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#Annie Gentils Gallery
garadinervi · 1 year
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Filip Francis, Climax for Tumbling Woodblocks, (prototype), [1970s] [Annie Gentils Gallery, Antwerp. © Filip Francis/VG Bild-Kunst, Bonn. Text: Pieter Vermeulen on Filip Francis, Ludwig Forum für internationale Kunst – Video Archive, Aachen]
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Nell’aria bruciata d’agosto, si è alzata una nuvola di polvere sottile, ha invaso il piazzale, sul quale mi sono affacciato tante volte. Bastava la voce dell’altoparlante, con quegli inconfondibili accenti, per farmi sentire che ero arrivato a casa.
Adesso la telecamera scopre l’orologio, con le lancette ferme sui numeri romani: le dieci e venticinque. Un attimo, e molti destini si sono compiuti. Ascolto le frasi che sembrano monotone, ma sono sgomente, di Filippini, il cronista della TV, costretto a raccontare qualcosa che si vede, a spiegare ragioni, motivi che non si sanno: lo conosco da tanti anni, e immagino la sua pena. Dice: «Tra le vittime, c’è il corpo di una bambina».
Mi vengono in mente le pagine di una lettura giovanile, un romanzo di Thornton Wilder, «Il ponte di San Louis Rey», c’era una diligenza che passava su un viadotto, e qualcosa cedeva, precipitavano tutti nel fiume, e Wilder immaginava le loro storie, chi erano, che cosa furono.
Quell’atrio, quelle pensiline, il sottopassaggio, il caffè, le sale d’aspetto che odorano di segatura, e nei mesi invernali di bucce d’arancio, mi sono consuete da sempre: con la cassiera gentile, il ferroviere che ha la striscia azzurra sulla manica, che assegna i posti, e mentre attendiamo mi racconta le sue faccende, quelle del suocero tedesco che vuol bere e di sua moglie che dice di no, e la giornalaia, che scherza: «Ma come fa a leggere tutta questa roba?», e vorrei sapere qualcosa, che ne è stato di loro, e li penso, ma non so pregare.
Si mescolano i ricordi: le partenze dell’infanzia per le colonie marine dell’Adriatico, i primi distacchi, e c’erano ancora le locomotive che sbuffavano, i viaggi verso Porretta per andare dai nonni, e le gallerie si riempivano di faville, e bisognava chiudere i finestrini, e una mattina, incolonnato, mi avviai da qui al battaglione universitario, perché c’era la guerra.
Ritornano, con le mie, le vicende della stazione: quando, praticante al «Carlino», passavo di notte al Commissariato per sapere che cos’era capitato, perché è come stare al Grand Hotel, ma molto, molto più vasto, gente che va, gente che viene, e qualcuno su quei marciapiedi ha vissuto la sua più forte avventura: incontri con l’amore, incontri con la morte.
Passavano i treni oscurati che portavano i prigionieri dall’Africa, che gambe magre avevano gli inglesi, scendevano le tradotte di Hitler che andavano a prendere posizione nelle coste del Sud, e conobbi una Fraulein bionda in divisa da infermiera alla fontanella, riempiva borracce, ci mettemmo a parlare, chissà più come si chiamava, com’è andata a finire. Venne l’8 settembre, e davanti all’ingresso, dove in queste ore parcheggiano le autoambulanze, si piazzò un carro armato di Wehrmacht; catturavano i nostri soldati, e li portavano verso lo stadio, che allora si chiamava Littoriale. Un bersagliere cercò di scappare, ma una raffica lo fulminò; c’era una bimbetta che aveva in mano la bottiglia del latte, le scivolò via, e sull’asfalto rimase, con quell’uomo dalle braccia spalancate, una chiazza biancastra. Cominciarono le incursioni dei «liberators», e volevano sganciare su quei binari lucidi che univano ancora in qualche modo l’Italia, ma colpirono gli alberghi di fronte, qualche scambio, i palazzi attorno, le bombe caddero dappertutto, e vidi una signora con gli occhialetti d’oro, immobile, composta, seduta su un taxi, teneva accanto una bambola, pareva che dormisse, e l’autista aveva la testa abbandonata sul volante.
«Stazione di Bologna», dice una voce che sa di Lambrusco e di nebbia, di calure e di stoppie, di passione per la libertà e per la vita, quando un convoglio frena, quando un locomotore si avvia. Per i viaggiatori è un riferimento, per me un’emozione. Ecco perché mi pesa scrivere queste righe, non è vero che il mestiere ti libera dalla tristezza e dalla collera, in quella facciata devastata dallo scoppio io ritrovo tanti capitoli dell’esistenza dei mici.
«Stazione di Bologna»: quante trame sono cominciate e si sono chiuse sotto queste arcate di ferro. Quanti sono stati uccisi dallo scoppio, o travolti dalle macerie: cinquanta, sessanta, chissà? Credere al destino, una caldaia che esplode, un controllo che non funziona, una macchina che impazzisce, qualcuno che ha sbagliato, Dio che si vendica della nostra miseria, e anche l’innocente paga? Anche quei ragazzi nati in Germania che erano passati di qui per una vacanza felice, ed attesa, il premio ai buoni studi o al lavoro, una promessa mantenuta, un sogno poetico realizzato: «Kennst Du das Land, wo die Zitronen bluhen?», lo conosci questo bellissimo e tremendo Paese dove fioriscono i limoni e gli aranci, i rapimenti e gli attentati, la cortesia e il delitto, dovevano pagare anche loro? Forse era meglio vagheggiarlo nella fantasia. Ci sono genitori che cercano i figli; dov’erano diretti? Perché si sono fermati qui? Da quanto tempo favoleggiavano questa trasferta? E le signorine del telefono, già, che cosa è successo alle ragazze dal grembiule nero che stavano dietro il banco dell’interurbana: chi era in servizio? Qualcuna aveva saltato il turno? Che cosa gioca il caso?
Poi, l’altra ipotesi, quella dello sconosciuto che deposita la scatola di latta, che lascia tra le valigie o abbandonata in un angolo, magari per celebrare un anniversario che ha un nome tetro, «Italicus», perché vuol dire strage e un tempo «Italicus» significava il duomo di Bolsena, le sirene dei mari siciliani, i pini di Roma, il sorriso delle donne, l’ospitalità, il gusto di vivere di un popolo. Non mi pare possibile, perché sarebbe scattato l’inizio di un incubo, la fine di un’illusione, perché fin lì, pensavamo, non sarebbero mai arrivati.
«Stazione di Bologna», come un appuntamento con la distruzione, non come una tappa per una vacanza felice, per un incontro atteso, per una ragione quotidiana: gli affari, i commerci, le visite, lo svago. Come si fa ad ammazzare quelle turiste straniere, grosse e lentigginose, che vedono in ognuno di noi un discendente di Romeo, un cugino di Caruso, un eroe del melodramma e della leggenda, che si inebriano di cattivi moscati e di sole, di brutte canzoni? Come si fa ad ammazzare quei compaesani piccoli e neri, che emigrano per il pane e si fermano per comperare un piatto di lasagne, che consumano seduti sulle borse di plastica? Come si fa ad ammazzare quei bambini in sandali e in canottiera che aspettano impazienti, nella calura devastante, la coca cola e il panino e non sanno che nel sotterraneo, non lo sa nessuno, c’è un orologio che scandisce in quei minuti la loro sorte?
Vorrei vedere che cosa contengono quei portafogli abbandonati su un tavolo all’istituto di medicina legale: non tanto i soldi, di sicuro, patenti, anche dei santini, una lettera ripiegata e consumata, delle fotografie di facce qualunque, di quelle che si vedono esposte nelle vetrine degli «studi» di provincia: facce anonime, facce umane, facce da tutti i giorni. Dicono i versi di un vero poeta, che è nato da queste parti e si chiama Tonino Guerra: «A me la morte / mi fa morire di paura / perché morendo si lasciano troppe cose che poi non si vedranno mai più: / gli amici, quelli della famiglia, i fiori / dei viali che hanno quell’odore / e tutta la gente che ho incontrato / anche una volta sola». Sono facce che testimoniano questa angoscia, ma nessuno ha potuto salvarle.
«Stazione di Bologna». D’ora in poi non ascolteremo più l’annuncio con i sentimenti di una volta; evocava qualcosa di allegro e di epicureo, tetti rossi e mura antiche, civiltà dei libri, senso di giustizia, ironia, rispetto degli altri, massi, anche la tavola e il letto, il culto del Cielo e il culto per le buone cose della Terra.
Ora, ha sapore di agguato e di tritolo. Perché il mondo è cambiato e in peggio: i figli degli anarchici emiliani li battezzavano Fiero e Ordigno, quelli dei repubblicani Ellero e Mentana, quelli dei socialisti Oriente e Vindice, quelli dei fascisti Ardito e Dalmazia, una gli insegnavano a discutere a mensa imbandita. Si picchiavano anche, si sparavano, talvolta, ma il loro ideale era pulito e non contemplava l’agguato: Caino ed Erode non figuravano tra i loro maestri.
«Stazione di Bologna»: si può anche partire, per un viaggio senza ritorno.
“Enzo Biagi scrisse il 2 agosto 1980 sulla strage alla stazione di Bologna sul Corriere della Sera.”
