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#esuli
pietroalviti · 1 year
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10 febbraio, Giorno del Ricordo, un libro gratuito per capire di più il dramma degli esuli giuliano dalmata
Un bellissimo e book sul Giorno del Ricordo.  si tratta di un E-Book della collana STORIAE – Fare Memoria di 32 pagine, la cui edizione è stata finanziata dalla provincia di Bolzano. Il libro è ottimo sia per reperire materiali didattici legati al Giorno del Ricordo e all’eccidio delle Foibe, sia per conoscere personalmente, o approfondire, gli argomenti legati a questo periodo buio della storia…
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condamina · 2 years
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Spie e provocatori tra gli antifascisti esuli in Francia
Spie e provocatori tra gli antifascisti esuli in Francia
Il più frequentemente citato nelle storie dell’antifascismo tra i libelli denigratori dei fuorusciti prodotti in periodo fascista dai propagandisti di regime, è il volumetto di Pietro Maria Bardi 15 giorni a Parigi tra i fuorusciti, pubblicato nel 1932, anno X dell’era fascista <76. Eppure trattasi, al di là di ogni considerazione politico-ideologica, di una alquanto modesta, sia per quanto…
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viendiletto · 3 months
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Comunque, per chi si trovasse a Trieste, comunico che presso la Sala Bazlen di Palazzo Gopcevich questo sabato (20 gennaio) alle 10:30, verrà presentato il libro Una vita appesa a un filo di Erminia Dionis Bernobi, esule da Santa Domenica di Visinada e medaglia d’oro al merito civile.
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Ho conosciuto Erminia alla fine degli anni ‘90. A quei tempi suo marito Lino era nel direttivo dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di Trieste, uomo di sani principi, che stimavo per la ferma compostezza delle sue idee. Non mancava mai a nessuna celebrazione pubblica, nonostante a quei tempi fossero frequentate quasi solo dagli esuli. Ad un certo punto, con l’incalzare della malattia il buon Lino non fu più in grado di presenziare agli eventi del mondo dell’Esodo. Fu allora che iniziai ad accorgermi della presenza di Erminia; credo altresì che la scomparsa di Lino le avesse dato una spinta ad uscire con la sua storia. Quando la ascoltai rimasi pietrificato, poiché la sua fuga da Santa Domenica di Visinada si intrecciava con la storia di Norma Cossetto.
Nel 2005 quando il Presidente Ciampi le conferì la medaglia d’oro al merito civile io, nato in un campo profughi, con i racconti di padre Rocchi e le parole di Erminia potei capire quanto oscura fosse l’atmosfera che si respirava in quel momento. Ecco che dunque, con Emanuele Braico, Pino Cossetto, gli insegnamenti di Giacomo Bologna, assieme a Bruno Marini non mi fu difficile pensare di collocare la stele in ricordo di Norma nel rione per eccellenza degli istriani, quello di Chiarbola. In quel luogo, mai una volta vandalizzato e circondato dalle vite operose degli istriani, non ho mai visto una sola volta Erminia mancare ad una commemorazione. Ella rappresenta un monumento vivente e con quelle case di periferia condivide l’operosità di una vita da artigiana. Anche alla foiba di Basovizza, lei, che l’abisso l’ha evitato fuggendo a Trieste nella notte, Erminia costituisce una presenza immancabile.
La sua tenacia e il suo coraggio rappresentano un punto di riferimento per tutto il mondo dell’Esodo.
Siamo sempre andati d’accordo per quella sua capacità di non provare odio, per quella sua volontà di costruire da zero il suo futuro dopo aver perso tutto.
