Tumgik
#Sbronzarsi
schizografia · 7 months
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[..] nelle Memorie di Saint-Simon, lo stupendo ritratto del Reggente. Che è una figura affascinante. Il Reggente è quello che è succeduto a Luigi XIV. Uno che non sapeva fare altro che sbronzarsi ogni sera, per poi far chiamare le prostitute. Forse non era un cattivo governante. Ma mostrava disinteresse per tutto. E Saint-Simon, per spiegare che tipo era, dice una cosa stupenda: Era nato annoiato. E poi, proseguendo nel suo ritratto (che è così attuale!), dice che il Reggente non era capace di odiare né di amare nessuno. Il nerbo dell’amore e quello dell’odio sono la stessa cosa.
Emil Cioran, Un apolide metafisico. Conversazioni
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ipierrealism · 8 months
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E anche oggi un'altra persona mi ha detto "ma come te ne vai da Torino, e la vita sociale non ti mancherà?"
La vita sociale a torino:
- non esco la sera con amici da quando è finita l'emergenza covid perché gli amici si son trasferiti altrove o per cambiare lavoro, o per aver perso il lavoro, o per parenti morti/malati all'improvviso
- sono andato a diversi eventi da solo per farne di nuovi ma i torinesi vivono per la loro definizione di "falsi cortesi" e stanno tutti sulle loro in microgruppi già formati e indipendenti, ci parli una sera e la volta dopo nemmeno si ricordano chi sei (letteralmente successo più volte)
- son riuscito comunque a rimediare due appuntamenti potenzialmente sessuali/sentimentali negli ultimi tre anni ed una era una tipa che sosteneva di non aver mai tempo libero (aka aveva sicuramente un marito/fidanzato) e cercava di organizzare un altro appuntamento ogni 4settimane per poi cancellarlo all'ultimo e l'atra si è offesa perché per natale sono sceso dai miei per un paio di settimane (persona con cui ero uscito UNA volta e già si aspetta che viva per lei)
- eh ma tinder aiutahahah (non vi dico quanti pochi like metto, diciamo che per tinderstats metto un like a meno di una donna ogni 300 che vedo su quell'app, infatti non ha portato a nulla)
- letteralmente l'unica cosa che faccio oltre stare a casa è qualche passeggiata da solo nel we o andarmene al parco da solo a leggere qualcosa
- eh ma i vicinih: i miei vicini di casa o sono tizie che urlano come delle pazze, o ex carcerati, o persone con 30 anni più di me che a malapena hanno parvenza di voglia di vivere
- eh ma la movidah. Ah si, passare il tempo a sbronzarsi in un pub che ti fa pagare i cocktail sopra i 15 euro è chiaramente il sogno di tutti
Oh come mai farò senza tutta questa vita sociale?
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diluvioaluglio · 9 months
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Non si offrono taxi agli anziani per andare a fare la spesa o visite mediche, ma a chi vuole andare a sbronzarsi in discoteca. Non è un Paese, è un circo
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jacopocioni · 9 months
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Osterie, strade, antichi mangiari a Firenze nel XV secolo.
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Nozze di Cana Duccio, particolare. Siamo a Firenze in un periodo di grande splendore e crescita e magnificenza sia economica che culturale. Magnificenza e opulenza che spesso si accompagnano a costumi non sempre morigerati come aveva voluto sottolineare Dante quando parlava della Firenze della cerchia antica: le osterie pullulano e prosperano tanto da meritare i versi di un grande del tempo: Lorenzo il Magnifico. Già il titolo esplicita una situazione evidente: I beoni, o più esattamente Capitoli d’una historia di beoni, una rassegna dei più famosi bevitori fiorentini del tempo  attribuita al Magnifico e da altri invece al suo copista. Quel che conta per la nostra indagine resta comunque il costume e la costumanza della Firenze della seconda metà del Quattrocento di bere e di sbronzarsi o comunque di apprezzare molto il buon vino, soprattutto la Malvasia o Malvagìa. Dai versi emergono oltre ai nomi dei grandi bevitori anche quelli delle osterie che offrivano non solo vino, ma anche assistenza dopo la sbronza e opportuno accompagnamento al bere con ottime pietanze.
