Tumgik
#citazioni popolari
mi-drogo-di-rap · 2 years
Text
“Ricorda quel dolore, quel dolore fa bene.”
89 notes · View notes
5oliloquio · 24 days
Text
Duran troppo tempo quelle notti in cui rivoglio il tuo sorriso
11 notes · View notes
theblackmonde · 1 year
Text
Da cosa pensate nasca tutto questo narcisismo? Patologico forse ormai. Da cosa pensate che nascano tutte queste insicurezze? Tutto questo egoismo? Tutto questo squilibrio da ciò che è tossico e ciò che è sano? Non ce ne rendiamo neanche più conto. Perché forse siamo talmente feriti in profondità che pure l’amare se’ stessi non SEMBRA per niente FACILE, anzi, sembra rovinare il resto e trasformarsi in fango, sembra DOVER sopraffare il DARE agli altri, considerato INUTILE, SBAGLIATO, come se ci togliesse qualcosa.
E ci perdiamo continuamente nella superficialità e non nella leggerezza.
Nell’ignorare, nel TRASCURARE.
Perché forse non siamo più in grado di amarci e lasciarci amare.
Forse ci manca un po’ di coraggio.
Ma possiamo essere liberi.
E FELICI.
M.A.
16 notes · View notes
rideretremando · 1 year
Text
"UN CUORE CHE NON DORME. SU DUE POESIE D’AMORE DEL NOVECENTO ITALIANO (2018)
Chi volesse allestire un’antologia di belle poesie d’amore del nostro Novecento, magari per disporre di un bacino di citazioni a uso anche privato, non avrebbe la strada facile. Non, almeno, se pretendesse di trovarsi tra le mani un canzoniere che celebra l’eros nella sua pienezza – l’eros al tempo stesso eccezionale e quotidiano, inconfondibile e universale. Chi dispiega apertamente il suo canto amoroso, se si escludono l’ossessivo riduzionismo efebico di Sandro Penna e la meteoropatia emotiva della penniana Patrizia Cavalli? Ci sono, è vero, lirici suggestivamente terrestri e sensuali, perfino in senso linguistico, come Gatto, Betocchi e certo Caproni, non a caso cresciuti anche loro, accanto a Penna, sul rovescio del tessuto ermetico: ma finiscono quasi sempre per diventare o troppo domestici o troppo sfuggenti, ripiegando su una freschezza insieme patetica e pudica e partendo per la tangente del manierismo. Ci sono, ancora, poeti erotico-famigliari alla Sanguineti o alla Giudici, che non esitano a palpare i corpi e a immergerli nella vita di tutti i giorni: ma lo fanno esibendo preventivamente il falsetto, il passaporto di una vezzosa diplomazia crepuscolare; così come il primo Pagliarani e Massimo Ferretti schiacciano altri corpi sotto la loro musica avida e guascona. Quanto a Sereni, i suoi rossori di innamorato vengono subito puniti da una reticenza brusca che li lascia a galleggiare nel vuoto. La nostra lirica novecentesca, osservava Garboli mezzo secolo fa, è “altamente ‘omosessuale’ ”, nel senso di una estrema introversione del tema amoroso: in genere “s’ispira a presupposti assoluti, di a tu per tu con Dio, sdegnando le sparpagliate occasioni del ‘sentimento’, i suoi trasalimenti, i suoi brividi, le sue piccole e struggenti ferite. La poesia moderna è tutta ‘intellettuale’ (…) Respinge le situazioni da fumetto, il ‘lui e lei’. Il poeta contemporaneo” non si può immaginare “innamorato degli aspetti femminili della vita quali la gioia, la giovinezza, lo splendore della pelle, una bella mattinata piena di sole, le ore della felicità che è sempre rubata, sempre momentanea, sempre sul punto di essere uccisa”.
Del resto questa lirica non è che l’ultimo, stravolto capitolo di una storia poetica occidentale che può leggersi in chiave rougemontiana. È la storia che mantiene al centro l’“amore dell’amore”, Narciso e Tristano: quella tenuta a battesimo dai versi provenzali, stilnovisti e petrarcheschi in cui si sublima l’oggetto del desiderio fino a farlo sparire, secondo una metafisica che torna vestita di panni moderni nell’opera di un Montale. L’amore innalzato all’empireo, si sa, si specchia poi in basso nelle sue caricature popolari, nelle deformazioni carnevalesche che non fanno che sancirne la supremazia; così come le demoniache donne romantiche e baudelairiane, dietro il loro teschio di streghe, di bestie e di carogne, lasciano intravedere il volto etereo dell’angelo caduto.
Ciò che questo Occidente rimuove all’origine è la nudità dei classici: il loro tranquillo intreccio di cerimoniosità rituale e affetto scanzonato, l’umiltà con cui si volgono al desiderio e all’osceno (a ciò che c’è nell’eros di irrevocabile e tremendo, ossia di sacro) proprio mentre ne abbozzano con tratti lievi gli episodi più prosaici. I moderni hanno eletto questa nudità a mito irraggiungibile; e se a volte hanno creduto di vederla riapparire a lampi in qualche loro contemporaneo sfuggito alla morsa della Storia – e magari, per via omosessuale, sfuggito pure al “lui e lei” - l’hanno celebrata come fosse un miracolo. Perché la norma, al contrario, è appunto l’atteggiamento di chi ruota sempre intorno alle aporie dell’amore genialmente descritto da De Rougemont - di chi ne assalta, scalfisce o spernacchia l’idolo per poi tributargli un inevitabile omaggio, o addirittura per rendere ancora più impalpabile e onnipresente il suo fantasma. Questo fantasma, è vero, a un certo punto s’incarna anche al di fuori del mero rovesciamento burlesco: ma l’incarnazione viene allora appaltata al romanzo ‘medio’, o a quel cinema a cui subito, con pochi ritocchi, un tale romanzo si propone come sceneggiatura. Lì, nello specchio narrativo di una società ormai laicizzata, l’afflato idealizzante e romantico rivela il suo spirito volgarmente calcolatore, scende a patti con la routine trascinandosi tra letti precari, scene mélo e struggimenti dozzinali. La poesia invece, già arroccata in sé stessa per sfuggire alla lingua della tribù, ha sommato a questo arrocco formale la vaghezza difensiva con cui l’uomo moderno allude a una realtà che nonostante tutto continua a porglisi pavesianamente davanti come il banco di prova della vita: il “grande amore”, che per definizione “non si trova”. Così l’antico “né con te né senza di te” diventa una ipnosi da eterni adolescenti, un inseguimento della propria ombra, una leggenda che nutre sottotraccia ogni parola ipotecandola senza dichiararsi, e che carica ogni oggetto dell’aura amorosa dopo averla resa irriconoscibile.
Si dànno, ovviamente, le eccezioni. Una è vistosa proprio perché melodrammatica: nei “Nuovi versi alla Lina”, il verdiano e heiniano Saba del 1912 dialoga con la moglie che l’ha tradito, e nella sua temeraria impudicizia ci fa udire tutti del suo cuor gli affanni. Soffre, si lamenta, interroga, accusa, perdona, torna sui fatti senza capacitarsi dell’accaduto e del suo effetto emotivo. Siamo di fronte a un raro caso di poesia imperniata sulla passione coniugale - poesia insieme traumatica e casalinga, canzonettistica e dolorosa. Con sovrana semplicità, il poeta vi dichiara il suo stupore per ciò che può fare l’ossessione, la ferita narcissica inferta dalla gelosia: il mondo caldo e vivido delle sue passeggiate si svuota, e lo sguardo è obbligato a concentrarsi su un punto solo, una femmina qualunque, una cosa così comune e piccola che “una casa nello spazio, / un piroscafo è tanto più di lei”.
Ma se dovessi compilare quell’antologia, io la aprirei in un altro modo. La aprirei con due testi nei quali le domande su Amore e Morte che alonano la più tipica poesia d’Occidente dal Medioevo al Novecento riecheggiano nel nido buio della coppia; e lì, in una situazione d’intimità reale, non vagheggiata ma vissuta, vengono affrontate e approfondite, conservate e superate, o piuttosto scontate, tra tenerezze tremanti e pene solitarie. Parlo di due testi dove l’amore è assolutamente vero e al tempo stesso ‘impossibile’: “Vecchio e giovane” di Umberto Saba e “Canzonette mortali” di Giovanni Raboni. In entrambi i casi un uomo anziano, con gli occhi sbarrati nell’ombra, veglia su un corpo giovane disteso accanto a sé nel letto, e cerca di accettare l'incommensurabilità dei rispettivi destini biologici.
