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#Amico the Cane Corso
libero-de-mente · 3 months
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Dopo aver postato i miei addii alla chihuahua Minù e al gatto Alvin, scomparsi davvero troppo presto e a distanza di trentasei ore tra di loro, ho potuto constatare quanto la presunzione di superiorità dell'essere umano sia di quanto più lontano dall'essere davvero umani.
Semmai disumani.
Per molti lo strazio che alcuni esseri umani provano per la scomparsa di un animale domestico è una deriva.
Una preoccupante deriva, dove si pongono sullo stesso piano i nostri amici a quattro zampe con la vita di un altro essere umano.
Non credo che una persona psicologicamente equilibrata voglia mai paragonare la perdita di un cane o di un gatto con quella di un genitore, di un amico o un altro parente.
Ma resta sempre un dolore comunque, che può essere molto profondo se per la persona colpita dal lutto, l'animale, era tutta la sua famiglia. Nessun altro.
Un vuoto resta un vuoto.
A prescindere da tutto questo mio preambolo, per esperienza personale, posso dire che il vedere morire un essere umano e vedere morire un animale che ha condiviso la sua vita con te ha dei punti in comune.
Lo sguardo. Ti cercano come per avere la conferma che non saranno soli, in quel momento, che qualcuno a cui hanno voluto bene sia lì con loro.
Ho visto morire mio padre, mi ha guardato e poi con un sorriso ha guardato in alto ed è spirato.
La mattina che Alvin è morto ero uscito per un appuntamento di lavoro, dovevo portarlo al mio rientro dal veterinario eppure prima di uscire, mentre mi ero chinato su di lui per confortarlo, mi ha guardato e con la zampa mi tratteneva il braccio. Usando gli artigli.
Ho interpretato dopo, quando rientrando di corsa l'ho trovato riverso a terra, che probabilmente mi stava chiedendo di non andarmene. Di restare lì con lui.
Ho letto un post recente dove un veterinario affermava che 9 su 10 i proprietari di cani o gatti non vogliono assistere al trapasso dell'animale.
Che questi prima di essere sedati per il trapasso cercano con lo sguardo colui, o colei, per cui è valsa la pena vivere scodinzolando o facendo le fusa.
Molti credono che gli animali non abbiano un'anima, eppure animale è una parola che viene dal latino "animalis" che vuol dire "animato" o qualcosa che crea la vita. Affine al greco "anemos" (vento, soffio) e al sanscrito "atman", di uguale significato.
Anche mio padre cercò qualcuno e c'ero solo io. Altri erano usciti dalla stanza. Qualcuno addirittura se n'era andato, con una scusa.
Eppure l'essenza della riconoscenza verso un'anima sta proprio nello stargli vicino, quando quell'anima lascerà il suo corpo terreno.
Non si dovrebbe privare nessuno di questo riconoscimento, a meno che la morte non giunga inaspettata e all'improvviso sia chiaro.
Nel corso della propria esistenza le persone hanno svariati interessi e priorità. Ma per gli animali, quello che noi definiamo il loro padrone, è la cosa più importante di tutto. Di tutti.
Lo sguardo degli umani, durante l'esistenza, cambia a seconda dei sentimenti. Che sia amore o rabbia, a volte anche odio.
Ma nel momento in cui una persona capisce che è giunta la sua ora cerca il perdono, oppure di perdonare.
Un cane o un gatto non si devono far perdonare nulla da chi li ha amati. Ti guarderanno con lo stesso sguardo del primo giorno che li avrete visti. Con amore incondizionato.
Perché nell'attimo in cui se ne vanno, inizia il ricordo e l'amore si consolida nel cuore. Per alcuni umani invece rimane anche una parte di rabbia e di cose incompiute.
E nell’attimo in cui tutto finisce, niente finisce
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donaruz · 9 months
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2 agosto 1980 ore 9,00
«Forza Carmelo! È ora di alzarsi, bisogna correre in stazione, c’è il treno che ci porterà da papà!»
«Uffa, va bene, mi alzo» Il piccolo Carmelo ancora frastornato per la giornata precedente dove aveva mangiato un buonissimo gelato e corso per le vie di Bologna come un giovane esploratore in una terra sconosciuta. Osservava tutto. Carmelo era alto, non dimostrava la sua giovane età e con quel bellissimo binocolo che gli aveva regalato suo zio e i pantaloncini corti era perfetto come ricognitore dell’ignoto. Aveva gli occhi azzurri, la mamma per scherzare diceva sempre che era figlio di qualche Dio dell’Olimpo greco; nessuno in famiglia aveva gli occhi azzurri. Da grande voleva studiare gli animali e girare il mondo alla scoperta di nuovi territori. Era un esploratore ancora prima di esserlo davvero.
Una semplice ma abbondante colazione e poi un bacio forte a Tobia, il cane. La strada è breve fino ai treni ma quella mattina i parenti devono portare la macchina dal meccanico, una vecchia fiat 127 ormai al termine. La decisione è presto fatta, si va in stazione a piedi, tanto il treno è alle 11, c’è tempo...
Carmelo è contento, ha visto una grande città del nord, piena di gente che corre, non ha capito il motivo ma si diverte a vederli indaffarati, al suo paese sono molto più tranquilli. Poi, finalmente, vede i treni. Che amore che ha per i treni! Ogni domenica il suo papà lo porta alla piccola stazione del paesello a vedere i treni che partono, ora anche lui potrà salire su quelle macchine meravigliose fatte di ferro e legno per ben la seconda volta nella sua vita.
10,20
«Mamma!, mamma mi piacerebbe tanto avere un amico cane, ma tanto tanto!»
«Va bene piccolo, vedremo, quanto torniamo a casa ne parliamo con papà e se lui è d’accordo andiamo al canile»
«Che bello!, che bello!, sono sicuro che il papà sarà d’accor……»
BUUUMMM!?!
«Mamma, mammaa, aiuto! Dove sei? Ho paura! è tutto buio, mamma aiuto è tutto buio..»
Suoni, strani suoni di ferro caldo. Un caldo feroce; gemiti che provengono dal treno di fronte ai binari, gemiti sempre più profondi e poi...urla disperate. Chi cerca la mamma, chi il fratello chi l’amico, la compagna, il figlio. Ma loro non sono più in stazione, sono stati sbalzati a 100 metri di distanza per l’onda d’urto. Come delle foglie strappate ai rami di un albero autunnale.
Poi il fumo si dirada e s’intravede il disastro.
«Mammaa!, dove sei? Dove sei?» Carmelo sembra un minatore appena uscito dalla galleria; la galleria più profonda del suo piccolo paese.
«Vieni piccolino, vieni in braccio, ti aiuto io!» Un ragazzo di 20 anni, una divisa da vigile del fuoco. Il ragazzo è nero come Carmelo, zoppica, ma continua a togliere pezzi di cemento dal piccolo corpo del bimbo. Solleva calcinacci pesanti e taglienti, rossi dal caldo; le sue mani ustionate, ma continua a spostarli. Alcuni giorni dopo venne ricoverato in ospedale per le ustioni. Perse tre dita di una mano.
«Chi sei? Dov’è la mia mamma?» Carmelo è sepolto da una montagna nata dalla violenza.
«Sono un amico della mamma… stai tranquillo»
«Ma cos’è successo?» La sua voce non è più quella di un giovane esploratore, ora è rauca, piena di polvere e distruzione.
«Niente, non è successo niente. Piccolo…non è successo niente»
Fine
In Italia non succede mai niente.
La Rosa dei venti, Il golpe borghese, piazza Fontana, Gioia Tauro, Reggio Emilia, Brescia, l’Italicus, Genova, Il rapido 904, Bologna, Ustica, Firenze, Milano; non sono niente. Non è successo niente. Non è STATO nessuno. In fondo qualche pezzente, qualche moglie di pezzente, qualche figlio di pezzente cosa volete che sia, incidenti di percorso; incidenti per una democrazia migliore, più libera, più ricca. In Italia non è mai STATO nessuno, una cena tra poteri, un brindisi e poi le direttive agli organi di informazione:
“Dovete dire questo, dovete dire quello, dovete dire che non è successo niente; arriva l’estate mandiamoli in vacanza tranquilli, poi, quando tornano, avranno dimenticato tutto”
Ma non avete preso in considerazione una cosa: voi! infami manovratori dietro le quinte, migliaia di occhi hanno visto, sentito, sanguinano ancora. Loro lo sanno chi è STATO. Potete manipolare tutto, cancellare tutto ma dietro il vostro secchio di vernice bianca democratica ci sono pareti rosse di sangue pulito.
