Tumgik
#SPINTON
inkpool-clover · 9 months
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Animation practice yippee
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autolesionistra · 3 months
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Varie
Durante la consueta rissa serale i figliuoli hanno dato un cuccio (urto, botta, spintone) al termosifone del bagno, che ha iniziato a pisciare acqua con una certa veemenza. Nel panico generale ho raggiunto la cagnetta (giratubi, pinza a pappagallo) e mentalmente ripassando un paio di avemarie miste ad animali della fattoria ho stretto quello che speravo essere il dado incriminato. E lo era. Mentre asciugavo il culo del termosifone controllando che la perdita fosse stata effettivamente domata pensando se nella vita mi fossi mai sentito più maschio alfa di così (spoiler alert: no) si è avvicinato il primogenito a scusarsi con la tipica mortificazione di chi è certo che sta per essere deportato in Siberia, il ché mi ha fatto ripensare tristemente a certi miei approcci educativi.
L'enforcing del limite dei 30 km/h a Bologna (e se non sapete di cosa sto parlando vi invidio, oh quanto vi invidio) ha avuto come principale effetto negativo per il sottoscritto il sentir parlare pervasivamente ed esclusivamente dell'enforcing del limite dei 30 km/h a Bologna.
Una rigorosa correlazione statistica fra la situazione meteorologica e il numero di merde di cane per m² sui marciapiedi bolognesi sembrerebbe suggerire che i giorni di pioggia siano un inequivocabile segnale di anarchia per i possessori di bestie da guinzaglio
L'intervento di Clare Daly di martedì al parlamento europeo mi fa più male che bene perché ormai è meno doloroso pensare che certi politici non esistano invece di sapere che esistono e che stanno altrove.
Premesso che non avrei le competenze né artistiche né sociali per pronunciarmi quindi il mio parere vale meno di zero, la bellezza dell'apporto del collettivo CHEAP alle strade di Bologna non sarà mai abbastanza decantata.
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nanukla · 4 months
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Agnst del giorno:
Immaginatevi questo scenario. Manuel sta attraversando un momento difficile, fra Nina con la figlia e tutta la storia di aver scoperto di avere un padre. Con Nina scoppia un casino nel prossimo episodio, lei e Manuel fanno un incidente in macchina con la bambina a bordo, gli assistenti sociali le allontanano la figlia e lui si sente responsabile, il "caso disperato", ancora una volta: lui. C'è solo una persona che lo può aiutare a stare meglio in questo momento, ed è sempre la stessa: Simone.
Ma Simone non c'è, non è mai a casa ultimamente. Chissà dove cazzo va. Manuel si trova adesso, per la prima volta dopo tante settimane, a pensare a Simone.
Va alla villa, disperato, ma Simone tarda a tornare. Manuel si chiude in quella che, ormai da mesi, è la loro camera, è la loro casa, e non vuole parlare con nessuno, vuole solo il suo migliore amico.
Dopo parecchie ore, Simone arriva. È felice, forse per la prima volta nella sua vita, è innamorato. È con "la persona giusta".
"Dove cazzo eri Simo? Ti sto aspettando da ore, ho fatto un casino".
Simone c'è sempre stato per Manuel, però questa volta qualcosa è diverso. Lo ascolta parlare di Nina, di Nicola, di quanto la sua vita faccia schifo, ma si distrae, si trova a pensare che anche lui ne sta già passando abbastanza di casini, ed è preoccupato per Mimmo. Mimmo dagli occhi azzurri.
Manuel percepisce quella distrazione. Qualcosa è diverso nel loro rapporto, non c'è più solo lui nella vita del suo amico. E realizzare questo, all'improvviso lo terrorizza e lo incendia d'odio.
"Io sto passando il periodo peggiore della mia vita, e tu pensi solo al mimmo tuo."
Primo spintone.
"Sei un cazzo di egoista, Simone. Sei talmente disperato, che manco ti accorgi che a mimmo non gli frega niente di te".
Secondo spintone. Manuel risolve sempre così, a botte. Ma Simone non ci sta più, non è piu disposto a giocare a quel loro gioco.
Prende la porta. Una mano lo ferma, lo stringe e, di nuovo, come la prima volta, le labbra di Manuel si fanno strada sulla sua bocca con prepotenza.
Per un momento, uno soltanto, Simone resta confuso: vecchi, dolorosi ricordi riaffiorano. Poi pensa a Mimmo. Al suo sguardo gentile, al suo fare da bambino. A come non lo abbia mai fatto soffrire.
Questa volta, è Simone a mandarlo via.
"Che cazzo fai, Manuel?"
Manuel sorride.
"Pensavo ti piacesse". Lo canzona.
"Sei impazzito? Che cazzo vuoi da me, eh, Manuel? Mi spieghi che cazzo ti passa per la testa? Stai con Nina, mi hai fatto capire in tutti i modi che non ti piacciono i maschi, che cazzo vuoi?". Simone respira affannato. Prova qualcosa di molto simile al panico, e una fitta dolorosa si fa strada nel suo stomaco.
Ma Manuel continua a sorridere, sicuro di sé, con quel suo sorriso da stronzo. È così bello anche in quel momento.
"Tanto lo sappiamo entrambi che tu pensi solo a me".
Simone lo guarda, poi un'infinita tristezza si fa strada nei suoi occhi.
"Vaffanculo Manuel. Esci dalla mia vita."
E prende la porta. Manuel non lo segue.
(Sorry not sorry)
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cutulisci · 6 months
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È morto il Sup Galeano. È morto come è vissuto: infelice.
Questo sì, si preoccupò, prima di morire, di restituire il nome a colui che è carne e ossa ereditati dal maestro Galeano. Ha raccomandato di tenerlo vivo, ovvero, di lottare. È così che Galeano continuerà a camminare su queste montagne
Per il resto, è stato qualcosa di semplice. Ha iniziato a cantilenare qualcosa come “lo so che sono finito, finito, finito”, e, subito prima di spirare disse, o meglio domandò: “I morti starnutiscono?”, e caput. Queste furono le sue ultime parole. Nessuna citazione da lasciare alla storia, né da scolpire su di una lapide, né degna di un aneddoto da raccontare davanti al fuoco. Solamente questa domanda assurda, anacronistica, estemporanea: “I morti starnutiscono?”.
Poi rimase quieto, sospesa la stanca respirazione, gli occhi chiusi, le labbra finalmente ammutolite, le mani logore.
