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#Ferdinando II di Borbone
lospeakerscorner · 11 months
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S.A.R. Carlo di Borbone a Pietrarsa
Visita al Real Opificio di Pietrarsa di S.A.R. il Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro e Capo della Real Casa di Borbone PORTICI | CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Sua Altezza Reale il Principe Carlo di Borbone, accompagnato dal Delegato per Napoli e Campania del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio Donna Federica de Gregorio Cattaneo di Sant’Elia, è stato…
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angelap3 · 10 days
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“Narra la leggenda che la sirena Partenope, simbolo della città di Napoli, vivesse nel Golfo disteso tra Posillipo ed il Vesuvio.
Emergeva durante la primavera per salutare le genti felici che lo popolavano, allietandole con canti di gioia. La gente adorava la sirena.
Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati. Allora per ringraziarla, sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnarle i doni derivanti dalla natura: la farina, la ricotta, le uova, il grano tenero, l’acqua di fiori d’arancio, le spezie e lo zucchero.
Si narra che la dolce sirena depose le offerte preziose ai piedi degli dei. Quest’ultimi riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera.
Si racconta che Maria Teresa d’Asburgo-Teschen, seconda moglie di re Ferdinando II di Borbone, soprannominata la Regina che non sorride mai, cedendo alle insistenze del marito, assaggio una fetta di pastiera. Finalmente non poté far a meno di sorridere, e da qui nasce il termine “magnatell’na risata”(tipico detto partenopeo che sollecita le persone all’ ilarità).”
Immagine di Milo Manara
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fashionbooksmilano · 2 years
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L’arte delle pietre dure
Annamaria Giusti
euro 39,50
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Le Lettere, Bagno a Ripoli 2012, 264 pagine, 32,5 x 24,5 cm.,brossura,  ISBN 978-8860875969  
Nel corso del tempo le pietre dure hanno esercitato un fascino perenne nel panorama artistico italiano ed europeo. La raffinatezza, l’eleganza e la finezza dei manufatti hanno incantato mecenati e collezionisti di ogni epoca, celebrato i fasti di corti regie e aristocratici casati. Il volume ricostruisce sapientemente, all’interno di un quadro storico completo ed esaustivo, le forme, l’utilizzo e l’impiego di questi nobili materiali nel corso delle varie epoche, attraverso un appassionante percorso corredato di suggestive e affascinanti illustrazioni a colori. Dopo brevi cenni storici – dai tempi antichi fino all’epoca medievale – il viaggio di Annamaria Giusti comincia nel Cinquecento, a Roma, dove la nuova tecnica a mosaico in pietre dure trova largo impiego nella lavorazione di preziosi ornamenti architettonici e sontuosi arredi, adornando i lussuosi ambienti di ricche e nobili famiglie, e diffondendosi così nelle corti aristocratiche di tutta la penisola. Ma è a Firenze che, durante il periodo mediceo, la produzione di mosaici si affina e si perfeziona, arrivando al suo massimo splendore sotto la corte di Ferdinando I de’ Medici quando, nel 1588, viene fondato per volere del sovrano l’Opificio delle Pietre Dure. In seguito al successo della manifattura fiorentina, nel corso del Seicento nascono e si sviluppano presso altre corti europee (a Praga sotto gli Asburgo, in Francia sotto Luigi XIV) laboratori regali per la lavorazione di arredi in pietre dure. Affiancata a quella di Carlo di Borbone a Napoli e a Madrid, e di Caterina II in Russia, la tradizione manifatturiera dell’Opificio fiorentino continua anche nel secolo successivo, sotto i Lorena, quando l’illustre struttura rinverdisce la sua notorietà e il suo prestigio internazionali. Il volume ne tratteggia efficacemente le principali tappe storiche – dal periodo napoleonico alla restaurazione – fino alla seconda metà del XIX secolo, quando l’Opificio vede il suo tramonto come laboratorio artistico delle pietre dure, e viene destinato ad attività di restauro. Un efficace sguardo agli ultimi decenni dell’Ottocento, alle prime esposizioni universali dell’artigianato «tra invenzione e serialità» conclude e completa adeguatamente il volume.
06/10/22
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aki1975 · 9 days
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Andrea Pozzo - Roma Sant’Ignazio di Loyola - Apoteosi di Sant’Ignazio - 1694
I conflitti religiosi che nel Cinquecento avevano visto una composizione con la Pace di Augusta in cui Carlo V aveva accettato il principio del “cuius regio eius religio” sfociano nel Seicento in due tendenze contrapposte:
- le meraviglie del Barocco e le opere della Controriforma cattolica;
- l’ampio scenario della Guerra dei Trent’Anni.