Quelle non potrete mai più cancellarle.
-A Carmelo e a tutti i morti e feriti di quella mattina spensierata di un agosto solare-
(Breve parte dal racconto "Piccolo esploratore" contenuto nel libro "Stelle cannibali" ED. Il Foglio 2022)
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lostaff · 2 years
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Ch-ch-changes
🌟 Novità
Quando condividiamo i tuoi granchi evocati, abbiamo aggiunto un divertente video casuale al post, se desideri utilizzarlo. Evoca alcuni granchi e premi Condividi per dare un'occhiata!
Sul Web, puoi utilizzare i tasti freccia o Pagina su/giù per scorrere la visualizzazione del blog quando si apre mentre navighi su Tumblr.
La ricerca di un blog sul Web e l'utilizzo di caratteri maiuscoli ora reindirizzeranno al nome del blog completamente minuscolo. Allo stesso modo, se cerchi "CYLE" e fai clic su "Vai a @CYLE", ora verrai reindirizzato a @cyle, invece di ricevere l'errore "non trovato".
Sono state aggiunte alcune nuove scorciatoie da tastiera all'editor dei post beta:
→ ctrl/comando+maiusc+A inserisce un blocco audio → ctrl/comando+MAIUSC+S cambia lo stile del testo corrente in 'lucille' → ctrl/comando+MAIUSC+D cambia lo stile di testo corrente in "rientrato" → [quando è selezionato del testo] ctrl/comando+maiusc+Z aggiunge un collegamento al testo selezionato → [quando c'è del testo selezionato] ctrl/comando+maiusc+6 colpisce il testo selezionato
🛠 Correzioni
Sul Web, abbiamo corretto un bug per cui i permalink dell'orecchio di cane nell'angolo in alto a destra mancavano nei post senza un'etichetta della community. (Quel piccolo lembo quando metti il ​​cursore del mouse lassù, lo chiamiamo "orecchio di cane".) Non mostriamo più un conteggio zero sulle bozze e sui collegamenti in coda nel menu dell'account sul web. Inoltre, non mostriamo più l'opzione dei controlli del reblog durante il reblog di un post; I controlli reblog funzionano solo per i post originali. Ora puoi aggiungere un'etichetta della community a un post che stai ribloggando. Risolto un problema per cui le menzioni nel testo piccolo venivano visualizzate in modo strano.
🚧 In corso
Siamo consapevoli che c'era un annuncio su Tumblr su iOS che riproduceva automaticamente il suono, anche per le persone che hanno la navigazione senza pubblicità. Stiamo indagando su come sia successo. Se ti capita, contattaci tramite l'assistenza e includi quanti più dettagli possibili, ad esempio quando è successo e a cosa serviva l'annuncio. Siamo anche consapevoli del fatto che l'ultima versione di Tumblr su iOS può arrestarsi in modo anomalo quando si passa dall'attività alla messaggistica. Stiamo lavorando per ottenere una nuova versione dell'app il più rapidamente possibile con una soluzione.
🌱 In arrivo
Un vecchio amico equestre potrebbe tornare presto sulla tua dashboard.
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realbowl1 · 17 days
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Alimentazione Naturale Per Cani - Real Bowl
Come posso nutrire il mio cane in modo naturale?
Nutrire il tuo cane con una dieta naturale significa fornirgli alimenti integrali e minimamente trasformati che assomigliano molto a quelli che i loro antenati avrebbero mangiato in natura. Ecco alcuni passaggi per aiutarti a nutrire il tuo cane in modo naturale:
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Ricerca e consulta un veterinario: prima di apportare qualsiasi modifica alla dieta del tuo cane, è essenziale fare ricerche approfondite e consultare un veterinario. Possono fornire indicazioni in base alle esigenze nutrizionali specifiche del tuo cane, allo stato di salute e ad eventuali restrizioni dietetiche.
Scegli ingredienti di alta qualità: cerca ingredienti di alta qualità che siano minimamente lavorati e privi di additivi artificiali, conservanti e riempitivi. Optare per ingredienti biologici e di provenienza locale quando possibile.
Includere una varietà di proteine: i cani sono onnivori, ma prosperano principalmente con proteine di origine animale. Includi nella dieta del tuo cane una varietà di carni come pollo, tacchino, manzo, agnello e pesce. Assicurati di somministrare tagli magri di carne e di rimuovere eventuali ossa e grasso in eccesso.
Incorpora frutta e verdura: frutta e verdura forniscono vitamine, minerali e fibre essenziali per i cani. Alcune opzioni sicure includono carote, fagiolini, piselli, patate dolci, mele, banane e frutti di bosco. Assicurati di lavare e tagliare accuratamente frutta e verdura prima di darle al tuo cane.
Includi grassi sani: i grassi sani, come quelli presenti nell'olio di pesce, nell'olio di cocco e nell'olio d'oliva, sono essenziali per la pelle, il pelo e la salute generale del tuo cane. Assicurati di incorporare questi grassi nella dieta del tuo cane con moderazione.
Evita cibi dannosi: alcuni alimenti possono essere tossici o dannosi per i cani, tra cui cioccolato, uva, uvetta, cipolle, aglio, avocado e xilitolo. Assicurati di evitare di dare questi alimenti al tuo cane.
Monitora le dimensioni delle porzioni: il controllo adeguato delle porzioni è fondamentale per mantenere il peso e la salute generale del tuo cane. Segui le linee guida sull'alimentazione in base all'età, alla taglia, al livello di attività e al tasso metabolico del tuo cane. Regolare le dimensioni delle porzioni secondo necessità per evitare una sottoalimentazione o una sovralimentazione.
Offri acqua fresca: assicurati che il tuo cane abbia sempre accesso ad acqua fresca e pulita. L'idratazione è essenziale per la salute e il benessere generale del tuo cane.
Considera gli integratori: a seconda delle esigenze specifiche del tuo cane, potrebbe essere necessario integrare la sua dieta con vitamine, minerali o altri integratori nutrizionali. Consulta il tuo veterinario per determinare se è necessaria un'integrazione per il tuo cane.
Transizione graduale: se stai passando il tuo cane a una dieta naturale dal cibo per cani commerciale, fallo gradualmente nel corso di diversi giorni per prevenire disturbi digestivi. Inizia mescolando una piccola quantità del nuovo cibo con il cibo attuale e aumenta gradualmente la proporzione del nuovo cibo nel tempo.
Nutrire il tuo cane con una dieta naturale richiede un'attenta pianificazione e considerazione, ma può portare a un miglioramento della salute, dell'energia e del benessere generale del tuo amico peloso.
