Tumgik
#diritto privato
undiariocheparladime · 11 months
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Boh raga, questa seconda parte del programma mi pare impossibile. Ripeto senza capire quello che sto dicendo 🤷🏻‍♀️
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deathshallbenomore · 1 year
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epic highs and laws of essere nella ricerca, soprattutto in campo legale? vorrei laurearmi in diritto internazionale comparato ma ho paura che dopo non troverò nessun posto di lavoro,,, quindi probabilmente ricerca sia.
allora buongiornissimo, devo dire che sul fronte dei dubbi esistenziali della domenica stiamo andando fortissimo <3
partiamo dalla risposta definitiva che mi sento di darti, banale quanto vera: se è quello che vuoi fare, provaci. e non lo dico in termini fatalistici che richiamano vocazioni scritte sulla pietra da seguire pena una vita sprecata (been there done that, 0/10), ma semplicemente perché se ritieni che la cosa x sia la giusta direzione da seguire per un capitolo più o meno lungo della tua vita, dovresti farla, altrimenti ti rimarrà in testa un what if grande come una casa
nello specifico, in ordine sparso, non tanto i contro, quanto gli elementi di difficoltà di questa vita frizzantina: è un contesto abbastanza feudale, basato sui rapporti più o meno pacifici tra clan di accademici, dove devi senz’altro sgomitare (soprattutto andando avanti), accettare compromessi, così come di vivere in uno status liminale tra quello dello studente e quello del lavoratore (la burocrazia ti riserva the worst of both worlds). il precariato è sicuramente un pericolo da prendere in considerazione (molto dipende dal professore, finché lavori a stretto contatto con ləi, dal dipartimento, e dai soldi che ha a disposizione il dipartimento per finanziare la ricerca - e qua ritorna l’attività di sgomitamento agonistico). nel mondo della ricerca c’è poi una forte tendenza a preferire (quando si parla di finanziamenti) obiettivi “utili” [es gli studi sui dati, sulle nuove tecnologie, sull’ambiente etc etc. lo sono, per carità, ma non è detto che siano interessanti per tuttə] e questo pone non pochi paletti sulla strada di una ricerca serena
una cosa molto importante è la selezione oculata e attenta del docente con cui lavorare per i prossimi anni della tua vita è FON DA MEN TA LE la cosa più importante in assoluto*. e questo può essere un contro (se la scelta non è delle migliori) oppure può essere il più grande pro: lavorare con una persona brava e competente nel suo campo, ma anche alla mano, umana e gradevole è veramente la svolta, ti consiglio di non sottovalutare questo aspetto perché è davvero importantissimo, in barba a qualsiasi ragionamento su prestigio gloria onore etc etc [ne va letteralmente della tua salute mentale. una persona seria e preparata con cui si lavora bene vale 193848292 nomi illustri umanamente difficili, con cui potresti davvero arenarti]
circa i pro, torno a una delle prime cose che ho detto: se è quello che vuoi fare e riesci a farlo, è una grande esperienza. sai quando ti guardi intorno e dici “forse mi trovo nel posto giusto al momento giusto”? tra mille scleri, difficoltà, scadenze, pezzi da correggere, letture etc etc penso di trovarmi in una fase del genere - che è una roba. hai occasione di studiare in modo radicalmente diverso da quando prepari gli esami, puoi in linea di massima (con i dovuti aggiustamenti) approfondire temi che ti appassionano, hai un sacco di stimoli dal confronto con gli altri, dalle cose/persone che vedi/leggi/ascolti, capitano un sacco di occasioni preziose e interessanti, che ti arricchiscono molto anche dal punto di vista personale
sul “dopo”, è tutto un grande boh: anche per me il lavoro [in senso stabile, sicuro e ragionevolmente retribuito] nella ricerca è una prospettiva turbo-futuristica alla quale al momento non penso nemmeno perché altrimenti inizierei a piangere per il resto dei miei giorni. lol. chiaro che se vuoi fare il dottorato ma poi vuoi lavorare in un’azienda che non sa come beneficiare dei tuoi anni nella ricerca, questi non saranno serviti a molto. mentre se rimani in un ambiente, anche non universitario, che comunque sappia “cosa farsene” della gente dottorata, allora sarà comunque stato “utile” aver investito quegli x anni in un percorso di ricerca. inoltre, seppur l’utilità lavorativa sia senz’altro una priorità, ci tengo a ricordare anche quanto un percorso del genere sia arricchente in primis da un punto di vista personale. e ancora, non consiglierei di perseguire la ricerca per mancanza d’altro, perché è un percorso tosto e cominciarlo “per forza” ha poco senso [della materia in cui ti laurei non importa niente a nessuno** lol quindi focalizzati su quello che effettivamente vuoi fare tu, e parti da lì]
………e poi tanto dipende anche da un mix di bravura e fortuna, quindi un abbraccione e tanta buona sorte✨✨ spero di esserti stata d’aiuto!
