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#chiaccherare
ex-disumana · 6 months
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Qualcuno con cui chiaccherare un po'? Mi annoio sincera
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Mi fate sentire sempre fuori posto, non so più chi sono, cristo. Sono stanca di dover fingere e non poter essere ciò che sono. Sono stronza, sono antipatica, rido poco e sono sempre arrabbiata, cazzo fatemi vivere la mia vita così. Non fatemi sentire in colpa per quello che sono, per come rispondo.
Tutti siete convinti che io sia solare, felice e fa ridere tutti, non lo sono più da anni e non c'è nemmeno una persona che mi ispira fiducia.
Mi vorrei così tanto aprire e sfogarmi, mi serve adesso sfogarmi ma anche se ci siete non riesco a fidarmi.
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i-mmaginando · 2 years
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Avrei voluto essere un maschio per fare delle lunghe chiaccherate con il mio alter ego (quando non diventa rosso)
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lovesexykove · 2 years
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Qualche notturno per fare due chiacchiere? ✨
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themoodofthesky · 6 months
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Raccontatemi qualcosa
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crisalidedipaure · 1 year
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Qualcuno a voglia di chiacchierare?
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bromazepamgtt · 1 year
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Come si riconquistano le persone?
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lizzyspace · 2 years
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Qualcuno a cui vanno due chiacchiere sincere ?
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soggetto-smarrito · 23 days
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Mi piace stare in questa tana.
Vi entro per chiaccherare, postare qualche pensiero..
a volte anche sconcio.
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Ogni blog che metto è studiato per sottrarre.
Riempire a caso..
non mi pare il caso,
meglio dare l'idea di un nido,
un luogo dove fermarsi e contemplare
le idee bislacche di un amico.
soggetto smarrito
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b2wtch · 2 days
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Ma se qualcuno, un qualcuno a caso (tipo me medesimo), volesse chiaccherare con te, come deve fa'? Chiedo al fine di seguire l'iter burocratico più corretto
ahahahhaha fammi capire chi sei e vedo
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precisazioni · 9 months
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ho da tempo il pensiero che alle altre persone fare certe cose riesca più semplice che a me; mi riferisco, in particolare, ad alcuni aspetti che in linea teorica dovrebbero essere gestiti con naturalezza (che poi il significato intrinseco di questa parola non mi sia concretamente chiaro è un altro paio di maniche): trasporre all'atto pratico la propria creatività, socializzare con le persone; queste attività, sintetizzabili nel concetto di comunicazione, dovrebbero venir fuori con fare spontaneo e per cui devo invece consultare un manuale mentale
meglio precisare: è ovvio che vi possa essere un substrato di finzione così com'è altrettanto scontato che in molti abbiano insicurezze e traumi; sarebbe sciocco pensare altrimenti. quel che trovo meno diffusa è la sensazione di alienazione, di blocco emotivo, di vuoto mentale nello svolgimento di fatti apparentemente ovvi. qualsiasi persona creativa è entusiasta all'idea di esprimere la sua creatività; perché all'atto di suonare ne coseguono pressione ed emicrania? perché le conversazioni sono ancora così impegnative e ingestibili?