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lamilanomagazine · 4 months
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Caserta, le mostra i genitali e poi l'aggredisce davanti alla Reggia
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Caserta, le mostra i genitali e poi l'aggredisce davanti alla Reggia. Dopo averle mostrato i genitali, l'ha aggredita, colpita con un pugno e tentato di scaraventarla a terra afferrandola per i capelli. È quanto accaduto nei giardinetti di fronte alla Reggia ad una 18enne di origini Ucraine, residente a Caserta. L'uomo, un 36enne di Pietramelara è stato denunciato dai Carabinieri per atti osceni. Erano le ore 23.00 di ieri quando la ragazza in compagnia del suo cane e di un suo amico ha visto un uomo a terra nei giardinetti di fronte alla Reggia. Credendo si trattasse di una persona colta da malore, con il suo amico si sono avvicinati per prestare aiuto. Appena avvicinatisi, la ragazza ha subito riconosciuto la persona come colui che alcuni mesi prima, sempre in quel luogo, alla sua vista aveva iniziato a masturbarsi. Avuta certezza che non si trattava di una persona in difficoltà, con il suo amico si sono allontanati. Poco dopo, sempre in quella zona, mentre da sola passeggiava con il cane, nel voltarsi ha visto lo stesso uomo che mentre la seguiva si masturbava. Spaventata, ha iniziato a gridare. L'uomo, per tutta risposta, l’ha aggredita, colpita con un pugno e tentato di scaraventarla a terra afferrandola per i capelli. Un passante, attirato dalle urla della ragazza, è corso in suo aiuto chiamando anche i Carabinieri che, giunti sul posto, lo hanno bloccato e denunciato.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Cane e padrone: un patentino per i proprietari
Cane e padrone, un binomio che esiste dall'alba dei tempi eppure molti non sanno dell'esistenza di un patentino per i proprietari dei nostri amici a quattro zampe. Cane e padrone, quanti in Italia? Il cane è da sempre definito come il miglior amico dell'uomo. Calcolare quanti italiani abbiano in casa un amico a quattro zampe è una impresa molto difficile da realizzare. Basti pensare ad una delle ultime indagini realizzate da Legambiente sull'argomento. Secondo le amministrazioni comunali che hanno risposto, la media è di un cane ogni 7,5 cittadini residenti; ma solo il 36,1% dei Comuni rispondenti conosce il numero dei cani iscritti all’anagrafe nel proprio territorio, per un totale di 1.060.205 cani su 7.913.890 residenti.  Sulla base delle anagrafi territoriali più complete raccolte da Legambiente, la stima del numero di cani presenti in Italia, che oscillano tra 3 e 2 cani per cittadino residente, va dai 19.800.000 ai 29.800.000. Numeri analoghi per i gatti. Un patentino per... i padroni Numeri altissimi che possiamo vedere tramite i vari anagrafi canini italiani. Proprio da questi registri arriva il "collegamento" con un documento che in molti non conoscono: il patentino per i proprietari di un cane. Questo documento viene rilasciato ai possessori di cani che frequentano un apposito corso per diventare proprietari responsabili. Il corso intende fornire nozioni sulla normativa vigente e sulle caratteristiche fisiologiche ed etologiche del cane, in modo da indirizzare il proprietario verso il possesso responsabile. Ad organizzare i corsi per i proprietari dei cani sono i comuni, insieme alle Asl. Saranno sempre i comuni, in collaborazione con i servizi veterinari e in base ai dati dell'Anagrafe canina, ad individuare i proprietari obbligati a svolgere i percorsi formativi. Obbligatori o facoltativi? La domanda sorge spontanea: questo corso ed il relativo patentino sono obbligatori? La risposta è dipende. Di norma, i corsi ed il documento sono facoltativi ma comunque da seguire per essere un padrone responsabile e potrebbe essere utile anche per vuole adottare un cucciolo ma non sa precisamente a cosa vada incontro nella cura e nelle responsabilità di avere un cane. Diventa, invece, obbligatorio seguire i corsi ed ottenere il patentino per quel padrone che ha un cane con disturbi del comportamento o sono stati dichiarati "a rischio elevato" dal servizio veterinario della Asl. In questo caso, inoltre, le spese del corso sono a carico del proprietario. Perché è obbligatorio per i cani " a rischio elevato"? Una giusta domanda che ha bisogna della giusta risposta. Gli animali che hanno manifestato problemi comportamentali gravi o hanno causato lesioni a persone, animali o cose devono infatti essere elencati in un registro aggiornato, tenuto dai servizi veterinari. I proprietari di questi cani dovranno seguire un maggior numero di sessioni didattiche e seguire moduli pratici con il proprio animale. Normalmente, infatti, il corso dura 10 ore e per ottenere il patentino bisognerà superare un test finale. Read the full article
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dollyreblogs · 3 years
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     Do you know what would be funny?
     If Contessa and Duke Thomas were a couple.
     The reason why is they’d have a BatCat relationship for sure but since Flavia sees Duke as a brother and Contessa is her cousin, it’d just be so weird for her, and as much as both of them love Flavi, they can’t help but tease her a little.
   ��“So, uh, does Contessa have a boyfriend or something?”
    “EW! Duke, that’s my cousin!”
    “I know, that’s why I asked you.”
    Plus, I think Duke totally wouldn’t mind the fact she was deaf. Maybe he’d have a few misconceptions but she’ll right them. Also, Amico gets super excited when Duke is around and you just see this huge Cane Corso just tackle poor Duke to the ground whenever he visits.
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corallorosso · 3 years
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Ultimamente è scoppiata una grande polemica, in UK, perché una ragazza di lingua spagnola, avendo smarrito il suo cane, aveva messo un annuncio online per chiedere di contattarla nel caso in cui qualcuno lo avesse visto. Il problema è che il nome del cane della ragazza era “Ne*ro” (senza asterisco, ma altrimenti Facebook mi censura). In spagnolo, infatti, il colore nero si chiama così. In pratica, un po’ come se avesse chiamato il suo cane, che era nero, “Black”. Ma la cosa non ha convinto moltissimi inglesi che, sui social, hanno seguitato per giorni a dare della “razzista” alla ragazza. Diversi commenti sotto l’annuncio sostenevano, più o meno, che a questo punto sarebbe giusto cambiare la lingua spagnola e trovare un altro termine per indicare il colore nero. Sul serio. L’altroieri, in Missouri, il deputato democratico Emanuel Cleaver, ha concluso la sua preghiera, in apertura dei lavori alla Camera, con un meraviglioso “Amen and Awoman”. La sua intenzione, a quanto pare, era quella di rispettare la parità di genere, ma evidentemente ignorava che “Amen” non significa “Un uomo” in inglese, ma vuol dire “In verità” in ebraico. Sempre in Inghilterra, diversi telespettatori sono insorti dopo la messa in onda, da parte della BBC, di Grease. Secondo molti di loro si tratta di un film sessista, razzista e misogino. Questo perché in “Summer Nights” il coro chiede a John Travolta se Olivia Newton John “ha lottato” quando lui dice di averla baciata, e anche perché nel film non ci sono protagonisti neri. Il fatto che il musical si ambientasse in una scuola dei primi anni 50 e che i primi tentativi di scoraggiare la segregazione razziale nelle scuole, negli USA, risalgano al triennio 1954/1957 (ma le prime scuole multietniche “tout court” sono successive), evidentemente, non deve essergli particolarmente chiaro. Come non deve essergli chiaro che una frase attribuita a un personaggio di finzione degli anni 50 non può e non deve rispettare i parametri del pensiero del 2020. Altrimenti possiamo decidere che Hitler, nei film, d’ora in poi si debba preoccupare di rispettare i diritti degli ebrei e Jack lo squartatore si premuri di ammazzare uomini e donne in egual misura, temendo di essere accusato di essere un serial killer patriarcale. Potrei andare avanti a lungo, queste sono cose accadute solo negli ultimi giorni. Ora, probabilmente, se siete qui, sapete come la penso sui diritti civili, sulla parità di genere, sull’assoluta necessità di combattere il razzismo sempre e ovunque, non credo di doverlo ribadire. Ma questa roba fa male, malissimo, proprio a chi si batte per un mondo di pari opportunità per tutti. Queste derive demenziali del politicamente corretto sono pericolose, visto che non ottengono nessun effetto oltre a quello di togliere credibilità a chi si batte davvero contro le discriminazioni, perché viene associato a queste maledettissime stronzate. E la destra ha buon gioco a ridicolizzare quelli che, ogni giorno, puntano l’indice contro i numerosissimi episodi di REALE razzismo, di REALE discriminazione, di REALE sessismo, perché questo genere di idiozie finiscono inevitabilmente per screditare anche loro, trascinandoli in un vortice di cazzate politicamente corrette ormai apparentemente senza fondo. Una volta, come ho già avuto modo di raccontare, un amico mi disse che, secondo lui, il “politicamente corretto” (che negli USA ormai è diventato una sorta di nuovo talebanesimo laico), è stato uno dei motivi principali che hanno provocato la vittoria di Trump alle elezioni del 2016. Ai tempi mi era sembrata un’esagerazione. Più passa il tempo, più mi convinco che, in effetti, potrebbe essere dannatamente vero. EDIT: alcuni mi fanno notare che la polemica su Grease è stata sovradimensionata, in quanto si trattava della protesta di poche persone. Se preferite, sostituitela con la high school americana che ha appena abolito l’Odissea dal proprio corso di studi, reputandola un testo profondamente maschilista, con l’uomo bianco patriarcale Ulisse che lascia la povera Penelope a casa e se ne va a bighellonare in giro per il mondo. Emiliano Rubbi
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ama-god · 2 years
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"Questo è stato il 26 gennaio 1943. I miei piú cari amici mi hanno lasciato in quel giorno. Di Rino, rimasto ferito durante il primo attacco, non sono riuscito a sapere nulla di preciso. Sua madre è viva solo per aspettarlo. La vedo tutti i giorni quando passo davanti alla sua porta. I suoi occhi si sono consumati. Ogni volta che mi vede, quasi piange per salutarmi e io non ho il coraggio di parlarle. Anche Raul mi ha lasciato quel giorno. Raul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giú per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morí sulla neve. Raul, che alla sera prima di dormire cantava sempre: «Buona notte mio amore». E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi Il lamento della Madonna di Jacopone da Todi. E anche Giuanin è morto. Ecco Giuanin, ci sei arrivato a baita. Ci arriveremo tutti. Giuanin è morto portandomi le munizioni per la pesante quando ero giú al paese e sparavo. È morto sulla neve anche lui che nel ricovero stava sempre nella nicchia vicino alla stufa e aveva sempre freddo. Anche il cappellano del battaglione è morto: «Buon Natale, ragazzi, e pace». È morto per andar a prendere un ferito mentre sparavano. «State sereni e scrivete a casa». «Buon Natale, cappellano». E anche il capitano è morto. Il contrabbandiere di Valstagna. Aveva il petto passato da parte a parte. I conducenti, quella sera, lo misero su una slitta e lo portarono fuori della sacca. Morí all’ospedale di Carkof. Sono andato a casa sua, quando ritornai in primavera. Ho camminato attraverso i boschi e le valli: «Pronto? Qui Valstagna, parla Beppo. Come va paese?» E la sua casa era vecchia e rustica e pulita come la tana del tenente Cenci. E i soldati del mio plotone e del mio caposaldo, quanti ne sono morti quel giorno? Dobbiamo restare sempre uniti, ragazzi, anche ora. Il tenente Moscioni si ebbe bucata una spalla e poi in Italia la ferita non poteva chiudersi.
