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#bisbigliare
occhietti · 19 days
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Ci sono delle donne che si sentono diverse… non credono nelle cose in cui credono tutti gli altri, non hanno gli stessi desideri…
vorrebbero bisbigliare mentre gli altri urlano,
vorrebbero cantare mentre gli altri discutono delle solite cose,
vorrebbero disegnare mentre gli altri guardano la televisione,
vorrebbero parlare dell'universo mentre gli altri discutono del tempo,
vorrebbero sdraiarsi per terra mentre gli altri usano le sedie…
non sono donne facili, sentono a pelle, annusano le situazioni per decidere, credono dove sembra esserci il vuoto…
ma spesso sono proprio queste donne a fare la differenza…
- Simona Oberhammer
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smokingago · 1 year
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Eccoci qui distesi, amanti nudi,
belli per noi – ed è quanto basta –
solo di foglie di palpebre coperti,
sprofondati nella notte vasta.
Ma già sanno di noi, già sanno
queste spoglie pareti, queste tende,
ombre sagaci sulle sedie stanno,
e il tacere del tavolo è eloquente.
E sanno i bicchieri perché sul fondo
il tè avanzato si raffredda.
Swift ormai non può certo fare conto
che questa notte qualcuno lo legga.
E gli uccelli? Non illuderti per niente:
ieri li ho visti scrivere volando
con arroganza e apertamente
quel nome con cui ti sto chiamando.
E gli alberi? Qual è il significato
del loro incessante bisbigliare?
Dici: il vento forse ne è informato.
Ma di noi come ha potuto sapere?
Dalla finestra è entrata una falena,
e con le sue ali piccole e pelose
atterra e decolla di gran lena,
fruscia sul nostro capo senza posa.
Forse l’insetto meglio di noi è dotato
di vista acuta e vede più in là?
Io non ho intuito, né tu indovinato
che i cuori splendono nell’oscurità.
Wisława Szymborska
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ninfaribelle · 10 months
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Eccoci qui distesi, nudi amanti,
belli per noi – ed è quanto basta –
solo di foglie di palpebre coperti,
sprofondati nella notte vasta.
Ma già sanno di noi, già sanno
queste spoglie pareti, queste tende,
ombre sagaci sulle sedie stanno,
e il tacere del tavolo è eloquente.
E sanno i bicchieri perché sul fondo
il tè avanzato si raffredda.
Swift ormai non può certo fare conto
che questa notte qualcuno lo legga.
E gli uccelli? Non illuderti per niente:
ieri li ho visti scrivere volando
con arroganza e apertamente
quel nome con cui ti sto chiamando.
E gli alberi? Qual è il significato
del loro incessante bisbigliare?
Dici: il vento forse ne è informato.
Ma di noi come ha potuto sapere?
Dalla finestra è entrata una falena,
e con le sue ali piccole e pelose
atterra e decolla di gran lena,
fruscia sul nostro capo senza posa.
Forse l’insetto meglio di noi è dotato
di vista acuta e vede più in là?
Io non ho intuito, né tu indovinato
che i cuori splendono nell’oscurità.
(Wisława Szymborska)
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libriaco · 1 year
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Un racconto di Natale
« Davanti a te, Giovanni. Spara! Spaaaraaa!! »
Giovanni sentì il bisbigliare acuto e angosciato di Oreste; l’amico, invisibile nella notte della trincea, non era troppo lontano da lui.
Oreste era quasi un suo compaesano, i due vivevano in paesetti vicini, a pochi chilometri di distanza, ma si erano conosciuti lì, nel fango della guerra; avevano apprezzato l’uno il carattere dell’altro e la fiducia reciproca aveva cementato rapidamente la coppia, così che quando di notte c’era da fare un turno di sentinella, se c’era l’uno, si offriva di andarci anche l’altro: sapevano entrambi che, insieme, sarebbe stato più probabile essere ancora vivi, all'alba.
Grande, grosso, muscoloso e glabro, Giovanni; basso, piccolo, il corpo magro e nervoso, un filo di peli tra il naso e il labbro superiore, Oreste, di qualche anno più vecchio del camerata.