Uscimmo. Quasi al punto di uscire dalla capanna, già sulla soglia della porta, sentimmo uno starnuto. Il SubMoy si voltò per guardarmi e io voltai verso di lui, pronunciando un “salute” appena accennato. Nessuno dei due aveva starnutito. Ci girammo verso dove si trovava il corpo del defunto e nulla. Il SubMoy disse solamente “buona domanda”. Io non pronunciai neanche una parola, però pensai “sicuramente gli sarà finita la luna nell’orbita di Callao” [Citazione della canzone in difesa della follia “Balada para un loco” di Adriana Verela – riferimento alla perdita di senso nel discorso del SupMoy ].
Questo si, ci siamo risparmiati la sepoltura. Anche se ci siamo persi caffè e tamales.
-*-
Lo so che a nessuno interessa l’ennesima morte, e men che tutto quella del defunto SupGaleano. In verità, vi racconto tutto questo perché è lui che ha lasciato quella poesia di Rubén Darío con cui inizia questa serie di testi. Tralasciando l’evidente ammiccamento al Nicaragua che resiste e persiste – che si potrebbe anche vedere come un riferimento all’attuale guerra dello Stato di Israele contro il popolo palestinese, anche se, al momento della sua morte, non era ancora ripreso il terrore che sconvolge il mondo –, lasciò questa poesia come riferimento. O meglio come risposta a qualcuno che domandò come spiegare quello che sta succedendo in Chiapas, in Messico e nel mondo.
E, chiaramente, come un discreto omaggio al maestro Galeano –da cui ereditò il nome–, disse colui che chiamò un “controllo di lettura”:
Chi ha iniziato? Chi è colpevole? Chi è innocente? Chi è buono e chi è cattivo? In che posizione si trova Francesco d’assisi? Perde lui, il lupo, i pastori o tutti? Perché l’Assisi concepisce che si faccia un accordo basandosi sul fatto che i lupo rinunci a essere ciò che è?
Aunque esto fue hace meses, el texto concitó alegatos y discusiones que se mantienen hasta la actualidad. Así que les describo una de ellas:
Anche se questo è successo mesi fa, il testo ha sollevato accuse e discussioni che si mantengono vive nell’attualità. Così che ne descrivo una di queste:
Si tratta di una specie di riunione o di assemblea, o qualcosa come un tavolo di dibattito. C’è il meglio di ogni dove: dotti specialisti tuttologi, militanti e internazionalisti di qualsiasi causa, meno che quella della loro geografia, spontaneisti con dottorati in social network (la maggioranza), e l’uno o l’altro che, vedendo il rumore, si avvicinano a vedere se stanno regalando secchi, cappelli o magliette con il nome del partito che sia. Non in pochi ad essersi avvicinati per scoprire il motivo di tanto clamore.
– Non sei altro che un agente del sionismo imperialista ed espansionista», ha gridato uno di loro.
–»E tu sei solo un propagandista del terrorismo arabo musulmano fondamentalista!” – rispondeva un altro, furioso.
C’erano già stati diversi esordi di rissa, ma ancora non si era andati oltre qualche spintone del tipo: «ci vediamo fuori».
Si è arrivati a questo punto perché si sono messi ad analizzare la poesia di Rubén Darío «Los Motivos del Lobo».
Non era stato tutto uno scambio di aggettivi, frecciatine e smorfie. Era iniziato come tutto il resto da quelle parti: con buone maniere, frasi incisive, «interventi brevi» – spesso della durata di mezz’ora o più – e una profusione di citazioni e note a piè di pagina.
Naturalmente, si trattava di un dibattito tutto per maschi, perché organizzato dal cosiddetto «Hypertextual Toby Club».
«Il Lupo è il buono», ha detto qualcuno, «perché ha ucciso solo per fame, per necessità».
«No», argomenta un altro, «è lui il cattivo perché ha ucciso le pecore, che erano il sostentamento dei pastori». E lui stesso ha riconosciuto che «a volte ha mangiato agnello e pastore».
Un altro: “I cattivi sono gli abitanti, perché non hanno mantenuto l’accordo”.
E un altro: “la colpa è dell’Assisi, che ha ottenuto l’accordo chiedendo al lupo di smettere di essere lupo, fatto di per sè questionabile, e poi non è rimasto per mantenere la promessa”.
O più in là: “Ma l’Assisi sottolinea che l’essere umano è malvagio di natura”.
Si ripetono da una parte dall’altra. Ma si vede che, se in questo momento si facesse un sondaggio, il lupo avrebbe un abbondante vantaggio di due palmi sul villaggio di pastori. Ma un’abile manovra sui social network, ha ottenuto che l’hashtag “lupoassassino” fosse TT molto di sopra a #morteaipastori. Così che la vittoria degli influencer pro pastore è stata netta rispetto ai pro lupo, anche solamente sui social network.
C’è stato qualcuno che ha argomentato a favore di due Stati convivendo sullo stesso territorio: lo Stato Lupo e lo Stato Pastore.
E qualcun altro su di uno Stato Plurinazionale, con lupi e pastori, convivendo sotto lo stesso oppressore, scusate volevo dire lo stesso Stato. Un altro ha risposto che questo era impossibile, visti gli antecedenti di ambo le parti.
Un signore in giacca e cravatta si alza e chiede la parola: “Se Rubén (disse così ovviando al Darío), ha intrapreso la sua strada a partire dalla legenda di Gubbio, noi potremmo fare lo stesso. Diamo seguito alla poesia:
I pastori, avvalendosi del loro legittimo diritto di difendersi, attaccano il lupo. Prima distruggono la sua tana con i bombardamenti, poi entrano con i carri armati e la fanteria. Mi sembra, cari, che la fine sia certa: la violenza terroristica e animale del lupo viene annientata e i pastori possono continuare la loro vita bucolica, tosando le pecore per una potente impresa multinazionale che produce vestiti per un’altra impresa multinazionale altrettanto potente che, a sua volta, è debitrice di un’istituzione finanziaria internazionale ancora più potente; questo porterà i pastori a diventare efficienti lavoratori della propria terra – questo sì con tutti i benefici delle prestazioni lavorative di legge – e a elevare il villaggio a standard da primo mondo, con moderne autostrade, alti edifici e persino un treno turistico dove i visitatori di tutto il mondo potranno ammirare le rovine di quelli che un tempo erano prati, foreste e sorgenti. L’annientamento del lupo porterà pace e prosperità nella regione. Certo, alcuni animali moriranno, indipendentemente dal numero o dalla specie, ma sono solo danni collaterali perfettamente trascurabili. Dopo tutto, non si può chiedere alle bombe di distinguere tra un lupo e una pecora, né di limitare la loro onda d’urto per non danneggiare uccelli e alberi. La pace sarà conquistata e nessuno sentirà la mancanza del lupo».
