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#Tony Sbarbaro
mellowchouchou · 3 years
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Mournin’ Blues (comp. Tony Sbarbaro, 1918) || Vince Giordano & The Nighthawks
Boardwalk Empire, Vol. 1 (Music from the HBO Original Series)
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diceriadelluntore · 4 years
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Storia Di Musica #136 - Art Tatum, Piano Starts Here, (1933) 1995
Il mese di Settembre verrà dedicato alle storie di musica di pianisti jazz. L’argomento ovviamente non è possibile esaurirlo nelle 4 domeniche della rubrica settembrina, ma serviranno per 4 ritratti di personaggi davvero fuori dal comune, perchè il pianista jazz è davvero un archetipo affascinante. Iniziamo dal “dio del pianoforte sulla terra”, colui che, dopo decenni di oblio, viene considerato il più grande pianista jazz di tutti i tempi: Art Tatum. Essendo stato uno dei pionieri nell’epoca d’oro del jazz (anni ‘30-’40), la sua vita è circondata da leggende clamorose.  Arthur Tatum Jr. nasce a Toledo, Ohio, nel 1909. Ha problemi di cataratta, che riesce a superare dopo numerosi interventi chirurgici all’epoca pionieristici, ma secondo la storia dopo un aggressione, a 20 anni, ebbe una ricaduta per i colpi che gli furono inferti al viso, perdendo la vista da un occhio e tenendola al 20% dall’altro. All’epoca Tatum aveva studiato un po’ composizione, ma sempre secondo al leggenda, non aveva mai letto uno spartito. Questo ha del portentoso sapendo che, appena inizierà a suonare, verso la fine degli anni ‘20 come accompagnatore al piano della cantante Adelaide Hall e poco dopo come esecutore solista, porterà delle rivoluzioni così profonde che influenzeranno il jazz per decenni. Innanzitutto la incredibile velocità di esecuzione, al limite dell’assurdo; il suo tocco delicato, gli intrecci armonici, la straordinaria tecnica esecutiva e improvvisativa; e poi la straordinaria capacità mnemonica e del suo orecchio assoluto, ben descritta da questo episodio: Norman Granz, il fondatore della Verve e suo immenso ammiratore, lo coinvolse in un progetto straordinario, cioè fargli suonare e registrare qualsiasi cosa lui volesse e per quanto tempo ne fosse capace. Per due giorni interi, nel Dicembre 1953, Tatum suonò ininterrottamente, senza sbagliare un solo accordo, tanto che le sue performance furono poi pubblicate come Tatum Solo Materpieces, la prima raccolta multi disco del jazz (70 brani per 6 Lp). Ma la cosa davvero intrigante è che Granz fu informato dal suo ingegnere del suono Rafael Valentin che una bobina era finita proprio durante un assolo, mentre Tatum stava suonando: ma il nostro genio fu in grado di ricostruire esattamente l'assolo dal punto in cui era stato interrotto mantenendo la stessa tonalità, gli stessi accordi e lo stesso swing. Capace di suonare per intere giornate, clamoroso bevitore, e allo stesso tempo uno che poteva dormire per tre giorni di seguito, la sua figura è avvolta in una nube di “divinità”: si dice che una volta uno dei suoi miti, un altro gigante del pianoforte jazz,  Fats Waller sul palco, interruppe la sua esibizione per annunciare agli spettatori che "il Dio vivente del pianoforte" era appena entrato nella sala. Art Tatum non fu un prolifico compositore di brani propri, ma divenne un grandioso esecutore di standard jazz, alcuni dei quali divenuti famosissimi grazie alle sue reinterpretazioni, che mantengono la struttura riconoscibile del brano ma vengono riarmonizzati dalle sue mani vertiginose, e spesso vengono eseguiti a velocità allucinanti. Il disco di oggi è il caposaldo per percorrere la