“ Quando le Pleiadi, figlie di Atlante, s'innalzan nel cielo, tu comincia il raccolto, e quando tramontano, comincia anche a coltivare il campo. Esse invero per quaranta notti ed altrettanti giorni stanno nascoste, poi di nuovo col volgere dell'anno ricompaiono subito quando si affila la falce. Questa è la legge dei campi [...].
Nel tempo in cui la sferza del sole pungente perde l'ardore che rende l'uomo molle di sudore, quando Zeus onnipossente fa venire le piogge autunnali, e le membra dell'uomo si fanno molto più agili —allora infatti la stella Sirio passa sul capo degli uomini destinati a morire, solo per poco tempo durante il giorno, e gode rimaner di più durante la notte —, in quel tempo è del tutto immune dal morso dei tarli il legno del bosco, reciso dal ferro [...].
Sta' attento, quando senti il grido della gru, che dall'alto delle nubi ogni anno schiamazza: essa porta il segnale di arare i campi e annunzia la stagione dell'inverno piovoso [...].
Se invece seminerai la terra divina quando il sole volge al solstizio, tu potrai mietere stando seduto, stringendo in una mano lo scarso raccolto [...].
Quando Zeus ha fatto compiere sessanta giorni invernali dopo il solstizio, proprio allora la stella di Arturo, dopo aver abbandonato la sacra corrente di Oceano, s'innalza la prima volta nel cielo al calar delle tenebre. E dopo di essa, la figlia di Pandione dall'acuto lamento, la rondine sorge alla luce fra gli uomini, all'inizio della primavera. Tu prima della sua venuta pota i vigneti, perché così è meglio [...].
Quando poi Orione e Sirio sono giunti a mezzo del cielo, e l'Aurora dalle dita di rosa riesce a vedere Arturo, allora, o Perse, raccogli tutti i grappoli d'uva e portali a casa [...].
Ma se ti prende desiderio della navigazione perigliosa, nel tempo in cui le Pleiadi, fuggendo la terribile possa di Orione, si tuffano nel mare caliginoso, allora invero spirano i soffi dei venti da ogni direzione ed allora tu non tener mai le navi nel purpureo mare, ma ricordati di lavorare la terra [...].
Cinquanta giorni dopo il solstizio, quando è giunta al termine la stagione dell'estate spossante, allora è tempo giusto per i mortali di mettersi in mare; allora tu non perderai in naufragio la nave, né il mare farà perire i tuoi uomini [...]. In quel tempo i venti sono costanti ed il mare è sicuro [...]. “
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Brano tratto da Esiodo, Le Opere e i Giorni, traduzione di A. Colonna in Esiodo, Opere, Torino 1977; testo raccolto in:
André Pichot, La nascita della scienza. Mesopotamia, Egitto, Grecia antica, traduzione di Marina Bianchi, Edizioni Dedalo (collana Storia e civiltà n° 34), Bari, 1993¹; p. 295.
[1ª Edizione originale: La Naissance de la science, Tome I. Mésopotamie, Égypte, Tome II. Grèce présocratique, Éditions Gallimard, coll. Folio/Essai nos 154 et 155, 1991]
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🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘🦴🆘 PRIMER CASO NO PUBLICADO Estos bebés fueron dejados en una cancha deportiva a pleno sol😢😢😢 8 bebes con golpe de calor. Desesperados ante el video y la situación de los cachorros, buscamos ayuda con una compañera que enseguida a buscarlos antes que empezaran a morir por el golpe de calor. Gracias a esta persona, logramos poner los cachorros a salvo. Caso tomado por: @grupozeuspma @rescatando_colitas Para ellos necesitamos urgentemente: ✔️Pads ✔️Pañitos ✔️Comida Purina Dog Chow cachorros o Royal Canin mini puppy ✔️Leche deslactosada Necesitamos además, comprar una caja de vacunas, cuyo valor es de B/. 75.00 dólares, y esa caja trae 25 vacunas de cachorro, de esa forma será mucho más económico vacunarlos a todos. Aparte, necesitamos donaciones para la atención primaria básica de los 8 bebes. Ya están a salvo pero saben que cada caso conlleva muchos gastos Nos ayudas por favor 🙏 Ayúdanos a seguir ayudando: ➖➖➖➖➖➖➖➖➖➖➖ DONANDO ⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️ ➖➖➖➖➖➖➖➖➖➖➖ 🆘 GRUPO ZEUS PTY 🏛️ BANCO GENERAL 📚 CUENTA DE AHORROS #️⃣ 04-43-16-016552-7 📳 COMPROBANTE AL 6671-1878 ➖➖➖➖➖➖➖➖➖➖➖ 🔵🟠 YAPPY AL 6671-1878 ➖➖➖➖➖➖➖➖➖➖➖ CASO: BEBES ABANDONADOS EN DON BOSCO ¿Estás fuera de Panamá y deseas apoyar uno de nuestros casos? Dejamos a tu disposición los medios disponibles para transacciones internacionales. ⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️ 💳 Paypal.me/Grupozeuspma 🚀 Cuanto.app/@grupozeuspma ⬆️⬆️⬆️⬆️⬆️⬆️⬆️⬆️⬆️⬆️⬆️ Con el corazón en la mano imploramos ayuda para seguir adelante. Solos no podemos con tanto. GRACIAS GRACIAS GRACIAS y mil veces GRACIAS 🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏 (at Pet Village) https://www.instagram.com/p/CdoSWjsOWan/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Come una capanna nel bosco
Sai, in quest'ultimo periodo ho pensato spesso a... me.
Quanto le recenti esperienze che mi hanno accompagnato fino a qui mi stiano mano a mano cambiando, delicatamente.
Accarezzando con fare distratto il mio viso, come una foglia dispersa nel vento, per far sì che io non me ne accorga, probabilmente.
Anche la mia visione del mondo sembra esser mutata, ma tutto ciò suppongo sia al quanto normale. Noi esseri umani siamo nati per cambiare, non siamo per nulla creature statiche, non è nella nostra indole.
La minima situazione che si manifesti dinnanzi al nostro cammino, è in grado di influenzarlo, per quanto insignificante possa risultare. La verità è che siamo piuttosto superficiali, lasciamo che gli eventi ci scorrano sulla pelle e non li degnamo nemmeno di uno sguardo maldestro, di un pensiero funesto.
Siamo impacciati, siamo imperfetti, è questo che ci caratterizza principalmente.
La nostra imperfezione, le nostre ferite, le nostre cicatrici, le nostre fragilità.
Forse noi giovani più di molti altri possiamo risentire di tale constatazione. Siamo fragili.
Siamo come bambole di pezza con il cuore di stoffa. Ogni cosa ha la forza di scalfirci. Ognuno ha il potere di distruggerci.
Basterebbe una sola spinta per farci precipitare giù da quel davanzale e ridurci in mille frammenti.
Ma la sai una cosa? vaffanculo -
La fragilità è speciale. La fragilità è bellissima.
Ci fa sentire così dannatamente vivi, respiriamo di essa.
Irrompe nelle nostre sacche polmonari come una saetta di intensa elettricità. Si fa strade tra le strette pareti del nostro dinamico corpo.
Fuoriesce come vapore bollente, che ci ricorda la nostra presenza su questo pianeta.
Rammenta al mondo che ne facciamo parte.
Ci costringe a gridare " HEY CI SONO ANCH'IO! ".
Ci dona una strabiliante libertà.
Va bene commettere errori , dai nostri innumerevoli sbagli possiamo apprendere più che dai nostri successi.
Tramite le nostre ferite siamo in grado di riconoscere la strada da evitare o quella in cui essere più prudenti.
La nostra emotività rende il mondo d'un colore decisamente più acceso, le sue sfumature più chiare ed evidenti e i dettagli più interessanti.
Perché si, in questo modo il dolore, la sofferenza sono assai più profondi, ma anche la gioia sarà di un'intensità maggiore.
Ci colpirà dritta nell'anima come un irato fulmine di Zeus.
Ed è proprio durante istanti effimeri come quelli che riuscirai a sentire non solo te stesso nel mondo, ma la presenza del mondo dentro di te.
Dirompente come il primo terremoto che ebbe luogo sulla terra, breve quanto il primo lampo.
Dopo ciò non ti resta altro se non respirare quella sensazione il più a lungo possibile e sentire quanto realmente bruci tra le ossa tremanti della tua gabbia toracica.
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UN FIUME CHIAMATO ERACLITO
Eraclito se ne fregava delle feste di stato. A lui piaceva il fiume. Dall'alto del ponte il fiume era bello. Veniva voglia di buttarsi giù. Che me ne faccio della bellezza se non posso averla, pensò Eraclito. Allora scese lungo la sponda ma inciampò su un frammento di water nascosto nell'erba folta. Bestemmiò in greco poiché greco era. Il cammino verso la bellezza è irto di ostacoli, si disse, questa me la devo segnare. All'ombra di un salice si sedette in riva al fiume. Infilò un piede nella corrente d'acqua. Cazzo se è fredda! esclamò. Lo tirò fuori scosso dai brividi. Per accedere alla bellezza si ha da soffrire, anche questa me la devo segnare. Allora si fece coraggio e infilò entrambi i piedi. Nel mentre che soffriva in silenzio, sbucò una grossa zoccola , un topo enorme. Per Zeus, disse,che razza di creature strane ci sono in prossimità della bellezza. Poi si addormentò per una mezz'oretta. Al risveglio si ricordò di aver sognato che il fiume gli aveva parlato. Fu così che inventò il divenire.
Ma essendosi fatta una certa , vuoi la fame, vuoi che il sogno gli aveva messo addosso un vaga tristezza, tirò fuori il cellulare e chiamò Artemide. La dea gli piaceva molto. Anche lei disdegnava la compagnia degli uomini e se ne fotteva di onori e ricompense.
Si misero d'accordo per un pic nic nel bosco dietro casa di Eraclito. Lui portava da bere , lei da mangiare. Cosa vuoi mangiare?, chiese Artemide. Fai tu , disse lui, sei tu la dea della caccia.
Sazi e ubriachi, i due centellinavano una grappetta fatta in casa , gentile regalo della madre di Empedocle, seduti davanti al laghetto di Eraclito. La luna , un cigno , due papere
Vuoi scopare? chiese Atemide
No , disse Eraclito
Ti faccio un pompino?
No, grazie
Ti adoro per questo. Te ne freghi di uomini e dei. Vieni qui, almeno un bacetto.
Non ci riesco.
Perché sei triste?
Ho inventato il divenire ,Artemide, non sarò mai più lo stesso
Tutto qui? Non ci abbiamo capito un cazzo della vita noi che siamo dei, figurati tu.
Artemide si alzò dall'erba, si spogliò . Nuda era ancora più bella. Si tuffò nel laghetto e il cigno le si avvicinò. Insieme giravano in cerchi ora vicini ora lontani. Sembrava una danza.
Forse la malinconia è tutto ciò che rimane della bellezza di un fiume, pensò Eraclito. No, questa non me la segno.
Si spogliò e si tuffò nel laghetto anche lui. Artemide gli faceva segno con la mano e rideva con la sua bella risata da dea. Eraclito si immerse nell'acqua scura e capì. Da domani chiamatemi l'Oscuro , pensò, prima di mettere una mano sul culo di Artemide.
Kerelle
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“Niente è più mostruoso dell’uomo”. Su Antigone, la ragazza che dice NO. Dialogo con un teatrante e una poetessa, tra Sofocle e Thomas Bernhard
Di Antigone si dice quando la ragione ‘di cuore’ supera la ‘ragion di Stato’, spesso in relazione alla ‘disobbedienza civile’. Che parapiglia di segni, che s’incastrano sull’indiscusso e l’indicibile del mito. In una sintesi estrema, che non chiarifica ma abbaglia, Simone Weil scrive: “La legge non scritta alla quale questa giovinetta obbediva, lontanissima dall’avere qualcosa in comune con un qualche diritto o con alcunché di naturale, non era altro che l’amore estremo, assurdo, che ha spinto il Cristo sulla Croce. La Giustizia, compagna delle divinità dell’altro mondo, prescrive questo eccesso d’amore. Nessun diritto potrebbe prescriverlo. Il diritto non ha alcun legame diretto con l’amore”. Condivido questo pensiero con Silvio Castiglioni, teatrante di genio, avvezzo a portare in scena l’atto letterario – da Alessandro Manzoni a Silvio D’Arzo, da Dostoevskij a Mandel’stam, da Nino Pedretti ad Andrea Zanzotto – che mi mostra il suo ultimo progetto. S’intitola Notizie dalla città di Tebe, andrà in scena al Teatro Titano giovedì 11 luglio, ore 21, nella Repubblica di San Marino, ed è esito di un lavoro teatrale condotto con l’aiuto di un poeta, Franca Mancinelli. Che uno Stato ragioni su se stesso a partire da un testo che ne scassa le ‘ragioni’ mi pare magnifico. Se penso a Tebe, vado alla Sfinge e alle Baccanti, ai draghi e agli incesti e ai fratricidi: al luogo che odora di enigma. A un caos aggiogato di norme. Tebe, per altro, ha origine nel ratto di Europa da parte di Zeus: abitare il fato di quel mito ci induce a orientare un destino. D’altronde, nel primo stasimo di Antigone, Sofocle detta, con verbo che fa evolvere il mistero, la statura dell’umano: “Pullula mistero. E nulla più misterioso d’uomo vive”, traduce Ezio Savino; così traduceva Camillo Sbarbaro: “Molte sono le meraviglie ma nulla è più portentoso dell’uomo”. La versione-interpretazione di Hölderlin, del 1804, è un morso in faccia: “Mostruoso è molto. Ma niente/ Più mostruoso dell’uomo”. (d.b.)
