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#ero arrabbiato
pgfone · 8 months
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In montagna di solito carico la legna in una piazzola vicino a una casa sperduta nel nulla, in questa casa ci abita una bambina di 6 anni che mi viene a trovare ogni volta che sono li, me la vedo arrivare di corsa col suo cane che la precede sempre sorridente e serena, è una bambina molto intelligente, di solito non ho un buon rapporto con i bambini e sono spesso a disagio, ma lei ha qualcosa di diverso è come parlare con un adulto spensierato e senza filtri di nessun genere, parliamo di tutto mentre carico la legna, mi racconta del suo cane, dei suoi pesci nell'acquario, dei pappagalli, di quello che mangerà a pranzo di quello che le piace e di quello che non le piace e io le racconto delle mie tartarughe dei gatti delle galline e tante altre cose. La mamma spesso la controlla con la coda dell'occhio mentre stende i panni in terrazza e quando guardo verso di lei mi saluta con la mano e la chiama: "Martinaaaaaaa lascia stare Giulio che ha da fareeeeeeeeee". Io la saluto a mia volta con la mano e gli dico "non ti preoccupare mi fa compagniaaaaaaaaa" di solito quando ho finito di caricare o se devo fare qualche manovra pericolosa la riporto a casa, mi da la mano appena le dico "dai ti accompagno a casa che ho finito" e ci facciamo questi 30 metri a piedi con il cane che ci gira intorno come una trottola. Oggi ero parecchio nervoso e scazzato stavo facendo i conti delle pesate e la penna mi scriveva a tratti, così smadonnavo sbattendo la penna sul volante e non mi sono reso conto che Martina era lì a osservarmi, quando ho alzato gli occhi me la sono vista che mi fissava con aria preoccupa , e subito mi dice: sei arrabbiato oggi? E io gli dico, un po' non mi scrive manco la penna.... a queste parole è scattata via a casa, non gli ho dato peso e ho continuato a smadonnare con i miei conti, ma dopo 5 minuti rieccola qui con una penna, mi guarda, mi fa uno scarabocchio sul foglio e mi dice, te la regalo, questa scrive bene così non ti arrabbi più.
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fioredialabastro · 5 months
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Una rabbia costruttiva
La vicenda di Giulia mi ha sconvolto più delle altre. Penso a quando mi sono laureata alla triennale quattro anni fa e il mio ragazzo di allora, malato di depressione, arrabbiato col mondo e per nulla intenzionato a farsi aiutare nonostante gli sforzi, era palesemente invidioso, al punto da sussurrarmi all'orecchio, un minuto prima di essere chiamata sul palco e proclamata dottoressa: "Certo che qua i 110 e lode li regalano, alla mia facoltà te li sogni". Quella frase, ovviamente, fondava le radici su parole e gesti ben più gravi, come quando prendevo bei voti agli esami e mi diceva che ero stata solo fortunata a ricevere le domande giuste, o quando mi costringeva a studiare con lui e mi lasciava rinchiusa nella stanza, impedendomi di tornare a casa o di andarsene dalla mia finché non aveva finito ciò che doveva. Allora penso all'invidia di Filippo per i successi professionali di Giulia, a come la sua rabbia si sia trasformata in un agghiacciante omicidio premeditato e realizzo quanto io sia stata fortunata del fatto che le violenze del mio ex si fossero fermate a qualche passo dall'inevitabile, anche dopo averlo lasciato.
È una sensazione terribile, perché solo adesso, a distanza di tutti questi anni, mi rendo conto profondamente della gravità della situazione che stavo vivendo. Tante volte, di fronte all'ennesima sopraffazione da parte sua, ho pensato: "Stiamo insieme da quattro anni, mi ama ma non riesce a dimostrarlo e poi non sono mai tornata a casa con un occhio nero, non può essere paragonabile a quelle storie che sento al telegiornale". Invece sì, lo è. Probabilmente, se non lo avessi lasciato facendogli credere che la scelta fosse sua, se mio papà non fosse intervenuto in maniera diplomatica dopo la rottura, a lungo andare avrei fatto la stessa fine di Giulia e di tutte le altre vittime. Perché quando vivi una relazione tossica, non sei consapevole di dove può arrivare la persona che dice di amarti e che credi di amare, anche se conosci bene i suoi problemi e ciò che un rapporto sano richiede. Si minimizza, si giustifica, si muore, lentamente.
