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#accusa
isabeil · 1 year
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Le intercettazioni sono indispensabili per la lotta verso qualsiasi tipo di reato, poiché rappresentano anch'esse una prova d'accusa.
Non si può sapere a priori il contenuto d'una conversazione (nessuno ha poteri predittivi, in assenza di contesto già verificato); in un ambito investigativo va ascoltato tutto ciò che è direttamente o indirettamente collegato all'indagato, alla ricerca di prove.
Non si può accampare blande scusanti con lo scopo di giustificare un'azione non etica (togliere strumenti a chi investiga); non c'è nessuna violazione della privacy che leda cittadini comuni a cui appellarsi, quando lo scopo etico è 'stanare' con prove chi è sospettato d'un Reato.
Così come rappresenta prova una testimonianza in aula, così sono prove di un reato anche le dichiarazioni che si rendono durante una conversazione intercettata da investigatori; una prova efficace, dato che gli attori della conversazione parlano liberamente, in confidenza.
Ciò a cui miri un governo tramite riforme della giustizia che depotenziano il potere investigativo è assicurarsi un establishment di delinquenti che possano accedere e mantenere anche un ruolo politico, intoccabile da qualsiasi forma di indagine della magistratura italiana nonché di forze di polizia estere.
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scienza-magia · 2 years
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Il dilemma di Bonnie e Clyde, conviene fidarsi del proprio compagno
Il paradosso o dilemma del prigioniero: è meglio cooperare o pensare solo a se stessi? Due sospettati vengono interrogati, si accuseranno a vicenda o penseranno a collaborare tra loro? Il dilemma del prigioniero ci dà una chiave di lettura. Quello del prigioniero è un famoso paradosso studiato a partire dagli anni 50 del ventesimo secolo ed associato agli studi di matematici come Albert Tucker, John Von Neuman, ma anche di John Nash, la cui vita ha ispirato il famosissimo film A Beautiful Mind con Russel Crowe. Si tratta di un dilemma che nasce nell’ambito economico, si sviluppa con la teoria dei giochi e poi viene adottato da numerose scienze sociali. Il paradosso mette a confronto due tipologie di comportamento diverso: la collaborazione tra complici o la competizione per il proprio vantaggio. Nonostante siano comportamenti in contraddizione, il paradosso ci mostra come collaborare possa anche darci la certezza di ottenere un piccolo vantaggio personale.
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La formulazione del dilemma del prigioniero Il dilemma è così formulato: ci sono due persone che sono sospettate di aver commesso un crimine, potremmo chiamarli Bonnie e Clyde. I due vengono interrogati dalla polizia in una caserma in aule separate e non ci sono prove nelle mani dei poliziotti che possano incastrarli: l’unica chance per gli investigatori è ottenere la loro confessione. Molte cose possono accadere sotto lo stress di un interrogatorio e quindi i poliziotti propongono a Bonnie e Clyde alcuni scenari: - se solo uno solo dei due confessa e accusa l’altro, chi accusa evita il carcere e all’altro sarà assegnata la pena di 3 anni; - se entrambi si accusano a vicenda, ottengono una pena intermedia di 2 anni a testa; - se nessuno dei due confessa e quindi cooperano l'uno con l'altra, avranno una pena lieve per reati minori di 1 solo anno a testa. Che cosa fare? Qual è l'opzione più vantaggiosa e sicura per entrambi? Il problema, chiaramente, sta nel fatto che – essendo separati – è impossibile che l’uno sappia cosa dirà l’altro. La soluzione Per vederci chiaro visualizziamo cosa succede tramite uno schema:
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Osservando lo schema appare chiaro che dal punto di vista di ognuno dei due, singolarmente, conviene sempre accusare l’altro. Infatti: – Se Bonnie pensa che Clyde coopererà le converrà comunque accusarlo (lei non avrà anni di galera) – Se Bonnie pensa che Clyde la accuserà, le converrà accusarlo in modo che entrambi abbiano la pena ridotta di 2 anni a testa. La stessa identica cosa vale anche per Clyde: gli conviene sempre accusare la sua complice. Se invece ci si ponesse dal punto di vista del gruppo, l’intero scenario cambierebbe completamente! L’opzione in cui Bonnie e Clyde pensano alla salvaguardia del duo e cooperano tra loro senza accusarsi a vicenda (rimanendo di fatto in silenzio), fa sì che si ottenga il minor numero di anni di carcere possibili in totale. Questo dilemma