Intanto. Cosa c’entra Tebe con San Marino? Tebe è terra di draghi e di sfingi, di profeti malcreduti e di unioni incestuose, della sfida tra contratto politico e amore filiale. Come l’avete incardinata, lassù, perché?
Silvio Castiglioni: Un giorno ci trovavamo nella cosiddetta Cava dei Balestrieri, un luogo simbolico dell’identità sammarinese, ora a ridosso del neonato Museo di Arte Contemporanea che accoglie opere di grandissimo interesse, realizzate proprio a San Marino in un’epoca recente quando la Repubblica attirava e incoraggiava artisti di livello internazionale. In quel luogo è comparsa la figura di Antigone, la prima volta. Occorre sapere che questo progetto è in qualche modo legato al riconoscimento ottenuto dalla Repubblica quale Patrimonio dell’Umanità. E le motivazioni sono scolpite sulla porta d’ingresso a San Marino Città: per la ricchezza e l’originalità del patrimonio immateriale costituito dalle istituzioni democratiche rappresentative e partecipate della Repubblica. Una democrazia antica ed efficiente che ha promosso in anticipo sui tempi alcune significative conquiste. Ed è a questa capacità di emancipazione delle fasce meno favorite della popolazione, di tolleranza, di innovazione (come testimonia quel Museo) che occorre richiamarsi oggi. Uscire dalla mera sopravvivenza e incamminarsi nuovamente sul sentiero delle proposte ardite, del laboratorio di convivenza. Forse Antigone, la disubbidiente, era comparsa per ricordarci tutto questo. Abbiamo cercato anche radici più antiche. Franca mi aveva parlato delle statuette in bronzo rinvenute nell’antico santuario della Tanaccia e mi ci ha portato. Il sito, che oggi si presenta come un dirupo in mezzo al bosco, pare fosse il primo insediamento sul monte Titano, un tempo meta di pellegrinaggi, un luogo di culto attivo almeno 5 secoli avanti Cristo.
Franca Mancinelli: Quando inizi a riflettere su un luogo, e lo fai scavando attraverso gli strati e i depositi culturali che si sono accumulati nel tempo, incontri in qualche modo le sue radici, che sono universali. È così che siamo arrivati da San Marino alla forma e idea di città, e quindi alla polis. E da lì ad Antigone, la tragedia che mette in scena il difficile equilibrio su cui si regge la polis. Una comunità non può fondare le sue leggi sulla trasgressione della legge più antica, che appartiene all’origine stessa dell’umanità, come quella legata al seppellimento dei propri cari. Lavorando ci siamo poi accorti che questo motivo antico, tragico, era capace di fare traspirare conflitti e contraddizioni che il gruppo di partecipanti del laboratorio viveva o portava nella propria storia, come appartenente a una piccola comunità che ha lottato per secoli per mantenere la propria indipendenza, e ha quindi nel suo Dna una lunga catena di tensioni, compromessi, identità difesa. Nel lavoro è poi confluita l’esperienza che Silvio ha portato dall’Antigone di Sofocle di Tiezzi, che si rifaceva alla versione di Hölderlin, adattata da Brecht.
Lui è Silvio Castiglioni nei panni di un controeroe di Nino Pedretti
Flirto con i dati culturali che avete disseminato. La vostra Tebe è letta attraverso una lente ‘germanica’: l’Edipo di Hölderlin e le ‘voci’ di Bernhard. Come mai, come si coagula tutta questa materia?
SC: All’inizio c’è sempre il caso che ci mette lo zampino. Thomas Bernhard è stato uno degli inneschi del lavoro, un punto di partenza. Sono molto affezionato a un suo librino L’imitatore di voci, che a volte utilizzo come materiale nei laboratori. In questo caso ha acceso un grande interesse e alimentato una risposta sorprendente. L’abbiamo usato come modello, come esempio, per mettere a punto un nostro prontuario di cronache di varia umanità. Ognuno ha inventato un caso bizzarro o paradossale della vita, spesso di cronaca nera, trattandolo con la stucchevole prosopopea di un cronista di provincia, come fa magistralmente Bernhard. Ci siamo divertiti molto a pescare a man bassa in tutte le follie e le idiozie e le catastrofi domestiche che abbondano nei comportamenti dell’essere umano di ogni latitudine. Poi è arrivata la figura di Antigone, la ragazza che dice no. L’idea di un conflitto che può lacerare una comunità ha preso le sue sembianze, nel confronto scontro con Creonte. E l’Antigone che io meglio conosco, per averci lavorato con la compagnia Lombardi-Tiezzi, è quella filtrata dalla traduzione in tedesco che ne fece in età romantica il grande poeta Hölderlin, fedele a Sofocle nella sostanza, e però ricca di una singolare potenza poetica, inusuale in una traduzione dal greco classico, lingua che Hölderlin sembra non padroneggiasse molto bene e quindi piena di geniali svarioni. Quando Brecht fece la sua riscrittura da Sofocle interpolando un paio di scene dal sapore contemporaneo – la Germania nazista –, utilizzò proprio la versione di Hölderlin. Abbiamo isolato alcune scene principali di quell’Antigone su cui poi è intervenuta Franca, tagliando e riscrivendo, riportando quella lingua complessa e a tratti arcaica, più vicina alla bocca dei partecipanti del laboratorio – che hanno alcune esperienze di teatro o si sono avvicinati al suo linguaggio per la prima volta. I due spunti, Bernhard e Hölderlin/Brecht, si sono incontrati e poi intrecciati coi contributi testuali dei partecipanti. E qui l’intervento di Franca è stato veramente decisivo nello spogliare e nel fare spazio, per fare emergere la parola nella sua potenziale carica poetica. Incrementando l’integrazione e la collaborazione nel nostro coro, o stormo, come ama chiamarlo Franca.
FM: Il pozzo buio, senza fondo, del mito, e la contemporaneità. Antigone e Bernhard. A unirli è la stessa forma di ricerca e di interrogazione, che trova nel gruppo di persone con cui abbiamo lavorato, il punto di partenza e di unione. Perché questo gruppo, per accordarsi e trovare sintonia, all’inizio del lavoro è diventato un coro. Fare parte di un coro significa riconoscersi all’interno di uno stesso corpo, che obbedisce a uno stesso ritmo e a forze comuni, perché ha saputo creare al proprio interno quello spazio sacro, dove ciascuno può essere quello che è, libero da ogni sguardo e giudizio, e in questo spazio dare voce alle tante vite che gli appartengono, che la vita quotidiana non gli consente di esprimere: può tornare a giocare, con la profonda e seria libertà dell’infanzia. Iniziare a recitare, come ci ricordava Silvio durante questo lavoro, è proprio questo “facciamo che”, questo luogo di “sacra impunità” all’interno del quale ognuno può sentirsi protetto e insieme liberato dai confini che l’identità individuale ci assegna. Recitare è lo stesso di giocare, così in inglese, francese e tedesco: to play, jouer, spielen.
…c’è poi, appunto, questo lavoro sul ‘coro’, sulla dimensione ‘corale’, greco classica, poi perduta – nel teatro moderno, eventualmente, vige il monologo, non il dire insieme – come mai?
SC: Sono ossessionato dalla dimensione del coro. Forse perché ho fatto molti monologhi, o soliloqui, come preferiva chiamarli Leo de Berardinis. D’altra parte come ci ricorda ‘Lello’ Baldini, uno che se ne intendeva, ciascuno di noi non fa altro per tutta la vita, monologhi. Non si fa che parlare allo specchio, a se stessi, a vanvera. Nel mio caso misurarmi col monologo è stata anche una scelta dettata dalla necessità di salvaguardare una certa intimità dell’agire scenico. Non volevo perdere il contatto col mio mondo interiore. E poi una necessità, se volevo esplorare certe direzioni o misurarmi con certi temi, in una dimensione di autoproduzione. Ma se ho la fortuna di incontrare un gruppo di persone all’insegna del teatro, come in questo percorso sanmarinese, il lavoro sul coro si impone come la dimensione o la condizione madre, che genera tutto il resto. Nel coro si sta come nel grande orecchio, in perpetuo ascolto. Il coro è uno scambio fra individui diversi ma di uguale valore, la metafora perfetta della buona politica. I diversi, per storia indole pensiero tendenze sessuali ecc., devono mettersi d’accordo, devono mediare, trovare una soluzione. Il concetto di coro è potente, una comunità parallela, che funziona solo se è solidale, ma non impersonale. Possiamo anche immaginarlo come una rappresentanza degli spettatori sulla scena, un gruppo di cittadini che ha facoltà di intervenire nell’azione o di commentarla in diretta. Ovviamente il mio non vuol essere un discorso storico. In fondo il teatro greco antico non è durato che pochi decenni e poi è scomparso per secoli e secoli. Ma ci ha regalato delle idee formidabili. Come appunto il coro, o come il protagonista, il primo agonista ossia un individuo che esce dal coro e al coro si contrappone, che non obbedisce più all’obbligo della mediazione ma asseconda il suo destino divergente, e percorre una sua traiettoria individuale. Sono idee potenti, capaci di alimentare uno sguardo perforante sulla realtà. E poi quando ci si ritrova insieme per iniziare un lavoro teatrale, un viaggio che potrebbe portare a uno spettacolo, è fondamentale passare dal coro, se non altro per accordare gli strumenti e cercare la sintonia, come ha detto Franca. In questo caso il coro è proprio il protagonista dell’azione principale. Distribuisce e riassorbe in se stesso le diverse parti. Un gruppo di cittadini patisce al suo interno una divisione profonda che può generare un conflitto anche catastrofico. Se saltano i dispositivi di sicurezza coi quali ogni comunità si protegge dalle lacerazioni anche gravi, può accadere il peggio. Occorre esorcizzare questo pericolo. La contrapposizione Antigone / Creonte ‘interpreta’ questa lacerazione. Il coro si sdoppia in due, due partiti, due fazioni, due squadre, due eserciti. Per un po’, almeno. Poi bisogna ricomporre, risanare. E pregare.
Lei è Franca Mancinelli fotografata da Enrico Chiaretti
FM: Uno dei privilegi più grandi che l’esistenza ci riserva è quello di potere essere solo sguardo. La scrittura è un’esperienza dello sguardo, nasce dal corpo, dall’ascolto di ciò che transita in esso, ma è insieme anche la possibilità di scorporarsi, fare spazio e “prendere corpo” altrove, nelle cose e negli altri. Durante questo laboratorio, per ore ho potuto esercitare questo privilegio che mi è stato concesso da Silvio e dal gruppo. Per questo sono colma di riconoscenza, perché sono stata colmata di doni. Uno dei più grandi è forse quello di avere potuto seguire il lento processo che ha portato sedici persone a formare un coro, e poi, dal suo interno, da questo spazio di accoglienza che si è fatto ascolto e risonanza, all’apertura di altre possibilità di vita, di nuove rotte. Ho potuto così assistere a tante nascite. Un tono di voce che non trovava la forza di liberarsi, si dà nitido, un gesto a lungo contratto e imprigionato, si riconosce, scopre di potere esistere. Per ognuna di queste nascite ho esultato internamente e continuo ad esultare, come festeggiando una vittoria contro le prigionie che i nostri Creonte ci impongono e che continuiamo a scontare inconsapevoli.
Il teatro è ancora un atto ‘politico’? Intendo, sa far levitare i luoghi oltre la cronaca, a titillare il mito?
SC: La cronaca, la maniera in cui abitualmente ci si presenta la realtà, è un colossale artificio mediatico in balia di una folle emotività che non ci fa veder nulla, se non quello che desideriamo, o che abbiamo paura di vedere. È indubbio che qualcosa stia accadendo, ma che cosa? Un mio maestro ha detto: il teatro è l’ultimo posto dove andare a nascondersi, poiché in teatro si vede tutto. È concepito apposta, no?, per vedere, per leggere dentro. Se provi a fregarmi me ne accorgo subito, non così nella realtà, pare. Il velo di polvere che ricopre ogni cosa, ogni fatto e misfatto, a volte è così spesso che non si riconosce più nemmeno la sagoma delle cose che stanno sotto. Per questo credo che il teatro sia uno degli ultimi posti dove possa rifugiarsi la politica oggi. In teatro è difficile mentire a se sessi, (come in letteratura, direbbe Brodskij), anzi è quasi impossibile, dunque è un atto profondamente politico…
FM: Sì, è un atto politico, come ogni atto autentico, che nasce da una fede, da un affidamento profondo. Facendo teatro si vive la parola, la si abita, le si ridona un corpo. Ci si affida interamente a questa forma custodita nella lingua. Oggi siamo abituati a parole di superficie, disinnescate dalla loro carica creativa, uniformate alle leggi della comunicazione e del mercato. Parole a cui non si può credere, a cui è necessario non credere, da cui bisogna difendersi, arginandole, creando uno spazio di silenzio. È in questo spazio vuoto, marginale, che accade ancora la poesia, il teatro. Prima di questo laboratorio pensavo che il lettore più attento di un testo fosse il suo traduttore. Più del critico, spesso viziato da lenti intellettuali e speculative, il traduttore è chiamato a calarsi nella materia della lingua, e riportarne in vita strati sommersi. Ora penso che forse, ancora più del traduttore da una lingua all’altra, il lettore più attento possa essere chi traduce dalla pagina al corpo. Lavorare con Silvio mi ha dato la possibilità di assistere a un lavoro che porta a sondare la parola come un terreno su cui gettare le fondamenta del presente, vicino alle faglie da cui affiora, come un’acqua primordiale, il mito.