Così, quando credo di aver superato il passato perché mi sento in pace per essere riuscita a perdonarlo e a non augurargli il peggio, ecco l'ennesima donna che muore per mano maschile, ricordandomi che il perdono ha senso solo se non si dimentica il male ricevuto. Perciò sì, sono stata fortunata, ma non per questo vado a ringraziare il mio ex per non avermi ammazzato. Piuttosto, voglio che questa rabbia rimanga, per continuare a lottare per una società più giusta, per non sentirmi più una sopravvissuta ogni volta che si parla di femminicidio.
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noneun · 22 days
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Il ciclo della vita.
Ne ho sentite due, in qualche modo correlate, che mi hanno fatto molto ridere:
"Quando sono nato ero così arrabbiato con i miei genitori, per avermi messo al mondo, che non gli ho rivolto la parola per un anno."
"Ieri un tipo voleva vendermi una bara. Gli ho risposto che è l’ultima cosa di cui ho bisogno."
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yomersapiens · 1 year
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che male c'è se voglio una vita all'altezza della mia immaginazione? ero di fretta e dovevo prendere la metro ma io non amo correre appresso alle cose e alle persone figuriamoci dietro a una metro perché tanto dopo 4 minuti ne arriva un'altra, ma sento il bip bip bip insistente delle porte che si stanno per chiudere e decido di fare uno scatto ed evito le persone che escono e il mio sprint è insuperabile e come Indiana Jones mi ci infilo dentro al pelo e sento quasi le porte chiudersi sul mio zaino ma niente, sono illeso, mi giro verso il vagone in attesa del mio applauso, io voglio il mio applauso, perché nessuno applaude e celebra questo momento insieme a me? cosa diavolo avete di sbagliato? arrivo in ospedale cantando una canzone degli squallor dal testo così volgare che mi distrae dalle notizie del cazzo dei dottori e lo so che dovrei stare serio ma a me non interessa, canticchio in testa quelle parole orribili e quando finiscono di ripetere le solite cose e dirmi che dovrò aspettare ancora un altro mese se non di più io indosso di nuovo le cuffiette e mi metto a cantare per le corsie e non mi interessa se c'è gente che soffre, tutto sommato ho una bella voce e la linea melodica è allegra e molti sorridono, un'infermiera mi dice qualcosa ma non capisco, dove sono i malati che si alzano e miracolosamente guariscono grazie a me? io li pretendo, voglio le madri che mi porgono i figli appena nati e mi chiedono di benedirli con il mio buon umore nonostante tutto e invece devo uscire dall'ospedale e fare i conti con un'altra giornata grigia così mi nascondo dietro a un muretto e faccio psss pssss al sole per sfidarlo, lui risponde e fa un psss psss altrettanto molesto, "brutto stronzo, stai nascosto dietro alle nuvole anche oggi?" gli urlo arrabbiato, "cazzo vuoi tu, cazzo hai da canticchiare e sorridere, lasciami in pace oggi non ho voglia..." mi risponde con la sua voce solare, "no senti bello mio ora smettila di fare il coglione e esci da là dietro e porta un po' di calore che non ne posso più" lui sospira "ma cosa vuoi che sono tutti incazzati con me e mi dicono che ho rovinato l'inverno e non c'è neve e non sono potuti andare a sciare" lo sento davvero giù e cerco di fare il possibile "ma sciare fa cagare, è uno sport di merda per ricchi del cazzo, lo snowboard pure peggio, hai fatto bene, io non ce l'ho con te dai, esci una mezz'ora, fammi compagnia mentre torno verso casa e poi torna a nasconderti dietro le tue amate nuvole" forse l'ho convinto, "mezz'ora? va bene dai, ma poi se mi prendo maleparole mi difendi tu!" sorrido, "certo amico". ecco non credo di avere aspettative troppo assurde tutto sommato eh, solo un po' di sole e controllare le condizioni atmosferiche e magari anche guarire le persone e perché no, se ci scappa anche me stesso.