Qualcun altro si alza e sostiene: “Ma il lupo ha l’appoggio internazionale e abita in quel luogo da prima. Il sistema ha tagliato alberi per far posto ai campi per il pascolo, e questo ha alterato l’equilibrio ecologico, riducendo il numero di specie di animali che il lupo mangiava per vivere. Bisogna aspettare che i discendenti del lupo si prendano la giusta vendetta”.
“Ah, quindi il lupo uccideva anche altri esseri. È uguale ai pastori”, replica qualcuno.
Così hanno continuato, portando delle così buone motivazioni come quelle qui riportate, piene di arguzia, sfarzi di erudizione e molti riferimenti bibliografici.
Ma la moderazione non è durata a lungo: la discussione si è spostata dal lupo e dai pastori alla guerra Netanyahu-Hamas, ed è degenerata fino al punto che è alla base di questo aneddoto, giunto a noi per gentile concessione post mortem dell’ormai defunto SupGaleano.
Ma in quel momento, dal fondo della sala, si è alzata una piccola mano per chiedere la parola. Il moderatore non riusciva a vedere di chi fosse la mano, così concesse la parola “alla persona che sta alzando la mano dal fondo”.
Tutti si girarono a guardare ed erano a punto di lanciare un grido di scandalo e riprovazione. C’era una bambina che teneva in braccio un orso di peluche che quasi la uguagliava in statura, vestita con una camicia bianca con ricami e un pantalone con un gattino vicino al malleolo destro. Ovvero, il classico “outfit” da festa di compleanno o qualcosa di simile.
La sorpresa fu tale che tutti rimasero in silenzio con gli sguardi fissi sulla bambina.
Lei si mise in piedi sopra la sedia, pensando che così la ascoltassero meglio e domandò:
E le creature?
La sorpresa si fece mormorio di condanna: quali creature? Di cosa parla questa bambina? Chi diavolo ha fatto entrare una donna in questo sacro recinto? E peggio ancora una donna bambina!”
La bambina scese dalla sedia e, sempre portando con sé il suo orsetto di peluche con chiari segni di obesità -l’orso si intende-, si diresse verso la porta d’uscita dicendo:
“Le creature. Ovvero, i cuccioli del lupo e i cuccioli dei pastori. I loro piccini. Chi pensa a queste creature?
Con chi parlerò? E dove andremo a giocare?”
Dalle montagne del Sudest Messicano
Capitano Insurgente Marcos.
Messico, ottobre 2023.
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canesenzafissadimora · 5 months
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“Ma che ti strilli? Ti vuoi far sentire da tutti i vicini? E che vuoi che sia uno spintone? E allora io? Quando mi ha tirato la sedia in testa che avrei dovuto dire? Sono sfoghi così, del momento, si sa, gli uomini hanno queste punte di carattere, hai visto come sono fatti anche fisicamente? Sono un fascio di nervi ma deboli di stomaco, la sedia è volata perché non avevo tolto la cipolla dal sugo, c’aveva ragione lui, non la digerisce e poi sta male...
Comunque ha funzionato, perché dopo la botta che ho preso, la cipolla non l’ho più messa da nessuna parte.
Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo accorti, ma nessuno proprio se n’era accorto, neanche il brigadiere, m’ha vista il mese scorso in fila alle poste con la faccia viola di pugni e m’ha detto: «Che ti sei fatta, Teresa?». Io per non creare problemi e chiacchiere ho detto che ero caduta dalle scale della cantinetta e lui mi ha guardato e ha sorriso. Poi, come un papà buono, mi ha consigliato di fare pace con il mio marito e di essere più tranquilla, di non farlo arrabbiare...“
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Ferite a morte
Serena Dandini
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pluffabuffa · 9 months
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𝙔𝙤𝙪 𝙖𝙧𝙚 𝙢𝙮 𝙡𝙞𝙩 𝙘𝙖𝙣𝙙𝙡𝙚. 𝙄 𝙖𝙢 𝙩𝙝𝙚 𝙣𝙞𝙜𝙝𝙩.
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N: nemmeno a dire che i passi verso la posizione dell’altro li compie a velocità aumentata, la curiosità è salita come un treno in corsa grazie al discorso fatto sia con lo stesso Tsume che con Kou .. sapere poi che il compagno ha la medesima curiosità rende tutto ancora più semplice. Nobu lascia il cellulare sopra ad un mobile, seguendo l’odore altrui per raggiungerlo in camera ed avvicinarsi quatto quatto. Le guance appena colorate di rosa, ma non appena giunge davanti a lui si sporge per baciarlo teneramente sulle labbra. Lo ama, si fida totalmente, metterebbe anche la propria anima nelle sue mani se potesse. « Ehi, mr meraviglia. »
T: i passi di Nobu lo raggiungono fin da subito a causa dell'udito sviluppato e di primo acchito lo costringono, in un certo senso, a spostare lo sguardo sull'uscio della porta, seppur poco dopo s'accinge a fingere di star guardando una cosa molto casuale sullo schermo del cellulare. Eppure sulle labbra del maggiore è dipinto un sorrisetto quasi beffardo, sottoposto ad una curiosità ed una malizia eccessiva che gli pulsa persino nello stomaco. Quand'egli si spinge ad allungarsi verso di sé, rischiando di fargli oltretutto cadere il cellulare dalle mani, Tsume abbandona suddetto tra le lenzuola e va a stringere gli indumenti che il compagno sta indossando in una presa salda. Un presa che si tramuta nello spintone che gli rilascia quando lo afferra e lo adagia poco gentilmente con la schiena contro il materasso sulla quale stava poltrendo in una inoperosità quotidiana. « Ciao bel principe. Hai un certo colorito sulle guance, a cosa lo devo? » lo osserva oltre un ghigno divertito, a cavalcioni su di lui, con le labbra ormai distaccate dalle sue e due dita ingrate che gli punzecchiano una gota a caso.