l'idea è che ci sia come un'ostruzione tra l'intenzione di comunicare e l'atto stesso: le informazioni comunicative si perdono nel percorso. con la musica mi sento ingessato; nell'arte visiva ho idee creative ma mi blocco nella realizzazione. mi perdo in inezie: quale sia la migliore saturazione, un discorso troppo retorico sul tratto migliore per fare un disegno che mi impedisce di disegnare in toto, e in genere il sentore che mi manchi quel tassello di slancio per cui - voglio parlare e lo faccio, voglio disegnare e lo faccio, voglio suonare e lo faccio
parlare non è un atto spontaneo, devo attivamente riflettere su cosa dire, non vi è nulla di istintivo nel chiaccherare. contro ogni previsione forse va meglio con gli estranei: lì il copione è tutto sommato simile, mentre con chi si ha confidenza la situazione diventa di difficile o insostenibile gestione. non escludo ci sia stato un miglioramento: da ragazzino chissà quante persone avrò ferito con le cose che dicevo e di cui neppure mi rendevo conto, o chissà quante volte sarò stato preso in giro per le assurdità che millantavo. sarò migliorato, non completamente, ma la stanchezza nel gestire un dialogo permane
ho il dubbio se a vivere queste situazioni, che non paragonerei all'ansia quanto più ad uno stato quasi imprescindibile di competenze normalmente date per scontate, sia una minoranza di cui faccio parte o se la narrazione che viene svolta sui concetti di comunicazione e immedesimazione è talmente approssimata da creare un disagio di massa di cui però non si ha consapevolezza né discorso comune
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Si ricomincia a essere soli.
Il problema è che adesso fa più male perché credevo che finalmente avevo trovato quella persona con cui parlare veramente, potersi in qualche modo sfogarsi, definirlo amico senza aver paura di perderlo, ma forse ho sbagliato...
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nusta · 10 months
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Ho appena passato una bella serata con una mia amica ed era un po' che non mi capitava e sono contenta. Mi piace stare in giro di sera e di notte, vorrei farlo più spesso, anche se poi la mattina dopo la stanchezza si fa sentire.
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Siamo state a teatro a vedere uno spettacolo che era un po' stand up comedy e un po' monologo biografico al femminile da donna moderna ma non troppo o forse sì o forse non abbastanza ma ci si prova e questo alla fine è quello che conta e mi è piaciuto molto, mi sono pure commossa in un passaggio.
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Poi siamo andate a fare la cosa che evidentemente tutti i bolognesi questa settimana stanno facendo, ovvero la passeggiata lungo il portico di San Luca illuminato con le luci dei concerti di Cremonini. Abbiamo resistito 10 minuti, poi tra la folla e il ritmo del cambio luci, stavamo per strippare e siamo tornate sui nostri passi. Peccato perché avevamo trovato un parcheggio comodissimo senza nemmeno cercarlo, ma come notava giustamente la mia amica "pensa quanto sarebbe stata peggiore la delusione se avessimo resistito 10 minuti dopo aver cercato per mezz'ora!"
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Poi siamo state a chiaccherare camminando giro in giro sotto casa mia, perché panchine manco l'ombra nella mia zona, scambiandoci le impressioni su Il Colibrì, dato che la terza amica del mini book club ha desistito e ci ha dato il via libera al commento. A lei è piaciuto più che a me, ci siamo chieste anche se averlo "letto/ascoltato" come audiolibro (con un bravo lettore, peraltro) abbia avuto il suo peso, specie in alcuni capitoli che a me sono risultati molto noiosi.
Per fortuna mi ero segnata le mie impressioni a lettura fresca, perché di alcune cose mi ero già dimenticata. Ho pensato che dovrei farlo più spesso, di scrivermi le impressioni a caldo, ma come tutti i miei buoni propositi non so se resterà nel cassetto. Vorrei farlo per lo spetttacolo di stasera e per Wild, che ho finito l'altro giorno, così come per altri libri o film che ho amato e che consiglierei.
Mo' però è tardi e devo per forza andare a nanna, sennò chi ci va domani in ufficio. Uffa però, queste serate non dovrebbero finire mai u_u
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matto77 · 1 year
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PENSARE E' DIVENTATO UN TABU?