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canesenzafissadimora · 2 months
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Quando ci siamo conosciuti io non cercavo niente, avevo già perso troppo.
Quando mi sei arrivato davanti con quei tuoi modi semplici, con quei tuoi occhi grandi, con quelle gambe troppo magre, io non cercavo amore, avevo già perso troppo.
Quando mi hai chiesto come mi chiamavo, quando mi hai fatto ridere, quando mi hai fatto arrabbiare dopo soli cinque minuti di conversazione, io non cercavo carezze, sesso, attenzioni.
Tu mi avevi già scelta, mentre io avevo scelto la solitudine.
Io non volevo baci, non volevo cene fuori, non volevo regali a Natale, non volevo anniversari, non volevo promesse, non volevo storie, non volevo bugie, non volevo giochi, non volevo le lenzuola sopra le nostre teste, non volevo che tu mi togliessi la Nutella ai lati della bocca, non volevo che tu mi prendessi in giro per la mia voce al telefono.
Non volevo affezionarmi, e ti rifuggivo come se fossi stato il Diavolo, o la Morte, o la mia paura più grande.
Non volevo passare del tempo con te, non volevo vederti mangiare, vederti correre, vederti dormire, vederti arrabbiato, triste, confuso, o peggio, felice, o peggio, eccitato, o peggio, dolce.
Non ero pronta. Non di nuovo. Non ancora.
Ma tu insistevi.
Io scappavo e tu mi rincorrevi.
Io ti dicevo cento no, e tu facevi di tutto per strapparmi un solo sì.
“Io sono diverso” dicevi, e lo dicevi con quell'aria sincera, così sincera che a volte ti credevo quasi.
Facevi tutto quello che nessuno aveva mai fatto per me: c'eri.
Stavi con me.
Stavi con me a tempo perso, e io ti dicevo che dovevo andare e tu mi volevi accompagnare.
Non ricordo nemmeno il giorno in cui non sono più riuscita a mandarti via.
All'inizio era semplice.
“Ma guarda questo, ma chi si crede di essere?”
Poi, lentamente, come i mali peggiori, sei andato ad adagiarti sui miei pensieri, tra i miei desideri, e dirti di no era più doloroso di farti restare.
Come ogni sciocca che si rispetti, ci sono ricascata.
Io.
Io che non ti avevo chiesto niente.
Tu che mi davi così tanto.
Avevi ragione, avevi ragione ad insistere.
Insieme eravamo perfetti, davvero. Un amore di quelli che spezza il fiato, che toglie la fame, che trasforma i volti di chi lo vive, uno di quegli amori che forse si incontra una volta, se si è fortunati.
Non volevo affezionarmi e mi sono innamorata.
E tu?
Tu che mi volevi così tanto, ma così tanto, un giorno, dopo aver avuto più di tanto, dopo aver avuto tutto, mi hai detto che non lo sapevi se era ancora il caso, che forse era meglio stare un po’ da soli, che ti sentivi strano, diverso, distante.
Io ancora oggi non so che dire.
Ancora oggi ho solo una domanda, solo una.
Ma perché?
Perché non mi hai lasciato stare?
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Susanna Casciani
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orotrasparente · 11 months
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l’altra sera io e la ragazza che frequento abbiamo avuto una brutta litigata ma brutta brutta brutta, fatto sta che quando ci siamo salutati io mentre tornavo a casa vedo questo forno con delle pizzette che sembravano molto buone, allora mi fermo e mangio, mangio come se non esistesse altra ragione x vivere, nel frattempo il tempo passa, mezz’ora e più, io continuo a gustare il cibo delizioso, lei ormai rassegnata che non avrei risposto perché ero arrabbiato, ormai preoccupata che l’avrei accannata, ignara che io in realtà la stavo tradendo con pomodoro e mozzarella sedute su un morbido ma leggermente croccante materasso di impasto
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libriaco · 1 year
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Adolescenza
Quando avevo tredici anni, il mondo era tanto più semplice. Credevo ancora che gli sforzi venissero premiati, che le parole avessero un senso, che della bellezza si potesse godere. Ma quando avevo tredici anni non ero un ragazzo tanto felice. Mi piaceva stare da solo, e quando ero solo riuscivo a credere in me stesso, ma era molto raro che riuscissi a stare da solo. Ero chiuso all'interno di queste due rigide cornici: la famiglia e la scuola, e ciò mi innervosiva. In quegli anni ero sempre arrabbiato.