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I beoni Nel testo del Magnifico o di chi per lui troviamo i nomi delle osterie più note: il Fico, il Buco e le Bertucce. Quest’ultima resistette nel tempo tanto a lungo da essere menzionata anche in composizioni di epoche successive e fu frequentata con assiduità dallo stesso Lorenzo: il Fico era nel chiasso Angolanti incorporato poi nell’edificio dell’Arciconfraternita della Misericordia e prendeva il nome dal ramo di fico dell’insegna; il Buco si trovava nei pressi di Santo Stefano di Ponte Vecchio e forse il Chiasso del Buco, nei pressi di via Lambertesca, prende il nome proprio da quella osteria; e le famose Bertucce? Situata all’inizio di via del Corso dal lato di via Calzaioli, a metà strada tra piazza Signoria e il Duomo, nei pressi della chiesetta di San Martino del Vescovo. Non solo bere e mangiare, ma soprattutto allegre brigate di artisti e uomini dotti dove si confezionavano o vivevano le burle raccontate dai novellieri del tre e del quattrocento.
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Chiasso del Buco
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Le Bertucce torna ad essere menzionata molto più tardi nei versi del grande astronomo Galileo Galilei che la menziona insieme ad altre famose al suo tempo: il Porco ad esempio o la Malvagìa. Il Porco prendeva o dava il nome al chiasso dove era ubicata e aveva per insegna la testa dell’animale e, colmo dei colmi, era condotta dalla famiglia Porcellini. Era famosa perché vi si preparavano piatti prelibati: i granelli, le frittelle, le tomaselle e le carbonate. Alcuni piatti sono ancora riconoscibili: i granelli, ovvero i testicoli di montone o di altri animali, erano fritti e sembra fossero stati per la prima volta cucinati a Firenze proprio nell’osteria del Porco; oggi possiamo trovarli tra i piatti maremmani anche grigliati o in padella con olio aglio e rosmarino. Le tomaselle erano invece polpette di pasta zuccherata e uova. Era detta “carbonata” la carne di maiale secca e salata cotta sui carboni o in gratella, altri invece intendono più precisamente con “carbonate” lunghe salsicce secche molto piccanti, cotte sulla brace. Come non bere con questi piatti? Tanto che qualcuno del tempo inserì tra le maggiori molestie il non bere mangiando proprio le carbonate. Fabio Borbottoni, L’arco dei Pecori Tante le osterie presenti a Firenze nel periodo tra il XV e il XVI secolo: abbiamo scelto le più rinomate o quelle con particolarità per i piatti o per la frequentazione. A differenza infatti dei periodi successivi, e più precisamente dai primi anni del Settecento in poi, le osterie vennero a perdere il loro ruolo di luoghi di ritrovo per i ceti elevati, artisti, conversazioni o burle alla toscana e lo acquisirono via via i Caffè. Tra le più frequentate del periodo in questione non possiamo dimenticare la Malvasia o Malvagìa dal vino apprezzato e gradito che vi si mesceva. Si trovava in prossimità dell’arco dei Pecori (oggi inesistente perchè distrutto). Fabio Borbottoni, l’arco dei Pecori visto da Piazza del Duomo. Un altro scorcio di Firenze che rimane solo nei dipinti degli artisti dell’epoca Il vino era ricavato da uve originarie dell’isola di Candia tanto che Candiotto era il nome di un’altra osteria dove si serviva lo stesso tipo di vino, citata nel Simposio o I beoni di Lorenzo il Magnifico (attribuito). Più famosa era l’osteria Vinegia, chiusa nel XVII secolo, rinomata per gli ottimi vini come il suo nome ricordava. Non dimentichiamo infatti che ai traffici nel Mediterraneo della Repubblica di Venezia si deve l’importazione di vari vitigni: si trovava in via Vinegia, strada cui lasciò in ricordo il nome, situata tra via dei Leoni e via dei Rustici. Ripercorrendo la storia di queste antiche osterie è capitato più volte di scoprire che la loro esistenza era tanto ridondante da dare o lasciare, come in questo caso, in eredità il toponimo legato al loro nome, come la già citata osteria il Buco nel chiasso omonimo.
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La copertina del Diario fiorentino Interessante osteria era quella detta Frascato. Presumibilmente derivava il suo nome da una copertura di frasche all’entrata. Rinomatissima, sembra fosse stata chiusa in seguito alle rigide regole savanaroliane e riaperta nel 1497, dopo tale parentesi. Situata vicino al Mercato Vecchio, presso la piazza sei Succhiellinai, era luogo di ritrovo dove si giocava e mangiava. Così ci tramanda Luca Landucci nel suo Diario fiorentino dal 1450 a 1516. Tra i vari mangiari ci soffermiamo sugli Zuchi: una sorta di frittelle fatte di pasta, avvolte in tondo sur un fuscello, e cotte coll‘olio nella padella, e perchè le più volte s‘immelano di sopra, si dicono zughi melati. E perchè hanno qualche somiglianza col membro virile … onde quando si dice a uno: Tu sei uno zugo si vuol dire che sei uno di quelli le allusioni per la forma che assumevano doveva scatenare le metafore più trite, probabilmente… https://tuttatoscana.net/storia-e-microstoria-2/microstoria-in-cucina-osterie-strade-antichi-mangiari-a-firenze-nel-xv-secolo/ https://tuttatoscana.net/storia-e-microstoria-2/microstoria-in-cucina-osterie-strade-mangiari-a-firenze-nel-xv-secolo/
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ritorneremonoi · 1 year
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Latte e miele? Caramelle al mentolo? O sbronzarsi ahaha
Si ma infatti mi son riempita di miele e via
percbe sbronzarsi ? Ahahahha
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jellyfish-cactus · 1 year
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Dopo un giro in montagna cosa fare se non sbronzarsi?
