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#delitto in formula 1
colonna-durruti · 10 months
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CHI È VERAMENTE FLAVIO BRIATORE?
L’Espresso se lo chiese in questo articolo del 2010 a firma Mauro Munafò. Briatore ha sempre negato tale ricostruzione, mentre gli autori del libro “Il signor Billionaire" hanno sempre confermato. Ognuno legga bene l’articolo, non poco inquietante, e faccia (civilmente) le sue valutazioni.
“Le vittorie in Formula 1, il matrimonio con la Gregoraci e i flirt con le top model, lo yatch da sogno e il Billionaire, la discoteca dei ricchi in Sardegna. Quando si parla di Flavio Briatore, sono queste le parole d'ordine della cronaca nazionale, gossippara e non. Eppure nel passato del manager di Cuneo ci sono zone d'ombra che stonano con la vita super-pubblica che conduce adesso.
Sono gli anni '70 e '80, passati tra Cuneo e Milano, in cui un giovane assicuratore inizia a costruire quello che poi sarà Mr Billionaire. E nella sua cerchia non mancano i personaggi discutibili, il gioco d'azzardo, le truffe, la latitanza all'estero e le morti sospette. Una scalata al successo partita dal basso e dalla provincia che non si legge però nella biografia ufficiale di Briatore, che a quegli anni dedica qualche riga generica e poco convincente.
A scavare nella vita del manager ci hanno pensato Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato e Nicola Palma, tre giovani giornalisti autori di "Il signor Billionaire; ascesa, segreti, misteri e coincidenze", appena pubblicato da Aliberti Editore. I tre sono partiti da una serie di articoli di Gianni Barbacetto del '99 per approfondire i misteri del passato di Briatore. Un lavoro fatto alla vecchia maniera, cercando tutti i vecchi soci, i vecchi amici, le fidanzate e i conoscenti del rampante Flavio. E trovandosi spesso davanti un muro di omertà e di consigli a lasciar perdere questa storia, di non chiedere oltre perché ci sono verità "che fanno morti e feriti".
La storia di Briatore sembra il sogno americano, coniugato però alla realtà italiana. Figlio di maestri elementari, si diploma geometra, fa l'assicuratore e apre un ristorante (il Tribula) che chiuderà dopo poco per debiti. Ma la svolta arriva nei primi anni '70, quando lavora con Attilio Dutto, un costruttore locale che rileva la Paramatti Vernici. Nel frattempo Briatore si occupa per alcuni casinò (gestiti dalla malavita) di portare clienti ai tavoli, intascandosi una parte delle loro perdite. Al giro lo introduce Ilario Legnaro che con il boss catanese Gaetano Corallo (vicino al clan Santapaola) si occupa proprio di questo. Tra i clienti portati ai casinò da Briatore c'è proprio Dutto che perderà parecchie decine di milioni nelle sale di Nizza e della Costa Azzurra.
Nel 1979 Attilio Dutto salta in aria con la sua auto: un delitto che non ha mai trovato un responsabile. Dalle testimonianze raccolte nel libro si configura però la mano della mafia. Pare inoltre che lo stesso Dutto volesse "rovinare" Briatore per le truffe che gli aveva giocato. Di sicuro con Dutto scompare anche un capitale stimato in almeno 30 miliardi di lire, che non si sa dove vanno a finire.
Con la fine degli anni '70 e la morte di Dutto, Briatore si trasferisce nella nascente 'Milano da bere', dove conosce la sua prima moglie (fino a oggi tenuta quasi nascosta) e frequenta la gente che conta del capoluogo meneghino, non ultimo Bettino Craxi. Organizza feste e si mette in affari con il conte Achille Caproni, della cui moglie è nel frattempo amante. Con l'amico Emilio Fede, secondo gli autori del libro, organizzerebbe truffe ai tavoli verdi, finché la polizia non lo scopre e lui deve fuggire a St.Thomas, nelle isole Vergini, con moglie al seguito.
Latitante e costretto a rimanere fuori dall'Italia fino all'amnistia del 1990, Briatore si consola nella sua vita da sogno alle isole Vergini e apre e gestisce una rete di negozi per Benetton, un locale notturno e una gelateria. Da lì ci saranno la Formula 1, i mondiali con Schumacher e...mister Billionaire. Il "self made man" di Verzuolo in provincia di Cuneo ormai ce l'ha fatta: è diventato qualcuno, è famoso nel mondo, ricco e invidiato.
"E' il personaggio simbolo di un'intera classe dirigente", spiega Andrea Sceresini, uno degli autori. "La sua immagine pubblica non risente affatto del suo passato. Molte di queste storie sono state scritte anche dai giornali negli anni '70 e '80 e basta una ricerca in archivio per tirarle fuori. I media però si limitano a riportare quello che dice lui e la sua versione della storia".
Una versione che da copione prevede poche righe di biografia ufficiale e qualche risposta evasiva a chi gli chiede conto del passato. Una storia tutta italiana”.
(da "L'Espresso" dell''8 novembre 2010: https://bit.ly/2EE1y0t)
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lamilanomagazine · 1 year
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La ripartenza dei viaggi del Treno storico della Ferrovia delle Centovalli.
Locarno, la ripartenza dei viaggi del Treno storico della Ferrovia delle Centovalli.   Il treno storico riparte festeggiando i papà il 19 marzo 2023 e propone un ricco calendario di uscite e tante novità: dalla cena con delitto al treno Soundtracks che sarà proposto in collaborazione con JazzAscona. “I viaggi con il treno storico sono proposti dal 2020, grazie alla collaborazione tra FART (Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi) e SEFT (Società Esercizio Ferroviario Turistico), allo scopo di riscoprire la storica linea ferroviaria tra Locarno e Camedo viaggiando su materiale rotabile storico” commenta Giangiorgio Helbling, Responsabile del Dipartimento Esercizio delle FART “una proposta che ha saputo riscuotere un successo sempre più ampio, anche grazie all’apertura del deposito treni di Camedo che ci ha permesso di abbinare esperienze sempre nuove a un viaggio già di per sé unico e suggestivo”. Il treno storico parte unicamente dalla stazione sotterranea delle FART a Muralto e viaggia in direzione di Camedo ad una velocità massima di 40 km/h, offrendo ai passeggeri ancor più tempo per ammirare il suggestivo e selvaggio paesaggio delle Centovalli. “La stagione ripartirà il 19 marzo, in occasione della festa del papà, con una formula rinnovata” commenta Monica Brancato Gliozzi, Capo servizio Marketing “ogni uscita proporrà infatti un’esperienza diversa e offrirà ai produttori locali una vetrina per presentarsi e proporre la degustazione dei propri prodotti. Il 19 marzo saranno presenti tre eccellenze di Intragna: la Macelleria da la Val, la Panetteria Pellanda e il Caffè Antico. All’interno del deposito saranno inoltre allestiti un angolo bar, gestito dall’Osteria Grütli e un’area dedicata ad attività ludiche per i bambini”. I viaggi con il treno storico saranno proposti con partenza alle 10.00 o alle 14.13 da Locarno-Muralto anche nelle seguenti date: lunedì 10 aprile con un’edizione dedicata alla Caccia alle uova, domenica 14 maggio in occasione della Festa della mamma, domenica 4 giugno e domenica 23 luglio con edizioni legate ai sapori locali. “Sono inoltre previste tre edizioni speciali per le quali stiamo ancora definendo gli ultimi dettagli” conclude Monica Brancato Gliozzi “proporremo la Cena con delitto (sabato 17 giugno) e il Brunch del primo agosto ma la vera sorpresa della stagione sarà il treno Soundtracks organizzato in collaborazione con JazzAscona che viaggerà sabato 24 giugno regalando un’atmosfera davvero unica”. La prima data da segnare in calendario è quindi domenica 19 marzo. I biglietti possono essere acquistati su biglietteria.ch o presso La Biglietteria FART (T. 091 751 87 31 - [email protected]). Maggiori informazioni vigezzinacentovalli ATTENZIONE: si rammenta che, a causa dei lavori in corso alla stazione FART di Muralto, l’entrata principale lato Locarno è chiusa. L’accesso alla stazione è possibile tramite l’entrata est (lato Bellinzona), tramite il sottopassaggio FFS, accessibile dal binario 1 e 2.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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giallofever2 · 5 years
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In Loving Memory , Born on this Day
Tomas Milian
in 🇬🇧 & 🇮🇹
🇬🇧 Tomas Milian (born Tomás Quintín Rodriguez-Varona Milian Salinas De La Fé y Alvarez De La Campa; 3 March 1933 – 22 March 2017)
...was a Cuban American actor and singer with Italian citizenship, known for the emotional intensity and humour he brought to roles in European genre films.
A student of Lee Strasberg, Milian studied method acting at the Actors Studio in New York City. In Italy, he was discovered by director Mauro Bolognini and appeared in supporting roles in several drama films during the late-1950s and early-1960s, including as Raphael in Carol Reed's The Agony and the Ecstasy (1965). Throughout the late-1960s and early-1970s, Milian established himself as a dynamic leading actor in a series of Spaghetti Western films, most notably The Ugly Ones (1966), The Big Gundown (1966), Django Kill... If You Live, Shoot! (1967), Face to Face (1967), Run, Man, Run (1968), Death Sentence (1968), Tepepa (1969), Compañeros (1970), Sonny and Jed (1972), Life Is Tough, Eh Providence? (1972) and Four of the Apocalypse (1975).
Following a decline in the popularity of Spaghetti Westerns, Milian transitioned to roles in poliziottesco films. After receiving acclaim for his performance as a psychotic killer in Almost Human (1974), he made appearances in Emergency Squad (1974), The Tough Ones (1976), The Cynic, the Rat and the Fist (1977) and two film series - Bruno Corbucci's Nico Giraldi series (1976-1984, beginning with The Cop in Blue Jeans) and Umberto Lenzi's Er Monnezza films (1976-1980, beginning with Free Hand for a Tough Cop). He also appeared in other films during this period, including the giallo Don't Torture a Duckling (1972) and the non-genre films The Last Movie (1971), Luna (1979), Identification of a Woman (1982) and Monsignor (1982). After returning to the United States in 1985, Milian continued to perform supporting roles in film productions, including JFK (1991), Amistad (1997), Traffic (2000) and The Lost City (2005). Milian died in 2017
🇮🇹 Tomas Milian[1], pseudonimo di Tomás Quintín Rodríguez
(L'Avana, 3 marzo 1933 – Miami, 22 marzo 2017 è stato un attore, sceneggiatore e cantante cubano con cittadinanza statunitense naturalizzato italiano dal 1959 (anno del suo debutto in Italia)
In Italia, con l'inconfondibile voce prestatagli da Ferruccio Amendola, è spesso identificato con due personaggi. Il primo, Nico Giraldi, è un maresciallo (dal 1981 ispettore) di polizia, romano dai modi poco garbati, ma efficaci, che conosce bene gli ambienti malavitosi avendone fatto parte in gioventù col soprannome di "er Pirata". Il secondo, Sergio Marazzi alias er Monnezza, è un ladruncolo romano.
arrivato in Italia con soli cinque dollari in tasca, partecipò nel 1959 al Festival di Spoleto: recitò una pantomima di Jean Cocteau e venne individuato e scelto dal regista Mauro Bolognini per il personaggio di un film che aveva intenzione di girare (La notte brava). Milian firma un contratto che lo lega alla Vides di Cristaldi e tra il 1960 e il 1966 recita in ruoli impegnati lavorando con registi come Alfredo Giannetti (Giorno per giorno, disperatamente), Luchino Visconti (Il lavoro, episodio del film Boccaccio '70) e Florestano Vancini (La banda Casaroli). A questo periodo della sua carriera appartengono i ruoli interpretati insieme a Claudia Cardinale in opere quali Il bell'Antonio (sempre di Bolognini) e I delfini del 1960, Gli indifferenti del 1964 e Ruba al prossimo tuo del 1968 (tutti di Francesco Maselli).
Contrariato dal doppiaggio, insoddisfatto dei ruoli e dei guadagni, non rinnova il contratto e tenta la strada del cinema popolare. Nel 1967, dopo il buon successo di The Bounty Killer, continuò con lo spaghetti-western, diventandone uno degli attori simbolo. Indimenticabili i suoi personaggi di "Cuchillo" (nel dittico La resa dei conti e Corri uomo corri, diretto da Sergio Sollima), e di "Chaco" (nell'iperviolento I quattro dell'apocalisse, diretto da Lucio Fulci).
Il grande successo giunse negli anni settanta, anche grazie all'eccellente doppiaggio di Ferruccio Amendola, con polizieschi all'italiana che la critica ufficiale ha sempre giudicato di scarsa qualità, ma che sono stati a poco a poco rivalutati e oggi sono diventati dei cult movie. Famoso il suo sodalizio con il regista Umberto Lenzi che lo ha diretto in molti polizieschi divenuti cult come La polizia accusa: il Servizio Segreto uccide di Sergio Martino con Luc Merenda e Mel Ferrer, Roma a mano armata con Maurizio Merli, Il giustiziere sfida la città in cui interpreta un personaggio col nome di Rambo ben sette anni prima dell'omonimo impersonato da Stallone, Milano odia: la polizia non può sparare con Henry Silva e Ray Lovelock e infine La banda del gobbo. Nello stesso genere i successi li ebbe anche in Squadra volante e La banda del trucido di Stelvio Massi e nella serie di Nico Giraldi diretta da Bruno Corbucci.