Grazie a lei ho potuto conoscere la famiglia Cossetto, altro grande esempio di sobrietà e coraggio, in particolare Licia, che ricordo con affetto. La sua scomparsa mi ha fatto riflettere su quanto preziose siano le testimonianze degli esuli che per età anagrafica si stanno spegnendo. Con la stessa silenziosa fede profondamente cristiana che contraddistingue Erminia, come peraltro lo fu per lo stesso Lino, mi auguro che Dio la possa preservare ancora molti anni per poter portare l’acqua limpida della verità a tutti gli assetati. In lei non ho mai visto estremismi, pensieri di vendetta, né rassegnazione: ecco perché credo incarni pienamente la figura di una donna moderna ante litteram, impegnata nel sociale, di successo, indipendente, quando ancora questi temi non erano parte della cultura contemporanea.
Il suo successo lavorativo ci ha sempre reso orgogliosi delle comuni radici istriane. Inoltre, il 15 di aprile festeggiamo il compleanno lo stesso giorno, ed ogni anno mi chiama per dirmi che l’anno successivo festeggeremo assieme: il mio augurio è che questo momento sia finalmente arrivato.
Grazie di esistere.
Renzo Codarin 
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oubliettemagazine · 1 month
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Ferryman, Esuli nella notte di Claire McFall: l’ultimo capitolo della trilogia ultraterrena
“Era tutto troppo veloce. Troppo facile. Nonostante Tristan desiderasse disperatamente portare Dylan al sicuro, una parte di lui sperava in una catastrofe, che capitasse un colpo di sfortuna cosicché fossero costretti a gettare la spugna e tornare alla casa sicura che avevano appena lasciato.” – “Ferryman, Esuli nella notte”  Ferryman, Esuli nella notte di Claire McFall Dopo “Amore eterno” e…
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tremaghi · 2 months
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Il Giorno del Ricordo, the day after
Ieri, per la prima volta nella mia vita, ho celebrato il Giorno del Ricordo partecipando a un evento commemorativo, che si è tenuto a Daverio presso la Sala Polivalente e che in fondo sento un pò mio per aver invitato personalmente uno dei relatori, lo scrittore e amico Massimiliano Comparin.É a lui che devo il merito di aver colmato la grande lacuna di conoscenza della storia di Norma Cossetto e…
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E. Haffner e G. Alvisi-LA BAMBINA CON LA VALIGIA. In viaggio nella “geografia del cuore” di Egea, esule giuliana 3001
10 Febbraio  Giorno del Ricordo “Nel 2004 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi firmò la legge che istituì il Giorno del Ricordo per ricordare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre nel  secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.” E questa è…
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sauolasa · 2 years
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Esuli bielorussi e cittadini russi in Ucraina: "Meglio in un Paese in guerra che a casa"
Ucraina, la situazione degli esuli bielorussi e dei cittadini russi. Cresce il timore di dover rientrare in patria
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fridagentileschi · 2 months
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LE FOIBE E PERTINI
Pertini e' ritenuto da molti, troppi, il miglior presidente d'Italia e sapete perche'? Perche' ai mondiali di calcio del 1982 alzo' la coppa vinta dall'Italia in quell'occasione!!!
Nella realta' questo essere non si e' mai ritenuto italiano e per l'Italia non fece mai nulla. Au contraire! Fece un discorso il 31 dicembre alla nazione con un bambino arabo di Gaza....tanto per abituarci alla futura invasione progettata dai comunisti come lui...
Ma raccontare gli orrori di Pertini -come raccomandare lo stupro delle italiane durante la seconda guerra mondiale e stupratore lui stesso...e' davvero lungo...qui ve lo voglio raccontare in relazione alla tragedia delle Foibe e di Porzûs che agli inizi degli anni '80 erano solo appena sussurrate negli ambienti della destra extraparlamentare e completamente ignorate dalla storiografia ufficiale, comunista-partigiana. Parlare di queste tragedie che imbrattavano l'ideologia della Resistenza si rischiava di essere bollati fascisti e revisionisti. Esattamente come oggi.