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Da bambino restavo per ore a guardare nelle lunghe settimane d'estate il pollaio di mio nonno. Le galline beccavano senza sosta il loro mangime sparso a terra. Erano i tempi immortalati da Paolo Conte in Azzurro dove anche all'oratorio non restava "nemmeno un prete per chiaccherare". Ma erano anche quelli di Cochi e Renato che spiegavano in una loro celebre canzone che "la gallina non è un animale intelligente". Il mio sguardo di bambino perlustrava il comportamento delle galline per scoprire le ragioni di questa diagnosi impietosa. Improvvisamente l'illuminazione: sono stupide perché non smettono di mangiare, perché dipendono dalla presenza costante dell'oggetto che deve essere sempre a portata di bocca. Era forse questo il segreto della loro intelligenza ridotta? Le galline non sono animali intelligenti perché non sanno fare esperienza dell'assenza dell'oggetto, del suo ritrasi altrove, non sanno guardare oltre la semplice presenza? Non a caso per Freud è proprio questo passaggio dalla presenza all'assenza che è all'origine dell'attività del pensiero; solo se il bambino fa esperienza dell'assenza dell'oggetto (il seno è il suo prototipo) può accedere all'atrazione simbolica del pensiero. Ma non è forse questa la condizione imposta dall'esistenza del linguaggio? Non è forse l'evento della parola che ci insegna che qualcosa può essere evocato grazie a un segno senza che sia necessaria la sua presenza? Non nasce da qui - da questa sostituzione della presenza con l'assenza -, la straordinaria magia della scrittura e della lettura: fare esistere mondi, renderli presenti nella loro evocazione simbolica, sullo sfondo della loro assenza? Lacan lo teorizava radicalmente in modo hegeliano: il linguaggio uccide la Cosa. La parola "elefante" esiste e rinvia al suo significato senza che sia necessaira la presenza reale dell'elefante.
Il nostro tempo ha reso il pensiero un tabù? Quello che più conta oggi non è tanto il pensare quanto l'agire. Sembra un'evidenza: non è il pensiero a essere la virtù più celebrata quanto l'agire. Ma quando l'azione si stacca dal pensiero - come insegna con abbondanza di esempi la clinica psicoanalitica - tende ad assumere la forma di un passaggio all'atto, ovvero di una scarica all'esterno di quelle tensioni interne che la vita non riesce a tollerare. Non è forse questo un modello che aiuta a comprendere la spirale di violenza che ci circonda? Anzichè elaborare simolicamente i conflitti che attraversano la nostra vita indivudale e collettiva, meglio evacuarli direttamente nella realtà attraverso passaggi all'atto cruenti. La via breve della violenza vorrebbe sostutire la via lunga del pensiero.
Ma perché il pensiero, diversamente dal passaggio all'atto, esige tempo? Esso sorge circondando l'assenza dell'oggetto più che la sua presenza. In questo senso il pensiero è affine al lavoro del lutto così come il passaggio all'atto è affine al suo rigetto. Secondo Bion il bambino accede al pensiero a partire dalla frustrazione legata alla assenza del seno. Di fronte a questo vuoto si aprono due possibilità: una è quella di allucinare l'oggetto assente rendendolo presente, l'altra è quella di sperimentare l'assenza dell'oggetto rendendola generativa di pensiero. Tuttavia c'è, sempre secondo Bion, un'altra condizione essenziale affinché l'esperienza del pensiero si renda possible come alternativa a quella del passaggio all'atto: il pensiero non è autoctono, non si genera da sè, ma si nutre dei pensieri della madre, di come, innanzitutto, la madre "pensa" il suo bambino. Il che significa che la possibilità di rispondere all'assenza frustrante dell'oggetto non dipende da un qualche inattivismo, ma dalla presenza dell'Altro che coi suoi pensieri nutre, feconda, fertilizza il mio stesso pensiero. E' quello che Bion definisce rèverie materna: il pensiero della madre consente la germinazione del pensiero del figlio.