La Guerra dei Trent’Anni può essere riassunta lungo queste tappe:
- 1594 - Enrico IV Borbone, convertendosi al Cattolicesimo, Re di Francia
- 1598 - Morte di Filippo II
- 1603 - Morte di Elisabetta I
- 1618 - i rappresentanti dell’imperatore cattolico Ferdinando II d’Asburgo, che cerca di creare uno stato moderno, vengono defenestrati dai protestanti boemi
- 1620 - Sacro Macello dei protestanti in Valtellina
- 1624 - Richelieu Primo Ministro
- 1628 - il generale boemo Wallenstein, al servizio degli Asburgo, sconfigge l’esercito danese
- 1631 - il candidato francese al Ducato di Mantova e del Monferrato Carlo I Gonzaga - Nevers prevale, anche grazie all’abilità diplomatica di Mazzarino, sul candidato sostenuto dagli Asburgo di Spagna e dai Savoia dopo la guerra del Monferrato in cui dilaga la peste raccontata nei Promessi Sposi. Nello stesso anno l’Impero saccheggia Magdeburgo, città alleata degli Svedesi
- 1642 - Mazzarino succede a Richelieu
- 1643 - i Francesi, guidate dal Duca d’Enghien (poi Principe di Condè) sconfiggono gli Spagnoli a Rocroi. Luigi XIV Borbone Re di Francia
- 1648 - Pace di Westfalia. Fine del conflitto in cui si profila la leadership francese sull’Europa: gli Asburgo si concentrano sui possedimenti propri (Austria e Ungheria) anziché sull’Impero;
- 1649 - Carlo I Stuart decapitato in Inghilterra
Il Seicento, secolo in Italia di decadenza politica ed economica, è però anche il secolo di Carlo e Federico Borromeo e del Barocco ispirato dalla Controriforma i cui eventi principali sono:
- 1534 - Alessandro Farnese, fratello di Giulia, amante di Alessandro VI Borgia, eletto Papa Paolo III. Approvazione della Compagnia di Gesù
- 1542 - Paolo III istituisce l’Inquisizione
- 1545 - Concilio di Trento: accentramento del potere papale, importanza delle opere e non solo della grazia, formazione del clero, impegno pastorale
- 1566 - Michele Ghislieri eletto Papa Pio V, il Papa che raccoglie la Lega che vince a Lepanto nel 1571
- 1572 - Il bolognese Ugo Boncompagni eletto Papa Gregorio XIII, promotore non solo del calendario gregoriano, ma anche di importanti iniziative religiose, pastorali e culturali. Nel 1580 viene inaugurato il Quirinale
- 1589 - Fontana del Mosè sotto il pontificato di Sisto V che fa erigere obelischi e migliorare il tessuto urbanistico dell’Urbe: è il modello della “Ecclesia triumphans” dopo il contrasto alle eresie dei decenni precedenti
- 1592 - Clemente VIII Aldobrandini Papa
- 1600 - Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi (Caravaggio). Giordano Bruno al rogo a Campo dei Fiori, decapitata Beatrice Cenci
- 1605 - Camillo Borghese eletto Papa Paolo V. Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo (Caravaggio)
- 1612 - Carlo Maderno inaugura la nuova facciata di San Pietro
- 1623 - Maffeo Barberini eletto Papa Urbano VIII
- 1626 - Baldacchino di San Pietro (Bernini)
- 1633 - Abiura di Galileo
- 1651 - grazie alla mediazione di Olimpia Maidalchini, Innocenzo X Pamphili affida al Bernini la Fontana dei Fiumi che completa Piazza Navona
- 1652 - Estasi di Santa Teresa a Santa Maria della Vittoria (Bernini)
- 1655 - Fabio Chigi eletto Papa Alessandro VII
- 1657 - Colonnato di San Pietro (Bernini)
- 1660 - Sant’Ivo alla Sapienza (Borromini)
- 1667 - Oratorio dei Filippini (Borromini), Santa Maria della Pace (Pietro da Cortona)
Terminato lo slancio mecenatistico dei pontefici, l’Apoteosi di Sant’Ignazio con la finta cupola commissionata ad Andrea Pozzo dai Gesuiti segna nel 1694 la fine del Barocco a Roma.
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jacopocioni · 5 months
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Livia Raimondi, storia di un'amante.