Ecco la poesia di Saba: “Un vecchio amava un ragazzo. Egli, bimbo / - gatto in vista selvatico - temeva / castighi a occulti pensieri. Ora due / cose nel cuore lasciano un'impronta / dolce: la donna che regola il passo / leggero al tuo la prima volta, e il bimbo / che, al fine tu lo salvi, fiducioso / mette la sua manina nella tua. // Giovinetto tiranno, occhi di cielo, / aperti sopra un abisso, pregava / lunga all'amico suo la ninna nanna. / La ninna nanna era una storia, quale / una rara commossa esperienza / filtrava alla sua ingorda adolescenza: / altro bene, altro male. ‘Adesso basta – / diceva a un tratto; - spegniamo, dormiamo.’ / E si voltava contro il muro. ‘T'amo – / dopo un silenzio aggiungeva - tu buono / sempre con me, col tuo bambino.’ E subito / sprofondava in un sonno inquieto. Il vecchio, / con gli occhi aperti, non dormiva più. // Oblioso, insensibile, parvenza / d'angelo ancora. Nella tua impazienza, / cuore, non accusarlo. Pensa: È solo; / ha un compito difficile; ha la vita / non dietro, ma dinanzi a sé. Tu affretta, / se puoi, tua morte. O non pensarci più”.
Ed ecco la poesia di Raboni: “Io che ho sempre adorato le spoglie del futuro / e solo del futuro, di nient’altro / ho qualche volta nostalgia / ricordo adesso con spavento / quando alle mie carezze smetterai di bagnarti, / quando dal mio piacere / sarai divisa e forse per bellezza / d’essere tanto amata o per dolcezza / d’avermi amato / farai finta lo stesso di godere. // Le volte che è con furia / che nel tuo ventre cerco la mia gioia / è perché, amore, so che più di tanto / non avrà tempo il tempo / di scorrere equamente per noi due / e che solo in un sogno o dalla corsa / del tempo buttandomi giù prima / posso fare che un giorno tu non voglia / da un altro amore credere l’amore. // Un giorno o l’altro ti lascio, un giorno / dopo l’altro ti lascio, anima mia. / Per gelosia di vecchio, per paura / di perderti – o perché / avrò smesso di vivere, soltanto. / Però sto fermo, intanto, / come sta fermo un ramo / su cui sta fermo un passero, m’incanto… // Non questa volta, non ancora. / Quando ci scivoliamo dalle braccia / è solo per cercare un altro abbraccio, / quello del sonno, della calma – e c’è / come fosse per sempre / da pensare al riposo della spalla, / da aver riguardo per i tuoi capelli. // Meglio che tu non sappia / con che preghiere m’addormento, quali / parole borbottando / nel quarto muto della gola / per non farmi squartare un’altra volta / dall’avido sonno indovino. // Il cuore che non dorme / dice al cuore che dorme: Abbi paura. / Ma io non sono il mio cuore, non ascolto / né do la sorte, so bene che mancarti, / non perderti, era l’ultima sventura. // Ti muovi nel sonno. Non girarti, / non vedermi vicino e senza luce! / Occhio per occhio, parola per parola, / sto ripassando la parte della vita. // Penso se avrò il coraggio / di tacere, sorridere, guardarti / che mi guardi morire. // Solo questo domando: esserti sempre, / per quanto tu mi sei cara, leggero. // Ti giri nel sonno, in un sogno, a poca luce // 1982-1983”.
Il ragazzo ritratto da Saba torna nel secondo dopoguerra in diverse sue pagine - telemachie in forma di epigramma, scorciatoie, poesie carezzevoli e terribili – e viene di solito identificato con il figlio del libraio antiquario milanese presso cui il poeta abitò tra il ’45 e il ’48, quel Federico Almansi che pochi anni più tardi sarebbe sprofondato nella schizofrenia. “Vecchio e giovane” fu inserita nel fascicolo di liriche intitolato “Epigrafe” (1947-1948) e destinato a una pubblicazione postuma. È composta da tre strofe di otto, tredici e sei versi, in sostanza endecasillabi camuffati dalle saldature e dalle pause di un racconto che ora si avvolge a spirale e ora si rapprende in laconiche ellissi. Fin dall’incipit, l’ambiguità del contesto è come ignorata (e sottolineata) da un’affermazione perentoria: “Un vecchio amava un ragazzo”. Il poeta finge parodicamente la fiaba, recita una saggezza lineare e una limpidezza che invece nelle prime strofe è negata dai connettivi del discorso, dal ritratto del “giovinetto” e dal dialogo con il suo amico. I “castighi a occulti pensieri” e gli occhi “aperti sopra un abisso”, alternati alla esibita calma gnomica del narratore che tiene ai due capi il filo dell’esistenza, fanno davvero pensare a un turbamento psichico, a un esorcismo condotto sul bordo della follia. “Celeste” qui non è l’azzurra pupilla sabiana che tutto può contemplare e ospitare, ma un cielo che schiaccia e un vuoto che inghiotte. Il vecchio filtra una storia, l’adolescente ingordo l’assume come un farmaco e poi vuole addormentarsi in fretta. Così da un lato del letto inizia il “sonno inquieto”, dall’altro un’insonnia senza speranza. Dopo avere evocato le due prospettive che più frequentemente si fronteggiano nella sua opera, il punto di vista filiale e il punto di vista materno, il poeta prova a lenire il dolore di quella mancata empatia immedesimandosi nel compagno: se non sa restituire l’affetto è perché lotta con la propria angoscia di creatura incompiuta, ancora senza centro, e dunque fatalmente sorda ai bisogni di coloro che la accudiscono. Inutile accusarlo: è fisiologico che i ritmi non possano accordarsi. Non resta che smettere di pensarci, o ‘passare oltre’.
In questa poesia le sigle di stile alto lasciate cadere qua e là non dipendono più dal tono impettito, dalle sonorità goffe o rotonde di banda paesana che caratterizzano molte composizioni giovanili - anzi somigliano quasi a una sprezzatura, al gioco agrodolce di chi si concede il lirismo appunto perché i suoi rischi e le sue promesse non fanno più presa. I panneggi levigati e sontuosi, appena suggeriti a qualche svolta, non contraddicono la natura diafana e fantasmatica del testo. Ogni fanfara, bozzettistica o classicista, resta ormai alle spalle. Il risultato è una maestà calma e dolente, una trasparenza in cui non si dà scarto tra detto e cantato o tra sussurro e musica, fusi in un fraseggio di tenerezza straziata ma asciutta e lucidamente arida (la stessa tenerezza alla quale, giungendovi dall’opposta sponda di una depressione sia vitale sia stilistica, Sbarbaro era approdato intorno al ’30 nei “Versi a Dina”).
Anche il Raboni maturo si muove con un passo felpato di questo genere. È un passo che acquista nelle fasi di transizione della sua parabola poetica: prima, appunto, negli anni Ottanta delle “Canzonette”, luogo di sutura tra lo stile manzonian-brechtiano della penitente giovinezza lombarda e il manierismo delle forme chiuse; poi, alla fine, in “Barlumi di storia”, dove dalle forme chiuse ritorna a uscire ‘verso la prosa’ (ma affiora già nel metricista “Quare tristis”, non appena taglia a metà il sonetto come in “Svegliami, ti prego, succede ancora…”). Anche nelle sue strofe “mortali” la diversa biologia dei corpi stesi nell’alcova è il punto di partenza scelto per evocare i topoi di amore e morte, presenza e assenza, realtà e irrealtà; anche qui il rapporto è vissuto come un’iniziazione sempre esposta al fallimento, destinata a essere giocoforza interrotta; e anche qui l’ansia si attenua solo attraverso una resa simile a un cupio dissolvi. Se Luigi Baldacci giudicava “Vecchio e giovane” la poesia più “marmorea e straziata” del Novecento, a proposito di “Canzonette mortali”, dopo avere opportunamente citato i classici e in particolare Catullo, Paolo Maccari ha ripreso un’espressione utilizzata altrove da Raboni, e pure vicina all’ossimoro, parlando di un testo “obiettivamente straziante”.
“Canzonette” è costruita a imbuto, per strofe di lunghezza decrescente - da dieci versi a uno - secondo una formula mutuata a quanto pare dalla sinfonia 45 di Haydn nota come “Sinfonia degli addii”. La prima strofa s’impernia su un motivo tipicamente raboniano: in quelle “spoglie del futuro” il tempo assume l’aspetto di una pellicola già proiettata, da riavvolgere e far scorrere avanti e indietro con agio funerario (si veda, in “Barlumi di storia”, il riepilogo di “Si farà una gran fatica, qualcuno…”). Tutto è già compiuto e ci sta davanti in una spossata, paradossale eternità barocca. I versi descrivono un moto lento di onde che si allungano e si contraggono, qua limpide e là torbide o schiumose. Le abbreviazioni coincidono spesso con smorzature gravi come pesi sul cuore, in cui la voce sembra strozzata o soffocata. A poco a poco il discorso si assesta intorno alla misura di un endecasillabo che fa da chiusa provvisoria, icastica, per poi riaprirsi subito su un’incertezza allarmata; e dopo trasalimenti, nenie, attese a respiro trattenuto e constatazioni lapidarie, la serie non si chiude con un sigillo ma con una sospensione, un ‘piano’ da stretta che si allenta. ‘Vista’ così alla moviola, la consunzione può ancora confondersi con la stasi, con un indefinito protrarsi di quell’equilibrio squilibrato: nessuno sa quanto durerà il misto di angoscia e incanto.