*oddio c’è anche chi arriva dal nulla e non conosce il proprio tutor; io personalmente non saprei quanto consigliare questo modus operandi
**paradossalmente, più che al lavoro, è forse più importante nell’accademia, perché da lì - da quella materia, da quello specifico tema - muovi i tuoi primi passi e sperimenti con gli interessi di ricerca
PS ora però devi rivelarmi cosa intendi con diritto internazionale comparato perché ho scritto tutto questo papiro con quest’unica domanda in testa
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vengosicuro · 3 months
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C’è una vita a tutti visibile, e ce n’è un’altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ognuno di noi ha la propria “no man’s land” in cui è totale padrone di se stesso. Ciò non significa affatto che, dal punto di vista dell’etica, una sia morale e l’altra immorale; l’una sia lecita l’altra illecita. Semplicemente l’uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive nella libertà e nel mistero, da solo o in compagnia di qualcuno, anche soltanto un'ora al giorno, o una sera alla settimana, un giorno al mese: vive di questa sua vita libera e segreta da una sera o da un giorno all'altro e queste ore hanno una loro continuità. Queste ore possono aggiungere qualcosa alla vita visibile dell'uomo oppure avere un loro significato del tutto autonomo, possono essere felicità, necessità, abitudine, ma sono comunque sempre indispensabili per raddrizzare la linea generale dell'esistenza. Se un uomo non usufruisce di questo suo diritto o ne viene privato da circostanze esterne, un bel giorno scoprirà con stupore che nella vita non s'è mai incontrato con se stesso, e c’è qualcosa di malinconico in questo pensiero.
Nina Nikolaevna Berberova - Il giunco mormorante
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3nding · 2 years
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IL PD VUOLE SAPERE PERCHÉ NON LO ABBIAMO VOTATO
Stamattina in un post qui su fb Pierfrancesco Majorino, che conosco da quando era un ragazzino e che personalmente rispetto per la visione politica, e sono pochi ormai, chiedeva di spiegargli per quali motivi non abbiamo votato il Pd. E allora eccomi qui, con una lista ovviamente personale, molto personale e piuttosto lunga, dei motivi che mi hanno portato per la prima volta nella mia vita a non votare il principale partito del centro sinistra.
Premessa. Chi sono. Ho 48 anni, vivo a Milano, sono separato con una figlia di sei anni e mezzo che sta con me per la metà del tempo, sono un libero professionista con partita iva standard, lavoro in ambito culturale, ho fondato un piccolo studio editoriale, faccio l’editor e il traduttore, tengo corsi di letteratura, sono un cantautore e da un anno sono anche autore e conduttore di programmi e podcast per radio popolare. Vivo in affitto in un bilocale nella zona sud di Milano, campando esclusivamente dei miei redditi, non ho fondi economici sui quali contare, posseggo solo le mie chitarre, un pianoforte e una bicicletta.
E adesso passiamo all’elenco dei motivi per i quali non ho votato il Pd. Sono compositi, cercherò di metterli in fila in maniera sensata.
Ogni volta che devo compilare dei moduli per mia figlia o per richiedere prestazioni al comune o allo stato, finisco in un girone infernale di burocrazia borbonica. La mia situazione, vale a dire un uomo che ha fatto una figlia con una donna, bambina riconosciuta da entrambi e che vive in entrambe le case, non è mai presente in modo evidente. In genere le possibilità sono: l’altro genitore è morto, vive fuori dal paese, non ha riconosciuto il figlio, è divorziato/separato. Il fatto che si possa fare un figlio senza sposarsi e poi purtroppo decidere di separarsi è una casistica che nell’Italia del 2022 non è presa in considerazione nei documenti ufficiali. E così ogni volta, per capirci qualcosa, devo andare al Caf, devo cioè pagare un istituto terzo e privato per vedere garantito il mio diritto di accedere ai servizi dello stato. Questo vale anche per l’Isee (credo di essere cultura media, ma di fronte al pdf di cinquanta pagine di spiegazioni che non spiegano un cazzo devo alzare bandiera bianca), per qualsiasi domanda a qualsiasi servizio. Ma visto il silenzio su questi temi, per il partito non è un problema. Semplificazione burocratica non pervenuta. Riconoscimento della realtà esistente, neanche. Nessuna battaglia in tal senso.
