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#forza azzurri
lonelysmile · 1 year
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pessi titolare
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vanbasten · 2 years
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io dopo aver espresso il mio totale supporto per una mentalità anti nostalgia per risollevare la nazionale italiana
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sophism · 1 year
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I feel like I should be getting into the World Cup🧍🏼‍♀️
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daegorth · 29 days
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Italy win you have lifted my spirits!!!
🎉🥳🎉🥳🎉
Retegui you are so cool and sexy and magnificent🥰🥰😍
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ellediggi · 1 year
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alfredol70 · 1 year
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Felix Auger Aliassime (CAN) vs Lorenzo Musetti (ITA) • Highlights
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janniksnr · 2 years
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la maledizione del terzo set sempre più reale........
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davidcuniverse · 2 years
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😍 me want!!! My daughter is heading to Italy.. Guess what's on her 'to buy dad' list? . . #forza #forzaitalia🇮🇹 #azzurri https://www.instagram.com/p/CeMtuefOYT2/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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donaruz · 9 months
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2 agosto 1980 ore 9,00
«Forza Carmelo! È ora di alzarsi, bisogna correre in stazione, c’è il treno che ci porterà da papà!»
«Uffa, va bene, mi alzo» Il piccolo Carmelo ancora frastornato per la giornata precedente dove aveva mangiato un buonissimo gelato e corso per le vie di Bologna come un giovane esploratore in una terra sconosciuta. Osservava tutto. Carmelo era alto, non dimostrava la sua giovane età e con quel bellissimo binocolo che gli aveva regalato suo zio e i pantaloncini corti era perfetto come ricognitore dell’ignoto. Aveva gli occhi azzurri, la mamma per scherzare diceva sempre che era figlio di qualche Dio dell’Olimpo greco; nessuno in famiglia aveva gli occhi azzurri. Da grande voleva studiare gli animali e girare il mondo alla scoperta di nuovi territori. Era un esploratore ancora prima di esserlo davvero.
Una semplice ma abbondante colazione e poi un bacio forte a Tobia, il cane. La strada è breve fino ai treni ma quella mattina i parenti devono portare la macchina dal meccanico, una vecchia fiat 127 ormai al termine. La decisione è presto fatta, si va in stazione a piedi, tanto il treno è alle 11, c’è tempo...
Carmelo è contento, ha visto una grande città del nord, piena di gente che corre, non ha capito il motivo ma si diverte a vederli indaffarati, al suo paese sono molto più tranquilli. Poi, finalmente, vede i treni. Che amore che ha per i treni! Ogni domenica il suo papà lo porta alla piccola stazione del paesello a vedere i treni che partono, ora anche lui potrà salire su quelle macchine meravigliose fatte di ferro e legno per ben la seconda volta nella sua vita.
10,20
«Mamma!, mamma mi piacerebbe tanto avere un amico cane, ma tanto tanto!»
«Va bene piccolo, vedremo, quanto torniamo a casa ne parliamo con papà e se lui è d’accordo andiamo al canile»
«Che bello!, che bello!, sono sicuro che il papà sarà d’accor……»
BUUUMMM!?!
«Mamma, mammaa, aiuto! Dove sei? Ho paura! è tutto buio, mamma aiuto è tutto buio..»
Suoni, strani suoni di ferro caldo. Un caldo feroce; gemiti che provengono dal treno di fronte ai binari, gemiti sempre più profondi e poi...urla disperate. Chi cerca la mamma, chi il fratello chi l’amico, la compagna, il figlio. Ma loro non sono più in stazione, sono stati sbalzati a 100 metri di distanza per l’onda d’urto. Come delle foglie strappate ai rami di un albero autunnale.
Poi il fumo si dirada e s’intravede il disastro.
«Mammaa!, dove sei? Dove sei?» Carmelo sembra un minatore appena uscito dalla galleria; la galleria più profonda del suo piccolo paese.
«Vieni piccolino, vieni in braccio, ti aiuto io!» Un ragazzo di 20 anni, una divisa da vigile del fuoco. Il ragazzo è nero come Carmelo, zoppica, ma continua a togliere pezzi di cemento dal piccolo corpo del bimbo. Solleva calcinacci pesanti e taglienti, rossi dal caldo; le sue mani ustionate, ma continua a spostarli. Alcuni giorni dopo venne ricoverato in ospedale per le ustioni. Perse tre dita di una mano.
«Chi sei? Dov’è la mia mamma?» Carmelo è sepolto da una montagna nata dalla violenza.
«Sono un amico della mamma… stai tranquillo»
«Ma cos’è successo?» La sua voce non è più quella di un giovane esploratore, ora è rauca, piena di polvere e distruzione.
«Niente, non è successo niente. Piccolo…non è successo niente»
Fine
In Italia non succede mai niente.