N: il colorito non fa che accentuarsi quando il proprio corpo viene spostato poco gentilmente e la schiena si scontra con il materasso morbido, al giovane lupo viene quasi spontaneo accennare una sorriso divertito poco prima di lasciare un morsetto delicato sulla guancia del maggiore. Tutto di Tsume lo fa sorridere, ammaliato ed ipnotizzato dalla bellezza che l’altro emana anche solo sbattendo gli occhi. È completamente andato, da anni ormai. Le braccia si spostano ad accarezzare le gemelle, mentre tranquillo come sempre si sistema allungando le gambe per distenderle. « Forse ad un certo argomento recentemente scoperto? Chissà, tocca verificare, bel lupetto. » commenta, voltando appena il capo per mordicchiare anche le falangi che punzecchiano la guancia senza tregua. Niente di nuovo, quello, le carezze e i morsetti — talvolta anche più seri di quello appena dato — ci sono sempre stati tra loro.
T: va quasi in iperventilazione ad averlo lì sotto, tutto suo, finalmente suo, con la possibilità di toccarlo ovunque, di potergli dire senza tregua quanto ne sia follemente, profondamente, sinceramente, innamorato. Lo fa andare su di giri. Un sogno ad occhi aperti che spera non si interrompa mai; Risulta malizioso il modo in cui Tsume si ritrova a leccarsi le labbra, ammaliato dalla visione posta sotto, il qual travolto da un impeto si getta verso l'incavo del collo che Nobu ha scoperto nel modo in cui ha voltato il capo per mordergli le dita: affonda contro quello spazio dove spesso si è nascosto, in quel sentirsi a casa, ma questa volta fa qualcosa di nuovo. La bocca si schiude, ne accoglie un lembo di pelle, ed invece di morderlo si ritrova a succhiarlo, cospargendolo di umida saliva. « Aish — sospira — ti piace giocare con la mia pazienza. » Sembra contrariato. Sembra, termine appropriato, poiché sulla faccia ha un ghigno che si espande quando lascia combaciare i loro corpi e successivamente le loro intimità, affinché vi si sfreghi sopra con l'iniziale intenzione di stuzzicarlo.
N: ci ha messo un po’ per realizzare che quello che è sembrato un sogno proibito per tanto tempo, adesso si è trasformato in una quotidianità che calza perfettamente col loro essere. Esistono in quel momento come una cosa sola, poiché le loro anime sono da sempre legate da quel filo indistruttibile … forse chiamato anche destino, fato, ma potente in ambo le versioni. Nonostante gli ostacoli messi sul loro cammino, eccoli lì insieme liberi di mostrare al mondo quell’amore così puro, per troppo celato dietro brevi frequentazioni o notti di passioni con sconosciuti. Quella frizione sul collo lo porta a schiudere le labbra in un mormorio un po’ ovattato, mezzo spezzato in gola. Il tocco di Tsume contro la propria pelle è leggero ma deciso, e la pelle brucia come non mai. Rapida una mano si sposta per raggiungere la schiena del maggiore, sorpassa la maglietta ed arriva a sfiorare la pelle abbronzata .. si aggrappa al fianco e stringe, quasi ad impedirgli di allontanarsi da sé. « Sempre — mi piace provocarti tanto quanto piace a te. » L’altra mano continua invece ad accarezzare il braccio che ha più vicino, Nobu non si trattiene dal passare le dita su ogni porzione di pelle, dalla spalla al polso.
T: « Hai ragione. Mi diverte. » La punta della lingua traccia un segno circolare attorno alla macchia leggermente violacea che ha rilasciato sul collo di chi ormai detiene come suo ragazzo, soddisfatto di non doversi più trattenere. C'è qualcosa che non gli piace? Non crede. Oltre al suo odore, gli piace persino il gusto che la pelle di Nobu gli ha lasciato in bocca. E' il suo punto debole: lui. Tsume sta mettendo tutto il proprio autocontrollo per godersi ogni secondo di quel momento così tanto atteso e di non finire a strappargli letteralmente i vestiti di dosso, addentando con esagerata voracità tutto ciò che ha desiderato e sofferto sotto mano di chi ha odiato. « Mi basta sentire il tuo odore per non capirci più niente. Sarebbe un problema se non avessi voglia di provocarti. » Sospira quell'ennesima confessione, più vera che mai, osservandolo dritto in quelle pietre che non ha mai smesso d'ammirare come la prima volta. Ne è sempre più innamorato. Quel sentimento non sembra mai raggiungere il limite, così come le proprie mani non vogliono arrestare il modo in cui si sono spinte ad accarezzargli i fianchi. Si posizionano al fondo della sua maglietta e afferrandone il bordo adempiono al dovere di tirargliela verso l'alto, per spogliarlo.
N: Oh, lo sa benissimo. È pienamente consapevole di quanto all’altro piaccia tenerlo sulle spine, stuzzicarlo, provocarlo, far colorare le proprie guance di una nota più pesca … lo sa perché si divertono a fare le stesse identiche cose, entrambi. Anche a Nobu piace, è lo stesso Tsume che lo istiga a quelle piccole provocazioni anche solo stando fermo. Ogni centimetro del suo corpo pare chiamare il beta minore, lo attrae come polline per le api. E non se lo lascia sfuggire, ora che può averlo sotto le mani. Tasta il terreno, passa le dita ovunque, accarezza e stringe più che può. « Amo il tuo odore, ed amo ancora di più averlo addosso. » Si lascia accarezzare, spingendo in un gesto automatico i fianchi contro i suoi e sollevandosi appena col busto per permettergli di sfilare la propria maglia. Fa lo stesso con la sua, afferrandone i lembi e tirandola su.
