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#Spagna 82
spettriedemoni · 2 years
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L'urlo di Marco
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Italia-Germania Ovest (che da ora in avanti chiameremo per brevità Germania) non fu una partita facilissima ma fu senz'altro meno iconica di Italia-Brasile.
Italia-Germania fu la partita della consapevolezza: la partita di chi sapeva di essere più forte. Manca l'epica dello sforzo immane per superare l'avversario, manca quel senso di equilibrio che si vede spesso nelle finali, la paura di perdere tutto per un singolo errore. C'è invece un senso di superiorità di una squadra sull'altra.
Anche dopo il rigore di Cabrini, non si ebbe davvero la reale percezione che la Germania potesse vincere quella partita: troppo forti noi che avevamo Pablito Rossi uno capace di segnare in qualsiasi momento perché non è mai in dubbio il "se" ma solo il "quando" segnerà.
Il momento in cui abbiamo capito che avremmo vinto il mondiale anzi il "Mundial" in spagnolo, è quando vediamo il pallone entrare in rete fortissimo, Schumacher impietrito e Tardelli che si alza e comincia a correre urlando.
E lo sentiamo anche noi quell'urlo, vi giuro: anche se dalla tv non arriva il suono, quell'urlo lo sentiamo forte e chiaro.
È l'urlo di chi ce l'ha fatta, di chi dice: "Avete visto? Siamo forti, i più forti".
È un urlo di rabbia, certo, ma anche di amore.
Con tutta la rabbia. Con tutto l'amore, come cantava Gaber.
Non trovo nessuna altra esultanza più iconica di questa per spiegare il calcio.
Un'esultanza che ha inghiottito la carriera di Tardelli perché tutti si ricordano quella faccia stravolta di lui e non tutto il resto.
È tutta lì la finale. È tutto lì il Mundial 82.
Sono 7 secondi di urlo di gioia e di corsa sfrenata.
È un "vaffanculo" a tutto ciò che c'è di brutto a questo mondo, perché quando sei felice per una gioia inaspettata tutto quello che ti viene da dire è "vaffanculo".
Con tutta la rabbia e con tutto l'amore.
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vanbasten · 1 year
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*si noti che gli europei 84 prevedevano ancora il vecchio sistema quindi è come se non ci fossimo qualificati
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circusfans-italia · 2 days
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CI HA LASCIATO LOREDANA NONES
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CI HA LASCIATO LOREDANA NONES Questa notte all'età di 82 anni circondata dall’affetto dei suoi cari ci ha lasciato Loredana Nones, una delle figure più importanti del circo italiano del secondo dopoguerra. Inizialmente agile in un numero di porté lancé con i fratelli Walter e Guglielmo con diede vita al Trio Nonis, scritturato nei programmi più importanti degli anni Cinquanta (Togni, Palmiri, Schumann), nelle riviste e nei varietà fino alla programma tv “Il Mattatore” di Vittorio Gassman ambientato al Circo Nazionale Orfei che avrebbe cambiato il loro percorso, con l’incontro determinante tra Walter e Moira.    
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  Poi grande direttrice al fianco di suo fratello Walter, conducendo le produzioni colossal parallele al circo di Moira Orfei. Nei primi anni Settanta, infatti, il sontuoso Circus On Ice viene diviso in due unità: il circo tradizionale con gli animali e la pista di segatura e la produzione sul ghiaccio. Da allora le unità produttive in tournée sono due. E Loredana è saldamente alla guida della seconda. In questo luminoso percorso la trionfale tournée in Spagna in società con Angel Cristo, lo spettacolo “Follie sul Ghiaccio” incentrato sul popolarissimo Alighiero Noschese, e tournée in Jugoslavia, Turchia, Grecia. Quando nel 1980 il Circo sul Ghiaccio cessa la sua attività, Walter sviluppa nuovi progetti imprenditoriali affidandone la produzione operativa al team della sorella.
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La prima storica andata del Circo di Mosca dal Papa nel 1982
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L'imponente PalaNones a 8 antenne per il Circo di Mosca a Roma (1987) Assistiamo alle tournée del Circo di Mosca (1982, 1987), alle tournée Italiane di Holiday on Ice (indicativamente dal 1983 al 1988), dei Balletti Piatnitckj dalla Russia (1986), i Cori dell’Armata Rossa (1988), grandi concerti, la gestione di grande sale da spettacolo (quali tra le altre il Palatrussardi di Milano o il Palafenice a Venezia), il Circo sul Ghiaccio di Mosca (1991) e molto altro. Tutte imprese che necessitavano di competenze dirigenziali, esperienza e grande organizzazione.
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“Personalmente ho avuto la fortuna ed il privilegio di conoscere la signora Loredana attraverso una frequentazione molto intensa e arricchente – ricorda con sincera commozione Salvatore Arnieri – le nostre conversazioni finivano sempre su racconti epici delle tournée internazionali: tra successi clamorosi, avventure incredibili, incidenti che avrebbero messo crisi chiunque, ma brillantemente risolti, bilici in fiamme, tendoni spazzati via dal vento e ed episodi rocamboleschi che solo chi ha scritto la storia del circo quotidianamente può aver vissuto in prima persona. Il circo è una attività che non fa sconti e che mette di fronte a sfide durissime. Ma la forza con cui la signora Loredana le ha sapute affrontare ne dimostra lo spessore e l’umanità della sua figura. Trasferiva la profonda vocazione per il suo lavoro, l'orgoglio per i risultati raggiunti e soprattutto per il lavoro incessante che c'era dietro, ma anche tanta nostalgia per quello che è stato: un’epoca straordinaria di cui è stata una grande protagonista. Altrettanto profonda era la sua devozione verso la sua famiglia di cui, fin da giovanissima ha tenuto le redini. Nelle nostre chiacchierate (che porterò con me per sempre come una eredità preziosa) riappariva sempre, in un modo o nell'altro, la figura di Walter a cui lei era legatissima e ha cui ha potuto essere vicina fino all’ultimo”.
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Scrivendo queste righe, con gli occhi umidi, notiamo che la maggior parte delle foto la ritraggono nel periodo artistico, impegnata in evoluzioni eleganti. Per il resto, una donna che non ha mai cercato per sé l’attenzione dei riflettori. Una donna tenace, appassionata ed accogliente che finchè ha potuto si è spesa fino in fondo per lo spettacolo mettendo le sue competenze al servizio dell'impresa del figlio Alessandro che continua nel solco tracciato dalla mamma e dallo zio a portare per il mondo l'eccellenza italiana dell'arte circense. Lascia una testimonianza unica e preziosa di una vita consacrata al circo ed al suo nucleo fondamentale, la famiglia.