*In copertina: Charles Jalabert, “Edipo e Antigone lasciano la città di Tebe”, 1842
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Alla fine ho deciso di dare ragione a lei, Professor Morelli: il femminile è importante, non si può fare finta che non esista e pure le immagini archetipiche dentro di noi hanno un certo peso.
Io, per esempio, da quando l'ho sentita parlare, conutinuo ad incarnare l'archetipo di Artemide, dea della caccia. Lo incarno senza sosta a causa sua e di quelli come lei.
Tutte le altre dee e gli altri dei - perchè lei lo sa, ma forse ha scordato di dirlo che il maschile e il femminile non sono prerogativa di un genere, ma il femminile è presente nel maschio così come nella donna, e il maschile è presente nella donna così come nel maschio; anima e animus, quella cosa junghiana lì, dove non ci sono più due sessi pieni e contrapposti, si ricorda no? - se ne stanno citti, citti, in un angolino, mentre Artemide spadroneggia e sta pure un sacco incazzata.
Ebbene, Artemide è una delle figlie di Zeus e pare che all'età di tre anni seduta sulle sue ginocchia gli abbia espresso tutta una serie di desideri, che lei, Professore, potrebbe ritenere quantomeno bizzarri per una bambina.
Sai cosa vorrei, papà?
Cosa vorresti, bambina?
Papà Zeus, allora, io vorrei non sposarmi mai e restare sempre vergine, mhhh, poi vorrei un arco ricurvo per andare a caccia, poi una muta di cani e poi voglio i monti, la città non fa per me, voglio andare per boschi!
E Zeus che fa? No, Professor Morelli, Zeus non le regala la Barbie Malibù per distrarla, Zeus concede ad Artemide esattamente quello che ha chiesto, e Artemide diviene dea della caccia, degli animali selvatici, del tiro con l'arco, dei campi coltivati, delle iniziazioni femminili, protrettrice della verginità e del parto.
Artemide è un modello di integrità e indipendenza, è una donna che ha scelto la sua propria esistenza. Che femminile pazzesco, vero Prof.?
Ma poi sa che accade un giorno?
Accade che Artemide con le sue ancelle sta facendo un bagno tutta ignuda in un laghetto sul Monte Citerone, monte che è ,come tutti monti, della dea; le ragazze se ne stanno lì, ciarlano, si pucciano, prendono il sole, si ripucciano, cose così, quando si accorgono di essere spiate da Atteone, un principe tebano, che era uscito a caccia di cervi, ma poi si era imbattutto in tutte ste fregne ignude e che vuoi fare? si era detto, io mi fermo e spio, metti che ci esce qualcosa! Che poi, lo sanno tutti che se le guardi, le spii e tiri loro pure due manate sul culo le donne son contente, aveva pensato Atteone, che è un po' quel che pensa lei, Professor Morelli.
Artemide, però, lo tana, e non la pensa per nulla come lei Professore: non si sente più dea perchè lui l'ha spiata, non si sente migliore, non si sente meglio, si incazza e basta.
Ma si incazza come si incazza una dea, che è molto peggio di quando ci incazziamo noi, o di come si incazza la Michela Murgia. Quando una dea si incazza, sono belini amari, e infatti il meschino Atteone viene trasformato in un cervo che dalla paura fugge nel bosco e finisce divorato dalla sua stessa muta di cani.
Ripeto, per uno sguardo alla dea, finisce sbranato dai suoi cani.
Ora, io non vorrei vedere nessuno sbranato dal mio cane, e sono certa che nemmeno la Murgia lo vorrebbe, nessuna di noi donne lo vorrebbe.
Ma siamo stanche di sentirci dire come dobbiamo essere, di come saremmo se il vostro sguardo oggettivante ma secondo lei salvifico si posasse su di noi che però non siamo oggetti, ma soggetti pensanti.
Ha ragione, professor Morelli, il femminile è importante, ed è bene ricordarsi che non c'è solo Afrodite, ma che accanto ad Afrodite c'è Morgana, e accanto a Morgana c'è Artemide, accanto ad Artemide c'è Atena e così via. Il femminile si declina all'infinito.
E la prossima volta che le viene in mente di sciorinare qualche banalità si ricordi di Atteone, si ricordi dei cani, si ricordi che se le Dee si incazzano i mortali fanno una brutta fine.
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. ╰ 𝐜𝐥𝐮𝐛 𝐦𝐞𝐞𝐭𝐢𝐧𝐠 !
📚 𝖼𝗅𝗎𝖻 𝖽𝗂 𝖺𝗌𝗍𝗋𝗈𝗇𝗈𝗆𝗂𝖺
📅 𝗃𝗎𝗇𝖾 𝟣𝟢, 𝟣𝟣:𝟥𝟢 𝗉.𝗆.
🔗 #𝖽𝖺𝗇𝗀𝖾𝗋𝗈𝗎𝗌𝗁𝗉𝗋𝗉𝗀
・・・
`` L'Orsa Maggiore (in latino 𝘜𝘳𝘴𝘢 𝘔𝘢𝘫𝘰𝘳) è una costellazione tipica dei cieli boreali. Le sue sette stelle più luminose, raggruppate nel famoso asterismo del Grande Carro, sono visibili per tutto l'anno nell'emisfero nord e non tramontano mai a nord del 41°N. ``
Fiorenzo, l'ormai anziano centauro che organizza personalmente e tiene i corsi del Club di Astronomia, introduce così agli studenti l'argomento del giorno - o sarebbe meglio dire della notte?! -, e la punta della piuma di Agape non fa che grattare rapidamente sulla pergamena, desiderosa di non perdersi nemmeno una sillaba di quanto stia dicendo.
`` Questo gruppo di stelle è noto fin dai tempi più remoti e le storie che ad esso si legano sono le più svariate: il riferimento all'asterismo come un orso (le quattro stelle orientali) inseguito da tre cacciatori (le tre di coda) è probabilmente il più antico mito a cui l'umanità faccia ancora riferimento. Esiste, però, anche la rappresentazione dell'orsa come madre: si tratta di Callisto, "la più top", che non è nata orsa ma ninfa votata ad Artemide. Chi voleva seguire Artemide doveva non solo possedere spiccate doti venatorie, ma anche rimanere vergine 𝚖̶𝚊̶ ̶𝚌̶𝚑̶𝚎̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚣̶𝚣̶𝚘̶ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚍̶𝚒̶𝚜̶𝚌̶𝚘̶𝚛̶𝚜̶𝚘̶ ̶𝚎̶̀,̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚎̶𝚜̶𝚝̶𝚎̶ ̶𝚜̶𝚘̶𝚗̶𝚘̶ ̶𝚝̶𝚘̶𝚛̶𝚝̶𝚞̶𝚛̶𝚎̶, come la dea. Callisto era così 𝚙̶𝚘̶𝚟̶𝚎̶𝚛̶𝚊̶ ̶𝚜̶𝚝̶𝚎̶𝚕̶𝚕̶𝚊̶,̶ ̶𝚕̶𝚎̶𝚝̶𝚝̶𝚎̶𝚛̶𝚊̶𝚕̶𝚖̶𝚎̶𝚗̶𝚝̶𝚎̶ ed era talmente virtuosa nell'arte della caccia da essere la prediletta della sorella di Apollo 𝚜̶𝚙̶𝚎̶𝚛̶𝚒̶𝚊̶𝚖̶𝚘̶ ̶𝚍̶𝚒̶𝚟̶𝚎̶𝚗̶𝚝̶𝚒̶ ̶𝚞̶𝚗̶ ̶𝚕̶𝚎̶𝚜̶𝚋̶𝚘̶-̶𝚍̶𝚛̶𝚊̶𝚖̶𝚖̶𝚊̶. ``
Ugh, forse non è proprio nel mood per rimanere davvero concentrata: ma la si può biasimare, considerato che è ormai al terzo giorno del mix letale che sono esami, insonnia e orride creature?!
`` Un giorno, quando Apollo col suo carro infuocato aveva percorso ormai più di metà del tragitto celeste, Callisto si trovava in un bosco fino ad allora scampato alla mano dell’uomo; era un lussureggiare di foglie e aghi splendenti che si intrecciavano col bruno dei tronchi, ora lisci ora nodosi, e tutti dal legno pieno di vigore. Abeti, lecci, castagni, querce 𝚜̶𝚝̶𝚘̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚣̶𝚣̶𝚘̶ ̶𝚗̶𝚘̶𝚗̶ ̶𝚌̶𝚎̶ ̶𝚕̶𝚘̶ ̶𝚖̶𝚎̶𝚝̶𝚝̶𝚒̶?̶ popolavano da secoli la montagna che da lontano si presentava abbigliata con un grande manto verde scuro. I fiori infine, ammorbidivano la ruvidità dei pendii con teneri petali 𝚏̶𝚛̶𝚊̶,̶ ̶𝚙̶𝚎̶𝚛̶ ̶𝚍̶𝚒̶𝚛̶𝚎̶ ̶𝚌̶𝚑̶𝚎̶ ̶𝚎̶𝚛̶𝚊̶ ̶𝚞̶𝚗̶ ̶𝚋̶𝚎̶𝚕̶ ̶𝚋̶𝚘̶𝚜̶𝚌̶𝚘̶ ̶𝚌̶𝚒̶ ̶𝚜̶𝚝̶𝚊̶𝚒̶ ̶𝚖̶𝚎̶𝚝̶𝚝̶𝚎̶𝚗̶𝚍̶𝚘̶ ̶𝚞̶𝚗̶𝚊̶ ̶𝚟̶𝚒̶𝚝̶𝚊̶:̶ ̶𝚘̶𝚙̶ ̶𝚘̶𝚙̶,̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚟̶𝚊̶𝚕̶𝚕̶𝚒̶𝚗̶𝚘̶,̶ ̶𝚜̶𝚒̶𝚗̶𝚝̶𝚎̶𝚝̶𝚒̶𝚌̶𝚘̶!̶ mentre la freschezza dei loro colori si sposava qua e là con rocce argentate. Non è esagerato dire che quel bosco avrebbe potuto chiamarsi anch'esso Callisto, perché era come lei: bellissimo e purissimo. La ragazza vi era capitata alla fine di una giornata trascorsa a inseguire nuove prede ed era ormai desiderosa di riposarsi 𝚖̶𝚊̶𝚛̶𝚢̶ ̶𝚜̶𝚞̶𝚎̶,̶ ̶𝚜̶𝚎̶𝚒̶ ̶𝚝̶𝚞̶?̶!̶. Nel bosco però capitò anche Zeus 𝚎̶𝚌̶𝚌̶𝚘̶𝚕̶𝚘̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚊̶,̶ ̶𝚖̶𝚊̶𝚗̶𝚌̶𝚊̶𝚟̶𝚊̶𝚗̶𝚘̶ ̶𝚐̶𝚕̶𝚒̶ ̶𝚜̶𝚝̶𝚞̶𝚙̶𝚒̶𝚍̶𝚒̶ che, alla vista della giovane, non seppe resistere e come già con altre era accaduto, desiderò farla sua. Per non intimorirla o metterla sulla difensiva, astutamente le si avvicinò assumendo proprio le sembianze di Artemide e fu quando la giovane manifestò di preferire la dea a Zeus che bramò possederla più di ogni altra cosa al mondo, manifestandosi in tutta la sua grandiosità e, senza lasciarle il tempo di capire, la strinse a sé vanificando per sempre il voto fatto a Artemide 𝚜̶𝚝̶𝚞̶𝚙̶𝚛̶𝚊̶𝚝̶𝚘̶𝚛̶𝚎̶ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚖̶𝚎̶𝚛̶𝚍̶𝚊̶. Alla fine, così come improvvisamente era apparso, il re dell’Olimpo si dissolse nell'aria facendo perdere ogni traccia.