#stragedibologna #2agosto1980 #pernondimenticare #diariodiunferroviere
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sixteensaltines · 2 years
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Text ― Ettore Spalletti
Elogio della normalità. Ettore Spalletti di Giancarlo Politi
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Ettore Spalletti è (stato) uno dei più rigorosi e importanti artisti italiani dagli anni ’70 ad oggi. L’ho conosciuto negli anni ’60, a Pescara, in una mostra collettiva (Ceroli, Alviani, Spalletti, ecc.) nella Galleria L.D. di Lucrezia De Domizio allora ai suoi esordi nell’arte. Ettore era un ragazzo gentile e sottile, apparentemente timidissimo. Nel parlare, quasi balbettava. Poi credo sia diventato un vezzo che lo ha accompagnato per la vita e gli ha procurato molte simpatie. Il suo tono di voce era bassissimo, quasi un sussurro e spesso si faceva fatica a capirlo. Io dovevo avvicinare il mio orecchio alla sua bocca. Allora era uno dei tanti artisti di provincia che tentavano di affacciarsi sulla scena nazionale: divenne amico di Mario Ceroli e Getulio Alviani che credo gli abbiano creato qualche contatto in Italia. Ma il suo supporter principale, direi l’artefice principale del suo affacciarsi sul palcoscenico nazionale, è stato Mario Pieroni, che all’epoca gestiva un importante negozio di tappeti, dove teneva anche alcuni multipli di Ceroli, di Alviani e Pistoletto. Poi aprì una vera e propria galleria ai Bagni Borbonici della città. Un nome un po’ inquietante ma la galleria era bella, spaziosa e luminosa e Mario realizzò splendide mostre, miracolo per la provincia di allora: Mario Merz, Kounellis, Spalletti, ecc. Ma poco dopo, ritenendo un po’ stretta Pescara, e anche perché incontrò Dora Stiefelmeier, che diventerà la donna della sua vita e che tanta importanza ebbe negli sviluppi dei suoi progetti, Mario si trasferì a Roma, aprendo la galleria Mario Pieroni, in pieno centro, in via Panisperna. Ma sempre con un occhio molto attento e amorevole nei confronti di Ettore Spalletti, che portò più volte ad Art Basel, nel suo stand molto minimale e spirituale. E credo che i primi contatti internazionali di Ettore con le gallerie e Istituzioni di altri paesi, avvennero proprio ad Art Basel, nello stand di Mario Pieroni e Dora. Altro grande contributo alla diffusione del lavoro di Ettore lo hanno dato, ognuna nei propri ambiti e senza mai rivaleggiare ben sapendo che lavorare in due è meglio di uno, sua nipote, Benedetta Spalletti proprietaria della galleria Vistamare e la grande Lia Rumma. Di cui un giorno bisognerà raccontare la storia leggendaria, la sua grande intelligenza e determinazione, che da Salerno ha conquistato il mondo. E in silenzio come Ettore Spalletti.
Il grande miracolo di Ettore, credo quasi unico al mondo, è che lui è diventato un artista internazionale senza mai lasciare l’Abruzzo e conducendo una vita normale. Una vita semplice di provincia ma di grande impegno morale. Tra Spoltore e Cappelle sul Tavo, due paesetti ad un tiro di schioppo. La sua formalmente fu una vita normale che mi ricorda l’Uomo senza qualità di Robert Musil, per il suo estranearsi dalla società ed immergersi totalmente nel suo lavoro dentro la società.
Ma Ettore, soprattutto agli inizi, quando era solo un artista che cercava di affacciarsi nel mondo dell’arte, mantenne alcuni contatti fedeli: Kounellis, Ceroli, Alviani, soprattutto. Convinse Kounellis a prendersi uno studio accanto al suo, a Spoltore,
A proposito di Alviani, su cui so tutto, sia Getulio che Ettore mi raccontarono un episodio comico e drammatico (di cui ho già scritto quando entrambi erano in vita e anche Giacinto Di Pietrantonio è a conoscenza: dunque non sto romanzando la vita di nessuno, come qualcuno pensa). Nei tardi anni ’60 o i primissimo ’70 Ettore andò a visitare Getulio nel suo studio a Udine, adiacente alla abitazione di Alviani, dove viveva con la prima moglie. Donna bellissima e straordinaria, ma gelosissima. Angioletta (così si chiama la prima moglie) vide Getulio entrare in studio con una persona, senza capire bene chi fosse. Ma conoscendo suo marito e le sue abitudini, poco dopo si avvicinò alla porta dello studio per capire chi fosse entrato. Non udendo parlare immaginò che Getulio fosse in compagnia di una donna. Tornò di corsa in casa, prese la pistola (probabilmente dell’ex marito militare deceduto) e corse in studio. Inferocita e accecata dalla gelosia aprì la porta e controluce vide una figura sottile che si stagliava nella finestra. Sparò due colpi di pistola contro la famigerata figura, per fortuna senza colpirla. Si trattava di Ettore Spalletti, che parlando come sempre a bassa voce, fece credere ad un appuntamento d’amore all’infuocata moglie di Alviani.
L’Azzurro Spalletti come il Blue Klein
Ma il grande merito di Ettore, che nessuno ha mai sottolineato, è stata la sua testarda volontà imporre il proprio lavoro, restando sempre in Abruzzo, a Spoltore, un villaggio su un cocuzzolo vicino Pescara. Non ho mai conosciuto nessun artista arrivare ad un successo internazionale di tale misura restando nel proprio paesello. Un insegnamento per tutti. Ettore però viaggiava ed aveva amici ed estimatori di alto o altissimo profilo. Viaggi veloci, blitz di lavoro, con attenzione per tutto ciò che lo riguardava ma anche per tutto ciò che era distante da lui. Ma la curiosità per tutto il panorama dell’arte era innata in lui. Ettore riusciva ad esprimere una opinione pacata e acuta su ogni aspetto della creatività. Anche le più nuove e sperimentali. E per quanto riguardava il suo lavoro era di una dedizione e professionalità monacale e maniacale. Non ho mai incontrato artista così legato al proprio lavoro e al suo universo. Minimale e sempre tenuamente azzurro (con qualche breve p’arentesi rosa). L’azzurro Spalletti come il Blue Klein.
Ma non si può giudicare il lavoro di Ettore Spalletti senza averne mai visitato lo studio. Una sua opera. La pià grande opera di scultura e architettura di Ettore. Una perfetta sintonia tra spiritualità azzurra e silenzio monacale. Entrare nel suo studio significava entrare nella Cattedrale della sua arte, fatta di colori tenui e di silenzio. Mi ricordava in grande la Cappella di Matisse a Vance.
Ettore programmava ogni sua mostra significativa in studio: un bozzetto perfetto dello spazio espositivo, museo o galleria, con la miniatura di sue piccole opere. Opere piccolissime che però subito diventavano enormi, perché lo spazio ti risucchiava e tu eri uno sperduto navigante immerso nell’azzurro.
Spero che gli eredi di Ettore vogliano conservare lo studio come una cattedrale, con tutti i progetti di mostre e lo spirito mistico che lo studio sprigionava.
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bongianimuseum · 3 years
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RETROSPETTIVA di MAURO  MOLINARI “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Comunicato stampa
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
RETROSPETTIVA di MAURO  MOLINARI
“TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007
a cura di Sandro Bongiani
Preview:  4 dicembre 2020
dal  5 dicembre 2020  al 14 marzo 2021
L’evento partecipa alla giornata del contemporaneo
promossa da AMACI
Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani
#GiornataDelContemporaneo
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  S’inaugura sabato  5 dicembre 2020, alle ore 18.00, la mostra Retrospettiva “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, che cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.
Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza  che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.  
A partire dagli anni 90, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete.
Sandro Bongiani nella presentazione in catalogo scrive: “Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione.
Libri teatro di  carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri  d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà  tutta contemporanea.
Una lunga  e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità  e soprattutto  essenza concreta di assoluto”.    