T: il corpo del maggiore freme ad ogni misero tocco o sospiro che sente provenire dall'altro, segno più che evidente di com'egli sia il suo punto debole, e non è aiutato dal modo in cui sente Nobu spingersi contro di sé: il proprio rigonfiamento all'interno dei pantaloni della tuta si fa più evidente e per qualche istante l'epidermide si cosparge di piccoli rilievi cutanei ravvicinati tra loro in una pelle d'oca da brividi ... di piacere, s'intende. « Ti posso assicurare che d'ora in poi io avrò sempre il tuo odore addosso e tu avrai il mio. » Tsume porta il proprio petto a combaciarsi con quello del suo ragazzo e si permette, in continui sfregamenti giocosi di bacino dovuta alla posizione comoda, di azzannargli morbidamente le labbra. Ciò che in realtà risulta un piccolo bacio, poiché la sua intenzione è quella di andare finalmente alla scoperta di una novità nel loro rapporto, alla ricerca dei punti deboli di Nobu e un modo oltretutto di cancellare segni invisibili di un passaggio che non è stato il proprio. O almeno ciò che pensa. Non gli ha mai chiesto cos'abbia fatto con qualcun altro, dove e come sia stato toccato. E non ci perde neanche troppo tempo: è già scivolato minacciosamente verso il basso, con la bocca che schiudendosi porta la punta della lingua ad istigargli un capezzolo. Tutto di Nobu è ormai suo.
N: sente il bisogno quasi viscerale di averlo vicino, il più vicino possibile. Forse per la lunga attesa per poterlo anche solo baciare, forse per la paura di perderlo quando ha visto qualcun altro farsi avanti … O più semplicemente perché si sono sempre appartenuti l’un l’altro, anche quando pensavano d’esser solo migliori amici, erano di più. Quei sentimenti che adesso travolgono entrambi come fiumi in piena, lasciandoli con la testa che gira e le farfalle nello stomaco. È così che si sente una persona felice? Una persona innamorata, completa, appagata. La bocca calda del maggiore contro il petto spinge il minore a schiudere le labbra e lasciarsi sfuggire un sospiro spezzato dal piacevole calore che nuovamente torna ad infiammarlo, come un fuoco scoppiettante spinto dalla legna. Tsume è la legna, che ogni secondo alimenta quel calore: che sia con delle carezze, che siano gesti più profondi come quello appena compiuto, che sia solamente un respiro contro la guancia o labbra premute contro le proprie. « Me lo prometti? » Porta entrambe le mani tra i suoi capelli, accarezzandoli con dolcezza e scendendo poi col viso per sfiorare la sua fronte e donargli dei bacetti altrettanto dolci. Quando ritiene di averne dati abbastanza intreccia le mani alle sue, stringendole senza nemmeno esitare. Le gambe invece si allacciano al suo bacino, per ancorarsi definitivamente a lui ed avere modo di stargli ancora più vicino, corpo contro corpo. T: persino i denti accolgono con piacere quella piccola zona delicata, rilasciando dei morsi talmente dolci che potrebbero quasi non essere percepiti. L'intento di Tsume è quello di eccitarlo, percepire il respiro dell'altrui appesantirsi e spezzarsi, non certamente di fargli male. Amare una persona significa sempre e solo volere il bene per lei. Sempre. Fino alla fine. Quando alle orecchie gli giunge il sospiro spezzato che Nobu si è lasciato sfuggire, intenzionale o non intenzionale che sia, può sentirsi appagato come non mai. Diciamo che ... potrebbe ambire a sentirlo implorare il proprio nome. « Sì. » Il capo, che dapprima s'era spostato a lasciargli veri e proprio morsi umidi un poco più in la, si alza al tocco percepito tra le crini scure. Se ne bea, ad occhi leggermente chiusi, i quali si serrano nel tangente in cui Nobu gli lascia quei baci sulla fronte, un gesto così tenero da fargli perdere qualche battito. Pensa addirittura che il miocardio gli ha compiuto una piroetta, o magari anche due, nel chiasso che gli sta facendo dentro al petto. E' una danza così piena di vita, d'allegria, un senso di libertà, che Tsume non può proprio far a meno di sorridere come se stesse assaggiando la felicità per la prima volta. « Te lo prometto, Ikigai. » C'è del tessuto di troppo che li separa, ma la dolcezza del momento viene interrotta dall'affondo di bacino che Tsume compie grazie al modo in cui l'altro gli si è avvinghiato, permettendogli di sentirsi a vicenda. Il modo in cui gli si sfrega questa volta è più deciso, vorace, travolto da una passione che ha decisamente smesso di tenere a freno. La incorona con il modo erotico con cui lascia scorrere la punta della lingua da sotto al suo mento, al di sopra della mascella, fino a prorompere contro le labbra.                    (   ...   )
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La psicologa dice di buttare fuori la tristezza e di fotografarsi per rendersi conto, una volta superata la bufera, di quanti momenti tristi si sono superati senza mai perdersi.
E allora piango, piango da non capire più nulla anche per delle ore intere, succede spesso in questi giorni che io passi anche intere giornate a fumare e piangere sul balcone di casa.
Fotografo la tristezza in bianco e nero, perché mi è sempre piaciuto così. Credo sia più autentico, non lo so.
Dopo la seduta dalla psicologa, sono andata a prendere un caffè in un bar del centro per cercare di rasserenarmi un po'.
Ho percepito gli occhi della barista addosso, mi sono chiesta cosa avesse da guardarmi, non ho tolto gli occhiali scuri e ho aspettato che passasse a chiedermi cosa volessi.
Un caffè, macchiato, per favore.
Resto seduta in vetrina a guardare la gente che passa con i sacchetti in mano, i tram, i bus e io invece non riesco davvero a muovermi di un solo passo e penso che certi lunedì sono solo l'agglomerato della merda del weekend.
Poi ti rimangono solo i lividi con cui fare i conti, con cui fare pace o con cui scegliere di convivere. Ma è difficile. Scegliere di lunedì è estremamente difficile.
Oggi con la psicologa si parlava del fatto che se qualcosa per essere stabile deve essere immune a qualsiasi tocco, spintone o folata di vento, è dichiaratamente la cosa più instabile al mondo; e sì, credo che sia vero. Quando non hai più modo di costruire puoi almeno cercare di mantenere, è il compromesso per non distruggere.
Ho mandato messaggi subliminali a persone sorde di cuore e ora mi sento vuota, in un modo nuovo. E ripenso alle promesse, oneste, ma grosse, e penso che non sono degna dell'amore di nessuno, della parola di nessuno e mi chiedo perché. Perché.
Ci sono canzoni che non riesco più ad ascoltare e il mio Spotify pare farmelo apposta. Oggi non è proprio giornata.