Callisto vagava disperata tra i sentieri del possente Menalo, dove tutto continuava a essere selvaggio e meraviglioso. Con lacrime di rabbia, la paura ancora martellante nel cuore, si faceva strada tra le felci baciate dagli ultimi raggi del sole e pini canori dentro i quali soggiornavano invisibili passerotti. A un tratto la figura fiera e agile di Artemide apparì a poca distanza dalla sventurata assieme al suo seguito. La dea vide Callisto e la chiamò, ma ella d’istinto fuggì, vedendo nella sua beniamina ancora l’immagine ingannatrice di Zeus. Fu la presenza delle altre ninfe a rivelarle che non era così. E si unì al gruppo. Tuttavia, la verità era destinata prima o poi a venire allo scoperto: Callisto infatti portava nel grembo un figlio. Fu la luna a scandire dolorosamente, mese dopo mese, l’età dell’adulterio. Per nove volte il candido disco rischiarò la notte fino a che venne il giorno in cui Callisto, insieme alla dea e alle altre ninfe, intraprese la sua ultima battuta di caccia. Al pomeriggio ognuna di loro vantava ormai un ricco bottino, simile a quello che Artemide esibiva con orgoglio, e l’abbondanza della selvaggina dava la misura del dispendio di energie richiesto per conquistarla. Così, quando giunsero in prossimità di un ruscello dall'acqua di cristallo, Artemide propose di fermarsi per un bagno. Dall’Olimpo intanto un’altra dea aveva osservato tutto fin dall’inizio e attendeva il momento giusto per mettere in atto la sua vendetta: era Era, la consorte di Zeus, tradita una volta di più dal suo sposo 𝚗̶𝚎̶𝚖̶𝚖̶𝚎̶𝚗̶𝚘̶ ̶𝚕̶𝚘̶ ̶𝚕̶𝚊̶𝚜̶𝚌̶𝚒̶𝚊̶,̶ ̶𝚙̶𝚎̶𝚛̶𝚘̶̀:̶ ̶𝚐̶𝚎̶𝚗̶𝚒̶𝚘̶. Quando dall'alto vide la scena dello scandalo, si incendiò di rabbia 𝚎̶ ̶𝚋̶𝚊̶𝚜̶𝚝̶𝚊̶?̶!̶. Per questo, decise di punire la donna privandola delle belle forme che il marito aveva amato: la trasformò in orsa, sebbene quella implorasse pietà 𝚖̶𝚎̶𝚐̶𝚕̶𝚒̶𝚘̶ ̶𝚌̶𝚑̶𝚎̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚒̶ ̶𝚒̶𝚘̶ ̶𝚗̶𝚘̶𝚗̶ ̶𝚖̶𝚒̶ ̶𝚎̶𝚜̶𝚙̶𝚛̶𝚒̶𝚖̶𝚊̶,̶ ̶𝚒̶𝚗̶𝚟̶𝚎̶𝚌̶𝚎̶ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚜̶𝚝̶𝚛̶𝚊̶𝚛̶𝚎̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚎̶𝚕̶𝚕̶'̶𝚊̶𝚐̶𝚐̶𝚕̶𝚘̶𝚖̶𝚎̶𝚛̶𝚊̶𝚝̶𝚘̶ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚝̶𝚘̶𝚜̶𝚜̶𝚒̶𝚌̶𝚒̶𝚝̶𝚊̶̀ ̶𝚏̶𝚊̶𝚝̶𝚝̶𝚘̶ ̶𝚍̶𝚒̶𝚟̶𝚒̶𝚗̶𝚒̶𝚝̶𝚊̶̀ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚎̶𝚜̶𝚝̶𝚘̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚣̶𝚣̶𝚘̶. ``
E qui decide di smettere di scrivere, Agape, come segno di protesta nei confronti dell'ennesimo mito che non condivide: comprende che fossero altri tempi, che abbiano comunque il loro fascino sociologico, ma è più forte di lei. Riprende la piuma in mano soltanto quando si passa alla parte più tecnica e realmente astronomica, dove agli studenti è anche concesso dare un vero e proprio sguardo dal telescopio: la scrittura allora è visibilmente più disordinata, ché scrivere senza supporto - o con uno minimo come una cartelletta - non è esattamente emblema di comodità.
`` Il Grande Carro è formato dalle stelle principali della costellazione che sono chiamate, in ordine da est ad ovest, Dubhe, Merak, Phecda, Megrez, Alioth, Mizar e Alkaid (o Benetnash), e sono state assegnate loro le lettere greche da α ad η, nello stesso ordine. Mizar ha una stella compagna chiamata Alcor, appena visibile ad occhio nudo, che è un tradizionale test della vista. Entrambe le stelle sono in realtà doppie, e sono state, rispettivamente, la prima binaria visuale e la prima binaria spettroscopica scoperte. La Stella Polare può essere trovata disegnando una linea tra Dubhe e Merak, all'estremo del Gran Carro, e prolungandola di cinque volte. Altre stelle come Arturo e Spica possono essere trovate prolungando invece il lato lungo. ``
Osservare la Stella Polare le ricorda un po' Pinocchio, nel momento in cui per la prima volta si vede arrivare la Fata Madrina: magari si celasse realmente lì, avrebbe davvero tante cose da chiedere. Chissà se fattibili, però. Insomma, la lezione continua con le stelle principali, le doppie, le variabili: la corvonero, però, rinuncia definitivamente a prendere appunti quando si rende conto di aver trascritto un typo grosso e devastante quanto un intero castello in fiamme. Meglio non lasciare altre tracce della propria stanchezza, ugh.
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (19/x): Felice Zecca di Lecce, Tommaso Possente di Trepuzzi, Riccardo Mattei e Niccolò Arnone di Alessano
di Armando Polito
Quattro autori in un colpo solo, perché solo di qualcuno di loro son riuscito a reperire qualcosa, oltre a scarne informazioni . Ho condensato il tutto nelle relative schede.
FELICE ZECCA
Nel volume IV dei cataloghi manoscritti dell’Arcadia custoditi nella Biblioteca Angelica di Roma, volume che si riferisce alla custodia di Michele Giuseppe Morei (dal 1743 al 1766), si legge: Altibio Elimeo, Felice Zecca da Lecce, dottore.
In Efraimo Chambers, Dizionario universale delle arti e delle scienze, Pasquali, Venezia, 1749, s. p. compare nell’elenco dei leccesi appartenenti alla Società Reale di Napoli con la dicitura: Il Signor Dottor D. Felice Zecca Med.
Per quanto riguarda il nome pastorale, se per Altibio mi sfugge qualsiasi riferimento, Elimeo potrebbe essere forma aggettivale dal greco Ἐλιμία (leggi Elimìa), località della Macedonia.
Un suo sonetto è segnalato dal Dizionario biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, Lacaita, Manduria, 1999 in Raccolta di componimenti de’ signori accademici Spioni di Lecce composta in occasione della natività del serenissimo primogenito reale infante D. Filippo. Intitolata alla maestà di Carlo Borbone dall’illustriss. signor D. Domenico Maria Guarini patrizio, e general sindaco della città di Lecce, Viverito, Lecce, 1747. Del volume l’OPAC registra l’esistenza di due soli esemplari: uno, mutilo, è custodito presso la Biblioteca Provinciale Nicola Bernardini di Lecce, l’altro presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli. Lascio a qualche volenteroso lettore quel controllo diretto che non mi è stato possibile fare e ringrazio anticipatamente chi vorrà comunicarne l’esito e, eventualmente, trasmettere il testo del sonetto.
TOMMASO POSSENTE
In Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 363 si legge: Larisbo Zanio. Il Padre Agostino di S. Tommaso d’Aquino Procuratore generale de’ Cherici Regolari delle Scuole Pie, al secolo Tommaso Possente da Trepuzzi. Colon(ia). Mar(iana). Viene riportata a margine come data di ingresso nell’Arcadia il 27 novembre 1704. La colonia Mariana fu fondata nella Religione dei Chierici Regolari delle Scuole Pie l’8 novembre 1703. Il suo motto era: Hinc satur (Da qui sazio).
Per Larisbo non ho individuato nessun possibile riferimento, mentre Zanio potrebbe essere una forma aggettivale da Ζάν/Ζανός (leggi Zan/Zanòs), forma dorica per Ζήν/Ζηνός (leggi Zen/Zenòs) che significa Zeus.
RICCARDO MATTEI
In Comentari del Canonico Giovanni Mario Crescimbeni Custode d’Arcadia intorno alla sua Istoria della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, volume IV, p. 376 si legge: Darelmo … Il Dottor Riccardo Mattei d’Alessano.
I puntini di sospensione dopo Darelmo significano che la seconda parte del nome pastorale (che di solito contiene un riferimento toponomastico) non risulta assegnata. Ma per Darelmo mi sfugge qualsiasi possibile riferimento.
Il Dizionario biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, op. cit. segnala tre suoi sonetti: uno in Oronzo Carro, L’ Accademia degli spioni di Lecce, Chiriatti, Lecce, 1723, p. 15 e gli altri due in Pompa accademica celebrata nel dì orimo d’ottobre natale dell’Augustissimo Imperadore Carlo VI di Spagna per l’anno MDCCXXI, Nuova stampa del mazzei, Lecce, 1721, pp. 64-65. Della prima opera l’OPAC registra l’esistenza di un solo esemplare presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e, per i motivi già addotti per Felice Zecca, confido nell’aiuto di qualche volenteroso lettore. La rete, invece, mi consente di riprodurre quanto contenuto nella seconda.
Colmo d’alta letizia il giorno riedea,
che a noi refulseb d’almac luce, e pura,
CARLO nascendo, a cui l’eterna cura
de l’Iberiad, e Germania il freno diede.
Dì tu Signor, che d’invincibil fede
armato reggi, ed è nostra ventura,
Lecce, l’illustri, ed all’età futura
fai gire la gloria sua, ch’ogn’altra eccedef.
Ben n’avrai mertog egual, che l’oprah è tale,
che non teme del tempo ingiuria, ed ira,
ma sarà sempre chiara, ed immortale.
Un sì bel dì per te sia sacro al Tempio
del’onore, e fin dove il Sole gira
giungerà di tua Fede un vivo esempio.
_____________
a ritorna
b brillò
c nobile
d Spagna
e avanzare
f supera
g merito
h impresa
Signor vorrei in queste selve anch’io
cantar le lodi di sì lieto giorno,
che nascer vide d’ogni grazia adorno
CARLO de’ regni suoi dolce desio.
Ma non s’erge tant’alto il canto mio,
che solo il gregge a questa valle intorno
ode pascendo, e quando ei fa ritorno
al chiuso loco, onde il mattino uscìo,
bensì là dove il bosco in più segreta
parte, raccoglie de’ silvestri Dei,
la turba, e delle Ninfe il sacro coro.
Pregarò, ch’al mio Regea, offrendo loro
sovraa rustico altare i voti miei
ogni ventura sia felice, e lieta.
__________
a re
b sopra
NICCOLÒ ARNONE
In Comentari del Canonico Giovanni Mario Crescimbeni Custode d’Arcadia intorno alla sua Istoria della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, volume IV, p. 376 si legge: Democle … Niccolò Arnone d’Alessano.
Democle potrebbe essere connesso con il greco Δημοκλῆς (leggi Democlès), variante di Δαμοκλῆς (leggi Damoclès), cioè Damocle, il cortigiano di Dioniso II di Siracusa, che per aver adulato il suo signore fu da questi fatto sedere sul proprio trono con sul capo sospesa una spada retta solo da un crine di cavallo, perché capisse i pericoli incombenti sui regnanti.
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REYLO VS HERCULES
Post scritto da ME. Le gifs animate e immagini riportate in questo post, invece, NON SONO MIE e NON APPARTENGONO A ME IN NESSUN MODO
Prima di addentrarmi nell’argomento di questo post, volevo aprire una parentesi: noto che in questi giorni si è tornato a parlare di Episodio IX come se il film dovrebbe riprendere dalla fine di “Star Wars. Episodio VII. Il Risveglio della Forza”, cancellando “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”, comportandosi come se questo film non fosse mai esistito: Rey che aggiusta la spada laser di Anakin, spezzata durante lo scontro tra lei e Kylo nella stanza del trono, Kylo che aggiusta la sua vecchia maschera, che LUI STESSO ha rotto in ascensore...da qualche giorno si è tornati alla teoria “Rey é - figlia di - Luke, quindi, una Skywalker nascosta, così il Reylo romantico non può esserci, perché lei e Kylo sono parenti”, ciò grazie anche alla presenza di Kery Russell sul set che, guarda caso, un provvisorio leak identifica come “l’amore segreto di Luke”, in barba alle età di Rey, 19 anni e Kylo Ren 29 anni, che rendono CRONOLOGICAMENTE e MATEMATICAMENTE IMPOSSIBILE PER REY ESSERE FIGLIA DI LUKE e, quindi, una SKYWALKER, PARENTE DI KYLO. Il mio recente post sul perchè, secondo me, Rey NON può essere figlia di Luke è qua:
https://romana73.tumblr.com/post/182246409521/perche-rey-non-puo-essere-una-skywalker
Un consiglio: METTETEVI L’ANIMO IN PACE. TLJ ESISTE, è parte della saga di Star Wars. JJ. Abrams, che io STIMO, NON lo ANNULLERA’ e neppure fingerà che non sia mai esistito. Rey NON E’ FIGLIA DI LUKE e NON E’ UNA SKYWALKER. Il Reylo romantico e la loro connessione ESISTONO, li ha inventati JJ. Abrams e sono iniziati in TFA. Chiusa parentesi, torniamo all’argomento di questo post.