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Ai figli Tiziana, Alessandro ed Electra Preisner, al compagno di una vita Ziky, al fratello Massimiliano, ai nipoti e alla famiglia tutta giunga il più sentito cordoglio di tutto il gruppo di Circusfans.
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A cura di Salvatore Arnieri e Dario Duranti Visita le nostre sezioni ARCHIVIO STORICO TOURNEE' Per rimanere sempre aggiornati sulle tappe dei circhi italiani Se questo articolo ti è piaciuto condividilo sui tuoi social utilizzando i bottoni che trovi qui sotto Read the full article
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giancarlonicoli · 15 days
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4 apr 2024 14:23
DI BRUNO CE NE E’ UNO E VIENE DA NETTUNO! “FUI BOCCIATO A DIVERSI PROVINI, OGGI TUTTI I GENITORI SONO CONVINTI DI AVERE UN FIGLIO FENOMENO” – BRUNO CONTI SI RACCONTA: "IO PER ANDARE A GIOCARE ALLA ROMA PRENDEVO IL TRENO DA NETTUNO, POI LA METRO E FACEVO UN PEZZO A PIEDI, OGGI I GENITORI PORTANO LA BORSA AL BAMBINO. COSI’ IMPARARE IL SACRIFICIO È DURA” – L’ABUSO DI FARMACI? ASSOCIARE CERTI PRODOTTI ALLE MALATTIE È UN MECCANISMO NON SEMPLICE. LE POLEMICHE CI SONO SEMPRE STATE, ANCHE SULLA CARNITINA AL MONDIALE” – E POI ERIKSSON, MARADONA, PERTINI E IL PARAGONE DE ROSSI-ANCELOTTI -
Paolo Tomaselli per il “Corriere della Sera” - Estratti
Bruno Conti, lei ha debuttato in A 19enne, 50 anni fa. Era già pronto o fu Liedholm a buttarla nella mischia?
«Non mi sentivo pronto, ma il Barone me lo disse all’ultimo, fu questo il segreto».
La Roma è ancora parte della sua vita. Un caso unico.
«Soprattutto se penso che ho realizzato il sogno di mio padre, che era un tifoso romanista e ha cresciuto sette figli. Ho giocato, allenato i ragazzi, la prima squadra, ho fatto il direttore tecnico e del settore giovanile: quando potevo essere d’aiuto non mi sono mai tirato indietro».
Se oggi deve spiegare a un ragazzino che cos’è il professionismo, che parole usa?
«Il problema è spiegarlo ai suoi genitori. Noi siamo cresciuti in strada, pensando solo a divertirci. Oggi se a 11 anni un bambino viene selezionato c’è un’esasperazione incredibile, si pensa solo al risultato, a litigare e a sovrastare gli altri, invece di far capire poche cose, ma con chiarezza».
(...)
Uno dei provini fu con Helenio Herrera. Come andò?
«Scrisse che ero bravo tecnicamente ma che fisicamente non potevo giocare a calcio.
Non fu l’unico a dirlo, ma non ho mai mollato. E come dico sempre ai più giovani, ho sempre pensato a divertirmi».
Ma per emergere pesa di più la fame o il talento?
«Io un po’ di talento ce l’avevo, anche nel baseball. Ma ottieni tutto solo con la fame e la passione, che sono quelle che ti fanno fare i sacrifici. Se racconto ai ragazzi che per andare a giocare alla Roma prendevo il treno da Nettuno, poi la metropolitana e facevo anche un pezzo a piedi, mi rispondono che i tempi sono cambiati. Ma se i genitori portano la borsa al bambino, imparare il sacrificio è dura...».
(...)
Se la Roma è l’amore di una vita, la Nazionale cos’è stata?
«La prima convocazione con il Lussemburgo fu un sogno e dalla seconda con la Danimarca non sono più uscito: vincere il Mondiale significa ricevere ancora oggi lettere dal Giappone, dalla Cina, dalla Croazia. Vuol dire lasciare un segno nella gente».
I campioni dell’82 sono più amati di quelli del 2006?
«Fare paragoni è difficile. Però la nostra vittoria arrivò in un Paese che dopo gli anni di piombo aveva voglia di felicità, di fare festa. E battere quel Brasile, quella Argentina, poi Polonia e Germania, fu speciale: siamo stati snobbati, ma non eravamo da meno di tutti quei fenomeni».
Per dimostrarlo avete quasi fatto annegare Bearzot?
«Era sempre cupo e triste dopo le prime tre partite. Ma dopo la vittoria sul Brasile io e Graziani lo abbiamo buttato in piscina con la tuta e il borsello delle pipe: non sapeva nuotare e ci siamo dovuti tuffare in tanti per soccorrerlo».
Lei è anche il responsabile della colonna sonora di quella spedizione, giusto?
«Presi in prestito da Cabrini la cassetta di Battiato e cuccurrucucù paloma la ascoltavo in continuazione: l’ho messa sul mangianastri del pullman ed è diventata la nostra musica».
Che ricordo ha di Pertini?
«In ritiro con la Roma eravamo rimasti svegli tutta la notte per seguire la vicenda del povero Alfredino, con il presidente che seguì da vicino tutta la tragedia. Ritrovarcelo in Spagna fu particolare, ma lui era semplice, alla mano. Era davvero uno di noi».
Maradona le faceva una corte così serrata?
«Ad ogni abbraccio in campo, Diego mi sussurrava nell’orecchio di andare a Napoli.
C’era grande stima e rispetto, venne a Trigoria a trovarmi quando allenavo. Oltre al calciatore c’era un uomo fantastico, buono nell’anima».
Lei è stato campione del mondo, ma ha sbagliato un rigore chiave in finale di Coppa dei Campioni, per giunta a Roma: un campione ricorda di più i momenti di gioia o quelli brutti?
«Nessun italiano in tre anni consecutivi ha vinto Mondiale, scudetto e Coppa dei Campioni e io ci sono andato molto vicino. Ma lo sport è fatto di gioie e dolori: questi te li porti dietro, bisogna accettare le sconfitte e reagire, perché il calcio è bello comunque».
Con De Rossi allenatore della Roma cosa è cambiato?
«Per me Daniele è sempre stato un allenatore in campo, per l’intelligenza tattica e per le scelte che faceva: quando vedevo Ancelotti in campo avevo la stessa sensazione. Poi è un grande uomo, mai banale: ha preso la squadra in un momento delicato e si sta dimostrando un allenatore vero, preparato in tutto. Sono contentissimo per lui».
