Tumgik
#auscultazione
sweet-nightmheart · 2 years
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Some other great looking female doctors/nurses + some VERY lucky patients getting examined by them, to wish all the Tumblr's cardiophiles a great (and hopefully not too warm) weekend :)
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thegiftofthegoddess · 2 years
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🔵 Quando il medico ausculta il cuore con il fonendoscopio, individua delle zone chiamate "focolai cardiaci": dove si trovano? 👉 Leggi l’articolo: https://medicinaonline.co/2017/10/23/semeiotica-del-cuore-i-focolai-di-auscultazione-cardiaca/ ✅  #cuore #cardiologia #focolai #semeiotica #EmilioAlessioLoiacono #MedicinaOnLine
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kon-igi · 4 years
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PERCHÉ IERI NON HO FATTO IL TEST SIEROLOGICO VELOCE
Il motivo meno accettabile da alcuni di voi l’ho accennato ieri sera: se fossi risultato positivo mi avrebbero messo in quarantena e avrei dovuto abbandonare le poche colleghe rimaste.
Inconsciente radical chic! - diranno alcuni, Untore radical chic! - qualcun’altro, Incosciente untore radical chic! - i rimanenti ma chi eventualmente lo facesse dimostrerebbe di non aver ben compreso come funziona il Covid-19 e cosa significhi essere positivi, malati e contagiosi da SARS-COV-2.
Per la maggioranza delle persone esistono solo due stati di salute: o sterile e terrorizzato con mascherina h24 o febbricitante dispnoico spolmonato prossimo alla morte... eppure è due mesi che sto cercando di dirvi che le cose sono un po’ più complicate di così.
Allora immaginate tre persone di età indefinita: Sdrunerzio, Frilippo e Gianculo.
Sdrunerzio esegue un tampone rino-oro-faringeo, Frilippo un test veloce da sangue periferico (puntura sul dito) e Gianculo una ricerca ematica di antigeni anti-Sars-Cov-2 con prelievo di sangue venoso.
Tutti e tre risultano positivi.
E ora, prima di scorrere in basso, rispondete alla seguente domanda:
CHI DEI TRE È MALATO DI COVID-19?
Ho detto di non scorrere prima di aver dato una risposta, insomma!
La risposta è...
NESSUNO DEI TRE
Sdrunerzio ha una concentrazione di virus nelle mucose nasali e orali tale da essere rilevata tramite esame colturale, mentre Frilippo e Gianculo hanno sviluppato una risposta anticorpale perché sono venuti a contatto col virus.
Sdrunerzio, Frilippo e Gianculo possono stare tutti e tre benissimo.
Sdrunerzio può essere contagioso oppure non esserlo (dipende dalla carica virale delle mucose) e potrebbe sviluppare febbre, tosse e polmonite oppure non svilupparle e diventare contagioso se la malattia è crescente o non esserlo più perché sta guarendo.
Il tampone dice solo che lì c’è del virus, in quantità tale da essere coltivato e riconosciuto. Punto.
Frilippo viene definito da due finestrelle: M e G. La prima, se positiva, dice che Frilippo è entrato in contatto col virus in un periodo variabilmente recente, la seconda che Frilippo è già entrato in contatto col virus e sta sviluppando risposta anticorpale. M da sola --> malattia in atto o più vicina, M+G --> malattia in fase decrescente, G da sola --> malattia più o meno lasciata alle spalle. Forse. Non si sa. E non si sa nemmeno se le IgG positive della finestrella G significhino immunità e immunità per quanto tempo. Senza considerare che questo tipo di test non ha ancora ricevuto validazione a causa dell’alto numero di falsi positivi e falsi negativi.
Il test veloce dice solo che il soggetto ha avuto contatto col virus ma non se è malato né tanto meno se è contagioso o immune.
Gianculo col suo prelievo di sangue venoso riceve le stesse risposte di Frilippo ma invece di averle tipo test di gravidanza, gli scrivono pure la quantità di IgM e IgG, che allo stato attuale delle nostre conoscenze non serve a un cazzo perché non abbiamo parametri di confronto per valutare la carica virale ematica, la titolazione anticorpale e quindi l’immunità e infine poter fare una prognosi.