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Ingresso delle truppe francesi in Firenze Era il 27 marzo 1799 quando i francesi entrarono a Firenze, passando attraverso quell’arco trionfale, che era stato eretto sessanta anni prima per la venuta dei Lorena, in piazza di Porta San Gallo, l’attuale piazza della Libertà. Recavano un ramoscello di ulivo nelle baionette perché era il giorno di Pasqua e perché si presentarono come “portatori di pace” . Il granduca di Toscana Ferdinando III di Lorena, che si trovava nel palazzo della Meridiana a Palazzo Pitti, fu invitato a lasciare la città ed in Firenze si stanziarono i “Nuvoloni”, termine con cui i fiorentini chiamarono i francesi dal “Nous voulons “ dei loro manifesti ufficiali. Dopo la parentesi del Regno d’Etruria, durato dal 1801 al 1807, la Toscana dal 1808 era stata formalmente annessa alla Francia e divisa nei tre dipartimenti dell’Arno, di cui Firenze fece parte, dell’ Ombrone e del Mediterraneo. Napoleone conferì il “governo generale del dipartimento della Toscana” alla sorella Elisa con il titolo di granduchessa e la giunta straordinaria di Toscana, presieduta dal generale Jean Francois, barone di Menou, approvò la prima delibera istitutiva del censimento generale della popolazione dei tre dipartimenti per motivi fiscali, di circoscrizione militare e per l’eliminazione del maggiorascato ed altro. Il Fallani, a seguito di questi considerevoli interventi, nel 1786 realizzò anche una nuova facciata in stile barocco fiorentino ed una nuova porta principale, contrassegnata, a patire dal 1810, dal n. 518 e che si apriva sull’allora piazza Imperiale, denominata in precedenza piazza del Granduca, ed oggi conosciuta come piazza della Signoria. Livia risultava residente a Firenze da ben 22 anni, vale a dire dal 1788, anno in cui aveva dato alla luce un figlio, nato dall’unione con il granduca. Il bambino non avendo potuto né essere riconosciuto come figlio naturale di Pietro Leopoldo, in quanto concepito fuori dal vincolo matrimoniale e per giunta da un legame con una donna definita “di basse origini”, né potendo avere il cognome della madre, per non rendere ufficiale il legame, risultò alla nascita uno dei tanti figli dello Spedale degli Innocenti ed al quale, solo più tardi, sarà assegnato il nome di “Luigi von Grun”. L’ 8 gennaio del 1788 era nato anche Rodolfo Giovanni, il sedicesimo ed ultimo figlio che Pietro Leopoldo ebbe dalla moglie Maria Luisa di Borbone, figlia del re Carlo III di Spagna, con la quale si era unito in matrimonio ad Innsbruck nel 1765. La sorte di questi due figli del granduca sarà molto diversa: Rodolfo Giovanni sarà avviato alla carriera ecclesiastica, mentre Luigi von Grun a quella militare a Vienna. Nel 1790 Pietro Leopoldo, in seguito alla morte del fratello, l’imperatore Giuseppe II, dovette succedergli al trono, col nome di Leopoldo II e per questo fu costretto ad abbandonare la Toscana. L’ imperatore prima della sua morte aveva assicurato già a lei ed al figlio Luigi una rendita che avrebbe permesso loro di vivere... Fine prima parte segue seconda parte il giorno lunedì 31/07/2017
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Marta Questa Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 8 months
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Osservatorio Vesuviano, il museo del primo osservatorio vulcanologico del mondo
La storia, unica, dell'Osservatorio Vesuviano è stata raccolta dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) nell’articolo “The Museum of the Osservatorio Vesuviano: inviting the public to explore the geoheritage of the world’s first volcano observatory” pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale ‘Bulletin of Volcanology’. Quando nasce l'Osservatorio Vesuviano? L'Osservatorio Vesuviano fu fondato nel 1841 per volere di Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie. Mentre il moderno nucleo della ricerca e del monitoraggio si è trasferito da oltre 40 anni nella città di Napoli, l’antico edificio vesuviano ospita un Museo in cui sono esposte collezioni di interesse scientifico, culturale e artistico, risalenti all'inizio del 1800. Strumenti scientifici, rocce e minerali, libri antichi (alcuni dei quali risalgono al 1500), antiche carte e modelli geologici costituiscono il cuore della collezione e si affiancano a foto e filmati di eruzioni storiche del Vesuvio, gouaches del 1700, oltre a registrazioni su carta affumicata dell'attività sismica dal 1915 al 1970, nonché l'apparato stesso per affumicare la carta. Dove si trova? Il complesso dell'Osservatorio Vesuviano è sviluppato sul Colle del Salvatore ed è formato da due edifici principali: l'edificio principale del 1841, con annesso giardino storico, e una struttura moderna costruita negli anni ‘70 per le attività di ricerca e monitoraggio di quel tempo. Particolarità dell’edificio storico è la presenza di due meridiane che indicano l'ora solare e i mesi dell'anno e le grandi terrazze con vista panoramica sul Golfo di Napoli che erano utilizzate per le osservazioni esterne dei fenomeni vulcanici. Arte