Cosa pensa della paura per i farmaci assunti in carriera, manifestata da tanti suoi ex colleghi?
«Personalmente non ho mai preso nulla di nulla e le polemiche ci sono sempre state, anche sulla carnitina al Mondiale. Ma associare certi prodotti alle malattie è un meccanismo non semplice».
Eriksson è stato suo allenatore. La sua lotta al tumore è un’altra pagina dura.
«Non dimenticherò mai la sua presenza, in quel momento non scontata, al mio addio al calcio. Forza Sven, gli auguro tutto il bene possibile».
Che padre è stato Bruno Conti con i suoi figli?
«Protettivo. Ho cercato di crescerli come ha fatto mio padre con me, grazie anche a una moglie incredibile, nel rispetto assoluto per la famiglia. Esserci riuscito è una grande soddisfazione».
La dinastia prosegue coi nipoti?
«Ne ho cinque, due giocano a calcio. Bruno nel Verona e Manuel con il Cagliari».
C’è un ragazzo del settore giovanile della Roma su cui non avrebbe scommesso e che invece è arrivato in alto?
«Politano era considerato come me, troppo gracile. Nessuno ci credeva invece è arrivato dove è arrivato. Ma quello che mi ha dato più soddisfazione di tutti è proprio De Rossi: lo avevamo preso come attaccante, poi è stato spostato in mediana ed è diventato grande. Anche per questo vederlo oggi sulla panchina della Roma è speciale».
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notiziariofinanziario · 3 months
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Alfa Romeo Stelvio, Tonale e Giulia avranno una serie speciale di alta gamma e prestazioni
Alfa Romeo resta tra i primi marchi del mercato premium spagnolo a fine gennaio. Con 201 immatricolazioni che rappresentano una quota dell’1,8 per cento e una crescita del 21 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno passato. Per modello, da sottolineare il successo dell’Alfa Romeo Tonale, che rappresenta l’82 per cento delle immatricolazioni del marchio, con 165 unità, ovvero il 47,3 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Alfa Romeo inizia il 2024 bene e raggiunge la decima posizione nel mercato premium a gennaio, facendo registrare +21% rispetto allo scorso anno Questo inizio segna un buon auspicio per un anno chiave per l’Alfa Romeo. Per il “Biscione” il 2024 arriverà con due grandi novità: l’arrivo dei 5 anni di garanzia su tutta la sua gamma e il lancio del suo primo modello con versione 100 per cento elettrica. Inoltre, la sua offerta attuale, composta da Tonale, Giulia e Stelvio, avrà una serie speciale di alta gamma e prestazioni: Tributo Italiano. Gli Alfisti più tradizionalisti potranno godersi la 33 Stradale, recentemente svelata e che rappresenta la massima espressione della passione del Biscione per il design e la sportività, oltre ad essere un omaggio alle sue icone storiche. Dunque per Alfa Romeo ottime notizie dalla Spagna ma questo del resto è un trend che caratterizza già da alcuni anni la casa automobilistica del Biscione non solo nella penisola iberica ma in tutti i principali mercati del mondo dove grazie soprattutto al lancio di Tonale le quote di mercato dello storico marchio milanese stanno crescendo e non poco. Questo trend è destinato a continuare e crescere ancora nel 2024 un anno importante per la casa milanese che si prepara ad accogliere il nuovo SUV Milano che sarà svelato il prossimo 10 aprile e che dovrebbe incrementare ulteriormente le vendite del brand premium del gruppo Stellantis. Read the full article
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Calcio: Spagna, il Barcellona si salva col Rayo Vallecano
In svantaggio fino all’82’ sul campo del Rayo Vallecano, il Barcellona ha pareggiato (1-1) nella 14ma giornata della Liga. I catalani sono però stati scavalcati al terzo posto dall’Atletico Madrid (stessi punti, 31, ma miglior differenza reti) che ha battuto 1-0 il Maiorca.     In testa rimane il Girona con 34 punti (che lunedì riceve il Bilbao), seguito dal Real Madrid (32, in campo domani a…
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scienza-magia · 8 months
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Politica monetaria Europea rallentata a causa della guerra
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Guerra e inflazione: così l’Europa è sull’orlo della crisi. Dopo la frenata della Germania, anche la rigorista Olanda finisce in crisi. Soffrono Ungheria e anche gli altri Paesi dell’Est Europa. La guerra in Ucraina continua a sferrare orrori e ad alimentare incertezza e sfiducia. I prezzi dell'energia, come petrolio e gas, hanno risollevato la testa di recente e rallentano il calo dell'inflazione complessiva, mentre l'inflazione core sta scendendo sì ma molto lentamente. L'inasprimento della politica monetaria della Bce (nove rialzi in un anno per un totale di 425 punti base) segnala tassi pronti a salire ancora e che comunque resteranno alti più a lungo, frenando domanda, consumi, investimenti, esacerbando la volatilità degli assets finanziari e immobiliari, premendo sulla stabilità finanziaria. L'economia cinese delude sempre più mentre salgono le tensioni geopolitiche asiatiche. Il Covid-19 non è debellato del tutto, si teme un'escalation dei contagi in autunno anche se con sintomi minori. Il cambiamento climatico e la riforma del Patto di stabilità e crescita lanciano sfide epocali per l'Europa. La locomotiva tedesca intanto si è fermata, si spera solo per lavori di manutenzione. L'Olanda invece è appena entrata in recessione tecnica. Sono queste le nuvole nere che si addensano all'orizzonte dell'area dell'euro e che minacciano l'arrivo di una tempesta perfetta, che ha come sfondo la recessione nonostante la buona tenuta del mercato del lavoro. Nella seconda metà dell'anno, il Pil dell'eurozona potrebbe contrarsi secondo gli economisti più pessimisti: e il 2023 rischia di chiudere con una crescita inferiore alle attese, sotto l'1% (0,9% per l'Ocse, 0,8% per il Fondo monetario internazionale). Fanalino di coda rispetto a Usa e Giappone e la media del G20. Andamento economico in Europa