H. Murakami, [Dansu dansu dansu, 1988], Dance Dance Dance, Torino, Einaudi, 1988 [Trad. G. Amitrano]
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gregor-samsung · 8 months
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“ La nostra Talbot scrostata scivolava lungo l’Autostrada del Sole prigioniera del caldo di Ferragosto. Sei ore dopo – invece delle tre impiegate dalle auto normali – eravamo a Pinarella di Cervia, in una pensioncina sull'Adriatico. Ci trovavamo lì per incontrare degli amici, probabilmente la sola altra rwandese sposata con un italiano in tutto il paese. «Tutti al mare, tutti al mare, a mostrar le chiappe chiare!», cantava papà come Pippo Franco nel film Ricchi, ricchissimi… praticamente in mutande. Con la scusa che non avevamo l’autoradio, papà si ostinò a cantarla per tutto il tragitto. Quella fu la nostra prima vacanza in famiglia. Contro la volontà dei miei, ero andata a letto la sera prima col mio bikini americano: rosso, bianco e blu. Dieci anni e quello era il primo costume da bagno che avessi mai posseduto. Incapace di dormire, cominciai a posare come Naomi Campbell davanti allo specchio. Eccitata quasi al punto di esplodere, gridai canzoni di Jovanotti e Cristina D’Avena come per annunciare a tutta la costa orientale il nostro arrivo imminente. Distesa sul letto, le gambe allungate sul muro, tamburellavo i piedi a ritmo di musica, la stanza dei miei dall'altra parte di quello stesso muro. Mio padre mi aveva avvertito non una, non due, ma ben tre volte. La sua voce più grossa a ogni minaccia. Lo sculaccione che seguì fu raffinato da un crescendo di schiaffi. «Il metodo Pestalozzi», lo chiamava lui. Ma neppure le guance gonfie e i lacrimoni riuscirono a incrinare la mia gioia.
Una volta arrivati, papà si trasformò. Come una creatura marina, sbocciò a contatto dell'acqua salata, le alghe e il sole. Ad anni luce di distanza dalle ciminiere, l’asfalto e i camion di casa. Chiudeva gli occhi, cadeva all'indietro e si lasciava trasportare via dalle onde. Non lo vidi mai così libero. E nonostante tutto, rifiutai di entrare in mare. Solo pochi minuti dopo che eravamo arrivati in spiaggia, un bagnante aveva estratto dall'acqua un ratto grosso quanto un cane e io ne fui traumatizzata. Ci vollero cinque giorni prima che mi azzardassi a mettere piede sul bagnasciuga. Era gelato e costellato di sassolini. Papà mi afferrò le mani e mi spinse dentro. «E se ci trovo un ratto?». «Non succederà, stai tranquilla», mi promise. «Ma io ho paura dell'acqua, è nera e non riesco a vedere niente!». «Abbi un po’ di fede, bambina mia». Quando l’acqua gli arrivò alla gola, prese un bel respiro e mi trascinò di sotto. Non si vedeva nulla, però riuscii a distinguere una medusa e i piedi sguazzanti di decine di natanti, giovani e anziani. Quando riaffiorammo in superficie, avevamo già oltrepassato le boe. E più ci spingevamo oltre, più la visibilità aumentava. Cozze, granchi, triglie. E spugne, gigli di mare, praterie di Posidonia. Un banco di sardine ci passò accanto, solleticandoci le caviglie. Papà mi tenne per mano, nuotando sempre più giù, fin dove l’ossigeno poté portarci. «Tornate indietro! Siete fuori di testa?». Il bagnino agitò furiosamente le braccia dalla torre di controllo. «Oltrepassare le boe prevede una multa salatissima». «Per una volta non sono io quello arrabbiato», disse papà ridendo, mentre nuotavamo verso la spiaggia. «Per una volta sai che vuol dire essere al posto mio». Mi lanciò uno sguardo pieno d’amore. Ma si trasformò presto in una tristezza ancora più profonda. Per lui, le due cose, erano diventate inseparabili. “
Marilena Umuhoza Delli, Negretta. Baci razzisti, Red Star Press (collana Tutte le strade), 2020.