Giovanni non perse tempo a pensare; la notte era buia, non vedeva nulla, ma sparò, subito, dritto davanti a sé. Stette in ascolto, sentì un tonfo sordo, come di un cinghiale che cade, nella macchie della loro Maremma. Poi più nulla, nessun allarme durante tutta la notte; il nemico rimase tranquillo e così anche le trincee italiane.
Appena cominciò ad albeggiare i due, che solo allora riuscirono a vedersi in faccia, si fecero un cenno con la testa: volevano scoprire cosa fosse successo nella notte. Sporsero contemporaneamente e appena appena l’elmetto dalla trincea (non volevano certo che un cecchino li prendesse di mira!) e dettero un’occhiata veloce alla terra di nessuno davanti a loro.
Lì in mezzo, a pochi metri dalla loro trincea, c’era un omone, un colosso ungherese, morto sdraiato nel fango; due bombe a mano pronte per essere lanciate, altre che gli gonfiavano il tascapane a tracolla: il soldato aveva tentato, come qualche volta succedeva da entrambe le parti, un’azione isolata per prendere, da solo, la trincea nemica; non gli era andata bene.
Questa storia Oreste la raccontò cinquanta anni dopo, alla fine di un lungo pranzo di Natale; usò poche parole, semplici e secche, senza dilungarsi nei particolari, per ricordare un commilitone, un amico di tanti anni prima, “il Carli”, che probabilmente quella notte aveva salvato la vita di tanti fanti chiusi nella trincea e che, alla fine della guerra, non sarebbe stato tra i fortunati che tornarono a casa.
Nonno raccontava raramente gli anni della Grande Guerra, evidentemente non gli piaceva ricordare, e non indugiava nei particolari né si inventava storie di eroi che potessero attirare l’attenzione degli ascoltatori; io, bimbetto, sentivo le sue parole senza rendermi conto che parlava di sangue e di sofferenze, di vita e di morte: quel giorno mi colpì solo l’immagine del gigante ungherese carico di bombe e non pensai certamente che la mia stessa esistenza fosse legata ai fatti di quella lontana notte di trincea. Forse invece la morale del racconto del nonno era proprio questa: tu adesso sei qui solo perché quella notte Giovanni sparò.
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nanaaiyazawa · 10 months
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"Sai Nana...
"Non c'è giorno in cui io non speri di vederti seduta dall'altro lato del tavolo.
"Nel mio cuore non faccio altro che bisbigliare il tuo nome...
"...tante,tante volte..."
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Hachi ~ Nana manga cap.19
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lunamagicablu · 2 years
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C'era una volta un giardino ricco di fiori di ogni specie, in cui cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. La pianta era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi che non emanavano alcun profumo particolare. Le altre piante nobili del giardino la consideravano come un'erbaccia, e non le rivolgevano la parola. La pianta senza nome però aveva un cuore pieno di bontà, di sogni e di ideali.
Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra, e a giocherellare con le gocce di rugiada per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre. La pianta senza nome, invece, non si perdeva un solo raggio di sole. Se li beveva tutti, uno dopo l'altro, godendoseli appieno.
La pianta senza nome trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che con il passare del tempo il suo fusto, che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri.
Le piante del giardino cominciarono a darle attenzione e a nutrire anche un po' d'invidia per il suo bell'aspetto.
- "Quello spilungone, è un po' matto!", bisbigliavano dalie e margherite.
La pianta senza nome, non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei l'avrebbe seguito, per non abbandonarlo un istante. Non poteva certo sradicarsi dalla terra ma poteva costringere il suo fusto a girare all'unisono con il sole. Così, non si sarebbero lasciati mai.
Le prime ad accorgersi di questa iniziativa della pianta senza nome furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari!
- "Si è innamorato del sole!", cominciarono a propagare ai quattro venti.
- "Lo spilungone, è innamorato del sole!", dicevano, ridacchiando, i tulipani.
- "Oh, com'è romantico!", sussurravano, pudicamente, le viole mammole.
La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome, sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole!
Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo.
E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole giorno dopo giorno nella sua camminata attraverso il cielo.
Fu così che i garofani gli diedero un nome: Girasole.