Sdrunerzio, Frilippo e Gianculo sono diventati tre tignosi gatti di Schrödinger, contemporaneamente malati e non malati, da tenere in quarantena dentro la loro scatola sigillata.
Quindi 
SMETTETE
DI VOLERE
QUESTI 
ESAMI
o di reputarli qualcosa di dirimente, di ansiolitico, di liberatorio... un 42 che vi spetti per diritto divino perché VOI. DOVETE. SAPERE!
Se mai doveste sfilettare il cazzo al vostro medico e ottenerli per sua disperazione o riusciste ad averli pagando centinaia di euro al laboratorio privato dei VIPS, allora avreste in mano dei dati completamente inutili che non vi dicono nulla sul vostro vero stato di salute, che invece deve essere valutato in maniera globale da uno specialista attraverso i segni che mostrate, i sintomi che riferite, con auscultazione, ossimetria, tanti altri esami del sangue, RX e TAC. E magari anche un tampone rino-oro-faringeo e IgM+IgG a completamento.
Il valore di quei test è squisitamente EPIDEMIOLOGICO e non CLINICO perché eseguiti a tappeto permetteranno di delineare un QUADRO GEOGRAFICO della malattia, con tutti gli aggiustamenti +X e -Y dei falsi positivi e dei falsi negativi che sui grandi numeri acquistano senso.
Non ho voluto eseguire quell’esame PERCHÉ IO LAVORO IN MODO SICURO CON PROTEZIONI CHE EVITANO QUALSIASI MIO CONTAGIO IN USCITA E QUANDO NON LAVORO INDOSSO MASCHERINE ALTRETTANTO PROTETTIVE PER CHI MI STA ACCANTO, DENTRO E FUORI CASA.
Se fossi risultato positivo - e probabilmente lo sarei stato e ve ne renderete conto anche voi quanti lo saranno quando usciranno fuori i dati sui tamponi/prelievi di massa - non avrei più potuto lavorare e idem tutte quelle colleghe che lo dovessero eseguire.
TUTTI i professionisti del sanitario, per essere chiari... persone dalle quali sta partendo la lenta immunità di gregge, sulla durata e sull’utilità della quale dovremmo aspettare ancora parecchi mesi per avere un riscontro
Perciò se starò male, resterò a casa e se starò molto male, andrò in ospedale. E se morirò vorrà dire che smetterò di farmi male con quella merda di The Walking Dead.
In mezzo c’è una selva di ma-però-io-voglio che dovete solo sperare nessuno senta il bisogno di incenerire usandovi come lagnose torce umane.
P.S.
Vorrei ascoltare le vostre lamentele ma non vi sento a causa della mascherina che state indossando.
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Ciò che adoro dei racconti di Calvino, ed è ciò che lo fa diventare così efficace nell'avere il potere di cambiare l'approccio, lo sguardo, dei suoi lettori, verso il mondo, è che, i racconti, sono costruiti con dei "pezzetti" di mondo (voci, suoni, odori, percorsi,....) e con le trame che si dipanano tra loro. Le storie di Calvino sono fatte di e a partire dalle "sostanze" del mondo e di questo ne svelano l'intimo sapere, quello che passa quotidianamente tra le nostre mani e che pertanto, in qualche modo, ci dona senso. La sostanza, secondo l'ampia letteratura che esiste al riguardo, è qualche cosa sì di materiale e al tempo stesso qualche cosa che materiale non è, ha a che fare con la forma...insomma Calvino sa bene che è una vana pretesa mettere il mondo/ il corpo da una parte e dall'altra il pensiero. Allora variando la distanza di messa a fuoco, l'ordine di grandezza, la velocità di osservazione egli si mette in auscultazione dei discorsi che avvengono lungo i margini, lungo la frontiera dove la confusa è la distinzione tra ciò che è io e ciò che non lo è, dove ci si scambia continuamente qualche cosa, dove si è "in comunione" . Così Calvino ci mostra come nelle nostre vite ci siano tesori di significanza, per esempio nell'attesa, nel silenzio e nei rumori, prima di dire "pronto", che costituiscono appunto la sostanza del tendere verso qualcuno nell'epoca del telefono e del cellulare.... #libridisecondamano #ravenna #bookstagram #booklovers #bookstore #instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books #italocalvino (presso Libreria Scattisparsi) https://www.instagram.com/p/B46mDRLIYvB/?igshid=16k20dgn9z7zs