è stato preso in esame per moltissimi studi, sia di tipo matematico-statistico, sia sociologico, ma anche psicologico e biologico. Il dilemma prova infatti che, nonostante in alcuni casi possa sembrare che stiamo agendo contro i nostri interessi come singoli, in realtà pensare agli interessi del gruppo può aiutarci anche singolarmente, minimizzando i danni. Quindi, ricapitolando: se i due interrogati (o prigionieri che dir si voglia) si fidano l'uno dell'altra, è meglio che rimangano in silenzio. Al contrario, se non si fidano e non sono interessati al futuro del complice ma esclusivamente al proprio benessere è sempre meglio accusare l'altro, a prescindere da qualsiasi cosa l'altro faccia. Read the full article
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cybeout · 2 years
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Il fondatore di Telegram accusa Apple di ritardare gli aggiornamenti
Il fondatore di Telegram accusa Apple di ritardare gli aggiornamenti
Il CEO di Telegram, Pavel Durov, ha chiamato Apple per il suo processo di revisione opaco che controlla non solo un’app ma anche i suoi aggiornamenti dall’ingresso nell’App Store iOS. Durov afferma che Apple ha seguito un aggiornamento “rivoluzionario” per l’app di messaggistica di Telegram per più di due settimane. Attraverso un post di Telegram , il CEO della piattaforma di messaggistica ha…
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stigmatam4rtyr · 3 months
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Secret Accusation (between 1847-1848, oil on canvas ) | Francesco Hayez
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bruttomisandro · 2 months
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Non sono né un fan di Ghali né di Geolier e le loro canzoni non sono le mie favorite, ma sarei veramente felice di vederli vincere solo per far venire l'ulcera a chiunque si spaccia da intellettualoide difensore della lingua italiana e non sa neanche coniugare in congiuntivo
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demonecelestiale · 2 months
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ogni tanto mi ricordo della controversia Beyoncé vs Lorella Cuccarini
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heartsbreath · 7 months
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“Se si fa qualcosa a un paziente che non si farebbe mai a un amico o a un bambino, chiediamoci se non si stia inconsapevolmente replicando un trauma del passato di quella persona.”
Bessel van der Kolk - Il corpo accusa il colpo
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sauolasa · 9 months
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Esecuzioni, torture e saccheggi in Africa: i mercenari della Wagner sotto accusa
Le autorità del Mali sotto pressione per porre fine alle violenze e individuare i responsabili
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wishesbythesea · 1 year
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Poter condividere il dolore e i sentimenti più profondi con un altro essere umano è una delle esperienze più profonde che ci può capitare di fare. Questa risonanza, in cui parole fin a poco a prima inespresse si possono ora scoprire, pronunciare, ricevere, è essenziale per interrompere l'isolamento del trauma, soprattutto se altre persone, nella nostra vita, ci hanno ignorato o ridotto al silenzio. Comunicare appieno è il contrario dell'essere traumatizzati.
Bessel van der Kolk
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emiliosandozsequence · 2 months
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accusa segreta by francesco hayez (c. 1847-1848) / house of the dragon (2022-present) cr. george r. r. martin & ryan condal
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loveint-diario · 2 years
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“Non vogliamo effettivamente sapere cosa hanno dovuto affrontare i soldati sul campo di battaglia. Non vogliamo realmente sapere quanti bambini vengono molestati o abusati nella nostra società o quante coppie –quasi un terzo, com’è risaputo– siano coinvolte in dinamiche violente a un certo punto della loro relazione. Vogliamo pensare alle famiglie come a luoghi sicuri in un mondo crudele e ai nostri Paesi come posti popolati da persone illuminate e civilizzate. Preferiamo credere che la crudeltà sia presente in posti lontani, come il Darfur o il Congo. È difficile per chi osserva, essere testimone del dolore. C’è da meravigliarsi, allora, che gli stessi individui traumatizzati non possano tollerare di ricordarlo?”