REgione Lombardia ha erogato negli anni scorsi dei fondi speciali per la pandemia in favore delle coppie separate, ma solo se avevano contratto il sacro vincolo del matrimonio. Dal Partito non ho sentito una sola voce levarsi contro questo schifo.
La scuola quest’anno inizia con orario completo, fino alle 1630, da domani. Per tutto il mese di settembre io ho dovuto pagare una società privata che ha vinto un bando con il comune per l’organizzazione di un centro estivo nella settimana prima dell’inziio delle lezioni e nelle due in cui l’orario scolastico terminava rispettivamente alle 1230 e alle 1430. Quindi, di fatto, sono problemi vostri se dovete lavorare. E anche su questo punto, non specifico ovviamente, ma in generale, nessun segno dal Partito sui servizi offerti alle famiglie.
Costo della vita. Qualche mese fa un post sponsorizzato su Facebook annunciava come una grande vittoria l’elargizione di un bonus di 200 euro per il caro bollette. Sulle prime ho pensato: Ma andate a cagare. Mentre le aziende energetiche accumulano profitti astronomici, mentre il notaio De Bellis può rifarsi la facciata di tutti i suoi palazzi con il bonus 110% noi siamo qui che dobbiamo gioire di 200 euro. Certo. Io poi, nella mia categoria, da oggi posso fare la domanda sul sito dell’Inps per provare ad assicurarmi il bonus – le partite iva arrivano sempre per ultime.
Reddito di cittadinanza. Che pena. La mancata comprensione della realtà. Dare 500 euro a una famiglia al di sotto della soglia della povertà è una cosa che l’ex principale partito della sinistra non può accettare né comprendere. Su questo punto, secondo me, c’era una sola cosa da fare. Che si collega al punto successivo. Dire che 500 euro sono pochi. Ecco cosa c’era da fare. E come si trovano i soldi, per questo e per un vasto allargamento del welfare? Vai al punto successivo.
Ogni volta che qualcuno timidamente ha provato a proporre un prelievo straordinario sui redditi altissimi del Paese è seguita l’immancabile innalzata di scudi. Ma io dico, voi da che parte state? Tranquilli, lo abbiamo capito. Un grande partito di sinistra che in questo preciso periodo storico non si batta fino alla morte per una ridistribuzione del prelievo fiscale fa la fine che avete fatto voi. Meritatamente.
Digressione. Cottarelli. Un paio di settimane fa mi sono imbattuto in suo tweet. Diceva grosso modo che era andato a un appuntamento elettorale a Cremona o forse Novara, non ricordo. E denunciava con sdegno la pessima qualità dei collegamenti ferroviari. Ecco, capite? Voi e i vostri candidati non avete alcuna idea della realtà. Ci sono milioni di italiani che ogni giorno si alzano, vanno in stazione per andare al lavoro e pregano che il treno passi in orario o perlomeno con un ritardo accettabile – o che passi tout court. Che autogol. Che imbarazzo. È chiaro che non avete idea di come sia la vita qui fuori.
Avete finalizzato un’alleanza elettorale con un moccioso ricco e capriccioso che dopo avervi mandato a quel paese perché avete fatto un accordo anche con la sinistra (orrore, i comunisti, quelli stanno con i poveri) ha diffuso un filmato in cui col suo cellulare da tremila euro riprendeva nel centro di Roma un senzatetto che dormiva su un marciapiede. Ecco, io che non sono nessuno, ho pietà per voi, per lui, e per tutti quelli come voi che credono di essere persone di sinistra. Rileggetevi Steinbeck, per dirne uno – sempre che lo abbiate mai letto. Vergogna. Quando ancora vivevo con la mia compagna, la sera cucinavo un paio di porzioni in più per i sentatetto che dormivano sotto i portici accanto alla casa di allora. E poi scendevo a portarglieli. La verità è che i poveri a voi fanno schifo.
Perché non siete più un partito ma un insieme di bande ognuna pronta a difendere un interesse particolare. Se il segretario rilascia una dichiarazione alle ore 12, entro le 18 qualsiasi altro esponente del partito avrà fatto il suo distinguo, avrà detto sì, no forse, però, ma se, eppure. Perché siete un gruppo eterogeneo con decine di interessi da difendere. Per la maggior parte, interessi indifendibili. E quindi non avete più alcuna credibilità.