sua carriera musical.: Piano Starts Here raccoglie le sue prime registrazioni soliste: il 1933 in parentesi è l’anno di queste prime registrazioni, che vennero pubblicate nella prima volta dalla Columbia nel 1968, e di lì in poi una serie di riedizioni: il 1995 è la prima edizione in CD che ho nella mia collezione. I 13 brani sono l’espressione massima del suo talento: l’unico brano autografo è Tatum Pole Boogie, poi ci sono brani mito come Tea For Two di Irving Caesar / Vincent Youmans, Sophisticated Lady di Duke Ellington, due capolavori di George e Ira Gershwin, Someone To Watch Over Me e  The Man I Love, ST. Louis Blues e la stupenda esecuzione di Yesterdays, persino Humoresques di Antonín Dvořák. Ma c’è un brano che spiega in modo esemplare chi fosse Art Tatum: Tiger Rag è un brano virtuosistico composto da Eddie Edwards, Henry Ragas, Nick La Rocca, Larry Shields e Tony Sbarbaro ed inciso nel 1917 dall' Original Dixieland Jazz Band. Qui Tatum la esegue così velocemente, piena di scale ascendenti e discendenti che Hank Jones, un altro dei grandi pianisti dell’epoca, ascoltando il brano chiese:”ma chi sono i tre pianisti che suonano?”. Art Tatum muore a soli 47 anni per le conseguenze dei suoi abusi alcolici: sin da subito è considerato un genio, sebbene per certi decenni, soprattutto tra i settanta e gli ottanta, molti lo considerassero solo un virtuoso eccentrico. Con il tempo però sono fortunatamente riemerse le doti strumentali formidabili di una delle più grandi leggende dal Jazz.
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padovajazzclub · 4 years
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Il 26 febbraio 1917 fu registrato a New York dalla Original Dixieland Jass Band  di Nick La Rocca  il primo disco jazz  della storia **** A gennaio del 1917 dopo aver sostituito il batterista Johnny Stein con l'italo-americano Tony Sbarbaro il quintetto conquista  New York. A tal punto lanciatissimi nei night club che la Columbia, compagnia discografica con le antenne alzate, li convoca per una seduta di incisione che però non riesce, tecnicamente è da buttare.In agguato c’è la concorrente e altrettanto pionieristica Victor, che produce soprattutto grammofoni, e che invece riesce a far registrare alla Original Dixieland Jass Band  due facciate :  Livery Stable Blues e Original Dixieland one step .
E' il 26 febbraio di cento anni fa, e quello che finisce nei negozi è il primo disco jazz della storia..
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painfulpresent · 4 years
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Pierre-Auguste Renoir
Un lampo… poi la notte! Bellezza fuggitiva
“Un éclair…puis la nuit! –Fugitive beauté”. È un verso dei Fiori del male, apre la prima terzina del sonetto dedicato A una passante. Sul fondo, la folla metropolitana. Siamo nella Parigi “capitale del XIX secolo”, come la definirà Walter Benjamin, nella Parigi  che da poco ha aperto i grandi boulevards. C’è, dunque,  la folla, con il suo fluire scomposto, ininterrotto, volti e volti come privi di sguardo, di direzione, privi di reciproca conoscenza. Tutt’intorno, il rumore della strada. Ma ecco su quel rumore, su quel labirinto di vite e di cammini, uno stacco improvviso, il balzo di un’immagine, una sola immagine, che allontana di colpo la grigia anonimia della folla. Una donna passa nella strada, con un gesto solleva l’ampia veste orlata. Elegante, nell’incedere ha un che di regale, ma di una regalità dolorosa, in lutto. Compostezza, grazia, enigma. C’è un verso col quale il poeta mostra insieme il movimento e la seduzione. Lo dico nella mia traduzione: “Leggera, nella gambe una scultorea grazia”.