Questo è il terzo, forse quarto post, che scrivo in risposta a coloro che sostengono che Rey, l'eroina buona, non si innamorerà mai di Ben/Kylo Ren, perché lui è il CATTIVO e non si permetterà MAI che l'eroina BUONA si innamori e si fidanzi con il cattivo della storia... poi vedi Hercules, film a cartoni di Walt Disney del 1997... la storia è : figlio di Zeus, il giorno in cui nasce Hercules, le Parche predicono ad Ade, Dio dell'Oltretomba e delle anime, fratello di Zeus che, se Hercules crescerà e si batterà, lui sarà finito. Ade manda così, i suoi aiutanti Pena e Panico a rendere mortale Hercules per poterlo, poi, uccidere. I due rapiscono Hercules e lo portano sulla terra, dove iniziano a fargli bere la porzione, ma sopraggiunge una coppia umana e Pena e Panico non riescono a far bere tutta la porzione a Hercules che diventa umano, ma dotato forza soprannaturale. Nel frattempo, Zeus cerca Hercules per tutto il Creato, quando lo trova, però, Hercules è diventato umano e Zeus lo lascia sulla terra, con la coppia. Divenuto adolescente, Hercules è gentile, solare e aiuta tutti. Per sfortuna, non riesce a controllare la sua forza e finisce per fare disastri. Il risultato è che Hercules è emarginato da tutti e soprannominato “distruttore”. Un giorno, dopo l'ennesimo disastro, gli abitanti cacciano Hercules dalla città. I genitori adottivi rivelano a Hercules e il ragazzo si reca al tempio degli Dei per interrogarli. In risposta alla sua preghiera, la statua di Zeus si anima e rivela a Hercules di essere suo padre. Zeus rivela al ragazzo che, per ritornare a essere un Dio e salire sull'Olimpo, però, lui dovrà diventare un VERO EROE sulla terra. Zeus regala Pegasus, il cavallo alato a Hercules e lo manda da Filottete, un satiro, allenatore di eroi. All'inizio, Filottete rifiuta di prendere Hercules come allievo, ma poi, si lascia convincere. Diventato maggiorenne, un giorno, nel bosco, Hercules incontra la bella Megara e la salva da un centauro che la tiene prigioniera. Per Hercules è amore a prima vista, ma Megara è legata ad Ade a cui ha venduto l'anima per salvare la vita del suo uomo che, dopo, l'ha tradita e abbandonata. Non appena apprende che Hercules è vivo, Ade inizia a tramare contro di lui, usando anche Megara stessa...
“Io ti avverto! Tu tieni quel... quel MOSTRO lontano da qui”
“Sì, vattene via, MOSTRO!”
(la gente del villaggio contro Hercules, dal film animato “Hercules” 1997)
“Figliolo, non farti abbattere dalle cose che quelli ti hanno detto”
“ma papà, hanno ragione! IO SONO UN MOSTRO! Io provo ad adattarmi dico davvero, ma non ci riesco!”
(Anfitrione ed Hercules, dal film animato “Hercules” 1997)
In TFA, nel corso di una discussione, Leia Organa e Han Solo, ricordano di aver affidato il figlio Ben Solo a Luke, allontanandolo da casa, perché spaventati dal fatto che “c’era troppo VADER in lui”
In TFA e in TLJ, Rey chiama Kylo Ren MOSTRO:
“Hai quello sguardo negli occhi, quello della foresta, quando mi hai chiamato MOSTRO...”
“Tu sei un MOSTRO!”
“SI’, LO SONO”
(Kylo Ren e Rey, dal film “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”)
“Oh possente Zeus, ascolta la mia preghiera. Io devo sapere. CHI SONO IO? QUAL'E' IL MIO POSTO?”
(Hercules alla statua di Zeus, dal film animato “Hercules” 1997)
“CHI SEI TU?”
( Luke Skywalker a Rey, dal film “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”)
“Mi serve qualcuno che mi mostri IL MIO POSTO in tutto questo”
(Rey a Luke Skywalker, dal film “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”)
“Io ho addestrato tutti questi aspiranti eroi: Odisseo, Perseo, Teseo. Un sacco di "seo" e alla fine ognuno di questi schiapponi si è sgonfiato, più piatti di un disco! Nessuno ha detto c'è la posso fare e, poi, c'è stato Achille. Ora, quello sì che aveva tutto. La struttura, il piede veloce. Sapeva affondare, sapeva incassare, sapeva andare alla carica... ma quel suo tallone dei miei calzari! Una volta viene appena intaccato e ti saluto! Storia passata. Eh, sì, avevo un sogno. Quello di ADDESTRARE il più grande eroe che sia mai esistito, così grande che gli Dei avrebbero appeso un suo ritratto tra le stelle, lungo tutto il cielo e la gente avrebbe detto è il ragazzo di Filo...eh già! Eh, ma i sogni sono per i pivelli. Uno si illude fino a un certo punto, non di più...”
“ma io sono diverso da tutti gli altri! Fil, c'è la posso fare! Vieni, ti faccio vedere!”
( Filotette e Hercules, dal film animato “Hercules” 1997)
“Non addesterò MAI un'altra generazione di Jedi”
(Luke Skywalker a Rey, dal film “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”)
“All'apice del potere hanno permesso a Darth Sidious di farsi strada, creare l'Impero e sterminarli, è stato un maestro Jedi il responsabile dell'addestramento e della creazione di Darth Vader! […] Per molti anni c'è stato un equilibrio, e poi ho visto... Ben, mio nipote. Con il potente sangue degli Skywalker, nella mia superbia volevo addestrarlo, passargli i miei punti forti. Han era... Han e va bene, ma... Leia, lei mi affidò suo figlio, io l'ho presi, lui e dodici studenti, e fondai La debolezza, debitamente manipolata può essere uno strumento affilatoun tempio d'addestramento. Quando compresi che non potevo competere con l'oscurità che cresceva in lui era troppo tardi. Andai ad affrontarlo, e mi si rivolse contro. Mi dedde per morto, e quando ripresi i sensi, il tempio bruciava. Lui era svanito con alcuni miei studenti, e aveva massacrato gli altri. Leia incolpò Snoke, ma... era colpa mia, avevo fallito perché io ero Luke Skywalker, Maestro Jedi, una leggenda. […]”
“Tu non ha deluso Kylo. Kylo ha deluso te. Io non lo farò”
(Luke Skywalker e Rey, dal film “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”)
“Sono sul punto di riorganizzare il cosmo e l'unico bietolone che può impedirmelo si fa le sue scampagnate nei boschi!!!”
(Ade nel film animato “Hercules” 1997)
“[...] Skywalker è vivo!!! Il seme dell'Ordine dei Jedi è vivo! E fin quando vivrà... la speranza vivrà nella galassia!! [...]”
(Snoke dal film “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”)
“Vedi lui deve avere una debolezza, perché tutti al mondo hanno una debolezza...”
(Ade a Megan parlando di Hercules, dal film animato “Hercules” 1997)
“La debolezza, debitamente manipolata può essere uno strumento affilato”
(Snoke dal film “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”)
Nel film animato “Hercules”, Ade è chiamato SUPREMO e MAESTRO da Megara. Nei film TFA e TLJ di Star Wars, Snoke è il LEADER SUPREMO e MAESTRO di Kylo Ren. Solo alla fine di “Star Wars. Episodio VIII. Gli Ultimi Jedi”, Kylo Ren diventa Leader Supremo;
Nel film animato, Hercules porta spesso in braccio Megara. In una toccante scena, Hercules PORTA IN BRACCIO l’anima di Megara, rimettendola nel corpo della ragazza:
Nel film “Star Wars. Episodio VII. Il Risveglio della Forza”, Kylo Ren addormenta e PORTA IN BRACCIO Rey:
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Top 200 Male Dog Names of 2019 from Real Dog People
Male dog names can be hard to choose. Whether it’s a boyish, handsome moniker you want, something tough, or a unique standout, it’s gotta be perfect. Choosing the best dog name, like choosing the perfect dog sitter, is a fun and important task for every pet parent. Luckily, we’ve rounded up some great options for you.
From Angus to Zeus, Harry to Sparky, Alfie to Oreo, and everything in between, Rover.com dug into their database to discover the most popular male dog names in America. If you’re already a pet parent, check to see if your pup’s name made the list!
Top 100 Male Dog Names
These are the most popular male dog names of 2019 in Rover’s database.
Max
Charlie
Cooper
Buddy
Rocky
Bear
Jack
Milo
Duke
Tucker
Oliver
Bentley
Teddy
Beau
Leo
Toby
Jax
Zeus
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Blue / Blu
Finn
Louie
Ollie
Murphy
Gus
Moose
Jake
Loki
Dexter
Hank
Bruno
Apollo
Buster
Thor
Bailey
Gunnar
Lucky
Diesel
Harley
Henry
Koda
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Riley
Ace
Oscar
Chewy
Bandit
Baxter
Scout
Jasper
Maverick
Sam
Cody
Gizmo
Shadow
Simba
Rex
Brody
Tank
Marley
Otis
Remi / Remy
Roscoe
Rocco
Sammy
Cash
Boomer
Prince
Benji
Benny
Copper
Archie
Chance
Ranger
Ziggy
Luke
George
Oreo
Hunter
Rusty
King
Odin
Coco
Frankie
Tyson
Chase
Theo
Romeo
Bruce
Rudy
Zeke
Kobe
Peanut
Joey
Oakley
Chico
Mac
Walter
Brutus
Samson
Dog Name Video Inspiration
Find out how real dog owners picked their pets’ names in this sweet video.
Top Cool Male Dog Names
These names are hot this year, trending up over 50% and given to at least 50 dogs each.
Falcon
Nipsey
Crew
Everett
Baker
Tobin
Licorice
Omega
Tyrone
Fuji
20 Tough Male Dog Names
These names exude strength and power. They’re fitting for strong dog breeds and feisty little guys.
Ajax
Atlas
Blaze
Brutus
Captain
Caesar
Diesel
Grizzly
Gunnar
Harley
Hercules
Legend
Maverick
Maximus
Samson
Tank
Thor
Titan
Tyson
Zeus
Top Food Names for Male Dogs
Food and drink names for dogs are on the rise. Check out the top ten food names for male dogs chosen by real dog owners.
Oreo
Peanut
Pepper
Biscuit
Whiskey
Brownie
Guinness
Taco
Snickers
Nugget
The best part of the food-named dog? You can find all kinds of customizable collars with prints to match your dog’s name.
Double-Name Boy Dog Names
Ranked by popularity on Rover.com. All names on the list were given to a minimum of 20 individual dogs.
Charlie Brown
Bruce Wayne
Buster Brown
Jack Jack
Willie Nelson
Biggie Smalls
Johnny Cash
Scooby Doo
Pooh Bear
Yogi Bear
Han Solo
Indiana Jones
Boo Radley
Ziggy Stardust
Obi-Wan
Jon Snow
Cookie Monster
Luke Skywalker
Darth Vader
Kylo Ren
Optimus Prime
Fozzie Bear
Bruce Lee
George Michael
Miles Davis
Boba Fett
Marty McFly
Stuart Little
Jean Luc
Buzz Lightyear
Top 10 Gentleman Dog Names
Along with the rise in human names for dogs, we’re seeing many vintage and/or antique names in our dog data.
These genteel “grandfather” names for dogs are as charming as they are sophisticated. They’re especially popular for breeds like the French bulldog or the Schnauzer, but they’re certainly a great choice on any dog.
Oliver
Winston
George
Walter
Stanley
Louis
Franklin
Sebastian
Theodore
Percy
Top 10 Mythological Dog Names
Gods and myths inspired pet parents this year. Names are listed in order of popularity.
Zeus
Loki
Apollo
Thor
Odin
Titan
Hercules
Ares
Achilles
Ajax
Top 10 Nature Male Dog Names
These names are especially popular for huskies, pointers, retrievers, and hounds.
Shadow
Smokey
River
Thunder
Timber
Storm
Aspen
Huckleberry
Midnight
Snow
Male Dog Name Trends
We’re noticing some interesting trends, like the rise of -er names like Cooper, Dexter, and Tucker, as well as mythological names like Thor, Odin, Loki, and Zeus. In fact, Thor and Loki went up almost 50% in rankings from last year!
The classics remain in favor, of course, from friendly Max and Charlie to strong Rocky and Duke. All kept a spot in the top ten.
The three fastest-rising male dog names of the year were Chester, Finn, and Ollie, while Theo and Archie both debuted in the top 100 for the first time this year.
Human Names for Dogs
Dogs are considered family members, so human names have become very popular for pets. These days, in fact, you’re more likely to meet a golden retriever with a human name like Dylan than a name like Fido. You’ll see that reflected in our top male dog names list: six of the top ten are human names.
Your new dog could be an Eddie, a Theo, a Max—or a Kobe, an Ozzy, or a Bosco. From cute dog names like Taz or Otis to Irish choices like Murphy and Logan, the sky’s the limit when it comes to giving a traditionally “human name” to your dog.
Humor is another popular source of dog naming inspiration: Sir Barkley and Muttley Crue are both boy puppy names in our database.
A Great Dane named Chico? An American bulldog named Sparky? A small dog named Rocket? Why not?
Lastly, dog breeds sometimes shape dog naming choices. Huskies often sport Alaska-themed names like Juneau, while hunting dogs might get a “country name” like Dallas or Tucker. Retrievers love water, so an aquatic dog name could be a good fit for your new Lab or golden. We like Ocean, Jacques, and Captain.
Choosing a Name
Puppy names can be inspired by anything from food to pop culture to nature.
What’s most important is that YOU love the name. Every time you say it, you should feel a little spark of happiness. “That’s my dog!”
Try calling out your top choices as if you’re calling your new dog in for dinner, to return to you at the dog park, or to follow your cues in puppy kindergarten.
Once you find that perfect name, don’t forget to properly ID your pet to keep him safe (we love these customizable tags from Etsy with unicorns to introductory nametag prints).
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Los monumentos de Madrid que no te puedes perder
Nuevo artículo publicado en https://www.absolutviajes.com/monumentos-de-madrid/
Los monumentos de Madrid que no te puedes perder
A pesar de un verano en el que la gente prefiere conducir hacia el litoral, Madrid está llena de planes y, especialmente, lugares que visitar en la capital. ¿Te vienes con nosotros a visitar estos siguientes monumentos de Madrid?