[ Libro elettronico ]
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luposolitario00 · 10 months
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Non provo nulla per mio padre. Lui non ha saputo darmi amore e io non riesco a provarlo per lui. In quanto infelice della sua vita, da quando ero piccolo sfoga le sue frustrazioni su di me tramite violenza psicologica. Urla per tutto, insulta, mi tratta come il suo soldatino, mi abbassa l’autostima dicendomi sempre che non valgo niente, che gli altri sono meglio di me e altre cose negative. Penso abbia un problema di nervi perché gli basta pochissimo per andare di matto. E non urla solo su di me ma anche sui dispositivi elettronici quando non gli funzionano. E così per ore mi tocca ascoltare le sue urla. Non c’è giorno in cui non urla per qualcosa e in cui non è arrabbiato. È un padre narcisista che molte volte ha saputo manipolarmi a suo piacimento.
Cosa diversa per quanto riguarda mia madre che amo tanto e a cui sono molto affezionato. L’unico suo difetto è che a volte fa la vittima per tutto. In più molto spesso non mi sento capito da lei . Se parlo delle mie ansie dice “ma dai non essere stupido, non devi avere l’ansia per tutto”. Oppure se piango “piangere non serve a nulla”. E così via. Non penso lo faccia con cattiveria, è solo cresciuta in un’epoca diversa, dove la mentalità era molto chiusa. Io però mi tengo tutto dentro e tengo paura ad aprirmi temendo di essere giudicato.
Poi questi problemi famigliari giustamente rimangono tra le mura di casa. Mi è sempre stato insegnato così, fin da piccolo.
È un grande traguardo che io sia riuscito a raccontare la mia situazione famigliare allo psicologo; dopo anni. Però oltre a lui non lo racconterei a nessun altro.
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LupoSolitario00🐺
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ilconteunicorno · 9 months
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Sono sempre arrabbiato.
Mi rendo conto che il lavoro ha distrutto la mia anima nel momento in cui ho delle reazioni davvero eccessive per cose futili. Basta un soffio di vento per farmi imbestialire. È un problema perché non sono così e ho lavorato tanto in passato per affrontare i miei demoni e stare calmo.
Ho perso molto in questi due anni e mezzo di lavoro folle e frustrante, ora è il momento di riprendere in mano la mia esistenza come individuo e ricordarmi cosa posso essere, come posso migliorare. Voglio tornare a essere quella persona affascinante e piacevole che ero qualche anno fa, in forma, allegro e ricco di vitalità.
Ora sono un fiore appassito che ha bisogno di riprendersi. Ci devo lavorare tanto ma farò di tutto per riuscirci.
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stunmewithyourlasers · 10 months
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Risposta: "è che voglio vederti sistemato perché quest'anno ne farò sessanta e sento che il tempo passa"
Non so nemmeno come prenderla una frase così,non so che pensare perché vorrei dire che forse esagera e che tra 3 e 4 anni non cambia molto però adesso sono preoccupato,molto, anche se non ha niente.
Vorrei dire che la frase sul covid e l'essere preso a male è stata di pessimo gusto e sminuente,che basto io che sono deluso e arrabbiato da me stesso perché ho fatto un errore numerico in un periodo in cui ero ossessionato da un esame, però ora ho in testa solo preoccupazione e senso di colpa,come se avessi reagito in più del dovuto anche se ho gestito la cosa in modo calmo.
Non ho idea di come affrontare la cosa ma vorrei tanto dormire,oggi è stata una giornata eccessiva.