Si era dedicato anche alla commedia sexy all'italiana con pellicole quali 40 gradi all'ombra del lenzuolo, un film ad episodi di Sergio Martino in cui interpreta il primo sketch al fianco di Edwige Fenech, Uno contro l'altro, praticamente amici, con Renato Pozzetto e Anna Maria Rizzoli, e Messalina, Messalina!, queste ultime due dirette ancora da Bruno Corbucci.
Nella sua filmografia ci sono anche due film a sfondo politico con Gian Maria Volonté: uno è Banditi a Milano di Carlo Lizzani e l'altro è Faccia a faccia, sempre di Sergio Sollima. I thriller più famosi girati da Tomas Milian furono invece Il consigliori di Alberto De Martino con Martin Balsam, La vittima designata di Maurizio Lucidi e I cannibali di Liliana Cavani, entrambi interpretati al fianco di Pierre Clémenti.
Carriera musicale
Nel 1966 Tomas Milian tentò anche l'avventura musicale con una piccola band, Tomas Milian Group, composta da 6 giovanissimi romani: Ray Lovelock (che in seguito diventerà un famoso attore) voce, Maurizio Luzi (chitarra solista), Aldo Colangelo detto "Fido" (tastiere, voce), Mario Piccinno (batteria), Romeo Piccinno (chitarra e voce), Peppe Colella (basso, strumenti vari, voce). Il gruppo ha pubblicato singoli come La piazza, Presto presto scusa scusa, Un libro, una storia e una cover di A Whiter Shade of Pale, che ebbe molto successo in giro per i Piper Club d'Italia, ma che non venne mai pubblicata.
Partecipò inoltre come ospite d'onore a spettacoli musicali quali Il canzoniere minimo di Giorgio Gaber e interpretò le canzoni dei titoli di testa di Corri uomo corri e La vittima designata, oltre a Ay Amor di Caetano Veloso in Washington Heights.
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corallorosso · 4 years
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CHI È VERAMENTE FLAVIO BRIATORE? (...) “Le vittorie in Formula 1, il matrimonio con la Gregoraci e i flirt con le top model, lo yatch da sogno e il Billionaire, la discoteca dei ricchi in Sardegna. Quando si parla di Flavio Briatore, sono queste le parole d'ordine della cronaca nazionale, gossippara e non. Eppure nel passato del manager di Cuneo ci sono zone d'ombra che stonano con la vita super-pubblica che conduce adesso. Sono gli anni '70 e '80, passati tra Cuneo e Milano, in cui un giovane assicuratore inizia a costruire quello che poi sarà Mr Billionaire. E nella sua cerchia non mancano i personaggi discutibili, il gioco d'azzardo, le truffe, la latitanza all'estero e le morti sospette. Una scalata al successo partita dal basso e dalla provincia che non si legge però nella biografia ufficiale di Briatore, che a quegli anni dedica qualche riga generica e poco convincente. (...) La storia di Briatore sembra il sogno americano, coniugato però alla realtà italiana. Figlio di maestri elementari, si diploma geometra, fa l'assicuratore e apre un ristorante (il Tribula) che chiuderà dopo poco per debiti. Ma la svolta arriva nei primi anni '70, quando lavora con Attilio Dutto, un costruttore locale che rileva la Paramatti Vernici. Nel frattempo Briatore si occupa per alcuni casinò (gestiti dalla malavita) di portare clienti ai tavoli, intascandosi una parte delle loro perdite. Al giro lo introduce Ilario Legnaro che con il boss catanese Gaetano Corallo (vicino al clan Santapaola) si occupa proprio di questo. Tra i clienti portati ai casinò da Briatore c'è proprio Dutto che perderà parecchie decine di milioni nelle sale di Nizza e della Costa Azzurra. Nel 1979 Attilio Dutto salta in aria con la sua auto: un delitto che non ha mai trovato un responsabile. Dalle testimonianze raccolte nel libro si configura però la mano della mafia. Pare inoltre che lo stesso Dutto volesse "rovinare" Briatore per le truffe che gli aveva giocato. Di sicuro con Dutto scompare anche un capitale stimato in almeno 30 miliardi di lire, che non si sa dove vanno a finire. Con la fine degli anni '70 e la morte di Dutto, Briatore si trasferisce nella nascente 'Milano da bere', dove conosce la sua prima moglie (fino a oggi tenuta quasi nascosta) e frequenta la gente che conta del capoluogo meneghino, non ultimo Bettino Craxi. Organizza feste e si mette in affari con il conte Achille Caproni, della cui moglie è nel frattempo amante. Con l'amico Emilio Fede, secondo gli autori del libro, organizzerebbe truffe ai tavoli verdi, finché la polizia non lo scopre e lui deve fuggire a St.Thomas, nelle isole Vergini, con moglie al seguito. Latitante e costretto a rimanere fuori dall'Italia fino all'amnistia del 1990, Briatore si consola nella sua vita da sogno alle isole Vergini e apre e gestisce una rete di negozi per Benetton, un locale notturno e una gelateria. Da lì ci saranno la Formula 1, i mondiali con Schumacher e...mister Billionaire. Il "self made man" di Verzuolo in provincia di Cuneo ormai ce l'ha fatta: è diventato qualcuno, è famoso nel mondo, ricco e invidiato. . "La sua immagine pubblica non risente affatto del suo passato. Molte di queste storie sono state scritte anche dai giornali negli anni '70 e '80 e basta una ricerca in archivio per tirarle fuori. I media però si limitano a riportare quello che dice lui e la sua versione della storia". Una versione che da copione prevede poche righe di biografia ufficiale e qualche risposta evasiva a chi gli chiede conto del passato. Una storia tutta italiana”. (da "L'Espresso" dell''8 novembre 2010) Andrea Scanzi
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paoloxl · 5 years
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della Redazione di Carmilla
Un intero libro contro Carmilla! (1) Accidenti, che onore! Noi, secondo l’autore (il dottor Giuseppe Cruciani, titolare della rubrica La Zanzara su Radio 24, collaboratore di Panorama e di La 7), saremmo una lobby di inaudita potenza, capace di mobilitare fior di intellettuali di destra e di sinistra (da Erri De Luca a Tiziano Scarpa a Marco Müller, da Bernard Henri-Lévy a Philippe Sollers a Gabriel Garcîa-Márquez) in giro per il mondo. Il tutto a partire dalla “lista della vergogna”, cioè dalla nostra raccolta di firme (del 2004) a sostegno di Cesare Battisti.  Uno spietato assassino responsabile di tre, anzi quattro delitti trent’anni fa, oggi titolare di una vita agiata in una prigione brasiliana. Come mai, disponendo di simile potere, lo avremmo usato non per cause più illustri (tipo la verità su Piazza Fontana, la riapertura dell’inchiesta sulla morte di Pinelli, ecc.), bensì per appoggiare un oscuro portinaio della Rue Bleue, scrittore di romanzi in edizione economica, quasi sconosciuto in Italia? Come mai attorno a un criminale latitante si è mossa una fetta così consistente di “culturame”? Siamo grati al dottor Cruciani per avercelo spiegato. Il “culturame” in questione (i nomi sono centinaia, inclusi il mite Beppe Sebaste o il moderato Sandro Provvisionato, conduttore Mediaset) vive accanto al caminetto nostalgie e fantasie feroci, ai limiti dell’onirismo, degli anni Settanta e Ottanta. Si illude che esista ancora un mondo in cui lo scontro sociale non è mera formula, in cui la stratificazione in classi sussista intatta, in cui poteri incontrollabili politico-economico-criminali pratichino l’arbitrio ed esercitino una selezione per censo. Il dottor Cruciani, saggiamente, censura tale atteggiamento disfattista e antistatuale, che non prende atto di come va il mondo.  Lo chiama “disprezzo per lo Stato”, accusa chi lo coltiva di istinti “psicotici”. Ha ragione. C’era da affidarsi a occhi bendati a una “democrazia” che non era che una sequela di prepotenze palesi e occulte. Collusioni tra Stato e mafia, stragi protette o istigate da segmenti degli apparati di difesa, condizionamenti internazionali, corruzione a ogni livello. Più tardi si è saputo dell’esistenza di Stay Behind (Gladio) e della P2. Ancora più tardi l’intera classe politica del periodo postbellico è sparita dalle scene: chi in prigione, chi in esilio, chi in un sordido riciclaggio sotto nuove sigle. Ma il dottor Cruciani ci spiega che quella — definita nell’ ’88 “lo Stato del ricatto”,  da un noto eversore quale Gherardo Colombo – era una democrazia perfetta, quanto l’attuale. Ha senz’altro ragione. Invece ha torto marcio chi dice che, a quel tempo, qualcosa non andava, e non va tuttora.
Specialmente per quanto riguarda i processi per terrorismo vero o supposto della fine degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta. Non quelli alle BR, che fanno storia a sé, ma quelli intitolati Torregiani, Tobagi, 7 Aprile. Maratone giudiziarie in cui, spesso, chi aveva commesso i crimini peggiori se la cavava con pochi anni di prigione, grazie al pentimento o alla dissociazione, oppure non veniva neppure indagato (vedi il caso Tobagi); mentre chi cadeva sotto i colpi del pentitismo si trovava sottoposto a pene smisurate. Il dottor Cruciani omette di soffermarvisi, ma avrebbe dovuto iscrivere nei ranghi del sovversivismo anche Amnesty International, che per due volte richiamò l’Italia per via dei suoi processi “d’emergenza”, anche in rapporto al caso Torregiani; il giurista Italo Mereu, che in un saggio famoso più volte ristampato, Storia dell’intolleranza in Europa (Bompiani), mise a confronto le procedure emergenziali italiane con quelle dell’Inquisizione (Cruciani: “Come si fa a discutere seriamente con chi sostiene per esempio che il reato di ‘concorso morale’ in omicidio sia ispirato direttamente alle procedure dell’Inquisizione?”, p. 143); magistrati democratici, come Amedeo Santosuosso, che si ribellarono al tipo di legislazione che dovevano imporre, e pagarono il loro gesto con ostacoli alla carriera. Invece il dottor Cruciani santifica opportunamente la figura del pentito (“lo strumento dei pentiti, comunque lo si voglia giudicare, si rivelò fondamentale”, p. 142), di cui resta esponente emblematico Carlo Fioroni. Il quale, probabilmente, disse un sacco di balle (vedi qui), ma sicuramente lo fece a fin di bene.
Circa un quarto del libro del dottor Cruciani è dedicato a invettive moralistiche largamente condivisibili contro gli intellettualoidi che dimenticano la pietà umana (sentimento che lo stesso Cruciani non pare estendere alle recenti vittime della Freedom Flotilla) in nome della rivoluzione da farsi in salotto, raggruppati attorno al serial killer Cesare Battisti. Quegli intellettuali sono finalmente denunciati uno per uno e inchiodati alle loro pazzesche responsabilità. E’ vero che, ogni volta che cita qualcuno di quegli scrittori, poeti, cineasti, il dottor Cruciani pare avere attinto, per le notizie biografiche, da Wikipedia; è vero che suona un po’ sconcertante udire definire Erri De Luca un “bestsellerista, cioè uno che vende centinaia di migliaia di copie” (p. 71), quasi fosse Fabio Volo o Federico Moccia; è vero che colpisce trovare Massimo Carlotto inchiodato, ancora una volta, a un ipotetico delitto in cui ormai non crede più nessuno. Ma non si può pretendere che il dottor Cruciani, preso dalle sue attività radiofoniche e adesso anche investigative, legga dei libri. Terminato il suo excursus enciclopedico, attraverso vari paesi europei e due continenti (tanti sono i sostenitori-fiancheggiatori di Battisti nel mondo), Cruciani termina enunciando un’amara verità: “Se andiamo a guardare bene, sono gli stessi nomi, gli stessi intellettuali che qualche anno più tardi avrebbero gridato allo scandalo per l’arresto in Svizzera del regista franco-polacco Roman Polanski” (p. 156). In verità, come Carmilla non ci siamo mai occupati di Polanski, però, chissà, potrebbe essere.