Ora è guarito della ferita ma non delle altre cose. Oh no, non si può guarire. E anche il generale Martinat è morto quel giorno. Lo ricordo quando in Albania lo accompagnavo per le nostre linee. Io camminavo in fretta davanti a lui perché conoscevo la strada e mi guardavo indietro per vedere se mi seguiva. «Cammina, cammina pure in fretta caporale, ho le gambe buone io». E anche il colonnello Calbo che era cosí bravo con i suoi artiglieri della diciannove e della venti. E anche il sergente Minelli era ferito lí nella neve: – El me s’cet, – diceva e piangeva, – el me s’cet –. Giuanin, troppo pochi siamo arrivati a baita, dopo tutto. Nemmeno Moreschi è ritornato. «Possibile una capra di sette quintali? Porca la mula sempre Macedonia». E neanche Pintossi, il vecchio cacciatore, è arrivato a baita a cacciare i cotorni. E sarà morto pure il suo vecchio cane, ora. E tanti e tanti altri dormono nei campi di grano e di papaveri e tra le erbe fiorite della steppa assieme ai vecchi delle leggende di Gogol e di Gorky. E quei pochi che siamo rimasti dove siamo ora?"
da Il sergente nella neve, di Mario Rigoni Stern.
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goodbearblind · 3 years
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(10.8.2019) "Dion Leonard è un atleta che corre al 4Desert Race, una maratona estrema ed estenuante fatta di oltre 250 chilometri; Gobi è una piccola randagia color nocciola, che il maratoneta incontra per caso nella catena montuosa Tian Shah. Un amore a prima vista, almeno per la cagnolina, che decide di “adottare” il suo nuovo amico, senza mai lasciarlo solo durante tutto il percorso. Per cinque lunghi giorni, Dion e Gobi hanno corso assieme dividendosi le fatiche, l’acqua, il cibo e perfino lo spazio per dormire, facendosi compagnia e sostenendosi a vicenda. Mai e poi mai, l’atleta si sarebbe aspettato tanto affetto da un cane randagio." Fonte: https://www.greenme.it/informarsi/animali/cane-percorre-km-maratoneta/ . . #dionleonard #gobi #4desertrace https://www.instagram.com/p/CSYp4s5DR0M/?utm_medium=tumblr
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donaruz · 2 years
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2 agosto 1980 ore 9,00
«Forza Carmelo! È ora di alzarsi, bisogna correre in stazione, c’è il treno che ci porterà da papà!»
«Uffa, va bene, mi alzo» Il piccolo Carmelo ancora frastornato per la giornata precedente dove aveva mangiato un buonissimo gelato e corso per le vie di Bologna come un giovane esploratore in una terra sconosciuta. Osservava tutto. Carmelo era alto, non dimostrava la sua giovane età e con quel bellissimo binocolo che gli aveva regalato suo zio e i pantaloncini corti era perfetto come ricognitore dell’ignoto. Aveva gli occhi azzurri, la mamma per scherzare diceva sempre che era figlio di qualche Dio dell’Olimpo greco; nessuno in famiglia aveva gli occhi azzurri. Da grande voleva studiare gli animali e girare il mondo alla scoperta di nuovi territori. Era un esploratore ancora prima di esserlo davvero.
Una semplice ma abbondante colazione e poi un bacio forte a Tobia, il cane. La strada è breve fino ai treni ma quella mattina i parenti devono portare la macchina dal meccanico, una vecchia fiat 127 ormai al termine. La decisione è presto fatta, si va in stazione a piedi, tanto il treno è alle 11, c’è tempo...
Carmelo è contento, ha visto una grande città del nord, piena di gente che corre, non ha capito il motivo ma si diverte a vederli indaffarati, al suo paese sono molto più tranquilli. Poi, finalmente, vede i treni. Che amore che ha per i treni! Ogni domenica il suo papà lo porta alla piccola stazione del paesello a vedere i treni che partono, ora anche lui potrà salire su quelle macchine meravigliose fatte di ferro e legno per ben la seconda volta nella sua vita.
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«Mamma!, mamma mi piacerebbe tanto avere un amico cane, ma tanto tanto!»
«Va bene piccolo, vedremo, quanto torniamo a casa ne parliamo con papà e se lui è d’accordo andiamo al canile»
«Che bello!, che bello!, sono sicuro che il papà sarà d’accor……»
BUUUMMM!?!
«Mamma, mammaa, aiuto! Dove sei? Ho paura! è tutto buio, mamma aiuto è tutto buio..»
Suoni, strani suoni di ferro caldo. Un caldo feroce; gemiti che provengono dal treno di fronte ai binari, gemiti sempre più profondi e poi...urla disperate. Chi cerca la mamma, chi il fratello chi l’amico, la compagna, il figlio. Ma loro non sono più in stazione, sono stati sbalzati a 100 metri di distanza per l’onda d’urto. Come delle foglie strappate ai rami di un albero autunnale.
Poi il fumo si dirada e s’intravede il disastro.
«Mammaa!, dove sei? Dove sei?» Carmelo sembra un minatore appena uscito dalla galleria; la galleria più profonda del suo piccolo paese.
«Vieni piccolino, vieni in braccio, ti aiuto io!» Un ragazzo di 20 anni, una divisa da vigile del fuoco. Il ragazzo è nero come Carmelo, zoppica, ma continua a togliere pezzi di cemento dal piccolo corpo del bimbo. Solleva calcinacci pesanti e taglienti, rossi dal caldo; le sue mani ustionate, ma continua a spostarli. Alcuni giorni dopo venne ricoverato in ospedale per le ustioni. Perse tre dita di una mano.
«Chi sei? Dov’è la mia mamma?» Carmelo è sepolto da una montagna nata dalla violenza.
«Sono un amico della mamma… stai tranquillo»
«Ma cos’è successo?» La sua voce non è più quella di un giovane esploratore, ora è rauca, piena di polvere e distruzione.
«Niente, non è successo niente. Piccolo…non è successo niente»
Fine
In Italia non succede mai niente.
La Rosa dei venti, Il golpe borghese, piazza Fontana, Gioia Tauro, Reggio Emilia, Brescia, l’Italicus, Genova, Il rapido 904, Bologna, Ustica, Firenze, Milano; non sono niente. Non è successo niente. Non è STATO nessuno. In fondo qualche pezzente, qualche moglie di pezzente, qualche figlio di pezzente cosa volete che sia, incidenti di percorso; incidenti per una democrazia migliore, più libera, più ricca. In Italia non è mai STATO nessuno, una cena tra poteri, un brindisi e poi le direttive agli organi di informazione:
“Dovete dire questo, dovete dire quello, dovete dire che non è successo niente; arriva l’estate mandiamoli in vacanza tranquilli, poi, quando tornano, avranno dimenticato tutto”
Ma non avete preso in considerazione una cosa: voi! infami manovratori dietro le quinte, migliaia di occhi hanno visto, sentito, sanguinano ancora. Loro lo sanno chi è STATO. Potete manipolare tutto, cancellare tutto ma dietro il vostro secchio di vernice bianca democratica ci sono pareti rosse di sangue pulito.