 BIOGRAFIA
Mauro Molinari Nato a Roma, vive a Velletri (RM). La sua ricerca artistica si è svolta per cicli che vanno dai registri informali degli anni ’60 alla pittura scritta e alle geometrie modulari del ventennio successivo. Nel 1974 personale alla galleria d’Arte Internazionale di Roma, pres. S. Giannattasio. Nel 1975 le sue opere sono presenti alla X Quadriennale di Roma. Dal 1974 all’81 partecipa alle rassegne internazionali sul disegno della Fundació Joan Miró di Barcellona. Nel 1979 personale alla galleria Il Grifo di Roma , pres. D. Micacchi. Nel 1982 personale alla galleria Il Luogo di Roma, pres. M. Lunetta e C. Paternostro. Nel 1983 e 1985 partecipa all’International Drawing Biennale di Cleveland. Nel 1987 personale alla galleria Incontro d’Arte di Roma, pres. I. Mussa. Negli anni ’90 si dedica alla rielaborazione pittorica dei motivi tessili avviando un ciclo che dura più di 15 anni. Nel 1995 nasce la collana di Orditi & Trame, di cataloghi editi in proprio. Il primo illustra la mostra itinerante promossa dalla Tessitura di Rovezzano e presentata a Roma alla galleria Pulchrum, pres. L. de Sanctis. Nel 1998 personale allo Spazio de la Paix e alla Biblioteca Cantonale di Lugano, pres. A. Veca. Dal 2000 al 2014 partecipa ai Rencontres Internationales di Marsiglia. Dal 2000 al 2008 collabora con la rassegna internazionale Miniartextil che si tiene a Como ogni anno. Nel 1999-2000 crea il ciclo Stellae Errantes sculture dipinte ispirate ai tessuti sacri, che è stato ospitato in numerosi musei italiani in occasione del Giubileo. Nel 2001 personali alla galleria Il Salotto di Como e al Museo Didattico della Seta di Como, pres. M. De Stasio. Nel 2001 personale al Museo dell’Infiorata di Genzano, pres. C. F. Carli. Nel 2002 personale al Museo S. Maria di Cerrate Lecce, pres. L. Caramel. Nel 2003 sala personale al Musèe de l’Impression sur Ètoffes di Mulhouse, pres. L. Caramel. Nel 2004 personale a Oman Caffè di Como, pres. L. Caramel. Nel 2005 esposizione allo Spazio Mantero di Como e al Salons de l’Hôtel de Ville di Montrouge, pres. L. Caramel. Nel 2006 Salone d’Arte Moderna di Forlì, pres. F. Gallo, e sala personale al Museo di Palazzo Mocenigo di Venezia, pres. L. Caramel. Nel 2007 personale alla Fondazione Venanzo Crocetti di Roma, pres. C. F. Carli e C. Paternostro. Nel 2008 sala personale alla VI Triennale Internazionale di Tournai, e personale alla Biblioteca Angelica di Roma, pres. E. Di Raddo. Dal 2008 sviluppa un ciclo pittorico dove è centrale la figurazione, che si pone come naturale evoluzione del suo percorso creativo. Nel 2009 personale alla galleria Renzo Cortina di Milano, pres. A. Veca. Nel 2010 personale al Museo Carlo Bilotti di Roma, pres. A. Arconti e L. Canova. Dal 2011 al 2016 e 2019 partecipa al Festival del Libro d’Artista di Barcellona, pres. E. Pellacani. Nel 2012 e 2015 Galleria Gallerati Roma primo e secondo progetto mixed media. Nel 2013 due personali alla galleria Baccina Techne di Roma, pres. G. Evangelista e personale allo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno, pres. G. Bonanno. Nel 2014 personale allo Spazio COMEL di Latina, pres. M. Cozzuto e a Roma presso il Municipio Roma III, Aula Consiliare, pres. G. Evangelista. Nel 2016 Dante e i Papi nella Divina Commedia Fondazione Pescabruzzo a cura di Giorgio Di Genova, donazione delle opere. Dal 2014 al 2019 Artisti per Nuvolari Casa Museo Sartori Castel d’Ario (MN). Nel 2017 Museo Jean Lurçat Angers Francia, donazione bozzetto originale. Personale Spazio Medina e AF CasaDesign pres. F. Farachi. Antologica 1990/2006 Museo Diocesano e Sala Angelucci Velletri, pres. Sara Bruno e Claudia Zaccagnini, donazione di sei sculture. Nel 2018 donazione di un’opera al costituendo museo di arte contemporanea SAmac di Benevento, Antologica 2007/2017 Tibaldi Arte Contemporanea Roma a cura di Carlo Fabrizio Carli. Nel 2019 il Museo Comunale di Praia a Mare ha acquisito l’opera “White and Brown. Nel 2020 Retrospettiva “Textures - Racconti e trame per un immaginario gentile” , Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007 - Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno a cura di Sandro Bongiani
 Studio: Interno 5, via Paolina 25, 00049 Velletri (RM) Italia, info: cell. 328 6947561 www.facebook.com/mauro.molinari.73 e-mail: [email protected] web: www.mauromolinari.it sito web storico: www.caldarelli.it/molinari.htm
 SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY - SALERNO
COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM
http://www.collezionebongianiartmuseum.it 
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=14
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=89
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mentaltimetraveller · 5 years
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Guy Rombouts at Annie Gentils Gallery
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[Guarda] The Mandalorian 2x01 Stagione 2 Episodio 1 Streaming Sub ita
[Guarda][Serie TV] The Mandalorian 2 Streaming ITA/SUB ITA/il genio dello streaming
[Guarda][Serie TV] The Mandalorian 2 Streaming ITA/SUB ITA/il genio dello streaming.. The mandalorian streaming Episodio 1 ,Episodio 2 ,Episodio 3 ,Episodio 4 ,Episodio 5 ,Episodio 6 ,Episodio 7 ,Episodio 8
GUARDA GLI EPISODI COMPLETI ❙ The Mandalorian Stagione 2 Episodio 1:
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The Mandalorian è un arrangiamento televisivo in streaming americano realizzato da Jon Favreau per Disney +. Ha debuttato con il dispaccio dell’amministrazione nel novembre 2019 ed è il principale accordo fedele alla vita nell’establishment di Star Wars. Inizia cinque anni dopo le funzioni di Return of the Jedi (1983) e vede Pedro Pascal nel ruolo del personaggio del titolo, un solitario tracker dell’abbondanza che viene impiegato per recuperare “The Child”.
Il produttore di Star Wars George Lucas ha iniziato a migliorare un vero e proprio arrangiamento di Star Wars TV entro il 2009, ma il compito era considerato troppo costoso anche solo per prendere in considerazione la produzione. Dopo aver offerto Lucasfilm alla Disney nell’ottobre 2012, è iniziato un altro accordo di Star Wars per Disney +. Favreau ha segnato nel marzo 2018, sostituendo come saggista e showrunner. Il leader crea da vicino Dave Filoni, Kathleen Kennedy e Colin Wilson. Il titolo dell’arrangiamento è stato riportato nell’ottobre 2018 con l’inizio della registrazione presso i Manhattan Beach Studios in California. L’organizzazione di visualizzazioni speciali Industrial Light and Magic ha sviluppato l’innovazione StageCraft per l’arrangiamento, utilizzando set virtuali e un divisore video a 360 gradi per stabilire l’ambiente circostante. Da allora questo è stato abbracciato da altre creazioni cinematografiche e televisive.
The Mandalorian ha debuttato su Disney + il 12 novembre 2019. La prima stagione di otto scene è stata accolta con sondaggi positivi. È stato nominato per Outstanding Drama Series al 72 ° Primetime Emmy Awards e ha vinto sette Primetime Creative Arts Emmy Awards. Il debutto di una stagione successiva è previsto per il 30 ottobre 2020 e l’avanzamento è iniziato con una terza stagione.
Ambientato cinque anni dopo le funzioni di Return of the Jedi (1983) e la caduta dell’Impero, The Mandalorian segue un tracciatore di abbondanza solitario negli intervalli esterni del sistema cosmico. È impiegato per recuperare “The Child” e decide di correre per mettere al sicuro il bambino. Durante il loro viaggio per familiarizzare con le cause del giovane, vengono ricercati da Moff Gideon.
Pedro Pascal interpreta Din Djarin, il personaggio del titolo dell’arrangiamento e un solitario tracker dell’abbondanza. Pascal ha contrapposto il personaggio a Clint Eastwood, con attitudini di battaglia all’avanguardia e di “buon carattere difettoso”. Il vero nome del personaggio, Din Djarin, non è stato scoperto fino a “Sezione 8: Redemption”, ma Pascal ha scoperto casualmente il nome in una riunione nel novembre 2019. La sua abbondanza nel debutto dell’arrangiamento è “The Child” — conosciuto come “Infant Yoda “di individui affollati, un bambino che è specie simile al personaggio di Star Wars Yoda. Il bambino è fondamentalmente realizzato con animatronics e burattini, tuttavia questo viene ampliato con visualizzazioni speciali. Si trasforma nel reparto del Mandaloriano.
La stagione primaria include alcuni co-protagonisti ricorrenti, tra cui Carl Weathers nei panni di Greef Karga, capo di una società di monitoraggio dell’abbondanza; Werner Herzog nel ruolo di “The Client”, un uomo misterioso; Omid Abtahi nel ruolo del Dr. Pershing, un ricercatore che lavora per il cliente; Nick Nolte nel ruolo della voce di Kuiil, un allevatore di umidità dell’Ugnaught che aiuta il Mandalorian; Taika Waititi nel ruolo della voce di IG-11, un droide tracker dell’abbondanza; Gina Carano nel ruolo di Cara Dune, un precedente soldato ribelle stordente diventato soldato assunto; Giancarlo Esposito nei panni di Moff Gideon, un precedente funzionario dell’Ufficio di sicurezza imperiale; ed Emily Swallow nei panni di “The Armourer”, una mandaloriana che produce scudi e hardware dall’acciaio Beskar.
Alcuni intrattenitori si presentano nella seconda stagione come personaggi dei precedenti media di Star Wars, tra cui Rosario Dawson come Ahsoka Tano, Temuera Morrison come Boba Fett, Katee Sackhoff come Bo-Katan Kryze e Timothy Olyphant come Cobb Vanth.
Uno degli argomenti essenziali di The Mandalorian è l’educazione e la genitorialità, specialmente attraverso la dinamica della relazione padre figlio tra The Mandalorian e The Child. Ryan Britt di Fatherly ha scritto che questo è anormale nelle storie di Star Wars e che i precedenti casi di nutrimento nell’establishment sarebbero stati in generale impotenti, dal pericoloso Darth Vader (padre di Luke Skywalker) allo sbadato Galen Erso, padre di Jyn Erso in Rogue One (2016). Britt ha dichiarato: “Per un periodo piuttosto lungo l’establishment di Star Wars si è astenuto dal rappresentare una dinamica genitore-figlio. Con Mando e Baby Yoda, questo è finalmente in evoluzione.” La dinamica tra Kuiil e IG-11 rispecchia inoltre il soggetto che alleva i figli in The Mandalorian. I due hanno una relazione simile a quella di un padre e di un bambino, come mostrato nella scena in cui Kuiil mostra a IG-11 come lavorare e capacità dopo che il droide è stato ricostruito.