Plaza Mayor
Ubicada en el corazón de Madrid, la Plaza Mayor nació en el siglo XVI a partir de un gran mercado ubicado entre las calles de Atocha y Toledo. Tras el traslado de la corte a la ciudad, Felipe II comenzó la reconstrucción de la plaza en 1590 erigiendo el primer edificio, la Casa de la Panadería, primer esbozo de un icono de estilo barroco convertido hoy en uno de los monumentos de Madrid más importantes. Además, este año la Plaza Mayor inaugura su primer hotel.
Parque de El Retiro
El principal pulmón de Madrid fue construido a principios del siglo XVII como zona verde del Palacio del Buen Retiro, si bien a finales del siglo XVIII pasó a ser un parque urbano como tal. Con una superficies de 118 hectáreas, el parque de El Retiro es el perfecto patio de recreo urbano en el que deleitarse con sus numerosas actividades, visitar iconos como el Palacio de Cristal, construido durante la Exposición Universal de 1887; o un paseo en barca alrededor del Monumento a Alfonso XII.
Museo de El Prado
El lugar más visitado de Madrid es a su vez uno de los museos más importantes de Europa. Ubicado en el fascinante Paseo del Prado, el museo se especializa en la pintura europea entre los siglos XVI y XIX, englobando las obras de ilustres artistas como Goya, El Greco, Velázquez (y sus Meninas), El Bosco (no puedes perderte el tríptico de El Jardín de las Delicias) o Tiziano. Al igual que sucede con otros afamados museos como el Louvre, el Prado comenzó englobando las diferentes obras de los monarcas hasta su apertura al público en 1819.
Puerta del Sol
La plaza más famosa de Madrid alberga desde 1950 el kilómetro 0, convirtiéndose en el corazón de un país que gira en torno al ya mítico letrero de Tío Pepe, su algarabía y bullicio, los artistas disfrazados de personajes infantiles o la presencia de estatuas tan castizas como la de El oso y el madroño. Su nombre, procedente del sol que adornaba la entrada de la plaza como parte de su orientación a Levante, engloba hoy una Casa de Correos cuyo reloj de torre es el encargado de dar las campanadas anuales.
Plaza de Cibeles
Famosa gracias a una Selección Española de Fútbol que adora bañarse en ella para celebrar sus victorias, la plaza de Cibeles se ubica entre la calle Alcalá, el Paseo del Prado y el Paseo de Recoletos convertida ya en un icono de la ciudad. Construida como parte de un proyecto de remodelación urbano del siglo XVIII, la fuente evoca a la diosa Cibeles, considerada como la madre tierra, sobre una cuádriga tirada por dos leones, los cuales representan a los personajes mitológicos Atalanta e Hipógenes, dos enamorados condenados por Zeus a tirar del carro de la diosa para la eternidad.
Puerta de Alcalá
Desde la propia Cibeles es posible contemplar una de las antiguas puertas de entrada a la ciudad de Madrid para los viajeros procedentes de Francia y Aragón. Erigida en 1778 siguiendo el patrón de los típicos arcos del triunfo romano y en estilo neoclásico, la de Alcalá se convirtió, curiosamente, en predecesora de otros iconos como el Arco del Triunfo de París. Uno de esos monumentos que, irremediablemente, despertará en ti el recuerdo de cierta canción castiza.
Palacio Real
Considerada como la residencia oficial del rey de España a pesar de que este viva en el Palacio de la Zarzuela, el Palacio Real es el lugar que acoge la mayoría de eventos y ceremonias de Estado del país. Considerado como el palacio real más grande de Europa Occidental por encima de los propios Versalles o Buckinham, este complejo fue mandado a construir por Felipe V en 1734, siendo Alfonso XIII el último monarca en vivir en el mismo. A destacar un interior donde conviven las pinturas de Goya, Velázquez o Caravaggio como prueba del opulento gusto de los antiguos reyes. Sin duda, uno de los monumentos de Madrid más importantes.
Catedral de La Almudena
Los restos de una antigua mezquita sirvieron de perfecto lienzo para una catedral de La Almudena erigida entre los siglos XIX y XX en una rica variedad de estilos (desde neogótico a nerrománico) que componen uno de los monumentos más impresionantes de Madrid. Entre el Parque de las Vistillas y el propio Palacio Real, La Almudena es el núcleo principal de la Archidiócesis de Madrid y fue bendecido por el Papa Juan Pablo II en 1993.
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Templo de Debod
Exótico e imprevisible, el templo de Debod se ubica al oeste de la Plaza de España y está formada por diferentes naves que fueron regaladas a España por parte de Egipto en 1968, año en el que nuestro país colaboró en el llamamiento de la Unesco para la preservación de los templos de Nubia. Un lugar mágico que invita a tomar la mejor fotografía, especialmente durante un atardecer que convierte en doradas estas piezas africanas en torno a las cual concentrarse a tomar una copa o dar un paseo en pareja.
Gran Vía
La calle más famosa de España comienza en la Puerta de Alcalá y finaliza en Plaza de España desplegando un sinfín de tiendas, restaurantes y espectáculos para mayor deleite de cualquier visitante que se pierda en su bullicio y propuestas. A destacar la plaza de Callao, considerada como el Broadway castizo por sus muchos musicales y obras de teatro en cartel, la terraza del Círculo de Bellas Artes o sí, incluso un Primark gigantesco.
Estos monumentos de Madrid que no te puedes perder evocan el encanto de una capital en la que las opciones de ocio, cultura y gastronomía se complementan con un pasado histórico digno de visitar al menos una vez en la vida.
Eso sí, lo olvides hacer una parada obligada para degustar el mejor bocadillo de calamares en la Plaza Mayor.
¿Cuáles son tus monumentos favoritos de Madrid?
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L'estate di Pontedilegno-Tonale Il Giro d’Italia apre la stagione
Con la 16ª tappa del Giro d’Italia Lovere-Ponte di Legno il comprensorio Pontedilegno-Tonale inaugura di fatto la stagione estiva 2019. Ricca l’offerta turistica soprattutto all’insegna dell’attività sportivaIl Giro arriverà nella rinomata località dell’alta Val Camonica dopo aver scalato un mito del ciclismo come il Passo del Mortirolo, dal versante più duro, quello che parte da Mazzo di Valtellina. Inizialmente era previsto un doppio passaggio da Ponte di Legno perché il percorso avrebbe dovuto portare fino al Passo Gavia, ma le abbondanti nevicate hanno reso impossibile la messa in sicurezza della strada. Poco male, sarà comunque grande festa. A proposito di ciclismo, la ciclovia dell’Oglio che parte da Ponte di Legno è stata decretata come la “più bella d’Italia” dalla giuria dell’Italian Green Road Award. Con i suoi 282 chilometri unisce 4 province lombarde. Un progetto ambizioso per intercettare il cicloturismo, settore in grande crescita (+41% negli ultimi 5 anni).
La maglia rosa al passaggio sul Mortirolo in una recente edizione del Giro
Da Ponte di Legno si imbocca poi la ciclabile dell’Alta Valle che collega Ponte di Legno a Vezza d’Oglio. Questo tratto in sede protetta è lungo 12 chilometri e inizia nei pressi degli impianti di risalita di Ponte di Legno. A Vezza d’Oglio la pista ciclabile prosegue con pendenze dolci fino al borgo di Mu, nei pressi di Edolo, superato il quale, lungo mulattiere e strade secondarie a bassa intensità` di traffico motorizzato, si giunge fino a Malonno. Da qui fino a Capo di Ponte ai ciclisti conviene percorrere il tratto di SS 42 che connette i due centri. A Capo di Ponte inizia la “Pista ciclabile camuna” che, alternando paesaggio naturale e urbano, prosegue in sede propria (salvo brevissimi tratti, essenzialmente in coincidenza di incroci con altre arterie) per oltre 40 chilometri, incontrando i centri di Breno, Darfo Boario Terme, Pisogne, giungendo quindi sulla riva orientale del Lago d’Iseo.Al servizio dei ciclisti, il comprensorio Pontedilegno-Tonale è collegato fino a Edolo con la storica linea ferroviaria Trenord Brescia-Iseo-Edolo e, dal lato trentino, con il Dolomiti Express che unisce Trento e Mezzana. Entrambi prevedono la possibilità di trasportare bici, così come l’efficiente rete di bikebus che uniscono Mezzana e il Tonale. Nel comprensorio opera inoltre una rete di hotel “bike friendly” [vedi articolo] ed è stato istituito un bikepass, pensato sullo stile degli skipass invernali.
Per farsi trovare pronto e intercettare le nuove tendenze, il comprensorio Pontedilegno-Tonale ha realizzato una rete di colonnine interattive e multitasking - denominate “Zeus” - attualmente composta da 12 punti di ricarica composti da 4 box e 4 rastrelliere, installati in zone strategiche lungo i 40 chilometri che separano Edolo e Vermiglio.
Un suggestivo passaggio sul Sentiero dei Fiori
Poi il trekking. Tre suggerimenti per imparare passeggiando nel Parco dell’Adamello e nel Parco dello Stelvio
GIRO DEI FORTI
Dal Passo Tonale si sale all’Ospizio San Bartolomeo. Dopo le panoramiche praterie del Tonale e una scalinata di legno, si giunge al Forte Zaccarana. Punto panoramico di rara bellezza (2026 metri), dal quale ammirare l’Alta Val di Sole e il maestoso scenario glaciale, dalla Presanella
TORBIERE DEL TONALE
Dal Passo Tonale si imbocca via San Bartolomeo; dopo aver costeggiato l’omonima chiesa e le inconfondibili torri, si prende il sentiero che si inoltra nelle cosiddette torbiere. Dopo il centro informativo, una strada sterrata conduce sulla statale. Si continua a destra su un sentiero ?no al depuratore. Poco oltre si prende la strada del Pecé. Al primo tornante, si procede dritto e lungo un piacevole percorso si raggiungono prima l’area attrezzata delle Raseghe e poi la pittoresca spiaggetta Tonale Beach sul torrente Presena.
BOCCHETTA DI CASOLA
Da Ponte di Legno, con la seggiovia o in auto, si sale a Valbione (1517 metri) e si costeggia la Capanna Valbione imboccando una mulattiera di origine militare. Superati numerosi tornanti, si sbuca su una pista da sci che si risale per 50 metri. Girando a destra si attraversa una seconda pista da sci e, lasciata a destra La Maralsina, si prosegue sulla mulattiera militare che costeggia il dosso delle Pertiche. Raggiunti alcuni manufatti della Grande Guerra, la mulattiera lascia il posto a un sentiero che risale a zig-zag la Bocchetta di Casola (2394 metri). Dalla Bocchetta, il sentiero scende ?no alla conca di Pozzuolo (2020 metri). Da qui si può proseguire sulla mulattiera militare ?no al Rifugio Petit Pierre Corno d’Aola (1964 metri).
Da questa estate, il comprensorio Pontedilegno-Tonale avrà nel suo arco una freccia in più, frutto di un investimento da 700mila euro da parte della Sit (Società impianti turistici): una zip line, percorso-avventura panoramico che permetterà di scendere attraverso il bosco, imbragati e in posizione seduta, zigzagando sopra escursionisti e ciclisti. La discesa avverrà per gravità, con l’imbrago agganciato a un carrello che percorrerà tratti in rotaia e altri a fune. La partenza sarà posizionata alla stazione di partenza della seggiovia Casola. Lo sviluppo complessivo sarà di 1.273 metri. Un dislivello di 249 metri e una pendenza media del 20%. Durante la corsa, che durerà tra i 4 e i 5 minuti e potrà essere effettuata da soli op-pure in due, lo sguardo potrà spaziare sul grazioso paese di Ponte di Legno e sulle maestose cime che lo abbracciano.
Adamello Adventure
Alternativa alla zip line, ma ancora più adrenalinica, sarà poi il volo d’angelo: un cavo d’acciaio che si snoderà tra la Cima Corno d’Aola e la località Tonalina, a metà strada tra Ponte di Legno e il Tonale. La lunghezza di questo impianto sarà di oltre due chilometri. Una sfida alla paura: i più coraggiosi infatti potranno raggiungere la velocità di oltre 100 chilo-metri orari, mentre viaggiano a un’altezza dal suolo che sfiorerà i 500 metri. L’investimento previsto in questo caso è di circa un milione di euro.
Bisognerà pazientare ancora un po’ ma ormai il percorso è avviato: Ponte di Legno sfoggerà presto il suo innovativo Centro termale wellness, tassello fondamentale per l’ampliamento e il miglioramento dell’offerta turistica della località alpina. Il punto di svolta è arrivato a marzo scorso quando è stato ufficialmente avviato il cantiere che da qui alla fine del 2021 porterà alla conclusione dell’opera. Il complesso sorgerà in piazzale Europa, nei pressi del centro storico di Ponte di Legno, e sarà firmato da Archea Associati, studio fiorentino autore di celebri architetture che hanno saputo coniugare design contemporaneo e valorizzazione del paesaggio nel rispetto del contesto urbano, naturale o della tradizione storico-culturale di riferimento.