Ed ecco gli occhi della passante. Che sono come un cielo in cui sta per scatenarsi l’uragano. Gli occhi come cielo, gli occhi che riflettono il cielo visibile, ma anche il cielo nascosto, il cielo interiore: un motivo che viene da lontano, viene da Dante, da Petrarca, dai poeti del Cinquecento francese come Pierre Ronsard o Louise Labé, e giunge a Baudelaire. Gli occhi come un cielo, con il suo azzurro, i suoi crepuscoli, le sue ombre. In questo cielo degli occhi femminili si può naufragare come in un mare tempestoso. Ma ecco il nostro verso, cuore e punto di irradiazione di tutto il sonetto: Un éclair…puis la nuit. Fugitive beauté… (Un lampo, poi la notte. Bellezza fuggitiva…) Un verso alessandrino, dunque con la cesura tra i due emistichi, qui dilatata dal punto, un verso che viene dal teatro, da Corneille, da Racine, da Molière, e che Baudelaire ha sottratto alla scenica eloquenza per riempirlo di tutti i toni del sentire, dall’indignazione alla dolcezza, dall’immaginazione dell’altrove all’energia del ricordo, dal grido alla bestemmia, dalla confidenza al gelo della solitudine.
Ecco la terzina alla quale appartiene questo verso (qui nella mia traduzione) :
Un lampo… poi la notte! Bellezza fuggitiva,
che con un solo sguardo la vita m’hai ridato,
non ti vedrò più dunque che nell’eterna riva?
Il “lampo” – l’ éclair - degli occhi segna il salto dall’anonimia all’incontro. In quel lampo la luce di un’apparizione inattesa, sorgente di stupore. “Un lampo…poi la notte!”. In questo accostamento – il lampo, la notte -  sono messi a confronto la luce e l’oscurità, la presenza e l’assenza, l’apparizione e il suo svanire. Sullo sfondo c’è  il passaggio della folla, e il lampo cancella la folla, abolisce di colpo l’anonimia, e mostra l’istante, il tempo istantaneo, quell’istante che la fotografia, la nuova arte della modernità, cattura e fissa in immagine. La fotografia sulla quale Baudelaire è stato tra i primi a scrivere. Insomma quell’éclair è analogo al lampo di luce improvvisa che illumina il soggetto del ritratto e “impressiona” la lastra. Per il poeta la lastra è la sua interiorità.
Nella notte che sopravviene, il turbamento provocato dall’immagine si trasforma in rinascita, il fuggitivo si trasforma in una presenza da custodire oltre il suo stesso dileguare, oltre la sua sparizione. La passante appartiene ormai all’ interiorità del poeta. Resta con lui, pur essendo già stata inghiottita dalla folla. È la nuova presenza. È l’incontro che solo la poesia può preservare nel suo proprio tempo. E a noi, oggi, di quel fluire della folla in una strada parigina resta quell’immagine. La passante ha ora, per il poeta,  una sua singolarità e prossimità. E infatti compare nella poesia il tu: “Non so dove tu fuggi, tu non sai dove vado”.  C’è la ferita, ora, del reciproco allontanarsi, si  affaccia il profilo di una lontananza estrema, irrimediabile.
Nel cuore dell’incontro, nel lampo degli occhi,  si situa già  un addio. E tuttavia proprio in quel momento prende campo l’esperienza forte del tu, un tu che torna rafforzato e ripetuto nell’ultimo verso : Ô toi que j’eusse aimé, ô toi qui le savais. “Io t’avrei certo amato, e tu certo lo sai” (così mi è accaduto di tradurre: non trovavo altro modo per dire nella mia lingua quella certezza tutta interiore espressa dal poeta). È messa in scena qui l’esperienza di un amore consapevole che l’incontro è avvenuto anche se non ha avuto nessuno svolgimento reale. Un incontro che allo stesso tempo ha l’energia di quel che è mancato e la forza del veramente accaduto. È l’approdo di una conoscenza  scaturita, in un lampo, in un éclair, nel mare della folla. Si tratta di un incontro che vive solo in un altro tempo. Nel tempo della poesia. La quale, secondo il giovane Baudelaire, “è quel che c’è di più reale: essa è completamente vera soltanto in un altro mondo”. Il lampo della passante è la poesia stessa. Che porta la sparizione di una figura, e  di un istante,  in un nuovo tempo, in un  nuovo orizzonte. Dove è  custodito quel che più non c’è, dove è vero  quel che non è accaduto. La poesia come resistenza all’oblio: un “pensare contro l’oblio” (è un’espressione, questa, che Edmond Jabès riferisce in un suo scritto alla poesia dell’amico Paul Celan). La passante di Baudelaire ci dice certo dell’epoca, del tempo nuovo metropolitano, della Parigi dei grandi boulevards di cui ci narrerà poi Proust, l’autore, appunto, della Fuggitiva.