Perché siete pavidi, pavidi, pavidi. Non riuscite a difendere nemmeno una mezza idea. C’è una fetta enorme del paese che attende di vedere riconosciuti i propri diritti – bambini e adulti – e anche qui un vero partito progressista farebbe le barricate a oltranza, parlerebbe solo di quello, e invece finite sempre a ruota della dialettica degli avversari. Risultati non pervenuti. Senso di solitudine dell’elettorato: infinito.
Perché ogni volta che la polizia manganella qualcuno in piazza non c’è nessuno di voi che alzi la voce, che faccia casino, che prema per una legge per l’identificazione degli agenti, ma lasciate che la macelleria vada avanti. E questo, in questo specifico paese, dopo il terrorismo rosso e nero, dopo il G8, dopo le decine e decine di casi di abusi da parte della forze dell’ordine è del tutto inaccettabile. Potreste addirittura chiedervi, in un raro momento di lucidità, come mai Ilaria Cucchi, a cui va tutto l’amore che posso, da quel giorno e per sempre, si sia candidata con Sinistra Verdi. Ma non lo fate. Perché siete dei mezzi uomini. Ovviamente l’elenco è lungo, se non lo conoscete fatevi aggiornare da qualcuno che ancora segue queste cose.
L’agenda Draghi. Quindi secondo voi, soltanto perché non avete uno straccio di visione politica e accogliete come il Salvatore il tecnico “bravo e preparato a cui non si può dire di no” soltanto perché vi toglie le castagne dal fuoco e vi permette di non svelare la vostra insipienza politica, noi dopo decenni di militanza dobbiamo pensare che il bene della società tutta possa essere assicurato da un banchiere – per quanto preparato, per carità? Ma vi siete davvero bevuti il cervello? Da cui consegue il punto successivo.
E cioè che vi va bene essere ormai un partito per ricchi. Un partito per quella fascia della popolazione che possiede una casa o due, che ha un reddito dai cinquemila netti in su, nessuna preoccupazione economica, nessuna preoccupazione lavorativa, nessuna preoccupazione per i figli. L’en plein che in genere avete fatto nel centro di Milano – non ho visto i dati di quest’ultima tornata – la dice lunga. Venite a fare un giro dalle parti di casa mia. Al mercato del lunedì nella via accanto alla mia si sono visti sempre e solo quelli della Meloni.
Ora, se io avessi dovuto votare badando a una parte dei miei interessi personali, avrei dovuto votare il centrodestra, che promette l’ennesimo condono delle cartelle pendenti. Sì, sapete, perché io ho delle pendenze con il fisco. Ma non perché sono un imprenditore miliardario che ogni dieci anni fa un bel patteggiamento. No, perché io uso per vivere anche i soldi delle tasse – e non mi si fraintenda, faccio una vita monastica, mi vanto di non aver abboccato al consumismo, non ne ho bisogno. E quando uno come me dice di non avere soldi, intende proprio zero sul conto corrente, non dieci o quindicimila euro da parte. Eppure no. Ho ancora la testa sulle spalle e una serie di valori che mi permettono di essere una persona più o meno decente, tra le mille difficoltà della vita quotidiana.
Dopo tutto questo, sento solo il bisogno di rivolgervi un’ultima domanda: cosa diavolo volete voi da me? Avete anche l’ardire di chiedermi il voto? Se c’è una cosa intelligente che potete fare è questa: andate a chiudervi nelle vostre ville di campagna, abbandonate il partito o quel che ne resta, tacete e scomparite in silenzio. Con un po’ di fortuna ci sarà una nuova generazione a prendere il vostro posto. Con la giusta fame, la giusta ferocia, la giusta cattiveria, la giusta intransigenza, la giusta conoscenza della vita delle persone, il giusto rispetto per le loro difficoltà e la loro dignità. Il giusto amore per il popolo. Che voi avete perso secoli fa.
Ecco, potrei andare avanti, ma mi sembra di aver espresso il grosso dei miei pensieri, anche se di sicuro tra dieci minuti mi verrà in mente qualcos’altro. E poi sono le undici di sera passate, io devo ancora rigovernare la cucina e lavare i piatti – stasera con mia figlia abbiamo fatto le cotolette, sono venute bene, e no, non ho la lavastoviglie – e devo tradurre ancora tre cartelle per finire la mia giornata. Che lo spirito di Bianciardi sia con me.