Ebbene, Tito, il dittatore jugoslavo comunista, morì nel 1980. L'allora presidente Sandro Pertini — il presidente più amato dagli italiani... e credo dagli ex jugoslavi — anziché restarsene al Quirinale, andò a rendergli omaggio, ignorando (si fa per dire) del tutto quel che accadde nell'Istria tra il '43 e il '45. Ignorando la tragedia delle Foibe e quanto i comunisti, sotto gli ordini diretti di Tito, combinarono a danno degli italiani, colpevoli solo di essere italiani. Nessun capo di Stato che avesse avuto un minimo di senso nazionale avrebbe mai reso omaggio al macellaio del suo popolo. Ma Sandro Pertini lo fece. E non si limitò a rendergli omaggio con la sua presenza, ma baciò persino il suo feretro e la bandiera nel quale era avvolto.
Questo fece Sandro Pertini, nonostante le urla di sangue e dolore degli infoibati e degli esuli che fuggirono dall'Istria e Dalmazia. E questo fu solo un episodio (forse il più eclatante). Da bravo socialista partigiano, appartenente alla vecchia scuola (quella di Nenni e Matteotti), Pertini concesse persino la Grazia a Mario Toffanin, altrimenti noto come il 'Giacca'. Un partigiano che durante la guerra aveva compiuto (con la complicità di altri partigiani comunisti) la strage di Porzûs per la quale, nel 1954, la Corte d'Assise di Lucca lo aveva condannato all'ergastolo. Pena a cui erano stati sommati altri trent'anni di reclusione per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. Mario Toffanin, tuttavia, non sconterà mai queste pene, perché riuscirà a riparare in Jugoslavia, godendo persino della pensione italiana che la Grazia di Pertini gli aveva permesso di percepire dall'estero (l'ex partigiano infatti non rientrerà mai più in Italia).
Che differenza c'e' tra lui e Napolitano? Tra lui e i nazisti?
Che vergogna la memoria corta degli italiani...
Che questa giornata della memoria possa re-insegnare la storia agli italiani, e mettere finalmente Pertini la' dove merita, nell'elenco dei criminali!
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ilpianistasultetto · 9 months
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Siccome non m'e' mai piaciuto seguire i pifferi dei "fregnacciari di potere" ma preferisco seguire la mia testa ( che reputo fortemente intelligente), provo a lasciarvi uno specchietto sulle guerre nel mondo (almeno le piu' importanti) dopo la seconda guerra mondiale:
- anni '60 - Usa contro il Vietnam (comunista) e USA contro Cuba (comunista)
- anni 70 - Gli USA organizzano il colpo di stato in Cile contro Allende (comunista) sostituendolo con il macellaio fascista Pinochet. Sempre gli Usa organizzano il colpo di stato in Argentina contro Isabel Peron (comunista) sostituendola con il generale fascista Videla.
- anni '80. Gli Usa invadono Grenada e Panama per paura di una loro saldatura con la Cuba Comunista.
- anni '90 - gli USA e la Nato mettono i loro scaponi sul suolo ex slavo per evitare che la Serbia (comunista) facesse boccone degli altri Stati dell'ex repubblica socialista.
Poi e' stata la volta degli Usa in Iran, Afganistan e in Libia perche' Saddam Hussein, Bin Laden e Gheddafi non erano graditi agli yankiee. (Ve la ricordate quella famosa truffa sulle armi di distruzione di massa iraniane?)
Migliaia e migliaia di morti, migliaia di desaparacidos e centinaia di migliaia di esuli, in 70anni di guerre USA..
E ora i cattivoni sono Putin e Russi?