e scienza Per volere di Ferdinando II di Borbone, l’arte accompagna l’attività scientifica nelle sale dell’Osservatorio: le decorazioni dei soffitti delle sale rappresentano Minerva, dea della scienza, che incorona Prometeo, Eolo che comanda i venti e Vulcano, dio del fuoco, con la sua Fucina. L'arte qui presente è anche probabilmente un omaggio allegorico alla benevolenza del re borbonico verso le Arti e le Scienze della Terra. Gli strumenti scientifici pionieristici appartenenti alla collezione dell'Osservatorio Vesuviano rappresentano soprattutto i progressi scientifici compiuti tra l'Ottocento e il Novecento nel campo del monitoraggio dei vulcani. La collezione comprende strumenti sismologici, magnetici, geodetici, geochimici e meteorologici utilizzati per la sorveglianza del Vesuvio. La collezione dell'Osservatorio Vesuviano I sismografi progettati da Luigi Palmieri, Ascanio Filomarino, Emil Johann Wiechert, Guido Alfani e Giovanni Agamennone, sono il cuore di una collezione unica al mondo. I visitatori possono scoprire questo patrimonio anche attraverso esposizioni permanenti e un percorso multimediale che ripercorre la storia del Vesuvio e l'origine del monitoraggio vulcanico. Il museo si trova all'interno dell'area protetta del Parco Nazionale del Vesuvio, istituito nel 1995. La rete di sentieri del parco consente ai visitatori di godere della geodiversità di Somma-Vesuvio, la cui attività si intrecciò con quella degli esseri umani dal Neolitico ai tempi moderni, come testimoniano numerosi importanti siti archeologici intorno al vulcano, tra cui i più famosi Pompei ed Ercolano. Link allo studio:  https://link.springer.com/article/10.1007/s00445-023-01658-9 Citazione: Di Vito, M.A., Sparice, D., de Vita, S. et al. The Museum of the Osservatorio Vesuviano: inviting the public to explore the geoheritage of the world’s first volcano observatory. Bull Volcanol 85, 45 (2023). https://doi.org/10.1007/s00445-023-01658-9 Link utili: Il Museo dell'Osservatorio Vesuviano raccontato in un articolo su una rivista scientifica internazionale: https://www.ov.ingv.it/index.php/news/240-museo-ov-bullettin-article Foto di Charlotte Gupta da Pixabay Read the full article
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kritere · 1 year
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La storia infinita del Ponte, dai romani a Salvini
DIRETTA TV Il ponte sullo Stretto di Messina: una storia infinita che torna ad ogni cambio di governo e di epoca. L’idea di collegare Calabria e Sicilia è più vecchia dell’Italia stessa. I primi tentativi di unire le due sponde risalgono ai tempi delle Guerre Puniche, poi un pensierino ce lo fece anche Carlo Magno mentre nel 1840 il Re delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone, fece realizzare…
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La storia infinita del Ponte, dai romani a Salvini
Il ponte sullo Stretto di Messina: una storia infinita che torna ad ogni cambio di governo e di epoca. L’idea di collegare Calabria e Sicilia è più vecchia dell’Italia stessa. I primi tentativi di unire le due sponde risalgono ai tempi delle Guerre Puniche, poi un pensierino ce lo fece anche Carlo Magno mentre nel 1840 il Re delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone, fece realizzare uno studio…
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mancino · 1 year
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Primogenito maschio di Francesco I di Borbone, Ferdinando nacque a Palermo il 12 gennaio 1810 e morì a Caserta il 22 maggio 1859. L’8 novembre 1830, con la benedizione del padre morente, salì sul Trono Ferdinando II, re delle Due Sicilie. Nel 1832 sposò la Principessa Maria Cristina di Savoia, che morì quattro anni dopo, pochi giorni dopo avere dato alla luce il futuro Francesco II. Si sposò per la seconda volta nel 1837 con l'arciduchessa Maria Teresa d'Austria. Un anno dopo la sua morte iniziò, con la spedizione dei “mille”, l’invasione del Regno delle Due Sicilie. {«Volle strade, volle porti, volle bonifiche, ospizi e banche; poco sopportava una borghesia saccente e rapace, la cosiddetta borghesia dotta, i “galantuomini” Cercò piuttosto di creare una borghesia che mirasse al sodo. [C. Alianello, La conquista del Sud. Il Risorgimento nell’Italia meridionale (1972), Rusconi, Milano 1998.] «Per introdurre criteri di economia nelle finanze, Ferdinando ridusse di molto il proprio appannaggio, abolì diversi uffici inutili e alcune delle prerogative reali. Semplificò le procedure nelle Corti di giustizia, sostituì l’impopolare viceré di Sicilia, nominando suo fratello a tale carica e, allorquando viaggiava per il Regno, proibiva alle municipalità di farvi preparativi costosi per la sua venuta, accettando l’ospitalità di qualche residente, o prendendo dimora nella locanda di un villaggio o in un convento francescano. Non c’è da stupirsi che fosse un sovrano popolare». [P.K. O’ CLERY, La Rivoluzione italiana. Come fu fatta l’unità della nazione, (I ed. 1875, 1892), Ed. Ares, Milano 2000]}
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lamilanomagazine · 2 years