Glielo misero per prenderlo in giro, ma nel giro di poco tutti lo accolsero come un nome bello. Piacque a tutti, compreso il diretto interessato.
Da quel momento, quando qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva, orgoglioso:
- "Mi chiamo "Girasole"!"
Rose, ortensie e dalie non cessavano, però, di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o peggio qualche sentimento molto disordinato. Furono le bocche di leone, i fiori più coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al Girasole.
- "Perché, guardi sempre in aria? Perché, non ci degni di uno sguardo? Eppure, siamo piante, come te!", gridarono le bocche di leone, per farsi sentire.
- "Amici!" - rispose il Girasole - "Sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole. Esso è la mia vita, e non posso staccare gli occhi da lui! Lo seguo, nel suo cammino... Lo amo tanto, che sento già di assomigliargli un po'! Che ci volete fare? Il sole è la mia vita."
Come tutti i buoni il Girasole parlava forte e l'udirono tutti i fiori del giardino. E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per l'innamorato del sole.
Il Girasole è considerato oggi come simbolo di perseveranza. Essa non è una virtù "cieca". La perseveranza è l'atteggiamento di chi si propone un obiettivo ben chiaro, un ideale. Poi, costi quello che costi, lavora sodo per raggiungerlo. Gli ideali possono trasformare positivamente le persone che li perseguono. da aforismi.meglio.it art by Emma3844 *************************** Once upon a time there was a garden full of flowers of all kinds, in which an unnamed plant grew right in the center. The plant was sturdy, but ungainly, with stringy flowers that didn't give off any particular scent. The other noble plants in the garden regarded her as a weed, and did not speak to her. The nameless plant, however, had a heart full of goodness, dreams and ideals.
When the first rays of the sun in the morning came to tickle the earth, and to fiddle with the dewdrops to make them look like iridescent diamonds on camellias, rubies and sapphires on roses, the other plants stretched lazily. The nameless plant, on the other hand, did not miss a single ray of sunshine. He drank them all, one after the other, enjoying them fully.
The nameless plant transformed all the sunlight into life force, into sugars, into sap. So much so that with the passage of time its shaft, which was previously stunted and weak, had become a wonderful sturdy, straight shaft, more than two meters high.
The plants in the garden began to give her attention and to feed even a little envy for her good looks.
- "The tall one, he's a bit crazy!" Whispered dahlias and daisies.
The nameless plant, he paid no attention to it. He had a plan. If the sun moved in the sky, she would follow him, not to abandon him for an instant. She certainly could not uproot herself from the earth but she could force her shaft to spin in unison with the sun. Thus, they would never break up.
The first to notice this initiative of the nameless plant were the hydrangeas which, as everyone knows, are gossips and wives!
- "He fell in love with the sun!", They began to spread to the four winds.
- "The tall man, he is in love with the sun!", Said the tulips, giggling.
- "Oh, how romantic!", The violets whispered modestly.
The wonder reached a climax when a magnificent flower blossomed atop the stem of the nameless plant that resembled the sun in an extraordinary way!
It was large, round, with a halo of yellow petals, a beautiful warm golden yellow.
And that big face, according to his habit, continued to follow the sun day after day as it walked across the sky.
So it was that the carnations gave it a name: Sunflower.
They gave it to him to tease him, but soon everyone welcomed it as a beautiful name. Everyone liked it, including the person concerned.
From that moment, when someone asked his name, he replied proudly:
- "My name is" Sunflower "!"
Roses, hydrangeas and dahlias did not stop whispering, however, about what, according to them, was an oddity that hid too much pride or, worse, some very disordered feeling. It was the snapdragons, the bravest flowers in the garden, that spoke directly to the Sunflower.
- "Why, do you always look in the air? Why, don't you worthy of a look? And yet, we are plants, like you!", Cried the snapdragons, to be heard.
- "Friends!" - answered the Sunflower - "I am happy to live with you, but I love the sun. It is my life, and I cannot take my eyes off it! I follow it on its path ... I love it so much, that I already feel to look a little like him! What can you do with it? The sun is my life. "
Like all good men, the Sunflower spoke loudly and all the flowers in the garden heard it. And deep in their little, fragrant hearts, they felt a great admiration for the lover of the sun.