Per come la vedo io, un gran vaffa a Putin e 10 vaffa a tutti i Presidenti USA degli ultimi 70 anni.. @ilpianistasultetto
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gregor-samsung · 9 months
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“ Attilio ed Emilio Bandiera erano figlioli di un contrammiraglio della marina austriaca, di cui essi stessi facevano parte, l'uno come alfiere di vascello e l'altro come alfiere di fregata. Non volendo servire l'Austria, dopo aver preso parte ad alcuni moti rivoluzionari, essi si erano ricoverati a Corfù. E in quel contatto con altri esuli in terra straniera; in quel comunicarsi continuo di aspirazioni e di speranze, più rincresceva loro l'inedia che l'esilio. Ond'è che decisero una spedizione arditissima, quasi folle per ardimento. Insieme a Ricciotti, a Moro e a pochi audacissimi, pensarono di compiere uno sbarco sulle coste di Calabria. Ivi avrebbero cercato di far rivoltare le popolazioni calabresi e, se fossero riesciti, di mettere in fiamme tutto il regno di Napoli. Nel 1844, nella notte dal 12 al 13 giugno, i due fratelli Bandiera partirono per la spiaggia calabrese. Era in essi presentimento di morte. Quasi al momento di partire Nicola Ricciotti ed Emilio Bandiera così scrivevano a Garibaldi: « Se soccomberemo, dite ai nostri concittadini che imitino l'esempio, poiché la vita ci venne data per utilmente impiegarla; e la causa per la quale avremo combattuto e saremo morti, è la più pura, la più santa che mai abbia scaldato i petti degli uomini; essa è quella della libertà, della eguaglianza, della umanità, dell'indipendenza, dell'unità d'Italia ». Erano buoni e sinceri: aveano soprattutto la giovanile ingenuità senza di che non è possibile compiere né tentare imprese come quella cui essi si avventuravano. La sera del 16 giugno il piccolo drappello sbarcò sulla costa calabrese, alla foce del fiume Nebo. Il luogo dello sbarco era tristissimo: ma la terra d'Italia parve a essi sacra e la baciarono all'arrivo. Il piccolo drappello, mal guidato, inesperto dei luoghi, aveva anche nel suo seno chi dovea tradirlo. Gli esuli speravano di trovare al loro arrivo popolazioni desiderose di rivolte: e trovarono l'ostilità e la indifferenza. Nella valle di San Giovanni in Fiore — paese già sacro alla leggenda religiosa — circuiti da soldati del re, dopo disperata lotta in cui parecchi morirono, dovettero arrendersi. Un mese dopo, i due fratelli Bandiera furono fucilati, il 25 luglio, in quella stessa terra da cui avevano sperato partisse il segnale della rivolta. Mai nessuna morte fu più compianta della loro. Erano giovani, ricchi, di alto casato: avevano rinunziato con serenità superumana a tutte le gioie della vita. Aveano tutte le qualità per destare negli animi il compianto, e la loro morte fu una delle cose che più nocquero a Ferdinando II. “
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Brano tratto dal saggio breve Eroi (1898) raccolto in:
Francesco Saverio Nitti, Eroi e briganti, Edizioni Osanna (collana Biblioteca Federiciana n° 3), Venosa (PZ), 1987¹; pp. 18-19.
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abr · 1 year
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Potente LA FEDE CIECA ASSOLUTA nelle sue vene scorre.
RIcorda moltissimo le strazianti lettere dall'inferno dei gulag del Kolyma, Siberia nord-orientale, dove esuli comunisti italiani deportati da Stalin con l'avallo di Togliatti, si chiedevano come mai eran lì a morire estraendo cobalto con le unghie a meno 20 gradi; concludevANO che un motivo ci sarà anche se loro non lo capivano: perché i vertici comunisti han sempre ragione.
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belladecasa · 1 year
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L'intervista del Corriere a Michela Murgia in relazione al suo tumore mi ha dato tanti spunti di riflessione, e mi ha riportato a rileggere un diaro che scrissi tra 2018 e 2019, gli anni in cui piombai nella fobia della morte e sviluppai una fortissima ipocondria. Non vivevo più e mettevo in pratica dei comportamenti ossessivi di prevenzione e diagnosi di malattie di cui mi vergognavo e mi vergogno tutt'ora. Durò due anni, con alti e (soprattutto) bassi, che si protraevano per mesi, mesi in cui non riuscivo a dare esami, mangiare, dormire, in cui passavo anche tutta la giornata a leggere di sintomi, testimonianze di persone malate, seguivo una pagina Instagram dedicata alle storie di malati di cancro da tutto il mondo. Leggevo di certe cose sempre, anche quando uscivo, cercando di non farmi vedere. Entravo anche nei bagni pubblici per controllare le parti del mio corpo che pensavo più fragili e soggette alla malattia di turno. Ovviamente chi mi stava vicino non mi capiva, il mio ex, mia mamma, alcune mie amiche; mi dicevano che ero irrispettosa nei confronti di chi stava male davvero. Che passavo il tempo a pensare a certe cose perché non avevo un cazzo a cui pensare. Osservazioni che mi sono state sempre fatte rispetto a qualsiasi mio disagio psichico, non solo all'ipocondria, se ci penso, e che hanno innescato ulteriore senso di colpa e quindi danneggiato ulteriormente la mia autostima, aggravando così i miei sintomi e le mie fobie. Dall'ipocondria uscii, più o meno, con la terapia, dal senso di colpa e dall'autodisprezzo che la causarono, no.