Provvisoriamente conclusa la sua requisitoria iniziale, il dottor Cruciani entra nel merito del caso Battisti. Avevamo sostenuto che contro Cesare Battisti esistevano solo le deposizioni di pentiti e dissociati. Cruciani ci smentisce clamorosamente e stabilisce la verità: contro Battisti esistevano solo le deposizioni di pentiti e dissociati. Più, va detto, voci raccolte da un paio di amanti tradite. Le quali ricevono un curioso trattamento. Se la testimonianza era a favore degli imputati, Cruciani cita un giudice secondo il quale, con la disinvoltura sessuale regnante negli anni Settanta, il tradimento non poteva essere movente per una confessione (p. 144); mentre lo ridiventa se la deposizione è a sfavore di Battisti. Il pentito principale si chiama Pietro Mutti. E’ vero che tante volte si contraddice, ritratta, modifica. Il dottor Cruciani, con esemplare onestà, si guarda dal negarlo. Anzi, con felice intuito, giudica tale circostanza un sostegno alla verità. (“D’altronde anche i pentiti, così massacrati dai terroristi di tutto il mondo, sono esseri umani. Dunque gli errori di memoria, invece di squalificare definitivamente una persona, potrebbero persino essere indice di sincerità”, p. 126). Con simile premessa, il piatto è servito, e vale — a ben vedere — per tutti i pentiti della Storia.
Successivamente, il dottor Cruciani si addentra nella ricostruzione della trista epopea di Cesare Battisti, a partire dal delitto Torregiani, ma non prima di averci inchiodato allo sporco trucco da noi escogitato, evocato fin dalle prime pagine del libro e richiamato infinite volte in seguito. Quale trucco? Avere detto che Cesare Battisti non aveva potuto essere l’esecutore materiale dell’omicidio Torregiani e di quello Sabbadin, avvenuti lo stesso giorno quasi alla stessa ora, l’uno a Milano e l’altro nei dintorni di Udine. Cruciani ci accusa non a torto di fare il gioco delle tre carte, visto che nel caso Torregiani Battisti fu individuato quale organizzatore e nel caso Sabbadin quale esecutore. Il dottor Cruciani, che non ha tempo per leggere, non ha notato una nostra risposta recente a un suo collega di Panorama, Giacomo Amadori: “Amadori sembra ignorare che, ormai da quattro anni a questa parte, e anche in questi giorni, tutti i media che contano, in Italia, in Francia e adesso in Brasile, seguitano a presentare Battisti come l’uccisore materiale di Pierluigi Torregiani e il feritore del figlio Alberto. Incluso lo stesso Panorama, il settimanale su cui scrive Amadori, in un articolo di Giuliano Ferrara del 15 marzo 2004 (si veda qui; ma si dia un’occhiata anche alle puntate successive, qui e qui). (…) Chi conosce la verità non può che replicare che Battisti non può avere assassinato due persone contemporaneamente, a Milano e in un paesino del Veneto, alla stessa ora.” Ma il dottor Cruciani non deve scusarsi, anzi. La logica di un instant book è quella che è, e l’autore non è certo tenuto a documentarsi su tutto. Ci attribuisce ogni nequizia e a noi non resta che chinare il capo, davanti all’indignazione dell’illustre moralista. Ciò che non abbiamo commesso avremmo potuto ben commetterlo, data la nostra connaturata bassezza.
Nelle sue dettagliate ricostruzioni storiche — “questa è storia”, annuncia a un certo punto, e si intuisce che gli sono rimasti nella penna la maiuscola e l’esclamativo — il dottor Cruciani dà rilievo a talune interpretazioni comunemente ritenute destituite di fondamento, e le allinea disinvoltamente alle altre per rafforzare i suoi assunti. Per esempio, cita una dichiarazione tardiva di Angelo Epaminonda, secondo il quale il rapinatore ucciso da Torregiani nel ristorante Transatlantico era un mafioso fatto giungere in aereo da Catania, al preciso scopo di derubare il gioielliere (pp. 53-54). Ora, suona un po’ improbabile che un delinquente intenzionato a svuotare una gioielleria vada a coglierne il titolare non in negozio, ma in un ristorante, e chieda di consegnare il portafoglio a lui e ad altri clienti. Il particolare inattendibile serve però alla causa generale di cui si fa banditore il dottor Cruciani, cioè dimostrare la meschinità di Battisti e compagni e, per traslazione, di chi difende il primo. Giustissimo. Se non il metodo, lo scopo.
Panorama, il settimanale che si onora della collaborazione del dottor Cruciani, ha opportunamente lodato l’ampia bibliografia che lo stesso Cruciani ha saputo raccogliere. Per essere precisi, non c’è nessuna bibliografia, ma, in nota, un bel po’ di articoli di giornale e alcuni atti giudiziari. Facciamo notare, incidentalmente, una piccola lacuna. Il dottor Cruciani si interroga, per diverse pagine, sui moventi dell’uccisione del direttore del carcere di Udine Santoro. Del dissociato Arrigo Cavallina conosce un libro solo, dal titolo singolare: La piccola tenda d’azzurro che i prigionieri chiamano cielo (ed Ares, 2005). Se avesse letto anche un altro libro del Cavallina, Distruggere il mostro (Librirossi, 1977), forse le ragioni dell’attentato gli sarebbero state più chiare. Perché ci soffermiamo su un dettaglio così insignificante? Perché i libri non letti (o letti ma non utilizzati?) dal dottor Cruciani sono un bel po’. Se avesse conosciuto La mappa perduta non avrebbe sbagliato per difetto il numero degli indagati per appartenenza ai Proletari Armati per il Comunismo, se avesse avuto tra le mani Le torture affiorate si sarebbe interrogato meno sulle violenze nel corso dell’istruttoria Torregiani (cui, a quanto pare, fu sottoposto persino Pietro Mutti, per sua stessa ammissione su… Panorama! 25 gennaio 2009, riquadro). I due libri sono stati pubblicati dalla casa editrice Sensibili alle Foglie nel 1994 — con riedizione ampliata nel 2006 — e nel 1998. Soprattutto, alla bibliografia inesistente del dottor Cruciani manca il romanzo di Cesare Battisti Le Cargo sentimental (Editions Losfeld, 2003). E ha fatto bene a ometterlo, perché altrimenti sarebbe stato difficile sostenere che Battisti non ha mai preso le distanze dalla lotta armata.
Non seguiremo il dottor Cruciani nelle ricostruzioni apparentemente puntigliose dei vari omicidi (tutte del tipo: il tale pentito ha sentito dire dal talaltro dissociato che…; oppure, l’ex amante di Battisti riferisce che lui le ha confidato…).  Questa nostra certo strumentale omissione deriva da un fatto: noi, come Carmilla, non abbiamo mai sostenuto, nemmeno nell’appello “della vergogna”, che Battisti sia innocente. Abbiamo posto in dubbio la dinamica di alcuni delitti che gli sono attribuiti, ma se lo abbiamo difeso è per ragioni che con l’innocenza non hanno nulla a che vedere.  Ne parleremo tra breve. Invece saltiamo direttamente al capitolo 7 sulle “incredibili menzogne” di cui saremmo responsabili, che il dottor Cruciani stigmatizza con furore radiofonicamente rodato. Ci stendiamo dunque noi stessi sul lettino operatorio, ormai tanto privi di voce da non osare nemmeno chiedere pietà. Vediamole, queste menzogne infami. Che poi, curiosamente, si riducono a una, o a una e mezza.
Il capitolo destinato a inchiodarci si apre con un assalto frontale alla casa editrice Derive Approdi, rea di avere pubblicato il libretto Il caso Cesare Battisti: quello che i media non dicono. Sono due pagine di insulti, ben corroborate dal fatto che tra i fondatori figura il famigerato Franco Berardi, detto Bifo. “Tanto per capirci, Berardi crede ancora nell’utopia di un mondo ideale, un luogo che non sia dominato dalle leggi capitalistiche di mercato e dove possa realizzarsi il motto ‘lavorare meno, lavorare tutti’” (p. 133). Mio Dio, che imbecille! (Bifo, naturalmente, non certo il dottor Cruciani). Seguono altre pagine di insulti contro Serge Quadruppani. Cruciani non sa nemmeno in questo caso chi sia, visto che lo presenta, tra l’altro, come collaboratore di Libération (un quotidiano che, per quanto ne sappiamo, Quadruppani detesta). Ma che importa? “Uccidili tutti, Dio poi farà la sua scelta”, diceva un pio vescovo, durante la crociata contro i catari. Infine veniamo noi.
Colpevoli, anzitutto, di avere equivocato i contenuti e sbagliato, nell’opuscolo Il caso Cesare Battisti, la datazione di una lettera al Corriere della Sera del sostituto procuratore Armando Spataro, da noi fissata al gennaio 2008. Quell’articolo esiste davvero, ci avvisa Cruciani, solo che fu pubblicato dal Corriere il 23 febbraio 2009. Ciò suona un po’ strano, visto che il nostro libretto fu finito di stampare proprio nel febbraio 2009, e consegnato due mesi prima. Che la svista sia invece dello Sherlock Holmes di Radio 24? Non sia mai. Come certi grandi criminali, tipo il dr. Mabuse, noi di Carmilla abbiamo doti paranormali e facoltà precognitive, e nemmeno ce ne rendiamo conto. Comunque quella lettera esiste. Sta qui. Spataro prima classifica Battisti tra gli “organizzatori”, poi chiede, retoricamente, se è giusto mandare libero chi ha “giustiziato” un macellaio e un gioielliere. Gioca ancora una volta sull’equivoco. Ma è colpa di Carmilla l’attribuire a un probo magistrato pessime intenzioni, e di ciò ci scusiamo.
Veniamo alla nostra “incredibile menzogna”. Abbiamo scritto, ne Il caso Cesare Battisti e nelle nostre FAQ, che Pietro Mutti incolpò Battisti del delitto Sabbadin, poi, messo alle strette dalla confessione di Diego Giacomin, ritrattò, ammise la sua partecipazione e declassò il ruolo di Battisti da esecutore a complice. In tutto l’opuscolo, è uno dei rari passi corredato da una nota, perché ci limitiamo a riportare qualcosa di scritto da altri (nello specifico, un brano di Fred Vargas). Ciò non impedisce al dottor Cruciani di rovesciare addosso a noi, e non alla fonte, la sua giusta ira. Come andarono veramente i fatti? Mutti apprese in un secondo tempo che all’omicidio di Sabbadin parteciparono  in due, Battisti e qualcun altro. Poi Giacomin, dissociato, confessò: era stato lui a sparare al macellaio. Non fece altri nomi. Una terza complice, condannata all’ergastolo e non menzionata da Mutti, vive oggi in Francia. Cavolo, correggeremo, la svista (probabilmente voluta) è di gravità inaudita.
La mezza svista, anch’essa voluta, è poi terribile. Abbiamo citato due brani in cui Pietro Mutti era stato costretto a ritrattare le sue deposizioni contro Battisti, di fronte all’evidenza dei fatti. Li riferivamo a una sentenza del 1993. Sherlock Cruciani si trasforma nel mastino dei Baskerville e ci azzanna subito: le nostre citazioni non erano degli inquirenti, ma dei difensori! Noi ci eravamo limitati a riportare un passaggio della memoria presentata dagli avvocati di Battisti alla Corte di Strasburgo. Abbiamo avuto il torto, questa volta, di non indicarlo in nota. Ma le circostanze indicate erano false? No, erano vere, e risultate in sede dibattimentale. Per questo classifichiamo la faccenda come “infame menzogna” a metà. Esistono altre nequizie che ci possano essere attribuite, nel capitolo destinato a crocefiggerci? No, il repertorio è esaurito.  Restano quelli che il volgo chiamerebbe “sproloqui”, e noi chiamiamo pensose riflessioni morali.
Due capitoli sono dedicati en passant alla campagna per Battisti in Francia (i molti difensori del terrorista sono denigrati, i pochi oppositori — come lo storico Pierre Milza, l’altro storico e autore di romanzi d’appendice Max Gallo, ecc. onorati con lunghe citazioni) e in Brasile. Terra di teste matte, per il dottor Cruciani. Dato che siamo un po’ stanchi di mulinare le braccia per difenderci, lo rinviamo a uno scritto di Luca Baiada apparso sulla rivista Il Ponte nel giugno 2009. Forse Tarso Genro non delirava, quando concesse l’asilo a Battisti. Dallo scritto di Baiada, il dottor Cruciani potrebbe capire come si scrive un saggio di peso e ben documentato, se mai avesse bisogno di consigli.
Per la stessa stanchezza rinunciamo a esporre i motivi che ci hanno spinto (noi Carmilla, non i firmatari della “lista della vergogna”) a difendere Battisti. Il dottor Cruciani può trovarli elencati in un articolo di giugno-settembre 2007 dello scrittore Walter G. Pozzi, direttore editoriale della rivista PaginaUno. Ripete nelle ultime righe la faccenda del delitto simultaneo, ma il resto dell’argomentazione la facciamo nostra. Almeno in questo caso Cruciani ci sarà grato. Gli abbiamo fornito un altro nome da inserire nella lista del “culturame” da eliminare.                  