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Non va meglio nell'Unione europea, che per il Fmi crescerà quest'anno allo 0,7%. Nella Ue, Eurostat ha registrato il record di fallimenti delle imprese nel secondo trimestre dell’anno, con un aumento dell’8,4% e ai massimi da quando è iniziata la raccolta dei dati nel 2015 da parte dell’ufficio europeo di statistica. Nella zona euro i fallimenti aziendali sono aumentati del 9%: tra le cause, il nuovo mondo post pandemico, Tutti i settori segnano un aumento dei fallimenti: l’ alberghiero, contrassegnato anche dal consolidamento, ha registrato per esempio un incremento più forte nel secondo trimestre rispetto al primo trimestre, (+24%). Restano elevati i tassi di fallimento nei trasporti, con un’ulteriore spinta in istruzione e sanità. Dal 2022 è emerso un continuo aumento dei fallimenti nel settore dell’industria, delle costruzioni e dei servizi di mercato e finanziari.Rispetto all’ultimo trimestre prima della pandemia nel 2019, i dati appaiono drammatici nel settore dell’ospitalità, con un enorme 82%. In calo i fallimenti nell’edilizia. Il panorama economico dell'area dell'euro è disomogeneo, mette assieme Paesi come Spagna e Irlanda in solida crescita con Paesi come l'Olanda in recessione tecnica nei primi due trimestri di quest’anno e la Germania in stagnazione, dopo la recessione tecnica con l’ultimo trimestre 2022 e il primo 2023 in segno negativo. I problemi dell'economia tedesca, che sono più strutturali e meno ciclici, inevitabilmente adombrano le prospettive di crescita dell'intera eurozona. Intanto il rialzo dei tassi sta colpendo tutti gli Stati membri allo stesso modo e gli effetti sull'economia del restringimento della politica monetaria della Bce, che mira a frenare la domanda, devono ancora manifestarsi completamente: l'aumento del costo del denaro inoltre diminuisce la capacità e la volontà di investire sul futuro, in un momento in cui l'Europa deve fare di più per la doppia transizione verde e digitale. E intanto i costi del rifinanziamento degli alti debiti pubblici lievitano, rendendo la coperta sempre più corta per le politiche fiscali e sempre più incandescente il dibattito sulla riforma del Patto di stabilità e crescita che riprenderà in settembre. L'incertezza è tanta e tale che i dati macroeconomici sono particolarmente di peso in questo momento. La prossima settimana terrà banco la Germania: l'indice dei prezzi alla produzione Ppi di luglio lunedì, le stime del Pmi di agosto mercoledì (attese sotto la soglia 50 dopo 48,5 in luglio), i dettagli sul Pil del secondo trimestre (0,00%) e l’indagine Ifo sul business climate venerdì (si veda intervista a fianco). Sul fronte della politica monetaria, molto atteso verso la fine della prossima settimana è il Jackson Hole symposium: i mercati cercheranno qualsiasi spunto nuovo per capire cosa farà la Federal Reserve in settembre. Mentre è prevedibile che la presidente della Bce Christine Lagarde si limiti a ricordare che le decisioni di politica monetaria ora più che mai vengono prese di riunione in riunione, sulla base dei dati (alla riunione del 14 settembre il Consiglio direttivo esaminerà le nuove proiezioni macroeconomiche degli esperti dell'Eurosistema). Resta da vedere se a settembre basterà alla Bce mantenere i tassi invariati indicando una stretta più lunga nel tempo. Read the full article
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aki1975 · 9 months
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Marlon Brando interpreta Marco Antonio nel film “Giulio Cesare” del 1953.
L’ascesa di Scipione l’Africano rappresentò il primo caso in cui Roma visse la tendenza al cesarismo alla base delle successive contese. Contro alle tendenze conservatrici di Quinto Fabio Massimo e dei patrizi agrari, Scipione, leader di una fazione mercantile, riuscì a raccogliere i migliaia di volontari e gli importanti investimenti che furono necessari alla campagna di Zama.
L’ampliamento del dominio di Roma non solo all’Italia Centrale, ma alla Magna Grecia, all’Italia Settentrionale, alla Gallia Narborense, alla Spagna, all’Africa ed alla Grecia crea una disparità fra provincie, colonie a territori soggetti in modi diversi a Roma. Un’organizzazione basata sull’oligarchia cittadina rappresentata dal Senato non poteva essere sufficiente.
Inoltre l’estensione dei territori non coincise con una distribuzione equa delle terre: si creano latifondi in mano a patrizi ed equites e classi popolari che finirono per farsi assoldare da nuove leadership demagogiche: con Mario gli eserciti cominciano ad essere stipendiati dai comandanti anziché essere costituiti da cittadini.
Questa dialettica fra vecchia classe senatoria e nuove élite produsse gli scontri della fase finale della Repubblica:
- le riforme dei Gracchi, nipoti di Scipione l’Africano, volte a redistribuire il territorio in modo più equo e concluse con la morte di Tiberio Gracco (133 a. C.), di Caio Gracco (121 a. C.) e di Marco Druso (91 a. C.);
- la guerra civile fra Mario e Silla che terminò con la dittatura di quest’ultimo nel 82 a. C.;
- la congiura di Catilina (62 a. C.);
- il primo triumvirato (60 a. C.), patto privato fra Cesare, Pompeo e Crasso con cui i tre si accordano per spartirsi le cariche in cambio di vantaggi politici: Cesare fa approvare la distribuzione delle terre ai veterani di Pompeo ed ottiene in cambio di partire per le Gallie;
- l’inizio della campagna delle Gallie (58 a. C.) con cui Cesare mira a crearsi le clientele e la fedeltà delle legioni necessarie per l’avanzamento della carriera politica;
- la sconfitta a Carre e la morte di Crasso (53 a. C.) con cui si incrina il primo triumvirato;
- i disordini che a Roma videro fronteggiarsi le bande del cesariano Clodio e del pompeiano Milano con il conseguente assassinio di Clodio (52 a. C.)
- la seconda guerra civile fra Cesare e Pompeo terminata con la sconfitta di quest’ultimo a Farsalo (48 a. C.), con la vittoria di Cesare nella guerra di successione egiziana in cui conosce Cleopatra (47 a. C.), con il suicidio di Catone a Utica (46 a. C.) e con la sconfitta di Labieno e di Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno a Munda (45 a. C.);
- le Idi di marzo del 44 a. C. in cui fu assassinato Cesare da parte di molti congiurati fra i quali Cassio e Bruto, figlio di Servilia (sorella di Catone l’Uticense) dopo alcuni provvedimenti di dubbia costituzionalità da parte dello stesso Cesare;
- il triumvirato fra Ottaviano, Antonio e il cesariano Lepido del 43 a. C. per sconfiggere i congiurati battuti a Filippi nel 42 a. C.;
- mentre Antonio ripudia Ottavia per Cleopatra, Ottaviano sposa Livia Drusilla, di famiglia anti-cesariana nel 38 a. C.;
- il terzo conflitto, fra Ottaviano ed Antonio, la cui resa dei conti ad Azio (31 a. C.), grazie alla vittoria di Agrippa, aprì la via al Principato di Augusto.