13 agosto 2019
Da giorni cerco di venire a patti con l'idea della mia mortalità, senza tregua, e più sono grata alla vita per quello che mi ha donato e dona, più paradossalmente provo rabbia perché sento la precarietà di ogni minuto. Invidio chi è in grado di vivere saggiamente, come se fosse eterno pur essendo cosciente della propria mortalità, e non di meno invidio chi vive senza consapevolezza. Quanto dolore, naturale, primordiale, endemico, o solo spaventoso. Come si può vivere con un'ignota data di scadenza? O anche, come si può non vivere? Un infinito esercizio di retorica. Sono priva di difese. Oscillo di nuovo tra la perdita e il recupero del controllo; mi chiedo anche questa volta se lo perderò davvero. Sto mandando in fumo i miei progetti, lo studio, la laurea, sapendo che poi ne soffrirò ma ora non ci trovo un senso che esuli dall'automatismo. Mi sento sola anche se non lo sono. Soprattutto mi sento in colpa per questo stare male, e ciò non fa che accrescere l'autoaggressività e il rigetto di me stessa, di cui si alimenta la mia malattia in un circolo vizioso.
Una cosa sbagliavo: ero sola. Ero sola ed ero piccola, avevo 22 anni e delle parole troppo grandi dentro: mortalità, autoaggressività, rabbia, rigetto di me stessa. Ero e sono sola, volevo solo un po' di compassione e di conforto; nessuno me li ha dati. Prima di tutto non me li sono dati io. Il mio terapeuta mi ha sempre detto che questa sofferenza è l'altra faccia della mia complessità, che sono coraggiosa e che sono speciale. Non ci ho mai creduto, stasera voglio.
#s
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viendiletto · 3 months
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“Questo è un ossequio alla Meloni?” is the new “questo è un omaggio alle camicie nere?”
Ad ogni modo ci terrei a rammentare che La rosa dell’Istria è tratto dal pluripremiato romanzo Chi ha paura dell’uomo nero (Corbaccio, 2000) della scrittrice istriana Graziella Fiorentin, esule da Canfanaro ❤️
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bumbaro · 1 year
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1 GENNAIO 2023 - L'ISTRIA TORNA AD ESSERE UNITA COME E' STATO PER SECOLI.