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Barocco Festival, "Sulla strada da Napoli e Vienna"
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Barocco Festival, "Sulla strada da Napoli e Vienna"   Il “Barocco Festival Leonardo Leo” supera i confini provinciali e venerdì 9 settembre, alle ore 21, approda a Lecce nella chiesa di Sant’Anna con il concerto “Sulla strada da Napoli a Vienna” del trio romano “Séikilos”. Intensi furono i rapporti culturali che unirono nel Settecento Napoli e Vienna, entrambe capitali di regni, poste culturalmente a confronto. Un vivace intreccio di scambi letterari e pittorici, oltre che teatrali e musicali, legò Napoli all’Austria raggiungendo l’apice nel periodo di Maria Carolina, regina di Napoli e figlia di Maria Teresa. Protagonista del programma il clarinetto barocco, proposto sui palcoscenici d’Europa dalle operose botteghe napoletane, che Vivaldi e Telemann conoscevano bene e utilizzarono in diversi lavori. Nei primi tre decenni del Settecento si compie a Napoli una svolta radicale nella cultura, nel gusto e nelle arti. Un mutamento che ha origine nel ribaltamento istituzionale che si verifica a partire dal 1707, quando alla dominazione spagnola subentra quella austriaca, relativamente più libera e progressista. Quando nel 1734 termina il dominio austriaco e viene creato un regno autonomo sotto la guida illuminata di Carlo III di Borbone, si accelera il ritmo del cambiamento e Napoli diventa uno dei centri culturali più importanti del continente europeo, dove si affermano riforme amministrative ed economiche di segno spiccatamente antifeudale e anticuriale. Un analogo fervore investe anche l’arte, nella quale si recuperano nuovi contenuti che si riallacciano alla ricca letteratura dialettale seicentesca, in grado di generare una svolta salutare anche in campo musicale. La musica cessa così di essere appannaggio di una cerchia chiusa e ristretta, aprendosi a una più ampia fruizione. Lo attesta il rapido sorgere di nuovi teatri che, se da un lato soddisfano l’esigenza di uno spazio scenico nel quale il sovrano possa celebrare se stesso e la sua corte, come il San Carlo di Napoli, dall’altro con luoghi di minor fasto e prestigio, come il Teatro dei Fiorentini, il Teatro Nuovo o il Teatro della Pace, vengono incontro alla passione sempre più dilagante per la commedia per musica, che può considerarsi il simbolo di una nuova visione estetica in cui si condensano e sintetizzano le nuove istanze culturali. Non ci sono soltanto strade, autostrade, rotaie che uniscono l’Italia all’Austria. Un canale speciale di comunicazione è quello culturale, prova ne è lo stato di forte contaminazione tra i linguaggi d’arte dei due Paesi. Una strada è offerta dalla musica, la cui tensione supera persino le barriere linguistiche e può essere compresa senza difficoltà da una parte e dall’altra del confine. Prima della straordinaria fioritura artistica poi mitizzata nel termine “classicismo”, Vienna era ancora “provincia italiana”: sotto Ferdinando II la maggior parte dei musicisti della Hofmusikkapelle proveniva dall’Italia. La banda di corte fiorì sotto i successivi imperatori fino al 1740 circa, finché Maria Teresa e Giuseppe II decisero di limitarne l’uso alla musica sacra, e Antonio Salieri, che insegnò a Beethoven, fu l’ultimo direttore di corte italiano. Nell’ultimo trentennio del Settecento il ruolo dell’Italia come fulcro dell’Europa musicale si avviò al declino contestualmente all’ascesa della triade viennese - Haydn, Mozart e Beethoven - che non era isolata ma rappresentava la punta più avanzata di molteplici esperienze musicali e di un’intera generazione di autori, in parte provenienti dalla cosiddetta scuola di Mannheim, in parte attivi come pianisti e compositori nella capitale austriaca. L’attivismo frenetico della Vienna della seconda metà del Settecento si specchiava nella disponibilità dei mecenati e nell’intensa presenza esecutiva dei concerti pubblici, in particolare di quelli organizzati nel periodo di Natale. I biglietti sono disponibili nel luogo del concerto. Ticket euro 3 - Info T. 347 060 4118. Per ulteriori informazioni VISITA IL SITO.... Read the full article
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nardonews24 · 2 years
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IL VIDEO DELLA PRESENTAZIONE DEL SAGGIO SU "GIUSEPPE MARIO ARPINO
IL VIDEO DELLA PRESENTAZIONE DEL SAGGIO SU “GIUSEPPE MARIO ARPINO
Nel Chiostro dei Domenicani la Presentazione del saggio sul modugnese “Giuseppe Mario Arpino. Il diplomatico di Ferdinando II di Borbone” (edizioni Solfanelli e presentazione di Marino Pagano) – Interventi di Crocifisso Aloisi (moderatore) e Edoardo Vitale (direttore della storica rivista “L’Alfiere” e Presidente di “Sud e Civiltà “) – Video di Mauro Longo (more…)
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neapolis-neapolis · 3 years
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Museo Nazionale ferroviario di Pietrarsa, ex Reale Opificio Borbonico di Pietrarsa (1840), Portici, Napoli.