Bessel Van der Kolk, Il corpo accusa il colpo
Sarà stato per un’irregolarità del terreno, perché un pensiero inquietante mi ha tolto l’equilibrio o forse solo il sandalo allacciato male, ieri sera mentre ritornavo a casa, sono caduta per terra. Dopo il faccia a faccia con l’asfalto, la mia seconda visione è stata quella di un cerchio di teste sopra di me, che preoccupate mi chiedevano come stavo e se mi ero fatta male. Non avevo ancora nemmeno avuto il tempo di rispondere, che un uomo e una ragazza mi stavano già rimettendo in piedi. Solo dopo essersi assicurati che non avessi bisogno di appoggio per camminare e avermi consigliato di mettere subito ghiaccio e pomate, mi hanno lasciato andare. Nonostante, oggi, i dolori della caduta si sentano di più, quando ripenso alla pronta e spontanea reazione di aiuto di quelle persone, sorrido, ricordandomi che esiste anche una gratuità del bene.
In questi anni di stalkeraggio online, le persone che mi hanno aiutato e sostenuto anche solo dandomi una mano per rialzarmi quando le circostanze mi stavano sopraffacendo, sono state rare oasi dopo lunghe traversate in deserti sconfinati, popolati da sciacalli e carogne. Ho incontrato persone che hanno approfittato del fatto che, circa ogni tre o quattro mesi, dovevo svendere i miei supporti, smartphone, pc, tablet e perfino la macchina fotografica, perché venivano puntualmente hackerati. Ho incontrato uomini che si dicevano esperti informatici, che hanno preso molto denaro per ripulire il mio portatile e dopo appena poche ore, lo stalker era di nuovo dentro. In un negozio di informatica a Valencia, conobbi due ragazzi che si occupavano di cibersecurity, uno di loro era figlio di un poliziotto e fu lui a convincermi a denunciare, l’altro che si occupava specificatamente della parte informatica, un giorno mi mandò un messaggio per dirmi che potevo andare a ritirare il mio pc e che se volevo mi offriva anche un massaggio, per farmi rilassare visto che sembrava ne avessi bisogno, come scrisse.
Non tengo più il conto di quanti smartphone, portatili, tablet, macchine fotografiche ho comprato e svenduto prima di rassegnarmi al fatto che non servisse a niente. Ho cambiato non so quante case, le ho cercate con bagni senza finestre, in quartieri sicuri, in palazzi con persone fidate, non è servito a nulla, lo stalker è sempre arrivato ovunque, dalla Sicilia passando per la Spagna, fino a Roma. Nonostante le perdite materiali siano state così tante da modificare drasticamente la mia posizione economica, non le considero le mie maggiori perdite, quello che di più caro ho perso sono state la mia salute e quel senso di sana fiducia nel bene che ho sempre difeso al di là delle tempeste della vita.
Alla fine del 2016 quando ormai avevo la certezza di essere spiata e di chi fosse a farlo, dopo un lunghissimo ed estenuante percorso fatto di viaggi, visite specialistiche, esami, analisi, ancora viaggi, farmaci e integratori che non servirono a nulla, mi fu diagnosticata la Sindrome da affaticamento cronico, prima al Centro neurologico di Troina e successivamente la diagnosi fu confermata al San Raffaele di Milano. Dopo aver incontrato una miriade di medici che si limitavano a prescrivere cure, soltanto per uno dei tanti sintomi che questa sindrome comporta, incontrai due medici che spesero quasi due ore ad ascoltarmi parlare dei sintomi, del mio malessere, mi chiesero che lavoro facevo, che tipo di vita conducevo e se fossi sottoposta a qualche tipo di stress psicologico; alla fine della visita oltre a prescrivermi una terapia, mi fornirono un’esauriente letteratura scientifica per aiutarmi a comprendere questa sindrome sconosciuta.
Soffrivo di una stanchezza che non riuscivo a compensare con il sonno e il riposo, dormivo un sonno di otto ore, ininterrotto e senza sogni, la mattina alzandomi ero ancora sfinita, ma il sintomo più invalidante era il dolore perenne in ogni parte del corpo. Mi facevano male le gambe, anche quando mi sdraiavo, le spalle, il collo, certe volte non capivo se il dolore fosse agli organi o alle costole. Ricordo che mentre al mattino presto andavo a lavoro, sentivo un dolore tremendo alle mani quando tenevo lo sterzo della macchina o cambiavo la marcia.