L’autrice di Avvoltoio Kathryn VanArendonk ha affermato che la cura è stata l’argomento delle passate storie di Star Wars, ma abbastanza spesso durante le fasi successive della genitorialità, invece di un bambino nelle fasi iniziali, per esempio, il Bambino. Come illustrazioni specifiche, si riferiva a Obi-Wan Kenobi che sostituiva come allenatore il giovane adulto Anakin Skywalker, la Principessa Leia in lutto per il suo bambino sviluppato Kylo Ren, o la scomparsa della gente di Rey. Britt ha sostenuto che solidi modelli genitoriali in Star Wars sono significativi sulla base del fatto che l’establishment è così spesso collegato all’infanzia dei suoi fan. Il Mandaloriano presenta in particolare le difficoltà di essere un genitore solitario e un tutore lavorativo, poiché il Mandaloriano combatte per procedere con il suo normale impiego quotidiano come inseguitore dell’abbondanza e combattente assunto mentre si sostituisce come unico sorvegliante del Bambino. Richard Newby di The Hollywood Reporter ha descritto lo spettacolo come “le esperienze di un genitore single alla ricerca di un lavoro”. Alcuni commentatori hanno analizzato la dinamica tra il Bambino e il Mandaloriano a Lupo Solitario e Cucciolo, un manga su un combattente samurai e il suo bambino. Favreau ha riconosciuto Lupo Solitario e Cucciolo come un impatto in una scena della Disney Gallery: The Mandalorian.
La funzione genitoriale del Mandaloriano nell’arrangiamento lo rende un personaggio più gentile e riconoscibile; cambia in un percorso positivo a causa dell’allevamento del Bambino, risultando essere meno ristretto di mente e conservato in se stesso. Ha rischiato con la sua vita e ha cambiato definitivamente la sua vocazione di inseguitore dell’abbondanza per riconoscere il suo obbligo di sorvegliante e guardiano del bambino, denotando un’enorme penitenza dei genitori. Nel momento in cui il Mandaloriano cerca lavoro per portare denaro, attualmente sta facendo come tale per dare non esclusivamente a se stesso, ma anche per il Bambino. Vediamo alcuni casi in cui il Mandaloriano nutre il Bambino durante tutto l’arrangiamento, ad esempio, quando impedisce al Bambino di schiacciare prese arbitrarie nella cabina di pilotaggio dell’astronave del Mandaloriano, alla fine tenendolo in grembo. In un altro modello, il Mandalorian installa un seggiolino per il bambino nella cabina di pilotaggio della sua barca, in modo che possa essere posizionato in modo sicuro e facile durante i loro movimenti.
La connessione tra il Mandaloriano e il Bambino è un caso di genitorialità imprevista. Il Mandaloriano sente un’associazione e un legame genitoriale con il Bambino come il suo stesso risultato dell’adolescenza, quando è rimasto bloccato per la morte della sua gente ed è stato accolto dalla cultura mandaloriana come un “trovatello”. Tutto sommato, la genitorialità non era un lavoro che il Mandaloriano stava inseguendo all’inizio, e inizia a tentare nuovamente di eludere questo obbligo. Inizialmente lo fa nella “Sezione 3: Il Peccato”, quando per la prima volta lascia il bambino al cliente. Lo fa di nuovo nella “Parte 4” Sanctuary “, quando intende lasciare il Bambino con Omera, una madre difensiva sul pianeta Sorgan, desiderosa di portare il Bambino nella sua stessa famiglia. Il Mandaloriano non si concentra completamente su la funzione di genitorialità fino al finale di stagione principale, “Sezione 8: Redenzione”, quando il Bambino stesso viene anch’esso abbracciato nella cultura Mandaloriana come un “trovatello” e il Mandaloriano è ufficialmente annunciato come la sua figura di padre.
Alcuni autori hanno proposto che il modo in cui il volto del Mandaloriano è mascherato ha un impatto pulito e la sua assenza di nome consente agli osservatori di vedere e immaginarsi come guardiani. Britt ha detto che questo “ci permette di sognare quale deposito di armi possiamo trasmettere per proteggere i nostri figli”. Ciononostante, Singer ha detto che l’ambientazione dello spettacolo nello spazio fa sembrare le difficoltà di crescita dei giovani più energiche e colorate di quanto possano essere in un modo o nell’altro. Anthony Breznican di Vanity Fair ha notato che nessuna delle sfide quotidiane della genitorialità è raffigurata nell’accordo: “Non ci sono schiamazzi assordanti da parte di Baby Yoda, nessuna forma, nessuna fuga, nessuna urla selvaggia che si insinua nella mente di un genitore come un dentista trapano da specialista che distrugge un delicato nervo rosa. “ Allo stesso modo, la saggista di Vulture Kathryn VanArendonk ha detto che lo spettacolo trascura o non affronta molte sottigliezze nutritive che rendono problematica la genitorialità, ad esempio, ciò che il bambino mangia, quando si riposa e se indossa i pannolini. Ha dichiarato: “Il Mandalorian non è interessato ai pannolini, quindi Mando sarà un’immagine specifica della genitorialità: la persona che non ha bisogno di sudare le piccole cose”. VanAnderonk ha descritto questo come un sogno di soddisfazione dei desideri per tutori o tutori imminenti: “un sogno di nutrimento spogliato così completamente di ogni dettaglio e particolarità che tutto ciò che rimane sono modelli: il genitore, il giovane”.
The Child sperimenta un modesto gruppo di altre figure di difensori durante la stagione primaria, tra cui Omera, IG-11 e Peli Motto. Alcuni spettatori hanno rimproverato l’accordo per il modo in cui il Mandaloriano ignora costantemente il Bambino o in possesso di relativi estranei, proprio come per aver stabilito scelte che mettono il Bambino in pericolo. Un modello si trova nella “Parte 6: Il Prigioniero”, quando permette a un gruppo di pericolosi soldati assoldati di utilizzare la sua barca mentre il bambino è pronto, provocando quasi la morte del bambino. Una comunicazione che il Mandaloriano ha con Peli Motto nella “Sezione 5: Il pistolero” è una delle conversazioni più semplici sulle difficoltà di pensare al Bambino. Nel momento in cui il Mandaloriano sveglia casualmente il giovane, che era rimasto a letto tra le braccia di Peli, lei lo rimprovera: “Sai quanto tempo mi ci è voluto per farlo riposare?” Denuncia inoltre il Mandaloriano per aver ignorato il bambino sulla barca, dicendo: “Hai un pessimo pacco da scoprire su come allevarne uno giovane”. L’autore di ScreenCrush Matt Singer ha affermato che gli errori di educazione del Mandalorian rendono lo spettacolo sostanzialmente più coinvolgente alla luce del fatto che commettere errori è una parte enorme dell’essere genitori. Eileen Chase di Today ha ripetuto questo: “Non è un genitore ideale, più o meno come la maggior parte di noi che ha bisogno di adeguarsi alle cure e al lavoro”.
L’idea del bene e del male e il soggetto della natura contro il sostegno è sollevata costantemente in tutto il Mandalorian, forse in modo più inconfondibile attraverso la ricostruzione di IG-11 di Kuiil da un rilevatore di abbondanza a un droide e difensore medico. Anche dopo che IG-11 è stato ricostruito, il Mandalorian non accetta di essere veramente cambiato, alla luce del fatto che accetta che i droidi abbiano una natura fondamentale e che l’inclinazione di IG-11 rimanga mortale e connivente. Tuttavia, nel ricostruire IG-11, Kuiil lo sostiene e lo fa cambiare; Kuiil sente che durante il tempo trascorso a capire come lavorare ancora una volta, IG-11 ha aumentato un altro personaggio. Kuiil chiede al Mandaloriano: “I droidi sono cattivi o orribili — sono impressioni non partigiane degli individui che li programmano”. Keith Phipps di Vulture composto da IG-11 e dal soggetto natura contro sostegno: “Non è orribile. Recentemente è stato personalizzato in quel modo e con cura e cambiamento può fare un sacco di bene sul pianeta”.
Le scene di Kuiil e IG-11 mostrano inoltre che il modo in cui viene allevato il personaggio “giovane” ha un enorme effetto sul fatto che il bambino si trasformi in una risorsa o in un pericolo per le persone intorno a lui. Il droide era un pericoloso killer professionista prima che Kuiil lo ricostruisse, ma a causa del nutrimento dell’Ugnaught, si trasforma in un difensore e in un partner tutto sommato. Alcuni giornalisti hanno inoltre raccomandato che il bambino non sia intrinsecamente accettabile o malvagio, ma che a parità di condizioni, come tutti i giovani, è ingenuo e non comprende completamente le funzioni che accadono intorno a lui. Sta scoprendo il suo ambiente generale e la direzione dei requisiti man mano che sviluppa le sue capacità. In genere spetterà al Mandaloriano dare questa direzione, come quando il Mandaloriano gli impedisce di soffocare Cara Dune.
Ciononostante, numerosi studiosi si sono chiesti se le brutali dimostrazioni che il Bambino ha visto più e più volte in The Mandalorian stiano influenzando negativamente la sua svolta negli eventi e che lui stesso stia cercando di diventare lui stesso brutale. Phipps ha composto questo: “Quello sguardo di miracolo negli occhi del Bambino mentre IG-11 uccide di nuovo e massacra di nuovo è divertente, ma in più un tocco di agghiacciante.” Una scena specifica in “Parte 7: The Reckoning” ha spinto numerosi commentatori e fan a chiedersi se il bambino potesse mostrare inclinazioni subdole. Durante una scena sull’astronave del Mandalorian, il Bambino vede il Mandaloriano e Cara Dune prendere parte a un cordiale incontro di braccio di ferro. Durante la sfida, il Bambino utilizza la Forza per imbavagliare Cara, quasi soffocandola prima che il Mandaloriano mediasse. In tutto lo stabilimento di Star Wars, quella capacità è stata generalmente collegata al lato oscuro della forza, in particolare a Darth Vader.