La passante di Baudelaire ci dice dell’amore, dell’amore come presenza che solo nell’interiorità riesce a custodire il permanente stupore e la sua bellezza. E ci dice anche della poesia, del suo tempo altro che preserva e fa rivivere, fuori dall’oblio, quel che è accaduto e quel che non è accaduto, l’inatteso e l’impossibile. Dopo Baudelaire altre passanti abiteranno la poesia moderna: quelle di Campana, di Sbarbaro, di Caproni, di Machado. Figure che diranno del patto fortissimo che la poesia intrattiene con l’altrove e con il mai più.
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wecappiam · 7 years
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JAZZ MUSIC: A Quick Lesson on Its Roots
Ask anyone, even Jazz experts or Jazz musicians and they will have very different definitions to describe the music, or they will tell you that defining Jazz is impossible. It is, of course, easy to identify when you hear it despite the diversity of the genre. It is a home grown, the United States born music with its birthplace credited to New Orleans and it is highly associated with the South.
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Original Dixieland Jazz Band. Scanned by Infrogmation from original 1918 promotional postcard while the band was playing at Reisenweber's Cafe in New York City. Shown are (left to right) Tony Sbarbaro (aka Tony Spargo) on drums; Edwin "Daddy" Edwards on trombone; D. James "Nick" LaRocca on cornet; Larry Shields on clarinet, and Henry Ragas on piano. (Photo credit: Wikipedia)
To understand how diverse the genre of Jazz music can be one has only to view some of its sub categories: Bebop, Ragtime, Dixieland, Cool Jazz, Hard Bop, Modal Jazz, Free Jazz, Latin Jazz, Post Bop, Soul Jazz, Swing Jazz, Jazz Fusion, Jazz Funk, Smooth Jazz, Acid Jazz, and Punk Jazz, and many others. The word "Jazz" is as hard to define as the music itself. 
The origin of the word has been heavily researched and the American Dialect Society named it the "Word of the Twentieth Century" because of the difficulty in finding the origin and original use of the word and the amount of research that has gone into understanding the word. Despite the music being played many years before the use of the word "jazz" to describe it, the use became common in Chicago around 1915. The first use of the word found is actually in a baseball article from 1913 and it was not associated with anything having to do with music, instead it was a form of slang mostly heard on the West Coast, yet it soon became a well-known term for the unique and individualistic music to become well known as Jazz music. There are many that claim to have first used it to describe the music genre. Wherever the origin, it is one of the most recognized terms to describe a music genre despite there being few that can define it fully. The music just defines itself without words having the ability to fully do it justice.
"Individual and unique" are very good words to describe Jazz. The Jazz artist is often considered to be interpreting the music when they play. It is usually enjoyed live more than recorded due to the ability of the musician to individually interpret and play the music differently throughout performances. This is a unique property of Jazz music.