Fabrizio Coppola - fb
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gregor-samsung · 1 month
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" Nel 1925, un manifesto di artisti francesi che si firmavano la « revolution surrealiste », indirizzato ai direttori dei manicomi, cosi concludeva: « Domattina, all’ora della visita, quando senza alcun lessico tenterete di comunicare con questi uomini, possiate voi ricordare e riconoscere che nei loro confronti avete una sola superiorità: la forza ». Quarant’anni dopo - legati come gran parte dei paesi europei, ad una legge antica ancora incerta fra l’assistenza e la sicurezza, la pietà e la paura - la situazione non è di molto mutata: limiti forzati, burocrazia, autoritarismo regolano la vita degli internati per i quali già Pinel aveva clamorosamente reclamato il diritto alla libertà… Lo psichiatra sembra, infatti, riscoprire solo oggi che il primo passo verso la cura del malato è il ritorno alla libertà di cui finora egli stesso lo aveva privato. La necessità di un regime, di un sistema nella complessa organizzazione dello spazio chiuso nel quale il malato mentale è stato isolato per secoli, richiedeva al medico il solo ruolo di sorvegliante, di tutore interno, di moderatore degli eccessi cui la malattia poteva portare: il valore del sistema superava quello dell’oggetto delle sue cure. Ma oggi lo psichiatra si rende conto che i primi passi verso la « apertura » del manicomio producono nel malato una graduale trasformazione del suo porsi, del suo rapporto con la malattia e col mondo, della sua prospettiva delle cose, ristretta e rimpicciolita, non solo dalla condizione morbosa, ma dalla lunga ospedalizzazione. Dal momento in cui oltrepassa il muro dell’internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale… viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione… "
Franco Basaglia, Le istituzioni della violenza, in:
AA. VV., L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, (a cura di Franco Basaglia; collana Nuovo Politecnico, n° 19), Giulio Einaudi editore, 1974⁷ [1ª edizione 1968]; il brano citato si trova alle pp. 129-130 (corsivi dell’autore).
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falcemartello · 1 year
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Ricapitolando.
Gli stessi che negli ultimi anni hanno attuato le più violente politiche austeritarie, anti lavoriste e liberticide. Che hanno segregato la gente in casa, denunciato i loro vicini, privato migliaia di lavoratori del diritto al lavoro, impedito ai ragazzi di istruirsi e fare sport, ghettizzato e manganellato una minoranza di cittadini e invocato per loro la revoca del diritto di voto. Che volevano vaccinare i bambini pure contro la volontà dei genitori. Che hanno applaudito ad arresti dei sindacalisti pacifisti, censura sui giornali non allineati e commissioni d’inchiesta su reati d’opinione. Che hanno soffiato sul fuoco della russobia e delle conseguenti vergognose misure discriminatorie. Che tutt’oggi sostengono la guerra imperialista americana e il regime golpista e antidemocratico di Kiev che bombarda da 8 anni i suoi concittadini e mette fuori legge 12 partiti politici. E trasformano un branco di fetidi nazisti in patrioti ucraini oggi - centenario della Marcia su Roma - ci spiegano che il fascismo fu il male assoluto. Fate un piacere: andate al circo, buffoni.
@Antonio_DiSiena
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barrenwomb · 5 months
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ho letto da qualche parte che i social ci hanno privato del sacrosanto diritto di isolarci, nel senso che non ci consentono più di confrontarci esclusivamente con noi stessi e di fare introspezione, di guardarci dentro senza il filtro di questo enorme occhio gigante che poi è anche uno specchio che però distorce tutto, e non sono completamente d'accordo. nel senso che sì, possiamo attaccare il solito e, per carità di dio, sacrosanto pippone sui social media e i loro effetti sulla gente, ma la verità è che i social sono malsani nella misura in cui rappresentano l'unica finestra sul mondo mentre noi rimaniamo chiusi in camera. imparare a rimanere soli con se stessi è un bene; l'isolamento, in qualsiasi misura, è la fonte primaria di quasi tutte le forme di nevrosi. è nel confronto con gli altri che si impara quanto complessi ma allo stesso tempo incredibilmente banali si è. il che non è un male, perché banale non indica necessariamente qualcosa di negativo; banale è tutto ciò che ci rende umani perché fondamentalmente simili agli altri nella nostra natura di esseri umani, per l'appunto. l'isolamento ingigantisce il senso di inadeguatezza perché alimenta anche il complesso di unicità che poi diventa grandiosità e inferiorità insieme. è difficile da spiegare. dunque se i social ci costringono costantemente a scrutare e ad essere scrutati, allora c'è bisogno di uscire di casa e guardare qualcuno in carne ed ossa dritto negli occhi. il che sembra paradossale ma non lo è. il che sembra un discorso banale ma non lo è. forse
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Penso di essermi ritrovata in una delle situazioni più imbarazzanti della mia vita.