Il 14 luglio si tiene l’edizione numero 15 della Mangiaevai, passeggiata da 11 chilometri nel Parco Nazionale dello Stelvio divisa in varie tappe. In ciascuno stop, ad attendere i partecipanti, una specialità gastronomica dell’Alta Valle Camonica
L’itinerario è facile e pianeggiante, punteggiato da numerose tappe intermedie nelle quali 300 volontari serviranno alcune prelibatezze della tradizione. La partenza è a S. Apollonia (raggiungibile con il bus navetta) dove, dalle 8.30, si ritirano i mangiapass (quest’anno sono 2.500 i posti disponibili, prenotabili online o nelle sedi Apt di Ponte di Legno e Vezza d’Oglio). In località Silizzi la prima sosta nei pressi della vasta area attrezzata all’interno del Parco dello Stelvio dove vi attende un primo spuntino. Attraversando le Case del Toss si ritorna a S. Apollonia per ri-tirare acqua, degustare il “Fiurit” e, per chi lo desidera, dissetarsi alla famosa fonte ferruginosa dalle proprietà curative visitando nel frattempo la graziosa chiesetta di San Rocco. Lungo la stradina racchiusa tra muretti di pietra si prosegue fino alle Case di Gioco dove viene servito l’antipasto di affettati locali, pane di segale e vino bianco per poi proseguire verso Pezzo per degustare i tipici calsù. Ci si addentra poi nella Valle di Viso dove, al Ponte dei Martinoli, attende il tradizionale brodo di gallina e in località Valmalze un buon sorbetto rinfrescherà i partecipanti. A seguire, un piccolo tratto in salita porterà allo spiedo con polenta e salamella e vino rosso che verrà servito tra le suggestive Case di Viso. Per guadagnarsi il formaggio stagionato di malga e la frutta bisogna camminare fino alle baite di Pirli. Prima di scendere lungo il sentiero che riconduce a Pezzo è possibile de-gustare, in pineta, un buon caffè de scandèla (orzo). Si riattraversa il centro storico del paese e ci si con-giunge alla strada sterrata in discesa fino a Planpezzo per scoprire dolci e torta. Qui, prima di concludere la manifestazione, degustazione di liquori e le allegre bancarelle di prodotti locali e artigianali. L’accompagnamento musicale, vari intrattenimenti e tante altre sorprese allieteranno tutto il percorso della Mangiaevai.
Le tipiche tagliatelle ai funghi
2-16 GIUGNO 2019 – PONTE DI LEGNO – CAMPIONATI ITALIANI DI PATTINAGGIO
Per la Valle Camonica è la conferma di un percorso che ormai la pone nella leadership italiana della disciplina: Ponte di Legno ospiterà per due settimane i campionati italiani di pattinaggio artistico a rotelle, organizzati dall’associazione sportiva Rosa Camuna Skating di Darfo Boario Terme.
LUGLIO – TEMÙ – RITIRO U.S. SAMPDORIA
Non c’è tre senza quattro: ancora una volta l’U.C. Sampdoria ha scelto il comprensorio Pontedilegno-Tonale per il proprio ritiro precampionato. A convincere la squadra ligure, servizi e accoglienza garantita dalla località: il centro sportivo di Temù, con un campo da calcio strutturato per ospitare squadre di serie A, è un vero gioiello inserito in un contesto ambientale d’alta montagna che garantisce le migliori condizioni climatiche per i calciatori.
DUE GARE PER VERI IRONMAN
6 LUGLIO – DAL LAGO D’ISEO AL PASSO TONALE – STONE BRIXIA MAN XTREME TRIATHLON
Una gara pazzesca e scenogra?camente spettacolare. Torna per il terzo anno la full distance di triathlon riservata agli atleti più resistenti e versatili: nuoto, bici, corsa in montagna. I partecipanti dovranno affrontare prima i 3,8 km a nuoto al buio nel Lago di Iseo, seguiti da 175 km e 4.700 metri di dislivello in bicicletta risalendo la Valle Camonica e affrontando i passi Aprica, Mortirolo e Gavia. Seguono poi 42 chilometri di corsa con 2.350 metri di dislivello ?no ai 2.585 metri del Passo Paradiso dove è posto il traguardo.
20-22 SETTEMBRE – DA EDOLO A VERMIGLIO – ADAMELLO ULTRA TRAIL
Ecco la regina delle corse: 170 km a piedi in 3 giorni
Una gara di corsa a piedi di 170 chilometri in autosufficienza, con oltre 11.500 metri di dislivello da concludere entro 53 ore. Bastano questi tre numeri per far tremare i polsi a tutti, tranne forse a chi prenderà parte alla sesta edizione dell’Adamello Ultra Trail. “Sui camminamenti della Grande Guerra”, in programma dal 20 al 22 settembre a Vezza d’Oglio.
30 LUGLIO – 6 LUGLIO; 12-16 AGOSTO TEMÙ – MILAN ACADEMY JUNIOR CAMP
Una settimana in montagna giocando a calcio e respirando le tecniche e gli stili di allenamento di un club di fama internazionale. Bambini e ragazzi al di sopra dei 7 anni di età potranno combinare sport, divertimento, escursioni sotto la supervisione degli allenatori della Milan Academy, nell’impianto sportivo di Temù che ogni anno ospita i ritiri di varie squadre di Serie A.
6 LUGLIO GHIACCIAIO PRESENA – GROUP CYCLING SPECIAL CLASS
Provare l’ebbrezza di pedalare sul ghiacciaio Presena a 2.500 metri... stando fermi sul posto. Un apparente controsenso per un evento unico nel suo genere: uno Special Class di Group Cycling , disciplina di bike stazionaria, organizzata in collaborazione con Technogym. Il gruppo di ciclisti viene guidato dai trainer della federazione Icyff che, a ritmo di musica, fanno muovere gli atleti in 3 corse da 50 minuti ciascuna.
6 LUGLIO - PONTE DI LEGNO – CAMPIONATO ITALIANO MOTO TRIAL
Ponte di Legno ospiterà la spettacolare gara che si svolge nei boschi della Val Sozzine attraverso 12 zone controllate e vedrà 110 piloti al via. È inoltre prevista la gara per piloti in erba, ragazzi dai 9 ai 16 anni, che si sfideranno attraverso 6 zone controllate.
13 LUGLIO – PONTE DI LEGNO – PONTE DI LEGNO SKY NIGHT
Quarta edizione della suggestiva gara di corsa in montagna al chiaro di luna. Partenza alle 21 dalla piazza di Ponte di Legno: i concorrenti affronteranno 3 km in piano per poi concentrarsi sui 2 km di vertical sulla pista da sci del Corno d’Aola e sui 7 km di discesa attraverso il bosco.
23-25 AGOSTO – VERMIGLIO – UCI TRIALS WORLD CUP
I rider più talentuosi si sfideranno nel nuovissimo Trial Park di Vermiglio, realizzato in occasione dei Mondiali 2016, sfruttando tutte le risorse naturali offerte dall’incantevole piana dei Laghetti di San Leonardo.
31 AGOSTO – 7 SETTEMBRE – SUMMER CAMP DI SCHERMA
Una settimana all’insegna di sciabole, ?oretti e spade per un appuntamento giunto quest’anno all’11ª edizione.
7-8 SETTEMBRE – PONTE DI LEGNO – 40° CAMPIONATO ITALIANO MARCIA ALPINA DI REGOLARITÀ
Uno sport per tutti, che richiede solo un paio di gambe e una mente allenata. La marcia di regolarità è per molti un’assoluta sconosciuta. Non serve correre forte, anzi non serve correre, perché privilegia il gesto tecnico rispetto alla prestazione fisica. Ogni settore va percorso rispettando una certa media oraria assegnata alla partenza, tenendo velocità tra 2,5 e 7 chilometri orari.
FESTIVAL THE ALPS - Indoor Outdoor
Festival internazionale del cinema di montagna.
ENJOY STELVIO NATIONAL PARK
Il progetto nasce per valorizzare alcuni grandi passi alpini (Gavia, Mortirolo), tramite la chiusura al traffico motorizzato. Un modo per riappropriarsi delle forti emozioni che quelle strade sanno dare agli appassionati del ciclismo di tutto il mondo.
20 giugno, 7 luglio - chiusura Passo Mortirolo da Mazzo di Valtellina (SO) e da Monno (BS)
9 luglio, 21 luglio, 1° settembre - chiusura Passo Gavia in contemporanea sui due versanti
20-21 LUGLIO BIKE DAYS – PONTE DI LEGNO - BIKE DAYS
Seconda edizione di questo evento dal percorso mozza?ato, che si sviluppa su un tracciato di 18 km di lunghezza per un dislivello positivo di 1.364 metri e con una pendenza media del 7,5%. Partenza dalla Piazza XVII Settembre di Ponte di Legno e arrivo a 2.621 m di altitudine nella splendida cornice del Passo Gavia, con vista a 360° sulle cime del gruppo Ortles-Cevedale e Adamello-Presanella.
21 LUGLIO – VERMIGLIO - BRISE E BRISOTI
Nella splendida cornice dei Laghetti di San Leonardo di Vermiglio, immersi nel verde e accompagnati dal suono del fiume, si terrà un evento enogastronomico imperdibile per scoprire la vera essenza dei sapori di montagna.
28 LUGLIO – 4 AGOSTO – EDOLO - LIGNUM SUMMER ART
Sesta edizione del Simposio di scultura lignea.
4 AGOSTO – VERMIGLIO - LA CASERADA
Nell’area dei laghetti di Vermiglio, presentazione delle attività contadine come la “caserada”, cioè la lavorazione del latte per produrre il formaggio e il burro, e la “fienagione”, la raccolta dell’erba da trasformare in foraggio per gli animali durante i mesi freddi. Un’occasione per immergersi nell’autentica cultura alpina.
5-15 AGOSTO – PONTE DI LEGNO - EMOZIONI ALL’ULTIMO RESPIRO
Sette serate di storie e avventure di montagna assieme a grandi protagonisti dell’alpinismo italiano. Proiezione di immagini, filmati, teatro e racconti.
9 AGOSTO – VERMIGLIO - I VÒLTI DI VERMIGLIO
Arte, musica e degustazioni nei vòlti (strutture ad arco) di Somacort. Percorso eno-gastronomico nel centro storico di Vermiglio.
18 AGOSTO – PASSO DEL TONALE - 42ª FESTA DELLA FRATELLANZA
Saranno ricordati i caduti della Prima guerra mondiale, durante la quale i soldati di fronti contrapposti, vittime comuni della stessa tragedia, dimostrarono una straordinaria solidarietà: gli italiani, infatti, tentarono di aggirare i forti del Tonale attraverso il ghiacciaio, ma vennero respinti dagli austro-ungarici i quali, al termine dei combattimenti, raccolsero e curarono anche i feriti dell’esercito italiano, perché non sarebbero sopravvissuti a una notte in quota.
ADAMELLO CARD
Tutti coloro che soggiorneranno almeno tre notti nelle strutture ricettive consorziate riceveranno l’Adamello Card, che consente l’accesso ad un programma dedicato di attività proposte dal Consorzio Pontedilegno-Tonale. Escursioni, trekking, gite: tante le iniziative previste, con la partecipazione di esperti naturalisti, guide alpine e di mezza montagna. La card è anche acquistabile al costo di € 15.
Per informazioni: www.pontedilegnotonale.com
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“Se pubblicano Catalano ed Evan come poeti, io non sono più un poeta ma un anacoreta, uno scrivano di nome Bartleby che dice sempre di no, un uomo pleonastico, pleistocenico”. Elogio, da Cotignola, di Giovanni Strocchi, una specie di Dino Campana
Rivive a Cotignola il rito dell’Arena delle balle di paglia, alla sua undicesima edizione. Dove il Canale emiliano romagnolo incontra il fiume Senio nascerà quindi anche quest’anno il più grande teatro di paglia del mondo, che avrà per tema i somari che volano. Una suggestione quasi bambinesca, che ritrova le sue radici in antichi modi di dire e di fare capaci di creare associazioni di pensiero non sempre corrette e non sempre sensate: l’Arena, come un somaro che vola, esiste e non esiste, è fatta di una parte concreta e di altre parti – le più importanti – effimere, impalpabili, come le relazioni che servono per costruirla o i sentimenti che risiedono in chi la vive.
*
Lo scenario naturale è quello di un’ampia golena del fiume illuminata dalla luna e dalle stelle, dominata da un ordinato boschetto di acacie che fanno da sfondo al palcoscenico. Un’arena greca effimera immersa nella campagna. Concerti, teatro, narrazioni, land art, esplorazioni ed incontri poetici, che nascono sul filo della paglia e dell’immaginazione.
Dall’11 al 16 luglio cosa succede se guardi dentro gli occhi di un asino che riflette sulla tua vita? Cosa ti suggerisce un paese che si racconta in un quaderno del dopoguerra? Cosa rispondi ad una casa che decide di trasformarsi in un museo? Cosa ti succede dentro, se vedi scomparire un bosco di fiume? Domande che si raccolgono come stati d’animo, carezze d’estate da mettere sotto spirito, come le ciliegie di maggio, sentimenti dispersi e aspersi. Il programma è succulento, si va da Roberto Mercadini a Gianni Parmiani (grandi attori troppo poco conosciuti), da Nada a Cavazzoni. Tra una bisciagallina e una spiga di grano il somaro del Senio ti accoglie con gli occhi di lucertola e il corpo da pesce di fiume che entra ed esce dalla terra dell’argine. Nelle ore notturne vola come un drago, ma lo fa quando non lo vede nessuno per non suscitare l’invidia dei cavalli, che si credono gli unici in grado di volare. C’è poi lo spigare storie nella stanza delle finestre, il gomitolo matto di maschere di paglia, il trebbo del canale, il bar delle acacie, perché alla fine tutti siamo responsabili a fare bene!