Il confine della Dragogna non ci sarà più. Dal 1 gennaio 2023 con l'entrata in Schengen della Croazia in Istria spariscono tutti i confini e quindi ritornerà ad essere unita. Un grande avvenimento per i "rimasti" di etnia italiana e sia per gli esuli. L'Europa ci ha riuniti? Pagheremo anche con un unica moneta, l'euro. Sono felicissimo. Ogni tanto passo da Tòppolo in Belvedere, già Topolovac o Topolovec in sloveno nelle alte valli della Dragogna, nel 1912, quando nacque mia madre apparteneva al Comune amministrativo di Portole, successivamente nel 1945 al distretto amministrativo di Capodistria. Più precisamente mia madre nacque nell'insediamento Collepiano-Boschini (Koromači-Boškini oggi) i cui abitanti comprendevano sette famiglie con lo stesso cognome ed erano sotto il Comune catastale di Topolovac. Poi tra il TLT e la Zona A e la Zona B del dopoguerra e la Jugoslavia di Tito passando più recentemente alla separazione in entità indipendenti di Slovenia e Croazia arriviamo in Europa. Quante barriere, fili spinati, barre confinarie, incomprensioni, divisioni. Tutto finirà? Quando mi trovo da quelle parti volentieri passo per Toppolo in Belvedere perchè su in cima al colle, il belvedere appunto, chiamato ora Belvedur in sloveno, è sede di un'ottima osteria/trattoria che ha un Refosco di produzione locale saporoso e profumato e cibi della tradizione istriana contadina e con qualche "dindio" ed anche qualche pavone libero al pascolo subito fuori dall'entrata del locale che ti fanno pensare di trovarti proprio fuori dal mondo, dove il tempo si è fermato. Poco è cambiato a Tòppolo in Belvedere, quasi tutto è rimasto tale e quale da almeno mezzo secolo in quanto è un paese abbandonato. Antiche case in pietra, tetti sfondati, viottoli, scalinate (balador) dove impera la crescita di erbacce frammiste a piante di fico e arbusti spinati di more e ortiche. Mia madre emigrò giovanissima a Trieste ma le sorelle e i fratelli rimasero in Istria fino all'esodo biblico che tutti conosciamo, l'esodo degli istriani del dopoguerra.
Mario Fragiacomo
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soldan56 · 2 years
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Ieri sera Rampini a #inonda su #La7 ha detto che "la vita di oltre 50.000 curdi, esuli in Svezia e Finlandia sono un costo doloroso ma accettabile per lo sblocco delle derrate di grano". Una frase di un cinismo raggelante, detta davanti a una esterrefatta (e comprensibilmente schifata) Eddi Marcucci, la partigiana ex “sorvegliata speciale” che ha combattuto con le Ypj curde contro l’Isis.
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CONTRO L’AMORE. Non c’è nulla di più odioso di chi ti VUOLE amare. Non c’è nulla di più devastante di chi ti VUOLE aiutare. Non c’è nulla di più soverchiante di chi ti vuole portare sulla retta via, “per amore”. Non c’è nulla di più perverso di chi ti vuole coinvolgere in quello che a lui piace per rassicurarsi che anche tu possa rientrare nel suo gregge, senza infastidire. Non esiste falsificazione sociale più stomachevole della propria, tentata o riuscita, legittimazione, o autoinganno (nei propri confronti e degli altri) mettendo in scena la retorica dell’amore per farsi i cazzi propri in stato allucinatorio, ebetamente “felice”. Quello che oggi chiamiamo generalmente “amore” è il volto sociale dell’egoismo. Alla base dei più efferati delitti c’è “l’amore”. I femminicidi hanno come inconscio supporto teorico “l’amore”. Così come gli esuli di famiglie sfasciate replicano, per bovina coazione a ripetere, gli stessi deliri dei fallimenti precedenti: e lo fanno “per amore”.
Ecco che “amore” è il senhal (il travestimento linguistico) dell’egoismo, tanto che, rifiutato, si trasforma sempre nel suo opposto.
“Solo il dittatore si riempie la bocca della parola ‘amore’”, scriveva Jacques Lacan ma questa semplice realtà quotidiana perpetuata non può passare.
Secoli fa, con i termini “Fede, speranza e carità”, si intendeva “amore” in senso non coercitivo, non allucinatorio. In un’altra cultura, quella greca, “amore” aveva diverse definizioni: “Agàpe”, per Socrate, indicava “amore” in senso opposto a quello violento e prevaricante di oggi, reso ugualmente dal latino “fraternitas” o meglio ancora “sororitas”. Non abbiamo oggi corrispettivi reali per queste parole ma le si può esprimere con frasi, ad esempio: “accettazione dell’altro e della sua libertà”. “Libertà” intesa nei reciproci limiti che regolano l’accoglimento dell’altro come Altro e non come membro dell’amoroso gregge o del proprio “amoroso” ego.
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Aldo Nove
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