Quelle non potrete mai più cancellarle.
-A Carmelo e a tutti i morti e feriti di quella mattina spensierata di un agosto solare-
(Breve parte dal racconto "Piccolo esploratore" contenuto nel libro "Stelle cannibali" ED. Il Foglio 2022)
Olmo Losca fb
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libero-de-mente · 4 years
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DIARIO DI UNA QUARANTENA
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• GIORNO 4
Restiamo distanti oggi, per litigare meglio domani.
Con l’emergenza del coronavirus e la conseguente quarantena causa forza maggiore, che ci porta a una convivenza condominiale forzata, sono venute a scemare quasi tutte le diatribe o litigi in atto tra i vari condomini.
In alcuni casi, come per i single ad esempio, si cerca una complicità quasi da amici di vecchia data per sentirsi meno soli. Ecco che nella chat Condominio Bellavista di Via dei Ciechi di “Uozzap” ci si dà degli appuntamenti. Tipo “Ci troviamo al pianerottolo del quinto piano per un ape?”, “Si dai ci sto io porto le patatine”, “Fantastico ho una bottiglia di prosecchino in frigo”, “A che ora?”, “Facciamo per le diciotto?”, “Va bene, allora io parto un po’ prima perché arrivo dal piano terra”, “Oh, quando passi per il primo piano mi suoni che andiamo su insieme?”, “Si dai ti faccio uno squillo quando prendo la prima rampa di scale”.
In tutta sincerità non con tutti funziona, ci sono anche quelli litigiosi o burberi. Il menestrello del condominio l’artista GianGianni Mordenti scrisse una canzonetta a tal proposito, quando ebbe da dire con il sig. Tano Caputello. Ogni volta che lo incrociava per le scale il Mordenti che ha sempre, e ripeto sempre, la chitarra con se la imbracciava e cantava “Caro amico ti schivo, così ti distanzio un po’ e siccome sei molto vicino io più forte ti allontanerò”. Fu anche un discreto successo nel condominio, la stessa signora Tamara Longaretti (vedi primo ep. ndr) che per un po’ ci maciullò i timpani cantandola sotto la doccia. Il sig. Tano Caputello quello del quarto piano, è un uomo dal carattere molto iracondo ed è meglio scherzarci poco. Alcune voci su di lui lo accostano al clan degli Scrotolesi, una famiglia di stampo mafioso dedita al racket del riciclo degli Arbre Magique in città, per questo evitiamo come la ̶p̶e̶s̶t̶e̶- pardon… come il coronavirus di avere discussioni con lui. Spesso chi aveva da ridire con lui si trovava una testa di cavallo fuori dalla porta. Anche se negli ultimi episodi usò del caciocavallo, questo perché sembra che sua moglie Concetta Locaco abbia imposto in famiglia una rigida dieta vegetariana. Il Caputello è abituato agli arresti domiciliari, ma da quando la quarantena ha imposto anche alla moglie di stare a casa lo stesso dice di essere sprofondato nel regime casalingo del 14 bis.
In altri casi la quarantena sta mettendo a dura prova dei matrimoni e delle convivenze, oppure delle relazioni extraconiugali. Come la signora Gaia Loprendo moglie del Dott. Fulgido Mancante, la signora Gaia è una nota fredigr… fedrigaf… fradrific… insomma, caro diario, lei è una che allegramente si concede scappatelle. Ieri ha esposto un cartello sul terrazzo con scritto “Andrà tutto bene”. Con i complimenti di buona parte del condominio. Pochi sanno che il cartello è rivolto al condominio dirimpettaio, dove abita un certo Temistocle Pilone, un meccanico d’auto play boy di lungo corso. Lui viene da Cesenatico e con la sua cadenza alla Andrea Roncato del film “Acapulco, prima spiaggia… a sinistra” ha effettuato più controlli a smorzacandela alle automobiliste che alle candele delle automobili. Comunque per risposta ha esposto anche lui un cartello “In astinenza oggi, per godercela domani”. Teneri.
Ci sono poi i nostri amici a quattro zampe che privi di libertà nello scendere a sgambettare nel parco pubblico, cominciano a dare segni d'irrequietezza. Come il cane che vive al terzo piano, si chiama Morsicàlo. Il suo proprietario, il signor Aldo Barzizza, si è beccato spesso insulti e denunce. Quando il suo cane si allontana e si avvicina a degli estranei lui lo richiama a se: “Morsicàlo, Morsicàlo!”, così la gente si spaventa molto. Piuttosto io lo avrei chiamato Leccalo, magari la gente si preoccupava un po’ di meno. Mah!
Il Dcpm (Domani Chiunque Può Morire) ammette però di portare i cani a fare i loro bisogni, ma molti hanno paura e cercano di limitare le uscite. Non tutti. Adriano Zampetti, inquilino del sesto piano di cui si sa ben poco se non che è sposato con figli alla ballerina di night tal Natasha Laprona, usa lo stratagemma di vestire il più piccolo dei suoi figli con il pigiamone di Pluto con tanto di cappuccio con orecchie, poi dopo avergli messo il collare scende in strada dicendo di portare il cane a passeggio. Per uscire un po’ e fare quattro passi. Questa mattina però ha incontrato sul tragitto una coppia di poliziotti in perlustrazione, per non dare nell’occhio ha obbligato suo figlio a fare pipì contro un albero. Zampetti era convinto che la cosa funzionasse, ma i poliziotti hanno capito che era strano vedere un cane fare la pipì in piedi, singhiozzando dalla vergogna. Sembra che il Zampetti se la sia cavata con un cazziatone epocale, senza denuncia.
Comunque caro diario stare a casa non è male, hai tante cose da fare, pensa che ho scoperto che il pavimento di casa mia è costituito da 1.854 piastrelle e 897 listelli di parquet.
Magari dopo che hanno dato il Premier in televisione scendo per un po’ di movida serale, vado a buttare l’immondizia.
Mi chiamo Juri Quarantino e questo è il mio diario di quarantena.