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marenostrum-ac-dc · 3 years
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È la più grande scultura dell'antichità mai ritrovata: il Toro Farnese, o il Supplizio di Dirce, è un gruppo scultoreo ellenistico in marmo conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Rivenuto nelle Terme di Caracalla nel 1546, durante gli scavi di Papa Paolo III (al secolo Alessandro Farnese) la scultura fu prima ereditata da Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta, ultima discendente della famiglia Farnese, e poi trasferita a Napoli per volontà di Ferdinando IV di Borbone nel 1788, quando si ultimò il trasferimento della raccolta nella capitale del regno.
Il complesso scultoreo fu utilizzato molto probabilmente come fontana nella villa reale della città fino al 1826, quando fu poi spostato al museo archeologico nazionale di Napoli dove trovò definitiva collocazione.
Data e autore sono incerte:
Plinio il Vecchio - Inizialemente l'opera fu attribuita agli artisti di Rodi, Apollonio di Tralle e suo fratello Taurisco, grazie agli scritti di Plinio il Vecchio. Questi afferma infatti che la scultura fu commissionata alla fine del II secolo a.C. e fu tratta da un unico blocco di marmo. Successivamente fu poi trasferita a Roma da Rodi come parte dell'incredibile collezione di sculture e opere d'arte di Asinio Pollione, un politico romano vissuto nel periodo di passaggio tra la repubblica e il principato.
Ipotesi più recenti - Recenetemente si pensa che la scultura descritta da Plinio non sia quella del Toro Farnese, databile invece al III secolo d.C. e scolpita appositamente per le Terme di Caracalla. Inoltre i piccoli ciuffi di peli sul toro e le pieghe taglienti dei vestiti di Antiope e del mantello di Dirce conducono l'opera al periodo severiano (III secolo d.C).
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aki1975 · 2 months
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Napoli - Francesco Laurana - Maschio Angioino - Arco trionfale - 1479
Fondata dai Greci di Cuma, i sovrani che nei secoli si sono susseguiti sul trono di Napoli sono stati:
i Normanni:
- Ruggero I d’Altavilla conquistò la Sicilia nel 1091;
- Ruggero II (1130 - 1154): fu il primo re di una Sicilia multietnica e multireligiosa avendo accorpato in un unico regno tutti i possedimenti normanni nell’Italia Meridionale conquistando Napoli nel 1137;
- Guglielmo I (1154 - 1166)
- Guglielmo II (1166 - 1189): eresse il Duomo di Monreale;
- Tancredi (1189 - 1194)
- Guglielmo III (1194)
- Costanza d’Altavilla (1194 - 1197)
gli Svevi:
- Federico II (1198 - 1250) Stupor Mundi: a Napoli istituì l’università nel 1224;
- Corrado (1250 - 1254): dovette confrontarsi con il potere del fratellastro Manfredi;
- Corradino (1254 - 1258): fu sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e fatto imprigionare a Castel dell’Ovo e decapitare da Carlo d’Angiò nella piazza del mercato a Napoli, poi sepolto nella vicina Chiesa del Carmine. La dinastia degli Svevi scomparve con la morte di Manfredi nel 1266.
gli Angioini:
- Carlo I (1266 - 1285): fratello di Luigi IX il Re Santo, Conte d’Anjou, ricevette in vassallaggio la Sicilia e Napoli dal Papa che difese dagli Hohenstaufen. Edificò il Maschio Angioino, con uno stile che richiama il castello di Avignone, nel 1282;
- Carlo II (1285 - 1309): dovette rinunciare al trono di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri Siciliani nel 1302;
- Roberto I (1309 - 1343): figlio di Maria d’Ungheria sepolta nella Chiesa di Donnaregina, fu apprezzato da Petrarca e amante della cultura e delle lettere;
- Giovanna I (1343 - 1382): fu fatta assassinare dal ramo di Durazzo degli angioini e le succedette
- Carlo (1382 - 1386)
- Ladislao (1386 - 1414)
- Giovanna II (1414 - 1435)
- Renato I (1435 - 1442)
gli Aragonesi:
- Alfonso I d’Aragona (1442 - 1458): sconfisse Renato d’Angiò e unì il tono di Napoli a quello di Sicilia e ai possedimenti della Sardegna e della Spagna occidentale. Combattè contro Milano e Genova e dotò il Maschio Angioino dell’attuale arco di trionfo;
- Ferdinando I detto Ferrante (1458 - 1494): all’inizio del suo regno dovette fronteggiare la rivolta angioina e successivamente sedò la rivolta dei baroni e si alleò con gli Sforza contro il re di Francia Carlo VIII d’Angiò. Del suo tempo la Chiesa del Gesù Nuovo;
- Alfonso II: sposò Ippolita Maria Sforza, ma dovette abdicare a causa della calata di Carlo VIII;
- Ferrandino (1494 - 1496)
- Federico I (1496 - 1503) durante il cui regno vi fu la conquista e poi la cacciata di Luigi XII re di Francia;
- Ferdinando III (1504 - 1516) dopo il quale il Regno di Napoli fu incluso in quello di Spagna prima sotto la casata degli Asburgo (con la breve parentesi della Repubblica di Masaniello fra il 1647 e il 1648) poi sotto quella dei Borbone (1700 - 1713) ed ancora sotto quella degli Asburgo d’Austria (1713 - 1734).
