Forse gli occhi spaura
Allor questo deserto: a se la terra
Forse il mortale inabitabil fatta
Vede omai senza quella
Nova, sola, infinita
Felicità che il suo pensier figura [...]
L'origine della controversa scena del lupanare ("S'agapò") nel film "Il giovane favoloso"
Hic Moritur Angelus: l'ho detto
ccà schiatta 'o Ranavuottolo
Il Rospo forestiero brutto, che scrive d'idilli
e di splendide Aspasie
Ccà iette 'o sanghe lo Scriba, maleodorante e scartellato,
l'èlève des Materialistes,
trainè a la chaine fino agli arenili azzurri
fino ai sassi più consunti del golfo delle Bugie!
Napoli, sono io il tuo prezioso ago nel pagliaio
sono io l'anonimo, il nascosto, l'introvabile.
Sono io questa carne queste ossa questi pensieri
da giocare al lotto, edificante meraviglia
di me si cerca, quando si cerca, una tomba, nu fuosso
da nessuna parte posti.
Mi faranno autopsie lo sai.
Sono io l'incerta Graziella, suicida dalle rupi di Vivara
io, la Ginestra, 'e pontone, muta.
Io, lo schernito disgustoso sembiante dei diari d'amore
di Rainer
quell'amico, mio infermiere, mio aguzzino.
[…]
Ho spesso pregato in cuor mio che Rainer -
il mio ineffabile amico -
l'esule impuro che trascrive i miei pensieri -
non mi trascinasse, qualche sera, su quella casa
ai Ventaglieri -
quel lupanare dal lumicino rosso sul davanzale di finestra.
Le donnacce già mi aspettavano ansiose, sedute,
ma, dovrei dire meglio, sguaiatamente aperte
su delle poltroncine ricamate.
Ridevano e sgranocchiavano dolciumi, squadrandomi da capo a piedi
con la falsa ironica pietà che si porge ad un cadavere,
già attardatosi a crepare parecchio.
Capii subito che Rainer le aveva informate di tutto.
Addirittura leggevo nei loro sguardi i nomi scritti dei miei bizzarri, infelici amori:
Fanny, Gertrude, Teresa,
e i capoversi, le righe, le cancellature del mio tradito
dolore.
Feci l'atto di alzarmi dalla sedia,
dove mi avevano costretto a guardarle divertirsi,
quando una di esse mi prese la mano e
"Allora?" mi disse, indicandomi una porta, "Llà??".
Aveva le labbra dipinte di viola, gli occhi fieramente bistrati;
un sesso decapitato, dalle calze rosa, ornate d'oro,
rettile, impudico frutto dei mercati di questa città,
innominabile.
"S'agapò! S'agapò!" gli aveva suggerito di sospirarmi Rainer
a perfido spregio del mio amore per la lingua e il mito dei greci
"S'agapò, pauetà, s'agapò"
e mi venne dietro oltre la porta
oltre la risata delle sue grasse amiche e di Rainer
gli occhi intontiti dal rosolio e dal fumo dei sigari
E questa esclamazione di sfottente, indecente amore
"S'agapò"
questa pernacchia alla mia gobba
questo epitaffio pagato in anticipo ai miei restanti giorni
si sparse ben presto per i vicoli, come un eco
pulcinellesca
per la salita di Spezzano, per l'ansa di Pontecorvo
per lo spiazzo della Cesàrea
su, su, fino al vicolo del Pero, dovunque
lo sberleffo del mio turpe persecutore/persecutrice
fece adepti, ciurmaglia canora:
"S'agapò, s'agapò, s'agapò"
tarantellavano gli scugnizzi arrancandomi dietro
"S'agapò, s'agapò, s'agapò…s'agapò s'agapò s'agapò"
e neppure sapevano che volesse dire ti amo
o che nella più viva delle carni
iniettassero quel grido come il più indelebile veleno.
