (« Danny » étant une référence à son prénom Daniel) un groupe amateur. Il chante le plus souvent en yaourt (du faux anglais) tout en s'accompagnant à la guitare et toujours en play-back car il n'aime pas apprendre par cœur. Au début des années 1970, sa popularité fléchit pendant une courte période, durant laquelle il se laisse pousser une moustache qui, avec sa longue chevelure blonde, signera son image de latin lover. En 1971, Francis Dreyfus crée le label Les Disques Motors où vont sortir désormais les albums de Christophe. Il revient dans les classements avec respectivement Mal et Mes Passagères, la même année, et Oh mon Amour, Main dans la main, Belle et Rock Monsieur en 1972. Le déclic se produit à nouveau pour Christophe lorsque son producteur Francis Dreyfus lui adjoint les services du jeune parolier Jean Michel Jarre, avec qui il écrit l'album Les Paradis perdus6, très influencé par le rock anglo-saxon de l'époque (Pink Floyd, Lou Reed). Le succès est à nouveau au rendez-vous, la réussite de leur association concrétisée, en 1974, par l'album Les Mots bleus ainsi que le 45 tours de la chanson titre, un des sommets de la carrière de Christophe, qui lui permet de renouveler son public. Il se produit alors à l'Olympia pour deux soirs à guichets fermés. Dans un moment de dépression, il tombe pour une courte période dans la drogue[réf. nécessaire]. En 1976 il collabore avec Boris Bergman pour Samourai, qui contient la chanson Merci John d'être venu dédiée à John Lennon. En 1978, il publie l'album Le Beau Bizarre, aux textes signés de Bob Decout, qui n'a pas le succès des précédents mais lui vaut les louanges de la critique. C'est un album résolument pop-rock, que Libération place parmi les cent meilleurs albums de l'histoire du rock 'n' roll. En 1980 il collabore avec son beau-frère Alan Z Kan pour Pas vu, pas pris et, à la demande de son épouse Véronique, Christophe ressort le 45 tours Aline : la réédition dépasse alors le million de copies en France.En 1983, son troisième plus gros succès en simple est à nouveau une ballade, Succès Fou, dont il vend quelque 600 000 copies et qui achève de le cataloguer comme chanteur pour midinettes. En 1984 il sort Voix sans issue en yaourt. Christophe se consacre aussi dans les années 1980 à débattre sur les plateaux télé contre le fléau de la faim dans le monde, montrant qu’il est aussi un homme d’engagement. Par la suite, son rythme de travail se ralentit : il compose la musique du premier tube de Corynne Charby, Boule de flipper8. Il publie un album d'adaptations de standards anglo-saxons des années 1940-1950 (Clichés d'amour), des 45 tours (Ne raccroche pas en 1985, qui se veut un clin-d'œil à l'adresse de la jeune Stéphanie de Monaco), mais ne fait plus de scène.Il se consacre alors essentiellement à ses collections de juke-boxes, de disques rares et de grands films — sa cinéphilie était bien connue du directeur de la Cinémathèque française, Henri Langlois, à qui il prêta une copie originale de La Strada de Federico Fellini. Mélomane averti, il se tient toujours au courant des dernières nouveautés, afin notamment d'actualiser sa propre musique. Perfectionniste jusqu'à la maniaquerie, il peut passer un an à travailler sur le son d'une partie de batterie.Après un 45 tours passé à peu près inaperçu Chiqué chiqué en 1988, Christophe change de maison de disques en 1995. De Motors, il passe chez Epic, une division de Sony9.En 1996, il publie Bevilacqua, un album ambitieux qui ne fera guère parler de lui où on l'entend en duo avec son idole Alan Vega du groupe américain Suicide.Véritable disque d'ambiance, Bevilacqua surprend par sa modernité : Christophe ne ressemble plus au dandy crooner des années 1970. Il a travaillé durant plusieurs mois sur l'album dans le studio installé chez lui.Cinq ans plus tard, le 5 juin 2001, l'album d'avant-garde Comme si la terre penchait, produit par Philippe Paradis, connaît un meilleur accueil, même si on est encore loin des résultats de vente passés.Il annonce alors son retour sur scène (où il ne s'était pas produit depuis 26 ans) et donne une série de concerts à l'Olympia.Il a fait appel à des éclairagistes du théâtre et de la danse pour mettre en valeur son spectacle. Il chante, assis sur un tabouret, la lumière centrée sur lui, pendant que des danseurs se produisent sur une chorégraphie de Marie-Claude Pietragalla, des images de rock'n'roll sont projetées sur le décor. Les CD et DVD Christophe: Olympia 2002 paraissent l'année suivante. En 2004, il chante en duo avec Alain Bashung sur la scène de l'Élysée Montmartre Les Mots bleus et Amsterdam. En mars 2005, sur la scène de l'Opéra-Comique il reprend la chanson Hollywood de Brigitte Fontaine composée par Areski Belkacem.En 2007, Christophe chante L'un dans l'autre sur l'album Arkhangelsk du trompettiste Erik Truffaz, morceau dont il a écrit les paroles10. Le 30 juin 2008, il sort, chez AZ, Aimer ce que nous sommes : une œuvre large sur laquelle il travaille depuis 2004. Plusieurs artistes, comme Isabelle Adjani, Daniel Filipacchi, Florian Zeller, Murcof, Jac Berrocal, Carmine Appice et son ancien producteur Francis Dreyfus, ont collaboré à cet album, enregistré essentiellement de nuit, entre Paris, Séville, Londres et réalisé par Christophe Van Huffel (du groupe Tanger). En 2009, il donne un concert spectacle dans le parc du château de Versailles, avec Carmine Appice à la batterie. À la fin de cette année, il entame la tournée Aimer ce que nous sommes.En 2011, il participe à l'album de reprises de chansons d'Alain Bashung Tels Alain Bashung en interprétant de manière remarquée Alcaline et reprend en duo avec Brigitte Fontaine Hollywood sur l'album L'un n'empêche pas l'autre. Il ressort cette même année l'album Bevilacqua Dans le cadre de la tournée « Aimer ce que nous sommes », qui a déjà emmené