La lentezza cerimoniale, l’iniziazione religiosa all’eros e alla morte del Raboni d’inizio anni Ottanta si gioca qui tra l’‘amen’ di chi sente di poter accettare qualunque cosa perché ha incontrato il proprio destino (“mancarti, / non perderti, era l’ultima sventura”) e l’allarme che ispira ineluttabilmente il possesso, la consapevolezza della futura perdita (“Il cuore che non dorme / dice al cuore che dorme: Abbi paura”). Se in altre liriche coeve il poeta sgrana le immagini di un teatrino pornografico con leggerezza tenera e devota, qui scioglie il “godere” nel tema della consegna a una sorte di dissoluzione fisica; ma l’accettazione di questa sorte è poi incrinata da commoventi, atroci soprassalti vitalistici - dalla fame di futuro di chi, ormai sulla soglia dell’aldilà, tenta di riafferrare un impossibile accordo della giovinezza e può farlo solo “ripassando la parte” tra una pausa e l’altra, perché il suo stato normale di uomo quasi vecchio è un torpore che se assecondato lo porterebbe lontanissimo dal ritmo a cui batte il cuore della compagna.
“Fare l’amore e morire sono una cosa sola”, diceva Truffaut del cinema “decisamente più sessuale che sensuale” di Alfred Hitchcock, così proustianamente amato da Raboni: e lo si potrebbe ripetere davanti a entrambe le poesie. Ma in chiusura vorrei ricordare un altro regista, che ha girato un film dove la quotidianità condivisa dell’amore appare altrettanto fatale e precaria. È il Chaplin di “Luci della ribalta”. Alla sua uscita, nel 1952, se ne occupò tempestivamente proprio Garboli, che al tema era con tutta evidenza sensibilissimo se trent’anni dopo decise di scrivere anche delle “Canzonette”, opera di un autore per il resto molto distante da lui. In un pezzo pubblicato di recente nella “Gioia della partita”, il ventenne studioso di Dante si concede un’incursione nel campo del grande schermo dialogando con il commento che al film ha dedicato Carlo Muscetta, rappresentante di quel marxismo postbellico verso cui Garboli mantiene sempre un affetto aprioristico pur mentre batte per suo conto tutt’altre strade. Nel descrivere la storia di Calvero e Terry, il giovane critico parla dello “stato di provvisorietà in cui viene a trovarsi un amore per altro verso tanto permanente, tanto terribilmente serio e affondato nelle radici della vita che tollera di paragonarsi solo all’aria stessa in cui unicamente è dato di vivere”. “Come torni in dramma, in amore, in strazio sopportato tanta voglia di vita, che non ha sfogo e non può averlo, una volta ricalati i personaggi dalla favola in realtà e nella storia che loro è data, mediocre fuori, grande e ricca e varia dentro, diversa e uguale a tutte, come tante: questo è ‘Limelight’”, afferma nella pagina centrale del suo pezzo. “Ed è questo, precisamente, il solo modo in cui l’umano incontro di due vite diverse, Calvero e Terry, può divenire, farsi storia e una sola storia; pur non avendo, di una storia d’amore, che l’ansia d’essere tale e il saper d’esserlo e il non esserlo invece, di fatto: così che continuamente si mescola alla favola la realtà e si affaccia nella felicità la disperazione, indissolubile l’una dall’altra; perché ciò che è accaduto in mezzo a quelle due vite scova il modo d’essere una medesima cosa fra loro proprio e appunto perché comune a due vite, a due storie diverse. La vitalità, l’istinto divengono l’amore che salda persona a persona ma l’amore onde si vincolano le vite di Calvero e di Terry suscita davvero un patema indicibile, proprio una sorta di chiuso finimondo se per forza di cose tanto più brucia ogni limite quanto più gli fanno tormentosa prigione i naturalistici limiti della giovinezza e della vecchiaia, i quali infine sbiadiscono e si dissolvono come tali ma riaffiorano nuovamente come i confini stessi del tempo, della realtà in cui ciascuno dei due personaggi si cala, della storicità insomma propria di Calvero, di Terry”.
Verso la fine di questo formidabile saggio, stilisticamente ancora ingorgato, troppo abbondante e tortuoso, ma già molto garboliano nell’andatura avvolgente e nel sapore, il critico si sofferma sul punto di vista della ballerina – cioè del ‘corpo giovane’ che Saba e Raboni guardano dall’esterno – in un passo che vale la pena riportare quasi per intero: “Tanto grande è la dimensione del suo amore che sembra davvero possa tutto, anche restituire la virilità a un vecchio e il talento a chi l’ha esaurito (…): ed è un’illusione, poiché più grande diviene l’amore in Terry più acuto si fa in Calvero e in Terry lo strazio che la vita non lo conceda. Così s’alternano la felicità e la disperazione in una voglia d’amare che trova ostacolo in sé, in ciò stesso onde è nata; e chi rifletta al gusto romantico delle passioni sempre un po’ esagitate può comprendere perché in ‘Limelight’ l’amore si raffiguri in modo da non sembrare neppure più tale, un’altra cosa, tanto è vicino all’elemento inqualificabile che spinge una pietra a stare in un modo, a fiorire la rosa in un altro. Come si muova in grazia, in angoscia, in modi consueti alle storie d’amore, solitudini e improvvise felicità, come s’ammanti il desiderio l’uno dell’altra dell’esser clown Calvero, dell’esser ballerina Terry (ché ognuno simbolizza ingenuamente per suo conto), è la levità della favola, in cui la storia pare che sia sempre lì lì per sfumare; e in fondo a quella visiva trasparenza s’asciuga invece uno spasimo atroce; si dispera e invecchia e intristisce la vita di Calvero e si abbarbica l’amore di lui e di Terry tenace, con la protervia della dolcezza e per il fascino che proviene dalla vita di chi si ama, di chi si è; e si dibatte in voglia impotente, scoppia in patetiche ostinazioni, spoglio del superfluo, in un miscuglio nuovo di sofferenza e di gioia e di solitudine e di dedizione assoluta e dentro cui si vive senza aver fede in altro, perché questo solo c’è e resta, l’amore e la vita che fanno una cosa sola: quel fluido impenetrabile che sembra abbia consistenza mentre passa negli occhi di Calvero e di Terry il giorno che si ritrovano, per caso, a un caffè. Tutto si ferma intorno, si fanno grandi i loro visi accostandosi e in quell’intimità si atteggia una consapevolezza estrema, come si concentrasse in quel momento l’arco in cui la vita si compie tutta; essendo interna alla sua bellezza la sua irrimediabilità (…) C’è in ‘Limelight’ una sorta di naturalismo estremo e quell’umanesimo integrale di cui parla Muscetta e sopra tutto un ateismo quasi sfacciato e una disperazione lucida, che annulla e dà, ricrea, e tutto questo espresso in realtà dura, in pura favola, senza esterni soccorsi di consolazione. Si pensa al viso staccato e solitario di Calvero prima e dopo l’ultima pantomima; vi traspare la commozione come la luce in una pietra limpida, fredda; dice che la vita è immensa, varia, magnifica, perché limitata, terribile, breve, chiusa e angustiata da limiti netti, senza nient’altro all’infuori di sé”.
“Una voglia d’amare che trova ostacolo in sé, in ciò stesso onde è nata”: eppure non una voglia romanticamente esagitata e teatralmente esagerata, ma naturale come ciò che “spinge una pietra a stare in un modo, a fiorire la rosa in un altro”; non un ostacolo rougemontianamente ‘fittizio’, ma invalicabile, oggettivo. E ancora: in uno stile prosciugato, trasparente, il resoconto di una felicità, di una fiaba che ha come rovescio la reale assenza di consolazione, la “disperazione lucida” che dà e toglie con un gesto solo la consistenza a quell’amore. Così, anche in Saba e in Raboni, concretezza e impossibilità sono come due lati di un unico foglio, due espansioni della stessa radice: la contraddizione senza vie d’uscita di un rapporto che nasce alla tangenza di due linee vitali destinate a divaricarsi davanti alla morte. Esiste nel Novecento italiano un’altra grande poesia d’amore, che allo squilibrio di una relazione vissuta, non ‘romantica’, dà la forma più biologicamente estrema, pur sospendendola nel limbo della parodia stilnovista: è l’“Ultima preghiera” di Giorgio Caproni – ma non sono ‘preghiere’ anche “Vecchio e giovane” e le “Canzonette”? – dove i punti di vista tipici della lirica sabiana acquistano un significato letterale: la fidanzata coincide con la madre rimasta giovane accanto a un figlio vecchio.