Giunti al termine della rassegna, ci pare di poter dire, molto rispettosamente, al dottor Cruciani: “Va’, va’, povero untorello, non sarai tu quello che spianti Milano” (a uso dello stesso Cruciani, specifichiamo che trattasi di una citazione da I promessi sposi, di Alessandro Manzoni, noto scrittore ottocentesco lombardo, che ha una voce abbastanza ampia su Wikipedia). La prossima edizione del suo libro, se mai ce ne saranno, andrebbe rivista e un po’ snellita. Così com’è, somiglia a una versione logorroica di un articolo di Luca Telese (curatore della collana in cui è uscito il saggio del dottor Cruciani). Si arriva in fondo e si ha l’impressione di non avere letto  nulla.
(1) Giuseppe Cruciani, Gli amici del terrorista. Chi protegge Cesare Battisti?, Sperling & Kupfer, 2010, pp. 255, € 17,00.
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wdonnait · 4 years
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Flavio Briatore: la vera vita del Mr Billionaire
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Flavio Briatore: la vera vita del Mr Billionaire
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Flavio Briatore è uno dei protagonisti indiscussi del mondo dello spettacolo e dell’imprenditoria.
Ultimamente si parla spesso di lui perché come molti di voi già sanno, egli ha confermato di essere positivo al Coronavirus. Riguardo l’epidemia che sta colpendo tutto il mondo, ha diverse volte espresso la sua opinione, risultando abbastanza scettico e polemico.
Ma l’ironia della sorte ha voluto che anch’egli si contagiasse, all’interno del suo locale sardo Billionaire. Sul suo conto se ne dicono ormai di tutti i colori, ma chi è davvero Flavio Briatore? Cosa sappiamo esattamente della sua vita?
Scopriamone di più!
Flavio Briatore chi è
In questi giorni sta girando un articolo de “L’Espresso“, che risale all”8 novembre 2010.
Stando ad una serie di testimonianze, il Mr Billionaire avrebbe sempre negato il modo in cui lo descrivono. Il motivo risiede nel fatto che si insinuano diversi avvenimenti di una certa entità, mettendolo in una posizione scomoda.
Ecco una parte della presentazione, estrapolata dal giornale “L’Espresso” (link diretto alla fonte: https://bit.ly/2EE1y0t)
“Le vittorie in Formula 1, il matrimonio con la Gregoraci e i flirt con le top model, lo yatch da sogno e il Billionaire, la discoteca dei ricchi in Sardegna. Quando si parla di Flavio Briatore, sono queste le parole d’ordine della cronaca nazionale, gossippara e non. Eppure nel passato del manager di Cuneo ci sono zone d’ombra che stonano con la vita super-pubblica che conduce adesso.
Sono gli anni ’70 e ’80, passati tra Cuneo e Milano, in cui un giovane assicuratore inizia a costruire quello che poi sarà Mr Billionaire. E nella sua cerchia non mancano i personaggi discutibili, il gioco d’azzardo, le truffe, la latitanza all’estero e le morti sospette. Una scalata al successo partita dal basso e dalla provincia che non si legge però nella biografia ufficiale di Briatore, che a quegli anni dedica qualche riga generica e poco convincente”.
Briatore e procedimenti giudiziari
Se qualcuno stesse pensando alla vita di Briatore come semplice collezione di successi e lusso sfrenato, si sbaglia di grosso.
Questo perché alcuni decenni fa divenne protagonista di una serie di procedimenti giudiziari. Infatti, più volte ha visto denunce e condanne, principalmente per questioni di gioco d’azzardo e affari legati a bische clandestine.
Una svolta che non ci si sarebbe mai aspettati, vista la vita perfetta che lo caratterizzava. Ecco quanto riportato dall’articolo de “L’Espresso”:
“La storia di Briatore sembra il sogno americano, coniugato però alla realtà italiana. Figlio di maestri elementari, si diploma geometra, fa l’assicuratore e apre un ristorante che chiuderà dopo poco per debiti. Ma la svolta arriva nei primi anni ’70, quando lavora con Attilio Dutto, un costruttore locale che rileva la Paramatti Vernici. Nel frattempo Briatore si occupa per alcuni casinò (gestiti dalla malavita) di portare clienti ai tavoli, intascandosi una parte delle loro perdite.
Al giro lo introduce Ilario Legnaro che con il boss catanese Gaetano Corallo (vicino al clan Santapaola) si occupa proprio di questo. Tra i clienti portati ai casinò da Briatore c’è proprio Dutto che perderà parecchie decine di milioni nelle sale di Nizza e della Costa Azzurra.
Nel 1979 Attilio Dutto salta in aria con la sua auto: un delitto che non ha mai trovato un responsabile. Dalle testimonianze raccolte nel libro si configura però la mano della mafia. Pare inoltre che lo stesso Dutto volesse “rovinare” Briatore per le truffe che gli aveva giocato. Di sicuro con Dutto scompare anche un capitale stimato in almeno 30 miliardi di lire, che non si sa dove vanno a finire.
Flavio Briatore truffe
La vita di Briatore si potrebbe paragonare a quella di un latitante.
Già verso la fine degli anni ’70, il noto imprenditore iniziò a frequentare l’ambiente milanese. Qui organizzava festini ed allo stesso tempo metteva su affari, organizzando anche truffe che lo hanno costretto a fuggire. Ecco quanto riportato da “L’Espresso”:
“Briatore si trasferisce nella nascente ‘Milano da bere’, dove conosce la sua prima moglie (fino a oggi tenuta quasi nascosta) e frequenta la gente che conta del capoluogo meneghino, non ultimo Bettino Craxi. Organizza feste e si mette in affari con il conte Achille Caproni, della cui moglie è nel frattempo amante. Con l’amico Emilio Fede, secondo gli autori del libro, organizzerebbe truffe ai tavoli verdi, finché la polizia non lo scopre e lui deve fuggire a St.Thomas, nelle isole Vergini, con moglie al seguito.
Latitante e costretto a rimanere fuori dall’Italia fino all’amnistia del 1990, Briatore si consola nella sua vita da sogno alle isole Vergini e apre e gestisce una rete di negozi per Benetton, un locale notturno e una gelateria. Da lì ci saranno la Formula 1, i mondiali con Schumacher e … mister Billionaire. Il “self made man” di Verzuolo in provincia di Cuneo ormai ce l’ha fatta: è diventato qualcuno, è famoso nel mondo, ricco e invidiato”.
Flavio Briatore è davvero un idolo?
Quando si parla di Flavio Briatore, molte persone pensano subito ad un idolo indiscusso. Ma Mr Billionaire è davvero il personaggio che vogliono farci credere i mass media?
E’ difficile rispondere a tale quesito, specialmente se si dovesse approfondire il suo passato. Di sicuro è un imprenditore che sa come creare dei giri di affari. E’ noto in tutta Italia e non solo: anche all’estero, diversa gente lo reputa un uomo da invidiare. E non si parla soltanto delle sue ricchezze materiali ma anche del suo “savoir-faire”, verso vertici di importanti aziende ed imprese.
Nonostante quanto riportato in precedenza, emerge comunque la parte positiva. C’è chi si ispira proprio al suo essere, al suo modo di vivere la vita e di approcciarsi nella sfera sociale. Come spiegato da Andrea Sceresini, uno degli autori dell’articolo de “L’Espresso”, Briatore rappresenta “il personaggio simbolo di un’intera classe dirigente.
La sua immagine pubblica non risente affatto del suo passato. Molte di queste storie sono state scritte anche dai giornali negli anni ’70 e ’80 e basta una ricerca in archivio per tirarle fuori. I media però si limitano a riportare quello che dice lui. Una versione che da copione prevede poche righe di biografia ufficiale e qualche risposta evasiva a chi gli chiede conto del passato.”.
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academybdsm · 4 years
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Lesson 32 👑 (parte 1)
“BDSM e legge. Aspetti legali della pratica BDSM in Italia”
Le difficoltà di avere chiarezza in campo normativo. Il consenso e le lesioni. Concetto di lesioni e loro classificazione. Gli atti di disposizione del proprio corpo. Limiti.
I pochi casi inerenti pratiche BDSM decisi dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Il concetto di percosse.
Premesse:
Parlare di ciò che in Italia è legale o meno è sempre più una impresa particolarmente ardua. I pareri pro veritate sono, per gli avvocati, fonte di non pochi guadagni e molto spesso tali guadagni non sono immeritati perché districarsi tra varie norme, talvolta sparse in più leggi e poi vederne le interpretazioni giurisprudenziali, è tutt’altro che semplice.
Raccontare quanto l’attività SM sia legale e soprattutto quale e come essa sia legale o meno è ancor più difficile perchè qui subentra anche il fatto che stiamo parlando di sesso in senso lato e la visione del sesso cambia nel tempo assai rapidamente, è soggetta agli umori ora progressisti ora conservatori della maggioranza dei cittadini, è interpretata dai giudici non solo in base alle norme ma anche, inevitabilmente, in funzione dei loro “credo” personali in fatto di sesso.
Dare una risposta chiara ed univoca è impossibile. Ma si possono approfondire non pochi aspetti giuridici senza però aspettarsi, su tutti i punti, certezze assolute.
Alcune ci sono, altre no.
Come premessa basilare è bene prestare attenzione al fatto che in questo articolo si parlerà esclusivamente di “SM e legge”. E non di “sesso estremo e legge” o di “violenza e legge”.
Soprattutto negli ultimi tempi si sta manifestando una tendenza di etichettare come SM o BDSM ogni azione caratterizzata da una dominazione, indipendentemente dalle sue caratteristiche più o meno estreme, o caratterizzata da sesso strano o violento.
Vale la pena rammentare che le 4 Regole sulle quali poggia l’SM sono:
-Consenso
-Maggiore età (che per l’Italia sono i 18 anni)
-Piena capacità di intendere e volere
-Assenza di lesioni guaribili in un tempo superiore ai 20 giorni
*Il consenso e le lesioni
Abbiamo or ora parlato di consensualità, quella che è una delle 4 Regole ma che è la più nota perchè facente parte di quella formula di dominio comune che è l’SSC (Sano, Sicuro, Consensuale).
Essendo la più nota è quella sulla quale sono state fatte sopra le maggiori costruzioni. Ad esempio che basta il consenso di una persona sottomessa affinchè qualsiasi azione su di essa compiuta non sia punibile, salvo atti come mutilazioni e simili comportamenti estremi.
Ecco un primo punto molto importante da chiarire.
Dal combinato disposto degli artt. 582, 583, 585 del codice penale (per una classificazione delle lesioni alla luce del codice penale vedi nota in calce all’articolo) si arriva alla prima parziale conclusione che qualsiasi azione SM che determini una lesione alla parte sottomessa guaribile in un tempo superiore ai venti giorni fa scattare una denuncia indipendentemente da qualsiasi querela. In questi casi dunque la volontà della parte sottomessa e il suo consenso non hanno alcuna rilevanza giuridica né possono essere causa di impedimento per una denuncia d’ufficio all’autorità giudiziaria di chi ha commesso il fatto.
È bene soffermarsi sul concetto di lesione di cui si parla appunto nell’art. 582. La lesione è caratterizzata dall’evento malattia e questo è poi l’elemento discriminante rispetto alle percosse di cui si parlerà tra poco.
Malattia? Tutti abbiamo conoscenza del significato di questa parola, ma la sua definizione in campo giuridico non è del tutto pacifica. Ahimé, non è importante ciò che ognuno pensa, ma quello che in diritto s’intende come base del delitto di lesioni personali.
(Tratto dal web - la gabbia)
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giancarlonicoli · 5 years
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27 MAR 2019 15:31
''SE AVESSI CONOSCIUTO GLI INTESTATARI DEI CONTI IOR, SAREI MORTO''. LA SECONDA, CLAMOROSA, INTERVISTA DELLE ''IENE'' A GOTTI TEDESCHI, EX BANCHIERE DI DIO, E QUEI 4 CONTI LEGATI ALLA FONDAZIONE MONTE DEI PASCHI. DAVID ROSSI PRIMA DI FINIRE GIÙ DALLA FINESTRA SI STAVA FACENDO RISTRUTTURARE LA CASA DALLA DITTA CHE FACEVA I LAVORI PER LO IOR E NELLE BASILICHE DI ROMA. COME MAI ARRIVAVA FINO A SIENA? FORSE PERCHÉ ROSSI FACEVA ANCHE LO SPALLONE DI FONDI NERI TRA IOR E MPS?
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VIDEO: L'INTERVISTA INTEGRALE A ETTORE GOTTI TEDESCHI
https://www.iene.mediaset.it/2019/news/david-rossi-ior-gotti-tedeschi-vaticano-nomi-pericolosi-morte_359671.shtml
Da www.iene.it, servizio a cura di Marco Occhipinti e Antonino Monteleone
“Mi sono sempre rifiutato di vedere i conti per non trovarmi un giorno in imbarazzo di fronte a un giudice che mi domanda: ‘che lei sappia ci sono questi conti’?'”. Continua l’inchiesta di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti sul caso David Rossi, dopo lo Speciale Iene di giovedì 21 marzo, con nuove eclatanti rivelazioni da parte di Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, la banca del Vaticano, tra il 2009 e 2012.