Sarah Bea Milner di Screen Rant ha dichiarato: “La seconda è davvero sbalorditiva e piuttosto sconvolgente”. Alcuni commentatori hanno notato, tuttavia, che il bambino probabilmente ha erroneamente accettato che il mandaloriano fosse in pericolo e mediato per aiutare. Inoltre, in una scena simile, il Bambino utilizza la Forza riparatrice per risparmiare Greef Karga, una forza normalmente collegata al Lato Chiaro. Tutto sommato, alcuni saggisti hanno proposto che gli osservatori avessero pensato poco all’abilità del bambino per il male poiché è così carino. I fan hanno teorizzato che il bambino potrebbe introdurre un personaggio fasullo o utilizzare la Forza per controllare gli individui nel pensare a lui per garantire la sua resistenza. Comunque sia, Caitlin Gallagher di Bustle ha proposto invece di lavorare per rendere il bambino malvagio, lo spettacolo potrebbe raccomandare i bisogni mandaloriani per capire come allevare il bambino in un clima meno selvaggio.
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mezzopieno-news · 4 years
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LE VECCHIE FERROVIE DIVENTANO PISTE CICLABILI
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A dieci anni di distanza dalla prima indagine condotta della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta per la riqualificazione dei sedimi ferroviari non più in uso e per la loro riconversione in percorsi dedicati al turismo lento, una nuova ricerca di FIAB mette in luce i passi avanti fatti. Sono aumentati del 60% i chilometri di ferrovie dismesse trasformati in ciclabili per un totale di oltre 1.000 km.
Recuperare una ferrovia dismessa significa recuperare il patrimonio culturale e architettonico (gallerie, ponti, viadotti, caselli e stazioni) ed evitare il consumo di suolo pubblico vergine. I vantaggi di una tratta di ferrovia dismessa rinata e convertita sono molteplici: si valorizzano territori minori, come paesi di montagna; si sostiene l’economia locale; si incentiva la mobilità sostenibile quotidiana; si dà impulso alla nascita o alla ripresa di servizi e attività di accoglienza rivolte ai cicloturisti.
“L’appetibilità e il fascino che regala un percorso di questo tipo è ampiamente superiore a una normale ciclovia”, afferma Antonio Dalla Venezia, coordinatore regionale FIAB Veneto e presidente del comitato tecnico scientifico di Bicitalia.org, “perché significa pedalare nella memoria e godere di emozioni diverse”.
Ad oggi sono 57 le ciclovie recuperate sul territorio italiano e percorrono quasi tutte le regioni, tranne la Valle d’Aosta e il Molise. Il Veneto ha il primato con 165,5 km, seguito dall’Emilia Romagna e dalla Lombardia. La tratta ferroviaria con più chilometri recuperati è la Godrano-Ficuzza-San Carlo in Sicilia, con 62 km di ciclabile. Umbria, Basilicata e Abruzzo sono le regioni più attive nel recupero e riconversione delle ferrovie dismesse.
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Fonte: Bicitalia; Italia che Cambia - 2 ottobre 2020
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fashionbooksmilano · 6 years
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Fashion in Florence
Through the Lens of Archivio Foto Locchi
A cura di Matteo Parigi Bini e Erika Ghilardi. Testi di Andrea Cavicchi, Caterina Chiarelli, Stefania Ricci, Eva Desiderio e Eike D. Schmidt.
Gruppo Editoriale , Prato 2017, 158 pagine, ill.b/n, Testo Italiano e Inglese
euro 30,00*
email if you want to buy :[email protected]
Firenze, Gallerie degli Uffizi - Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti, 10 gennaio - 5 marzo 2017.
I luoghi, le maestranze e soprattutto le persone che hanno fatto grande la moda a Firenze. Una grande indagine storica, un documento inestimabile e un viaggio nell’anima del Made in Italy attraverso gli scatti provenienti dall’archivio dello studio d’arte e tecnica fotografica Foto Locchi.
Un viaggio attraverso 40 anni di moda, dagli anni ’30 ai ’70 del Novecento, nato dalla collaborazione tra l’Archivio Storico, il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike D. Schmidt, il Centro di Firenze per la Moda Italiana.
La mostra si divide in tre sezioni: Le botteghe artigiane: quell’insieme di botteghe dedite all’alto artigianato dal Medioevo, che nel Novecento ha favorito la nascita di alcuni tra i più famosi brand dell’alta moda italiana nel mondo. La moda a Firenze: dai primi eventi dopo la seconda guerra mondiale fino alle leggendarie sfilate nella Sala Bianca di Palazzo Pitti (1952-1982), le origini della moda moderna a Firenze si devono al coraggio di un uomo gentile quanto severo, profondo conoscitore del mercato americano, ovvero a Giovanni Battista Giorgini che a New York si era fatto un nome di tutto rispetto come buyer capace di trasformare i sogni in realtà. I personaggi della moda:le maison fiorentine che hanno dato origine alla storia moderna della moda italiana come Gucci, Salvatore Ferragamo, Emilio Pucci raccontate attraverso i loro fondatori e i personaggi che le hanno rese celebri nel mondo.
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garadinervi · 1 year
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Filip Francis, Climax for Tumbling Woodblocks, (prototype), [1970s] [Annie Gentils Gallery, Antwerp. © Filip Francis/VG Bild-Kunst, Bonn. Text: Pieter Vermeulen on Filip Francis, Ludwig Forum für internationale Kunst – Video Archive, Aachen]
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marikabi · 4 years
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Rane e scorpioni
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(di Natangelo, l’indomani della vittoria della Lega in Abruzzo)
Le favole di Esopo offrono sempre similitudini molto azzeccate con il mondo degli uomini. Esopo le scrisse apposta, al fine di rieducare l’umanità, senza offenderla direttamente. Le favole di Esopo sono una sorta di versione zen del mondo classico occidentale, ancora attualmente declinabile.
Ricorderete senz’altro della favola in cui uno scorpione chiede ad una rana di traghettarlo sul fiume. La trama racconta di una rana che non voleva accogliere la richiesta e di uno scorpione che imbambolò l’anfibio talmente bene, usando parole gentile e suadenti (il garbo riesce a nascondere le peggiori ipocrisie e nefandezze, converrete), che finirono per partire assieme per la traversata, essendosi convinta, la rana, che lo scorpione non potesse pungerla durante il viaggio, altrimenti sarebbero giustamente ed inesorabilmente periti assieme. Tuttavia, una volta arrivati a destinazione, lo scorpione punse la rana che in punto di morte gli chiese: “Perché?”.
Il ferale aracnide rispose laconicamente: “È la mia natura.”
Qualcuno potrebbe immaginare che la favola possa alludere alla precarietà dell’alleanza giallo-verde, in cui i pentastellari sono le ranocchie e i salviniani sono gli scorpioni. Invece no: in questa favola le ranocchie sono gli elettori meridionali. Fabula de nobis narratur.
Non so se vi siate soffermati sul video (facilmente in rete, ma che per pronta visione allego) in cui il Ministro dell’istruzione, il leghista Bussetti, in visita in provincia di Napoli, con piglio stizzito ed offensivo, rimprovera i meridionali di disimpegno (sottacendo di sciatteria, magari di pigrizia ed incompetenza).
Gettando la sua maschera e forte del ruolo istituzionale, che lo rende impunibile applicando perfino un sigillo di garanzia sulle stronzate che proferisce, aggiunge che i fondi alle scuole del sud vanno meritati. Sembra davvero incazzato e pare finanche frenarsi nell’allineare il suo dire al suo pensiero leghista ed anti-meridionalista.
Sincero è chi “nel parlare e nell’agire segue ed esprime ciò che sente o pensa, senza simulazione o finzione e senza reticenze” (Vocabolario Treccani). Bussetti è, indubbiamente, sincero (e di ciò lo ringrazio perfino!), ma non è assolutamente garantito che affermi verità.
A differenza del Vicepremier Salvini, il capo del Dicastero dell’Istruzione non è gentile. È diretto, in quella abusata circostanza di comunicazione interpersonale (prevalentemente leghista, se considerata in una prospettica politico-ideologica) in cui essere diretti – ovverosia direttamente scostumati ed offensivi - diventa sinonimo di sincerità e per moltissimi anche di verità.
(Volete una prova? Tutti i vostri amici e conoscenti che stanno per dedicarvi una cattiveria - direttamente o per interposte persone - premettono più o meno questa frase: io non ho paura di dire la verità, perché sono una persona sincera. Obiezioni: a) sincerità non è sinonimo né garanzia di verità; b) esistono molte possibili/presunte/immaginabili verità sulle medesime questioni e non è detto che l’Unica Verità debba appartenere solo alle persone che si dichiarano sincere. Sui social, ad esempio, quasi tutti si professano sinceri e moltissimi lo sono. Ciò non dimostra, tuttavia, che la loro produzione on line sia Verità. Semmai dipende dalla loro particolare, individuale, contingente, e talvolta funzionale minuscola verità.)
A parte che negli ultimi quindici anni (fonte: Svimez) il sud dell’Italia ha regalato al nord qualcosa come duecentomila laureati – a dimostrazione che i meridionali studiano tanto e bene anche in mezzo al Mar dei Sargassi delle difficoltà di contesto e strutturali – oserei suggerire che toccherebbe semmai allo Stato eliminare, come da Carta Costituzionale, ogni ostacolo e barriera che si sostanzia in disuguaglianza socio-economica. Non è per mancanza d’impegno meridionale che stiamo male, bensì per mancanza d’impegno dei Governi a rendere uguali gli Italiani tutti nelle opportunità.
Tuttavia, il focus del mio editoriale s’incentra sulle modalità, quelle maledette modalità che obnubilano anche le menti meridionali, velocemente dimentiche di ogni cattiveria e pesante offesa che la Lega (Salvini in primis) ha negli anni addietro rivolto e tuttora continua (tranne, furbescamente, Salvini) a rivolgere al sud. (In gallery un annuncio di Borghezio, così, per fare il paio con Bussetti.)