La prof. di diritto privato, esame che rinvio da letteralmente un anno, fa il corso di tedesco con me e oggi ci siamo trovate faccia a faccia con lei che mi sbagliava tutte le coniugazioni e io che la correggevo.
Tra 2 mesi sarà esattamente la situazione opposta, io che espongo e lei che probabilmente non mi dà neanche il 18
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klimt7 · 8 months
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UN CONTRIBUTO PER CAPIRE
CHE IL PROBLEMA È
SOPRATTUTTO CULTURALE.
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"Drogate e stuprate: succederà ancora"
A cura di Ilaria Maria Dondi
Essere drogate e stuprate: è una storia vera, che si moltiplica per tutte le donne cui è successo o accadrà in futuro.
'21h - Les détails' è il corto, sceneggiato dalla scrittrice Nadia Busato e interpretato dall'attrice Sveva Alviti che fa parte di 'H24 - 24 heures dans la vie d’une femme', un progetto corale internazionale ispirato a 24 storie vere di donne, scritte, interpretate e dirette da donne.
“Avevo 19 anni, una patente fresca di rilascio e la voglia matta di godermi l’ultima estate prima dell’università. Con l’amica di sempre aspettavamo elettrizzate l’inizio del festival rock più grosso della provincia. Finalmente, abbiamo passato il cancello e ci siamo fermate a bere un bicchiere, poco oltre l’ingresso.
Abbiamo brindato, ci siamo avvicinate al palco, abbiamo iniziato a cantare il primo pezzo e …bum!
Nessuna di noi ricorda nulla della serata finché, ore più tardi, siamo ritornate in noi stesse. In più di vent’anni abbiamo provato più volte a rimettere insieme la memoria di quella sera, ma tutto è cancellato, scomparso.
Agli inizi del millennio non c’erano né i social né il Me-too.
Erano gli anni dell’uomo che non deve chiedere mai. Famiglia, scuola, televisione insegnavano a noi ragazze di ogni età, che quando ci succede qualcosa di inquietante, brutto, violento, la colpa è nostra: ce la siamo andata a cercare; che è diritto di ogni uomo usare i corpi delle donne come meglio crede; ed è parimenti suo diritto non avere seccature inutili, come il consenso esplicito.
Se lei dice no, intende sì: quante volte l’abbiamo letto, sentito, detto ridendo?
Ripenso spesso a quella notte. Io e la mia amica, insieme, non pesavamo quanto un uomo adulto. Io anoressica, lei longilinea per costituzione: saranno bastate poche gocce.
Sarei davvero curiosa di sapere cos’era.
Le più famose sono le Ghb, Gbl e Bd, si trovano anche in medicinali che, ciclicamente, vengono ritirati dal commercio e poi re-immessi in altre formulazioni, per altre patologie.
Si chiamano droghe da stupro perché succede quello che è successo a noi: dopo non ricordi nulla.
Ci sono voluti diversi anni perché avessi almeno un nome da dare a quello che ci è capitato.
Chissà se chi l’ha fatto si è limitato a noi, quella sera. Se avesse voluto farlo ad altre ragazze, niente l’ha fermato. Magari l’ha fatto per tutta l’estate e le estati seguenti, magari lo fa ancora oggi. Immagino lo trovi divertente e, all’occorrenza, utile.
Quando Valérie Urrea e Nathalie Masduraud mi hanno chiesto di sceneggiare questo episodio di H24 ci ho messo dentro quello che succede a me, che da più di vent’anni cerco di rimettere insieme i ricordi e cerco gli indizi.
Esattamente come la protagonista di questa storia (che è tratta da una storia vera), tutto ciò che ricordo davvero era la banalità della serata: nessun segnale di pericolo, una normale sera d’estate tra amiche.
Esattamente come la protagonista (interpretata dalla bravissima Sveva Alviti) anche io mi sono sentita dire che sono stata fortunata: nessuna gravidanza, nessuna MST, nessun segno evidente di abuso, nessuna memoria, l’opportunità di dimenticare e riderci su.
Paradossale che qualcuno provi a consolarti ricordandoti che ci sono certamente donne a cui va molto molto molto peggio di te.
Quindi: allegria, dai, basta pensarci, mettitela via.
A noi, che abbiamo assecondato questo sistema educativo per intere generazioni.