David Rossi, ex capo della comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena, vola giù dalla finestra del suo ufficio, al terzo piano della sede centrale della banca, il 6 marzo 2013. Si è trattato di suicidio, come stabilito con due archiviazioni dalla magistratura, o è stato ucciso, come sostiene la famiglia?
Nello speciale, che vi riproponiamo qui sotto nelle sei parti in cui è diviso (clicca qui per vederlo integralmente), abbiamo ripercorso tutti i dubbi che avvolgono la morte di David Rossi, dai quelli sul video della sua caduta mortale ai dubbi su alcuni aspetti delle indagini, ascoltando anche la testimone Lorenza Pieraccini, che dice di non essere mai stata sentita dalla Procura, come invece risulta agli atti, e valutando la storia dei festini a base di sesso e droga raccontata da un escort. Fino alle clamorose rivelazioni fatte proprio dall’ex presidente della banca del Vaticano, che ha parlato non solo della possibile esistenza di tangenti e soldi sporchi, ma ha addirittura lasciato intendere che uomini interni alla Curia vaticana potrebbero essere capaci anche di commissionare un delitto.
È proprio Gotti Tedeschi a fare nuove clamorose dichiarazioni nell’intervista che vedete qui sopra. Nel primo incontro tra la Iena e l’ex presidente dello Ior, Monteleone gli ha chiesto dei quattro conti correnti che sarebbero stati aperti presso la banca del Vaticano e che sarebbero riconducibili a uomini della Fondazione Mps. “Credo che fosse vero”, risponde l’ex presidente dello Ior sull’esistenza di questi conti. “Sono tangenti mi pare evidente”, dice, come avete visto nella sesta parte dello speciale che abbiamo dedicato al caso.
Dopo la prima intervista, Antonino Monteleone è tornato da Gotti Tedeschi, per capire come fosse possibile che l’allora presidente dello Ior non sapesse nulla sulla presunta esistenza di quei conti. Le dichiarazioni di Gotti Tedeschi a riguardo sono davvero clamorose.
“Mi sono sempre rifiutato di vedere i conti”, dice Gotti Tedeschi alla Iena. Come faceva a non occuparsi di tutti i conti e della loro provenienza, proprio lui che, come ci ha detto nell’ultima intervista, era stato chiamato da Papa Benedetto XVI per “ripulire lo Ior”? “Io non ho mai voluto vederli. Non era il mio compito”, risponde l’ex presidente. “Il mio incarico era di attuare le necessarie procedure per fare trasparenza, e mi fu anche detto: ‘lascia proprio stare la curiosità naturale di guardare di chi sono i conti’, infatti io non volli mai sapere”.
E perché non ha mai voluto sapere? “Se tu hai visto i conti e dici al giudice di chi erano i conti, quelli veri, la tua famiglia dove la metti?”, dice Gotti Tedeschi alla Iena. “A proteggerla, ci vuole il più grande sistema di protezione che si possa immaginare” e nomina il giornalista Mino Pecorelli. “Si ricorda perché è morto?”, chiede a Monteleone. “Ha messo le mani su che cosa? Sui nomi”. Monteleone gli fa notare che sapere chi ha i soldi allo Ior è un potere.“Sarei morto”, risponde l’ex presidente della banca del Vaticano.
Perché le dichiarazioni di Ettore Gotti Tedeschi sono così rilevanti? Primo perché mentre era presidente dello Ior, Gotti Tedeschi era stato a capo per l’Italia di Santander e partecipò all'acquisto per conto di quell’istituto della Banca Antonveneta, che è stata poi rivenduta nel 2007 a Monte dei Paschi innescando ripercussioni negative a catena sulla banca senese che venne travolta da una bufera mediatica e finanziaria. Quella durante la quale muore David Rossi, volando giù dalla finestra del suo ufficio.
L’ex presidente dello Ior, nell’ultima intervista andata in onda, ci ha detto di non ricordarsi di lui. Su una foto scattata dalla polizia scientifica il giorno del dissequestro dell’ufficio di David si vede un biglietto sulla scrivania con scritto a penna il nome "Ettore Gotti Tedeschi" e il suo numero di cellulare. I due si dovevano parlare? Nel caso, chi aveva cercato chi e, soprattutto, perché l’allora capo dell’area comunicazione di Mps doveva parlare con il presidente dello Ior?
Si tratta solo di una coincidenza? Davvero Ettore Gotti Tedeschi non conosceva David Rossi? Esistevano davvero quattro conti riconducibili a uomini della Fondazione presso lo Ior? E chi poteva sapere i nomi legati a quei conti? Sono solo alcuni dei dubbi che legherebbero il Monte dei Paschi e David Rossi alla banca del Papa.
Ecco per esteso l'intervista inedita a Ettore Gotti Tedeschi.
“Mi sono sempre rifiutato di vedere i conti proprio per questa ragione. Per non trovarmi un giorno in imbarazzo di fronte a un giudice che mi domanda che lei sappia ci sono questi conti? Io non ho mai voluto vederli".
Cioè è come se lei fosse un pilota di Formula 1 che si rifiuta di guardare cosa c’è nel cofano della sua monoposto?
"Esattamente”.
È un po’ spericolata come cosa.
"Non era il mio compito. Primo perché non sono un meccanico, se anche avessi aperto il cassone, avrei dovuto avere competenza per la meccanica. Io so guidare la Formula 1. Non significa saper cambiare le gomme".
Però siccome è lei che guida...
"Ho avuto un incarico…estremamente preciso, direttamente dal Papa. Quello di attuare le necessarie procedure, per fare la trasparenza. E mi fu anche detto lascia proprio stare la curiosità naturale di guardare di chi sono i conti, infatti io non volli mai sapere".
Però c’è una cosa che lei mi ha detto, io non volevo sapere chi erano i nomi, perché…
"Su questo non deve dubitare…".
"No no non dubito…".
"E non li so!".
Ma se io avessi avuto un mandato da Sua Santità Benedetto XVI di…
"Eh, come è stato…".
Io ho bisogno di ripulire questo istituto. Come si concilia il mandato per la trasparenza assoluta senza entrare a gamba tesa su chi ci ha messo i soldi.
"No no no… le rispondo, a poco a poco dal 2001 al 2008 sono stati chiusi tutti i paradisi fiscali nei Paesi, chiamiamoli democratici, non canaglia. va bene? si ricorda San Marino?
Certo…
"Bene. Quale era l’unico e ultimo aperto? Quello all’interno dello stato della Città del Vaticano. Benedetto dice: se noi non ottemperiamo ai criteri di massima trasparenza esemplare, mettiamo a repentaglio la credibilità della Chiesa e del Papa. Dottore vada, faccia quello che deve fare. Santità, devo fare una legge antiriciclaggio. Devo fare delle procedure e un’autorità di controllo che controlli che le procedure alla lettera vengano applicate. Vada! Cosa ho detto: come faccio io a evitare che ci siano dei conti intestati a chi non devono essere intestati? Transazioni che non devono essere fatte, cosa faccio? Senza voler andare a vedere chi li ha fatti fino al giorno prima. Faccio una legge che dice: da oggi chi li fa è un fuorilegge. Ma ha capito?"
In questo modo come si fa a sapere: noi abbiamo i soldi della mafia nelle casse dello Ior?
"Ma non voglio saperlo!".
Eh però se vogliamo toglierli quei soldi bisogna saperlo se ci sono, sennò ce li teniamo, è un gioco strano.
"No, lei mi sta chiedendo delle cose talmente, scusi eh, per me talmente semplici e banali. Io non dovevo guardare i conti. Non dovevo".
Ma chi li guardava?
L’unica persona al mondo che io sappia che conoscesse i conti di chi erano era Cipriani, Tulli e Mattietti.
Qui Gotti Tedeschi sostiene che gli unici a sapere di chi erano i conti fossero l’ex direttore aggiunto dello Ior Giulio Mattietti, licenziato nel 2017 con l’accusa di avere tradito la fiducia del Papa. E insieme a lui Paolo Cipriani, ex direttore generale, e Massimo Tulli, il suo vice. Entrambi condannati a risarcire 47 milioni allo Ior per danni in primo grado. Mentre Gotti Tedeschi, che era il Presidente, afferma che di chi fossero quei conti non ne avrebbe saputo niente.
Ma perché lei rinuncia ad avere informazioni che ha una figura all’interno dell’istituto che le è sottoposta.
"Allora stia a sentire. Lei fa il giornalista d’inchiesta, si ricorda perché è morto Mino Pecorelli? si ricorda chi era?".
Sì certo faceva…
"Si ricorda perché è morto? ha messo le mani su che cosa? sui nomi. allora..."
Cioè lei mi sta dicendo che chi mette le mani sui nomi schiatta.
"Cosa mi viene detto? me lo ricordo come se fosse adesso: non volere mai sapere, non andare a cercare... se ti vengono a dire le facciamo vedere rifiutati di vedere. Per due ragioni. La prima, che prima o poi succederà uno scandalo allo Ior, tu verresti immediatamente interrogato. Ti dicono lei ha guardato i conti? Tu dici: sì che l’ho guardati. Allora ci dica di chi sono i conti. Oppure tu dici non li ho guardati, hai mentito perché li hai guardati, in tutti e due i casi tu sei morto. se tu hai visto i conti…"
Professionalmente?
"… e dici al giudice di chi erano i conti, quelli veri, la tua famiglia dove la metti? a proteggerla ci vuole il più grande sistema di protezione che si possa immaginare. seconda ipotesi: tu li hai visti ma dici noooo, non li ho visti, ti arrestano, perché sanno perfettamente che li hai visti!"
Tutti pensano di lei, cazzo Gotti Tedeschi sa chi c’ha i soldi allo ior. Cioè, che potenza…
"Sarei morto. non, si potrebbe aver recitato molti requiem…".
Se Gotti Tedeschi fosse stato più spericolato, lei mi dice sarebbe morto...
"Senta…"
Ma morto professionalmente o morto schiattato, cioè morto... morto
"Ehhhhhhh… lei deve riflettere sulla morte di quel giornalista".
Pecorelli.
"Vada a rileggersi i giornali dell’epoca e vada a riflettere, cioè, se lei sa dei nomi e li dice nel modo sbagliato, alla persona sbagliata e questi nomi potrebbero non gradirlo, avere un segreto è un’arma a doppio taglio. Se lei è forte le permette di influenzare gli altri. Se lei è debole o decide di essere debole... lei è morto".
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istitutofemminile · 7 years
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Delitto in formula 1 1984
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imoviez · 4 years
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LE REGOLE DEL DELITTO PERFETTO, LA QUINTA STAGIONE IN PRIMA VISIONE SU RAI4
LE REGOLE DEL DELITTO PERFETTO, LA QUINTA STAGIONE IN PRIMA VISIONE SU RAI4
  La quinta stagione, scardina parte della collaudata formula narrativa alla base della serie per ridefinirne canoni e personaggi.
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  Creata da Peter Nowalk e prodotta da Shonda Rhymes, vera istituzione nell’ambiente della serialità televisiva statunitense in quanto artefice dei successi di Grey’s Anatomy e Scandal, Le regole del delitto perfettoha già…
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italianaradio · 5 years
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Ryan Gosling: 10 cose che non sai sull’attore
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Ryan Gosling: 10 cose che non sai sull’attore
Ryan Gosling: 10 cose che non sai sull’attore
Ryan Gosling: 10 cose che non sai sull’attore
Ryan Gosling è uno degli attori più brillanti degli ultimi anni e della sua generazione. Attore sin da ragazzino, ha sempre dimostrato al mondo le sue capacità recitative e anche quelle di cantante e ballerino.
La sua è stata una lunga gavetta costellata da titoli importanti, riuscendo a conquistare una grande fetta di pubblico con i suoi talenti e a rimanere nell’immaginario collettivo con i suoi ruoli.
Ecco, allora, dieci cose da sapere su Ryan Gosling.
Ryan Gosling film
1. Ryan Gosling: i film e la carriera. Dopo essre apparso nel programma Mickey Mouse Club dal 1993 al 1995, la carriera di Gosling ha preso subito il via con le serie Hai Paura del buio? (1995), Piccoli brividi (1996), Breaker High (1997-1998) e Young Hercules (1998-1999). In seguito, l’attore si è dedicato al cinema, debuttando in Il mio amico Frankenstein nel 1997 e continuando con Formula per un delitto (2002), Le pagine della nostra vita (2004), Il caso Thomas Crawford (2007), Blue Valentine (2010) e Crazy, Stupid, Love (2011). La sua carriera è proseguita poi con i film Drive (2011), Le idi di marzo (2011), Come un tuono (2012), Solo Dio perdona (2013) e La grande scommessa (2015). Tra gli ultimi lavori, vi sono The Nice Guys (2016), La La Land (2016), Song to Song (2017), Blade Runner 2049 (2017) e First Man – Il primo uomo (2018).