Christophe dans toute la France, en Suisse, en Belgique et au Liban, le 18 juin 2011, il revient dans sa ville natale, Juvisy-sur-Orge, où il se produit pour un spectacle de trois heures et demie devant près de trois mille personnes En octobre 2011, il est invité par Julien Doré sur la scène de l'Olympia13,[source insuffisante] et, en novembre, il chante en duo Boby avec Loane.Après une tournée de plus de cent dates, début 2013, Christophe choisit de donner sept concerts en France, sous le titre Intime Tour, avec une formation épurée (piano, synthés, guitare). Le 18 mars 2013, Christophe sort un album d'inédits Paradis retrouvé (BMG), à cette occasion, le journaliste Bayon considère qu'en tant que « yéyé minet rockab electro dandy beauf bouliste à pin-up, Christophe serait ce chaînon manquant elvisien entre Adamo et Vega via Juvet À la suite du succès des premiers concerts de l'Intime Tour, la tournée se poursuit en France et à l'étranger, donnant lieu, le 31 mars 2014, à la sortie de l'album Intime En 2016 il collabore avec Jean-Michel Jarre à l'occasion de l'album Electronica 2: The Heart of Noise pour le morceau Walking The Mile. Christophe sort un nouvel album le 8 avril 2016, Les Vestiges du chaos, qui reçoit un accueil critique enthousiaste. L'album comprend un duo avec Alan Vega, l'une des idoles du chanteur[réf. nécessaire]. En 2019, Christophe est invité par les curateurs Martin Widmer et Marie Villemin du centre d'art de Neuchâtel (CAN) en Suisse à mettre en musique des entretiens qu'ils ont réalisés et montés de l'artiste Suisse Olivier Mosset. Pendant plus d'une année Christophe et Martin Widmer collaborent sur la réalisation de ce morceau qui sortira finalement sous forme d'un maxi 45t en juin 2019. Ce disque étonnant et inclassable restera comme l'une des publications les plus originales mêlant musique et art contemporain. Quelques mois plus tard, à l'occasion du vernissage de la grand rétrospective d'Olivier Mosset au MAMCO de Genève le 25 février 2020, son curateur Paul Bernard invite Martin Widmer a penser avec Christophe le projet de la version live du disque
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brancowitz · 4 years
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Phoenix Les Inrocks Full Interview
hello phoenix reader who submitted this!!! I am so sorry this is late but thank you so much for sending this in! (i never got notified of this submission). You are the best 💘💘💘 Merci 💖 (I’ll put an english translated version via google translate in the read more at the end of the article).  
A la faveur de Liberté, égalité, Phoenix !, un beau livre retraçant leur carrière en textes et en images, conversation au long cours avec le quatuor versaillais éparpillé entre Paris, New York et Rome. Un retour sur “la fidélité à certains idéaux”.
Meilleur-groupe-français-du-monde, Phoenix était de passage à Paris en novembre, à la fois pour honorer une signature publique de son beau livre rétrospectif Liberté, égalité, Phoenix ! et pour avancer sur un septième album attendu pour 2020. Foudroyé par la mort accidentelle avant l’été de leur ami et producteur Philippe Zdar, auquel l’ouvrage est naturellement dédié, le quatuor versaillais a retrouvé son antre de la Gaîté Lyrique, où avait été ébauché l’italianisant Ti Amo (2017), pour peaufiner le premier morceau du disque, qui devrait d’abord figurer sur la bande-son du prochain film de Sofia Coppola.
Thomas Mars vivant avec elle à New York et Laurent Brancowitz étant expatrié à Rome, les occasions sont désormais rares de réunir les quatre amis d’enfance dans la capitale française, qui reste leur point d’ancrage et la ville d'origine de leur inattendue success story. On se souvient encore de leur concert mémorable à La Cigale le 25 mai 2009, jour de la sortie de Wolfgang Amadeus Phoenix, dont personne n’imaginait le succès international et la manière dont Phoenix allait enfin basculer dans un autre monde après n’avoir rien lâché pendant une décennie depuis le trop souvent mésestimé United (2000).
Totalement inchangés, toujours aussi décontractés, modestes et pince-sans-rire, Thomas Mars, Laurent Brancowitz, Deck d’Arcy et Christian Mazzalai se confessent longuement sur leur carrière XXL. Et si Phoenix reste ce pacte indéfectible et mystérieux, il nous tarde déjà de savoir comment ce groupe passionnant va basculer artistiquement dans sa quatrième décennie.
Quelle est la genèse de votre livre rétrospectif Liberté, égalité, Phoenix !, paru le 15 octobre chez Rizzoli ?
Thomas Mars — Avant Instagram, Christian avait réalisé des photos au format carré pendant la tournée de Wolfgang Amadeus Phoenix (2009). En tombant dessus, Jacob Lehman, éditeur chez Rizzoli à New York, nous avait proposé de les rassembler dans un livre, mais le moment était mal choisi, entre les concerts et les enregistrements.
Plusieurs choses ont précipité la mise en œuvre du livre : mes parents ont vendu leur maison à Versailles, où se trouvait le studio au sous-sol où nous répétions au début de Phoenix, et ensuite nous nous sommes fait dérober plein d’instruments stockés dans un local à Paris. Soudain, nous n’avions plus de traces du passé du groupe, à part des images et des photos. Alors on a imaginé ce livre comme un catalogue raisonné.
Laurent Brancowitz — Pour la narration, on s’est inspirés du formidable livre Please Kill Me (1996), anthologie du punk américain qui se présente sous la forme d’une conversation ininterrompue et hilarante entre ses différents protagonistes. A sa lecture, on a compris qu’on pourrait peut-être raconter l’histoire de Phoenix de manière aussi ludique et vivante.
La parution du livre coïncide symboliquement avec deux dates anniversaires : les 20 ans du maxi Heatwave et les 10 ans du quatrième album Wolfgang Amadeus Phoenix, couronné d’un Grammy Award.