La Sindrome da fatica cronica è un disturbo complesso, anche per questo spesso viene confuso con altre diagnosi, comporta una disgregolazione del sistema immunitario, anomalie cardiovascolari e disfunzioni metaboliche. Ingrassai dieci chili pur essendo completamente inappetente, avevo sviluppato un’intolleranza al lattosio e al glutine, non trattenevo niente di quello che mangiavo e anche fare le scale era diventato uno sforzo immane. Quando le sensazioni del corpo sono di un’intensità così ingombrante, lo stress è altissimo. Avevo difficoltà a concentrarmi, dimenticavo di fare molte cose e non riuscivo ad ascoltare i discorsi troppo lunghi e troppo dettagliati delle persone. Ero nervosa e mi arrabbiavo spesso.
Vivevo in Sicilia e lavoravo come consulente psicologa in un centro di riabilitazione neuropsicomotoria, dovevo svegliarmi prima dell’alba per essere alle otto del mattino al centro e restarvi fino al pomeriggio. Seguivo più di cento pazienti. Dopo una lunga e sofferta riflessione decisi di lasciare il centro e continuare solo con l’attività privata, perché mi resi conto di non farcela più. A novembre, lo stesso giorno che diedi le dimissioni, arrivò il referto della PET di mio padre, era cancro ed era a uno stadio già molto avanzato, infatti a luglio dell’anno dopo morì.
Da allora ho conosciuto periodi di regressione della sindrome con brevi fasi di relativo benessere, diciamo che sono riuscita a conviverci in questi anni. Ho delle ricadute, anche pesanti, quando alcuni eventi riattivano il trauma da stalking, o sono sottoposta a forti stress emotivi, torna l’inappetenza e i disturbi intestinali,  tornano i dolori e la stanchezza schiacciante.
Scrivere questo blog non è facile, ogni volta che finisco di scrivere un articolo mi sento come se avessi scalato una montagna a mani e piedi nudi; rievocare i ricordi, condividere come nella solitudine di questi anni ho cercato di dare un senso a quello che mi accadeva, come ho provato ad attraversare questa violenza senza fine, come a fatica sopporto questa incapacità di liberarmene è molto duro per me.
Se lo stalker non avesse ascoltato, usandone poi i contenuti, anche le sedute con la mia psicoterapeuta, costringendomi ad interrompere la terapia, probabilmente non avrei mai scritto questo blog. Come dice bene Van der Kolk ogni traumatizzato teme di rievocare il trauma perché significa riviverlo e si vergogna anche di condividerlo, perché in qualche modo si ritiene responsabile di non averlo saputo evitare. Lo stesso è accaduto a me, per tutti questi anni, sono state veramente poche le persone a cui ho confidato ciò che mi stava accadendo, mentre chi si occupa di informatica non ha mai avuto dubbi riguardo le possibilità dello stalker e cosa fosse in grado di fare, le persone che esattamente come me, usano il computer e lo smartphone senza preoccuparsi del loro funzionamento, dell’architettura necessaria per usare Google, WhatsApp e in generale la rete, faticano a comprendere come sia possibile che una persona possa spiarne un’altra, in un modo così intrusivo.
Non sono state molte, ma ci sono state persone che hanno messo in dubbio la veridicità del mio racconto, a due di queste persone ero molto legata affettivamente da molti anni e mi ferì molto la loro sfiducia nei miei confronti, mi fecero sentire ancora più sola e impotente. Immagino che in quei momenti lo stalker abbia avuto qualche delirante gioia d’onnipotenza e del resto come negargliela, è proprio l’incredibilità della storia che lo rende autore di un delitto perfetto.  
Sarà perché come dice Van der Kolk abbiamo bisogno di credere che le cose crudeli, aberranti e incomprensibili accadono soltanto lontano da noi che spesso, troppo spesso, il processo viene fatto alle vittime piuttosto che ai carnefici. Sarà perché è difficile per chi osserva, essere testimone del dolore che mettiamo in dubbio confessioni, spesso difficili e dolorose, di persone senza nemmeno chiederci quale vantaggio avrebbero nel mentire. Sarà forse che la paura di essere contagiati, dal Covid o dal dolore, ci trattiene dal porgere una mano a chi è caduto.