Lo sviluppo dell’economia schiavistica ebbe poi come contraltari:
- la necessità di sedare le rivolte servili: la più nota è quella del 70 a. C. guidata da Spartaco;
- la lotta alla corruzione: sempre del 70 a. C. sono le Verrine di Cicerone.
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lamilanomagazine · 1 year
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Vicenza, Fondazione Paolo Rossi: anche il comune vicentino sceglie di sostenere l’attività benefica di prevenzione sociale
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Vicenza, Fondazione Paolo Rossi: anche il comune vicentino sceglie di sostenere l’attività benefica di prevenzione sociale. Da Prato a Bucine, da Montevarchi a Perugia fino a Vicenza. Sono solo alcuni dei Comuni italiani legati sportivamente ed affettivamente all'indimenticato campione del mondo di Spagna '82, che aderiscono al progetto benefico della Fondazione Paolo Rossi, portata avanti dalla moglie Federica Cappelletti. Il Comune di Vicenza, nell'ambito di una delibera approvata ieri in giunta, ha deciso di aderire come socio sostenitore dell'ente, destinando 10 mila euro a favore di importanti progetti per quanto riguarda la salute, lo sport e l'inclusione sociale. "Oltre al fatto che la città di Vicenza è profondamente legata alla figura di Paolo Rossi attraverso il conferimento della cittadinanza onoraria, quando era in vita, e l'intitolazione del largo davanti allo stadio che ospita una statua a lui dedicata – dichiara il sindaco –, abbiamo deciso di contribuire per la validità delle azioni messe in atto dalla Fondazione. Crediamo che promuovere la trasformazione dell’attuale cultura sportiva, ormai sempre più orientata al successo e al far emergere i più capaci, spesso emarginando o mettendo in secondo piano chi non eccelle, sia un'opera meritevole. Lo sport deve tornare a ricoprire il ruolo di veicolo di valori umani, di solidarietà e socializzazione, di mezzo di prevenzione sociale e crescita culturale, tra i ragazzi e tra gli adulti, aiutando i responsabili, i genitori e tutti coloro che fanno parte del mondo sportivo a riscoprire un senso di competizione improntata alla crescita reciproca e al rispetto dell’avversario". La Fondazione Paolo Rossi opera, in particolare, nell'ambito della ricerca scientifica, compresa la messa a disposizione di apparecchiature mediche a favore di centri all’avanguardia.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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kritere · 1 year
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Rubati un paio di guanti Mundial di Zoff, erano in mostra per una serata di beneficenza
DIRETTA TV 2 Febbraio 2023 Non è l’unica reliquia dell’ex portiere dell’Italia campione del mondo in Spagna ma il dispiacere e l’amarezza per il brutto episodio sono ugualmente profondi. Quei guanti trafugati erano esposti nella mostra “Un secolo d’Azzurro”. 8 CONDIVISIONI Un paio di guanti utilizzati da Zoff ai Mondiali di spagna ’82 rubati da una mostra di beneficenza. I guanti di un…
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Miglior posto di lavoro, quali sono le nazioni più "ambite"?
Benessere, rispetto, equità e credibilità: sono queste le qualità che rendono un’azienda europea il miglior posto di lavoro per ogni collaboratore. Great Place to Work ha stilato la classifica “Best Workplaces in Europe 2022”,le 150 migliori aziende europee per cui i dipendenti sono più felici di lavorare, scelte da 800mila collaboratori in rappresentanza di 1,4 milioni di persone impiegate in oltre 3.000 imprese attive in 21 paesi in Europa. La ricerca completa è consultabile al seguente link. Miglior posto di lavoro, la classifica Il ranking, suddiviso in 4 categorie (Multinational Companies, Large Companies, Medium Companies, Small Companies) in base al numero di collaboratori e alla presenza in più Paesi (Multinazionali, oltre 500, tra 50 e 499, tra 10 e 49), ha visto le migliori organizzazioni europee ottenere, in media, un dato superiore di 10 punti percentuali (89%) rispetto a quelle premiate nelle varie classifiche nazionali dei Best Workplaces (79%). Per quanto riguarda i settori di riferimento un terzo delle aziende presenti in classifica (31%) è attivo nell’ambito IT (Information Technology), seguono l’asset dei servizi professionali (15%) e quello dei servizi finanziari e assicurativi (11%). Facendo invece un focus sull’Italia, il Bel Paese è il secondo paese europeo, insieme alla Francia, per numero di aziende premiate (7%), dietro solo al Regno Unito (9%) ma davanti a Germania e Spagna (5%) e ha un’impresa, Illimity, gruppo bancario ad alto tasso tecnologico, che figura al 13° posto tra le 50 Best Large Companies europee.  E l'Italia? Rilevante la presenza italiana anche nella categoria 50 Best Medium Companies grazie a Bending Spoons (Information Technology, Software, 6°posto), Sidea Group Srl (Information Technology, ConsulenzaIT, 15°) e Webranking (Media, Servizi Internet Online, 42°), mentre sono due le aziende tricolori (Fluentify e Nebulab Srl) premiate nella categoria delle 25 Best Small Companies. Menzione speciale per Chiesi Group, impresa attiva nel settore biotecnologie e prodotti farmaceutici, che è l’unica azienda italiana presente nella classifica delle multinazionali (12° posto), un ranking solitamente avaro di soddisfazioni per il Bel Paese, spesso appannaggio dei grandi gruppi statunitensi.   Come si crea una classifica del genere? Il principale indicatore preso in considerazione nell’analisi del ranking delle migliori aziende europee è il Trust Index, l’indice di “fiducia” che raggruppa tematiche quali credibilità, rispetto, equità, coesione e orgoglio. Qui i Best Workplaces in Europe 2022 hanno mostrato, nel confronto con le aziende premiate nelle varie classifiche nazionali dei Best Workplaces, migliori risultati in termini di rispetto (+11%), credibilità (+10%), equità (+9%), orgoglio (+9%) e coesione (+8%). Altri temi importanti emersi nella ricerca riguardano i benefit, speciali e unici, ottenuti dai collaboratori rispetto ai quali c’è una differenza di 19 punti percentuali (82% vs 63%) tra i Best Workplaces in Europe 2022 e le imprese premiate nei ranking nazionali, il benessere dei dipendenti (59% vs 42%, +17%), la sensazione di ricevere una parte equa dei profitti realizzati dall’organizzazione (74% vs 57%, +16%), il coinvolgimento dei collaboratori, da parte della direzione aziendale, nelle decisioni che riguardano le loro mansioni o il loro lavoro (83% vs 69%, +14%), la celebrazione delle persone