Laurent Brancowitz — C’est une équipe de marketeurs qui a mûrement réfléchi à la stratégie de lancement (rires).
Le titre de Liberté, égalité, Phoenix ! résume parfaitement la fraternité indéfectible qui vous unit depuis trois décennies.
Laurent Brancowitz — Bien sûr, c’est aussi un hommage à Liberté, égalité, choucroute (1985) de Claude Zidi.
Thomas Mars — Ce film était déjà l’une de nos références à l’époque de Wolfgang Amadeus Phoenix. Nous aimons bien nous réapproprier des symboles de l’imaginaire collectif.
“L’idée du livre était moins de se plonger dans les archives que de tourner la page” Laurent Brancowitz
En vous replongeant dans ces archives et autres souvenirs, y a-t-il une photo, une rencontre ou un moment particulier qui était sorti de votre mémoire ?
Laurent Brancowitz — L’idée du livre était moins de se plonger dans les archives que de tourner la page. On avait ces malles qui se remplissaient d’un tas de livres et qu’il fallait évacuer à tout prix. Désormais, on peut tout jeter à la benne (sourire).
Christian Mazzalai — On a retrouvé quelques petits trésors, comme cette Carte Orange de mon frère illustrée avec la photo d’Elvis Presley.
Thomas Mars — Laura Snapes, l’auteure du livre, a souhaité nous interroger séparément. On a donc découvert l'ensemble des témoignages en lisant respectivement le bouquin. Je pensais qu’il y aurait davantage d’erreurs ou de différences d’appréciation entre nous.
Laurent Brancowitz — J’espérais secrètement qu’on retrouve l’ambiance Rashômon (1952) de Kurosawa, où la même histoire est narrée par plusieurs personnages et dont les versions se contredisent. Finalement, je suis presque un peu déçu que l’on soit autant sur la même longueur d’onde (sourire). On espère que le message global dépasse la somme de nos destinées individuelles et évoque l’amitié, la fidélité à certains idéaux.
La loyauté, pour reprendre le nom de votre label…
Thomas Mars — Ce sont des valeurs que l’on ne parvient jamais à exprimer hors de nos frontières, notamment en Angleterre. Les Anglais sont toujours dans le conflit, ils ne voient pas la beauté de l’harmonie dans un groupe. La seule référence que l’on nous sort à l’étranger, ce sont les Monkees.
Avez-vous parfois eu le vertige en remontant ainsi le fil de votre parcours ?
Laurent Brancowitz — Non, parce que nous ne sommes pas très nostalgiques de nature et que nous vivons ensemble depuis tant d’années. Avec Deck, nous nous sommes connus à l’école primaire ! Nous partageons donc les mêmes souvenirs depuis l’enfance. Au point de nous souvenir encore de nos profs. Entre nous, nous ressassons et rabâchons sans cesse.
Thomas Mars — Le mail envoyé à Johnny Cash en octobre 2001 montre bien notre état d’esprit.
Laurent Brancowitz — Quelle bêtise et quelle insolence quand j’y repense. Après la sortie du premier album, United (2000), on a quand même osé lui demander de faire une cover de Funky Squaredance pour l’inclure sur notre single (sourire). C’est tout le résumé de Phoenix : un mélange de professionnalisme et de débilité profonde.
Dans votre carrière, il y a un avant et un après Wolfgang Amadeus Phoenix ?
Laurent Brancowitz – — Chaque pas discographique ou scénique était déjà une petite victoire. Nous n’avons jamais été frustrés d’attendre impatiemment un succès. Bien sûr, celui de Wolfgang Amadeus Phoenix était plus gros que les autres. Nous étions à la fois convaincus d’être les prochains Beatles et enthousiastes en remplissant une Boule Noire.
Deck d’Arcy — Je dirais même deux concerts complets à La Boule Noire (les 4 et 5 mai 2004 – ndlr).
Thomas Mars — 2009 est sans doute l’année charnière pour Phoenix. C’est la première fois où l’on part jouer en Asie.
Christian Mazzalai — Le succès étant arrivé tardivement, on a réussi à contrôler la trajectoire du groupe. Dans le fond, rien n’a vraiment changé pour nous.
Vous êtes actuellement en studio à la Gaîté Lyrique pour ébaucher le successeur de Ti Amo (2017) à l’horizon 2020.
Thomas Mars — Nous sommes en plein dedans, avec quelques échéances à tenir, notamment achever certains titres avant les autres, comme une chanson pour le prochain film de Sofia Coppola.
Christian Mazzalai — En période d’enregistrement, c’est toujours compliqué pour nous d’en parler. Tout dépend aussi de l’heure de la journée à laquelle on nous pose la question, surtout un dimanche à l’heure d’hiver (sourire).
Laurent Brancowitz — On est productifs, mais on a toujours autant de mal à finir les morceaux. C’est le moment où tout peut s’effondrer.
Diriez-vous qu’Alphabetical (2004) demeure l’album maudit de votre discographie ? C’est d’ailleurs votre Black Album.
Thomas Mars — Pour le temps passé en studio, certainement. Sans aucun doute notre disque le plus pénible à enregistrer. Paradoxalement, c’est un album qui avait marché en Norvège et en Suède.
Christian Mazzalai — C’est grâce à Alphabetical que nous avons eu la chance de commencer à tourner aux Etats-Unis.
Thomas Mars — Il y a plein de musiciens qui adoraient le son hyper-sec du disque. On avait presque tué la réverb (sourire). Ce qui nous énervait, en revanche, c’est quand d’autres nous parlaient du son ultra-clean d’Alphabetical.
Laurent Brancowitz — C’était même une insulte folle ! Ce disque, c’est notre trou noir. Un souvenir cauchemardesque.
Christian Mazzalai — Au contraire du troisième album, It’s Never Been like That, réalisé en cinq mois à peine à Berlin.
Thomas Mars — On enregistrait dans un lieu assez cocasse à Berlin : c’était un appartement réservé pour les tournages d’émissions télévisées du type Top chef. Résultat : il y avait des cuisines partout mais un seul lit en rond à se partager. Alors on dormait par terre dans une ambiance de téléréalité.