The Sunflower is considered today as a symbol of perseverance. It is not a "blind" virtue. Perseverance is the attitude of someone who sets himself a clear goal, an ideal. Then, whatever it costs, work hard to achieve it. Ideals can positively transform the people who pursue them. from aforismi.meglio.it art by Emma3844 
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roxan-world · 21 days
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Ci sono delle donne che si sentono diverse
Non credono nelle cose in cui credono tutti gli altri, non hanno gli stessi desideri
Vorrebbero bisbigliare, mentre gli altri urlano
Vorrebbero cantare, mentre gli altri discutono delle solite cose
Vorrebbero disegnare, mentre gli altri guardano la televisione
Vorrebbero parlare dell'universo, mentre gli altri discutono del tempo
Vorrebbero sdraiarsi per terra, mentre gli altri usano le sedie....non sono donne facili, sentono a pelle, annusano le situazioni per decidere, credono dove sembra esserci il vuoto....ma spesso sono proprio queste donne a fare la differenza....🌹
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mediterraneosud · 3 months
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L' IRA DI UN DIO
"Ti devo parlare"
Disse Serena
Si incontrarono dove lavora lei.
Era un po' sulle sue
Seria
Si sedettero su una panchina, lei si accese una sigaretta si passò le mani sulle gambe , era agitata
- "Cosa succede? È successo qualcosa con il tuo ragazzo?"
"No... Ho visto che tu e Cassandra vi siete divertiti l'altra sera"
Subito il demone dentro Alex si agitò
Divenne serio.
- "Parla..." Rispose con voce secca.
"Lo conosco..."
Alex sogghignò
L'oscurità dentro di lui cominciò a bisbigliare ad accarezzarlo e accudirlo
-"Ma davvero? Hai capito la Serena" rispose con tono umoristico
"Si... A 18, 20 anni con mia sorella ci portavamo i cinquantenni"
Alex scoppiò a ridere e abbassò la testa
-"Ok... Continua..."
"Perché ridi?... E niente... Poi altre cose come sai con la Francesca con l'altra amica mia..."
- "Ok"
"Non dici nulla? Non traspare niente sei un po' inquietante"
- " Quindi?..."
"Vorrei proporti alcune cose..."
L'incendio dentro Alex bolliva di rabbia e dolore, l'oscurità in lui continuava a ripetergli "Te l'avevo detto che sono esseri inferiori sono feccia"
- Cosa vuoi propormi una cosa a 4 con il tuo ragazzo? Mi pare che avessi detto questo alla festa"
"Non solo... Quando alla festa avete parlato con il mio ragazzo e ti ha conosciuto ha detto che con te si è sentito non giudicato , libero. Lui è feticista dei piedi e appena avete parlato delle mie scarpe e dei piedi curati tu l'hai fatto sentire compreso. Gli hai detto che mi ci vedi Miss e che sono il tipo di donna da cui si parte dai piedi fino a salire."
- "Si... Ho detto esattamente questo è quello che penso."
"Poi il ragazzo di mia sorella..."
- "Ci osservava lo so "
"Fammi parlare per favore... Ha detto che siete una bella coppia perché siete liberi cioè ve ne fregate , ha detto che vi siete messi a giocare con i tappi della bottiglia o insieme al mio ragazzo a parlare di League of Legends e di sbarre di metallo su cui legare le gambe. È una delle poche volte che lui si apre così."
- "Fate cose tutti insieme e anche con tua madre giusto?"
"Non ti si può ingannare... Comunque si è capitato diciamo che sono qui più per mia madre. A mia madre sei sempre piaciuto, cioè ha detto che sei un bravo ragazzo e io gli ho detto ridendo se va beh è il peggiore di tutti è un diavolo."
- "Ringraziala è une bella donna anche lei molto composta"
Il sole ormai era sorto un freddo pungente nella città.
Tutto intorno c'era silenzio
"Mia madre mi ha detto che quelli come te sono i migliori a letto" disse Serena scoppiando a ridere
Era un po' imbarazzata, innocente quasi.
Ma Alex era serio, fermo , silente come la stessa morte . Perfino Ade si sarebbe inginocchiato dinnanzi a lui.