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justmythings-stuff · 1 year
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Ma veglioni di halloween zona Torino /Milano mi metto a controllare la geolocalizzazione 😂
Anche perché se si allenano alle 17:15 domani avoglia a dormire
Avoja a sbronzarsi stasera ✌️
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Ci sbronzeremo nel silenzio delle nostre case guardando un film di Natale.
Faremo il conto alla rovescia di Capodanno con le dita della mano, lasciando come ultimo il medio alzato, esorcizzando tutta la merda che quest'annata maledetta ci ha riversato addosso.
Aspetteremo il nuovo anno nella speranza -quasi scaramantica- che possa ridonarci un poco di respiro.
Apriremo le finestre e inaleremo a pieni polmoni l'aria gelida dell'inverno, e quando farà male respirare, capiremo che in fondo, siamo ancora vivi.
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Wotka Varichina
Era una casa abbandonata dopo santa Lucia,. Tra la strada che collega la piccola contrada di campagna tra Famrville e la terra dei Menocchi, dove tutti sono un po' menolli. La particolarità  della casa era di essere intera, cioè non franata o composta da sole mura e tetto sfondato, con l'allaccio dell'acqua ancora attivo, poiché collegato direttamente alla falda acquifera che era perpendicolare alla casa, e un'intera fiancata della casa era coperta da alberi e edera per cui era possibile vederla dalla strada antistante, guardando a sinistra per chi veniva da destra più che guardando a destra per ci veniva da sinistra. L'avevo scoperta per caso un pomeriggio d'estate quando eravamo dovuti fuggire con l'erba addosso perché il nostro autista voleva aumentare la sua parte e noi tre dalla canicola ci eravamo nascosti lì. La casa era ancora dipinta all'esterno e il giardino manteneva ancora un briciolo d'ordine, oltre che un pesco, un fico e due melo cotogni nel retro della casa, ma l'abitazione non aveva né porte né finestre, se non due sole al  secondo piano, le attività che si svolgevano al primo piano erano coperte dalla strada dalle piante e dal fatto che il primo piano fosse posto più in basso del manto stradale, il che permetteva solo d'intravedere qualche vago movimento, se solo ci si fosse attardate a guardare in quella direzione, andando molto piano e sapendo dove guardare. Entrai quella mattina presto in casa perché avevo bisogno di alcol gratis, ero già in astinenza e sapevo che  fare sport avrebbe peggiorato le cose, la casa era ancora fresca e terra secca accennava a sollevarsi alle prime brezze del mattino. Inforcai la bicicletta e mi diressi da un vecchio produttore di vino che sapevo aveva fatto l'uva da una paio di settimane. Senza chiedere il permesso andai ai bidoni dove teneva le vinacce che non usava e calandomi nel cassone di metallo che emanava un odore putrido acre e nauseabondo riuscita a riempire due sacche di vinacce, epr un totale di quattro chili. Feci questo viaggio un paio di volte e  in una mattinata riuscii ad accumulare il materiale che mi serviva. Avevo un fornello da campo, una vecchia pentola a pressione  di cui avevo alterato le valvole in modo da far uscire tutto il vapore da un solo foro,  anche a costo di far esplodere il sistema per via della pressione, poi avevo fuso sopra la valvola della pentola a pressione un imbuto di alluminio che ero riuscito a manovrare rovinando nove presine dei cinesi, di cui la maggior parte era morta bruciando, che manco Ivo Jima.  All'imbuto era stato attaccato un tubo  d'acciaio che era fatto per incastrarsi con l'imbuto in alluminio, questo tubo conduceva ad una serpentina che era immersa in un secchio pieno d'acqua, il secchio l'avevo forato con un trapano per far fuoriuscire l'estremità della serpentina. Infilando in una volta sola tutta la vinaccia nella pentola a pressione e accendendo un fuoco  di legna sotto la pentola sollevata usando il treppiede del fornello a gas. La cosa non attirava l'attenzione del passanti perché mettevo una pila di vecchi mattoni a proteggere il fuoco in modo che il fumo non andasse sulla strada, e non essendo particolarmente alto poteva essere tranquillamente confuso con il fuoco di un qualunque contadino che, come si usa in campagna, invece di sbarazzarsi col camioncino delle erbacce del campo le ammucchia e gli dà fuoco per ottenerne del fertilizzante per i suoi campi. Nel giro di due ore avevo ottenuto a gratis un liquore da 78 gradi centigradi. Ma berlo così  sarebbe stato un suicidio. Bisognava metterlo dentro il vino, dentro la birra, dentro il caffè o la lattina di Redbull per renderlo ance vagamente edibile, perché anche se diluito comunque ustionava la faringe, da puro avrebbe portato al pronto soccorso, da   diluito significava avere una voce roca ma un forte irritazione alla gola e a volte sputare pus per qualche settimana.  