Laurent Brancowitz — C’était un album très agréable à faire, je n’en garde que des bons souvenirs. Peut-être aussi parce que nous étions loin de nos bases géographiques.
Avez-vous chacun votre album fétiche ?
Thomas Mars — Ça dépend des moments. L’autre jour, dans la voiture de ma mère, il y avait Alphabetical dans le lecteur CD. J’étais agréablement surpris de le réentendre.
Deck d’Arcy — Je trouve qu’il y a un beau lignage depuis United. Finalement, notre premier album annonçait tout le reste.
Christian Mazzalai — Deck, c’est pourtant le plus intransigeant d’entre nous. A l’écouter, on referait tous les mixages de nos disques.
Thomas Mars — Le pire, c’était Zdar, il pouvait tomber amoureux d’une demo qui lui servait d’étendard.
Laurent Brancowitz — En studio, Philippe était en quête du moment magique.
Thomas Mars — Dans certains cas, c’est l’épuisement général qui conclut le morceau. “Philippe adorait mixer en public. Il envisageait le mixage comme une performance” Thomas Mars
Philippe Zdar est le fil rouge de votre discographie depuis United…
Thomas Mars – D’une manière ou d’une autre, il a toujours été là, même sur les albums qu’il n’a pas mixés ou produits. Je me souviens du jour où il avait entendu I’m an Actor pendant qu’il était au studio à mixer un morceau avec Etienne Daho. Avec Hubert, ils nous avaient fait le plus beau compliment du monde, en disant qu’ils avaient pris cinquante ans. C’était pareil pour nous quand on écoutait Voodoo (2000) de D’Angelo, on ne savait plus comment s’en dépêtrer.
Christian Mazzalai – Sur It’s Never Been like That, l’album suivant mixé par Julien Delfaud à Plus XXX, Philippe était parmi nous aussi puisque Cassius finissait également son troisième album dans le même studio.
Thomas Mars – En écoutant Alphabetical et It’s Never Been like That, il nous donnait un avis tellement précis et éclairé sur les morceaux. Philippe adorait mixer en public. Il envisageait le mixage comme une performance. C’était le Sinatra du studio.
Laurent Brancowitz – Je pense que Philippe n’aimait pas spécialement It’s Never Been like That, il a même dû nous prendre pour des gros ringards avec cet album ! Pour Wolfgang Amadeus Phoenix, il a réussi à nous pousser dans nos ultimes retranchements. C’est d’ailleurs le seul mec qui a réussi à nous tenir tête. On ne retrouvera jamais un tel phénomène. Il était autant impliqué dans la production que dans l’écriture des chansons. Il touchait finalement assez peu aux machines. Ce qui l’intéressait avant tout, ce sont les chansons et les émotions qu’elles peuvent susciter.
Thomas Mars – Il était finalement plus artiste que les artistes.
Laurent Brancowitz – Quand on lui donnait rendez-vous à 10 heures au Motorbass Studio, il arrivait à 16 heures (sourire) – ce qui nous laissait six heures pour travailler d’arrache-pied. C’était à la fois notre ange gardien et un producteur acharné.
Christian Mazzalai – A l’époque de Wolfgang Amadeus Phoenix, son studio était encore en pleine construction. Il n’y avait même pas de chauffage ni de WC.
Laurent Brancowitz – Après une inondation par le toit, son studio était en ruines. Dans une photo du livre, on voit même Philippe détruire les toilettes avec une masse. C’est extrêmement compliqué pour nous d’élaborer notre prochain disque sans lui.
Thomas Mars – Il l’influence déjà parce qu'on imagine ce qu’il nous dirait. Je ne sais pas si on va fonctionner en circuit fermé ou, au contraire, ouvrir les fenêtres.
Votre mode de fonctionnement à la fois secret et inextricable fait partie des singularités de Phoenix.
Laurent Brancowitz – Les gens considèrent souvent que ce sont des formules de politesse ou des visions de l’esprit, mais si tu prends n’importe quel morceau des derniers albums, nous sommes incapables de te dire qui a composé ou trouvé quoi. A part les musiciens de free jazz, je ne vois pas qui d’autre fonctionne comme nous. Et plus on avance, plus on mise sur une stratégie reposant sur le hasard. Nous devenons presque des auditeurs de notre propre musique. Au fond, nous serions comme des directeurs artistiques qui écouteraient des demos de milliers de groupes pour ne garder que les meilleures.
En quoi avez-vous eu l’impression de progresser depuis toutes ces années ?
Laurent Brancowitz – On progresse finalement assez peu, à part sur scène. Car nous étions vraiment des nazes. Si YouTube avait existé à nos débuts, nous aurions été contraints d’arrêter notre carrière (sourire). Dans l’indifférence générale, nous avons donc continué à nous aguerrir.
Deck d’Arcy – On a accepté nos limites depuis le premier album. Branco avait raison de parler de la place laissée au hasard, car nous avions l’ambition de tout contrôler. Nous sommes devenus des semi-pros.
Thomas Mars – Avec le temps, nous avons découvert le lâcher-prise.
Laurent Brancowitz – Si nous avons progressé, c’est en ayant accepté l’humilité et oublié l’ego du créateur. En studio, nous créons même les possibilités de capturer le hasard.
Votre studio d’enregistrement est comme un sanctuaire fermé à toute présence extérieure.
Deck d’Arcy – Parfois, des copains passent nous voir, mais ils sont un peu déçus (sourire).
Laurent Brancowitz – Voire carrément traumatisés par l’absence totale de confort.
Christian Mazzalai – On n’a même pas de canapé. Que des chaises rigides. Pas l’ombre d’une distraction.
Deck d’Arcy – A la Gaîté Lyrique, on a pris une nouvelle pièce, encore plus petite et austère que pour Ti Amo…
Laurent Brancowitz – Ce qui est agréable à la Gaîté Lyrique, c’est que l'on n’est pas déconnectés de la vie réelle. Car pour certains disques comme Bankrupt��! (2013), on a vécu à contretemps du reste de la population, enfermés dans un bunker sans jamais voir la lumière du jour.
Pour chaque album, vous avez des films ou des livres qui vous accompagnent.
Laurent Brancowitz – Cette fois, nous lisons tous un ouvrage différent du même auteur : Pierre Vesperini, un historien de la philosophie de notre génération que j’ai rencontré par hasard à l’aéroport de Rome la semaine dernière. Je lui ai dit qu’il avait un fan-club de quatre rockeurs. Deck et moi lisons celui sur Lucrèce (Lucrèce – Archéologie d'un classique européen – ndlr).
Thomas Mars – Christian et moi avons jeté notre dévolu sur Droiture et Mélancolie, un titre absolument génial qui pourrait être celui d’un album.
Liberté, égalité, Phoenix ! (Rizzoli) de Phoenix, avec Laura Snapes, en anglais, 240 p., 54 €
In favor of Liberty, Equality, Phoenix !, a beautiful book retracing their career in texts and images, long-term conversation with the Versailles quartet scattered between Paris, New York and Rome. A return to “fidelity to certain ideals”.
Best-French-group-in-the-world, Phoenix was in Paris in November, both to honor a public signature of his beautiful retrospective book Liberty, Equality, Phoenix! and to advance on a seventh album expected for 2020. Lightning struck by the accidental death before the summer of their friend and producer Philippe Zdar, to whom the work is naturally dedicated, the Versailles quartet found its lair in the Gaîté Lyrique, where The Italianizing Ti Amo (2017) was sketched out, to refine the first piece of the disc, which should first appear on the soundtrack of the next Sofia Coppola film.
Thomas Mars living with her in New York and Laurent Brancowitz being expatriated in Rome, the opportunities are now rare to reunite the four childhood friends in the French capital, which remains their anchor and the city of origin of their unexpected success story. We still remember their memorable concert at La Cigale on May 25, 2009, the day of the release of Wolfgang Amadeus Phoenix, in which no one imagined international success and the way in which Phoenix would finally switch to another world after having nothing released for a decade since the too often underestimated United (2000).
Totally unchanged, always as relaxed, modest and tongue-in-cheek, Thomas Mars, Laurent Brancowitz, Deck d´Arcy and Christian Mazzalai confessed at length about their XXL careers. And if Phoenix remains this unwavering and mysterious pact, we are already longing to know how this exciting group will rock artistically in its fourth decade.
What is the genesis of your retrospective book Liberty, Equality, Phoenix !, published on October 15 by Rizzoli?
Thomas Mars - Before Instagram, Christian had taken photos in square format during the tour of Wolfgang Amadeus Phoenix (2009). By falling on it, Jacob Lehman, editor at Rizzoli in New York, had offered to collect them in a book, but the moment was badly chosen, between the concerts and the recordings.
Several things precipitated the implementation of the book: my parents sold their house in Versailles, where was the studio in the basement where we rehearsed at the beginning of Phoenix, and then we were robbed full of instruments stored in a local in Paris. Suddenly, we had no traces of the band's past, apart from images and photos. So we imagined this book as a reasoned catalog.
Laurent Brancowitz - For the narration, we were inspired by the wonderful book Please Kill Me (1996), an anthology of American punk which takes the form of an uninterrupted and hilarious conversation between its different protagonists. Reading it, we realized that we could perhaps tell the story of Phoenix in such a fun and lively way.
The book's release coincides symbolically with two anniversary dates: the 20 years of Maxi Heatwave and the 10 years of the fourth album Wolfgang Amadeus Phoenix, crowned with a Grammy Award.
Laurent Brancowitz - It’s a team of marketers who have thought about the launch strategy (laughs).
The title of Freedom, equality, Phoenix! sums up perfectly the unwavering brotherhood that has united you for three decades.
Laurent Brancowitz - Of course, it’s also a tribute to Claude Zidi’s Liberty, Equality, Sauerkraut (1985).
Thomas Mars - This film was already one of our references at the time of Wolfgang Amadeus Phoenix. We like to reclaim symbols from the collective imagination.
“The idea of ​​the book was less to delve into the archives than to turn the page” Laurent Brancowitz
Going back into these archives and other memories, was there a photo, a meeting or a particular moment that came out of your memory?
Laurent Brancowitz - The idea of ​​the book was less to delve into the archives than to turn the page. We had these trunks which filled up with a pile of books and which we had to evacuate at all costs. Now you can throw everything in the dumpster (smile).
Christian Mazzalai - We found a few little treasures, like this Orange Card from my brother illustrated with the photo of Elvis Presley.
Thomas Mars - Laura Snapes, the author of the book, wanted to interview us separately. We therefore discovered all of the testimonies by reading the book respectively. I thought there would be more errors or differences in appreciation between us.
Laurent Brancowitz - I secretly hoped that we would find the Rashômon (1952) atmosphere of Kurosawa, where the same story is told by several characters and whose versions contradict each other. Finally, I’m almost a little disappointed that we are so much on the same wavelength (smile). We hope that the global message exceeds the sum of our individual destinies and evokes friendship, fidelity to certain ideals.
Loyalty, to use the name of your label…
Thomas Mars - These are values ​​that we can never express beyond our borders, especially in England. The English are always in conflict, they do not see the beauty of harmony in a group. The only reference we get overseas is the Monkees.
Have you sometimes felt dizzy going up the thread of your journey?
Laurent Brancowitz - No, because we are not very nostalgic by nature and we have lived together for so many years. With Deck, we got to know each other in elementary school! So we share the same memories from childhood. To the point of still remembering our teachers. Between us, we keep rehearsing and harping on.
Thomas Mars - The email sent to Johnny Cash in October 2001 shows our state of mind.
Laurent Brancowitz - What stupidity and insolence when I think about it. After the release of the first album, United (2000), we still dared ask him to do a cover of Funky Squaredance to include it on our single (smile). This is the summary of Phoenix: a mixture of professionalism and deep debility.
In your career, is there a before and after Wolfgang Amadeus Phoenix?
Laurent Brancowitz - - Each discographic or scenic step was already a small victory. We have never been frustrated to look forward to success. Of course, that of Wolfgang Amadeus Phoenix was bigger than the others. We were both convinced to be the next Beatles and excited to fill a Black Ball.
Deck d´Arcy - I would even say two full concerts at La Boule Noire (May 4 and 5, 2004 - editor's note).
Thomas March - 2009 is without doubt the pivotal year for Phoenix. It’s the first time we’re playing in Asia.
Christian Mazzalai - Success having arrived late, we managed to control the trajectory of the group. Basically, nothing has really changed for us.
You are currently in the studio at the Gaîté Lyrique to sketch the successor to Ti Amo (2017) by 2020.
Thomas Mars - We are in the middle of it, with a few deadlines to meet, notably to finish some titles before the others, like a song for the next film by Sofia Coppola.
Christian Mazzalai - During the recording period, it's always difficult for us to talk about it. It also depends on the time of day we are asked, especially on a Sunday in winter time (smile).
Laurent Brancowitz - We are productive, but we still have such a hard time finishing the songs. This is the time when everything can collapse.
Would you say that Alphabetical (2004) remains the accursed album of your discography? This is also your Black Album.
Thomas Mars - For the time spent in the studio, certainly. Without a doubt our most painful record to record. Paradoxically, it was an album that had worked in Norway and Sweden.
Christian Mazzalai - It was thanks to Alphabetical that we were able to start filming in the United States.
Thomas Mars - There are many musicians who loved the hyper-dry sound of the record. We almost killed the reverb (smile). What annoyed us, however, was when others told us about the ultra-clean sound of Alphabetical.
Laurent Brancowitz - It was even a crazy insult! This disc is our black hole. A nightmare memory.
Christian Mazzalai - Unlike the third album, It's Never Been Like That, released in just five months in Berlin.
Thomas Mars - We were recording in a rather funny place in Berlin: it was an apartment reserved for the filming of TV shows of the Top chef type. Result: there were kitchens everywhere but only one round bed to share. So we slept on the floor in a reality show atmosphere.
Laurent Brancowitz - It was a very nice album to make, I only have good memories. Perhaps also because we were far from our geographic bases.
Do you each have your favorite album?
Thomas Mars - It depends on the moments. The other day, in my mother’s car, there was Alphabetical in the CD player. I was pleasantly surprised to hear it again.
Deck d'Arcy - I think there is a good lineage from United. Finally, our first album announced everything else.
Christian Mazzalai - Deck, he's the most uncompromising of us. Listening to it, we would do all the mixes of our records.
Thomas Mars - The worst part was Zdar, he could fall in love with a banner that served as his standard.
Laurent Brancowitz - In the studio, Philippe was looking for the magic moment.
Thomas Mars - In some cases, it’s general exhaustion that concludes the song. “Philippe loved mixing in public. He envisioned mixing as a performance ”Thomas Mars
Philippe Zdar is the common thread of your discography from United…
Thomas Mars - Somehow, he's always been there, even on albums he hasn't mixed or produced. I remember the day he heard I’m an Actor while he was in the studio mixing a song with Etienne Daho. With Hubert, they gave us the most beautiful compliment in the world, saying that they had taken fifty years. It was the same for us when we listened to Voodoo (2000) by D’Angelo, we no longer knew how to get out of it.
Christian Mazzalai - On It’s Never Been like That, the next album mixed by Julien Delfaud at Plus XXX, Philippe was with us too since Cassius was also finishing his third album in the same studio.
Thomas Mars - By listening to Alphabetical and It’s Never Been like That, he gave us such precise and informed advice on the songs. Philippe loved mixing in public. He envisioned mixing as a performance. It was the studio's Sinatra.
Laurent Brancowitz - I think Philippe didn't particularly like It’s Never Been like That, he even had to take us for big nerds with this album! For Wolfgang Amadeus Phoenix, he managed to push us into our final entrenchments. He's the only guy who has managed to stand up to us. We will never find such a phenomenon. He was as involved in production as in songwriting. In the end, he touched the machines relatively little. What interested him above all were the songs and the emotions they could arouse.
Thomas Mars - He was ultimately more an artist than artists.
Laurent Brancowitz - When we made an appointment at 10 a.m. at the Motorbass Studio, he would arrive at 4 p.m. (smile) - which left us six hours to work hard. He was both our guardian angel and a relentless producer.
Christian Mazzalai - At the time of Wolfgang Amadeus Phoenix, his studio was still under construction. There was not even a heater or WC.
Laurent Brancowitz - After a roof flood, his studio was in ruins. In a photo of the book, we even see Philippe destroying the toilets with a mass. It’s extremely complicated for us to make our next album without him.
Thomas Mars - He's already influencing him because we imagine what he would say to us. I do not know if we will operate in a closed circuit or, on the contrary, open the windows.
Your secret and inextricable way of operating is one of the peculiarities of Phoenix.
Laurent Brancowitz - People often think of it as polite or visions of the mind, but if you take any track from the latest albums, we can't tell you who composed or found what. Aside from free jazz musicians, I don't see who else works like us. And the more we advance, the more we bet on a strategy based on chance. We almost become listeners to our own music. Basically, we would be like artistic directors who would listen to demos from thousands of groups to keep only the best.
How have you felt you have progressed over all these years?
Laurent Brancowitz - We are progressing quite a bit, except on stage. Because we were really nazes. If YouTube had existed when we started, we would have been forced to stop our careers (smile). In the face of general indifference, we therefore continued to improve our skills.
Deck d´Arcy - We accepted our limits since the first album. Branco was right to talk about the place left to chance, because we wanted to control everything. We have become semi-pros.
Thomas Mars - Over time, we discovered letting go.
Laurent Brancowitz - If we have progressed, it is by having accepted humility and forgotten the creator's ego. In the studio, we even create the possibilities to capture chance.
Your recording studio is like a sanctuary closed to any outside presence.
Deck d´Arcy - Sometimes friends come to see us, but they are a little disappointed (smile).
Laurent Brancowitz - Or even traumatized by the total lack of comfort.
Christian Mazzalai - We don't even have a sofa. Only rigid chairs. Not the shadow of a distraction.
Deck d´Arcy - At La Gaîté Lyrique, we took a new piece, even smaller and austere than for Ti Amo…
Laurent Brancowitz - What is pleasant about the Gaîté Lyrique is that we are not disconnected from real life. Because for some records like Bankrupt! (2013), we lived out of time with the rest of the population, locked in a bunker without ever seeing the light of day.
For each album, you have films or books that accompany you.
Laurent Brancowitz - This time, we are all reading a different work by the same author: Pierre Vesperini, a historian of the philosophy of our generation whom I happened to meet at Rome airport last week. I told him he had a fan club of four rockers. Deck and I read the one on Lucretia (Lucretia - Archeology of a European classic - note).
Thomas Mars - Christian and I set our sights on Droiture et Mélancolie, an absolutely brilliant title that could be that of an album.
Freedom, equality, Phoenix! (Rizzoli) from Phoenix, with Laura Snapes, in English, 240 p., 54 €
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justforbooks · 4 years
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Mort du journaliste Henri Tincq, victime du Covid-19
Ancien vaticaniste au journal «le Monde», spécialiste du catholicisme, Henri Tincq a marqué de sa plume l'information sur les religions pendant plus de trente ans.
L’épidémie de coronavirus tue impitoyablement. Ancien vaticaniste du quotidien le Monde, le journaliste Henri Tincq, âgé de 74 ans, figure de l’information religieuse depuis les années 80, s’est éteint dimanche, victime du Covid-19. Après avoir été journaliste politique au quotidien catholique la Croix, il avait intégré la rédaction du Monde en 1985 pour y suivre les questions des religions. «Henri a été, en France, le pape de l’information religieuse pendant presque un quart de siècle», souligne son ancien confrère Patrick Perotto, ex-chroniqueur sur ces questions au quotidien l’Est Républicain. Pendant les deux décennies où il écrit dans le Monde, Henri Tincq, spécialiste reconnu du catholicisme, a vu l’émergence d’une société française de plus en plus sécularisée et marquée par le pluralisme religieux.
Fils de mineur, né le 2 novembre 1945 à Fouquières-lez-Lens (Pas-de-Calais) Henri Tincq, diplômé de Sciences-Po et de l’Ecole supérieure de journalisme de Lille, avait été marqué dès son enfance par le catholicisme social. Par la suite, il avait milité à la JEC (Jeunesse étudiante chrétienne). Catholique pratiquant, Henri Tincq était investi dans sa paroisse du Val-de-Marne. A l’aumônerie du lycée fréquenté par ses enfants, il avait fait la connaissance du futur archevêque de Lyon, le cardinal Philippe Barbarin. Mais ce n’est pas à ce prélat qu’allait son admiration. Le chroniqueur religieux s’était passionnément intéressé à Jean-Marie Lustiger, l’ancien archevêque de Paris d’origine juive dont il a écrit une biographie, Jean-Marie Lustiger, le cardinal prophète (1). Comme journaliste, Henri Tincq a aussi beaucoup creusé la question des relations entre l’Eglise catholique et le judaïsme, publiant plusieurs ouvrages sur la question.
Sa carrière de journaliste a été très marquée par le suivi du pontificat de Jean Paul II. Henri Tincq était un vaticaniste d’envergure internationale. «C’était un admirateur du pape polonais», explique Patrick Perotto. En 2005 à la mort de Jean Paul II, il fut l’un des premiers à prédire la future élection de Joseph Ratzinger, devenu Benoît XVI. Cet après-midi du 19 avril 2005, à Rome, une poignée de journalistes français, présents à la salle de presse du Vatican, accueillirent, à son arrivée, Henri Tincq par des applaudissements. «Il en avait été très fier», se souvient Patrick Perotto.
Inquiet de la dérive droitière du catholicisme
Depuis son départ en retraite du Monde en 2008, Henri Tincq, une forte personnalité, faisant preuve d’un individualisme marqué, continuait à collaborer au site d’informations en ligne Slate.fr tout en étant l’auteur de plusieurs ouvrages. Ces dernières années, les scandales qui secouaient l’Eglise catholique l’avaient plongé dans un profond désarroi. «C’était une grande souffrance pour lui», raconte l’éditeur Marc Leboucher, proche de son entourage. Il s’était d’abord inquiété de la dérive droitière du catholicisme et la redoutait. Il en avait fait, en 2018, un livre, La grande peur des catholiques de France (Grasset). «Je ne reconnais plus mon Eglise», tels étaient les premiers mots de cet ouvrage, défense et illustration d’un catholicisme d’ouverture et engagé.
A cette époque, il est aussi l’un des premiers lecteurs attentifs et encore une fois bouleversé du livre de Frédéric Martel, Sodoma (2) qui a révélé l’ampleur de l’homosexualité au sein de la hiérarchie catholique. A ceux qui l’interrogeaient, Henri Tincq confiait combien cela remettait en cause sa vision de l’Eglise, du pontificat de Jean Paul II qu’il avait ardemment admiré.
Proche du fondateur de l’Arche
Quelques semaines à peine avant sa disparition, l’ex-chroniqueur religieux du Monde encaissait encore une très sale nouvelle : les révélations des abus sexuels commis par Jean Vanier, le fondateur de l’Arche dont il était proche. «Comme si le ciel me tombait sur la tête, j’apprenais samedi que ce saint que je vénérais depuis longtemps était en fait un pervers. […] Comment croire qu’une personnalité que l’on a admirée, adulée, aimée puisse faire l’objet de révélations étrangères à ses engagements, à ses enseignements, à sa vie?» s’interrogeait-il dans son dernier article, publié le 25 février, sur le site de Slate.fr.
De santé fragile, souffrant de graves problèmes rénaux, Henri Tincq, père de trois enfants, était en attente d’une seconde greffe. A la mi-mars, atteint par le Covid-19, il avait été hospitalisé, à l’hôpital de Villeneuve-Saint-Georges (Val-de-Marne) et placé en réanimation.
