Tumgik
#la vita picchia sotto la cintura
alchimia31 · 3 years
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E mentre tutto continuava a scorrere... il tempo, la pioggia, il mio amore...io ogni giorno mi sforzavo di ridere e cercavo di trovare una via d'uscita ai miei ricordi perché si sa a volte fa male ricordare...di aver sfiorato un sogno che era lì a un metro da te e ti sentivi così piena di amore,entusiasmo,caldo, sentivi la vita dentro di te accendersi e sapevi che avresti potuto affrontare qualsiasi cosa e sarebbe stato talmente bello, ti sentivi così sicura e felice di aver trovato la sola cosa di cui ti importava in tutto quel freddo... che a pensarci adesso poter continuare a vivere senza ti sembra così strano e senti talmente vuota che hai il rifiuto per tutto.Continui a lottare da sola in un modo che si dimentica sempre che tu esisti ma tu lo ricordi bene questo.E mentre tutto continua a scorrere... il tempo, la pioggia, il mio amore... a volte insieme scorrono anche le lacrime.
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abatelunare · 7 years
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Vortice di luce fra le stelle X
Gackeen robot magnetico
I 39 episodi che compongono Gackeen, robot magnetico (o meglio, Magune Robot Ga-Kin) raccontano un percorso di formazione. Che il pubblico, però, non è riuscito a vedere per intero, perché ne hanno interrotto la messa in onda a quota 26. La serie è stata terminata su videocassetta e DVD, dando una nuova voce a tutti personaggi, eccettuato uno. Il protagonista è Takeru (parola che in giapponese significa «eroe»), famoso e affermato karateka. Orfano, tanto per cambiare, di madre, lascia la casa dove abita con il padre, il signor Toru, un giapponese vecchio stampo, severo e inflessibile sensei di karate. Vuole diventare più forte di lui per dimostrargli che può fare a meno dei suoi insegnamenti e per rifarsi delle torture (di cui porta ancora i segni su petto e schiena) subite da ragazzino: «Non so perché, ma non sono andato mai d’accordo con papà. Sono stato io a voler andar via, è inutile nasconderlo. Forse proprio… sì, proprio per questo mi biasima, perché non mi adatto mai a fare quello che lui desidera […]. Non gli è mai importato niente, di me! L’unica cosa che suscita il suo interesse sono i suoi studi sulle arti marziali! […] Devo dimostrargli ad ogni costo che saprò diventare più forte di lui!Anche senza i suoi allenamenti!» Mica male, come ossessione. Ma sentiamo l’altra campana. Toru viene paragonato a un leone che alleva duramente i cuccioli. Vuole che il figlio diventi sempre più forte. Questa è la sua posizione: «Figlio mio, mi hai dato un immenso dolore. Nonostante ciò, ti porterò sempre nel mio cuore. Resterò qui ad aspettarti, sperando che al tuo ritorno sarai diventato un uomo vero, degno di questo nome. Di una cosa, però, sono sicuro: una volta a contatto con la vita, finalmente apprezzerai gli insegnamenti di tuo padre». A fare da cuscinetto in questa situazione è la dolce – forse troppo – Tokoe, sorella del protagonista. Sollecita di continuo la riappacificazione tra i due, impedita dall’orgoglio. Takeru possiede una dote innata: «è molto più resistente all’elettricità di qualsiasi altro». Questo attira l’attenzione del professor Kazuki, studioso lungimirante che da anni va sottoponendo la figlia Mai a una serie di indicibili sevizie. La fanciulla accetta ogni cosa senza lamentarsi, perché ha piena fiducia nelle ricerche del padre. Ormai lo sappiamo: Mi sacrifico per gli altri è il motto degli Eroi, uomini o donne che siano. Non si può fare altrimenti: è in gioco la sopravvivenza del genere umano, minacciata da una stirpe aliena, come spiegato in apertura del primo episodio: «Circa duecentomila anni fa, un popolo dello spazio cerco di conquistare la Terra: gli Azariti. Costoro cercarono di uccidere tutti gli esseri umani per creare il loro impero, ma le condizioni atmosferiche non si addicevano alla loro composizione, e questo fatto, che non permetteva loro