Non fu capace di descrivere a una sua amica il sapore che sembrava conoscere lui soltanto, e che solo a parlarne gli provocava un terrore nuovo, un terrore massiccio. Diverso dalle paure per fantasmi, fantasmini e demoni. Era il terrore del panico.
“Come quando mangi una crosta di formaggio. Ma non è questione di puzza, piuttosto di consistenza. Pungeva, aveva l’unto del formaggio ma non il grasso. Unto vecchio.”
Fu investito dal ricordo del panico in purezza, che più volte gli strinse la gola.
C’erano altri particolari dell'incontro con Myo che lo tormentavano.
Su tutti il chiostro di un presunto monastero dove aspettava, sempre puntuale agli appuntamenti.
Luogo d'incontro stabilito era la corte interna di Palazzo Ghiozzi, e tutta la mattinata aveva chiesto indicazioni che lo avevano condotto al porticato che circondava il giardinetto di un presunto monastero, forse, certo non si trattava della corte interna di Palazzo Ghiozzi.
All’ora di pranzo Ancelo, ancora in attesa, aveva deciso di ordinare almeno una ciotola di riso senza badare troppo alle buone maniere.
La busta consegnata dal rider gocciolava, e questo fatto lo aveva costretto a ingurgitare il pasto in piedi sull’erba del giardino in mezzo al presunto monastero.
Dentro la ciotola una montagnetta di riso faceva da coperta a delle cozze nerissime, tutte chiuse, e in fondo un pezzetto bucherellato di crosta.
Mentre portava alle labbra la seconda cucchiaiata aveva incrociato con lo sguardo un monaco sbucato da una porticina del chiostro del presunto monastero e gli aveva chiesto subito dove si trovasse. La barba gli aveva risposto con sua grande sorpresa che “Solo i turisti bestia non sanno che questa è la bellissima corte interna di Palazzo Ghiozzi”.
“Ma io Palazzo Ghiozzi l’ho visitato mille volte, e questa non è la sua corte interna, abbiate pazienza padre, o papà, frate. Insomma abbiate pazienza, ma questa non è la corte interna.
MYO! Eccoti qua. Grazie per l’appuntamento.”
Myo si era palesata con una insolita velocità di gambe, almeno per lui. Sembrava avere una una certa fretta.
Dopo aver salutato porgendo una mano fiacca aveva cominciato a parlare tenendo gli occhi fissi su una mappa appesa a un muro.
“Che fai, mangi? Ci vogliono almeno 55-50 mila eh, anche 60. Sono tanti.”
“Eh sono tanti. Che conti ti sei fatta?”
“Fidati 55-60. Vediamo però, vediamo. In settimana. O la prossima, ti aggiorno. Qualcosa, in caso, si può fare. Devo parlarne con tutti. Non oggi. Oppure, se vuoi, aspetta ancora qui. Mangia pure, non ti devi vergognare. Mangia.”
Indeciso se rimanere e mostrarsi insistente, o andarsene e spazzare via qualsiasi dubbio sulla sua scarsa serietà, Ancelo era tornato al cibo e con le dita aveva afferrato la crosta per addentarla. E subito la nausea lo aveva invaso.
Si risvegliò con una forte voglia di vomitare che nemmeno l'acqua riusciva a placare.
È lo schifo che ha attraversato la parete, lo schifo per i cibi invecchiati male e le attese prolungate senza riguardo; lo schifo per le scadenze.
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onirism
refers to a mental state in which visual hallucinations occur while fully awake.
such as REM
but is more often associated with drug abuse
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