A noi, che abbiamo sempre incolpato le ragazze ovunque, in pubblico e in privato.
A noi, che abbiamo guardato Fedro Francioni nella casa del Grande Fratello raccontare di aver stuprato un’amica incapace di reagire senza andare a distruggere gli studi di Cinecittà.
A noi, che leggiamo gli articoli assolutori su Alberto Genovese dando un colpetto annoiato di spalle perché le modelle e le attrici, come ci hanno più volte spiegato in TV, molti alti esperti, medici, opinionisti, politici e giornalisti, sono prostitute a caccia di tornaconto.
A noi, che sentiamo dire frasi come:
“…però lo sa che funziona così; cosa si aspettava?; ha avuto anche lei i suoi vantaggi;… e se lo ricorda dopo tanti anni?; bisognerebbe sentire la versione di lui; a me non sembra uno stupratore; lei è una facile; chissà chi c’è dietro”
e preferiamo non iniziare nemmeno una discussione.
A noi, che in un paese dove il cattolicesimo sostituisce lo stato di diritto sui corpi delle donne, ci stupiamo genuinamente dei numeri della violenza e dei femminicidi.
A noi, che chiamiamo la polizia se sentiamo il rumore di un furto ma non ci intromettiamo nella casa del vicino che picchia da anni moglie e figli.
A noi, che il femminismo bianco è sempre moderato e sorridere è meglio che alzare la voce.
A noi, che ormai questi uomini non li cambi più ed è meglio sperare nel futuro.
A noi , che voi vi lamentate ma siete fortunate.
A noi, che… e io che ci posso fare?”
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apropositodime · 10 months
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Caro Julian Assange...
Oggi è il tuo compleanno, l'ennesimo che festeggerai in una stanza di pochissimi metri quadrati. Sono ormai diversi anni che sei privato dal festeggiare questa ricorrenza con la tua amata Stella e i tuoi figli. La tua vicenda sta indignando tantissima gente, ma purtroppo quei maledetti maiali che potrebbero fare qualcosa per tirarti fuori da una delle più grandi ingiustizie mai viste, si girano costantemente dall'altra parte.
Caro Julian, il giorno del compleanno di una persona dovrebbe essere un giorno di festa, un giorno dove dimenticare i problemi che ci affliggono quotidianamente per lasciare spazio a momenti di spensieratezza. Tu, come tutti, avresti il sacrosanto diritto a questo momento di felicità che costantemente ti viene negato.
Caro Julian, questo giorno diventa per chi ha stima infinita nei tuoi confronti, un giorno dove una pugnalata ti colpisce talmente forte al punto da diventare un incubo, una sofferenza dove a far da padrona è l'impotenza.
Caro Julian, qui fuori c'è tanta gente ad aspettarti, tanta gente che muore dalla voglia di riabbracciarti in totale libertà. C'è tanta gente a cui piacerebbe vedere un gigante come te libero di festeggiare il proprio compleanno e libero di continuare a fare il proprio lavoro. Esattamente come sono liberi tutti quei criminali che hanno ucciso milioni di persone e che tu hai smascherato.
Caro Julian, sappi che le tue sofferenze sono anche sofferenze di milioni di persone che non si rassegnano davanti alle ingiustizie. Sappi che la tua storia non sta passando inosservata perché qui, c'è tanta gente che continua a parlare di te. Purtroppo la nostra democrazia non consente di far altro visto che ogni istanza, ogni manifestazione, ogni grido di dolore a tua difesa viene censurato con forza.
Caro Julian, ti prego, non mollare. Fallo per te, fallo per tua moglie, fallo per i tuoi figli. Fallo per tutto il mondo perché c'è bisogno di te.
Buon compleanno Julian, l'ennesimo compleanno passato sotto l'ingiustizia più grande del secolo...
T.me/GiuseppeSalamone
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29/10/2023
Una citazione da Una trilogia palestinese al giorno
Mettiamo subito in chiaro che non difendo l'antica felicità né canto l'infelicità passata. Non hanno patria gli operai? Anche chi ne viene privato ne ha una. Forse, fortunatamente per noi, la nostra patria è diritto e bellezza. Non è diventata così corrosivamente bella grazie alle sottrazioni che ce l'hanno tolta? È sogno nella sua realtà e realtà nel suo sogno. Non abbiamo affatto nostalgia di una landa desolata, abbiamo nostalgia di un paradiso. Abbiamo nostalgia di esercitare la nostra umanità in un posto che sia nostro.