di vivere sulla Terra, li costrinse a battere in ritirata. Ma ora, dopo duecentomila anni, hanno ripreso l’antico piano di invasione». Anche questi extraterrestri hanno bisogno di una nuova patria: il pianeta Azar, infatti, ha le ore contate. Hanno stabilito una testa di ponte nelle profondità marine, da cui portano i loro attacchi servendosi dei Mostri Sintetici, così descritti da Kazuki: «Sembra trattarsi di un corpo unico, formato da due creature viventi, cui è stata applicata una particolare energia per ingrandirlo». In altre parole, «due esseri ingranditi e sintetizzati in un sol corpo». Hanno tutti un aspetto stravagante: provate voi a incrociare un granchio con un polpo, o un mandrillo con un toro. Il risultato è quanto meno curioso. A capo delle forze d’invasione troviamo il Generale Brain, un tipo con un gigantesco testone verde. Ai suoi ordini, tre ministri: Radar Robot, un automa responsabile dei servizi segreti; Kokrow, una specie di mostro indefinibile, spesso in contrasto con i “colleghi”; Staffy, una donna con due tette così e la testa a forma di stella marina. Tutti e quattro rendono conto delle loro azioni a un fantomatico Imperatore che compare sotto forma di sagoma luminosa su un monitor. Kazuki spiega a Takeru che il suo aiuto è fondamentale. Senza di lui, sarebbe impossibile formare Gackeen, un robot magnetico basato sulla presenza di due piloti, l’Uomo Magnete Plus e l’Uomo Magnete Minus: «Più e meno, unendosi tra loro, formano un’energia immensa e aumentano così il loro potere in maniera formidabile». In questo caso, Takeru è Plus e Mai è Minus. Si trasformano grazie a un amplificatore magnetico che portano al polso, urlando rispettivamente Uomo magnete Plus! e Uomo magnete Minus!. Il ragazzo, con indosso una divisa rossa, sale a bordo di Plyzer, un piccolo robot dalla testa triangolare, i cui colori dominanti sono il rosso e il nero. La ragazza, invece, vestita di bianco e fucsia, siede alla guida di Mighty, altro piccolo robot dalla forma triangolare (sembra quasi avere la gonna), colorato di bianco e di rosa. I due automi hanno pochissime armi (quattro a testa) e non possono certo fare i miracoli. Per formare Gackeen, Takeru e Mai si lanciano fuori da Plyzer e Mighty al grido di: Plus Via! e Minus Via! Incrociano i polsi pronunciando all’unisono la formula: Croce d’incanto! Uomo magnete in un solo essere! I loro corpi si uniscono per formare una specie di solido prismatico che s’incastra nella “cintura” di Gackeen e ne costituisce il nucleo. I componenti del robottone sono lanciati dalla Divina Libertà, la super fortezza volante ideata da Kazuki (che indossa sempre una divisa bianca da Ammiraglio). Durante la battaglia, i comandi vocali delle singole armi vengono pronunciati da entrambi i piloti. Per assestare il colpo di grazia, il robottone afferra Plyzer e Mighty, ai quali si staccano le gambe, diventando così due razzi. È il Cambio di combinazione, cui segue a volte la Vampa Atomica o Gackeen a tutta forza (il robottone comincia a girare velocemente sul proprio asse e penetra attraverso il corpo del Mostro Sintetico, di solito più grande di lui). Le migliorie all’arsenale vengono apportate a partire dall’episodio numero 26. Tra esse segnaliamo: il Vessillo Tagliente, il Carro Armato Variant e le Ali Supersoniche. Il nemico non sta certo a guardare: i mostri messi in campo diventano sempre più forti e violenti. Circa Gackeen, occorre sottolineare che le azioni dei due piloti devono essere bilanciate. L’affiatamento è un requisito essenziale. Senza di esso, si può anche chiudere bottega: «Solo quando i vostri due cuori arderanno insieme come un’unica cosa, otterremo la vittoria». Takeru, però, è allergico al gioco di squadra. Kazuki lo inquadra con esattezza, dicendo di lui: «È vissuto sempre da solo. Non sa adattarsi a una vita in comune ed accettare il volere degli altri». All’inizio non vuole saperne: «Io ho già un grande ideale: battere mio padre e diventare un grande campione, perciò non voglio perdere tempo con i