Il pensiero sta diventando oggi davvero un tabù? Viviamo nel tempo dove il passaggio dalla presenza all'assenza che custodisce l'origine del pensiero sembra ostruito. La dipendenza dalla presenza degli oggetti - sopratutto di quelli tecnologici - rafforza l'esigenza della presenza perpetua a scapito di quella dell'assenza. L'accorciamento straodinario delle distanze se per un verso è una grande opportunità per la nostra vita sociale, per un altro contribuisce a evitare l'esperienza, necessaria alla parola e al pensiero dell'assenza. Tutto è permanentemente connesso, accessibilie, potenzialmente sempre presente. Ma se tutto è sempre presente, accessibile, se tutto ciò che esiste è solo tutto ciò che è presente, allora non viene lasciato salcuno spazio alla possibilità della poesia, dell'evocazione dell'assenza, dell'esperienza della distanza che non si colma. In una parola al pensiero. E' una evidenza psicologica diffusa: gli esseri umani fanno sempre più fatica a rinunciare alla presenza dell'oggetto. In un convegno di qualche anno fa discussi animatamente con un celebre psicologo nordamericano che esaltava l'ipotesi, a suo giudizio niente affatto remota, che il nostro setesso corpo fosse destinato nei prossimi decenni a "riempirsi" di protesi tecnologiche in grado di assicurare una connessione perpetua al mondo virutale. Sono quegli oggetti che Lacan non a caso descriveva già alla fine degli anni Settanta del secolo scorso come delle "ventose" destinate a modificare l'assetto del nostro stesso corpo. Si tratta di una nuova "mutazione antropologica" che radicalizza le analisi di Pasolini intorno all'incidenza degli oggetti di consumo sulla vita umana. Non solo l'oggetto finisce per essere sempre più essenziale alla vita ma trasforma la vita stessa in una sua protesi rovesciata.
I Tabù del mondo - Massimo Recalcati
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oggi più che mai grata per aver rifiutato l'uscita con l'ex abusivo che "voleva prendere un caffè e chiaccherare" e grata perché in quel momento avevo accanto una persona che aveva appoggiato il mio rifiuto e mi aveva detto qualcosa tipo "se si presenta non ti si avvicina perché lo ribalto se ti tocca ancora". (S, grazie)
grata per aver avuto persone magari tossiche per qualcosa ma non abusive, non a quei livelli.
grata perché ora ho una relazione sana con una persona sana e buona.
grata perché avrei potuto essere solo un numero, un nome nella lista e non lo sono.
oggi più che mai, grata per essere in vita.
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chouncazzodicasino · 7 months
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Io non non vorrei arrabbiarmi ma PORCO IL CLERO com'è possibile che la gente se vede che una ragazza (mi do della ragazza) trasporta per 4/QUATTRO/*faccio quattro con le dita* volte per un tragitto di circa 25 metri (macchina in sesta fila perché sia mai che sto paese di merda trovi parcheggio vicino - ingresso del negozio) delle latte di pittura da 15 litri del peso di circa 25 kg l'una e soffre, sbuffa, le cadono le chiavi dalla tasca, smadonna, suda, si deve fermare a riprendere fiato, per quattro volte l'ho già detto e poi di nuovo fa avanti e indietro con altre cose sempre pesanti e grandi DI FRONTE a (li ho contati) 9 ragazzi di un cantiere di telefonia a pochi metri che mi guardano e sorridono, una coppia di passanti ferma esattamente davanti al mio negozio a chiaccherare tanto che gli devo chiedere "permesso" per inserire la chiave nella toppa, altre persone di passaggio che hanno fatto esattamente il mio stesso tragitto, com'è possibile che a nessuno sia venuto in mente di chiedermi se mi servisse una mano? Anche solo per scena. Di fronte ad una palese difficoltà, ragazzi ero e sono dolorante. Com'è possibile? Non capisco. Sarà che io sono stata educata in modo diverso e se vedo una persona (uomo donna grande piccolo) che magari ha difficoltà a portare una cosa mi viene istintivo chiedere, ma ci sono rimasta di un male di un male...e adesso c'ho un male alle braccia, ma un male.
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