Quando un popolo vive nell’incertezza e nella precarietà più assoluta, quando risorse e opportunità sono finite, complice il depauperamento culturale che rende le paure e le necessità non soddisfatte ancora più angoscianti, il primo che promette sicurezza additando come nemico chi sta ancora peggio, e lo fa con parole semplici e gentili, beh, quello ha vinto. Altrimenti non si spiega perché in Sardegna, come in Abruzzo, ed in Sicilia come in Campania (non dimentichi di Calabria, Puglia e Molise, e pure il Lazio-di-Roma-ladrona) esistano convinti salviniani organizzati in sezioni e presidi.
Non riesco proprio ad accettare che esistano miei conterranei meridionali che inneggino alla Lega che voleva sterminarci, e sono ahimè sicura dell’esistenza di moltissimi Campani che plaudono alle parole del Ministro Bussetti, perché si può diventare più realisti del re: basta la memoria corta, lo stato di necessità, l’imago del potere.
Fa differenza essere diretti, ovvero sinceri, ed essere gentili e garbati? Eccome. Salvini è gentile e garbato (in pubblico saluta personalmente chiunque; non si nega ai selfie; è un eccellente ospite negli studi televisivi; sorride sempre e non fa le facce; è persino diventato bravissimo a credere alle banalità che gli scrivono su Twitter), avendo abbandonato da tempo la rudezza e la coprolalia leghista, perché ha compreso che la cortesia è l’insospettabile chelante della pericolosità, di mortale velenosità e pure delle menzogne. Anche le parole false di un uomo garbato sembrano magicamente diventare verità. Ciò dimostra che il ‘come’ vince sempre sul ‘cosa’.
Lo scorpione della favola esopiana è gentile e suadente e con tali modalità è riuscito a convincere la rana a dispetto della sua reale natura. Garbatissimo come lo scorpione, il Vicepremier ha i suoi legittimi motivi per esserlo: deve prendersi l’Italia, sud (che in cuor suo continua ad odiare, come lo odia il Ministro Bussetti) compreso.
Il problema, tuttavia, non è lo scorpione, perché è la sua natura, il suo scopo, il suo destino di predatore.
Il problema sono le rane. Ed il sud ne è strapieno.
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federicodeleonardis · 5 years
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Fotografia e correttezza: una lettera su Enrico Cattaneo
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Firmamento nero (ex Cartiera Vita-Mayer)
Ricevo e volentieri pubblico
 Cara A,
il mondo è piccolo, molto più piccolo di quanto la fama faccia apparire a chi lo scandaglia per descriverne le eccellenze e certi particolari microscopici, ma veramente importanti, sfuggono all’indagine che vuol essere oggettiva e corretta. Non dubito della tua buona fede e della tua competenza di curatrice, ma nel caso dell’intervista a Enrico Cattaneo, morto meno di un mese fa, te ne è sfuggito uno che mi riguarda da vicino. Mi accingo a dirti quale.
Da parecchi anni non ho più incontrato Enrico, esattamente da quando avevo scoperto che in varie occasioni aveva esposto sue fotografie su mie opere… senza citarmi in alcun modo (non ricordo la data, ma tutto ciò successe qualche mese dopo la mostra che William Xerra fece alla galleria Derbylius, in cui qualcuno ci riprese amichevolmente insieme). Questa scoperta mi indusse a evitare di incontrarlo e, visto che la cosa si ripeteva con una certa frequenza, a scrivergli le mie proteste in modo dapprima gentile e poi sempre più indignato (non mi sono però mai servito di raccomandate, il che significa che la scarsa fiducia nella tempestività della giustizia, i suoi costi e un fondo di speranza (illuso!) nella sua correttezza, dopo le mie rimostranze scritte, avrebbero ottenuto l’effetto desiderato. Non si è mai degnato di rispondermi o di giustificarsi: evidentemente pensava di essere lui l’artista, che io fossi semplicemente un supporto e che la cosa non valeva nemmeno la pena di essere discussa. E’ passato del tempo: non mi interessa inseguire le scorrettezze o la meschineria altrui, troppo fiducioso che la verità prima o poi verrà a galla, ma dopo il tuo articolo ho pensato che non potevo più procrastinare la difesa del mio lavoro.
L’avevo portato, materialmente, nei luoghi più importanti del mio intervento artistico, mettendo a disposizione del suo obiettivo le mie opere; lui ha pensato bene di appropriarsene senza minimamente sospettare di avvilirne la portata solo perché sapeva usare uno strumento di registrazione, come se l’arte fosse appunto, registrazione, rappresentazione. Nella confusione generale, che denuncia l’ignoranza diffusa nei tempi attuali e che una certa critica interessata ha contribuito a formare, approfittava dell’occasione offertagli dall’opinione corrente che privilegia lo strumento fotografico perché facile, democratico, alla portata di tutti … i cretini: basta saperlo usare un po’ meglio, basta ammantarlo di un’aura tecnologica, scientifica, alchemica e il gioco è fatto: siamo dei grandi artisti! Parlo a una studiosa del campo, a una storica dell’arte contemporanea (l’ossimoro non lo nota nessuno: contemporaneo e storia fanno a pugni e spesso il ‘con’ si elimina col tempo; per fortuna dei posteri), una persona che lavora tutti i giorni e insegna arte visiva: non siamo in musica, dove la composizione non esisterebbe senza l’esecuzione e dove, tanto per fare un esempio, Gart Knox è artista quanto Luciano Berio e la Sequenza per viola non potrebbe essere ascoltata in tutto il mondo senza la sua divina interpretazione. Noi, dico tu, Cattaneo e io, lavoriamo nel campo dell’arte visiva e se pur una certa tendenza degli studi sulla comunicazione (i cosiddetti visual culture studies) tenda a privilegiare il web e quindi lo strumento che più di ogni altro può essere utilizzato dalla rete (vedasi per es. l’articolo di Federico Ferrari su questa tendenza, ripubblicato sul suo Visioni nel paragrafo Iconosfera),  io penso che l’arte veicolata appunto dal retinico si serva di qualcosa di ben più importante della semplice immagine piatta che si affida al digitale e questo qualcosa si chiama spazio, terza dimensione (compresi i suoi odori e, da architetto aggiungo, anche i suoi rumori, cioè la vita che lo riempie). Invece una certa critica superficiale perpetua l’equivoco, anzi ribalta addirittura la frittata: eclissa l’opera nel cono d’ombra della sua interpretazione. Cattaneo si è appoggiato a questa sponda; lecito per carità, anche se sulla validità del suo lavoro come artista si pronuncerà la storia. Ma ha sfruttato il mio lavoro continuamente (anche economicamente) senza citarmi e le scuse non sono mai arrivate. Alla fine, come ho potuto constatare da un annuncio sul Corriere, lo zampino della Smrgnaffa (cito sempre questo personaggio di Gadda, per esorcizzarlo) gli ha impedito di farlo: quella signora non va per il sottile!
Ma veniamo a noi, a te. In tutto il tuo articolo non ho letto una sola parola che mi mettesse in campo, ma nemmeno che menzionasse i lavori da lui fotografati che mi menzionassero come autore. Di più, e non so se la scelta e le didascalie delle foto sia stata tua o della rivista, si pubblica un mio lavoro come suo, addirittura con altro titolo (questo probabilmente datogli da lui). Svista? Dimenticanza? Per quanto riguarda la mia persona, il fatto che tu abbia condiviso l’opinione di Cattaneo (l’artista era lui e io solo un’involontaria comparsa), mi offende, ma sono affari tuoi. Da te che conosci il suo lavoro, ma anche e da molto tempo il mio (aspetterai per raccontare la mia storia che quella vecchietta arrivi anche alle mie porte?), avrei pensato di leggere il mio nome almeno accanto a quella serie di artisti minori che citi a un certo punto dell’articolo. Non so se rallegrarmi o meno della esclusione, ma dubito che tu lo abbia fatto per riguardo al livello superiore della mia arte. Mi permetti l’ironia?
Affari miei invece sono il fatto che il tuo silenzio in qualche modo convalida il falso, il plagio del fotografo nei miei confronti. Tutto ciò è tanto più grave in quanto, essendo tu stata una curatrice di mostre anche importanti in cui mi hai invitato (almeno tre) e una frequentatrice delle gallerie in cui io ho mostrato quei lavori, non potevi ignorare che aveva lavorato sulle mie opere. Ma più grave ancora è il fatto che, avendo tu raccolto a suo tempo le mie rimostranze, in occasione dell’articolo tu le abbia bellamente ignorate.
Questa la nostra vicenda, di me e di te, per essere precisi.
Tutto ciò apre una parentesi di natura culturale che mi vede costretto a pubblicare quanto sopra e a far pervenire questo scritto alla rivista in cui è comparsa l’intervista perché prenda le misure del caso. A settembre mi consulterò con un avvocato specializzato in materia per avere tutela. La parentesi è questa:
L’arte, almeno a partire dalla seconda metà dell’800, si è sempre servita della fotografia: oggi ne paga il prezzo ed è salatissimo. Per capire quanto, basta aprire una qualsiasi rivista d’arte, di qualsiasi paese al mondo, compreso il nostro: da almeno trent’anni una paccottiglia inguardabile in cui le cose serie devono sgomitare per essere viste e ciò lo dobbiamo al proliferare incontrollato proprio della fotografia e della sua superficialità. Ho più volte affrontato la questione sulle mie pubblicazioni e non ho nessuna intenzione di ripetermi: non ne vale la pena. Dico solo che oggi una pletora di critici preferiscono occuparsi di quella branca dell’arte visiva che ancora crede che la prospettiva rinascimentale non sia morta e sepolta e fra questi sono legioni quelli che la facilità dello scatto sdogana alle vette …dell’ignoranza). I fotografi che hanno capito che non è più così sono pochissimi, sì, sono pochissimi i fotografi artisti (da distinguere dagli artisti che usano anche la fotografia come uno strumento, fra i quali a volte, a partire almeno dal 1979, ci sono anch’io): quelli seri, quelli che non si abbandonano all’imitazione della pittura, quelli che hanno capito la specificità della loro arte  (l’istante dello scatto, cara A) o fanno della cronaca (vedi per es. quelli della Magnum) o dell’interpretazione (questi ultimi sono una minoranza). Quando non si limitava a riprendere la mondanità tipica delle mostre (una cronaca di bassissimo interesse, un piccolo mondo che si specchia narcisisticamente in se stesso), Enrico Cattaneo era un buon interprete, non certo alle vette di un Mulas, ma bravo. Moralmente però non altrettanto valido e certamente molto presuntuoso. E, se non ti dispiace, anche l’etica vuole la sua parte: sono qui per ridargliela.