che sperimentano modi nuovi e migliori di fare le cose (87%vs 73%)e l'offerta di avere opportunità di formazione professionale (85%nei Best Workplaces in Europe controil 71% delle aziende premiate nelle classifiche nazionali dei Best Workplaces). Miglior posto di lavoro, le multinazionali La classifica legata alla categoria Multinational Companies, che comprende le migliori 25 aziende europee operanti in tre o più paesi del mondo e con più di 1.000 dipendenti, vede al primo posto DHL Express, multinazionale attiva nel settore logistica e trasporti. Seguono AbbVie (2°), realtà attiva nel settore biotecnologie e prodotti farmaceutici e, in terza posizione, Hilton, catena globale attiva nell’ambito dell’ospitalità, hotel e resort. Il podio della categoria 50 Large Companies, imprese europee con un numero di collaboratori superiore a 500, è composto da Turkcell Global Bilgi, azienda turca operante nel settore delle telecomunicazioni, seguita dalla polacca Sii Polska (Information Technology) e dalla svizzera Vebego AG (servizi professionali). Tra le imprese europee costituite da un numero di persone compreso tra 50 e 499 e appartenenti alla categoria 50 Best Medium troviamo al primo posto la svizzera UMB AG (Information Technology) davanti all’azienda cipriota XM (servizi finanziari e assicurazioni) e alla belga Easi (Information Technology). Infine, tra le 25 migliori aziende europee della categoria Best Small, con un numero di collaboratori compreso tra 10 e 49, trionfa l’irlandese Global (media) davanti all’impresa turca Latro Kimya (manifatturiero e produzione) e alla greca NetSteps (servizi professionali). Read the full article
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spettriedemoni · 2 years
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Qualche giorno fa ho visto questo documentario acquistabile su iTunes Store a 9,99 euro (2,99 se lo noleggi).
È fatto bene, un buon documentario che conta sulla consulenza di Marco Tardelli.
C'è una cosa che mi ha colpito: quando Selvaggi e Dossena sono tornati all'albergo di Alassio dove la Nazionale Italiana rimase in ritiro prima di partire per la Spagna.
L'hotel si chiama Puerta del Sol o meglio si chiamava perché oggi è diroccato e abbandonato. Dello splendore di quegli anni rimane quasi nulla, la vegetazione sta ricoprendo la struttura, la piscina è vuota, sui muri sono comparsi graffiti e qualche muro è ridotto in macerie.
Trovo sia una metafora perfetta del cambiamento tra quegli anni e quelli odierni.
Idealmente lo spettatore si siede nel finale con i campioni del mondo a vedere quelle immagini di un trionfo a cui non credeva nessuno alla vigilia ma che tutti ritennero possibile dopo la vittoria sul Brasile. La Germania Ovest non poteva rovinare quel sogno anche se eravamo senza Antognoni, anche se Cabrini sbaglia un rigore. In finale eravamo consapevoli della nostra forza, granitici, sicuri, invincibili.
A volte quello che manca è la fiducia in se stessi.
Ma forse sto facendo discorsi nostalgici da vecchio.
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vorticimagazine · 2 years
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Biodiversità, una risorsa politica ed economica
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Biodiversità, una risorsa politica ed economica
«Il modo in cui la natura viene valutata nelle decisioni politiche ed economiche è sia un fattore chiave della crisi globale della biodiversità che un’opportunità vitale per affrontarla». È così che si potrebbe sintetizzare, utilizzando una citazione chiave, l’ultimo Assessment report on the diverse values and valuation of nature  dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes). La valutazione metodologica durata 4 anni e condotta da 82 scienziati ed esperti di spicco di ogni regione del mondo è stata approvata dai rappresentanti dei 139 Stati membri dell’Ipbes e rileva che «Esiste un’attenzione globale dominante per i profitti e la crescita economica a breve termine, escludendo spesso la considerazione di molteplici valori della natura nelle decisioni politiche». Il modo in cui la natura viene valutata nelle decisioni politiche ed economiche è, secondo gli esperti Ipbes, un fattore chiave della crisi globale della biodiversità. Ma sarebbe anche un’opportunità vitale per affrontarla Sempre nel rapporto, si legge che: «Le decisioni economiche e politiche hanno privilegiato prevalentemente determinati valori della natura, in particolare valori strumentali della natura basati sul mercato, come quelli associati al cibo prodotto in modo intensivo. Sebbene spesso privilegiati nel processo decisionale, questi valori di mercato non riflettono adeguatamente il modo in cui i cambiamenti della natura influiscono sulla qualità della vita delle persone. «Inoltre, il processo decisionale trascura i molti valori non di mercato associati ai contributi della natura alle persone, come la regolamentazione del clima e l’identità culturale». Unai Pascual (Spagna/Svizzera), che ha co-presieduto l’Assessment insieme a Patricia Balvanera (Messico), Mike Christie (Regno Unito) e Brigitte Baptiste (Colombia), spiega: «Con oltre 50 metodi e approcci di valutazione, non mancano i modi e gli strumenti per rendere visibili i valori della natura. Solo il 2% degli oltre 1.000 studi esaminati consulta le parti interessate sui risultati della valutazione e solo l’1% degli studi ha coinvolto gli stakeholders in ogni fase del processo di valutazione della natura. Quello che scarseggia è l’utilizzo di metodi di valutazione per affrontare le asimmetrie di potere tra le parti interessate e per incorporare in modo trasparente i diversi valori della natura nel processo decisionale». Leggi l'articolo completo Ipbes, nuovo report: la biodiversità è una risorsa politica ed economica. Ma la stiamo sprecandoFonte della notizia Sapereambiente.it Read the full article
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calciopics · 2 years
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Mondiali di calcio 1982, 40 anni dalla vittoria dell'Italia
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C'è un'intera generazione, quella di chi adesso ha più o meno 50 anni, che si ricorda perfettamente dov'era, con chi era e come ha festeggiato nella magica notte dell'11 luglio 1982. Basta una data La data. 11 luglio 1982, Madrid, Stadio Santiago Bernabeu: sul tabellone c'è scritto Italia-Germania Ovest 3-1, in tribuna il Presidente Sandro Pertini non riesce a trattenere la gioia, agita la pipa festoso perché l'Italia è campione del Mondo.