What has been commonly known as the "Jazz Age" is the time period of the 20's to early 30's that included the rise of speakeasies" where an older generation regarded the new music played in these clubs as immoral. It was so degraded by many that were threatened by the new wave of music, that they even blamed Jazz as having caused a heart attack of one music composer. The music persevered past its critics and soon there were standout Jazz musicians that were making a name for themselves that would keep them as historical figures. Louis Armstrong, Bessie Smith, Miles Davis, Billie Holiday, and Duke Ellington became well known and respected musicians and helped bring more fans to Jazz music.
Jazz has been described as "moving, passionate, and strongF320 music influencing the senses of the body and soul". For those that discover a love for their particular brand of Jazz, it becomes a sought after music for times of relaxation, rejuvenation, and celebration. For those that have yet to fully discover all that Jazz Music has to offer, visiting a live Jazz concert, or a Jazz festival can be a very enlightening and enjoyable experience. Due to the popularity of Jazz and its American roots, there are many opportunities for someone to experience the music live in clubs, concerts, and events across the United States.
One of the most popular Jazz Festivals on the east coast of the United States is the DC Jazz Festival, or lovingly nicknamed the "DC Jazz Fest". It unofficially kicks off the Summer season for those that are familiar with the event. It takes place this year from June 1 through June 13 and will include over 100 performances at over 45 venues across the city. It is the largest music festival in the Nation's Capital. The festival offers a wide variety of Jazz music types and top musicians from all over the globe. There is not a better place to get a real lesson in Jazz Music.
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CAISO is proud to be a part of the music performance lineup for the 7th Annual DC Jazz Festival and will be performing on June 4 from 3 to 4 PM at Gallery O on H, 1354 H Street Northeast, Washington, DC. For more information on the DC Jazz Festival visit their Web site: http://www.dcjazzfest.org
For more great information about CAISO SteelBand's Blog visit: http://www.CaisoSteelBand.com
From Michael B. King Jr "The SteelDrum Guy" King Jr. Member of Caiso SteelBand Music Group Article Source: EzineArticles
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notationpodcast · 6 years
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In this episode, West plays music composed by Joe Jackson for Francis Ford Coppola's 1988 film Tucker: The Man And His Dream.
Music in this episode includes:
"Captain Of Industry (Overture)"
"The Car Of Tomorrow - Today!"
"No Chance Blues"
"Showtime In Chicago"
"Tiger Rag" music by Nick LaRocca, Eddie Edwards, Henry Ragas, Tony Sbarbaro & Larry Shields; lyrics by Harry DaCosta
"Toast Of The Town"
"Rhythm Delivery"
All music composed and arranged by Joe Jackson except where otherwise noted.
Guitar solos performed by Vinnie Zummo.
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jazzevangelist · 6 years
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#TraditionalTuesday - Original Dixieland Jass Band​ with the first recording labelled as "jass", "The Livery Stable Blues" or "Barnyard Blues".  
The word "jass" had no meaning or definition at the time - not even a concise spelling - and honestly does not have much meaning today outside of the Continuum it spawned.  Similar to the first two words of "Rappers Delight" - "hip-hop" - becoming the label of a new style, and currently defining 35 years of multiple styles within urban music, culture, fashion, etc.      
This ODJB debut record helped create a "jazz craze" in 1917 - nothing similar to this "jass" had been recorded before.  It was the first popular music recording to sell a million copies, and spawned demand for small jazz bands in New York and Chicago, at a time when it was getting harder and harder for musicians to find employment in New Orleans.
The group consisted of cornetist Dominic ("Nick") James LaRocca, clarinettist Larry Shields, trombonist Edwin ("Eddie") Branford Edwards, pianist Harry W. Ragas, and drummer Anthony ("Tony") Sbarbaro. All were white musicians from New Orleans.
Nick LaRocca went on to claim that he invented jass all by himself with absolutely no "negro influence" - and any information to the contrary was a communist plot.  
"Livery Stable Blues" was also called "Barnyard Blues" due to litigation on the authorship of the song.  New Orleans trombonist Tom Brown claimed to be the writer of "Livery Stable Blues," and Nunez claimed the same.  
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