La prima volta avevo con me un mezza bottiglia di vino rosso della Coop, quello per cucinare al costo di 90 centesimi. Travasai nel vino un po' nella bottiglia di vino pessimo, poi mi attaccai alla bottiglia di vino corretto. Fu un meraviglioso disastro. Mi sembrava di essermi attaccato al pisello di Dio che mi stava pisciando una nuova anima in corpo, il sapore era quello del Tavernello che stà due, tre ore sotto il sole calco, il retrogusto era quello dell'alcool puro caldo che esala ancora il fetore di vinaccia che è diventato liquido. Ma quel sapore così disgustoso dava anche un senso di pace e di tranquillità che nessuna donna o opera d'arte avrebbe mai potuto regalarmi, ne ero certo. Quel giorno avevo corso molto, e nonostante mi fossi ripreso bevendo acqua e mangiando pane e cotoletta mentre che la vinaccia bolliva, non resistetti alla tentazione di esagerare con quella bevanda mefitica, dopo trenta minuti dal primo soro iniziai a sentire i cerchi alla testa e nel giro di nemmeno un'ora dormivo sul pagliericcio di quel luogo dimenticato da tutti ove avevo trovato la mia pace.
L’alcohol e l’abbraccio della madre che non ho mai avuto, e un modno fatto di ombre che consoco benissimoe che mi fannos tare bene, è una linfa che nustre la mia anima, placa le mie insicurezze. Bevo da solo, da anni e vorrei tanto che questa follia finisse.
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yume-ayukochan · 7 years
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Non posso dirvi perché dovessi bere così tanto prima di sbronzarmi. Forse per via della mia gran rabbia o del grande dolore, oppure perché mi mancava un pezzo del cervello-anima. forse per via di tutte e due le cose. #Bukowski
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comefiorineldeserto · 2 years
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La sentite anche voi quella voglia di sbronzarsi?
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notoneofthemany · 2 years
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La mia paura più grande è quella di vivere una vita come quella dei miei genitori: non hanno viaggiato, non hanno realizzato i loro sogni, non hanno grandi ricordi che solo a pensarci ti riempiono il cuore, non hanno neanche il vero amore pur essendo sposati. Questa vita come quella di quei milioni di persone che si arrendono a fare un lavoro che odiano e che non li arricchisce per arrivare a fine mese, che aspettano il sabato per sbronzarsi sempre nel solito bar da 40 anni, che vedono per tutta la vita le stesse facce e parlano la stessa lingua, per me non è una vita degna di essere vissuta. Io voglio vedere il mondo, conoscere persone che mi arricchiscano, costruire ricordi di giornate incredibili che non importa quanti anni passeranno ti faranno sempre sorridere, poter dire “non avrei mai pensato che questo potesse succedere nella mia vita”, fare un lavoro che mi renda fiera di me e persone si ricorderanno di me e mi porteranno nel loro cuore. Sono terrorizzata dalla mediocrità, dall’arrivare a 60 anni, guardarmi indietro e pensare che ho sprecato la mia vita, che gli anni mi sono scivolati dalle mani come sabbia tra le dita. Voglio che la vita mi riempia e sto male perchè davanti a me non vedo altra strada che l’accontentarsi come fanno tutti perchè sono laureata da più di un anno e non ho soldi. Ho così tanta paura ma amo la vita e non voglio che la mia esistenza sia insignificante.
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lesolitecose · 2 years
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E da stasera si ritorna a sbronzarsi 🍻
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Chi vuole sbronzarsi?
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httpjerk · 3 years
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Ho bevuto mezza birra ed ecco la voglia che sale, voglia di sbronzarsi male e non pensare mai piuuuuuuuu
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Come dimenticare qualcuno a cui vuoi ancora molto bene, ma che ha deciso di andarsene?
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