- "No."
La risposta fu secca, si perse subito nel vuoto della città ma sembrava riecheggiare come un eco nell'infinito.
"Ok... Ma perché a Cassandra non interessa? Cioè è troppo?"
La rabbia di Alex ribolliva l'oscurità avrebbe stritolato il collo di Serena fino ad annichilirla del tutto ad annullarla completamente.
- "Al parco giochi mi chiesi se mi piacessi ancora. Ma 3 anni fa se ben ricordi ti avevo travolta stavi con un co***one che pensava solo al lavoro e gli hai messo più corna tu che non so chi. Uno zombie mo**o dentro.
Il fatto è che vi fanno proprio con lo stampino a voi, siete tutti uguali , noiosi , scontato , privi di qualsiasi virtù. 3 anni fa ci hai giudicato hai fatto sch**o e non solo non sei stata mai sincera anche in macchina l'ultima volta. Vedi tutto quello che mi hai proposto per me è come bere un bicchiere d'acqua ma mi repelle la tua falsità... Dimmi... Serena perché dovrei dirti di sì?"
"Mi ha spaventato la tua intensitá, non sono tutti come te anzi per dirla tutta nessuno lo è e poi..."
Alex era in lacrime, odiava il mondo intero , esseri inferiori...
- "Pensavi di scandalizzarmi? O che ti giudicassi ? Sai che ca**o me ne frega? Il fatto è che mi ricordi troppo una donna... "
"Scusami... Ma non è facile"
- "Che cosa? Essere veri? Dire la verità? Essere sinceri? Credi che non sentissi già quello che eri? Io sento tutto prima, ho qualcosa dentro che mi fa vedere prima cosa siete... Non potete nascondervi ai miei occhi!"
"Avevo paura... "
- "Dovresti avere paura di quelli che ti sco***o senza amore, della falsità, della menzogna se proprio devi avere paura di qualcosa non della passione! Non dell'amore! Dovevi dirmi la verità in quel momento quando sentivi addosso tutto non ora! Non ora perché hai visto che viviamo le cose anche io e Cassandra e allora perché ti ho spiattellato i video in faccia della serata e di quello che abbiamo fatto dopo hai deciso che andavamo bene. Non devo dimostrare niente a nessuno! E non sono io a dover essere valutato!"
"Non ti conoscevo bene... Scusami... Di alcune cose me ne vergogno del mio passato"
- "All'Amore non frega un ca**o del tuo passato! Quando qualcuno ama veramente accetta tutto quello che c'è in una persona luce e ombre e vive tutto e quello che per voi è il sesso libero il sesso intenso ecc per l'Amore è niente è noia. Per quello che porto dentro siete risa ... Siete un gioco."
"Lo so... Scusa"
- "Sai cosa penso che ti sei riavvicinata a me solo perché sto diventando un figo e sono dimagrito solo perché hai capito che ho tutto e sono tutto e si te lo dico io non ci sarebbero problemi a sco**rti qui in piazza davanti a tutti. O e non solo a fare molto peggio questo è niente "
"Lo so.. ma sei tu che sei così... Sei diverso... Sei più unico..."
- "Non dirlo! Non dirlo porco D*o!
Vattene... Amo un'altra donna vai a lavoro."
"Certo perché l'amore giustifica tutto vero?"
- "No... L'amore non è mai perdonato mentre lo sch**o, il marciume , il male viene sempre giustificato."
" Altro che angelo tu sei il diavolo davvero"
- "Si! E va benissimo così! Ringrazia tutti e salutameli"
Alex prese e se ne andò scoppiò in lacrime lungo la strada di casa urlava nel silenzio.
L'oscurità in lui gli parlava lo abbracciava gli sussurrava perfino.
Parlò con sé stesso:
"Che cosa hai deciso di fare?" Chiese l'oblio
- "Andiamo a caccia..."
"Si mio Signore... "
- "Chi si frappone tra me e lei distruggilo"
"Esige questo?"
- "Esigo prendermi il mio posto accanto a lei"
"Cosi sia..."