La Rosa dei venti, Il golpe borghese, piazza Fontana, Gioia Tauro, Reggio Emilia, Brescia, l’Italicus, Genova, Il rapido 904, Bologna, Ustica, Firenze, Milano; non sono niente. Non è successo niente. Non è STATO nessuno. In fondo qualche pezzente, qualche moglie di pezzente, qualche figlio di pezzente cosa volete che sia, incidenti di percorso; incidenti per una democrazia migliore, più libera, più ricca. In Italia non è mai STATO nessuno, una cena tra poteri, un brindisi e poi le direttive agli organi di informazione:
“Dovete dire questo, dovete dire quello, dovete dire che non è successo niente; arriva l’estate mandiamoli in vacanza tranquilli, poi, quando tornano, avranno dimenticato tutto”
Ma non avete preso in considerazione una cosa: voi! infami manovratori dietro le quinte, migliaia di occhi hanno visto, sentito, sanguinano ancora. Loro lo sanno chi è STATO. Potete manipolare tutto, cancellare tutto ma dietro il vostro secchio di vernice bianca democratica ci sono pareti rosse di sangue pulito.
Quelle non potrete mai più cancellarle.
-A Carmelo e a tutti i morti e feriti di quella mattina spensierata di un agosto solare-
(Breve parte dal racconto "Piccolo esploratore" contenuto nel libro "Stelle cannibali" ED. Il Foglio 2022)
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libero-de-mente · 6 months
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A forza di ingoiare rospi evacuo principi azzurri.
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susieporta · 2 months
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Il Diavolo.
"La Verità di chi siamo".
Fino a che saremo impegnati a dare più forza alla realtà esterna che a quella interna, ci sentiremo sopraffatti dagli automatismi del Vecchio.
Il Collettivo sta elaborando forme di Dolore importanti.
Le sta spingendo a palesarsi, ad amplificarsi, a incrementarne la forza distruttrice. Per portarle a risoluzione.
Proietta la versione più potente e degradante del tema "vittima- carnefice-esiliato".
Se ci identifichiamo con questo passaggio, significa che ancora ci sentiamo colpiti e coinvolti dalle dinamiche del Passato.
E questo potrebbe bloccare il nostro viaggio verso la Libertà.
Perdersi durante questo movimento imponente di violenza collettiva, corrisponde ad ammettere che la nostra capacità di "radicare la centratura" è ancora debole.
E l'Altro diventa nuovamente lo specchio della antica dinamica.
Ma io non sono l'Altro.
Non più.
E non aggancio il suo dolore e il suo bisogno di innescare il classico teatrino disfunzionale.
Io non salvo nessuno. Nè lo condanno.
Io resto fedele e integro di fronte alla provocazione energetica, di fronte all'automatismo. Perché sono maturato. E sono adulto. E scelgo di osservare il tuo Movimento senza subirlo o entrarci dentro.
Tu non sei me e io non sono te.
E insieme possiamo comunicare solo offrendoci sostegno e libertà. Non conflitto. Non dinamica. Nè tantomeno dipendenza o manipolazione.
Ognuno ora è chiamato a disidentificarsi con il Passato. E a preservare il proprio spazio sacro dalla creazione di abusi di potere e di comunicazione asimmetrica.
E questo vale anche nella versione contraria: non siamo qui per sviluppare deliri di onnipotenza su chi ci sta accanto. Non siamo crocerossine, non siamo principi azzurri, né tantomeno salvatori della Patria. Non ci immoleremo all'altare della Patria. Nè avvalleremo la pratica del "controllo" e del "possesso".
Io non sono migliore di te. Nè peggiore.
Io sono io. Con il mio viaggio e la mia strumentazione.
E se qualcuno potesse mai pensare di essere "obbligato" a rimanere in un luogo lavorativo, in una relazione, in una qualsiasi condizione di infelicità o di prigionia, è una illusione.
Restare è sempre e comunque una scelta. Ed è nostra responsabilità esserne consapevoli.
E non caricare l'Altro, il Destino o il Mondo della colpa del mio immobilismo.
Io scelgo di restare. Io scelgo di andarmene.
Se siamo consapevoli di questo, possiamo smettere di disperdere energie conflittuali all'esterno e iniziare a lavorare sulla nostra "paura di essere felici", sui blocchi emotivi, sulla nostra poca autostima, sul terrore di perdere il controllo e di morire di abbandono. Sulla tendenza a fuggire dalla Verità.
Febbraio ci chiede Connessione.
Ma non alla realtà esterna.
A quella interiore.
E ci invita per l'ennesima volta ad essere responsabili del nostro Corpo fisico e psichico. Presenti, vivi e lucidi. E meno villani con noi stessi.
Meno lamentosi e insofferenti e più attivi, propositivi, impavidi.
Ma come faccio? Io non posso mica lasciare tutto e andarmene? Dove vado? Io sto male.
