"Avevo sempre avuto questa tendenza a immergermi talmente in qualcosa da dimenticarmi per un po' del resto del mondo."
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«È difficile fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco. Bambini, imparate a fare le cose difficili e date la mano al cieco, cantate per il sordo, liberate gli schiavi che si credono liberi.»
[G.Rodari]
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Mi ribello contro ciò che mi vuole negare. È qui ed ora che si gioca il nostro destino, fino all'ultimo secondo. E quest'ultimo secondo ha tanta importanza quando il resto di una vita. Ecco perché occorre essere se stessi fino all'ultimo istante, soprattutto all'ultimo istante.
-Dominique Venner
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Di pancia,
d'istinto,
di cuore
e a pelle
con tutte le conseguenze.
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" Il fascismo non era, come credevano i liberali, una parentesi, una malattia pur grave ma non mortale, bensì l'esplosione virulenta di mali endemici dello sviluppo della società italiana (la mancata Riforma, il Risorgimento rivoluzione fallita, il trasformismo della classe dirigente dopo l'Unità, la prima rivoluzione industriale avvenuta a vantaggio del Nord e a danno del Sud), e di vizi cronici del popolo italiano (cinismo, indifferenza, «o Francia o Spagna purché si magna», e prima di tutto il proprio «particulare»): anche Rosselli avrebbe ripetuto il giudizio di Gobetti, per cui il fascismo è stato «l'autobiografia di una nazione che rinuncia alla lotta politica, che ha il culto dell'unanimità, che rifugge dall'eresia, che sogna il trionfo della facilità, della fiducia e dell'entusiasmo».* Ma non era neppure, come credevano i comunisti, un momento necessario e finale del grande conflitto storico tra la borghesia nell'ultima fase imperialistica e il proletariato nella sua prima fase rivoluzionaria, bensì l'espressione catastrofica e insieme irrazionale di una grande crisi di civiltà, in cui non soltanto l'Italia e la Germania ma tutto il mondo civile era stato coinvolto. Se solo un fatto rivoluzionario poteva mettere fine al fascismo, questo fatto doveva dar vita a un regime diverso tanto dalla democrazia liberale prefascista quanto dal comunismo sovietico.
Questo fatto rivoluzionario era la Resistenza, purché fosse intesa non come guerra di liberazione nazionale e neppure come guerra di classe, ma come guerra popolare attraverso cui avviene non soltanto lo scardinamento del regime prefascista a cominciare dall'istituto monarchico, ma anche la rigenerazione di un popolo oppresso da secoli di governi di rapina: come guerra politica (non soltanto militare o civile) che, proprio in quanto guerra politica, avrebbe addestrato il popolo alla nuova democrazia. Uno dei compiti in cui si riconobbero la maggior parte dei gruppi che parteciparono alla Resistenza sotto l'insegna del Partito d'Azione fu quello della trasformazione della guerra di liberazione nazionale in «rivoluzione democratica», o altrimenti lo sbocco della Resistenza in una nuova società in cui fossero poste le premesse per l'attuazione di una «democrazia integrale». "
*Carlo Rosselli, Socialismo liberale, Torino, 1979, p. 117.
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Norberto Bobbio, Profilo ideologico del Novecento italiano, Garzanti (collana gli elefanti / saggi), 1990, pp. 183-184.
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"Penso di non avertelo mai detto, ma io senza te sono anche un po' senza me"
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Il problema di questa nostra vita, non è non fare errori.
Il problema di questa nostra vita è fare l'errore giusto.
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I deboli non combattono.
Quelli più forti lottano forse per un’ora.
Quelli ancora più forti lottano per molti anni.
Ma quelli fortissimi lottano per tutta la vita.
Costoro sono indispensabili
Bertolt Brecht
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