Pagina 4 (to be continued)
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lamilanomagazine · 4 months
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Pesaro, "Natale insieme, amico cane" dà appuntamento sotto l'albero; il Comune distribuirà 200 borracce ai presenti
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Pesaro, "Natale insieme, amico cane" dà appuntamento sotto l'albero; il Comune distribuirà 200 borracce ai presenti «Un modo comodo, e più sostenibile, per aiutare i proprietari dei cani a pulire le deiezioni liquide e mantenere più bella e pulita la città», così Enzo Belloni, assessore all'Operatività, spiega l'iniziativa che, il 25 dicembre, in occasione di "Natale insieme, Amico Cane", porterà l'Amministrazione comunale, in collaborazione con Marche Multiservizi a distribuire 200 borracce brandizzate Pesaro 2024 e MMS a chi si presenterà col proprio amico a quattro zampe in piazza del Popolo. I contenitori saranno consegnati durante «Un appuntamento irrinunciabile per gli "amici di Fido" - continua Belloni -. "Natale insieme, Amico cane" da 33 anni lancia un messaggio di rispetto e tutela degli animali, e quest'anno, anche un'attenzione maggiore all'ambiente e all'aspetto della nostra città che, insieme, possiamo rendere ancor più bella e pulita», come previsto anche dal Regolamento per la tutela e il decoro del patrimonio culturale del centro storico. L'appuntamento con "Natale insieme, Amico cane" è in programma lunedì 25 dicembre, sotto l'albero in piazza del Popolo, dalle ore 21.30. I proprietari e i loro cani si ritroveranno per uno scambio di auguri e di saluti. Chi vorrà potrà portare un barattolo di carne o altro cibo confezionato per i cani più sfortunati. Alle 22.30 il gruppo, si sposterà alla chiesa di Sant'Agostino (corso XI Settembre), per la benedizione degli animali. L'iniziativa ideata da Ettore Florio, ha il patrocinio del Comune di Pesaro e la collaborazione di Enpa.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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millepiccolinsetti · 5 years
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eppure pensavo che sarebbe stato il primo lunedì senza trappole nel mio cammino, senza ostacoli, senza il rischio di precipitare, di cadere, di sbucciarsi le ginocchia, di farsi male sul serio. sono in camera. ho ancora indosso il pigiama, e ho gli angoli della bocca sporchi di latte. una vespa ronza davanti ai miei occhi. così mi appare: un punto nero fosforescente, che percepisco peloso, un corpo minuto, che occupa poco spazio ma che in quello spazio moltiplica in suoi pochi centimetri all’infinito. la vespa ronza, ronza. si avvicina ai libri della libreria. fugge da me, a dirla breve. a me gli animali che possono attaccarmi fanno paura. non sono abituato. ho vissuto la maggior parte della mia vita fuori dalle campagne, fuori dalla natura. nella culla dei soggiorni delle case in cui mi sono trasferito prima con entrambi i genitori, poi con una sola madre. cresciuto da una sola madre. il padre, assente. sparito dalla circolazione. a volte mi chiama per farmi gli auguri. è sempre il giorno sbagliato. gli dico, papà, questo non è il mio compleanno. sorride. posso vedere il ghigno al di là della cornetta. quel ghigno malefico con cui accompagna un saluto imbarazzato quando mi vede per strada. il ghigno di una persona che non ha voglia di vedermi. che saltava i weekend dedicati a lui. ha fatto male alla mamma. per me esiste solo la mamma. ha dovuto crescermi da solo, e mi lasciava nell’ambiente sicuro della sala. davanti a una televisione a vedere in loop i cartoni animati. a gambe incrociate, sul pavimento. il freddo pavimento. a stringere le dita dei piedi e ciondolare avanti e indietro. fuggo anch’io dalla vespa. lei fugge da me, io fuggo da lei. non ci conosciamo, siamo spaventati. io socchiudo la porta, sorreggo le spalle sul muro lì vicino, aspetto qualche secondo, sospiro, rientro. la vespa è sparita. la vespa non c’è. avrà avuto il tempo di scappare, questi cinque o dieci secondi saranno stati abbastanza per ritrovare la via di casa. eppure è strano. dieci secondo. così poco. così. poco. controllo dietro ai libri, controllo dietro agli specchi, agli armadi, controllo sotto il letto, sotto le coperte, penso ma dove si sarà cacciata, io so che sei qua, non farmi paura, per favore, non farmi scherzi. dicono che una vespa che sparisce sia un brutto segno. forse ha avuto il tempo, qualche attimo per riposarsi e poi via, verso il cielo. che animale intelligente. così furbo. non darebbe a vedere...eppure. ho cercato su google. le vespe si nascondono ovunque, nelle scatole che colleziono copiose nel mio appartamento. un altro trasferimento. dieci anni dopo. dieci case dopo. questa l’undicesima. ho comprato una torta. ho messo sopra undici candeline. le ho spente con un bel soffio. ho portato le scatole su dalle scale. mi sono lasciato con la fidanzata. la casa, la casa...era sua. non c’era modo di stare assieme. incompatibilità. non possiamo stare assieme, davide, non ora. scusami. non siamo compatibili. c’è qualcosa, in te...non posso farmi inghiottire dalla tua oscurità, scusami. devi scacciarla da solo. ci faremmo divorare in due. non posso far sì che questo mostro faccia due vittime. non posso sacrificarmi con te. non posso proprio. dopo tutto quello che ho sacrificato, nella vita. devo cercare di appigliarmi a quel poco di felicità che mi rimane, capisci? ho discusso la sua opinione. ho fatto finta che non ci fosse un accidente di oscurità in me, nella mia vita. ho detto una bugia. no sofia...io sto bene...basterebbe solo un attimo, un po’ di tempo, poi le cose si rimetterebbero in sesto...ti ricordi i primi mesi, che andava tutto bene...ero sempre sorridente, non c’era una cosa fuori posto...poi ho preso scatole e scatoloni. non ho lasciato niente, da sofia. non uno spazzolino, non una pentola. ho cacciato tutto nelle scatole. non c’era un amico a portarmi via la roba, così ho chiamato un tizio che fa il trasloco delle case. è venuto di sopra, da sofia, con me. lei stava con le mani sui fianchi, ci guardava in silenzio, imbarazzata. poi è andata da un’altra parte, in un’altra stanza, a fare altro. fingeva di fare altro, pur di non dover assistere a questa scena penosa. io prendevo e portavo le scatole col ragazzo. non volevo fargli fare tutto da solo. no, questa lasciala a me, gli dicevo. e mi guardavo la punta delle scarpe con uno sguardo da cane bastonato. la vespa. ho letto su internet che nidificano ovunque. ho controllato dietro gli armadi, dietro gli specchi, sotto le coperte, sotto al letto. l’ho fatto per giorni. nulla che potesse farmi sospettare che fosse rimasta qui da me per davvero. è solo una mia paranoia. ma avevo così paura. ci pensavo così spesso. e vedi un po’ se non ho guardato bene...ci sono armadi troppo grandi per poterli spostare da solo...e quell’interstizio tra la camera da letto e il bagno? se è abbastanza furba...potrebbe essersi ficcata lì. vivevo col terrore. una notte l’ho sognata. la vespa, proprio lei, sfuggente, ora però grande, cresciuta, già adulta, troppo adulta, così adulta dall’essere a ridosso della vecchiaia, disgustosa, mefitica, e mi guardava con due grandi occhi da essere umano ma con un’espressività crudele da cartone animato. si avvicinava lentamente col pungiglione e mi diceva: ora vedi un po’ che ti succede! e poi mi svegliavo. è una premonizione. questo sogno dice qualcosa. succederà, presto o tardi. la vespa si sveglierà dal caldo torpore del suo nascondiglio. farà dei cuccioli, prolifereranno in questa casa. più ne avrò paura, più prolifereranno. con gli incubi funziona così. più ne hai paura, più proliferano. più hai paura, più procreano tra di loro, generano altre paure. paure ancor più orrende, deformi, vomitevoli. lo dico al mio coinquilino, il mio coinquilino debosciato. ho paura che mi prenda per matto. gli dico: paolo, penso ci sia una vespa, qui in giro. è entrata per un attimo in camera, e io sono uscito dalla camera, sempre per un attimo, perché lo sai, ho paura...rientro, e non c’è più. non è che ha nidificato? forse dovremmo controllare. forse sei un cagasotto, mi dice lui. e avrà ragione. sono un cagasotto. ma l’incubo mi consuma, accarezza la realtà nei sogni, e nei sogni il pungiglione mi accarezza la pelle, la stuzzica, forgia i nomi delle mie paure sull’epidermide. non si conficca mai, no: è un avvertimento. può succedere, se non stai attento. può essere che la vespa ci sia davvero, se non stai all’erta. se non fai attenzione, può essere che la vespa, adulta nella sua deformità, raggiunga il tuo misero corpo umano coi suoi figli e figliocci. può essere che usino la tua carne come terreno di allenamento per apprendere le loro abilità di difesa. un occhio ovunque, davide. un occhio alle spalle. stai attento. ma l’incubo, più ne hai paura, più si moltiplica. allora potrebbe essere ovunque, dietro alla porta, a casa di sofia. un giorno bisognerà chiamare sofia, e dirle che la vespa potrebbe essere finita persino a casa sua. non si sa mai. le vespe seguono percorsi inimmaginabili. dopo due settimane di terrore torno a casa dal lavoro. succede quello che