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likeastars · 2 months
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Comunque ieri sera ho scritto certe robe lmao
Scusa a tutte le polente erano le due ero arrabbiato ecc ecc ✌✌✌
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thecatcherinthemind · 10 months
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V. è arrabbiato perché ho perso peso. Dice che se mi vede dimagrire ancora mi obbliga a mangiare da lui pranzo e cena finché non torno in forma. Grazie, cuore ❤️
E. dice che sono bellissima così, ma il suo passato di disturbi alimentari mi fa pensare che ci sia qualcosa che non quadra in questo complimento. "io sono pro dimagrimento a prescindere, però se stai male dimmelo che ti aiuto. Non finire come ero finita io". Grazie, cuore ❤️
Mia madre mi continua a raccontare del mio ex, perché si è fissata con lui e gli guarda le storie in continuazione. "A me però piace più il tuo amico". Parla di V., dice che è bello e bravo. Infatti quelli belli e bravi non finiscono mai con me, ci ha proprio preso. "Hai pure dormito da lui", dice "sei scema a non volerlo". Strano, un'altra critica senza sapere un cazzo. Non ci avrei scommesso proprio eh.
Dico di non volere più nessuno nella mia vita solo perché non voglio più la mia famiglia, ne sono certa.
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la-novellista · 10 months
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Cara J.
Quando mangi, ti abbandoni interamente all’esperienza di quel momento. Ti ho osservato, la prima volta a cena, sperando che un giorno mi avresti dedicato la stessa concentrazione. Ti ricordi quella prima cena? Io ero proprio un cretino e tu lo sapevi. E tu eri così affascinante, in tutti i sensi, cara J, anche di fronte al mio comportamento maleducato. Ero così arrabbiato, quella sera. Probabilmente ero già innamorato di te, ma noi uomini siamo così ottusamente incapaci di vedere quello che ci sta davanti. Era più facile confondere il mio disagio con qualcosa di totalmente diverso. Quando mi guardavi con quei occhi delinquescenti, infiniti, mi chiedevo che cosa potessi vedere in me. Adesso so che è un modo stupido di vedere l’amore. Tu e io non riusciremmo mai a non amarci, così come la terra non potrebbe smettere di girare intorno al sole.
Cit.
Dal film " L'ultima lettera d'amore"
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io-e-la-mia-mente · 5 months
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ORDINE : mettiti nuda , sul letto , con le gambe aperte .. e fai in fretta , quando torno devi essere pronta , sono stato chiaro?
Quando ho sentito l'ordine per un momento non ho ben compreso cosa mi stesse chiedendo seppur lo avesse enunciato in un italiano corretto e ben capibile ma , il mio cervello , in quel momento era come resettato , le parole risuonavano nella testa ma non vi era riscontro con alcun vocabolo che da quelle parti stavano passando .. terminato quel lungo vuoto mentale ecco risuonare ancora una volta quelle parole ma con l'aggiunta di un bel .. non farmelo ripetere una seconda volta .. lì , senza troppi indugi , mi sono data una mossa per cercare di ubbidire quanto prima e , nel miglior modo ,ma il tempo passava e senza che me ne rendessi conto arriva Lui , con uno sguardo torvo , e sai perchè ? perchè ero ancora mezza vestita , e , mentre mi guardava cercavo di sbrigarmi il più in fretta possibile per far si che gli effetti collaterali di quella mia mancanza fossero ridotti ai minimi termini ma , come tutte le cose fatte di fretta , non ne imbroccavo una giusta , inciampavo addirittura nelle scarpe che avevo fatto volare per la stanza .. tolsi pantaloni, mutandine e maglioncino ma restava ancora qualcosa indosso e questo mi preoccupava perchè Lui era arrivato ed io non ero pronta come richiesto .. sentivo il suo sguardo scorrere su di me ma non avevo il coraggio di guardarlo nuovamente negli occhi , temevo ( anche se desiderata ) qualche Sua reazione ...e così fu, la reazione non tardò ad arrivare ma non era quella che credevo .. il mio sguardo cade finalmente sul suo volto e non lo vedo arrabbiato o contrariato , anzi , vedo i suoi occhi ridere , vedo la sua bocca cercare di trattenere un grande sorriso, e per un pò ci riesce pure ma poi .. poi scoppia a ridere, con quella Sua risata che ogni volta che la sento mi apre il cuore di gioia .. mi guarda e mi dice.. sei proprio un disastro, mi mette ben in piedi, mi fa girare e mi slaccia il reggiseno adagiandolo con cura sulla valigia aperta di fianco ai miei piedi , e , con decisione , mi fa cadere sul letto .. ora apri le gambe , e lì mi prende , mi fa Sua , con ancora indossati i calzini rossi e verdi di natale che mi aveva regalato qualche giorno prima .. ( con tanto di scritta bianca .. accendimi tutta ) .. Ti adoro Padrone, sempre di più
Tua schiavetta
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seoul-italybts · 1 year
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[✎ ITA] Weverse Magazine : Con Amore, Agust D | 15.04.23⠸
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Con amore, Agust D
Uno sguardo al viaggio musicale di SUGA attraverso Agust D
__ di KANG MYUNGSEOK | 15. 04. 2023
Twitter | Orig. KOR
Prima abbiamo SUGA, il membro dei BTS. Quando SUGA produce della musica per altrə artistə, al di là dei BTS o se stesso, il titolo della canzone è seguito da “Prod. SUGA”. E poi c'è Agust D, il suo alter ego, che è apparso con le sue due mixtape, Agust D e D-2, nonché, ora, per il suo album D-DAY, in uscita il 21 aprile. Con Agust D abbiamo quindi un resoconto completo della sua vita come SUGA, membro dei BTS, il produttore SUGA e Min Yoongi, l'individuo qualunque. Nel 2016, quando i BTS avevano appena iniziato la loro sfilata al successo con l'album The Most Beautiful Moment in Life, del 2015, SUGA ha pubblicato Agust D, in cui esaminava la sua vita, partendo dal suo “arrivo a Seoul, il 7 novembre 2010” (“724148”) fino a quando ha trovato un “successo che neppure la mia famiglia avrebbe potuto immaginare” (“Give it to me”). Quando, 4 anni più tardi, ha rilasciato D-2, era ormai una superstar globale e si etichettava come qualcuno che forse, sì, è “nato in un fosso ma cresciuto fino a diventare un drago” (“Daechwita”). In quel lasso di tempo—agli albori del 3 maggio 2014, prima ancora che The Most Beautiful Moment in Life vedesse la luce—SUGA, nei panni di Agust D, parlava del “fingere di non sentirmi solo, di non esser preoccupato, di star bene, dare l'impressione d'essere forte, e invece mi trovo di fronte ad un muro” (“140503 At Dawn”). Era approdato nella sua era D-2: un periodo in cui “le cose cambiano per tuttə”, incluso lui che “ho provato il vuoto perché ho volato troppo alto” (“Moonlight”)—, in seguito ad aver raggiunto un livello di popolarità apparentemente senza fine. In ognuno dei suoi album, SUGA , nei panni di Agust D, si fa un bell'esame personale— questi album, infatti, rappresentano una mappa delle sue origini e della persona ed artista che sta diventando.
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“Ci sono momenti difficili, in cui non ce la fai più”, dice SUGA parlando della traccia “People” - tratta da D-2 – nel documentario SUGA: Road to D-DAY, in uscita su Disney+ e Weverse il 21 aprile. “In quei momenti, io ascolto questa canzone. E piango tanto”. Il viaggio intrapreso da SUGA, partendo da Agust D fino ad arrivare a D-2, e specialmente “People” lì in mezzo, è una testimonianza dei cambiamenti occorsi nella sua vita in quel periodo. In “The Last” - traccia contenuta in Agust D -, confida di aver sofferto di “odio per me stesso e, di nuovo, depressione” nel dover fare i conti con le conseguenze del suo “incidente quando ero un fattorino”, finché non ha “debuttato stringendo la mia ca**o di spalla distrutta”. Ed infatti, nel suo documentario, SUGA menziona di aver “espresso cose per cui ero particolarmente in ansia”, in Agust D. Nonostante i suoi sogni di successo sembrassero a portata di mano, la sua spalla continuava a fare male, e tutto il dolore che si è sempre portato dietro - a partire dal debutto, fino agli anni del successo – forse ha contribuito a renderlo, usando le sue parole, “ansioso”. Ma quando scrive “People”, sembra già molto più leggero: “Perché così serio? … Io sono serio?” Anche se i problemi non svaniscono con la fama: “A volte fa ancora male, a volte sono talmente arrabbiato da piangere”. Ma ciò che è diverso, è che ora SUGA comprende ed accetta ci siano “tanti punti di vista differenti” e che lui non è che “una persona tra le tante”, a dispetto del suo enorme successo. Ha raggiunto la fama cui aspirava, ma ora sa che “finiremo tuttə per sbiadire” e che “non c'è nulla di eterno nella vita”.