Comunque, pace all’anima sua.
Già, cara A, pace all’anima sua almeno da parte mia, perché non è il prezzo che ho dovuto pagare le sue fotografie a contare, ma in generale il rispetto che si deve a un morto, quello che gli antichi chiamavano pietas.
Lettera firmata
FDL
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fassicranes · 5 years
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An interesting solution with the Fassi F32A
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Fassi’s distributor in Saudi Arabia produces an articulated crane installation for cleaning tunnels and/or urban structures
Jeddah (Saudi Arabia) – A practical solution: combining a crane with a brush attached to the telescopic extensions of an articulated crane and connecting the accessory to a tank through flexible hoses to use liquids suitable for cleaning tunnels and/or urban structures, especially in conditions where it is often necessary to clean off sand. An F32A.0.21 active is shown in the photo, where in this case a model with a greater vertical reach was needed to reach heights of more than 6 metres. The crane configuration has been enhanced with a control desk equipped with a seat that can be accessed from the side, enabling the operator to work as efficiently as possible. It is combined with a hydrostatic drive system for easy steering and control when the operator is washing towards the rear of the vehicle. The set-up has been designed by Fassi’s distributor in Saudi Arabia, the company Metal Work Co., which has produced 2 units for a service contractor in the Holy City of Mecca, delivered in September 2018. The brush is designed to operate in two directions: horizontally and vertically with an additional cylinder to control the angle of the brush (YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCLMrr-sbjb6tJ-xOuDcO0lA - Website: www.mwc.com.sa). Metal Work Co. has been collaborating with the Italian brand for 18 years. (Courtesy of M. Badreddine - Metal Work Co.)
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Una gru dedicata ad utilizzo particolare per la pulizia delle gallerie e di strutture urbane
Jeddah (Saudi Arabia) - L'abbinamento di una gru ad una spazzola in cima agli sfili telescopici di una gru e la connessione dell'accessorio ad una cisterna attraverso tubazioni flessibili per utilizzare liquidi adatti allo scopo è una soluzione pratica per la pulizia di gallerie e/o di strutture urbane soprattutto in condizioni dove spesso è necessario effettuare pulizia dalla sabbia. Nella circostanza mostrata dalla foto la gru utilizzata è una F32A.0.21 active, ovviamente nel caso in cui è necessario raggiungere altezze superiori ai 6 metri è necessario integrare in questo setup un modello di gru con uno sbraccio verticale maggiore. Alla configurazione della gru è stata aggiunta una postazione di comando dotata di seggiolino accessibile lateralmente per mettere in condizione l'operatore di poter operare al meglio insieme ad un sistema di guida idrostatico per una facile guida e controllo durante il lavaggio dell'operatore sul retro dell'attrezzatura. L'allestimento è stato realizzato dal distributore di Fassi in Arabia Saudita, la società Metal Work Co. che ha prodotto 2 unità per una società appaltatrice nella Città Santa di Makkah. Le unità sono state consegnate nel settembre 2018. La spazzola è stata progettata per funzionare in due posizioni orizzontale e verticale con un cilindro aggiuntivo per controllare l'angolo della spazzola (Youtube: https://www.youtube.com/channel/UCLMrr-sbjb6tJ-xOuDcO0lA - Website: www.mwc.com.sa). Metal Work Co. collabora con il marchio italiano da 18 anni. (Per gentile concessione di M. Badreddine - Metal Work co.)
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Le distributeur de Fassi pour l’Arabie Saoudite produit une installation de grue articulée pour le nettoyage des tunnels et/ou des structures urbaines
Djeddah (Arabie Saoudite) - Une solution pratique : elle conjugue une grue et une brosse. Cette dernière est fixée aux extensions télescopiques d’une grue articulée et raccordée à une cuve, par l’intermédiaire de tuyaux souples, afin d’utiliser des liquides adaptés pour le nettoyage de tunnels et/ou de structures urbaines, notamment lorsque les conditions exigent souvent l’élimination de sable. Cette photo illustre une grue F32A.0.21 active. Dans ce cas-ci, il s’agit d’un modèle ayant une portée verticale supérieure, afin qu’il puisse atteindre des hauteurs de plus de 6 mètres. La configuration de la grue a été améliorée grâce à un pupitre de contrôle équipé d’un siège, auquel il est possible d’accéder latéralement : cette caractéristique permet à l’opérateur de travailler aussi efficacement que possible. Ce pupitre est combiné avec un système d’entraînement hydrostatique visant à faciliter la conduite et le contrôle, lorsque l’opérateur effectue des opérations de nettoyage à l’arrière du véhicule. La configuration a été établie par l’entreprise Metal Work Co., distributeur de Fassi pour l’Arabie Saoudite, ayant produit 2 unités pour un fournisseur de services basé dans la ville sainte de La Mecque. Ces machines ont été livrées en septembre 2018. La brosse est conçue pour fonctionner dans deux sens : à l’horizontale et à la verticale, avec un vérin supplémentaire pour contrôler l’angle d’action de la brosse (YouTube : https://www.youtube.com/channel/UCLMrr-sbjb6tJ-xOuDcO0lA - Site web : www.mwc.com.sa). Metal Work Co. collabore depuis 18 ans avec la marque italienne. (Avec l’aimable autorisation de M. Badreddine - Metal Work Co.)
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Ein Kran speziell zur Reinigung von Tunnel und/oder urbanen Bereichen
Jeddah (Saudi-Arabien) – Eine praktische Lösung: Die Kombination eines Krans mit einer Bürste an den Teleskoparmen eines artikulierten Krans und Verbindung dieses Zubehörs über flexible Schläuche mit einem Tank, um Flüssigkeiten zu verwenden, die sich zur Reinigung von Tunnel und/oder urbanen Bereichen eignen, insbesondere dann, wenn Sand entfernt werden muss. Auf dem Foto ist ein F32A.0.21 active dargestellt, da in diesem Fall ein Modell mit einer größeren vertikalen Ausladung erforderlich war, um Höhen von über 6 Metern zu erreichen. Die Konfiguration des Krans wurde mit einem Bedienpult samt Sitz, der von der Seite aus erreichbar ist, ausgestattet, sodass der Bediener so effizient wie möglich arbeiten kann. All das ist mit einem hydrostatischen Fahrsystem für einfaches Lenken und Kontrollieren kombiniert, wenn der Bediener an der Rückseite des Fahrzeugs Reinigungsarbeiten durchführt. Die Ausführung wurde vom Saudi-Arabischen Fassi-Vertreiber Metal Work Co. entwickelt, der zwei Einheiten für ein Auftragsunternehmer in der Heiligen Stadt Mekka produziert hat, die im September 2018 geliefert wurden. Die Bürste wurde entwickelt, um in zwei Richtungen verwendet zu werden: horizontal und vertikal mit einem zusätzlichen Zylinder, um den Winkel der Bürste einzustellen (YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCLMrr-sbjb6tJ-xOuDcO0lA - Website: www.mwc.com.sa). Metal Work Co. arbeitet seit 18 Jahren mit der italienischen Marke zusammen. (Mit freundlicher Genehmigung von M. Badreddine - Metal Work Co.)
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El distribuidor de Fassi en Arabia Saudita produce una instalación de grúa articulada para la limpieza de túneles y/o estructuras urbanas
Jeddah (Arabia Saudita) – Una solución práctica: combinar una grúa con un cepillo unido a las extensiones telescópicas de una grúa articulada y conectar el accesorio a un tanque a través de mangueras flexibles para usar líquidos adecuados para la limpieza de túneles y/o estructuras urbanas, especialmente en condiciones donde a menudo es necesario limpiar arena. En la foto se muestra una F32A.0.21 active, en un caso donde se necesitaba un modelo con mayor alcance vertical para llegar a alturas de más de 6 metros. La configuración de la grúa se mejoró con un puesto de control equipado con un asiento al que se puede acceder lateralmente, lo que permite al operador trabajar de la manera más eficiente posible. Se combina con un sistema de transmisión hidrostática para facilitar la dirección y el control cuando el operador lava hacia la parte trasera del vehículo. La instalación ha sido diseñada por el distribuidor de Fassi en Arabia Saudita, la empresa Metal Work Co., que ha producido 2 unidades para un contratista de servicios en la Ciudad Santa de La Meca, entregadas en septiembre de 2018. El cepillo ha sido diseñado para funcionar en dos direcciones: horizontal y verticalmente con un cilindro adicional para controlar el ángulo del cepillo (YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCLMrr-sbjb6tJ-xOuDcO0lA - Sitio web: www.mwc.com.sa). Metal Work Co. colabora con la marca italiana desde hace 18 años. (Cesión de M. Badreddine - Metal Work Co.)