ho sempre temuto. vado in cucina, prendo un bicchiere dal lavello e sotto al lavandino, vicino ai tubi di scarico, lo vedo. per la prima volta, nella mia vita, coi miei nudi occhi. non mi era mai accaduto. beh, a voler essere onesto nei giorni precedenti ne avevo già fatto una conoscenza esteriore su youtube, per documentarmi. per prepararmi. ora era così, a un passo e mezzo da me, reale. come quando vedi un amico che hai solo conosciuto online. un impasto di legno a forma di sfera. una struttura assimilabile a quella di una stazione spaziale aliena, se dovessimo immaginarne una. deforme e spaventoso come me lo immaginavo. un buco sull’estremità superiore, perché possano uscire e rientrare. un lavoro certosino di creature ignobili. caccio un urlo. fuggo dal mio coinquilino. sono in lacrime, ansimo. riesco a malapena a parlarne. paolo, ma l’hai visto?! tu sei tutto il giorno a casa, e non mi hai detto niente?! sì, davide. certo che l’ho visto. che problema c’è. ma come che problema c’è?! abbiamo un cazzo di nido di vespe in casa, e tu pensi non ci sia nessun problema?! oh, dio, davide. si vede che non hai mai vissuto in campagna. che sarà mai. al massimo entrano...poi escono, dal buco dell’estremità...questa è la natura. vorresti interrompere il corso della natura, davide? e se mi pungono? e se ti pungono, davide? qual è il problema? ti faranno male. imparerai a conviverci, come tu imparerai a convivere con loro. e poi io non le ho mai viste. tu le hai mai viste, in giro? probabilmente volevano lasciarci un regalino, tutto qua. non si faranno vedere, te lo assicuro. oh, beh...se credi che questa sia l’opzione migliore...ti darò corda. ecco, bravo. dio, stai tranquillo. sei sempre così nervoso. non capisco che cazzo ti prende, davvero. sì, forse ho ecceduto. scusami. l’incubo. col terrore si convive. ho paura che possano volare sopra il mio naso di notte, ma io. ora sono confortato. io. ora penso che non potrebbero farmi così male. certe volte sogno di accarezzare il nido. immagino le vespe felici, la madre che porta ai pargoletti il cibo quotidiano, mi si scalda il cuore. e pensare che le volevo bruciare...volevo chiamare i vigili del fuoco...ma quanto sono esagerato. non so proprio controllarmi. passano i giorni. vado e torno dal lavoro con una mente ebete, non mi sembra di vivere: la realtà mi sembra irreale. il nido sta prendendo più spazio. non vediamo mai le vespe, no, ma certe volte sotto il nostro sguardo il nido cresce lentamente, con un movimento che sembra virtuale, come quello delle nuvole quando c’è troppo poco vento: la sfera legnosa si gonfia di una frazione micragnosa di un millimetro, prende una fetta piccola piccola dello spazio ma abbastanza grande perché noi ce ne possiamo accorgere. non ce ne preoccupiamo troppo. abbiamo imparato a convivere col nido, non importa più nulla. io ho paura, sì, ma è come una gamba monca per uno zoppo. impari a vivere come se fosse il grado zero della tua esistenza. non c’è vita prima del nido, non c’è vita oltre il nido. non se ne parla, di dargli fuoco, non ci penso nemmeno a cambiare casa. la sofferenza è come il cerchio di fuoco che deve attraversare l’asino prima degli applausi dal pubblico pagante. vale la pena di qualche notte insonne. del terrore degli occhi imenotteri che ti guardano nel buio, appollaiati nell’alto del mobilio, che aspettano un momento di insicurezza, quello in cui ti coglie il sonno, per attaccare. il nido non può morire. il nido sono io, il nido siamo noi: cancellarlo equivarrebbe a cancellarci. il nido cresce, cresce. occupa porzioni della nostra cucina sempre più sostanziose. quasi non possiamo muoverci. il nido cresce, a un certo punto torno dal lavoro e non posso aprire la porta. il nido ha preso la casa. è sua, ora. chiavi in mano. l’abbiamo venduta al nido. contratto e tutto il resto. firmata. scatoloni, suoi. spazzolini, coperte, affar suo. è tutto-tutto-tutto suo. non voglio più vederne niente. nell’incubo hai proliferato e ora puoi goderti tutto. hai vinto tu, e la mia vita ormai dipende dalla tua enormità. succhi via ogni mia linfa vitale, e io la cedo volentieri, tuo schiavo. la mia esistenza è donata alla tua crescita. e avrò paura quanto vuoi, perché tu possa crescere. mamma, papà, sofia, non c’è sofia che tenga. il nido, gigante, mi costringe all’addio. non posso entrare, anche volessi. occupa tutto lo spazio. nessun ultimo saluto alle mie mura quotidiane, che avevo conosciuto da così poco ma già erano entrate nel mio cuore. scendo le scale di corsa, aggrappandomi ai pantaloni eleganti dell’ufficio. sono già fuori. da lontano vedo il nido. straborda dalle finestre, la sua imponenza è ormai evidente a qualsiasi passante. si fa strada un piccolo piacere perverso, in me. il piacere di farla finita. chiamo i vigili. salve, in cosa possiamo esserle utili? c’è un nido, in casa mia, è molto grande. è davvero molto grande. dovreste mandare tutti gli uomini che avete lì in stazione, perché ce n’è davvero bisogno. non so nemmeno come ci si possa disfare, di una roba del genere. non so come spiegarvelo. è gigantesco. ok, arriviamo subito. non c’è spazio per entrambi. non c’è spazio per uno solo. o vivi tu, e io mi dimezzo, o muoriamo entrambi. così ho scelto. e la paura, quella piccola, deliziosa paura...quella paura di amare, e i pomeriggi ciondolanti davanti alla tivù, da piccolo...tutta polvere ammucchiata negli angoli di casa tua. sono sul ponte. mi lancio.
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ospiteepasseggero · 4 years
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Rivista Fare Voci, maggio 2020
https://farevoci.beniculturali.it/
In viaggio con Tobia
Giampaolo De Pietro, “Dal cane corallo”
di Ilaria Battista
A volte, se siamo fortunati, un quadrupede ci sceglie come compagni e decide di portarci a spasso attraverso la vita. Magari pensiamo di essere noi a tenere il guinzaglio ma, in verità, come intuisce Giampaolo De Pietro in questo suo nuovo libro “Dal cane corallo”, il passo lo decide qualcun altro, e quel qualcuno non siamo noi. A volte, se siamo fortunati, un quadrupede decide di insegnarci parole nuove, e se siamo così intelligenti da ascoltare, scopriamo di parlare nuove lingue, i cui suoni prima ci erano del tutto sconosciuti, perché vedevamo il mondo a misura d’uomo, e non a misura di quadrupede. A volte, se siamo fortunati, e se teniamo gli occhi bene aperti, possiamo assistere ad antichi rituali che coinvolgono il quadrupede, che sia il corteggiamento di un cespuglio o la rincorsa di un sacchetto gonfiato dal vento. A volte, se siamo fortunati, il quadrupede ci insegna ad ascoltare il giusto, il dovuto, perché il quadrupede non spreca parole, non spreca fiato, anzi ce ne fa dono, non si fa domande inutili che vadano al di là del suo prossimo pasto e anche quando si rivolge al cielo per una preghiera, non chiede cose impossibili, che lo sa già che certe cose non si chiedono. Non perché sia inutile chiedere, ma perchè in certi casi è più utile tacere. A volte, se siamo fortunati, il quadrupede non occorre che sia in pelo e bava e ossa, puo’ essere anche di carta impastata di parole, il riflesso di un cane esistente e scodinzolante che arriva fino a noi. Giampaolo De Pietro ha avuto la fortuna di essere scelto da Tobia, ha avuto la capacità di ascoltarlo, di accogliere le nuove parole che Tobia gli ha insegnato e noi siamo fortunati che abbia scelto di condividerle, così che anche noi, fortunati lettori, ci trovassimo a fare un pezzo di strada guidati da un cane col naso di velluto e un mantello giallo, battezzato Tobia, il cane corallo.
(il libro è illustrato dai disegni di Francesco Balsamo)
Dal libro:
Tobia mi ha dato molto fiato col fiuto esagerato è un cane naso di velluto
Tobia vestito di giallo un cane col mantello che sa far la corte ai cespugli
Tobia è pure una papera un leoncino impaurito un fenicottero un fiore d’acanto
*
Quando rimprovero il cane divento un tantino più uomo idiota poi lui si affaccia alla fontana con un salto e beve alla mia salute e a quella dell’anziano signore lì di fronte seduto per il di lui favore e consiglio di ridurre il getto d’acqua (dice a me, il cane approva, forse) per agevolarlo a dissetarsi un poco meglio; Tobia beve un altro sorso e mi dirige verso casa, non prima di aver ringraziato con l’occhietto destro, la coda a dondolo, me al guinzaglio
*
Santi e stelle cadenti vi chiedo in pubblico quattro Piccole cose come favori da parte del mio cane: un po’ di coraggio in più, di tolleranza nei confronti della gatta vicina, di qualche possibilità di andarsene a spasso da solo – dunque qualcosa che ha a che fare con l’emancipazione – e, pure nessun’altra puntura di vespa o fastidio o ronzio di ape, e tanta salute e qualche biscotto straordinario *** (una cagnolina disposta a darsi non so, non si chiede forse a un santo e neppure a una stella in caduta)
*
Chissà se, poi, e come, semmai, gli animali s’immaginano la morte coi loro occhi bui dai loro brividi, coi denti e le paure gli sguardi penombrati
(forse sono liberi da quest’altro impiccio, forse non lo hanno, lo fiutano, lo difendono)
forse una protezione del cuore li distacca li avviluppa domando le domande?