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“People” segna una svolta importante nella trilogia di Agust D. Dopo “People”, abbiamo altri due brani: “Interlude: Set me free” - l'ultima traccia di D-2 - e “Dear my friend”, triste racconto di ciò che è accaduto tra lui ed un amico. In quest'ultima traccia, SUGA non si concentra tanto sull'aprire il suo cuore riguardo il passato, come è stato invece per Agust D, ed invece rappa “Ca**o, ti odio ancora da morire” sulle note calme e riflessive delle tastiere. In D-2, SUGA attinge appieno dalla parola “People / gente, persone” e cerca di comprenderle ed accettarle, osservandole dalla sua personale prospettiva e, al contempo, abbandona il ricordo rancoroso che ha del passato. Ha mosso, insomma, un ulteriore passo avanti e, una volta realizzato che la sua crescente popolarità potrebbe non durare per sempre, ha potuto crearsi un giudizio di sé più equilibrato.
Road to D-DAY è sia un'esplorazione della musica cui ha lavorato SUGA durante i preparativi per l'album che la ricerca di una verità più grande. Lo vediamo preoccuparsi di ciò di cui potrebbe parlare nell'album che diventerà D-DAY. Ma continua, comunque, a scrivere musica e lo seguiamo accingersi con trepidazione ad un incontro con Ryuichi Sakamoto – da poco venuto a mancare –, nella speranza di trovare una sua direzione musicale. Perché, allora, è ancora alla ricerca di una sua identità artistica quando, praticamente, ha già ottenuto tutto ciò che viene comunemente considerato come successo? SUGA è partito dal fare i conti col suo passato in Agust D, formandosi una nuova prospettiva su se stesso e sul mondo, in D-2, fino ad approdare a D-DAY e alla messa in questione della natura stessa della musica in quanto artista. Parte della risposta ai suoi quesiti la si può trovare in “People Pt.2” featuring IU, la traccia che, il 7 aprile, ha anticipato il rilascio del nuovo album.
“Se non riesci a trattenere le lacrime, puoi piangere”
In “People”, SUGA parlava della relazione tra una persona e l'altra gente, esplorando il mondo e la società in generale: (“La gente cambia / Proprio come sono cambiato io”); in “People Pt.2”, tutto ciò diventa una sorta di dialogo tra lui e IU in cui le due parti riflettono “quel 'noi' che sognava un futuro insieme non c'è più” perché “quel castello di sabbia.. siamo noi ad averlo distrutto”. La prima “People”, di fatto, era al singolare, ma “Pt.2” sicuramente è plurale. L'amore è possibile solo in un legame plurale, dunque “persone a non finire” possono sperimentare “un amore ormai finito”, con tutti gli interrogativi che questo comporta: “Può l'amore essere perfetto come l'amore stesso? … L'abnegazione può, di fatto, sfociare nell'egoismo”. Eppure, “si dice la vita sia una lotta tra resistenza e sottomissione / per come la vedo io, è una lotta contro la solitudine” ed è per questo che la gente ama.
Ciò che è cambiato tra “People” e “People Pt.2” è che l'artista che le ha create ha sviluppato un maggiore interesse ed affetto per il prossimo ed il mondo in cui viviamo tuttə. Ha imparato a definirsi “solo un'altra persona tra tante” e ora riesce a percepire e vedere appieno il mondo e la società che lo circonda ma, non è tutto, si spinge fino al riflettere su come la gente possa continuare ad amare a dispetto del proprio dolore interiore. SUGA, l'artista che si è fatto strada attraverso innumerevoli sofferenze, che ha trovato conforto in Agust D e poi D-2, ci appare, in D-DAY, come qualcuno finalmente in grado di parlare dell'amore per il prossimo. Sul lungo, difficoltoso percorso che è la vita, alcune persone trovano l'amore come solo un artista sa fare.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
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