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bongianimuseum · 3 years
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RETROSPETTIVA di MAURO MOLINARI “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
RETROSPETTIVA di MAURO MOLINARI
“TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007
a cura di Sandro Bongiani
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La mostra Retrospettiva “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.
Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Insomma, una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza  che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.  Su tali temi trattati nel corso degli anni ha prodotto carte, tele, grandi installazioni, tavole, sculture dipinte e persino  artistamps d’autore. Un autore decisamente originale tra i protagonisti  fondatori  della Fiber Art italiana. Le ricerche iniziali degli anni sessanta  dell’informale e della poesia visiva si evolvono negli anni novanta ad un  repertorio di motivi tessili; dai lampassi broccati ai damaschi, dal tessuto italiano antico (fiorentino, comasco, genovese, veneziano, lucchese, siciliano), al motivo tessile spagnolo, inglese, indiano e cinese della seta a garza. Una vasta varietà di motivi tessili che abbracciano svariati periodi storici; dal tessuto cinese del III sec. a.C. ai motivi europei che vanno dall’XI sec. fino al XIX secolo. Da essi recupera con i disegni su carta, con gli acquerelli e gli acrilici, frammenti di figure, animali, alberi  e qualsiasi sorta di “immaginario fantastico” che poi inserisce su tavole di legno o su tela. Cicli di opere “gentili” come la serie di pianete, le scarpe, le sculture ricoperte di carte dipinte, i libri d’artista rivisitati e interpretati come “appunti,  variazioni, racconti di figure”, con altrettanti sorprendenti titoli, come per esempio, “giardino, paesaggio spagnolo, Mashan,  India,  mediterraneo, rinascimento”, in cui affiorano “lacerti di giardino, maschere, guardiani e fantasmi immaginari del presente”, con una insolita carica espressiva in cui il segno e la velatura degli acquerelli fanno affiorare  misteri e frammenti di storia passata.
Tutto inizia agli inizi degli anni 90. Una passione che già covava da tempo, il padre era un commerciante di tessuti e poi proprietario con la moglie di un atelier di moda, non ha caso, Mauro  Molinari fin da bambino ha sempre vissuto tra rotoli di stoffe e colori stampati fino a conoscerli e amarli. Poi, anche l'incontro in una galleria di via Giulia a Roma, con i prodotti della Tessitura di Rovezzano, realizzati utilizzando pregiati motivi figurativi e tecniche dei secoli trascorsi.  Per diversi anni, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete. Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione. Dal connubio con il tessile nascono i libri d’artista ad acquerello segnati da tracce di materia trasparente e fragili segni di memorie incise come quelli realizzati nel 2007, (Racconti con figure, 2007, carte dipinte su legno da un motivo tessile di fattura inglese del primo trecento Piviale di Pio II), di cui un importante esemplare è presente in permanenza nella Collezione del  Bongiani Ophen Art Museum  di Salerno.
Si diceva, libri teatro di  carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri  d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà  tutta contemporanea.
Mirella Bentivoglio, presentandolo  nel 1998 a Lugano scrive: “nel lavoro di Molinari sui tessuti è implicito un allargamento, dalla visione individuale, all’immaginario collettivo; un prelievo di dati filtrati da tradizioni anonime rielaborati individualmente, riportati alla loro essenza e dignità di “espressione”. Nello stesso anno anche Alberto Veca, sottolinea che “l’operazione è a un tempo un recupero della memoria e la soglia inaugurale di un viaggio, in cui le coordinate della collocazione geografica e cronologica perdono le loro caratteristiche per un più libero e fantasioso percorso, capace di accostare nuove e incognite traiettorie”.
Davvero una lunga  e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità  e soprattutto  essenza concreta di assoluto.    
Sandro Bongiani  19 nov. 2020
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rdresscouture · 5 years
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IIS Einaudi di Ferrara sperimenta nuove aree espressive. Fashion e RAP le due tematiche.
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Si sperimentano nuove forme di produzione e comunicazione cine-televisive ed i giovani maturandi dello storico Istituto Tecnico Einaudi di Ferrara dell’indirizzo Grafica e Comunicazione, non temono di misurarsi con la crescente competizione nazionale ed internazionale che li aspetterà al varco dopo questa nuova maturità tecnica.
Presto saranno presentati due filmati che scaturiscono da un lavoro di progettazione molto lungo ed accurato, iniziato in ottobre 2018, con Organizzazione dei Processi Produttivi nel settore cine-tv, in collaborazione e condivisione con le altre materie professionalizzanti del corso di Grafica e Comunicazione. Le due classi, 5H e 5G sono già impegnate anche nel celebre StudenTG che da anni realizza eccellenti produzioni per le news interne al plesso scolastico ed anche per gli eventi della città con relazioni esterne anche verso aree professionalizzanti più ampie in ambito.
Tutto è stato curato nei dettagli dagli allievi delle classi 5H e 5G in due produzioni differenti sotto ogni punto di vista. La 5H ha prodotto un videoclip per un musicista RAP, Juan Tavano che ha prestato la sua musica a questo esperimento molto creativo e divertente. La 5G invece si è cimentata nella realizzazione di uno spot dedicato al marchio di abbigliamento svizzero, Rdress couture che ha gentilmente prestato abiti e borse per questa performance davvero unica. Difficile trovare tanta disponibilità tra artisti e fashion brand verso un istituto scolastico.  
La novità dei due nuovi filmati sta nella progettazione: “…si tratta di un percorso molto impegnativo per i ragazzi che si sono dovuti abituare anche a realizzare rendicontazioni economiche simulate per l’impresa di produzione cine-tv, tabelle di comparazione tecnica, relazioni anche molto ampie…per poi approdare al progetto dei filmati comprensivo di tutto l’iter tecnico (dall’idea allo storyboard…) fino alla produzione vera e propria su set predefiniti o creati ad hoc…in tal caso la scuola stessa ed anche per gentile concessione il Bar Gallery di Ferrara…Ognuno aveva il proprio compito e ruolo ben preciso e studiato esattamente come una vera e propria crew cinematografica o televisiva...”, ci racconta il docente della materia in questione.
Determinante anche la gentile concessione di Rdress couture che ha prestato abiti e borse per la realizzazione del filmato che è una simulazione in piena regola di uno spot pubblicitario nell’ambito luxury: “…due allieve sono state scelte per simulare un pomeriggio di relax in una città elegante e moderna; abbigliamento esclusivo realizzato con opere d’arte originali e con due borsette davvero particolari in grado di sviluppare oltre 479 milioni di combinazioni artistico-cromatiche…da vedere…”, continua il docente. Una produzione di respiro anche internazionale, di certo molto efficace.
Il secondo progetto, invece, è un videoclip musicale del cantante e rapper Juan Tavano dal titolo “Vision”: “…in questo caso il lavoro interpretativo è stato importante anche per impersonare il cantante e simulare un suo live in alcuni momenti salienti della sua carriera artistica…”, conclude il docente.
Un lavoro davvero impegnativo per questi giovani che si accingono ad affrontare anche una nuova maturità, ma che hanno dimostrato di poter anelare a livelli davvero molto alti, per un futuro tutto da scrivere e da vivere.
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panosprofitis · 7 years
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“masks/ hard-wire” glazed ceramics  / Panos Profitis solo show “Primitive Future” Annie Gentils Gallery, Antwerp 2017
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chez-mimich · 7 years
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THE LONDONERS: DAY FOUR. White Cube, nella sua sede di Mason's Yard, giusto dietro Fortnum & Mason espone una vera chicca: Wayne Thiebaud, artista davvero difficile a vedersi. La galleria espone opere degli anni Sessanta sui suoi soggetti prediletti, ovvero cibo, e paesaggi urbani e rurali. Tanta pittura americana in questa mia breve vacanza londinese e ne avevo bisogno: l'arte americana per i poco lungimiranti curatori di mostre nostrane si limita ai soliti nomi: Warhol, Basquiat, Haring che ormai hanno il sapore di quei cibi precotti, anche un po' indigesti. Anche in questo l'Italia assomiglia sempre più ad una perifieria dell'impero con qualche fulgida eccezione (Fondazione Prada, Hangar Bicocca, Triennale, Punta della Dogana). White Cube Mason's Yard è un parallelepipedo, anni Sessanta, posizionato al centro di un cortile sul quale insistono ventrine di piccole gallerie ed antiquari e trovo che Thiebaud qui ci stia particolarmente bene. Molto più vicino a certe solitudine alla Hopper che non alla Pop Art, Thiebaud, incanta per ingenuo lirismo, per riposta raffinatezza e per gentile ironia: memorabili le sua torte di nozze che rimandano direttamente alla provicia americana, così come le sue periferie ci parlano di un mondo silente, anonimo ma riscattato da una tavolozza cromaticamente esaltante; colori pastello valorizzati dalla materia densa e da una luce ammaliante. Beh c'è da essere soddisfatti. Anzi no, bisogna sempre complicarsi la vita e allora, una corsa da Fortnum per i soliti acquisti di té per parenti e amici che ne avranno gli stipetti della cucina pieni e poi un'altra corsetta fino al British Museum superaffollato, almeno per per strizzare l'occhio al cavallino di Fidia a cui per tradizione, invece che un po' di biada, andiamo a scattare una fotografia. Poi ci aspetta solo un bel "lamb" con birra a Covent Garden. Poi come diceva il mio amico sardo, Samuele Puddu: "...Mi metto dentro la 'subbway' e vado in hotel, prendo le "valigge", mi metto dentro il taxi e vado a Victoria Station, mi metto dentro il treno e vado a Gatwick, mi metto dentro l'aereo e vado a Malpensa, mi metto dentro la navetta e vado al parcheggio, mi metto dentro la macchina e vado a casa. Poi mi metto dentro il letto e buona notte ai suonatori..."
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