Squilibrio dei destini, si è detto; ma nella nostra ipotetica antologia dovrebbe trovare un posto d’onore anche la più bella lirica dedicata a un genere differente di squilibrio, quello delle forze. Il potere ‘politico’, la dialettica del servo e del padrone, l’oggettivazione sadica dell’altro penetrano infatti fin dentro le stanze più private: e Noventa, nei versi “A un’ebrea” scritti mentre si annunciava all’orizzonte la Shoah, esprime tutto lo strazio di chi sa di non poter redimere la propria sopraffazione, né attingere una giusta parità, ma solo distogliere vergognosamente lo sguardo: “Gh'è nei to grandi - Oci de ebrea / Come una luse - Che me consuma; / No' ti-ssì bèla - Ma nei to oci / Mi me vergogno - De aver vardà. // Par ogni vizio - Mio ti-me doni / Tuta la grazia - Del to bon cuor, / A le me vogie - Tì ti-rispondi, / Come le vogie - Mie fusse amor. // Sistu 'na serva - No' altro o pur / Xé de una santa - 'Sta devozion? / Mi me credevo - Un òmo libero / E sento nascer - In mi el paron”…
Amare senza scoprirsi né padroni né servi: forse a volte sembra possibile solo là dove incombono ‘gli addii’, là dove tutto è vissuto al colmo di una intimità traboccante, trepida, sconvolta, e al tempo stesso tutto è guardato come già morto. L’amore nella sua pienezza non si dà, pare, senza lo sfondo di due solitudini, senza la minaccia, senza rivelarsi “sempre sul punto di essere ucciso”. La differenza è tra una poesia che rimuove questa realtà nei suoi castelli simbolico-allegorici, e una poesia che con la naturalezza perentoria degli ‘artisti da vecchi’ affronta la consumazione dell’amore sotto un cielo d’ansia."
Matteo Marchesini
1 note · View note
tecnowiz · 4 months
Text
I migliori siti web per scoprire le trame dei film
Tumblr media
Se sei un appassionato di cinema, sai quanto sia importante conoscere la trama di un film prima di scegliere cosa guardare. Le trame sono dei riassunti che raccontano la storia, i personaggi, i conflitti e il finale di un film, senza svelare troppi dettagli o spoiler. Le trame delle pellicole cinematografiche ti aiutano a capire se un film è adatto ai tuoi gusti, al tuo umore, al tuo tempo e al tuo budget.
Scopri i migliori siti web italiani per conoscere le trame dei film prima di vederli, offrono informazioni accurate e complete per prendere decisioni
Ma dove trovare la trama di un film in italiano? Ci sono molti siti web che offrono questo servizio, ma non tutti sono affidabili, aggiornati, completi e facili da usare. Per aiutarti a scegliere, abbiamo selezionato i migliori siti web italiani per scoprire le trame dei film.
Migliori siti per leggere le trame
Con queste risorse, sarai in grado di scoprire in anticipo se un film è adatto ai tuoi gusti o se è degno di essere incluso nella tua lista dei "must-see". Movieplayer
Tumblr media
Movieplayer è uno dei siti web più popolari e completi per gli amanti del cinema. Qui puoi trovare le trame di tutti i generi, dalle ultime uscite ai classici, dai film italiani ai film stranieri, dai film d'azione ai film d'animazione. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le interviste, le curiosità, le foto e i video dei film. Puoi anche votare e commentare i film che hai visto, e scoprire le classifiche, le novità, le anteprime e i consigli della redazione. MYmovies
Tumblr media
MYmovies è un altro sito web molto famoso e apprezzato dai cinefili. Qui puoi trovare le trame dei film di ogni epoca e paese, con una particolare attenzione al cinema italiano e ai film d'autore. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le news, i forum, i blog, i quiz e i sondaggi sui film. Puoi anche creare la tua lista dei film preferiti, e confrontarti con gli altri utenti e con i critici. Comingsoon
Tumblr media
Comingsoon è un sito web dedicato al mondo dell'intrattenimento, che offre le trame dei film più recenti e attesi. Qui puoi trovare la trama di un film in uscita al cinema, in streaming, in DVD e in Blu-ray, con una sezione speciale per i film originali di Netflix, Amazon Prime Video, Disney+ e altre piattaforme. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le interviste, le gallery, i podcast e i video dei film. Puoi anche partecipare ai concorsi, ai giochi e alle iniziative del sito. FilmTV
Tumblr media
FilmTV è un sito web che nasce dalla rivista omonima, che offre le trame dei film in onda in televisione e in streaming. Qui puoi trovare le trame di tutti i canali e le piattaforme, con una guida TV aggiornata e personalizzabile. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le news, le rubriche e le video recensioni dei film. Puoi anche esprimere il tuo giudizio sui film che hai visto, e scoprire le opinioni degli altri utenti e dei redattori. Cinematographe
Tumblr media
Cinematographe è un sito web che si occupa di cinema, serie TV, fumetti, libri e videogiochi, che offre le trame dei film più interessanti e curiosi. Qui puoi trovare le trame di tutti i tipi, dai blockbuster ai film indipendenti, dai film di fantascienza ai film horror, dai film di supereroi ai film di animazione. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le analisi, le teorie, le citazioni e le chicche dei film. Puoi anche seguire le dirette, i live, le podcast e i video del sito. IMDb
Tumblr media
IMDb, acronimo di Internet Movie Database, è uno dei siti web più popolari per gli amanti del cinema. È una vera e propria enciclopedia online dei film, con una vasta collezione di informazioni su attori, registi, produttori e naturalmente, trame di film. Basta cercare un film specifico sul sito e troverai una pagina dedicata che fornisce una panoramica completa, incluso un riassunto della trama. IMDb è noto per la sua accuratezza e completezza delle informazioni, rendendolo uno strumento affidabile per scoprire le trame dei film.
Conclusione
Questi sono i migliori siti web italiani per scoprire le trame delle pellicole cinematografiche. Speriamo che questo articolo ti sia stato utile e ti abbia dato delle idee per il tuo prossimo film da guardare. Ricorda che le trame dei film sono solo un'anticipazione, e che per apprezzare davvero un film devi vederlo con i tuoi occhi. Buona visione!
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida. Ma prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, Per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest e Tumblr, per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluta. Read the full article
1 note · View note
atomheartmagazine · 5 months
Text
Nuovo post su Atom Heart Magazine
Nuovo post pubblicato su https://www.atomheartmagazine.com/francesco-guccini-installazione-fotografica-newu/
NEWU celebra la carriera e la vita di Francesco Guccini e realizza un’installazione fotografica open-air
“Ma ho fatto anche il cantautore – Francesco Guccini: oltre il palco”. La mostra fotografica che NEWU ha concepito e realizzato per BMG Italia per raccontare un Guccini inedito, privato attraverso alcune immagini che narrano momenti di vita in cui è uomo, amico e protagonista della scena culturale bolognese e non solo cantautore.
In occasione dell’uscita del nuovo album di Francesco Guccini, “Canzoni da osteria”, ed in concomitanza con la Milano Music Week, l’installazione fotografica aperta al pubblico vuole ripercorrere momenti, luoghi e persone che hanno ispirato sia “Canzoni da Intorto”, il primo album di cover uscito nel 2022, sia questo secondo volume, in uscita proprio il 10 novembre.
“Ma ho fatto anche il cantautore – Francesco Guccini: oltre il palco”: La mostra
Il progetto nasce dalla volontà di raccontare l’universo composito di memorie, aneddoti, personaggi, amici e testimoni che hanno ispirato Francesco Guccini nella realizzazione di queste due raccolte di brani popolari che hanno origini ed influenze musicali molto diverse ed eterogenee tra loro. Nel percorso fotografico, i visitatori avranno la possibilità attraverso un qr code di accedere a contenuti multimediali per approfondire la storia ed il racconto legati alle immagini in mostra. Ricollegandole anche ad alcune canzoni contenute nei 2 album: video, citazioni, immagini e contributi audio renderanno l’esperienza on field ancora più evocativa ed immersiva.
Le immagini selezionate sono frutto di un lavoro di ricerca e selezione svolto insieme alla casa discografica BMG Italia. Grazie al quale fotografie di diversi fotografi che sono stati vicini a Francesco Guccini nel corso della sua vita saranno fruibili a tutti dal 10 al 26 novembre.
“Una raccolta di canzoni che si presta a diventare il canzoniere personale di Francesco Guccini, ma non solo. “Canzoni da Osteria” è un album evocativo di un’epoca e una storia, quella del nostro paese, che rischiava di essere ingiustamente dimenticata. Nel 2023 questa installazione diventa un modo nuovo di raccontare e fissare visivamente la nascita e la provenienza di questo lavoro – racconta Dino Stewart, Managing Director BMG Italia.”
“L’esperienza – afferma Raffaele Bifulco, Managing Director di NEWU – è stata concepita perché parli ad un ampio seguito di fan di Francesco Guccini. Sia con quelli storici che con le leve più giovani. Per questo la mostra è un’esperienza phygital con diversi gradi di coinvolgimento ed equilibrio. La tecnologia è un facilitatore funzionale per far incontrare anche la volontà dell’artista che comunica attraverso i social, senza rendere disponibili gli album digitalmente”.