i Borboni:
- Carlo I (1734 - 1759): già Duca di Parma, conquistò e riunificò il Regno delle Due Sicilie anche grazie alla madre Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna, che da Madrid influenzò la prima parte del suo regno. Riformò con Bernardo Tanucci l’amministrazione, promosse la musica (fondò il Teatro di San Carlo nella patria di Paisiello e Pergolesi), l’arte (promosse la ceramica di Capodimonte, fece costruire al Vanvitelli la reggia di Caserta del 1751 e quella che oggi è Piazza Dante oltre alla Reggia di Capodimonte dove installò la collezione Farnese) e sostenne gli scavi a Pompei ed Ercolano che iniziarono nel 1738);
- Ferdinando (1759 - 1799 e 1816 - 1825): sposò una figlia di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina che lo allontanò dall’influenza spagnola di Bernardo Tanucci, promosse la Marina Militare (nel 1787 fu fondata la Nunziatella), ma dovette subire una rivoluzione filo-francese (Eleonora Fonseca Pimentel, Mario Pagano, …) nel 1799 contrastata dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo e la conquista napoleonica che insediò Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815 prima di diventare, con il Congresso di Vienna, Re delle Due Sicilie ed essere sepolto al Monastero di Santa Chiara;
- Francesco (1825 - 1830)
- Ferdinando II (1830 - 1859): fondò la prima ferrovia d’Italia (1839), ma fu reazionario e soprannominato il Re Bomba per come represse i moti rivoluzionari del 1848 a Messina;
- Francesco II (1859 - 1861): era figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia e sposò la sorella di Sissi, Maria Sofia di Baviera.
Con l’Unità, Napoli confluì nel Regno d’Italia: ecco perché la statua di Vittorio Emanuele II è presente a Palazzo Reale.
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tebione · 4 years
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la Storia del ponte Real Ferdinando sul Garigliano
Nel febbraio del 1828 Francesco I di Borbone incarica l’ingegnere di stato Luigi Giura di provvedere alla costruzione di un ponte sospeso in ferro sul Garigliano; all’epoca già ne esistevano degli esemplari del genere in Inghilterra, Francia ed Austria. Il Giura pertanto iniziò un viaggio di studio per osservare, studiare e disegnare (non esisteva la fotografia) i progetti dei ponti già esistenti ed il 14 aprile 1828 era già in grado di presentare il suo elaborato completo e dettagliato in tutte le sue parti compresi rilievi, i sondaggi del terreno ed il costo totale (chiavi in mano). Approvato dalla Direzione Nazionale delle strade e dei ponti, il re comandò l’avvio immediato delle gare di appalto che dovevano essere rigorosamente limitate a ditte e materiali delle Due Sicilie.
Il 20 maggio 1828 furono iniziati lavori e il giornale inglese The Illustrated London Newsespresse “perplessità sulle capacità progettuali e costruttive dei napoletani e le sue vive preoccupazioni sulla sorte dei poveri sudditi, sicure vittime di questo vano esperimento di sprovveduti dettato solo dalla voglia di primeggiare”. In effetti a quella data i ponti sospesi in ferro avevano tutti un grosso problema legato alla flessibilità della lega ferrosa allora usata che li rendeva oscillanti ai grossi pesi ed al forte vento.
Erano appena iniziati i lavori di sbancamento presso il Garigliano per realizzare le fondamenta delle quattro torri portanti, quando a Parigi, a causa del vento, crollò il ponte sospeso in ferro progettato dall’accademico Navier; a Londra venne chiuso il ponte Driburgh sul Twed e la stessa cosa avvenne in Austria. In pochi giorni in tutta Europa si levò un vespaio di critiche contro questo nuovo tipo di costruzione e il malcontento arrivò fino a Napoli dove il consiglio dei ministri del Re si espresse per la sospensione dei lavori. Il sovrano non si scompose e si narra che esclamò: ”Lassate fa o’ guaglione”.
Fatto sta che i lavori proseguirono, mentre il ventenne Ferdinando II succedeva al trono nel 1830. Il 4 maggio del 1832 il solito giornale inglese ipotizzava che il ponte fosse pronto, ma non fosse stato ancora collaudato per “timore del suo sicuro crollo”. Il 10 maggio 1832 Ferdinando II si presentò davanti alle torri di sostegno del ponte alla testa di due squadroni di lancieri a cavallo e 16 carri pesanti di artiglieria, colmi di materiali e munizioni.
Sulle due rive del Garigliano gli fanno ala ambasciatori, militari e una folla strabocchevole di gente proveniente dai centri vicini. Quando il sovrano si piazzò al centro del ponte con la sciabola alzata, si fece un gran silenzio; con voce ferma comandò agli uomini di passare il ponte più volte in ambo le direzioni, prima al trotto e poi al galoppo, infine alla carica; poi passarono i carri e le truppe.
Terminato il “collaudo”, fu la la volta della benedizione del vescovo di Gaeta seguito dal popolo in processione e dopo iniziarono fuochi d’artificio, danze e canti in un tripudio di folla: il ponte aveva retto, la realizzazione avveniristica era perfettamente riuscita. Il Giura aveva studiato il materiale da utilizzare e per aumentare la resistenza del ferro dolce fece produrre dalle fonderie di Mongiana una lega al nichel. Le travi così composte furono irrigidite meccanicamente con trafilamento a mezzo di una apposita macchina “astatesa” progettata da lui stesso.
Questo doppio trattamento, chimico e meccanico, conferì al materiale caratteristiche meccaniche impensabili per quei tempi, ed anche una notevolissima resistenza alla corrosione ed all’invecchiamento. Questo ponte, orgoglio delle Due Sicilie, resistette fino al 1943 quando i tedeschi, dopo averci fatto transitare il 60 % della propria armata in ritirata compresi carri e panzer, lo fecero saltare.
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Nardò. Nasce il Piccolo Museo del costume popolare del Salento
Il 21 giugno 2021 si inaugura a Nardò il Piccolo Museo del costume popolare del Salento, allestito nel primo piano del castello neritino, curato dall’associazione culturale “BellissimaMente”, presieduta da Lietta Andriani.
Ancora uno spazio culturale si aggiunge a quelli già esistenti, che stanno trasformando il cinquecentesco castello della Città in un valido contenitore culturale, necessario per i residenti e per i turisti, ma principalmente per le scuole cittadine.
Questa nuova vetrina ospiterà la raccolta di abiti del Settecento riprodotti negli anni Settanta del secolo scorso da Corido, il compianto docente neretino scomparso ad aprile scorso, e messi a disposizione dal figlio  Arturo Cioni.
Le riproduzioni si attengono alle raffigurazioni dei costumi popolari dipinte da  Antonio Berotti e Stefano Santucci, incaricati per questa importante raccolta dal Re Ferdinando di Borbone e dalla Corte del Regno di Napoli, ben consapevoli della varietà e particolarità.
Cioni realizzò il suo progetto che mirava a riprodurne le fattezze con la preziosa consulenza  del magistrato Michele Paone, squisito collezionista e profondo conoscitore della realtà salentina nei secoli, oltre che autore del  volume di grande formato Il Costume Popolare Salentino, edito da Mario Congedo di Galatina in più edizioni.
Dal comunicato stampa dell’Amministrazione Comunale la finalità di questa nuova realtà, che aderisce ai Piccoli Musei Italiani: “Restituire alla memoria collettiva questo patrimonio significa far riaffiorare il sentimento d’appartenenza e superare stereotipi sulle abitudini di vita dei nostri antenati, troppo spesso rappresentati unicamente come gente “alle pezze”. Innumerevoli testimonianze dimostrano come invece il nostro fu un popolo “colorato”, allegro, accogliente, operoso, “musicale”, prezioso, proprio come i costumi che lo rappresentano”.
A proposito di costumi popolari salentini ne ha anche scritto il Prof. Armando Polito, del quale riproponiamo quanto ha scovato e che ben introduce all’esposizione che sta per inaugurarsi, riproponendo le cinque stampe del costume tipico di altrettanti centri di Terra d’Otranto, tratte dalla Raccolta di sessanta più belle vestiture che costumano nelle città, terre e paesi in provincie diverse del Regno di Napoli, parte II, numero XXX, presso Talani e Gervasi negozianti di stampe, Strada del Gigante III Palazzo n. 7, Napoli, 1792.
Costume di Gagliano
  Costume di Martano
  Costume di Gallipoli
  Costume di Senise
  Costume di Montesardo
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