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fratur · 7 years
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Il silenzio è intorno si fa rosso nello spazio molesto dentro le palpebre è un’immagine capovolta una forma che sanguina una ferita, un punto preciso di auscultazione che mi fa eco sul cuscino per diventare cielo o ammasso stellare ricucito sulla trapunta io resto attenta, vigile nella vertigine bianca nella caduta di tutti i corpi celesti sul labbro che li conterrà la gravità non conta – dico – eppure la bocca cede e tutto l’ azzurro è ora sangue per corpi che sognano ancora e la parola scompare. È fame, è notte che punge i polsi spinge in avanti, sprofonda e ramifica il buio tra la pelle, le ossa e questo inganno senza guida dilatato nello stomaco
Vanna Carlucci Involucri
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alemicheli76 · 4 years
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Il blog presenta "La cura dello sguardo" di Franco Arminio, Bompiani editore. Imperdibile!!
Il blog presenta “La cura dello sguardo” di Franco Arminio, Bompiani editore. Imperdibile!!
Percorrendo l’Italia palmo a palmo, nella sua paziente auscultazione del mondo, già da tempo Franco Arminio registrava una epidemia in corso: quella dell’“autismo corale”, che ci vede rinchiusi dietro i nostri piccoli schermi, impegnati in una comunicazione che ha perso ardore e vitalità. In queste pagine il poeta torna a offrirci le sue parole come fiaccole per illuminare il presente,…
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pangeanews · 4 years
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Stefan George, il poeta che cercava “lo sguardo acuto dell’Uno” e che fece della poesia una religione
Vario Avito, nipote di Settimio Severo, fu proclamato imperatore al posto del reggente Macrino nel 218 dalle legioni siriache, a Emesa, dove tutti i santi giorni correva sgambettando a celebrare il culto di El Gabal, non ben identificata divinità solare che poi gli avrebbe donato il nome rituale (e depositato a marcire nel canestro della Storia assieme a quello imperiale di Marco Aurelio Antonino) Eliogabalo. Fu ben presto detronizzato (e massacrato dalle orde assatanate dei soldati) e rimpiazzato da Alessandro Severo: un cesare impiegato solo a promuovere i suoi strampalati culti religiosi non poteva essere sopportato che per lo stretto ciclo di quattro anni (218-222).
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Stefan George quando, nel 1892, pubblica Algabal (un tempo edito da Le Lettere, per la cura di Bianca Maria Bornmann, ora scomparso) ha preparato il libro-altare su cui si è appena compiuto il sacrificio alla divinità solare per eccellenza: la Poesia. Dopo aver girovagato per l’Europa, dopo aver assunto, calmierato, digerito le lezioni di Stephan Mallarmé, di Paul Verlaine, dei Preraffaelliti, di Algernon Charles Swinburne e, soprattutto, di Charles Baudelaire, Stefan vede (sintomaticità della preveggenza, della “chiamata”) la propria strada. Del 1892 è la creazione del gruppo di seguaci all’interno della rivista Blätter für die Kunst (traducibile come “Fogli per l’arte”), condotta assieme a Carl August Klein: cerchio mistico dentro a cui forgia la propria estetica, la propria auscultazione poetica. “Georgekreis” verranno chiamati i suoi infuocati complici. Per Stefan George la poesia è una religione, la massima condensazione del sacro che si rivela attraverso la lirica-magnete. La poesia è piena di antenne in perpetua tensione elettrica con l’Alto, con il Supremo. L’idea del poeta-sacerdote (tramite fra l’umano e il superno) propria della tradizione romantica si mescola alla congiuntura della decadenza, dell’ispirato meccanismo dell’angoscia. La “decadenza”: caduta, crollo, sbriciolamento di una civiltà arrivata all’acme del progresso, della sua raffinatezza.