Il progetto di NEWU
Il progetto sarà comunicato su tutti i canali proprietari della casa discografica e di Francesco Guccini. In alcune location selezionate con specifiche call to action a partecipare all’esperienza.
NEWU è una società di consulenza strategico-creativa a vocazione phygital i cui servizi gravitano su tre pilastri: creatività, media, tecnologia. Sito web: www.newu.it
0 notes
lamilanomagazine · 7 months
Text
Vicolo Consalvi: taglio del nastro per il progetto di light design dell’ABAMC
Tumblr media
Vicolo Consalvi: taglio del nastro per il progetto di light design dell’ABAMC. Macerata, Vicolo Consalvi è un progetto che si pone in continuità con la Light Design Strategy, la convenzione commissionata dal Comune di Macerata all’Accademia di Belle Arti, ideata e realizzata dal corso di Light Design e che ha già interessato, negli anni precedenti, le zone dello Sferisterio e di piazza della Libertà. Il Comune di Macerata ha partecipato con il progetto d’illuminazione artistica di Vicolo Consalvi, già assentita da parte della Soprintendenza regionale delle Belle Arti, al Bando della Regione Marche di assegnazione di contributi per installazioni artistiche di light design per la valorizzazione dei borghi e centri storici, annualità 2022, ed è risultato primo in graduatoria. “Questo intervento – dichiara l’assessore alla Cultura della Regione Marche Chiara Biondi – è frutto della costruttiva collaborazione fra istituzioni e mette a frutto le competenze e conoscenze maturate all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Macerata. In questo modo si attua quel processo chiave nelle società contemporanee che va sotto il nome di knowledge-transfer. L’obiettivo del bando regionale nel quale questa azione si inserisce è quello di combinare riqualificazione delle aree urbane, creatività e tecnologia. Si tratta di una strategia che mira a valorizzare i borghi e i centri urbani, che rappresentano al meglio la storia e le potenzialità della nostra regione”. “Attraverso la creatività dell’arte restituiamo vicolo Consalvi ai maceratesi, uno spazio che, grazie a uno spettacolare gioco di luci, si anima e rivive – ha commentato il sindaco di Macerata Sandro Parcaroli -. L’aspetto urbano e l’aspetto culturale, in questo progetto unico di light design realizzato dall’Accademia di Belle Arti e finanziato da Comune e Regione Marche, si uniscono in un connubio che va a valorizzare e dare nuova linfa vitale a uno spazio importante del centro storico. Come Amministrazione stiamo portando avanti azioni e interventi concreti, strutturali e tra loro coordinati di riqualificazione complessiva del centro storico che, uniti ai tanti eventi culturali e popolari, fanno risplendere il cuore della città. L’apertura di vicolo Consalvi non è un punto di arrivo ma un altro tassello di un programma unitario avviato e già apprezzato dalla cittadinanza”. Rossella Ghezzi, Direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, dichiara: “Con orgoglio ci tengo a sottolineare il valore dell'intervento artistico di Vicolo Consalvi che assume una nuova dimensione visiva, valorizzata da frammenti e citazioni contemporanee appartenenti alla sfera della cultura e dell'arte. Un percorso che riflette sull'idea della bellezza che la luce straordinariamente esalta. Una linea che segna un percorso nuovo, colora la città come un potente segnale di passaggio volto a sollecitare profonde riflessioni. La luce scompone e rianima un luogo”. Alla guida del progetto ci sono i docenti del corso di Light Design dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, un gruppo di lavoro composto dalle professoresse Francesca Cecarini e Mascia Ignazi e dai professori Piergiorgio Capparucci e Rossano Girotti, cui si aggiunge il contributo dell’architetta Sara Cerquetti e dello studente Antonio Lelii. Hanno inoltre collaborato al progetto gli studenti del corso di Pittura guidati dalla professoressa Federica Giulianini e il professor Emanuele Bajo per la documentazione fotografica. Per il Comune di Macerata l'intervento è stato promosso e coordinato dall’ingegnere Tristano Luchetti e dal Servizio Servizi Tecnici. Il concept di Vicolo Consalvi si colloca nei più contemporanei progetti di Public Art, pratiche artistiche e di ricerca che hanno fatto dello spazio pubblico il luogo privilegiato d’interventi culturali e della partecipazione collettiva. Nella comunicazione diretta tra artista e cittadino, la Public Art è divenuta nel corso degli ultimi decenni sempre di più una forma di espressione culturale, dove fondamentale è la co-progettazione fra arte, architettura, il light design, urban design, landscape e interaction design. Il progetto di light design ideato per Vicolo Consalvi a Macerata, concretizza propriamente il concetto di “percorso immersivo” urbano, attraverso installazioni creative legate ai concetti della light art, nazionale e internazionale, capaci di trasformare lo spazio in un ambiente artistico e creativo. Ogni intervento d’arte è, infatti, collegato all’espressività della luce, con riferimenti a lavori di light artist, poeti, scrittori e musicisti, che si possono approfondire utilizzando dispositivi mobili per scaricare la guida interattiva al progetto. “Attraverso l’interpretazione, la comprensione; attraverso la comprensione, l’apprezzamento; attraverso l’apprezzamento, la protezione.” Con queste parole Freeman Tilden, tra i primi a stabilire i principi e le teorie dell’interpretazione del patrimonio culturale nel libro Interpreting Our Heritage del 1957, definisce il modello concettuale che ha ispirato Vicolo Consalvi, dove le azioni intraprese e le scelte di progetto hanno inteso rispondere alla definizione visiva notturna di un ambiente pubblico, privilegiando le esigenze espressivo – comunicative. La percezione del nuovo ambiente: “La via della creatività”. La luce “artistica” e gli aspetti della relazione individuo - ambiente. Luce e orientamento. Luce e spazio: memoria e nuova identità. La luce come segno simbolico. In questi cinque e significativi punti si riassume la progettualità di Vicolo Consalvi, da oggi uno spazio cittadino restituito alla collettività che racconta metaforicamente la creatività dell’arte. Vicolo Consalvi rappresenta una nuova immagine del luogo narrata da una nuova luce protagonista di un percorso di emozioni capace di condurre il visitatore in un’inedita esperienza sinestetica e partecipativa.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
greenbor · 1 year
Text
Tumblr media
Sergéj Aleksándrovič Esénin
"Abbiamo perso Esenin, un poeta così meraviglioso, così fresco, così vero. E in che modo tragico l'abbiamo perso! È andato via da solo, ha salutato col sangue l'amico indefinito, magari tutti noi. Questi suoi versi sono impressionanti per quanto riguarda la loro dolcezza e leggerezza! Ha abbandonato la vita senza un grido di rancore, senza una nota di protesta – non sbattendo la porta, ma accompagnando la chiusura con la mano, una porta dalla quale grondava sangue. In questo posto l'aspetto poetico e umano di Esenin è scoppiato in un'indimenticabile luce di addio. Esenin componeva scottanti canti ''di un teppista'' e tradiva i versi nelle maliziose osterie di Mosca. Lui non di rado ha fatto uso del gesto violento, della parola aggressiva. Ma nonostante ciò rimaneva in lui la dolcezza particolare di un animo insoddisfatto, indifeso. Esenin si nascondeva dietro l'aggressività, si nascondeva ma non è riuscito a nascondersi. Non ce la faccio più, ha detto il poeta il 27 dicembre vinto dalla vita, ha detto senza gesta di sfida e senza rimproveri... Ci tocca parlare della sua insolenza perché Esenin non scriveva solo poesie ma mutava il suo modo di comporre a causa delle condizioni del nostro tempo non del tutto delicato e assolutamente rigido.