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corallorosso · 5 years
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La mafia non tocca i bambini. Ieri Noemi diceva "mi fa male il pancino" quando è stata soccorsa dopo la sparatoria nel centro di Napoli. Ha solo tre anni, una pallottola le ha trapassato un polmone e ora lotta per la vita. Però ogni tanto si sente ancora dire che i mafiosi sono uomini d'onore. Che i mafiosi i bambini non li toccano. I mafiosi i bambini li toccano. Il più delle volte per rovinare loro la vita fagocitandoli nei loro traffici, usandoli come piccola mano d'opera in veste di sentinelle, di spacciatori, di messaggeri. Avviandoli a una vita che poteva essere bellissima e che invece si concluderà troppo presto in una cella o in una bara. Il più delle volte invece i mafiosi ai bambini devastano indirettamente le esistenze rendendoli orfani di padre o di madre. I mafiosi i bambini li toccano trasformando i loro quartieri e le loro strade in carceri a cielo aperto abitate da armi, spacciatori e drogati. Oppure i mafiosi i bambini li ammazzano proprio. Cocò aveva tre anni e suo nonno, Giuseppe Iannicelli, se lo portava dietro durante i suoi spostamenti per il traffico di droga come piccolo scudo umano. Pensava che il clan non lo avrebbe toccato in presenza del bimbo. Cocò invece fu bruciato vivo insieme a suo nonno, nella loro auto, dai sicari del clan calabrese. Giuseppe Di Matteo aveva passato gli ultimi due anni della sua vita al buio, sotto sequestro, solo. Aveva undici anni. Lo strangolarono e poi sciolsero il suo corpo nell’acido. Valentina era in braccio a sua madre quando i sicari della Camorra le crivellarono la testa di proiettili il 12 novembre del 2000. Giuseppe e Salvatore Asta erano due gemellini di Trapani. E avevano sei anni quando furono fatti saltare in aria insieme alla loro mamma il 2 aprile del 1985 da un ordigno piazzato da Cosa Nostra. Anche Nadia e Caterina furono dilaniate da una bomba. Erano due sorelline: 9 anni Nadia, appena 50 giorni Caterina. Morirono con la mamma e il papà nell’esplosione dell’ordigno piazzato da Cosa Nostra in via dei Georgofili a Firenze. Giuseppe Letizia invece di anni ne aveva 12 quando fu avvelenato nel suo letto di ospedale con una iniezione letale, perché colpevole di aver visto accidentalmente l’omicidio del sindacalista Placido Rizzotto. Il 27 marzo del 2004 tocca ad Annalisa Durante, uccisa davanti al portone di casa durante una sparatoria tra clan. Aveva 14 anni, come Palmina Martinelli, bruciata viva perché non voleva prostituirsi. Quattro anni in più li aveva Dodò Gabriele, di Crotone, ucciso il 25 giugno del 2009 da un proiettile in faccia mentre è alla partita di calcetto col padre. Angelica Pirtoli fu presa per i piedi e sbattuta con la testa contro il muro due, tre, quattro, cinque volte. Fino a morire col cranio fracassato. Sbattuta contro il muro come un tappeto. Si poteva fare. Era leggera. Aveva due anni. Era il 1991, a Parabita, in provincia di Lecce. Ed è solo una piccola parte dell’elenco di bare bianche che in Italia è lungo, lunghissimo. Una fila di bambini ammazzati dalla mafia, dai cosiddetti uomini d’onore. Che i bambini non solo li toccano. Ma li ammazzano. Senza pietà. Per soldi. Solo per i soldi. Emilio Mola
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leggermenteblog · 4 years
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25 Novembre ricordando Elsa Morante
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“Ah, è un inferno essere amati da chi non ama né la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto te!”
Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne voglio ricordare Elsa Morante, scomparsa proprio il 25 novembre del 1985. Scrittrice, saggista, poetessa e traduttrice fu la prima donna a essere insignita del Premio Strega nel 1957 con il romanzo “L’isola di Arturo”. Il suo “La…
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globmedia · 10 months
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Prison de Dschang
Fabien Tsafack mérite sa peine
Interpellé puis écroué en prison depuis 1982, Fabien Tsafack avait été condamné à mort le 25 février 1985, accusé de vol aggravé.
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Comme dans un film hollywoodien, l’affaire Tsafack s’est révélée au public.41 ans en prison, le feuilleton s’est répandu dans les médias et sur les réseaux comme une trainée de poudre. Au départ, une seule vérité se disait à ce sujet, Fabien Tsafack, natif du village Nzindeng dans le Groupement Foréké-Dschang, Département de la Menoua est écroué en prison depuis 1982 pour recel d’un poste radio, il y séjourne depuis 41 ans, sans aucune condamnation. Cette première version a laissé les camerounais interloqués. Certains se sont même interrogés sur le système judiciaire au Cameroun, une problématique qui continue d’être au centre des préoccupations. Après enquête, nous nous sommes rendus à l’évidence que le problème de Fabien Tsafack avait une partie immergée de l’iceberg. En réalité, Fabien est condamné à la peine de mort depuis 1985, une sentence prononcée au tribunal de grande instance de la Menoua. Les faits ayant conduit à cette condamnation se sont déroulés le 11 novembre 1983 dans un quartier de la ville de Dschang. Fabien porte atteinte à la fortune d'autrui dans plusieurs résidences, en soustrayant frauduleusement de nombreux objets parmi lesquels, le poste radio, des chaussures dames et hommes, des vêtements, des ustensiles de cuisine et une somme de 36 mille FCFA, sans doute d'une grande valeur. Des faits qui constituent un crime de vol aggravé et réprimé par le code pénal à cette époque. Âgée de 22 ans Fabien est placé en détention provisoire le 9 novembre 1984 et condamné à la peine de mort par fusillade le 25 février 1985. C’est plus tard en 2020 qu’il saisit le chef de l'État pour un recours gracieux, une demande qui suit son cour auprès des autorités compétentes.
Panisse Istral Fotso
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