Il ricordo di Dino Zoff
Rossi-Tardelli-Altobelli, una filastrocca ripetuta all'infinito per ricordare i tre gol che misero al tappeto la Germania Ovest (eh sì, perché allora andava specificato!), punto d'arrivo di una salita dura e lunghissima, iniziata tra le polemiche e finita in gloria: «Il primo pensiero è che sono passati 40 anni!», racconta Dino Zoff a GQ, «Poi magari non sembra così perché se ne parla sempre, è stato un fatto eccezionale e parlandone così spesso sembra più vicino».
Perché la vittoria dell'82 è stata speciale proprio per questo, metafora di vita di chi ha combattuto contro tutto e tutti e ce l'ha fatta grazie alla forza del gruppo. Un gruppo unito che si è fatto impermeabile, decidendo il clamoroso silenzio stampa per le critiche ricevute ancora prima di partire per la Spagna. Nessuno credeva in loro, loro credevano in se stessi, e tanto bastava per cementare quello spirito che ha portato gli azzurri sul tetto del mondo: «I problemi erano legati al fatto che i media erano contrarissimi e molto negativi nei nostri confronti», ci ha detto Zoff, «Da lì nacque l'idea del silenzio stampa perché era inutile cercare di difenderci o ribattere, ci siamo detti facciamo quello che siamo capaci di fare e poi vediamo».
Bearzot, Pertini e la partita a scopone
«La prima immagine che conservo è quella della coppa, con Bearzot e i compagni di squadra», ricorda Zoff, allora attorniato dai compagni mentre stringeva tra le sue manone la Coppa del Mondo appena conquistata. In alcune foto lo si vede persino sorridente, lui sempre schivo, misurato e di poche parole. Ma quell'impresa fu troppo grande per tutti («Lo sport regala queste felicità forti e violente»), il coronamento di un sogno che in pochi avevano creduto possibile. Non il CT Bearzot, il padre di quel gruppo, amico e sergente di ferro quando serviva, l'uomo che per Zoff resta il grande protagonista di quella meravigliosa impresa: «Il personaggio chiave per quella vittoria fu lui, la persona più importante, solo Bearzot poteva portare a termine alla grande un campionato del Mondo in quelle situazioni. Era una persona competente e coraggiosa, un comandante vero».
Difese la sua squadra dalle critiche, si mise l'elmetto dopo i tre pareggi nel primo girone, con l'Italia salva soltanto grazie alla differenza reti. Mise le basi per la vittoria finale, passando per i successi contro Argentina e Brasile, il famoso 3-2 con la tripletta di Paolo Rossi: «Ma la partita della svolta fu contro l'Argentina, una grande partita, molto dura, fisica, quella fu la vera rampa di lancio», ci spiega Zoff. La finale fu il coronamento di un percorso, la festa nelle strade e nelle piazze d'Italia qualcosa che chi c'era ricorda come fosse ieri.
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E poi quella fotografia eterna, con il Presidente Pertini, Bearzot, Causio e Zoff che giocano a carte sull'aereo presidenziale che riportava gli azzurri a casa. Una partita a scopone per ingannare il viaggio, improvvisata al momento, carte in mano (a quei tempi erano il passatempo preferito nei ritiri delle squadre, specialmente tra i giocatori che dormivano poco perché sentivano la tensione alla vigilia delle partite) e la coppa accanto a loro sul tavolo: «Quella cosa non fu programmata, adesso gli uffici stampa dovrebbero lavorare un mese per fare una cosa del genere, e fu per merito del presidente Pertini. Io e lui eravamo in coppia in quella partita, e perdemmo. Non capì la giocata avversaria e sbagliò a scartare facendo vincere Causio e Bearzot». Ma nessuno gli disse nulla, in fondo era pur sempre il Presidente della Repubblica!
E anche per i protagonisti di quell'11 luglio 1982 il ricordo resta indelebile, bello e doloroso pensando a chi non c'è più (Enzo Bearzot, Gaetano Scirea e Paolo Rossi), ma che farà sempre e comunque parte di quel gruppo: «Quando si fanno certe e battaglie e certe imprese è normale si crei un legame tanto forte e duraturo nel tempo», commenta Zoff.
Perché certe vittorie sono per sempre. (Francesco Bonfanti - GQ Italia)
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giancarlonicoli · 2 years
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16 lug 2022 20:00
DINO-SAURO FOR EVER! “MI SENTO UN UOMO DI SPORT, QUANDO ALLENAVO, ERO MOLTO DURO CON I MIEI GIOCATORI. A UNO DEI MIEI PER UN'ENTRATA DA DIETRO DISSI: "SEI UN CONIGLIO" – PARATE, SILENZI (STAMPA) E PARTITE A CARTE DI DINO ZOFF, CAPITANO DELL’ITALIA CAMPIONE NEL 1982 - "IL C.T. BEARZOT FU SUPER" E QUELLO SCOPONE SCIENTIFICO CON PERTINI... - "UN GIOCATORE CHE SI BUTTA PER TERRA NON MI PIACE. OGGI, DI FRONTE A CERTE FURBIZIE, NON SO SE SAPREI TRATTENERMI…"
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Testo di Dino Zoff per la Gazzetta dello Sport
Un Mondiale come quello di Spagna '82 non si ripeterà. Dal lato tecnico è stato un Mondiale spettacolare, con tanti gol tutti su azione. Le tre partite iniziali, come sempre, sono le più difficili, hai la responsabilità di superare il primo turno, e mille incognite. Chiedete alla Germania Ovest nel 1974, che è dovuta tornare a casa scortata dal cellulare della polizia. Poi in Spagna c'è stato tutto un contorno di polemiche, dalle critiche feroci prima al silenzio stampa dei giocatori, in un crescendo rossiniano fino all'apice della piramide. Quindi sarà difficile rifare, sotto tanti aspetti, un Mondiale come quello, anche se a Bearzot non hanno dato nessun onore, ma questo fa parte delle mode del calcio.
La partita con l'Argentina è stata una svolta. Un match fisico, d'altri tempi, come non se vedono più nel campionato italiano, perché oggi l'arbitro interviene molto più spesso, e infatti soffriamo in campo internazionale. Invece quella partita è la quintessenza del calcio: ci vuole l'artista, Maradona, però ci vuole anche il contatto, all'interno delle regole. Io mi sento un uomo di sport, quando allenavo, ero molto duro con i miei giocatori quando commettevano delle scorrettezze. A uno dei miei per un'entrata da dietro rimproverai: "Sei un coniglio".