Si nascondeva dietro ad una maschera spavalda pagando questa sua scelta volontariamente con la corruzione dell’anima. Esenin si sentiva sempre estraneo. Non è per lodarlo, proprio a causa di questa estraneità abbiamo perso Esenin. Ma non è nemmeno per rimproverarlo: ha senso lanciare il rimprovero affinché raggiunga il più lirico dei poeti, che non siamo riusciti a proteggere per noi? Il nostro tempo è un tempo severo, magari uno dei più severi della storia dell'uomo cosiddetto civilizzato. E lui invece di essere un rivoluzionario, nato per vivere in questi decenni, era ossessionato da un severo patriottismo della sua epoca, della sua patria, del suo tempo. Esenin non era un rivoluzionario. Autore di Pugacev e de La Ballata dei ventisei era un poeta lirico. E la nostra epoca non è lirica. È questa la causa fondamentale per cui autonomamente e così presto, si è allontanato per sempre da noi e dalla sua epoca. Le radici di Esenin sono profondamente popolari e, come ogni sua cosa, la sua identità popolare era autentica. Di questo, senza dubbio, vi è testimonianza non in un poema che narra della rivoluzione, ma ancora una volta in una sua lirica:
''Silenziosamente nel bosco folto di ginepri vicino al dirupo
l'autunno, giumenta arancione, si gratta la criniera''
L'immagine dell'autunno e molte altre immagini lo hanno plasmato sin dall'inizio, come l'immotivata spavalderia. Ma il poeta ci ha posti di fronte alle radici cristiane della propria cultura e ci ha obbligati accoglierle dentro di noi. Fet non avrebbe detto così e nemmeno Tjutcev. Risultano forti in Esenin le radici cristiane, riflesse e modellate dal talento. Ma è nella fortezza della sua cultura cristiana che risiede la motivazione della debolezza personale di Esenin: dal passato lo hanno strappato con le radici, radici che nel presente non hanno attecchito. La città non lo ha rafforzato, ma lo ha fatto traballare e lo ha estraniato. Il viaggio all'estero, in Europa e oltre oceano, non lo ha raddrizzato. Lo ha accolto più calorosamente Teheran rispetto a New York. La sua lirica, proveniente da Riazan, ha trovato più popolarità in Persia che nei centri culturali europei e americani. Esenin non era né ostile alla rivoluzione né etraneo ad essa; anzì, tendeva sempre verso di lei, da un lato nel 1918:
''Mia madre – Patria, sono un bolscevico''
dall'altro lato, negli ultimi anni:
''Adesso nel paese dei Soviet,
sono il più impetuoso compagno di strada''
La rivoluzione ha fatto irruzione sia nella struttura della sua poesia sia nelle immagini, soprattutto per mezzo delle citazioni, successivamente con i sentimenti. Nella catastrofe del passato, Esenin non ha perso nulla e non ha rimpianto nulla della catastrofe. No, il poeta non era estraneo alla rivoluzione – lui e la rivoluzione non erano fatti della stessa pasta. Esenin era intimo, tenero, lirico – la rivoluzione è pubblica, epica, catastrofica. Per questo la breve vita del poeta si è troncata in maniera così catastrofica. Si dice che ognuno di noi porta dentro di sé la molla del proprio destino, ma la vita dispiega questa molla fino alla fine. In questo c'è solo una parte di verità. La molla dell'attività letteraria di Esenin, dispiegandosi, si è infranta sul limite dell'epoca, si è rotta. Esenin ha tante strofe preziose, colme di avvenimenti. Di questi è circondata tutta la sua attività letteraria. Allo stesso tempo Esenin è estraneo. Non è il poeta della rivoluzione.
''Sono pronto ad andare lungo il terreno già battuto,
darò tutta l'anima all'Ottobre e al Maggio
Ma solo la lira non darò alla cara ndr. rivoluzione''
La sua molla lirica avrebbe potuto dispiegarsi fino alla fine solo a condizione di avere una società armoniosa, felice, in cui non regna il conflitto ma l'amicizia, la tenerezza, la partecipazione. Questo periodo arriverà. Dopo il periodo attuale, in cui si nascondono ancora spietati e salvifici scontri uomo contro uomo, arriveranno altri tempi, gli stessi che si stanno preparando con gli scontri odierni. L'essere umano allora sboccerà del suo autentico colore. E assieme a lui, la lirica. La rivoluzione per la prima volta non solo riconquisterà il diritto al pane per ogni uomo, ma anche alla lirica. A chi stava scrivendo Esenin col sangue prima di morire? Magari ha interloquito con un amico che non è ancora nato, con un uomo del futuro che qualcuno sta preparando con il conflitto, Esenin con i canti. Il poeta è morto perché lui e la rivoluzione non erano fatti della stessa pasta. Ma, nel nome del futuro, lei lo adotterà per sempre. Esenin era teso verso la morte sin dai primi anni della sua attività letteraria, consapevole della propria fragile condizione interiore. […]
Solo adesso, dopo il 27 dicembre, magari tutti noi, conoscendo poco o non conoscendo affatto il poeta, possiamo apprezzare fino alla fine la sincerità intima della lirica eseniana in cui quasi ogni verso è scritto col sangue delle vene tagliate. Lì c'è una pungente amarezza data dalla perdita. Ma non uscendo dal proprio circolo personale, Esenin trovava un conforto malinconico e toccante nel presentimento della sua imminente scomparsa:
''E, l'ascolto del canto nel silenzio
L'amata mia in compagnia di un altro amato
Magari si ricorderà di me
Come di un ineguagliabile fiore''
E nella nostra coscienza la ferita dolorante e non ancora completamente rimarginata si consola al pensiero che questo meraviglioso e autentico poeta a modo suo ha raccontato la sua epoca e l'ha arricchita di canti, parlando d’amore in modo innovativo, del cielo azzurro, caduto nel fiume, della luna, che come un agnello pascola nel cielo, e dell’ineguagliabile fiore, di se stesso. Durante le sue celebrazioni non vi deve essere nulla di triste o decadente. La molla, posta nella nostra epoca, è smisuratamente più forte della molla personale posta in ognuno di noi. La spirale della storia si dispiegherà fino alla fine. Non bisogna opporsi ad essa ma aiutare i pensieri e le volontà con consapevoli sforzi. Stiamo preparando il futuro! Continueremo a conquistare per ciascuno il diritto al pane e il diritto al canto. È morto il poeta. Evviva la poesia! È caduto nel burrone un bambino indifeso. Evviva la vita ricca di attività artistica, in cui fino all'ultimo minuto Sergej Esenin ha intrecciato i fili preziosi della sua poesia."
1 note · View note
Tumblr media
...un capolavoro...un modo originale per immergersi nella società degli anni '80 dei quali Tondelli dice la sua su musica, costume, tendenze, moda, luoghi, con lucidità...Tondelli indaga il mondo giovanile, senza sterili condanne di comportamenti che non condivide, ma cercando sempre di andare a fondo fino a capire gli stati d’animo, e le motivazioni che animano le masse non fermandosi agli aspetti più banali. Innanzi tutto si accorge che il mondo giovanile non è più, se mai lo fosse stato, un blocco unico e compatto, ma un poliedro dalle mille sfaccettature che cambia rapido nello spazio di pochi anni. Gli anni postmoderni, gli anni che in campo artistico, ci hanno regalato citazioni spregiudicate, decontestualizzate e provocatorie, si rispecchiano anche nella tendenze che suddividono i giovani in gruppi di appartenenza basati su look strambi e comportamenti stravaganti. Tondelli registra tutto puntigliosamente, dai costumi ai comportamenti, ai consumi, non fermandosi mai alle sole apparenze ma indagando in profondità dando spazio, ai pensieri delle nuove generazioni. In un epoca in cui il relativismo impera ed il postmoderno sancisce l’equivalenza di tutte le ideologie, nell’ epoca delle infinite citazioni e reinterpretazioni, Tondelli si distingue per la serietà con cui affronta tutte le tematiche ed è forse questa l’unica forma di autorità culturale riscontrabile nel postmoderno: prendere in considerazione tutto, senza esclusioni e riflettere profondamente su ogni fenomeno, dai più popolari a quelli meno comuni...Un libro da tenere sempre a portata di mano per poterne leggere ogni volta un capitolo diverso e rileggere quelli che hai amato...#ravenna #booklovers #instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books #consiglidilettura #librerieaperte #narrativa #piervittoriotondelli (presso Libreria ScattiSparsi Ravenna) https://www.instagram.com/p/Cit1KuXso-h/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
mi-drogo-di-rap · 1 year
Text
un’opera d’arte resta tale anche se per alcuni occhi non è nulla di speciale.
9 notes · View notes
theblackmonde · 2 years
Text
Chissà perché
quando bevi sei sempre solo
anche se sei in compagnia
chissà perché quando
bevi
perché vuoi bere
anche se non vuoi farlo
sei sempre tu
anche in compagnia.
È per quello che non fa
differenza.
Sì può bere quando si vuole
per poter socializzate meglio.
Ma alla fine
la verità è
soltanto
una.
M. A.
1 note · View note
iam-kyla · 2 years
Text
Mi piaci più delle Nike, mi piaci più delle cose
Che non ho avuto mai.