2. Non solo attore, ma anche sceneggiatore, regista e produttore. Nel corso della sua carriera, Ryan Gosling non si è limitato al solo ruolo di attore, ma ha vestito anche i panni dello sceneggiatore e regista per il suo progetto intitolato Lost River (2014). Inoltre, oltre ad aver prodotto questo film, l’attore ha partecipato anche alla produzione di Blue Valentine, ReGeneration (2010), Solo Dio persona e White Shadow (2013).
Ryan Gosling e Emma Stone
3. Hanno recitato in tre film. Ci sono coppie di attori che, pur non essendo fidanzate, hanno un’alchimia tale che diventa espolosiva sul grande schermo. Questo è quello che succede quando Emma Stone e Ryan Goslilng appaiono al cinema ed è capitato in tutti e tre i film a cui hanno collaborato: Crazy, Stupid, Love, Gangster Squad e La La Land.
4. La loro è una vera amicizia. Tra i due non c’è solo uno splendido rapporto sullo schermo, ma anche nella vita reale. Infatti, i due attori sono molti amici, tanto da ammettere che ognuno non potrebbe vivere senza l’altro.
Ryan Gosling e Eva Mendes
5. Galeotto fu il set di Come un tuono. Ryan Gosling ed Eva Mendes si sono conosciuti sul set del film di Derek Cianfrance nel 2011, iniziando a frequentarsi quasi da subito. I due attori sono molti uniti, non si sono mai sposati e che hanno dato vita a due splendide bambine: Esmeralda Amada, nata nel 2014, e Amada Lee, nata nell’aprile del 2016.
6. Il vero amore dopo alcune storie. La vita sentimentale di Ryan Gosling non è mai stata un mistero per le riviste di gossip. Dell’attore, infatti, si sa che dal 2002 al 2003 è stato fidanzato con Sandra Bullock, mentre dal 2004 al 2007, e poi dal 2007 al 2008, ha frequentato la collega Rachel McAdams. Sebbene sia rimasto in buoni rapporti con tutte, con buona pace di Eva Mendes, è proprio con lei che lui ha trovato il vero amore.
Ryan Gosling: La La Land
7. Ha imparato la musica a memoria. Secondo il compositore Justin Hurwitz, tutte le esibizioni per pianoforte in La La Land sono state registrate per la prima volta dal pianista Randy Kerber durante la pre-produzione. In seguito, Gosling ha trascorso due ore al giorno, per sei giorni alla settimana, a sostenere lezioni di pianoforte, arrivando a suonare tutte le sequenze pianistiche senza uso di doppia mano o CGI.
8. Ha amato il suo Sebastian. In La La Land, Ryan Gosling ha interpretato il giovane Sebastian, un musicista che vorrebbe vivere suonando jazz. Di lui ha detto “I suoi eroi sono nati 70 anni fa, e al giorno d’oggi, un grande pianista che suona il vero jazz è destinato a lavorare nei bar dove le persone non interrompono nemmeno le loro conversazioni per ascoltarti. […] Sebastian affronta la domanda a cui devono fare fronte molte persone creative: continuo a perseguire questo lavoro che mi nutre davvero o devo accettare che questo è solo lavoro e devo pagare le bollette?”.
Ryan Gosling: Come un tuono
9. Ha imparato a guidare la moto. Per dare vita al suo personaggio in Come un tuono, che è un motociclista esperto, Ryan Gosling ha dovuto imparare a guidare la moto. Ha imparato a fare ciò grazie all’aiuto di Rick Miller, la stessa persona che ha collaborato per i film di Batman.
10. Gosling ha suggerito Eva Mendes per il ruolo di Romina. Il caso ha voluto che fosse proprio l’attore canadese a cercare di convincere il regista, Derek Cianfrance, ad ingaggiare la Mendes per il ruolo di Romina Gutierrez, perché la riteneva un’attrice sottovalutata, suo malgrado, e molto capace.
Fonti: IMDb, Vogue
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Ryan Gosling: 10 cose che non sai sull’attore
Ryan Gosling è uno degli attori più brillanti degli ultimi anni e della sua generazione. Attore sin da ragazzino, ha sempre dimostrato al mondo le sue capacità recitative e anche quelle di cantante e ballerino. La sua è stata una lunga gavetta costellata da titoli importanti, riuscendo a conquistare una grande fetta di pubblico con […]
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Mara Siviero
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usostenibile · 6 years
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Nel rapporto 2017-2018 di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo, i principali temi che riguardano l’Italia sono: 1) i diritti di rifugiati e migranti; 2) il diritto all’alloggio e gli sgomberi forzati; 3) la tortura e altri maltrattamenti.
Il divieto della pratica della tortura trova una sua formulazione nella “Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone sottoposte a torture ed altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti” (1975) al cui articolo 1 contiene una chiara definizione della tortura: “il termine tortura indica qualsiasi atto per il quale il dolore o delle sofferenze acute, fisiche o mentali, sono deliberatamente inflitte ad un individuo da parte di pubblici ufficiali o sotto la loro istigazione, allo scopo di ottenere da esso o da un terzo informazioni o confessioni, di punirlo per un atto che ha commesso o che si sospetta abbia commesso, o allo scopo di intimidirlo o di intimidire altre persone”. Tale definizione è stata poi ripresa nella “Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altri trattamenti o pene crudeli, inumane e degradanti”, adottata dall’Assemblea generale, il 10 dicembre 1984, ed entrata in vigore il 26 giugno 1987. Nell’ambito del consiglio d’Europa si è adottata la “convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti”, firmati a Strasburgo il 26 novembre 1987 ed entrata in vigore il 1° febbraio 1989. Il sistema elaborato nel testo ha lo scopo di completare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo integrando l’articolo 3 ed affiancando alle procedure già esistenti un meccanismo di natura preventiva, caratterizzato da un sistema di visite effettuate da un organo appositamente istituito: il “Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene inumane e degradanti”.
Con la legge 14 luglio 2017 n. 110 è stato introdotto in Italia il reato di tortura con la volontà di rispettare la ratifica della Convenzione contro la tortura del 1989; grave problema però risulta dal fatto che non vengono soddisfatti tutti i requisiti richiesti dalla convenzione. Il Comitato contro la tortura ha evidenziato che la definizione di tortura contenuta nella nuova legge non è conforme alla Convenzione e che la nuova legge non prevede l’applicazione di altre norme fondamentali (tra cui la revisione dei metodi d’interrogatorio della polizia e le misure per il risarcimento delle vittime). Nel panorama nazionale, la legge (arrivata dopo 4 anni di discussioni, modifiche e rinvii) è stata criticata per gli ampi spazi discrezionali come il fatto che il singolo atto di violenza brutale di un pubblico ufficiale su un arresto potrebbe non essere punito. La legge prevede per i responsabili dai 4 ai 10 anni di carcere, che salgono a un massimo di 12 se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri. Vieta inoltre le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni quando c’è motivo di credere che nel paese di destinazione la persona sottoposta al provvedimento rischi di subire violazioni “sistematiche e gravi” dei diritti umani; è anche previsto l’obbligo di estradizione verso lo stato richiedente dello straniero indagato o condannato per il reato di tortura.
Art. 1
Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale, concernenti i reati di tortura e di istigazione del pubblico ufficiale alla tortura.
Nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione III, del codice penale, dopo l’articolo 613 sono aggiunti i seguenti: «Art. 613-bis (Tortura) – Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche  o  un verificabile trauma psichico a una  persona  privata  della  libertà personale  o  affidata  alla  sua  custodia,   potestà,   vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi  in  condizioni  di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro  a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte  ovvero  se comporta un trattamento inumano e degradante per  la  dignità  della persona.
  Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
  Il comma precedente non si applica nel caso di   sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
  Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.  Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni Trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.
  Art.  613-ter (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura) – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
Nella formulazione del testo viene in risalto la formulazione “Violenze e minacce” (quindi utilizzato al plurale) e “se commesso mediante più condotte”, ciò comporterebbe il fatto che il reato non è applicabile ai singoli episodi di violenza e limiterebbe la propria applicabilità ai soli comportamenti ripetuti nel tempo. Un’altra ambiguità risulterebbe dall’utilizzo di “verificabile trauma psichico” poiché spesso i processi avvengono 10 anni dopo, ciò renderebbe difficile verificare un trauma di tale natura. Nelle critiche viene evidenziato il fatto che il reato viene pensato come un “Reato comune”, ovvero in riferimento a chiunque lo commetta, e non come un “Reato proprio”, cioè riferibile a una persona con una determinata qualifica (per esempio quella di “Pubblico ufficiale”). Il problema consiste nel fatto che la violenza tra cittadini privati è già punibile secondo il Codice penale e che l’intento della convenzione è quello di proteggere dagli abusi di potere; nella legge viene prevista solo un aggravante se commessa da un pubblico ufficiale. Aggravante che viene subito attenuata con la formula “nel caso di   sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti”.
Il Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa lo scorso 7 settembre ha reso pubblico il rapporto della sua visita compiuta in Italia ad aprile 2016. Nel rapporto si legge che in diversi casi recenti le persone fermate dalle forze dell’ordine “hanno subito maltrattamenti con un uso eccessivo della forza, senza che vi siano state sanzioni contro i colpevoli”: in particolare sono stati riportati casi di “schiaffi, pugni, calci e colpi con manganelli al momento del fermo e dopo il trasferimento” in questura o in caserma. Sono stare raccolte denunce dei detenuti di maltrattamenti da parte del personale di sorveglianza sono state riportate in tutte le prigioni visitate (in particolare nelle carceri di Como e Sassari), con l’eccezione di quella di Ascoli Piceno. Per quanto riguarda la legge sulla tortura, il CPT critica il testo in quanto prevede che, perché sia “tortura”, le violenze debbano essere reiterate “con più condotte”. Inoltre, rileva il fatto che il reato di tortura non è un reato proprio dei Pubblici Ufficiali ed è soggetto a prescrizione, contrariamente a quanto prescrive la Convenzione Onu del 1984. Per il comitato, la legge così me è, “non affronta adeguatamente le questioni sollevate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo” nelle sentenze sui fatti del G8 di Genova. Uno dei problemi di questa legge consiste nel fatto che sembrerebbe quasi superflua e inapplicabile in molti casi gravi. Il comitato è tenuto a redigere un rapporto sulla sua attività e sugli elementi raccolti durante l’ispezione. Tale rapporto ha natura confidenziale e non può essere pubblicato, può contenere le raccomandazioni che si ritengono necessarie da rivolgere allo stato per garantire una maggiore protezione delle persone private della libertà. Nelle ipotesi di ripetute infrazioni o di deliberata non cooperazione da parte dello stato in questione delle osservazioni, si può decidere per una “Dichiarazione pubblica”. Tale atto costituisce una denuncia pubblica del comportamento inadempiente tenuto dallo stato e rappresenta, pertanto, una sanzione di fronte la comunità internazionale che ha essenzialmente funzione di deterrente per gli stati restii a cooperare. A ciò si aggiunge il fatto che la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che il trattamento di 59 persone da parte della polizia e del personale medico durante la detenzione, a seguito delle proteste contro il summit del G8 di Genova nel 2001, si configurava come tortura. Secondo la corte le azioni di polizia sono avvenute con finalità punitive e di rappresaglia per provare l’umiliazione e la sofferenza psichica e morale delle vittime.
Nei fatti del G8 di Genova molti commentatori videro nelle barriere per difendere i governanti il sintomo di qualcosa che non funziona e un primo ritorno alle frontiere nazionali. I fatti videro caos, denunce e scorrere sangue. Circa 250 dei procedimenti, originati da denunce nei confronti di esponenti delle forze dell’ordine per lesioni, furono archiviati a causa dell’impossibilità di identificare personalmente gli agenti responsabili; la magistratura, tuttavia, pur non potendo perseguire i colpevoli, ritenne in alcuni casi effettivamente avvenuti i reati contestati. Il giornale Svizzero “Le Temps” mise in rilievo che l’allora neonato governo Berlusconi (disegnata come una coalizione eterogena di ultraliberisti, leghisti e postfascisti), nella sua prima uscita pubblica dopo i fatti, si è congratulato con le forze dell’ordine. Quelle stesse forze dell’ordine, riporta il giornale, che cantavano lodi del Cile di Pinochet e dell’Italia e che era sotto le grida di indignazione di tutta Europa per gli eccessi di violenza. Le vittime di quei giorni riportano italiani e stranieri picchiati, persone che avevano paura di morire, di forze dell’ordine che picchiavano fino a che non usciva il sangue. Sono racconti di violenza che poi sono proseguite anche in commissariato con persone che raccontano di grida di terrore, di essere lasciate 3 o 4 ore davanti a un muro o di essere costretti a urlare “Viva il duce”. Il 7 aprile 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato all’unanimità che è stato violato l’articolo 3 sul “divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti” durante l’irruzione della scuola Diaz.