Non si tratta di come o cosa o dove. Si tratta di "riconoscere" che il nostro sistema è immaturo e incapace di proteggere noi stessi e di generare abbondanza.
Perché è ancora schiavo di un ruolo.
E ancora si identifica con i risvolti distruttivi di antichi schemi di relazione.
E se necessitiamo di aiuto, allora dobbiamo compiere quel passo coraggioso verso la soluzione.
"A me non serve. Io faccio da solo".
Di relazione ci si ammala e "nella relazione" si guarisce.
Il resto sono scuse. E negazione.
Il Nuovo siamo noi. Siamo sempre stati noi.
Se ne abbiamo il coraggio. Se ci sentiamo pronti. Se abbiamo davvero la voglia di "vedere", di entrare dentro alla Vita, di smetterla di trovare giustificazioni e scuse.
Poi, quando tutto trova risoluzione dentro, allora fuori non ci sono più ostacoli, ma solo opportunità.
Elevarsi, significa questo.
E non c'è momento più perfetto di questo.
Riappropriatevi della vostra Vita e iniziate a "scegliere".
E scegliete voi stessi, la vostra autenticità, il vostro immenso valore.
La mastodontica carica di Energia di compressione che percepite in questi giorni non è venuta per schiacciarvi, ma per risvegliare la vostra straordinaria Bellezza interiore. E con essa anche il vostro meraviglioso sorriso d'Amore.
Buon Lunedì. Movimenti nuovi all'orizzonte. Una nave carica di sorprese in arrivo.
Mirtilla Esmeralda
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inaspettami · 6 months
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"Sussurrami dolci bugie.
Dimmi che tornerò come prima, prima o poi.
Dimmi che sorriderò e lo dirò sul serio.
Dimmi che riderò di gusto finché non piangerò.
Dimmi che i miei occhi brilleranno e racconteranno storie in technicolor, piuttosto che in tutti i grigi nuvolosi.
Dimmi che non dovrò trattenere le lacrime in diversi momenti della giornata.
Dimmi che non sarò triste per ragioni sconosciute.
Dimmi che non starò sveglio fino alle 3 ogni notte e potrò dormire senza alcun aiuto.
Dimmi che potrò andare alle funzioni sociali e alle riunioni senza essere nervoso e ansioso.
Raccontami che i miei attacchi di panico che mi svegliano diventeranno un lontano ricordo.
Dimmi che sarò in grado di sostenere conversazioni senza che il mio cervello vada alla deriva.
Dimmi che riacquisterò la memoria a breve termine e smetterò di dimenticare così tante cose.
Dimmi che l'abisso in cui mi trovo non sarà un pozzo così vuoto.
Dimmi che la mia luce brillerà attraverso l'oscurità.
Dimmi che non avrò bisogno di tutte quelle medicine ogni giorno.
Dimmi che non rimarrò con lo sguardo assente, distanziandomi in modo casuale.
Dimmi che mi godrò di nuovo la vita.
Dimmi che arriverà un momento in cui smetterò di sentirmi come se stessi semplicemente affrontando e sopravvivendo alla giornata, fino al giorno successivo, solo per rifare tutto da capo.
Dimmi la verità... che sono forte come sono sempre stato. E che supererò tutto questo come ho affrontato altre cose nella mia vita da sopravvissuto più forte e più saggio.
Dimmi la verità... che ami TUTTO di me, anche le parti rotte che impiegheranno più tempo a rimettere insieme.
Dimmi la verità... che ami la mia luce accattivante e la mia oscurità che crea dipendenza. Che ami i miei colori vividi e tutti i miei tanti grigi.
Dimmi la verità... che sarai sempre lì per me, sia in una giornata soleggiata e tranquilla che in una forte tempesta di uragano.
Dimmi la verità... che non sarò mai solo ora che sei con me.
Sii la rassicurazione di cui ho bisogno. Sii calmo. Sii la mia forza e il mio sostegno. Sii il mio trampolino di lancio verso il recupero del mio vecchio io. Sii il mio conforto e il mio ascolto. Sii il tocco amorevole, sussurra e ringhia nel mio orecchio: ho bisogno di sentirmi amato, necessario, desiderato, desiderato e importante. Sii la voce dolce che dice che andrà tutto bene quando sto precipitando dentro di me urlando quando nessuno può sentire.
Dimmi quello che mi dici sempre... che posso essere il mio vero sé totale con te, vulnerabile e libero di essere il vero me senza pretese, facciata o giudizio. Tienimi forte la mano... ed esci dalle profondità dell'inferno in cui la mia testa e la mia anima si trovano da anni.