-Mecna & Coco
85 notes · View notes
Text
ci sono arcobaleni anche nei cieli neri
33 notes · View notes
Tu mi hai condannato per sempre con la tua unicità del cazzo e le tue occhiaie uniche e il tuo tono della voce particolare e i tuoi modi unici  a non avere scampo, a cercarti dentro tutte  le persone che incontro. Io, te e il mare - Sicignano Marzia
270 notes · View notes
frasisentimento2018 · 3 years
Text
Fai che per te io sia
l’estate anche quando
saran fuggiti i giorni estivi
-Emily Dickinson
89 notes · View notes
lamilanomagazine · 1 year
Text
Bologna: "La musica che gira intorno", con i migliori musicteller al Museo internazionale e biblioteca della musica
Tumblr media
Bologna: "La musica che gira intorno", con i migliori musicteller al Museo internazionale e biblioteca della musica. Il Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna promuove una nuova rassegna dal titolo La musica che gira intorno. Esperienze d'ascolto, storie di musicisti e mondi musicali ideata per dare spazio ai migliori musicteller (© Federico Sacchi) attualmente in circolazione. Ma chi è in realtà un narratore musicale? E cosa fa di diverso da un normale conferenziere? Per una classica "lezione musicale" sappiamo che bastano un microfono, uno schermo, due casse (possibilmente non ronzanti) e la conoscenza di un tema musicale. Ma per trascorrere insieme un'ora e mezza ascoltando e parlando di musica in maniera coinvolgente e appassionante, bisogna essere in grado di accompagnare il pubblico in una dimensione diversa, dove competenza, divulgazione e selezione degli ascolti si fondono nella condivisione di un racconto e di un punto di vista particolare, "alto" e "altro" ma accessibile a tutti (anche a chi non ha un background musicale). E questa è una vera e propria arte che in pochi - sia tra i musicisti che tra gli studiosi - conoscono e padroneggiano. La rassegna prende il via venerdì 24 marzo con la prima delle quattro narrazioni alla scoperta del jazz curate da Stefano Zenni, docente di Storia del jazz e direttore artistico di Torino Jazz Festival. Il venerdì successivo, 31 marzo, l'appuntamento è con Federico Sacchi, che si può considerare il vero e proprio inventore di questo genere. La vita e le parole di Martin Luther King saranno intrecciate con i brani e i dischi degli artisti che sono stati ispirati dal suo messaggio rivoluzionario. Si prosegue con Legature, con cui prende il via la partnership con la Sala della Musica, il percorso espositivo permanente (ospitato negli spazi al secondo piano di Salaborsa) dedicato alla storia della popular music di Bologna dagli anni Quaranta a oggi. Il racconto di Piero Mioli è incentrato invece sul genio di Maria Callas, la "divina" più "diabolica" della storia dell'opera a 100 anni dalla nascita, mentre Carlo Centemeri farà riscoprire l'esperienza entusiasmante dell'ascolto collettivo della musica su vinile. Il mese di maggio sarà il momento di Copioni, il mini-ciclo ideato e condotto dal giornalista Francesco Locane su omaggi, citazioni e vere e proprie ruberie nel mondo della musica, e a seguire il focus dedicato ai nuovi sguardi su folklore e musica popolare, che vedrà protagonisti Nico Staiti e la storia della ricostruzione dei due clarinetti Buttafuoco della nostra collezione, e l'incredibile indagine performativa sulle usanze sonore nella cultura rurale romagnola da parte del sound researcher e percussionista Enrico Malatesta. La rassegna si conclude a giugno con la presentazione del volume di Luca Ciammarughi, che indaga il rapporto tra musica classica e mondo queer e con l'esperimento "oltre i perimetri" dei generi e degli stili musicali di Particolari Universali. Insomma, 18 appuntamenti per un modo nuovo, immersivo, accessibile, spettacolare, coinvolgente di narrare e vivere la musica (o meglio - tutte - le musiche). L'ingresso a tutti gli appuntamenti è gratuito fino a esaurimento posti disponibili. Programma Venerdì 24 marzo ore 18.00 Tra classica e jazz La Rhapsody in Blue di George Gershwin narrazione musicale con Stefano Zenni Era il 12 febbraio 1924 quando la Rhapsody in Blue venne presentata a New York. Da quel momento il capolavoro di Gershwin ha conquistato un pubblico sempre più vasto, imponendosi come una delle opere più popolari, influenti e imitate della musica contemporanea. Partendo dalla genesi dell'opera, viaggeremo nota per nota tra i ritmi, le melodie e le forme per ricomporre quell’affresco immortale che fonde la frenesia urbana con la malinconia blues. Venerdì 31 marzo ore 18.00 Inspired by The King La colonna sonora del sogno di Martin Luther King esperienza d’ascolto con Federico Sacchi in collaborazione con Fondazione Entroterre e Circolo dei Lettori di Torino La vita e le parole di Martin Luther King Jr.  sono state fonte di ispirazione per generazioni di musicisti. Ovviamente tutte le forme di Black Music sono rappresentate: dal gospel al blues, dal soul al funk, passando per il Jazz, il Reggae e l’Hip-Hop. Ci sono brani di folk, pop, country, beat, rock e easy listening. Sulla figura di King hanno scritto sinfonie, musical e suite orchestrali, addirittura canzoni di Dance, Techno, Punk ed Heavy Metal. Brani più o meno noti che negli anni hanno contribuito a rendere il Dr. King un’icona pop, facendolo conoscere alle nuove generazioni e moltiplicando così in modo esponenziale la portata del suo messaggio. Perché la strada da percorrere per realizzare completamente quel sogno è ancora molto lunga… Sabato 1 aprile ore 15.00 - Sala della musica (Sala Borsa, II piano) Legature | It-a-ca La letteratura nelle canzoni bolognesi narrazione musicale con Riccardo Negrelli I testi musicali sono una delle forme espressive della poesia, ormai universalmente riconosciuti nella loro profondità introspettiva, che esplora ogni ambito della condizione umana. Ma quali libri hanno suggerito canzoni e quali versi hanno guidato l'ispirazione musicale degli autori bolognesi? Omero, Ungaretti, Pasolini, Roversi sono solo alcuni riferimenti di cui parlerà Riccardo Negrelli nel primo incontro alla Sala della Musica, in un orizzonte dolce e burrascoso, istintivo e consapevole e potenzialmente infinito. Sabato 1 aprile ore 17.30 Divina o Diabolica? Maria Callas nel centenario della nascita narrazione musicale con Piero Mioli Greca nata a New York ma italiana di musicalità, Maria Anna Cecilia Sofia Kalogheropoulou - in arte Maria Callas - col suo canto ha segnato un'epoca: per una (scarsa) ventina d’anni ha eseguito tutti i repertori possibili, da Gluck a Wagner, dal soprano leggero al drammatico, dal Romanticismo di Bellini al Verismo di Giordano. E come mai, a 100 anni dalla nascita, l'arte di Maria Callas gode ancora di una vastissima e crescente fortuna? Attraverso la vita, il repertorio, la colleganza (maschile e femminile), le registrazioni e la sua eredità andremo alla ricerca dell'essenzialità di Maria. Quella per cui è stata definita "divina" una cantante d’opera specialista di personaggi come la Medea di Euripide/Cherubini/Pasolini, ma anche Norma, Lucia, Violetta, Gioconda, Tosca, fino alla sua incredibile Sonnambula: svantaggiata da un colore di voce inadatto, è diventata e rimasta la migliore. Questi i pilastri della folgorante carriera, amata e odiata, così come quasi tutti i suoi personaggi: drammaticissimi, quasi borderline, "diabolici" appunto. Mercoledì 5 aprile ore 18.00 Quel certo swing Come e perché il jazz ci fa danzare e dondolare narrazione musicale con Stefano Zenni Il jazz fa ballare, battere i piedi, oscillare i corpi. I musicisti esprimono un peculiare modo di stare sul tempo e trattare il ritmo, e quando il ritmo funziona, siamo eccitati, rilassati e proviamo un piacere speciale. Ma lo swing solleva molte domande: come funziona esattamente? Ha origine in altre culture e musiche? Ne esiste un solo tipo? E come si fraseggia il jazz? Per fortuna Stefano Zenni ha le risposte a queste e molte altre domande, per cui mettetevi comodi per un viaggio rilassato tra stili musicali, antropologia e neuroscienze. Mercoledì 19 aprile ore 18.00 Dischi volanti Un secolo in vinile esperienza d'ascolto con Carlo Centemeri Carlo Centemeri smetterà per qualche giorno i suoi panni di “voce della musica classica” di Radio Marconi e, nel primo dei suoi due appuntamenti, ci porterà in giro per il Novecento tramite una serie di ascolti paralleli condotti rigorosamente da dischi in vinile: da Britten a Bob Dylan, da Schoenberg agli Inti Illimani, dai Dead Kennedys a Šostakovič per ripensare i momenti più salienti degli ultimi cento anni e nel contempo rivivere l'esperienza entusiasmante nell'ascolto collettivo della musica su vinile. Sabato 22 aprile ore 15.00 - Sala della musica (Sala Borsa, II piano) Legature | Il timbro La nuova dimensione d'ascolto del '900 narrazione musicale con Riccardo Negrelli Ha rivoluzionato il concetto di arrangiamento, contribuito a scavare il solco tra punk e new wave, fatto evolvere