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bangtan--013 · 5 months
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la gente in biblioteca non ci sa proprio stare porcodio ma sta cazzo di sedia alzala invece di strusciarla e se devi raccontare i cazzi tuoi alla tua amica andate in un bar perché il vostro bisbigliare è FASTIDIOSO
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braschig · 1 year
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Esercizio XII
O notti, o dèi che abitate le notti, quante le volte che stringendo gli occhi da miope alle stelle — pioggia e pulviscolo di luce in questo buio che persiste, accese braci lungo il Simoenta prima del grande assalto — vi ho parlato, tacendo (mentalmente col dito come su condensa di vapore allo specchio rintracciando il disegno del Carro Grande e Piccolo, di Orione degli amati Gemelli) una preghiera timida e segreta, insistente ed antica ritmata apposta sull’impercettibile respiro cosmico di sottofondo.
O notti, o dèi che abitate le notti, quando accanto al cancello fitti fitti — come rastrelli appoggiati di sghembo nel fienile di un casolare abbandonato — l’amica di una vita e io sereni, bisbigliando come quasi nascosti da noi stessi, parlavamo ed attorno era un silenzio maestoso d’adagi, comodo, disteso soffice d’afa, attonito, nel caldo di un’estate primigenia prototipo di tutte quelle estati oscure e dense con un cuore acceso di cinabro soffocato, dentro di me vi ringraziavo per quella quiete immensa, travolgente.
O notti, o dèi che abitate le notti, nascosto nel Cavallo, trepidante, spasmodico di attese e di rinvii, fatto crudele e ansioso ormai compagno d’armi di Neottòlemo, agognando alla lotta eppure pavido, irresoluto eppure già proteso a vedere alla fine per folle batticuore di patemi brevi e violenti (quasi sordi scoppi) Ilio cadere ormai tutto combusto, ho scorto, allora, certo per volere divino dalla rocca di Pergamo di me, della città, di tutto quanto, infine, la rovina ed era gioia in me caparbia d’assassino.
O notti, o dèi che abitate le notti, sconsolato in ginocchio io vi prego, vi imploro, vi scongiuro non levate quel velo che ai miei sguardi ingenui e dissoluti rende occulto il dissesto del mondo (ché non so, ahimè non so gestire proprio no, non so gestire quello che non duri): non fate che io sappia quanto rimpiangerò le sere tutte passate accanto a quel cancello a bisbigliare fitti fitti con l’amica di sempre, la mia fida, che avrò, poi, sconfessato e poi tradito, mentre si estingua fra scintille accese fra crepitii roventi anche il mio cuore delinquente e infedele.
O notti, o dèi che abitate le notti, se potete, arrestate lontane e vaghe le rivoluzioni di pianeti, di stelle, di galassie che non possa sapere quanto invano avrò cercato i miei rivolgimenti, avrò agognato invano cambiamenti; che non possa sapere quanto invano avrò desiderato pace e solitudine, l’assenza di frastuono e compagnia, del ciarlare sconnesso dei telefoni, questa o quella notifica bizzarra per ritrovarmi, poi, solo vuote mansarde e cieli gelidi refrattari d’inverno. O notti, o dèi che abitate le notti risparmiatemi almeno quell’abbraccio disperato — quando sarà tutto caduto —, vano con l’ombra degli amori che ho perduto, col fumo delle mie passioni spente, ché già sfuggono al tocco delle mani quante figure amate avranno assunto materia ormai volubile di sogni.
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nonesistesperanza · 1 year
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Qualche giorno fa ho ragionato con qualche bella testa del valore delle prime righe di uno scritto. L’incipit, che rivela il livello e la competenza nella scrittura. L’incipit da cui si dipartono tutti i fili e le atmosfere che segneranno la storia.
Ed ecco qui uno splendido incipit, uno dei più belli mai letti…
“Sono nato il 28 aprile 1882 a Tortisambert, ridente paesino del Calvados; dopo Livarot, sulla strada per Troarn, se ne scorge sulla sinistra la punta del campanile.
I miei genitori avevano una drogheria che gli fruttava, su per giù, cinquemila franchi all'anno.
Eravamo una famiglia numerosa. Oltre a due figli di primo letto, mia madre aveva avuto con mio padre un maschio e quattro femmine. Poi c'erano la madre di mio padre e - a pareggiare il conto, per così dire - il padre di mia madre; in più, c'era anche uno zio sordomuto.
A tavola eravamo in dodici.
Da un giorno all'altro, un piatto di funghi mi lasciò solo al mondo.
Solo, perché avevo rubato otto soldi dalla cassa per comprarmi delle biglie - e mio padre, al colmo dello sdegno, aveva fatto la voce grossa: « Hai rubato, e allora per te niente funghi! ». I vegetali funesti li aveva raccolti il sordomuto - e quella sera in casa c'erano undici cadaveri.
Il giorno del funerale, mentre a testa bassa e occhi asciutti camminavo dietro quegli undici feretri, mi chiedevo se il fatto di essere stato miracolosamente risparmiato non mi desse un tantino l’aria di averli assassinati tutti io – e intanto, alle spalle, sentivo bisbigliare: «Ma lo sa perché il piccolo non è morto… Perché ha rubato!» Sì, ero vivo perché avevo rubato. Di lì alla conclusione che gli altri erano morti perché erano onesti.”
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sangennaro · 2 years
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You been working on any DOPE JAMS of late?
oh yah I'm always doing that. Over the course of the plague tho there was a two-stage trifurcation, kinda like when Superman died of Covid and tuned into a robot and a little boy and a lady and an Eradicator.
The fist split produced Some Fool, who makes the Alien RennFaire soundtrack to a long narrative Dying Earth fantasy poem called The Latten Legend. The music and art and everything for the first 2 "books" of The Latten Legend are finished but I'm still writing chapter 14 of the poem (which is the final chapter in "book 2") and I wanted to release book 1 + 2 at the same time, cuz the story has a real "bait & switch" thing going on over the course of those 14 chapters.
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The music will be available in cassette and digital form on Bandcamp before this year is over. Both will come with a fancy pdf of the corresponding chapters of the poem. Hopefully there will be a 2nd edition at some point that comes with the poem in a physically printed book, but each book of the poem is about 100 pages long, so I think that's contingent on a solid mob of people (or 1 daring person with a bunch of disposable income to burn) getting psyched about a new poem that's actually metrical/rhyming/funny/narrative, and/or psyched about an epic fantasy tale that confronts the important Post-Tolkien-Turned-Into-Expensive-Action-Movies question, "Does our deranged culture even have the ability produce a fantasy story that doesn't lionize Heroes who must ultimately use violence to overcome significant crises??" Anyway, that's Some Fool, who might crassly be called "the dungeon synth alter" or "fantasy ambient alter" although the music itself is not all that overtly synth or ambient.
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The second splitting occurred at the beginning of the summer. Alongside the Fool-ish music/verses, another tulpa crawled out of my uterus named Largo Bisbigliare who does really slow and quiet jazz-inflected tunes, because that's the kind of vibe I like to put on when I'm at my weekend job working the graveyard shift at a luxury condo complex. I have a kind of high drama concept for playing this music live that involves some real instruments and clowns, so the plan is to finish an album's worth of Bisbigliare songs beautiful enough to force some of my fav saxophonists and drummers and actors to join Bisbigliare's orchestra. (I mean, it's really just a band, but since there's classy counterfeit strings and brass and a bunch of Duke Ellington inspo going on, Largo calls it an orchestra.) A vulgar way to put it might be "the doomjazz alter" but Bisbigliare tracks are a little more like Low Akira Yamaoka having babies with Paul Hardcastle than Bohren so idk. I'm gonna start putting these up on bc in pairs (like counterfeit 78s) for $pay-what-you-want soon.
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BUT a thing that happened was when summer started I got asked to play a show and so I spent most of May-August focused on an hour's worth of old school 2steppy/deephousey groovebox jams for maximum utility at a rave/dance party situation. That guy's name is Salisbury Julius & I wanna try to play a couple more dance parties over the next few months and record them and then cut together the best renditions for Julius' inaugural release, which is called "Tallness" because there's a song with this counterfeit French lady's voice chanting, "All Small Girls Love Big Tall Guys / That's How It Goes / Everybody Knows Why." So that'll come out after I play a couple more dance parties and record them and then cut together the best renditions.
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