Sono ormai sei anni che sei andata via e dio, quante cose che avrei da raccontarti.
È da un po' che non ti scrivo, forse troppo, ma non mi sono dimenticata di te. Non potrei mai.
Sai, mi manchi.
Mi manca vederti preparare in cucina la tua insalata, le tue cotolette. Niente ha più lo stesso sapore senza te, e non sto parlando del cibo.
Sai? Ancora è Febbraio ma io stavo pensando alla primavera, a come ci divertivamo all'arrivo della primavera, noi due.
Piene di gatti in giro per il giardino, a montare l'amaca e le due altalene: una per la tua nipotina ed una per me, perché mi avevi viziata anche tu ed io volevo la mia altalena personale.
E tu e lui, nonostante io non fossi vostra nipote o vostra parente, l'avete costruita e appesa. Per me.
Non ti ho mai ringraziato abbastanza per esserti presa cura di me, per avermi fatto sentire amata e parte di una famiglia, io che quella che avevo era così instabile e piena di mancanze.
Scusami se non l'ho fatto prima, scusami per non averti ringraziata abbastanza e per non averlo fatto in tempo.
Ti chiedo scusa se a volte, presa dai miei drammi adolescenziali, non sono riuscita a capirti e a starti vicino come avrei voluto e come avresti meritato.
Sei stata una nonna, una mamma, un'amica, una zia e tutto questo senza essere niente.
Perché noi non eravamo nulla, nessun legame di sangue ci legava ma eravamo felici così.
Mi ha fatto tanto male vederti esalare l'ultimo respiro e vederti in quella bara..non potevo crederci.
Mi avevano detto di non venire quella sera perché stavi male ma io lo sapevo. Sapevo che sarebbe successo e ho deciso di restare fino alla fine al tuo fianco. Quando ci hai lasciati mi hai stretto la mano e mi hai guardata, poi hai guardato tutti gli altri e te ne sei andata.
Beh..devo dirti che è stata una bella botta. Penso che proprio queste siano le batoste della vita di cui si parla. Al tuo compleanno stavamo celebrando il tuo funerale e io avrei tanto voluto stare lì nella tua cucina a festeggiare, a bere brasilene che tu con tanta cura avresti messo in frigo per me. E invece non è stato così. E invece è andato tutto a rotoli.
“ Fanno fluttuare lanterne in cielo, ci credi? Laterne giapponesi, simbolo del passato che è passato. Be’, notizia flash: non siamo giapponesi.
Lo sai cosa sono? Bambini. Come se bastasse accendere una candela per far tornare tutto ok o dire una preghier. Bambini illusi, esasperati, idioti e schiocchi.
E lo so cosa tu dirai: ‘li fa sentire meglio, Damon’. Davvero dici? Per quanto? Per un minuto? Per un giorno? Che differenza può fare?
Perché alla fine, quando perdi una persona, ogni candela, ogni preghiera non compenserà mai il fatto che l’unica cosa che ti rimane è un vuoto nella tua vita, al posto della persona che amavi tanto, e una lapide.
[…] Sono qui incastrato a litigare con mio fratello e a prendermi cura dei bambini. Mi hai mollato da solo. ”
Gostar de você me trás paz e ao mesmo tempo eu sinto que estou à beira de um precipício. Não, não me assusto, por está nessa beira . Parece loucura estar em um barquinho onde tem você e eu. Somente a gente. Gosto da dor que me causa do sentimento do coração acelerado. E até mesmo da agonia que você me trás em dias de chuva e todos acham que o barco vai afundar. Pessoas teriam medo dessa correnteza que está preste a virar o barquinho. Eu não. Eu gosto de assistir e ao mesmo tempo participar dele. É como se eu tivesse com todo o controle e ao mesmo tempo não ter controle de nada. Isso parece doentio? A resposta talvez seria sim. Porém pra uma pessoa que gosta da agonia por não sentir mais nada, o sentimento mais forte está diante de citações assim.