Mahmud Darwish
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questouomono · 10 months
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Questo uomo no, #135 - Quello che lui vuole fare l’eroe
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Ricordo ancora i giorni seguenti alla sentenza del caso tra Johnny Depp e Amber Heard. Ingolfati dalla solita retorica scorretta e ignorante sul processo, la vittoria di Depp fu salutata da molti uomini come “la fine del #metoo”, ai quali si aggiunsero le solite voci sedicenti coraggiose di “attivisti per i diritti degli uomini”, “padri separati” e altre creature fantastiche, tutte vittime a miliardi delle ingiuste accuse di spietate donne disumane. L’esercito delle femmine accusatrici di falsità era stato definitivamente sconfitto, dicevano tutti, dal meno visibile al giornalistone più leggibile. Com’era, com’era… ah sì: “è finita la pacchia!”. Adesso che è stato un uomo, Massimo Guastini, a denunciare lo schifo di una delle migliaia e migliaia di ambienti chiusi nei quali milioni di uomini, ovunque nel pianeta, fanno sessismo esplicito e convinto sui corpi delle colleghe di lavoro, che è successo, cari uomini sofferenti di denunce false? Il #metoo è riapparso, miracolato, zombie? O forse, tra le balle che vi raccontate, c’è stata pure quella della sua fine? Perché tra gli aspetti più schifosi della vicenda - che sia chiaro, l’ennesima di una lunghissima storia, niente in sé di sorprendente né di nuovo - c’è che tutta l’importanza mediatica che sta suscitando è evidentemente dovuta al fatto che quella solita retorica vigliacca che si abbatte su qualsiasi espressione del #metoo, qui non può funzionare. Non si può dire che Massimo Guastini è la solita attricetta che cerca notorietà. Non si può dire che Massimo Guastini è una ex avida che vuole solo soldi. Non si può dire che Massimo Guastini è una femminista isterica che odia gli uomini. Non si può dire Massimo Guastini è una povera scema che non capisce le battute. Non si può dire che Massimo Guastini è una donnetta ingenua che non sa che questa roba si fa dalle scuole medie. Non si può dire che Massimo Guastini è una lesbica fanatica che fa un sesso insoddisfacente. Non si può dire che Massimo Guastini è una racchia che incolpa tutti gli uomini delle sue frustrazioni. Si diranno le solite cose che si dicono a quegli uomini - ancora troppo pochi, purtroppo - che hanno scelto di assumersi la responsabilità sociale di dare all’immagine maschile qualcosa di più del tono marrone che da secoli gli spalma addosso il sistema patriarcale. Diranno che è un traditore, un infame, perché ha violato uno spazio privato, segreto. Segreto di Pulcinella, ma tanto se lo denunciano le donne nessuno crede loro. Diranno che c’è dietro un interesse lavorativo, economico, così adesso avrà tanto lavoro da questa pubblicità “woke”, “politically correct” che si è fatto. E sì che Massimo Guastini ne aveva proprio bisogno di lavorare, poverino. Diranno che è una vendetta personale vai a sapere perché. Certo, non c’era modo migliore in cui Massimo Guastini si poteva vendicare: bruciarsi un ambiente di lavoro e prendersi carriolate di melma per settimane. Quello che non diranno è la semplice verità: che Massimo Guastini si è rotto le palle di venire messo alla pari di gente che non si rende conto della sua disumanità, e che con quella disumanità rovina la vita a donne che hanno tutto il diritto di viversela come pare a loro; che Massimo Guastini ha solo fatto quello che chi assiste a un abuso dovrebbe fare, cioè chiamarlo col suo nome; che Massimo Guastini è tra i pochi che sta dando l’occasione a una società intera di interrogarsi sui suoi distorti rapporti tra generi e di come queste distorsioni siano nocive anche nel mondo del lavoro; che a Massimo Guastini tutto andava di fare nella vita tranne che dover sembrare un eroe per colpa della merda altrui. Perché questo succede a violare apertamente e pubblicamente lo schifoso doppio standard di giudizio sociale tra gli uomini etero e qualsiasi altro genere: sembri un eroe, e invece sei solo una persona civile. Beh, che dire. Non tutti gli eroi indossano un mantello svolazzante; speriamo che almeno questi “eroi” qui abbiano gli stivali di gomma. Gli stronzi invece, uh, ce l’hanno proprio scritto in fronte, e se ne vantano pure. Questi uomini no.
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vintagebiker43 · 4 months
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Promemoria per la sindaca di Monfalcone che per odio razzista ignora la Costituzione: Art. 19. Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
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