vostri Azariti». Combattere per la giustizia non gli interessa. Accetta di stabilirsi sulla Divina Libertà per un solo motivo: «Mi affascina tutto quello che mette alla prova le mie capacità. Penso che valga la pena lavorare con voi». Il professore, invece, insiste molto sull’importanza del lavoro di squadra: «Non puoi più agire per conto tuo. Ti devi impegnare a un’opera di continua collaborazione […] il concetto base del nostro lavoro è proprio la collaborazione». Il ragazzo non è d’accordo. Non obbedisce agli ordini e si getta nella mischia senza aspettare gli altri. È convinto che in un combattimento conti di più «la preparazione e l’intelligenza individuale. Dare tanta importanza al lavoro di squadra significa impedire l’azione dei più addestrati e dei più valorosi». Eppure è grazie alla collaborazione se duecentomila anni fa gli esseri umani hanno sconfitto gli Azariti, che dovettero rifugiarsi negli abissi marini: «Individualmente siamo piccoli come formiche, ma se ci uniamo in gruppo diventiamo formiche capaci di abbattere un elefante». L’eccessivo individualismo di Takeru mette in pericolo se stesso e i suoi compagni. Questo comportamento rende difficile la sua integrazione. È soprattutto con i tre membri della navicella Delivery che i rapporti sono più tesi. I maggiori contrasti sono con Hitoshi, un orfano che crede fermamente nella cooperazione: «Proprio perché provengo da un orfanotrofio conosco l’importanza del lavoro di gruppo e la necessità di combattere fianco a fianco». I due si punzecchiano spesso, arrivando anche alle mani. Ma anche Futoshi, il “ciccione” della situazione, non ha molta simpatia per lui, a differenza della pestifera sorellina Kaoru. Tensai, invece, il classico cervellone piccolo di statura e occhialuto, si limita a ignorarlo. Lo ignora, insomma. Ha altro da fare. Oltre che come uomo, Takeru deve crescere come combattente. Potremmo considerare questa serie come una sorta di Vademecum del Perfetto Guerriero. Vi ritroviamo i principi fondamentali del Bushidō e della filosofia Zen applicata alle arti marziali. La bravura, da sola, non basta. È un chiodo sul quale il signor Toru picchia tutte le volte che può: «Senza concentrazione di spirito, la bravura non serve»; «Bisogna avere un cuore capace di piegare lo spirito dell’avversario»; «La bravura, da sola, non basta: devi leggere cosa c’è nella mente del tuo avversario»; «Le qualità dell’animo vengono prima della bravura». La forza del figlio, sostiene, «non è genuina perché deve ancora sviluppare il potere della mente. Quando saprà conservare il suo equilibrio mentale anche nelle condizioni più avverse, sarà pronto». Il vero problema di Takeru, insomma, è la testa. Gli manca l’equilibrio della mente. Il vero guerriero, lo sappiamo, non deve farsi influenzare da nulla, specie dalle emozioni, soprattutto se sono negative («Il vero coraggio consiste nella capacità di liberarsi dei sentimenti personali»). Il padre insiste fino alla nausea: «Anche se la tua tecnica è buona, se non hai forza mentale non sei veramente un uomo delle arti marziali. Devi controllarti costantemente, non permettere mai a nessuno di dominarti e di prendere il sopravvento su di te». Sulla vicenda c’è poco da dire. Corre sul solito binario. Non accade moltissimo. Possiamo giusto segnalare che nell’episodio 35 il Comandante Brain scende in campo di persona e muore combattendo contro il Gackeen. In quello seguente, l’Imperatore Azarita si trasferisce sulla Terra. Durante la battaglia finale, com’era facile prevedere, i cattivi muoiono tutti. Il Gran Capo si trasforma addirittura in Mostro Sintetico. La conclusione lascia, però, insoddisfatti. Dà l’idea di una cosa sbrigativa, messa lì tanto per archiviare la pratica. Intuiamo che Takeru e Mai potrebbero pure fidanzarsi. E il padre si complimenta con il figlio, ma “a distanza”. Gackeen robot magnetico non è un anime particolarmente drammatico. Siamo, forse, appena sotto la media. La guerra contro gli Azariti è, comunque, un pretesto. Al centro c’è