E poi venne il Brasile. Di quella partita tutti ancora ricordano la mia parata decisiva sul colpo di testa di Oscar. Effettivamente quell'intervento aveva una componente di difficoltà notevole, perché non potevo respingere semplicemente la palla, i brasiliani erano tutti in area pronti a ribattere. Io la fermai sulla linea, ma ho passato qualche secondo terribile perché i brasiliani esultavano e gridavano al gol, io non riuscivo a trovare l'arbitro. E in quei momenti ripensai a un episodio precedente, contro la Romania in amichevole, quando assegnarono il gol con la palla che era venti centimetri fuori.
Con il Brasile, diciamo che mi è andata bene.
Quella fu anche la partita che sbloccò Paolo Rossi. L'ennesimo merito di Bearzot che gli viene poco riconosciuto. È stato lui ad avere l'intuizione giusta, ci ha fatto un discorso semplice. Ci ha detto: noi siamo italiani. In tutti i campi abbiamo dei fenomeni. Difettiamo forse nell'organizzazione, ma in tutti gli altri campi, dalla moda al giornalismo, abbiamo dei picchi straordinari. Perché non adoperare anche nel calcio questa nostra inventiva, questo nostro modo di essere? Perché dobbiamo giocare come gli olandesi se siamo italiani?
Quelle parole sono state decisive, da lì in avanti il Mondiale è stato in discesa, anche se le energie disperse erano tante. Io arrivai in finale in riserva, esaurito dalle conferenze stampa sempre più tese. Mentre parlava il capitano avversario tutta la stampa, anche italiana, ascoltava attentamente, e quando toccava a me le prime volte si alzavano e andavano via. Io non ho mai fatto una piega, non mi sono mai arrabbiato. Ero di una tranquillità olimpica, ma dentro di me sostenevo una grande fatica. Un altro uomo straordinario, legato a quell'impresa, fu il presidente Pertini. La famosa partita a carte in aereo metteva tutti sullo stesso piano: non c'erano più il presidente, il portiere, ma solo il gioco delle carte a unirci. Pertini era il massimo della democrazia: al ritorno, siamo arrivati al Quirinale all'ora di pranzo. A tavola il presidente ha voluto Bearzot da una parte e me dall'altra, e poi tutti i giocatori. E ha aggiunto: se c'è posto per i ministri bene, sennò vadano pure al ristorante.
Oggi vedo una brutta stagione.
Io sono rimasto innamorato del calcio, dello sport, ma vedo comportamenti leggeri che esulano dall'ambito sportivo.
Un giocatore che si butta per terra non mi piace. Lo dicevo già ai miei giocatori quando allenavo: "Alzati, vai avanti". Ecco, nello sport le regole sono regole, non c'è spazio per mentire.
Una volta, giocavo già in Serie A, presi un gol con un tiro dalla distanza. E mio padre mi disse: «Come mai quel gol lì?". Io gli risposi: "Sai, non mi aspettavo che tirasse". "Perché, fai il farmacista?" mi inchiodò lui. Ero il portiere, dovevo aspettarmelo. Non c'erano mai scuse, era questo il concetto di sport. A quanti dicono che l'importante è vincere, io rispondo che è vero, perché vincere dà la misura della tua forza. Ma secondo le regole. Io ho fatto undici campionati senza saltare una partita, oggi probabilmente, di fronte a certe furbizie, non so se saprei trattenermi. Io sono così, io credo nell'uomo.
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notiziariofinanziario · 9 months
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In crescita l' esportazione italiana di ortofrutta
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Nel primo quadrimestre, il saldo commerciale dell’ortofrutta italiana registra risultati in netta crescita rispetto al 2022. Le aziende del Belpaese hanno esportato complessivamente oltre 1 miliardo e mezzo di euro, valori in crescita del 6% rispetto al 2022, che equivalgono ad oltre 1 milione di tonnellate nei primi quattro mesi dell’anno, in crescita del 2% rispetto all’anno precedente. Di converso si nota il crollo delle importazioni, in particolare a volume (-11%), e in minor misura a valore (-5%). Dalla disamina delle principali macrocategorie esportate, si evince come gli agrumi e legumi-ortaggiabbiano trainato l’ottimo trend a valore, realizzando rispettivamente + 12% e +14%, mentre a volume non si è andati oltre +1% e +4%. Il comparto della frutta fresca, che rappresenta la seconda voce per importanza nell’export del quadrimestre, mostra piccoli passi in avanti sia sotto il profilo delle quantità (+3%) che dei valori (+2%). Nota di “demerito” per la frutta secca, che diminuisce a volume (-6%) e soprattutto a valore (-24%). Certamente non passa inosservata la lunga sfilza di segni “meno” nella tabella delle importazioni a volume, dove spiccano la frutta fresca (-21%) e la frutta secca (-18%), che si confermano anche a valore con -13% e -17%, rispettivamente. Analizzando i dati per singolo prodotto merita certamente un approfondimento il pomodoro, che ha contribuito sia all’aumento dell’esportazioni, sia al calo delle importazioni. Infatti, nel primo quadrimestre del 2023, le aziende italiane hanno esportato 36 mila tonnellate di pomodori (+25%), per un valore di oltre 100 milioni di euro (+34%) e importato circa 30 mila tonnellate (-15%) per un valore di 53 milioni di euro (-6%). Risultati simili si verificano nelle esportazioni di asparagi, in crescita a due cifre sia a volume (+26%) sia a valore (+14%), anche se la quota sul totale è certamente inferiore se paragonata al pomodoro.Tuttavia, in termini di performance, svettano le carote che impennano nelle vendite all’estero a valore (+82%) e a volume (+37%).Al contrario, le patate trainano le importazioni, avvicinandosi alla soglia di 150 milioni di euro, frutto di un incremento del 47% dettato dalla scarsa offerta nazionale. Analisi medesima per le cipolle, che fatturano quasi 30 milioni, raddoppiando così il dato dello scorso anno. Passando all’analisi della categoria degli agrumi, i limoni spingono le esportazioni con crescite interessanti, sia a volume (+10%) che a valore (+12%). A seguire, le arance danno un boost alle esportazioni a valore (+11%), mentre evidenziano una lieve diminuzione a volume (-3%). Per quanto riguarda la frutta fresca, i due pesi massimi della categoria, ovvero, mele e kiwi mostrano trend tendenzialmente stabili, soprattutto a valore. Lato import occorre notare le cattive performance di meloni e fragole, soprattutto in quantità, che certificano i problemi di carattere produttivo che hanno colpito la Spagna, che è il principale fornitore straniero per questi prodotti. Read the full article
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