A questo proposito credo sia importante riportare una notizia risalente al 2015 del giornale “La Repubblica”. A giugno 2015 si tenne la manifestazione indetta dalla Polizia per dire no al disegno di legge per introdurre il reato di tortura che allora era in discussione in Parlamento. A questa manifestazione partecipò Matteo Salvini che si schierò contro il reato di tortura, al centro di un aspro dibattito dopo la sentenza della corte di Strasburgo sul G8 di Genova. All’epoca dichiarò: “La Corte europea dei diritti umani potrebbe occuparsi di altro. Per qualcuno che ha sbagliato non devono pagare tutti. Carabinieri e polizia devono poter fare il loro lavoro. Se devo prendere per il collo un delinquente, lo prendo. Se cade e si sbuccia un ginocchio, sono cazzi suoi”. Ha poi aggiunto “Idiozie come questa legge espongono le forze dell’ordine al ricatto dei delinquenti“.
Forse è bene ricordare che tale legge dovrebbe proteggere i cittadini dagli abusi di potere o più precisamente da quelle situazioni che da un iniziale legalità scivolerebbero in violenza e illegalità.
  “Vice” qualche anno fa ha deciso di raccogliere una serie di episodi e accaduti nella realtà (documentati ufficialmente) e di metterli sotto forma di guida illustrata.
Ecco la terza puntata del mini-ciclo dedicato alla situazione dei diritti umani in Italia grazie al report di Amnesty International. Situazione dei diritti umani in Italia: Tortura e altri maltrattamenti Nel rapporto 2017-2018 di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo, i principali temi che riguardano l’Italia sono: 1) i diritti di rifugiati e migranti; 2) il diritto all’alloggio e gli sgomberi forzati; 3) la tortura e altri maltrattamenti.
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purpleavenuecupcake · 7 years
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Serie A 2017/2018, aspettando il semaforo verde, la griglia di partenza dice Juventus
Come titolano i più importanti giornali sportivi stranieri (foto in copertina) BentornAta. Tra poche ore, la Juventus campione d’Italia affronterà nel proprio stadio il Cagliari di Rastelli e sarà il calcio d’inizio della nuova serie A 2017/2018. Come ormai prassi consolidata sulla stampa specializzata, anche noi di PRP Channel, pur tenendo conto che il calciomercato non è certo finito, ma anzi sta ancora vivendo una fase molto interessante e piena di sorprese, abbiamo provato a stilare una ipotetica griglia di partenza, ad oggi, del campionato di calcio italiano. La riforma della Champions League che da quest’anno torna a concedere all’Italia quattro posti per l’Europa che conta, ha già iniziato a dare i suoi frutti, visto che un mercato così ricco di investimenti non si vedeva nel nostro paese da diversi anni. Si prospetta dunque un campionato meno scontato rispetto agli ultimi anni e questo non potrà che giovare all’appeal della nostra serie A che recentemente era stata meno attraente rispetto al passato. La Prima fila di questa ipotetica griglia di partenza su cui tutti i team scaldano i motori in attesa del segnale verde, spetta di diritto alla Juventus, vincitrice degli ultimi sei titoli ed al Napoli che ad oggi ci appare come principale antagonista dei bianconeri per il titolo di campione d’Italia. Pur con qualche ombra, scesa sui campioni uscenti a causa di un pre-campionato non proprio alla loro altezza, culminato con la sconfitta nella finale di Supercoppa contro la Lazio, la Juventus ha il difficile compito di non far rimpiangere gente del calibro di Bonucci e Dani Alves, ma considerati gli arrivi importanti di Douglas Costa, Bernardeschi e Matuidi  è ancora la squadra da battere. La forza del Napoli, appaiato leggermente dietro ai bianconeri, sta invece nella riconferma del blocco che lo scorso si era dimostrato, specie nel girone di ritorno, una macchina quasi perfetta che ci aveva deliziato probabilmente del miglior calcio del torneo. Quest’anno potrà fare affidamento anche sullo sfortunato centravanti polacco Milik, rientrato da un grave infortunio che lo ha tenuto fermo praticamente per un anno oltre alla giovane promessa appena acquistata in estate, Adam Ounas. Voci di mercato parlano di almeno un grande acquisto da portare a termine entro la fine del calcio mercato. Vedremo. Subito dietro Juventus e Napoli si posizionano, a nostro avviso, le milanesi. Il Milan appare leggermente avvantaggiato sui cugini nerazzurri grazie ad un mercato pirotecnico condotto dalla nuova società cinese. Gli acquisti di Bonucci, Biglia, Kalinic, Conti, Borini, Rodriguez, Kessie e Andrè Silva, solo per citarne alcuni, mettono in condizione mister Montella di gestire una sorta di “all-star team” che sul campo ha già iniziato a dare grandi rassicurazioni di intesa, bel gioco e concretezza. Con un mercato del genere, non accedere ad uno dei quattro posti Champions sarebbe un delitto, francamente ad oggi impensabile. L'Inter per riscattare l’ultima deludente stagione, potrà contare indubbiamente su un condottiero di razza come Luciano Spalletti, attore principale dei recenti brillanti risultati raggiunti dalla Roma. Il tecnico toscano, in un mercato non proprio in linea con quanto ci aveva abituato a vedere la società nerazzurra negli ultimi anni, è riuscito a compattare squadra ed ambiente come solo lui sa fare, trasmettendo serenità e portando gioco e risultati nel pur poco indicativo calcio di agosto. La scommessa Schick potrebbe rappresentare la classica ciliegina sulla torta di una squadra già forte e da piazzamento Champions. La terza fila è tutta capitolina. Come la griglia di partenza dello scorso campionato di serie A, poi sovvertita dalla realtà dei fatti nel corso del torneo, anche quest’anno, sulla carta, le romane partono dietro alle milanesi che scalzano almeno come posizionamento iniziale Roma e Lazio, ma memori delle recenti vicende sportive, ci sentiamo di affermare che si tratta di un sorpasso virtuale. La distanza è minima e la lotta per i posti Champions League sarà serrata fino al termine del torneo, quando purtroppo qualcuna di queste big, sarà costretta a restare fuori dal giro che conta. A mercato ancora aperto, però, la Roma sembra meno competitiva di quella che ha chiuso con il record di punti (87) e in scia alla Juventus. Pesanti le partenze eccellenti di Szczesny, Rudiger, Paredes e soprattutto Salah, oltre che i dubbi  che accompagnano Di Francesco nel suo debutto sulla panchina di una grande. La Roma inoltre si appresta per  la prima volta, dopo tanti anni ad affrontare una competizione senza la sua bandiera storica, il capitano Francesco Totti la cui pesante eredità dovrà essere ben gestita da De Rossi e compagni. Il mercato in entrata non appare comunque ancora chiuso e  la sensazione è che ci sia ancora lavoro da fare per Monchi che si trova a gestire una rosa sulla carta meno competitiva di quella che aveva trovato. Appaiata ai giallorossi, reduce dal meritato successo sulla Juventus nella Supercoppa italiana, l’irriducibile Lazio di Simone Inzaghi. Sottovalutarla significherebbe mostrare il fianco ad un avversario mai domo e ben capace di sovvertire i pronostici più scontati.  Il mercato porta via Biglia e quasi sicuramente Keità, ma Lucas Leiva potrebbe non far rimpiangere l'argentino. Anche quest’anno, sulla carta parte dietro rispetto alle altre grandi, ma come fece un anno fa, non ci stupiremmo se anche stavolta riuscisse a recitare il ruolo di off-sider che durante lo scorso torneo la portò a duellare quasi alla pari delle big per buona parte del torneo. Per rimanere competitivi però, oltre ad affidarsi alle magie di Inzaghi ed alla forza e coesione del gruppo, c’è bisogno di almeno un grande acquisto per l’attacco. Anche se ogni anno c'è una squadra sorpresa, la corsa alla Champions finisce qui. Le altre non sembrano avere la forza di andare ad insidiare i primi quattro posti e sulla griglia, dietro a Juve-Napoli, le milanesi e le romane parte l’Atalanta di Gasperini. Il mercato le ha tolto molti pezzi pregiati che avevano contribuito fattivamente al raggiungimento della insperata qualificazione in Europa League. Alcuni pilastri tuttavia sono rimasti ed il gioco di Gasperini che aveva incantato lo scorso anno, dando fastidio a molte grandi del torneo, non può essere svanito. Il Torino, se riuscisse a resistere fino alla fine del calciomercato agli assalti per il gallo Belotti, potrà contare su un anno in più con il “maestro” Mihajlovic che ha inserito giocatori affidabili in difesa e a centrocampo. Al momento sembra avere qualcosa in più della Fiorentina che si appresta a vivere una sorta di anno zero dopo la ricostruzione messa in atto dai Della Valle e della Sampdoria che ha perso i suoi gioielli Skriniar, Bruno Fernandes e Muriel e si appresta a salutare anche il talento Schick. Ancora dietro, per un campionato tranquillo, con l’obiettivo principale di mantenere la categoria senza troppi affanni e di puntare magari a qualche exploit che permetta di scalare qualche posizione gerarchica del campionato vediamo in ordine sparso Sassuolo, Udinese, Genoa, Chievo e Cagliari. Tra queste uscirà, come sempre, una delusione che rischierà di essere risucchiata nella zona rossa e una rivelazione che potrà lottare anche per un posto in Europa League. Infine nella bagarre che si creerà per la lotta per non retrocedere troviamo come da tradizione le tre neo promosse dalla serie B, con l’Hellas Verona che sulla carta, grazie a giocatori come Verde, Cerci, Heurtaux, Caceres e Pazzini sembra la più attrezzata a mantenere la categoria. Benevento e Spal faranno leva sull’entusiasmo di chi si affaccia per la prima volta nella sua storia nel massimo campionato nazionale e chi ci torna dopo quasi mezzo secolo. Il Benevento si è assicurato le prestazioni del giovane talento, ex Lazio, Danilo Cataldi e prova a prendere la garanzia Alessandro Matri, mentre i ferraresi, che comunque hanno inserito in ogni reparto uomini di esperienza e provano il colpo Borriello. L'estate ha bocciato il mercato del Bologna che evidentemente non ha capito il rischio già corso sul finale della scorsa stagione. Rischia seriamente di essere risucchiato in posizioni scomodissime della classifica e di dover lottare con squadre forse più abituate a stringere i denti per portare a casa il classico punto salvezza. Il Crotone invece è chiamato a ripetere il miracolo calcistico dello scorso anno, quando con un piede e mezzo in serie B è riuscito a rosicchiare punti su punti alle dirette avversarie tenendosi in extremis alle spalle quella terza squadra (l’Empoli) e guadagnandosi l’opportunità di giocare il suo secondo campionato nella massima serie. Come detto in avvio, il mercato non è ancora terminato e tutti i club hanno per pochi giorni ancora la possibilità di rafforzare la loro posizione o di migliorarla in quella che si delinea come una vera e propria griglia di partenza degna della Formula 1. GB Foto: skysport Click to Post
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giallofever2 · 5 years
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In Loving Memory , Born on this Day
Tomas Milian
in 🇬🇧 & 🇮🇹
🇬🇧 Tomas Milian (born Tomás Quintín Rodriguez-Varona Milian Salinas De La Fé y Alvarez De La Campa; 3 March 1933 – 22 March 2017)
...was a Cuban American actor and singer with Italian citizenship, known for the emotional intensity and humour he brought to roles in European genre films.
A student of Lee Strasberg, Milian studied method acting at the Actors Studio in New York City. In Italy, he was discovered by director Mauro Bolognini and appeared in supporting roles in several drama films during the late-1950s and early-1960s, including as Raphael in Carol Reed's The Agony and the Ecstasy (1965). Throughout the late-1960s and early-1970s, Milian established himself as a dynamic leading actor in a series of Spaghetti Western films, most notably The Ugly Ones (1966), The Big Gundown (1966), Django Kill... If You Live, Shoot! (1967), Face to Face (1967), Run, Man, Run (1968), Death Sentence (1968), Tepepa (1969), Compañeros (1970), Sonny and Jed (1972), Life Is Tough, Eh Providence? (1972) and Four of the Apocalypse (1975).