l’evoluzione spirituale di un ragazzo che impara il significato della parola collaborazione, smussando gli spigoli del proprio carattere. si guadagna l’affetto dei compagni, diventando un uomo maturo e responsabile. La serie è interessante anche per due “anomalie”. La prima è Kazuki, figura insolitamente pacata. Siamo stati abituati a sensei aggressivi, come il Capitano Dan di Danguard e il Dottor Barion di Vultus V, aguzzini specializzati in torture e supplizi di ogni tipo. A pensarci bene, però, tale funzione è egregiamente espletata dal padre del protagonista. Mai è la seconda. Sappiamo che le donne non fanno mai una grande figura, nelle serie robotiche. O se ne stanno in disparte, o rischiano la vita alla guida di robot del tutto innocui. Il loro contributo alla missione è trascurabile. Devono solo cacciarsi nei guai per farsi salvare dall’Eroe. Lei non è così. Combatte in prima linea, sebbene in “coabitazione”. Per la prima volta, una donna è sullo stesso piano del protagonista. Anzi, dal punto di vista “morale” – o etico – gli è addirittura superiore.
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gininumber-blog · 7 years
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Papà in mocassini
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Ho fatto la rappresentante dei genitori a scuola di mio figlio grande per un anno, il primo della scuola dell'infanzia. Oltre a essere stata occasione per innumerevoli “sole” e incazzature, mi ha permesso di conoscere un po' tutti i genitori dei compagni di mio figlio. Che è poi il motivo per cui mi sono sobbarcata questo onere. Credo di avere scambiato due parole con tutti i genitori, o almeno li ho intravisti in qualche occasione. Tutti tranne uno. Non lo avevo mai visto. Ne avevo tanto sentito parlare, perché pare sia un medico di fama, qui in città. Ero curiosa di sapere che tipo fosse, perché ha una moglie impeccabile, rigorosamente firmata dalla testa ai piedi e, nonostante non lavori (e abbia come minimo 3 “assistenti domestiche”), arriva sempre trafelata a prendere il figlio, “perché ha tante cose da fare” - conosci il tipo? Tante cose, immagino, come andare dall'estetista o farsi rivisitare l'armadio dalla personal shopper. Insomma, ad una festa esclusiva, alla quale eravamo stati invitati solo in pochi fortunati figli e genitori, lo vedo, finalmente, dopo un anno che suo figlio picchia e ricopre di insulti a scuola mio figlio. Algido, fisico asciutto, abbronzatissimo (ma quello lo ero anche io, per fortuna, era il mese di settembre!), pantaloni a sigaretta, cintura firmata e... immancabili mocassini, coordinati con quelli del figlio. Non ha detto una parola, ma dalla sua faccia scazzata e con espressione lievemente sarcastica ho capito che era un rappresentante della categoria dei “ti faccio un favore a stare nella stessa stanza con te, tu che sei una pezzente”. Davvero incagabile. Ho fatto tutto il liceo in una scuola strapopolata da questi individui e li so riconoscere ad un chilometro di distanza. Altro che puzza sotto il naso, questo aveva un tubo di scappamento di un tir appiccicato alle narici. Ovviamente non ha salutato, ha fatto finta di non vedermi, e quando io ho detto, maliziosa, a sua moglie: “ma lui è tuo marito? Non lo avevo mai visto!”, lei si è affrettata, per etichetta, a presentarmelo. “Tizio”. “Caio”. Stop. Non ha detto una parola. Mio marito, che si è presentato alla festa esclusiva con bermuda bracaloni da ragazzino in versione super-sdrucita e maglietta fluo no logo (le differenze...), mi ha detto più tardi di aver provato a scambiare due parole con l’individuo, ricevendo la stessa reazione monolitica. Forse il padre del bambino che prende a calci mio figlio è un automa? Mah, non credo che riuscirò mai a saperne di più. Le fortune vere, come quelle di respirare la stessa aria del papà in mocassini, si sa, capitano una volta sola nella vita.
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alchimia31 · 3 years
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