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ninna--nanna · 10 months
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E alla fine se non scrivo qui le mie cazzate e tutto ciò che mi frulla per la mente tanto non c'é nessuno che mi ascolta. Quindi eccomi qua. Settimana faticosa. Stanotte sono tornata alle 4, due giorni fa mi sono presa un pugno da uno dei ragazzi e ieri uno spintone contro un muro. Ah si, ieri me ne sono persi anche 5 e ci ho messo circa un'ora per ritrovarli, mi stava per prendere un infarto (vi evito il cazziatone che si sono presi). Hanno finito il lavoro però e ammetto che sono stati davvero bravi, quando si mettono e si impegnano riescono a fare delle cose meravigliose, quindi sono contenta.
Ho conosciuto tantissima gente nuova e ritrovato amici che non vedevo da anni con questo lavoro. Per il resto non vi annoio, nelle mie settimane succedono veramente troppe cose.
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GOOD NIGHT!
BUONA NOTTE!
Guarda "Claudio Baglioni - E ADESSO LA PUBBLICITA'" su YouTube
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E ADESSO LA PUBBLICITÀ (CBS 1985)
Tu dietro un vetro guardi fuori
Lungo il luccichio dei marciapiedi
E la gente si è dissolta nella sera
Tua madre altezza media sogni medi
Che sbatte gli occhi da cammello
E non si è rassegnata e neanche spera
Un cespuglio di spini tuo fratello
Che pensa sulle unghie delle dita
Appitonato con un'aria da bollito
Tuo padre mani da operaio a vita
Che ride e gli si spacca il viso
Impallidito di TV
Tu fretta di vivere qualcosa
E ogni cosa è già un ricordo liso
E adesso la pubblicità
Tu e le tue voglie imbottigliate
Occhi come buchi della chiave
E un'ansia indolenzita sotto neve bianca
Tuo padre aspetta sempre qualche nave
Funambolo sul filo del passato
E cena insieme a una bistecca stanca
Tuo fratello è un grammofono scassato
Un fiume di pensieri in fuga
Si specchia in un cucchiaio e fa una bocca storta
Tua madre si rammenda qualche ruga
E una domanda di dolcezza
Che porta in tavola e va via
Tu nascosta in fondo a un'amarezza
A far finta che il mondo sia un bel posto
E adesso la pubblicità
Ma che giorno è tutti i giorni
Ed una sera ogni sera
E questa sera come le altre
Che si siede accanto
E non c'è niente che ritorni
Niente allegria e nessun cerino
Per dare fuoco a tutto quanto
Tu in quella schienuccia di uccellino
Che si curva e si vedono gli affanni
Dei tuoi domani e dei tuoi pochi anni
Tuo padre si strofina le mascelle
Come impanate nella barba
Una sigaretta in mezzo ai denti e lui ci parla intorno
Tua madre che si sveglia a strappi e scuote
Tutta la polvere di un giorno
Senza persone e novità
Tuo fratello scemo che dà uno spintone
Al tuo cuore rovesciato come tasche vuote
E adesso la pubblicità
Oggi è quasi un secolo di noia
Che si fa domani e dopo
E poi nei prossimi vent'anni
Figli di speranze
Per un attimo di gioia
Nella città di antenne e cielo
E luci grigie delle stanze
E la notte cade come un telo
A smorzare gli occhi ed i televisori
E tu dietro un vetro guardi fuori.
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superfuji · 2 years
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Cognome ai figli, così svaniscono le gerarchie in famiglia
di Elena Stancanelli                                         
La Corte costituzionale sancisce un diritto che noi sapevamo già di avere. Benvenuto al doppio cognome, e a ogni adeguamento legale che corrisponda a un tempo nuovo
Nel cognome del padre. Noi siamo cresciuti in questo modo, contenuti nella storia di un uomo, nel suo patrimonio, discendenti soltanto per linea maschile. E le nostre madri dov'erano, chi erano? Un nome di battesimo, Anna, Giovanna, Luisa...
Noi siamo stati i figli dei nostri padri anche quando non gli somigliavamo affatto. Anche quando i nostri padri non c'erano più, persino quando non c'erano mai stati. Bastava che riconoscessero la loro paternità e noi saremmo stati per sempre figli di qualcuno che, per paradosso, potevamo non avere neanche mai visto. In origine era il modo per mantenere un rapporto evidente con l'eredità, con le terre, i possedimenti. O con la stirpe, quando niente di tutto questo fosse stato disponibile.
Ma cosa accadeva invece alla stirpe materna? Si fondeva, come un affluente nel fiume, fino a scomparire. Ecco quindi l'affanno alla procreazione di figli maschi, che nella maratona genetica si passavano il testimone anno dopo anno, secolo dopo secolo perché il cognome rimasse in vita.
La Corte costituzionale ha stabilito che questa pratica è discriminatoria e lesiva dell'identità del figlio, perché il cognome costituisce un elemento fondamentale dell'identità personale. È un passaggio cruciale, sancisce la fine di un ordine gerarchico all'interno dei ruoli genitoriali. Dimostra che chiunque vive in un nucleo familiare è garantito e protetto dagli adulti che scelgono di farlo, in eguale misura e di qualsiasi genere essi siano. Cioè la Corte costituzionale ha stabilito che quanto in origine aveva significato e utilità è stato superato da nuove condizioni sociali, culturali, persino politiche.
In pratica, quello che è stato deciso sancisce un diritto che noi sapevamo già di avere. Le nostre famiglie si aprono e si chiudono, lasciano entrare e uscire amori, dolori, errori. A questi nuovi organismi mobili abbiamo già dato da tempo i nostri nomi, tutti. Siamo tutti partecipi di questi nuovi agglomerati sentimentali, ben diversi da quelle famiglie intese come società, nelle quali il nome del padre garantiva il valore. Famiglie su cui lampeggiava il cognome come l'insegna su un negozio. Anche se questo, probabilmente, non sarebbe avvenuto se non avessimo avuto l'ennesimo spintone da parte dell'Europa. Che veglia su di noi e ci impedisce di impigrirci, di continuare a comportarci come se il tempo non passasse mai.
In questi giorni si parla di armi, per ovvie ragioni. Ma sarebbe bello se riuscissimo a parlare anche di temi etici, di nuove società, di quello che pensano i nostri figli. È interessante provare a immaginare di ragionare insieme, senza strattonarci, su questioni che sono cruciali o lo diventeranno, come appunto l'organizzazione della famiglia, la maternità (surrogata, per adozione, biologica...).
Le democrazie non sono agili, e spesso è un vantaggio. Non correre significa riflettere, non prendere decisioni affrettate. Ma nella riflessione è cruciale far entrare la realtà, quello che accade. Lo sappiamo tutti che un governo eletto e composto soltanto da uomini e donne più che adulti fatica a mettere a fuoco il presente.