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Stefan George, viso taurino, paradigmatico, e capelli spiritati, è il portavoce di una nuova razza di uomini capaci di un immediato contatto con la divinità (nel 1933, rifiutando ogni relazione con il regime nazista, che usufruì di alcune sue conclusioni estetiche, si esiliò in Svizzera, dove morì lo stesso anno). A 14 anni impara da solo l’italiano. Poi passa al polacco, al danese, al norvegese. Scriverà pure in inglese e in francese. Magistrali alcune sue interpretazioni da Dante, William Shakespeare, Arthur Rimbaud, Gabriele D’Annunzio. Il tentativo perpetuo di trascendere la propria lingua (il tedesco) con altre è l’avvertimento: impossibile farsi padroni del linguaggio, siamo la lira muta su cui agisce la lingua. Occorre spremersi, sprecarsi nel puro suono.
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“Nella poesia – come in qualsiasi altra manifestazione artistica – chiunque sia ancora preso dalla smania di voler ‘dire’ qualcosa o di ‘ottenere’ qualche effetto non è neppure degno di accedere all’anticamera dell’arte. Ogni spirito di opposizione, ogni cavillo o lite con la vita rivela uno stadio del pensiero ancora disordinato, e deve restare escluso dall’arte”, scrive George in Giorni e opere, dove la poetica diventa etica e l’enigma l’estro del reale (il libro, a cura di Giulio Schiavoni, è edito da Se; in Italia George, in opposizione alla sua importanza, è quasi scomparso: nel 2018 Elliot ha pubblicato L’anno dell’anima, a cura di Giorgio Manacorda).
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Il ritorno negli argini della propria lingua si avvera con una serie di raccolte (Hymnen, 1890; Pilgerfahrten, 1891 e, finalmente, nel 1892, Algabal) che già mostrano a quale dispersione e cesellatura (lavoro di bulino, da orafi, di accuratezza improponibile) sia costretto il verso. La poesia smagrisce, si smaterializza, diventa puro cristallo, trasparente, riflettente (come vuole il suo autore) le smagliature del divino. Eppure, in questo modo, la poesia si trasfigura, s’inabissa tra le mani di un padrone (il poeta) che prende diritto su di essa, potere di morte e di assoluzione. Il poeta si fa boia.
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D’altronde, George, proprio agli affiliati, non è del tempo (di questo, di altri): trascende. Si smarca dalla merce. Pretende di essere cercato, infine superato. La libreria non è il suo luogo, forse lo è la distrazione, la scoperta per fatalità, un parlare che implica i boschi.
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«Nel mondo ov’egli solo avviva e crea/ gode talvolta dell’alta inventiva,/ dove oltre il suo nessun volere regge/ e dove comanda alla luce e alla stagione». In sostanza, la parola è suono (trapassato e sfavorito ogni suo legame con il significato). La poesia non “dice” ma “suggerisce” (e “suggestiona”: la coincidenza attraverso cui si sperimenta la poesia non è quella della “comprensione” ma dell’“adesione”) «lo sguardo acuto dell’Uno». La sfolgorante galleria dei versi (imbrillantinati, ingioiellati) fa pensare ad un assoluto della tecnica rispetto alla necessaria evidenza istintuale, bestiale, della poesia. La tecnica, passaggio obbligato che avviene dopo l’aurora dell’istinto, in questo caso precede, domina, ingarbuglia la poesia (un Eliogabalo convulso, frenetico, spacciato è invece quello di Antonin Artaud, l’anarchiste couronné – “Eliogabalo o l’anarchico incoronato” – licenziato nel 1934 ed edito in Italia da Adelphi).
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«Nel pallore bello e ardito, traccia di vicenda grave,/ camminassi tu al mio fianco e non solo come un’ombra!»: la divinità è nebbia, inafferrabile, come l’essenza sottomarina (piena di muschi, coralli e spugne) della poesia, tramutata nel suo specchio. «Il tetto è vetro» («Das dach ist glas»), il Tutto è vetro, eterno rispecchiamento, raffigurazione (trafugamento) dell’opposto (nell’opposto). In cui la poesia si vanifica, si sfascia. Il poeta, un tempo mastro vetraio, ora raccoglie i frantumi, a bagliori, senza entità di ferita, arguzia in sangue. (d.b.)
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Fu una fortuna, perché la signorina Bárbara Lynch ebbe il tempo di riconoscere il dottore. Lo salutò con un gesto da vecchi amici, lo invitò a prendere un caffè finché passava la confusione, e lui se lo bevve incantato, contrariamente alle sue abitudini, ascoltandola parlare di se stessa, che era l'unica cosa che gli interessava da quella mattina e l'unica cosa che lo avrebbe interessato senza un minuto di pace nei prossimi mesi. Una volta, appena sposato, un amico gli aveva detto davanti a sua moglie che presto o tardi avrebbe dovuto affrontare una passione folle, capace di mettere in pericolo la stabilità del suo matrimonio. Lui, che credeva di conoscere se stesso, che conosceva la forza delle sue radici morali, aveva riso del pronostico. Molto bene: ecco che c'era. La signorina Bárbara Lynch, dottoressa in teologia, era l'unica figlia del reverendo Jonathan B. Lynch, un pastore protestante negro e asciutto che girava su una mula per i casali poveri della maremma a predicare la parola di uno dei tanti dei che il dottor Juvenal Urbino scriveva con la minuscola per distinguerli dal suo. Parlava un buon castigliano, con un sassolino nella sintassi i cui frequenti inciampi ne aumentavano la grazia. Avrebbe compiuto ventotto anni in dicembre, aveva divorziato da poco da un altro pastore, discepolo di suo padre, con cui era stata sposata male per due anni, e non le erano rimasti desideri di ricadere nello stesso errore. Aveva detto: «Non ho altri amori oltre al mio "turpial"». Ma il dottor Urbino era troppo serio per pensare che l'avesse detto intenzionalmente. Anzi: si domandò confuso se tante agevolazioni non fossero una trappola di Dio per poi richiederle con gli interessi, ma scartò l'idea dalla mente come un eccesso teologico dovuto al suo stato confusionale. Ormai sul punto di congedarsi, fece un commento casuale sulla visita medica del mattino, sapendo che niente è più gradito a un malato di parlare delle sue malattie, e lei fu così splendida nel parlare delle sue che lui le promise di tornare il giorno dopo, alle quattro in punto, per farle una visita più accurata. Lei si spaventò: sapeva che un medico di quella levatura era molto al di sopra delle sue possibilità, ma lui la tranquillizzò: «In questa professione facciamo in modo che i ricchi paghino per i poveri». Poi annotò sul suo taccuino: "signorina Bárbara Lynch, maremma della Mala Crianza, sabato, 4 del pomeriggio". Qualche mese dopo, Fermina Daza avrebbe letto quella nota accresciuta dei particolari della diagnosi e della terapia, e del decorso della malattia. Il nome attirò la sua attenzione, e improvvisamente le venne in mente che fosse una di quelle artiste scaricate dalle navi di frutta di New Orleans, ma l'indirizzo le fece pensare che più probabilmente doveva essere giamaicana e negra, ovviamente, e la scartò in modo indolore dai gusti del marito. Il dottor Juvenal Urbino arrivò all'appuntamento del sabato con dieci minuti di anticipo, quando la signorina Lynch non aveva finito di vestirsi per riceverlo. Fin dai tempi di Parigi, quando doveva presentarsi a un esame orale, non aveva provato una simile tensione. Stesa sul letto di lino, con una leggera combinazione di seta, la signorina Lynch era di una bellezza sconfinata. Tutto in lei era grande e intenso: le sue cosce da sirena, la sua pelle a fuoco lento, i suoi seni stupiti, le sue gengive diafane dai denti perfetti; e tutto il suo corpo irradiava una vertigine di buona salute che era l'odore umano che Fermina Daza trovava sulla biancheria del marito. Era andata all'ambulatorio pubblico perché soffriva di qualcosa che lei chiamava con molta grazia "coliche ritorte", e il dottor Urbino pensava che fosse un sintomo da non prendere alla leggera. Così palpeggiò i suoi organi interni con più intenzione che attenzione, e nel frattempo si dimenticava della sua stessa saggezza e scopriva sbigottito che quella creatura meravigliosa era altrettanto bella sia fuori che dentro, e allora si abbandonò alle delizie del tatto non più come il medico più qualificato del litorale del Caribe ma come un povero uomo di Dio torturato dal disordine degli istinti. Solo una volta nella sua vita professionale gli era accaduto qualcosa di simile, ed era stato il suo giorno di maggior vergogna, perché la paziente, indignata, gli aveva allontanato la mano, si era seduta sul letto e gli aveva detto: «Quello che vuole lei può succedere, ma così non succederà mai». La signorina Lynch, invece, si abbandonò alle sue mani, e quando non ebbe alcun dubbio che il medico non stesse pensando alla sua scienza disse: «Credevo che questo fosse vietato dall'etica». Lui era bagnato di sudore come se fosse uscito vestito da uno stagno e si asciugò le mani e la faccia con una salvietta. «L'etica» disse, «si immagina che noi uomini siamo di legno.» Lei gli tese una mano riconoscente. «Il fatto che io lo credessi non vuol dire che non si possa fare» disse. «Si immagini che cosa sia per una povera negra come me il fatto che un uomo così famoso si accorga di me.» «Non ho smesso di pensare a lei un solo momento» disse lui. Fu una confessione così tremante che sarebbe stata degna di compassione. Ma lei lo mise in salvo da ogni male con una risata che illuminò la camera da letto. «Lo so da quando ti ho visto all'ospedale, dottore» disse. «Sono negra, ma non stupida.» Non fu niente facile. La signorina Lynch voleva il suo onore pulito, voleva sicurezza e amore, in quell'ordine, e credeva di meritarseli. Diede al dottor Urbino l'opportunità di sedurla, ma senza entrare nella stanza anche se era sola in casa. Il massimo cui arrivò fu di permettergli di ripetere la cerimonia di palpeggiamento e di auscultazione con tutte le violazioni etiche che voleva, ma senza spogliarla. Lui, da parte sua, non riuscì a mollare l'esca una volta morsa e continuò nei suoi assedi quasi quotidiani. Per ragioni di ordine pratico la relazione continuata con la signorina Lynch gli era quasi impossibile ma lui era troppo debole per fermarsi in tempo, come poi si sarebbe verificato anche in futuro. Fu il suo limite.
L'amore ai tempi del colera - G. Garcìa Màrquez
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sweet-nightmheart · 2 years
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Oh my God, usually i don't make posts with just one picture, but this one absolutely deserves it! Very lucky guy!!
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therapeusonseauton · 7 years
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Polso apicale: apprezzabile, mediante fonendoscopio, in corrispondenza del quinto spazio intercostale emiclaveare sinistro; la sua auscultazione permette di percepire i primi due suoni cardiaci (S1 e S2).
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kon-igi · 7 years
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Buonasera Doc, e ormai anche buongiorno. Sono un ragazzo fumatore di 19 anni. Da tre/quattro giorni a questa parte ho una tosse sempre più profonda ed intensa (quando tossisco sembra che io stia per vomitare), non secca, non abbinata a raffreddore, con un mal di gola molto leggero ed emissione con la tosse di molto catarro. Non sto fumando da te giorni, sto tenendo sempre la gola coperta e prendo uno sciroppo che mi ha dato mia madre, ma non fa che peggiorare. Quanto mi dovrei preoccupare?
In una scala da 1 a friggo le patatine nell’olio per l’estrema unzione e ne mangio 3 chili, credo che lo debba decidere il tuo medico con un auscultazione di schiena e torace.
Tralasciando il pippone da immagine su pacchetto di sigarette, nemmeno io posso sapere se si tratta di una banale faringite o se è una franca bronchite, magari con broncospasmo e desaturazione.
E gli sciroppi da automedicazione che mi hai citato privatamente sono il male assoluto, in genere e soprattutto nello specifico.
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