Fammi uscire dal tunnel oscuro della mia depressione e ansia, finché non vedremo altro che cieli luminosi e azzurri. Lasciandomi alle spalle quel me stesso e tornando dalla ragazza che ho sempre conosciuto. Alla ragazza con cui ti sei innamorato, la ragazza senza la quale non puoi vivere. La ragazza che non lascerai mai sola a combattere le sue battaglie. La ragazza per cui andrai in purgatorio finché non fuggirà dai paesaggi della sua incertezza e oscurità... e vivrà la vita felice che aveva conosciuto prima. Con te al centro."
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awesomebitchyuniverse · 5 months
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Forza Azzurri però intanto il binomio Chiesa-Olimpico tra i miei peggiori incubi
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books-loverss · 1 year
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me 1 hour ago to my flatmates: nono I'm not gonna watch the match, absolutely not
Me now: come on! How is it possible that you are playing like that?
E comunque FORZA ITALIA E FORZA AZZURRI
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luigidelia · 1 year
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Mi chiedo ancora se raccontare sia "spingere” o “arretrare". Per me, narratore, e uomo, è domanda cruciale. Come e dove nasce la frizione che può diventare emozione, brivido, spostamento? Da quale “dinamica”? Da una danza, forse, che tra avanzare, fermarsi, lasciare lo spazio ad altro, se va bene crea qualcosa nello spazio tra me e il pubblico. Che sia la storia, l'incanto, il rapimento o chissà cosa. Quando poi di fronte ho bambini e ragazzi la domanda è ancora più cruciale. Le parole, il corpo, l'energia in scena "toccano". E' un potere. E come lo usi, per dire cosa, è domanda non da poco. Se poi "tocchi" le emozioni sono convinto che bisognerebbe farsene mille di domande. Questi giorni ho viaggiato anche con "Tarzan ragazzo selvaggio". E' uno spettacolo con un'energia particolare. Diverso dagli altri, su questo non ho dubbi. Si apre con una scena viva e selvaggia di scimmie che rincorrono le loro prede, senza sconti, e poi lentamente sposta la camera su un bambino perso che quelle scimmie trovano nella foresta. Eravamo a Lucca. Mi avvertono prima di entrare in scena, Teatro del Giglio, che la sala è piena fino in alto e che ci sono bambini di diverse età. Decido allora di uscire a sala accesa per parlare con tutti prima. Lo faccio a volte, per prendere un contatto, creare un tempo di decompressione tra la sistemazione dei ragazzi, gli scuolabus, le faccende delle maestre e la storia. Avanzo in proscenio. Il mormorio diminuisce. Mi basta uno sguardo e capisco che servirà una grande energia. Ecco. Con Tarzan, poi. Sì, ma per cosa: per "spingere o arretrare". La domanda è chiara e tra adulti BISOGNA farsela senza scandalizzarsi. E' una questione cardine nel rapporto di forza tra adulti e minori. Bisognerebbe guardarla davvero questa domanda e le maestre in classe perderebbero molto meno la voce e le energie. Tornando alla sala: è piena. Quattrocento, credo ragazzi e ragazze, fino in galleria. Una bambina sulla sinistra comincia a gridare. Accanto a lei ci sono due maestre. Capisco che sono le sue insegnanti di sostegno. La bambina grida ancora. Forte. Il mormorio si accende di nuovo, gli altri ridono si agitano, come si farà a fare buio e raccontare in silenzio?, è la domanda che si fanno tutti. Cosa accadrà con il buio del racconto? Parlo a quella bambina allora, alle sue maestre, a tutti dicendo che qualcuno ha bisogno di noi oggi, al mio tecnico dicendo che il buio lo faremo molto piano, e parlo parlo ancora dicendo che mi batte il cuore, che ci "sfioreremo" e poi, molto probabilmente, non ci vedremo mai più, senza nessuna promessa, e che nulla ci farà del male in questa storia, di questo mi assumo io la responsabilità e che per il resto non so cosa accadrà ma sarà bello se starete con me. Faccio silenzio. La bambina non grida più. Va tutto bene, dico alle maestre, che intanto si chiedono se portarla fuori o meno. Va tutto bene, dico ancora. Possiamo cominciare. Il mio tecnico, Ciccio, fa buio molto lentamente. Salgo sulla pedana. Invoco un vuoto. Questo lo so. Forse è una preghiera. Comincio a raccontare. Per i primi dieci minuti racconto solo e soltanto a quella bambina, solo a lei su quattrocento. Lei non urla. A poco a poco tutti siamo nella storia. A fine spettacolo si fa luce. La bambina schizza in piedi. Ha gli occhi azzurri, corre sotto il palco, mi viene incontro. Grazie, le dico. Grazie. Le prendo la mano. Lei mi accarezza il piede nudo. Sono commosso. La guardo andare via. "Spingere” o “arretrare"? E' domanda cruciale.
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mynameis-gloria · 1 year
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Giovedì mattina: cieli azzurri, petit e marmellata, e la forza di andare in palestra.
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