Chissà che salti in alto e tuffi in largo che vertigini e altri colori e immaginazioni chissà che acrobatici sogni bianchi neri, rossi…
*
Tobia Uno scherzo In coda O uno scodinzolio
Intervista a Giampaolo De Pietro:
Partiamo dalla dedica che apre la raccolta, “Tu non sai quanto fiato mi dai”. Può sembrare una frase semplice, ma secondo me racchiude tante verità della vita in comune bipede quadrupede. Hai più fiato perché ti ritrovi a correre dietro al tuo maestro di avventure e diventi un atleta della rincorsa, ma hai più fiato anche perché scopri luoghi che prima non avevi mai riconosciuto, pur avendoli sempre visti, perché parli con altri bipedi accompagnatori di quadrupedi a cui prima non avresti regalato neanche un respiro di ciao; e secondo me soprattutto perché escono dalla tua bocca parole di cui non sospettavi l’esistenza, e lo fanno con una naturalezza, che è appunto un ordinario respirare. Ti riconosci in questa descrizione o la tua idea di fiato era qualcosa di completamente diverso? Hai detto naturalezza, quello che inseguo e che proprio per natura dovrebbe portarci a imitare un tantino il modo degli animali, quello del respiro che ci rende tutti esseri viventi. Il fatto di esserne – in forme diverse – consapevoli. Io ci proverò sempre! Tu non sai quanto fiato mi dai, quasi un cantato, più che una dedica, è un motivo.
Una delle immagini più poetiche che ricorrono nei tuoi versi è quella di Tobia che fa la corte ai cespugli. Leggendoti disegno nella mente un cane molto compito, a se stesso molto presente, dai tratti eleganti, come un gentiluomo dei tempi passati che intrattiene con gli arbusti silenziose ed essenziali conversazioni a cui si addicono parole antiche. Si intravede la scelta accurata che hai fatto delle parole che descrivono le emozioni condivise in questi passi compiuti a sei zampe. Sono versi nati spontaneamente o sono frutto di un’accurata revisione linguistica, di un continuo lavorarci accanto? Un gentiluomo dei tempi passati: dici, di Tobia – sorrido, sai che ho sempre cercato di non trasformarlo, ma proprio come immagine in me (in mente o nei miei pensieri “figurati”), in una personificazione? Di una figura umana, s’intende – piuttosto, un giovanissimo antico bambino con la coda e il manto, le orecchie ipersensibili e il fiuto straordinario: dunque, una creatura meravigliosa, meravigliosamente attenta, naturalmente, alla vita, così dentro e pure fuori la circolarità dell’esserci (senza “problemi amletici”!), inesorabilmente, veramente! Non vuol dire che sia “più” o “meglio” di noi umani, ci tengo a considerare che tra i versi questa “sfida” non esiste né sussiste, perché io, cioè chi li ha scritti, non sento di avere il bisogno di rapportare noi e gli animali in questa pseudo-competizione, chi meglio chi peggio, chi più chi meno, no no. Ah, sulle scelte linguistiche, neppure direi. Naturalezza, si scrivevano i versi, inizialmente, ovvero passeggiando dall’inizio (avevo sempre desiderato avere un cane amico, sin da bambino, finché non è arrivato lui, il cane corallo, grazie alla mia amica Marcella), prima erano parole-cucciole, poi parole che respiravano lunghe passeggiate. Io vivevo un periodo particolarmente difficile. E le parole non mi trovavano, né io potevo averne, di libere. Lui sì, non ne aveva, era il lessico giusto, il silenzio, il fiato che c’era e c’è. Ho cercato di fiutare i versi, di lasciarmi scrivere da loro, come sempre credo di dover imparare a fare. E ho avuto, come dici tu, un maestro, sono stato fortunato! Ho molto limato, alla fine, quando i testi hanno preso la direzione, nonché mia volontà di essere e diventare libro.
La preghiera che indirizzi ai santi e alle stelle cadenti a nome di Tobia è così intima che ad un certo punto mi sono chiesta chi dei due parlasse a nome dell’altro. È Giampaolo che chiede a nome di Tobia un po’ di tolleranza in più, un po’ di coraggio e un po’ di dolcezza, o è Tobia che chiede tutto questo per Giampaolo usando la sua voce? La preghiera mi ha fatto tanto sorridere, è nata spontanea, ed era anche commovente. Ogni preghiera secondo me dovrebbe sorridere e insieme commuovere. Care stelle cadenti… viste da me (i cani vedranno le stelle cadenti?), i santi (i cani li hanno conosciuti nel corso della storia, certo) li ho interpellati come per una chiacchierata un poco magica un poco stramba, nel chiedere loro alcune cose da parte del cane, che non aveva un suo modo di domandare (pregare è un po’ chiedere?!?), domandare una grazia? Scodinzolando, a piccoli ululati e con gli occhi e i salti, il cane corallo ci riusciva, i cani possono allora avere un modo molto naturale di pregare! Ma dico forse, mi leggesse qualche “serioso credente”, potrebbe prendermi alla lettera. Comunque, era un gioco, rispettosissimo, ed anche un mio modo, forse (c’era, fra le varie richieste) di voler proteggere India, la bellissima gatta nera dei vicini, dalla non proprio simpatia che Tobia, davvero un cane-dingo (sì, elegante e antico e pure molto selvaggio! E non amico dei gatti ahimè) dimostrava quando la incontrava.
Ai tuoi versi si accompagnano le immagini, un tutt’uno quasi necessario. Versi e immagini sono per te due mondi che scorrono paralleli e che possono esistere uno senza l’altro o due mondi che si contaminano uno con l’altro e che non potrebbero esistere separatamente? I disegni di Francesco Balsamo sono arrivati in seguito, quasi un modo per stare tra la parola e il fiato, come un altro elemento necessitato per far sì che tutto potesse raggiungere la naturalezza desiderata. Credo che le immagini possano dire tanto, tutto talvolta, senza la parola. Che la parola possa immaginare al punto massimo e altro, non necessitando di immagine. E credo pure che insieme, senza “parlarsi addosso”, possano creare persino inventare e sostenere il peso impossibile della poesia. Forse non sono né verbo né soggetto, in tal caso, ma udito. (???) e… ci fosse anche il suono? Cinema, magari!
Ci pensi mai a come sarebbero le tue parole se Tobia non ti avesse scelto come compagno di viaggio? C’è un panorama e insieme una cuccia una stanza così silenziosa e pacifica. Lì scodinzolo anche io. Lì imparo ciò che ho imparato e imparerò da un amico così. E da qui probabilmente scaturiranno altre scritture solitarie, altro respiro e viaggio verso. Altri abbecedari inediti, non proprio uman(oid)i. Ho ritrovato questo, tra i file-corallini, ad esempio:
(…) [la erre di arma. Ancora. La doppia di guerra. La discendenza di rorido. Nulla che accomuni opposte nature? Qualche lettera mai giunta o Raggiunta. Rabbia che abbuia, abbaia meglio il cane Il cane rosso, il cane corallo.
In chiusura di libro c’è un testo di Robert Lax….
Sì, dopo un commiato che apre un silenzio possibile, incontriamo Robert Lax, uno strepitoso (semplicemente) poeta americano che mi accompagna da quando l’ho scoperto – nei suoi versi c’è l’incontro tra un cane-stante e un uomo-visitatore, il cane gli chiede che facesse lì (se fosse, per l’appunto un “passante/visitatore”) e l’uomo risponde di sì, il cane allora gli chiede di prenderlo con sé. Ecco, cosa accade. Ci si adotta, e la domanda è a cerchio, un cerchio. Come il sole, come il tempo che spazia in (con, su, per, tra, fra – di, a, da) quest’immenso affetto.
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