Come si fa a spiegare a un ragazzo di diciotto anni che fino a ieri a chi nasceva, o entrava in una famiglia, veniva attribuito automaticamente il cognome del padre? Cresciuto in questi anni, faticherà a capire perché era il padre e non la madre, dal momento che intorno a lui niente giustifica questa discriminazione. Loro lo sapevano già, che serviva il doppio cognome.
Le democrazie sono lente, ma non possono essere immobili se non vogliono perdere del tutto la presa sul mondo. Un buon metodo è tenere conto di quello che accade. Si avverte invece un sottile sadismo in certi atteggiamenti, una strana passione nel tormentare comportamenti (non violenti, per carità) largamente condivisi. Una voglia di proibire, trasformare in reato, indicare con biasimo modi e mezzi che le persone più giovani considerano naturali. Come se le democrazie fossero di proprietà soltanto dei padri, dei nonni e non, anche, dei figli.
Benvenuto al doppio cognome, e benvenuto ogni adeguamento legale che corrisponda a un tempo nuovo. Una democrazia sana è una democrazia che ha la forza di consentire, lasciare spazio, far crescere. Che sa allargare, includere, permettere. Che raddoppia, anche i cognomi.
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justmythings-stuff · 2 years
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Oddioo, io non penso che cr7 abbia messo le mani addosso a fede.
Non ce l'ho vedo proprio a mettergli le mani addosso! Magari si riferiva al fatto che, fede, potesse aver visto questi atteggiamenti nei confronti di cristiano (ad esempio la litigata tra cuan e ronaldo nell'intervallo di juve-porto).
Credo che se avesse veramente messo le mani addosso a lui, la juve avrebbe preso provvedimenti disciplinari subito e anche molto gravi non di certo facendolo restare all'ultima partita di pirlo in panchina.
Lo avrebbero messo fuori rosa anche per tante partite
Non rovini il nome di Cristiano Ronaldo dopo che ti è costato una fortuna e vuoi che resti anche un'altra stagione, secondo me.
Oh, può essere sia stato solo uno spintone o una tirata dal colletto. Non devono per forza aver fatto un incontro di Box 😅
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lamilanomagazine · 2 months
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Vicenza: lite tra coinquilini per l'esatta preparazione del caffè, interviene la Polizia di Stato
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Vicenza: lite tra coinquilini per l'esatta preparazione del caffè, interviene la Polizia di Stato. Verso le ore 19.30 di ieri, un equipaggio della Questura in servizio di "Volante" è intervenuto in un appartamento di Strada Marosticana, a Vicenza, ove era stato segnalato un forte litigio tra più persone con grida e rovesciamento di mobilio vario. Una volta entrati nell'appartamento, però, gli Agenti sono rimasti alquanto stupiti nel constatare che il motivo del contendere era l'esatta procedura da seguire per preparare il caffè. In particolare, tra gli inquilini (5 persone di origine straniera), ve ne erano quattro che volevano preparare il caffè espresso all'italiana con la cd. "moka" ed uno che invece preferiva quello solubile in pentola, pur utilizzando una miscela non adatta a tale scopo. Tra le parti, pertanto, dopo un serrato confronto verbale, scaturiva un litigio, anche con qualche spintone. L'intervento degli Operatori di Polizia consentiva di ripristinare una situazione di tranquillità tra i contendenti. In particolare, l'estimatore del caffè in pentola decideva spontaneamente di allontanarsi dall'abitazione e trovare una diversa sistemazione, atteso il forte fastidio che gli provocava l'odore del caffè all'italiana e l'ormai deteriorato rapporto di convivenza con gli altri coinquilini. Nessuno dei contendenti ha inteso sporgere querela per l'accaduto.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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nardogranata · 3 months
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Guadalupi decide il match. Toro vincente a Barletta.
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BARLETTA - NARDO' 0-1
Goal: 21' Guadalupi.
BARLETTA (3-5-2): Sapri; Inguscio, Capone, Lacassia; De Marino (69' Diaz), Fornaro (81' Belladonna); Schelotto (81' Basanisi), Cafagna (Ngom) Garofalo; La Monica, De Marco (55' Eyango). Reserve: Bufano, Camilleri, Lippo, Rizzo. Trainer: Leonardo Bitetto
NARDO' (3-5-2): Viola; De Giorgi (88' Urquiza), Lanzolla, Gennari; Milli (71' Ciracì), Borgo (65' Latagliata), Guadalupi, Gentile, Di Benedetto; Dambros (85' Ferreira), D'Anna. Reserve: Della Pina, Dammacco, Cellamare, Rossi, Mariani. Trainer: Nicola Ragno
Arbitro: Daniele Arone di Roma 1 Assistenti: Francesco Raccanello di Viterbo e Massimiliano Cirillo di Roma 1
Ammoniti: Milli, Guadalupi (N) De Marino (B)
Guadalupi ritrova il goal su punizione dopo un anno e mezzo e il Nardò sbanca Barletta. Una partita proibita agli esteti del calcio che ha visto prevalere la concretezza dei neretini determinati a difendere il minimo vantaggio fino al fischio finale.
Non era scontato, nè facile per la compagine di Mister Ragno, oggi sostituito in panchina da Luciano Volturno per squalifica vincere al Puttilli. Il Barletta aveva l'imperativo di fare punti in chiave salvezza in un periodo di stravolgimenti tecnici e di possibili cambi societari con una tifoseria in fermento. Il Nardò ha saputo mettere da parte tutte le possibili pressioni psicologiche e ha portato a casa una vittoria di valore tecnico e morale.
La cronaca è scarna ma significativa. Il Nardò subito approccia con il pressing alto impedendo al Barletta giocate lineari e mettendolo in soggezione nelle ripartenze con palla rubata. La difesa barlettana regge concedendo a De Giorgi e Gentile solo dei cross su cui Sapri e il pacchetto difensivo prevalgono sulle punte Dambros e D'Anna.
La svolta arriva al 21' quando Borgo scambia con Guadalupi e centralmente fila verso l'area barlettana. Ci pensa Schelotto con uno spintone ad atterrare il ragazzo ex Lecce. Punizione dal limite. Sul pallone va Guadalupi e dopo il solito convegno sulla formazione della barriera e dell'antibarriera, il regista granata piazza un pallone velenoso proprio sul lato del portiere che, con visuale coperta, non riesce a intercettare la velenosa palombella. 0-1 ed esultanza sotto la curva neretina.
Il Barletta reagisce di nervi e manca di lucidità ma nel finale di tempo arriva l'occasione d'oro per pareggiare. Lunga sgroppata centrale di Garofalo con tiro radente deviato in tuffo da Viola, La Monica raccoglie da posizione defilata ma il tiro si infrange sul palo esterno.
Nel secondo tempo il Nardò pensa bene di tenere alto il baricentro per evitare sgradevoli sorprese in area. Viola deve intervenire in uscita alta sui cross di Schelotto e Lacassia. I biancorossi non pungono e Bitetto inserisce Ngom ed Eyango per dare maggiore incisività alla manovra. Il Nardò però non arretra e va vicino al raddoppio con D'Anna al 70'. Cross di Ciracì, spizzata dell'ex brindisino e reazione immediata di Sapri con palla alzata sopra la traversa.
Il Barletta guadagna un corner con Eyango con traversone spazzato da Lanzolla. Gli ultimi 20 minuti il Nardò li gioca col cronometro puntato. Falli, palloni trattenuti in attacco, interruzioni ad arte e tempo di gioco ridotto ai minimi termini.
I biancorossi non riescono mai a impensierire i granata che al 93' avrebbero la palla del definitivo match point. Gentile si libera in area e batte a colpo sicuro ma Sapri si oppone da campione deviando in corner. E sugli ultimi giochi sotto la bandierina si spegne il match con il Nardò ad incassare tre punti per stare ancora alle calcagna dell'Altamura mentre a Barletta il futuro si fa fosco e la zona play out molto chiara e delineata.
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bergamorisvegliata · 6 months
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EMISFERO DESTRO CHIAMA
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A quelli che mi dicono: "ah, ma io non sono in nessun #recintopercettivo!" dico: ok, buona vita e tanti auguri. Io, che ho avuto questa intuizione e divulgo questo tema, sono perfettamente consapevole di essere ancora dentro ad alcuni #recintipercettivi, perciò vi posso assicurare che finché siamo su questo fottuto pianeta, su questo piano di esistenza, saremo SEMPRE prigionieri di qualche recinto percettivo. Non si scappa.
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 Ma quindi non c'è salvezza? Certo che c'è. Occorre, però, molta umiltà, apertura mentale e desiderio di scoprire. Le cose grosse, quelle importanti, non ci vengono servite sotto il naso su un piatto d'argento. Anzi: quando qualcosa ci piomba addosso e si presenta come "verità rivelata", con tutta probabilità è una fregatura. E noi ce la beviamo proprio perché è comoda, e fa di tutto per tenerci nella nostra bella zona di comfort.   Quando invece arriva qualcosa che ci scuote, ci turba, ci impone di guardare oltre, ci dà uno spintone oltre alla nostra rassicurante routine quotidiana e abitudinaria, ci strattona, ci pungola e ci chiede di fare scelte decise, di rischiare, di abbandonare il conosciuto, di non limitarci all'ovvio e al risaputo per convenienza, comodità e opportunismo…. ecco, con tutta probabilità siamo al confine di un recinto percettivo. E oltrepassarlo è scomodo e rischioso, a volte fastidioso, ci fa dire: no, aspetta, io ho i miei tempi… io devo ponderare… io devo andare con calma… io devo risolvere questo e quello… io devo aspettare…. BLA BLA BLA.
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 Quando la Vita chiama, e spesso lo fa attraverso le relazioni, l'amore, le passioni, il rischio, in un continuo richiamo al Coraggio, alla Volontà, alla Passione, e noi ci tiriamo indietro raccontandocela abilmente sul perché e sul percome abbiamo CHIUSO FUORI quegli stimoli vitali, in un complesso girone mentale protettivo… siamo quasi certamente caduti in trappola, pensando di aver fatto la scelta giusta, ma essendoci in realtà chiusi dentro un'altra volta.   La Vita chiede Coraggio e ci sfida. Se ce la raccontiamo e retrocediamo, siamo rimasti nel recinto, al sicuro e comodi. Se avanziamo, non ci sentiremo tranquilli e al sicuro per un cazzo, ma tremeremo e suderemo.
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lanuovaalleanza · 8 months
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LA PIATTAFORMA REGIONALE PER LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI TOSSICO-NOCIVI. - EPILOGO. - CONSIDERAZIONI PERSONALI FINALI. - Parte 7
Non so perché ho sentito l'esigenza di scrivere la triste storia della vicenda della #Piattaforma Regionale per lo smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi. Fu una vicenda che segnò negativamente tante vite e che distrusse per sempre l'armonia e l'innocenza bucolica del nostro comune. Fu un evento che mise la parola fine ai felici e spensierati anni 80: da allora #morsanoaltagliamento non fu mai più lo stesso di prima.
Probabilmente, ho scritto di questa vicenda per un'esigenza di purificazione spirituale, per liberarmi da un peso che per molti decenni mi aveva oppresso il cuore.
Feci errori di gioventù (come lo spintone al Consigliere Comunale Leandro Tonutti), ma grazie a Dio mi mantenni lontano dagli eccessi fanatici di ambedue le fazioni.
Provai a salvare la dignità della #DC locale: un compito certamente al di sopra delle mie forze e della mia limitata Intelligenza.
Fu un disgregarsi improvviso di quel stile di vita basato sul Cristianesimo Democratico, che aveva retto per 50 anni. Non so se, mentre quel mondo di disfaceva, sono riuscito a conservare la mia vocazione, la mia identità-nel-cambiamento, la mia identità cristiana, il mio <nome>... Lascio queste righe, non so per chi... Sono stanco, molto stanco...
Stat Rosa Pristina nomine; nomina nuda tememus.
Christianus ex Aquileia.
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Caserta, rimprovera un minorenne che getta gusci di arachidi, cade a terra per uno spintone e muore
Per un pugno di arachidi. E’ morto Giovanni Sasso, l’imprenditore 48enne di Cellole, nel Casertano, che venerdì scorso è stato ricoverato in gravi condizioni dopo la lite con un 17enne durante la quale è caduto a terra battendo la testa. Fatale la frattura alla base del cranio che l’ha portato al coma e poi alla morte. Lascia una moglie e tre figli. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, il…
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