*
Ma qualche anno fa, fra le solite balle, in un tempo sempre presente, gli allungo affabile qualche libercolo di poesie spicciole e speciali. Gianruggero fingeva gentilezza e giubilo e si mette i volumetti sotto le ascelle come baguette, prima di riporle elegantemente nella sua borsa di pelle e montare a cavallo della sua moto americana come uno sceriffo della Bassa Padania. Mentre il Manzoni fuma l’ennesima sigaretta – Mi piace pippare – mi fa, con quell’aria da contrabbandiere armeno un po’ spia, un po’ sicario, io non so cosa rispondergli, vorrei starnutirgli tutto il mio raffreddore da fieno di quella serata incommensurabile e irrespirabile, ma la vera questione è che il poeta vero è un altro e il Manzoni è lì per questo, per lui: Giovanni Strocchi, nato a Faenza 43 anni or sono e risiedente a Barbiano, Cotignola (fra un soggiorno facoltativo in strutture psicoaffabili e trattamenti obbligatori in ospedali psichiatrici, rimpinzato e bombardato di antidepressivi e calmanti), una specie di Dino Campana, con però l’unico elettroshock della poesia. Lo Strocchi è già al terzo libro, dopo un esordio innato e osannato dalla critica, nel lontano 2010, con Una Finta Manana, in cui Guido Vicari lo mette fra i vacui gridi, posizione profetica e fatale, e di cui Gianruggero incastra e incastona una raggiante e invitante prefazione, a cui segue Nereide Cervese, storia d’amore marittima di cui esce un introvabile audiolibro, legge Franco Costantini, voce tetra e teatrale che rende al meglio i passaggi densi dei versi sparsi e spersi. Tra un reading e l’altro al teatro Binario e al circolo del dimenticatoio, eccoci alla terza fatica. Dopo annui di bui ragionamenti sono qui a proporvi estratti del nuovo lavoro.
La mia è più un’ostensione che una recensione.
*
Conosco Giova da tempo, da quando i miei passi vagabondi e raminghi si fermarono qui, tra lande desolate e pianure scompaginate dai venti e dalle nebbie, dove il mio pellegrinaggio ha trovato riposo e ristoro, bonifica delle mie paludi più melmose. Con grande stupore e ammirazione ho ritrovato anche qui poeti di alto calibro e artisti un po’ troppo narcisisti, tra questi orizzonti verdi e fissi, a perdita d’occhio, lineari e piatti come il cardiogramma di un morto, fra lagne di campagna, nella bassissima romagna, stroncata dal sole e dall’umidità.
L’amicizia con Giova, intervallata dai ricoveri, si ripropone e si rinnova ogni volta che ci rincontriamo, questa volta in una trattoria di Godo, Russi, e subito fra un bicchiere di burson e uno di rambela, mi allunga un’email con le nuove composizioni – Adesso sto abbastanza bene, ho ricominciato a scrivere, devo chiedere a un mio amico un giudizio critico, ma sarei onorato e lusingato se tu le leggessi e mi dicessi un tuo incontaminato parere. Alcune parlano della figa, ma lascia stare, ogni uomo ha le sue tare. Ora ho un contatto con una rivista americana – mi sovviene Emanuel Carnevali, glielo accenno, madido di grazia, lui fa finta di non conoscerlo, ignoranza superba, nosocomi che si ripetono come un mantra.
Me le divoro come un latte brulè, me le assoporo come un tortello di zucca, come un filetto di carne cruda, gustandomele bene sulle papille neuronali. Degne di nota, di merito, merito di una mente classica e filosofica, greca e persiana, persa persino fra persiane e psicofarmaci, le ultime liriche hanno un’intensità sita fra tra una coltre di nuvole e un solco di terre aride. Credo che nel panorama italico attuale Giovanni Strocchi sia voce fuori dal coro, che nasca già arcaico e classico, tra Pound, Hölderlin borderline e Montale, epigoni e paragoni di agoni agonizzanti. Versi liberi, disadattati e distanti apertamente da certe idiozie pubblicate oggi – Sono in contatto con La Bradipo Edizioni. La vera poesia non si pubblica per deontologia – gli dico. Se pubblicano Catalano ed Evan come poeti, io non sono più un poeta ma un anacoreta, uno scrivano di nome Bartleby che dice sempre di no, un uomo pleonastico, pleistocenico, che verga sulla pietra segni indecifrabili, e ghigna in una grotta. La parola di Strocchi è alta, vera e non può sottomettersi al mercato, deve infiltrarlo come l’acqua, asciugarlo come un vento, deve indagare l’animo, deve scavare varchi e scovare disastrose menti.
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Strocchi lima il verso per entrare come uno stiletto, col verso giusto in pieno petto, al cuore del cervello. Strocchi è difficile, ti devi fermare, soffiare, soffermare, tortuoso ma lineare, armonico musicale, ti devi bloccare come in un rilassamento autogeno e masticare e digerire il senso, altrimenti il senso non lo sa, se no il senno se ne va, sotto il setto l’insetto nasale. Creta è vicina e Zeus guarda dall’alto la turpitudine di creta, di fango, dell’uomo adamitico – una mela al giorno leva l’eden di torno. Tornando allo Strocchi e ai suoi occhi malocchi, compagno di bevute e di bagigi (arachidi in lughese), il suo poetare mi porta altrove, attratto dalla tristezza ad attraccare in territori e in porti che non portano da nessuna parte, ma mai visti, valli velleitarie, vette attive come vulcani, volere arrivare a rive veraci e virali e varare nuove e rare vie, nel rivivere lo scacco di Archiloco su madrigali magri e fedoni fedifraghi. Se Giovanni è dono di dio secondo la sua etimologia, la sua poesia è eretica perché estatica, scismatica e sciamanica. Con questi scritti Strocchi dissotterra il terreno con un aratro che verga un solco che non si cancella, come dire solo semi si nasce, semi miseri, semi di rami, Semiramidi smemorate.
Non scrivere una poesia al giorno, se vuoi che la tua identità sia conservata, mi scrive a mo’ di epigrafe, come introduzione alle liriche postate. In oggetto di posta, in palio, la posta è altissima e messa a repentaglio in un’esistenza funambolica da maudit, che passa da una clinica all’altra e torna a casa solo per ricominciare ad impazzire.
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Anamnesi
Come grani deposti a fioritura sono gl’anni,
e tu cominci a contarli dall’omega.
Intanto il tempo parte prima di finire,
e l’ombra delle meridiane ne è misura.
Come sai che ciò che dirai dopo
sarà la stessa cosa che sapevi prima?
Memoria e verità si sdipanano all’indietro,
ma il filo lungo delle inesistenze
che noi chiamiamo anamnesi
è un tipo sempre falso di sapere.
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Il furto
Hanno tempo i lucidi occhi
bellissimi che hai,
trapassarono le età dei sonni
in notte vera,
desti o cupi,
apparenti od illustri di chiarità.
Ma troppa fatica di fede
è di grado distogliere:
sono infiniti i rivali dello spirito,
ed a colui che passa inavvisato
e senza volontà
ruberemo il dèmone.
*
Il cappello
La morte è una sorella antica,
madre e nemica
dell’inganno che amiamo
chiamare cose che non sono
con il nome giovinezza.
Fine e principio di ogni beltà
radiante dal viso,
quanti ritorni di fiori
avrai come respiri?
Il tormento del pensiero
è posto alcuni gradi
dell’essere più giù
del sommo essere piacere.
Ma quando passi il limitar degl’anni
che non desideravi,
o scruti come un augure i futuri,
allora cada il tempo,
e se la Moira lo vorrà,
un dio si volga all’Ade
– quando la fronte s’allarga
e il tuo cappello è già lì.
*
Socrate il cinico
Per le nebbie del Tartaro,
Socrate ha smarrito
la via delle domande:
voleva sciogliere piogge di dubbi
e ragioni sospese.
Interrogando i sapienti,
il cane dell’agorà
voleva confutare un dio!
*
Tetti d’inverno
Gli amanti della lana sono pigri.
Fuori del mio anello
un nevischio non attacca e quasi piove.
Lungo le scarse vie,
le mani indurite o scorticate
volgono a sparire.
La strada lassa si scioglie
dove per largo alcuno non ha piede,
o come forse dice Omero:
– Tutti stanno sotto il coperchio delle case.
*
Nell’ora del morire
Forse nel bruno sparso
il giorno si riposa,
o dorme risanando la memoria:
una nebbia eternamente dimezzata.
Da queste ore del morire
credo di non essermi mai mosso:
questa pace finale
desidera preghiera.
*
E nel frattempo, nel mio girovagare a zonzo fra i canali magri e laidi di Lugo, dove la pioggia fa il sugo e il sole si nasconde dentro il Pavaglione come in un baco da seta una crisalide, dove la gente è arcigna e spiovente come le ombre strette fra le case a strapiombo e le strade distratte, incontro Filippo Margionti, un ragazzo ventenne così timido che il sole lo arrossisce, che la sua ombra lo spaventa, che esce di casa solo per una boccata d’aria (che talvolta gli va di traverso) e scrive canzoni che nessuno ha mai ascoltato.
Un incrocio fra Francesco Guccini e Claudio Lolli, un personaggio fantastico, appassionato di manga e Stephen King, dotato di una cultura cinematografica eccellente (ama Haneke e Kim Ki Duk) e letteraria disarmante (cita Cioran su tutti), unite ad una gentilezza e affabilità degne di un Oscar Wilde senza ostentazioni. Una testa di capelli brizzolati sopra a un corpo già appesantito lo rendono molto più vecchio di quello che è, e il suo eloquio forbito e preciso oltre a quello che canta (bene), che suona (meglio) e che scrive (ottimamente, per essere così giovane e autodidatta) fanno di lui un nome da tenere d’occhio, anche se la sua predisposizione al massacro e a scomparire, insieme ad un cinismo e ad un ironia spietata e lontana dalla ragionevolezza e dalla socievolezza, potrebbero precludergli parecchie strade, soprattutto mainstrem, ma quello che racconta ha l’esattezza cristallina di una feritoia di luce in una stanza buia, il disincanto e la critica feroce e centrata alla massa e all’attuale condizione umana di orwelliana memoria e un’analisi così accurata e diagnostica che sembra sia in possesso di una visione radiografica a raggi X. Spero di deliziarvi, come lui ha fatto con me, con le sue canzoni, che purtroppo qui potete solo leggere, iniziando dai quattro funerali.
Luca Gaviani
*
E poi disse che “sembrava come perso
nel primo sonno profondo”
ma alle volte c’è chi al pianto
c’è chi al mondo non resiste
e senza portar con sé alcun segreto
lascia il mondo per ritornare indietro,
senza sprecar parole
senza simboli nel cuore;
e lui ch’era silenzioso
nella sua piccola bara
non volle aggiunger nulla
sulla Provvidenza amara
d’esser morto nella culla
così piccolo e indifeso
come poi lo siamo tutti
quando arriva il dì inatteso;
poi i parenti e i loro amici
in quel clima nero e tetro
si avviarono alle auto,
mentre lui rimase indietro.
E poi disse che “mi sembra di vederlo,
così giovane e anche forte”
ma si dice nella Bibbia
che nel pieno della vita
camminiamo con la morte,
e le giovani ambizioni
possono restare incolte;
e poi disse “sembra ancora qui con noi,
sembra ancor così presente”
benché chiuso in una bara,
benché pallido ed assente;
e il buon senso ci racconta
che era caro al nostro Dio,
che ora è in un posto migliore
e il suo corpo è ancora qui
per dirgli addio.
E si disse “non può essere successo,
sarai nelle mie preghiere,
e non so se veramente
da lassù ci puoi vedere…
a noi restano i sorrisi
di tante foto-ricordo del tuo volto,
l’universo non restituisce mai il maltolto;
e quante ore avrà lavorato sodo
il tuo imbalsamatore,
guarda qui che risultati!
Sembra quasi come se stessi dormendo
ma se è vero che morendo
non devi più preoccuparti per il tuo futuro
e non vale più la pena di tenere ancora duro
né di lottare per qualcosa che comunque
non è fatto per durare;
ora hai il riposo eterno
per poterti riposare!
Amica mia, di mezz’età,
là dove sei che cosa c’è da fare?”
E poi dissero “le nostre
più sentite condoglianze”
è sempre molto triste ritrovarsi
solo in queste circostanze;
però nonostante tutto si va avanti,
d’altra parte è solo un vecchio uguale a tanti;
quindi niente che non sappia di già visto
il lutto non è molto grande
se l’età poi l’ha previsto;
forse nelle prime file
si sospira un po’ il dolore,
fuori piove e la giornata
sta perdendo il suo colore;
“Tutto è buio” rantolava
mentre se ne stava andando;
il necrologio all’aria aperta
si sta già consumando;
e poi è andato all’improvviso
con un’espressione oscena
che diceva tutto e niente
che ricorda tanta pena;
e il ricordo del suo viso
è già un po’ più evanescente
ora che stanno portando
il suo corpo putrescente,
finché non rimarrà niente,
a murarlo nel cemento,
mentre con tutti i parenti
si dà voce al testamento.
L'articolo “Se pubblicano Catalano ed Evan come poeti, io non sono più un poeta ma un anacoreta, uno scrivano di nome Bartleby che dice sempre di no, un uomo pleonastico, pleistocenico”. Elogio, da Cotignola, di Giovanni Strocchi, una specie di Dino Campana proviene da Pangea.
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