Following a decline in the popularity of Spaghetti Westerns, Milian transitioned to roles in poliziottesco films. After receiving acclaim for his performance as a psychotic killer in Almost Human (1974), he made appearances in Emergency Squad (1974), The Tough Ones (1976), The Cynic, the Rat and the Fist (1977) and two film series - Bruno Corbucci's Nico Giraldi series (1976-1984, beginning with The Cop in Blue Jeans) and Umberto Lenzi's Er Monnezza films (1976-1980, beginning with Free Hand for a Tough Cop). He also appeared in other films during this period, including the giallo Don't Torture a Duckling (1972) and the non-genre films The Last Movie (1971), Luna (1979), Identification of a Woman (1982) and Monsignor (1982). After returning to the United States in 1985, Milian continued to perform supporting roles in film productions, including JFK (1991), Amistad (1997), Traffic (2000) and The Lost City (2005). Milian died in 2017
🇮🇹 Tomas Milian[1], pseudonimo di Tomás Quintín Rodríguez
(L'Avana, 3 marzo 1933 – Miami, 22 marzo 2017 è stato un attore, sceneggiatore e cantante cubano con cittadinanza statunitense naturalizzato italiano dal 1959 (anno del suo debutto in Italia)
In Italia, con l'inconfondibile voce prestatagli da Ferruccio Amendola, è spesso identificato con due personaggi. Il primo, Nico Giraldi, è un maresciallo (dal 1981 ispettore) di polizia, romano dai modi poco garbati, ma efficaci, che conosce bene gli ambienti malavitosi avendone fatto parte in gioventù col soprannome di "er Pirata". Il secondo, Sergio Marazzi alias er Monnezza, è un ladruncolo romano.
arrivato in Italia con soli cinque dollari in tasca, partecipò nel 1959 al Festival di Spoleto: recitò una pantomima di Jean Cocteau e venne individuato e scelto dal regista Mauro Bolognini per il personaggio di un film che aveva intenzione di girare (La notte brava). Milian firma un contratto che lo lega alla Vides di Cristaldi e tra il 1960 e il 1966 recita in ruoli impegnati lavorando con registi come Alfredo Giannetti (Giorno per giorno, disperatamente), Luchino Visconti (Il lavoro, episodio del film Boccaccio '70) e Florestano Vancini (La banda Casaroli). A questo periodo della sua carriera appartengono i ruoli interpretati insieme a Claudia Cardinale in opere quali Il bell'Antonio (sempre di Bolognini) e I delfini del 1960, Gli indifferenti del 1964 e Ruba al prossimo tuo del 1968 (tutti di Francesco Maselli).
Contrariato dal doppiaggio, insoddisfatto dei ruoli e dei guadagni, non rinnova il contratto e tenta la strada del cinema popolare. Nel 1967, dopo il buon successo di The Bounty Killer, continuò con lo spaghetti-western, diventandone uno degli attori simbolo. Indimenticabili i suoi personaggi di "Cuchillo" (nel dittico La resa dei conti e Corri uomo corri, diretto da Sergio Sollima), e di "Chaco" (nell'iperviolento I quattro dell'apocalisse, diretto da Lucio Fulci).
Il grande successo giunse negli anni settanta, anche grazie all'eccellente doppiaggio di Ferruccio Amendola, con polizieschi all'italiana che la critica ufficiale ha sempre giudicato di scarsa qualità, ma che sono stati a poco a poco rivalutati e oggi sono diventati dei cult movie. Famoso il suo sodalizio con il regista Umberto Lenzi che lo ha diretto in molti polizieschi divenuti cult come La polizia accusa: il Servizio Segreto uccide di Sergio Martino con Luc Merenda e Mel Ferrer, Roma a mano armata con Maurizio Merli, Il giustiziere sfida la città in cui interpreta un personaggio col nome di Rambo ben sette anni prima dell'omonimo impersonato da Stallone, Milano odia: la polizia non può sparare con Henry Silva e Ray Lovelock e infine La banda del gobbo. Nello stesso genere i successi li ebbe anche in Squadra volante e La banda del trucido di Stelvio Massi e nella serie di Nico Giraldi diretta da Bruno Corbucci.
Si era dedicato anche alla commedia sexy all'italiana con pellicole quali 40 gradi all'ombra del lenzuolo, un film ad episodi di Sergio Martino in cui interpreta il primo sketch al fianco di Edwige Fenech, Uno contro l'altro, praticamente amici, con Renato Pozzetto e Anna Maria Rizzoli, e Messalina, Messalina!, queste ultime due dirette ancora da Bruno Corbucci.
Nella sua filmografia ci sono anche due film a sfondo politico con Gian Maria Volonté: uno è Banditi a Milano di Carlo Lizzani e l'altro è Faccia a faccia, sempre di Sergio Sollima. I thriller più famosi girati da Tomas Milian furono invece Il consigliori di Alberto De Martino con Martin Balsam, La vittima designata di Maurizio Lucidi e I cannibali di Liliana Cavani, entrambi interpretati al fianco di Pierre Clémenti.
Carriera musicale
Nel 1966 Tomas Milian tentò anche l'avventura musicale con una piccola band, Tomas Milian Group, composta da 6 giovanissimi romani: Ray Lovelock (che in seguito diventerà un famoso attore) voce, Maurizio Luzi (chitarra solista), Aldo Colangelo detto "Fido" (tastiere, voce), Mario Piccinno (batteria), Romeo Piccinno (chitarra e voce), Peppe Colella (basso, strumenti vari, voce). Il gruppo ha pubblicato singoli come La piazza, Presto presto scusa scusa, Un libro, una storia e una cover di A Whiter Shade of Pale, che ebbe molto successo in giro per i Piper Club d'Italia, ma che non venne mai pubblicata.
Partecipò inoltre come ospite d'onore a spettacoli musicali quali Il canzoniere minimo di Giorgio Gaber e interpretò le canzoni dei titoli di testa di Corri uomo corri e La vittima designata, oltre a Ay Amor di Caetano Veloso in Washington Heights.
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Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2017/07/13/critera-attenzione-allaccento-al-profano-un-semplice-accento-puo-sembrare-un-banale-tanto-piu-nella-cultura-dominante-cui-prevalgono-approssimazione-incompetenza-assenza-pressoche-tot/
Critèra: attenzione all'accento!
di Armando Polito
Al profano un semplice accento può sembrare un fatto banale, tanto più nella cultura dominante, in cui prevalgono approssimazione, incompetenza e assenza pressoché totale di spirito critico. Ne consegue che, se in passato non c’era neppure bisogno di collocare l’accento sui due indice che comparivano in un periodo del tipo Facebook non punta l’indice contro le tante cazzate sparate sul suo social e non indice tra tutti i possessori di un account un referendum sul livello di sopportazione delle stesse, oggi non ci sarebbe da meravigliarsi se entrambi fossero letti ìndice o indìce o il primo indìce e il secondo ìndice …
Il Critèra del titolo costituisce un esempio eloquente di quanto appena affermato e, se non fosse stato per il fatto che risulta coinvolta un’apprezzata realtà produttiva neretina, non avrei neppure ritenuto degno sprecare un attimo del mio tempo.
Nell’etichetta riprodotta l’accento è visibilissimo, come mostra, inequivocabilmente, il dettaglio ingrandito. Aggiungo, poi, che non sarebbe stato neppure necessario mettercelo, dal momento che, per convenzione, una parola di due sillabe o più scritta senza accento s’intende piana, anche quando teoricamente ci potrebbe essere confusione (anche se il contesto permetterebbe fulmineamente di capire, a meno che il lettore non sia qualcuno come Razzi …); per esempio: capitàno e càpitano.
Grande, perciò, è stata la mia sorpresa quando su un sito, stando al nome autorevole (https://www.italiandiwine.it/vino-rosso/primitivo-critera-salento-schola-sarmenti.html), ho trovato quanto di seguito riproduco.
  Lascio giudicare al lettore quanto sia stata rispettata la formula con cui spesso ci si sciacqua la bocca: il vino è cultura …
Nonostante il mancato rispetto, io alla sostanza di quella locuzione credo ancora, come ho dimostrato, spero a sufficienza, in più di un’occasione1.
E questa volta l’occasione è troppo ghiotta per non cedere alla tentazione di dire la mia su tale nome. Prima di scrivere queste poche righe forse sarebbe stato più prudente chiedere lumi al produttore, per non correre il rischio di propalare in rete anch’io fesserie. Ma a me piace il rischio calcolato e non perderò tempo a cospargermi pubblicamente il capo di cenere se i miei calcoli dovessero rivelarsi errati.
Affermerò perciò, finché non sarà giunta la smentita, che Critèra è dal greco (leggi critèra), accusativo singolare di κριτήρ (leggi critèr). La voce in greco significa giudice e questo già non sarebbe cosa da poco per un vino. La stessa voce, però, in un frammento di Nicolao di Damasco, filosofo greco vissuto al tempo di Augusto (i secolo a. C.) assume il significato di interprete di sogni2 e lascio ancora una volta al lettore giudicare se non si sfiora la poesia pensando al potere così ulteriormente evocante del nome del nostro vino.
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1 http://www.fondazioneterradotranto.it/2016/07/09/nauna-sulla-bonta-delliscrizione-qualche-dubbio-quella-del-vino-nessuna/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2017/06/05/roccamora-ovvero-vino-storia-cultura/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2017/06/28/artieri/
2 Riporto per fare più presto il testo greco in formato immagine (la traduzione e le note in parentesi quadre sono mie)  da Fragmenta historicorum Graecorum,a cura di Carl Müller, Didot, Parigi, 1849. v. III, p. 399.
Ciro dopo aver convocato il più famoso di quelli [degli indovini caldei] gli raccontò [il sogno] e lui rispose che si preannunziava un bene grande e che gli avrebbe conferito fama in Asia; che bisognava, però, tenerlo nascosto perché non lo sapesse Astiage: “Sciaguratamente, infatti. ammazzerà te e me interprete dello stesso [sogno].” Reciprocamente si promisero con giuramento di non raccontare a nessuno il sogno che era importante quanto nessun altro. Poi Ciro divenuto molto più potente nominò suo padre satrapo dei Persiani e rese sua madre lsa prima delle donne persiane per ricchezza e potere. I Cadusii allora erano ostili al re, avendo come capo Onaferne che tradendo il popolo faceva gli interessi del re e mandato un messaggero ad Astiage [era il re dei Medi] chiedeva un uomo fidato col quale concertasse il tradimento. E Astiage mandò Ciro perché insieme organizzassero il tutto e fissò un limite di quaranta giorni entro i quali doveva ritornara da lui ad Ecbatana [capitale della Media]. Anche l’interprete del sogno  lo [Ciro] esortava a partire contro i Cadusii e lo riempIva di fiducia.
Ho evidenziato in rosso nel testo originale  κριτῆρα (che è proprio, come detto all’inizio, l’accusativo di κριτήρ) e κριτής (leggi critès) per provare come l’autore usi κριτήρ e κριτής (che in greco significano giudice) come sinonimi con la specializzazione del significato (giudice del sogno, cioè interprete) grazie al genitivo oggettivo che li accompagna; nel primo caso  αὐτοῧ (leggi autù) nel secondo ὀνείρου (leggi onèiru).
Non posso fare a meno di ricordare che κριτήρ e κριτής sono connessi con il verbo κρίνω (leggi crino), che significa distinguere, giudicare, emettere una sentenza. Ma κρίνω è il padre di molti figli, tra i quali citerò κρίσις (leggi crisis) che significa giudizio, fase culminante di una malattia (da questo secondo significato, quasi spartiacque tra la vita o la morte,  il nostro crisi nei suoi molteplici, purtroppo, campi di riferimento); l’aggettivo κριτικός che significa capace di emettere un giudizio (da cui il nostro critico e, dal neutro sostantivato τό κριτικὀν (leggi to criticòn), che significa capacità di giudicare, con cambio di genere, il nostro critica; e poi i latini crimen che significa capo d’imputazione, accusa,  delitto (partendo dal significato di decisione giudiziaria), da cui il nostro crimine e derivati; composto di crimen è discrimen=punto di separazione (da cui il nostro discrimine e derivati). Mi sarebbe piaciuto chiudere con una nota frivola, cioé con la scrima che crea seri problemi all’umanità: meglio a sinistra, al centro o a destra? Sono costretto, invece a concludere con κριτήριον (leggi critèrion) da cui, attraverso il latino tardo criterium, il nostro criterio. E lo faccio perché considero addirittura un eufemismo definire scriteriato lo stigmatizzato Criterà (roba da chiedere i danni …), come criminale mi parve all’epoca quel che ebbi a leggere, a proposito di mieru,  su una titolata (forse da intendersi nel senso che il titolo, cioè la testata non manca …) rivista di turismo enogastronomico (http://www.fondazioneterradotranto.it/2013/07/24/no-mmi-tuccati-lu-mieru-non-toccatemi-il-vino/).
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giallofever2 · 7 years
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Come annunciato Oggi 06/04/2017 è uscito.... in tutte le Edicole GLI IMPERDIBILI DI ... Tomas Milian... 1/a Uscita: Delitto Al Ristorante Cinese 2/a Uscita: Delitto in Formula 1 - Collana edita dal Corriere dello Sport e CG Entertainment L'uscita del primo Dvd è accompagnata dal Box Contenitore (vedi foto...) NON PERDERLO❗️ #gliimperdibiliditomasmilian #tomasmilian #bombolo #tomasmiliancollection #lagazzettadellosport #poliziottesco #poliziotteschi #olimpiadinardo #sergiocorbucci #brunocorbucci #umbertolenzi #romaamanoarmata #iltrucido #iltrucidoelosbirro #labandadeltrucido #delittoinautostrada #delittoalbluegay #delittoalristorantecinese #delittoinautostrada #enzocannavale #squadraantimafia #squadraantitruffa #squadraantigangsters #squadraantifurto #italianlegend #italiangiallo #spaghettiwestern #spaghetticrime #caneegatto #budspencer #cinekult #cultmovie #cultmovies #italianmovie #giallofever
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