Qualunque cosa sia, voglio concludere con un sentito grazie a
Mariangela T., Simona M., Bianca M. T., Elena L., Annalisa F., Natasha R., Tiziana P., Andrea d. B., Miguel, Massimo G., Michele, Jacopo, Massimiliano, Umar e a mia madre
siete stat* le mie rare oasi.
Roma, 14/07/2022  h 10:00pm
Capitolo 10 Sindrome da Affaticamento Cronico
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random-brushstrokes · 9 months
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Francesco Hayez - The Revenge Triptych: Consiglio alla vendetta (1851) - Accusa segreta (1847–1848), La vendetta di una rivale (1853)
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beatricecenci · 2 months
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Francesco Hayez (Italian, 1791-1882)
Accusa segreta
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surfer-osa · 5 months
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Dopo le richieste alle istituzioni e alle forze dell'ordine, dopo gli appelli all'educazione contro la mascolinità tossica, dopo aver gridato "mai più".
Dopo gli infiniti e innumerevoli cortei. Dopo aver provato a difenderci in tutti i modi.
Dopo aver lottato a denti stretti contro ogni pressione sociale e i ruoli di genere. Dopo aver assaggiato sulla nostra pelle il divario che ci tiene lontane dalle possibilità concrete di "emergere" in questa società.
Dopo ogni accusa di essere esagerate, di essere delle femministe tritacazzi, di aver bisogno di scopare di più perché francamente siamo insopportabili, perché o siamo sante o siamo troie:
perché non ci uccidete tutte così la finiamo qua?
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falcemartello · 3 months
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I produttori dei pannelli solari in Germania dicono che senza sussidi il settore non può competere con la Cina.
Quindi chi accusa l'agricoltura di "vivere di sussidi" sta prendendo posizione per certi sussidi contro altri sussidi.
Spesso su giornali che esistono grazie a sussidi.
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susieporta · 5 months
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Quello che sta accadendo in queste ore ad Elena Cecchettin è la perfetta dimostrazione che viviamo in una società patriarcale che non ammette una narrazione diversa da quella imposta dall'uomo:
per una volta una donna -
la sorella di Giulia 103esima vittima di femminicidio - non si adegua al copione prestabilito e non si presenta come donnina da consolare, sofferente e materna come ogni donna dovrebbe essere ma diventa accusatrice del sistema e accusa tutta la società patriarcale, sessista e omofoba, additando ogni singolo uomo come complice di questo sistema, di questa narrazione che è terreno fertile su cui cresce e si nutre ogni femminicidio.
E cosa accade?
Che d'un tratto Elena Cecchettin non è più vittima o sorella della vittima ma diventa colpevole:
colpevole di fare fuorvianti discorsi ideologici, di essere satanista - perché indossa una felpa di un noto brand skater che un pirla leghista (ma che purtroppo riveste ruolo di funzionario pubblico)
scambia, o meglio, vuole scambiare, per un simbolo di satana -
di essere una ragazzina plagiata, di essere una matta che accusa tutti gli uomini di essere degli assassini di piangere poco di piangere troppo
di parlare
eccetera eccetera eccetera
E via a indagare nel suo privato, tra i suoi profili, nelle sue scelte personali, nelle sue toto, e a criticare ogni sua singola espressione, parola, immagine, anche del passato eccetera eccetera eccetera
E così davanti agli occhi di tutti e dell'opinione pubblica intera si commette un altro femminicidio:
non la uccidiamo ma la stiamo mettendo alla gogna.
Perché?
Perché una donna non dovrebbe poter sempre dire quello che pensa.
Soprattutto se quel pensiero non piace a noi maschi.
E quindi ecco che quello che sta accadendo in queste ore ad Elena Cecchettin è la perfetta dimostrazione che viviamo in una società patriarcale, sessista, razzista, omofoba e maschile che non ammette alcuna narrazione diversa da quella imposta da noi maschi:
Perdonaci Giulia
Perdonaci Elena
"Spacchiamo tutto"
Massimiliano Loizzi
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