l'orchestrazione nell'immaginario etereo di un synth. Ma il timbro è l'oggetto musicale più difficile da definire: plasmando il suono oltre l'altezza e la durata, permette ad una nota, melodia o accordo di offrire sfumature sempre nuove, determinanti per il messaggio, lo stile e l'interpretazione musicale. E per questo è il parametro musicale che forse più ha contribuito all'evoluzione musicale del ‘900. Venerdì 28 aprile ore 18.00 Dischi da museo Alla scoperta della collezione discografica del Museo della Musica esperienza d'ascolto con Carlo Centemeri Il Museo della Musica ha una ricca ma misconosciuta collezione discografica. In attesa di terminarne l'inventariazione, abbiamo messo le oltre 7.500 lacche e vinili a disposizione di Carlo Centemeri, che ci guiderà all'ascolto delle incisioni originali di Stravinskij e Honegger che dirigono se stessi, di Chopin suonato da Cortot, del Parsifal di Furtwängler e ancora Toscanini con la New York Philarmonic Orchestra, il “giovanetto” (sic!) Yehudi Mehunin e Rachmaninov dal vivo, fino agli inediti master respighiani (con dedica alla moglie Elsa). Venerdì 5 maggio ore 18.00 Il jazz e la guerra L'incredibile storia dei V- Disc narrazione musicale con Stefano Zenni La seconda guerra mondiale ha segnato una profonda trasformazione del nostro tempo, e il jazz non ne è stato immune. Tutta una serie di forze storiche e sociali hanno plasmato i contenuti della musica: dagli scioperi discografici al razionamento di materie prime, dal reclutamento dei soldati/musicisti alla propaganda. La storia dei V-Disc, che ha interessato soprattutto l'Europa, ne è la sintesi più affascinante e sorprendente e permette di ascoltare splendida musica in tempo di guerra. Sabato 6 maggio ore 15.00 - Sala della musica (Sala Borsa, II piano) Legature | La radio a Bologna Breve storia delle radio libere narrazione musicale con Riccardo Negrelli Non tutti sanno che la radio libera ha emesso le prime frequenze in Italia il 23 novembre 1974, diffuse da una roulotte piazzata sul Colle dell'Osservanza. Ma quasi subito la prima provocazione si trasforma in un laboratorio comunicativo fatto di microfoni, giradischi e mixer che dissolvono i confini, creano confronti, sperimentazioni e sogni. Tra i suoi protagonisti dietro le quinte ci sono tantissimi artisti, con storie inedite, a volte rocambolesche, ma assolutamente da riscoprire, per costruire una storia ampia ed eterogenea degli “intrecci di onde” degli anni 70. Venerdì 19 maggio ore 18.00 Legature | Buttafuoco (?) Come si "ricostruisce" la musica esperienza d'ascolto con Nico Staiti live Rosario Altadonna e Giuseppe Roberto (flauti pastorali e zampogne) in collaborazione con La Soffitta I nostri due doppi clarinetti (sinora denominati Buttafuoco e mai esposti) sono strumenti di difficile datazione apparentati ad altri strumenti bicalami attestati nelle tradizioni pastorali italiane. Da poco ricostruiti dal costruttore di zampogne messinese Rosario Altadonna, saranno illustrati dall'etnomusicologo Nico Staiti e le loro sonorità verranno sperimentate dal vivo da parte dello stesso Altadonna e di Giuseppe Roberto, che eseguiranno anche repertori tradizionali per sordellina, zampogna a paro e doppi flauti. Sabato 20 maggio ore 15.00 - Sala della musica (Sala Borsa, II piano) Legature | Dal Museo alla Sala della Musica narrazione musicale con Riccardo Negrelli Quali sono le connessioni tra due riferimenti così importanti per la narrazione della musica in città? Quale continuità lega la popular music al proprio passato? Una suggestiva passeggiata a partire dalla Sala della Musica in Sala Borsa fino al museo in strada Maggiore per indagare se è possibile tracciare un filo di continuità e dialogo attraverso il tempo tra due luoghi che raccontano diverse sfumature della storia musicale in città. Sabato 20 maggio ore 17.30 Copioni #1 Omaggi, citazioni e vere e proprie ruberie nel mondo della musica “classica” narrazione musicale con Francesco Locane La storia della musica è colma di ricorrenze, assonanze e talvolta copiature vere e proprie. Più che indignarci nel cogliere i compositori con le mani nel sacco, cercheremo di considerare la musica come un flusso senza soluzioni di continuità tra periodi e stili anche lontanissimi tra loro. Nel primo appuntamento, grazie ad ascolti e proiezioni, passeremo dalla musica antica al ‘900, dalla sinfonia all'opera lirica, scoprendo alcuni lati poco noti di pagine più o meno famose di giganti come Mozart, Beethoven e Puccini. Venerdì 26 maggio ore 18.00 E Sôna Folklore, memoria e musica contemporanea esperienza d’ascolto con Enrico Malatesta in collaborazione con MET - Museo Etnografico degli Usi e Costumi della Gente di Romagna E Sôna (“lui suona” in dialetto romagnolo) è il nuovo progetto performativo del percussionista e sound researcher Enrico Malatesta, che - utilizzando i linguaggi delle performing arts e della sperimentazione - cerca di restituire vitalità alla memoria popolare e al potenziale delle usanze sonore nel contesto contemporaneo. La ricerca è basata sulla "Cavéja dagli anëll", strumento/arnese sonoro a scuotimento, dotato di anelli di metallo intonati, utilizzato nel lavoro agricolo e in pratiche polifunzionali rituali, e sul brontide (in inglese skyquake), fenomeno acustico inspiegato, simile al rumore di una frana o di un'esplosione in cielo, di cui si è persa memoria. Sabato 27 maggio ore 17.30 Copioni #2 Omaggi, citazioni e vere e proprie ruberie tra classica e pop narrazione musicale con Francesco Locane In questo secondo appuntamento il giornalista Francesco Locane si sposta sui rapporti tra musica colta e popolare, trovando nuovi collegamenti tra personaggi e lavori apparentemente distanti tra loro, passando dalla lirica al singolo da classifica. Attraverso una selezione di brani e di immagini, tra ricorrenze, assonanze e talvolta copiature vere e proprie, si scoprirà il fil rouge che lega personaggi quali Muzio Clementi e Ivan Graziani, Giuseppe Verdi e Keith Emerson, Sting e Sergej Prokof’ev. Mercoledì 31 maggio ore 18.00 Niger Mambo Le molte Afriche del jazz narrazione musicale con Stefano Zenni Gli sguardi del jazz sull'Africa sono molteplici, e la presenza del jazz in Africa è un realtà complessa e multiforme. Dal continente immaginato a quello reale, dalle influenze transatlantiche in entrambi i sensi alle storie di esilio, dalle sperimentazioni alla tradizione, esistono molte Afriche legate al jazz. L'ultima narrazione musicale di Stefano Zenni è un vero e proprio viaggio tra le due sponde dell'oceano che ci farà scoprire la varietà e la bellezza di queste musiche. Sabato 3 giugno ore 17.30 Non tocchiamo questo tasto Musica classica e mondo queer narrazione musicale con Luca Ciammarughi (pianoforte) in collaborazione con Various Voices 2023 "Perché dovrebbero interessarmi i gusti sessuali di un compositore?" Ecco quale potrebbe essere la prima reazione di fronte a uno studio che affronta il tema LGBTQ dal punto di vista della musica classica. Questo libro sfida decenni di divulgazione eteronormativa, getta una luce sugli aspetti censurati o edulcorati di compositori e compositrici, che oggi potremmo annoverare nell'ambito queer, secondo l'ipotesi critica che conoscerli più a fondo sia indispensabile per comprendere meglio la loro arte. Dalle antiche tracce del periodo barocco al '900 "liberato" di John Cage e Leonard Bernstein, passando per le tempeste romantiche e i turbamenti fin de siècle: una appassionante galleria di personaggi, squarci di vita e atmosfere che, senza cedere al gossip, offrono al lettore prospettive inedite sulla storia culturale dell'Occidente e, al musicofilo, strumenti nuovi per un'esperienza di ascolto più consapevole. Sabato 10 giugno ore 17.30 Legature | Particolari universali Musica oltre i perimetri esperienza d'ascolto con Riccardo Negrelli live Valentina Mattarozzi (voce) Fabio Galliani (ocarina e flauti globulari) Gabriele Scopa (batteria) La musica è un linguaggio universale oppure è specchio del tempo, delle culture, dei territori e delle contraddizioni umane, sfuggendo a qualsiasi definizione assoluta? A cercare un'impossibile risposta ad un quesito tanto ancestrale quanto abusato, la narrazione condotta da Riccardo Negrelli, in cui i musicisti coinvolti, lontanissimi tra loro per estrazione, età, disciplina ed impegno artistico, daranno corpo ad un'esperienza d'ascolto unica: un labirinto performativo in cui esplorare le possibilità di contaminazione stilistica, linguistica, espressiva e produttiva tra blues, avanguardia e contemporanea. Prenotazioni È possibile prenotare l’ingresso gratuito: - presso il bookshop del Museo della Musica nei giorni e orari di apertura - on line su http://www.museibologna.it/musica Le prenotazioni sono valide fino all'orario di inizio dell'evento, gli ingressi non ritirati verranno messi nuovamente a disposizione del pubblico.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes