Tumgik
#perché voglio lavorare nella ristorazione
gcorvetti · 1 year
Text
Ultimo mese.
Anche quest'anno immancabilmente arriva Dicembre che porta neve, freddo, il natale e la fine dell'anno, giusto per dare una cronologia alla vita si calcola il tempo che per il resto non serve a molto, almeno a me che oramai vivo fuori dai giochetti tipo "Mi devo alzare che arrivo tardi a lavoro, mi dovrei fare la barba, la doccia per poi sudare come un capriolo d'estate quando si arrampica", cose del genere. Per il freddo non ci si può fare niente prima o poi arriva, il natale lo odio sia per l'ipocrisia che gira sia per il fattore religioso che per il consumismo, infatti non lo festeggio.
Ma questo mese è di buon auspicio per il mio futuro, infatti dal primo ho iniziato un corso di Marketing che finirà il 29 con un esame, non mi importa se lo passo o meno la cosa importante è imparare le basi di questo aspetto che in realtà mi mancava e che trovo un punto focale di questo momento della mia vita, perché non voglio più dipendere da qualcuno, cioè lavorare da dipendente e sorbirmi le angherie dei colleghi e dei manager senza poter minimamente sperare di salire di grado, l'esempio è nella ristorazione ho lavorato più di 20 anni in tutte le posizioni e in alcuni locali ho lavorato più di due anni e a nessuno è venuto in mente di darmi una minima responsabilità di un settore, sempre per esempio, anzi quando c'era l'occasione di darmi un pò di spazio mi saltavano anche se la situazione era estrema, per fare un solo esempio un sabato in un ristorante non sapevano chi poteva chiudere e qualcuno fece il mio nome, li ascoltavo con l'orecchio teso perché loro pensavano che io non li capissi, fatto sta che un paio di loro hanno detto no perché per quello che loro avevano capito di me non sono capace, oppure sono troppo capace e gli ruberei la promozione; fatto sta che quel sabato è arrivato sto tizio per chiudere ubriaco fradicio e alla fine delle pulizie io mi sono cambiato e sono andato via nonostante il tizio mi avesse chiesto di dargli supporto, risposta mia :"Hanno detto a te di chiudere, io vado a casa", mi ha guardato come per dirmi "Cazzo come faccio?", non rispose e alzai i tacchi. La ristorazione mi piaceva, una volta, da quando sono qua ho iniziato ad odiarla forse perché sta gente non è affatto propensa a fare integrare gli stranieri, li fanno sfigurare.
Va bè dopo questa breve storiella posso dire che i primi due giorni del corso, che è basato su materiale online (video e pdf), sono andati bene, il corso parte con farti fare un auto analisi per vedere se la tua vita è a bolla e così puoi anche prenderti cura dei tuoi affari, beh diciamo che sono a buon punto e che continuando così dovrei fare questo passo in avanti senza difficoltà, il tutto serve a promuovere i miei prodotti giochi e stampe 3D e la musica. Ho finalmente toccato la chitarra in questi due giorni, devo dire che nonostante tutto la mano mi fa un pò di male dopo una mezz'ora che suono, ma penso che piano piano posso riprendere e riuscire a sorvolare questo ostacolo, sperando che la tendinite non torni.
Avanti tutta.
1 note · View note
massimolanzi · 2 years
Photo
Tumblr media
Si è fatto è si continua a fare un gran parlare della difficoltà di trovare operai, stagionali e lavoratori nella ristorazione perché i giovani (mai categoria fu più vaga nel nostro paese) "non hanno voglia di lavorare" "non vogliono rinunciare ai weekend" "preferiscono il reddito di cittadinanza" "non voglio fare la gavetta" "pensano solo allo stipendio (ma tu guarda)" . Quasi sempre queste recriminazioni vengono a fronte di offerte di lavoro con compensi ridicoli s non offensivi e con richieste ai limiti della schiavitù. Ora vi do un consiglio non richiesto: andate a vedete cosa succede negli studi professionali di tutta italia. Migliaia di professionistə lavorano come muli per 10/12 ore al giorno in cambio di mille euro al mese o anche meno, come nell'annuncio del post, ma tutto questo va bene perché sono "liberi professionisti" e invece no. Perché le partite Iva sono FINTE aperte perché costrettə dai titolari in modo da scaricare sui DIPENDENTI i loro rischi d'impresa. Io stesso ho lavorato così per 10 anni calpestando la mia professionalità, la mia formazione e, spesso, la mia dignità per 12 ore al giorno, lavorando anche di notte, di domenica, a Natale per mille euro al mese (quando arrivavano). E vi posso garantire che 100 euro al mese per una partita IVA vogliono dire lavorare gratis. Fortunatamente negli ultimi tempi il fenomeno viene denunciato da più parti e un lavoro enorme sta facendo il gruppo di @riordinodegliarchitetti (per il settore che conosco), ma bisogna continuare e superare il rumore che fa chi si lamenta semplicemente per garantire il proprio privilegio. Perché la dignità del lavoro è del lavoro di tutti. #fintepartiteiva #professionisti #studiprofessionali #riordinedegliarchitetti #redditodicittadinanza #dignitadellavoro (presso Rome, Italy) https://www.instagram.com/p/CfQlzDSMX5q/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
mucillo · 3 years
Text
"Ristoratori, se non trovate camerieri è perché non pagate abbastanza"
di Ilaria Betti 23/06/2021) nextquotidiano.it
Jacopo Ricci, chef a Frascati: "Io offro un contratto con tredicesima e quattordicesima comprese e non ho problemi a trovare personale"
Tumblr media
JACOPO RICCI:
“Se non trovi i camerieri è perché non li paghi abbastanza”. Entra a gamba tesa nel dibattito sulla penuria del personale nel settore della ristorazione, Jacopo Ricci, chef e co-titolare del ristorante “Dopo Lavoro Ricreativo” a Frascati. “Io non ho avuto difficoltà a reperire le risorse - ci racconta -. Se offri un contratto con tutti i contributi, tredicesima e quattordicesima comprese, non avrai problemi a trovare gente che voglia lavorare per te”. Non è colpa delle nuove generazioni ‘sfaticate’, insomma: “La pandemia ha fatto venire a galla un sistema malato da anni. Un giorno è venuta da noi una ragazza, si è proposta come cameriera. Le ho offerto un contratto, è rimasta a bocca aperta. È un cane che si morde la coda: l’imprenditore offre poco, il lavoratore accetta svalutandosi. Ma qualcosa sta cambiando: la gente oggi preferisce un sussidio statale a una forma di schiavismo moderna”.
Sono introvabili 150mila tra camerieri, cuochi e barman, così come i bagnini e gli altri stagionali che lavorano nel turismo. Ma non c’è da stupirsi, secondo Jacopo Ricci. “Sembra che il mondo della ristorazione o, più in generale, il settore turistico abbia dimenticato una regola di base, ovvero che ad un tot di ore lavorate corrisponda un determinato salario. Siamo vittime della narrazione tossica del ‘chi è bravo lavora tante ore’, del cuoco eroe che si fa turni di 12 ore, del cameriere che lavora sette giorni su sette senza riposo. Gli stagionali, nelle spiagge, negli alberghi, fanno turni massacranti anche per 3-4 euro all’ora. Il surplus di lavoro è troppo spesso invisibile e non retribuito”.
Ristorazione e accoglienza sono ambiti che registrano irregolarità superiori al 70 per cento. Ma c’è anche chi cerca di fare le cose “fatte bene”, investendo sul personale. “Oggi in Italia c’è la retorica malata del ‘veniamoci incontro’, del ‘siamo tutti sulla stessa barca’, del ‘chiudiamo un occhio’, del ‘ci vuole flessibilità’. L’imprenditore non investe sul dipendente e il dipendente, da parte sua, tende a svalutarsi. La ragazza a cui ho offerto il contratto si aspettava di prendere 400 euro al mese perché era questa la media che le era stata offerta in altri ristoranti in cui aveva lavorato (senza contratto). Io le ho proposto una cifra onesta: da me si lavora sei ore al giorno per sei giorni alla settimana, non di più, sono molto rigido sul fatto che ognuno debba rispettare il proprio orario lavorativo, senza andare oltre. I dipendenti prendono tredicesima e quattordicesima e si dividono gli utili tra lo staff. Nulla di eccelso, credo semplicemente che sia opportuno offrire a chi fa questo lavoro la giusta ricompensa e le giuste tutele. Il problema è che quello che dovrebbe essere scontato viene accolto con sorpresa proprio perché non così comune”. 
Offrire un contratto serio è funzionale anche alla fidelizzazione del dipendente, un fattore non trascurabile per il successo di un locale. “I datori di lavoro si lamentano perché il personale ‘scappa’ non appena si presenta un’occasione migliore. Ma se tu a quel dipendente dici ‘lavorerai 7 giorni su 7, ti darò 800 euro al massimo perché, sai, c’è la crisi’, tu quel dipendente prima o poi lo perdi o comunque non lo incentivi a restare. Se, invece, su di lui investi, se lo paghi adeguatamente, se gli offri una prospettiva di crescita, vedrai che non ti lascerà a piedi. Quando ho aperto la mia attività ho parlato con un consulente del lavoro. Mi ha prospettato la possibilità di fare stage, tirocini: insomma, scorciatoie per pagare meno contributi per i dipendenti. Io mi sono opposto: qui abbiamo tra i 38 e i 20 anni, voglio che tutti abbiano un contratto che li tuteli in pieno, voglio che possano investire su loro stessi, che possano chiedere un prestito, un mutuo. Il lavoro nobilita l’uomo solo quando gli restituisce dignità, quando non è degradante, quando non si trasforma in schiavismo”. 
Ma perché nessuno vuole più fare il cameriere? Non è affatto un mestiere di serie B. Piuttosto a renderlo poco appetibile è il trattamento svilente riservato dai datori di lavoro. Eppure c’è un esercito di giovani là fuori che studia per svolgere questa professione: “Ci sono tanti ragazzi che sognano di diventare caposala, che frequentano scuole, che prendono diplomi da sommelier, imparano le lingue. C’è differenza tra un portapiatti e chi per questo lavoro ha studiato, fatto corsi, si è formato sul campo. Il cameriere bravo è colui che invoglia il cliente, conosce il prodotto, è quello che fa fare l’incasso. Perché il cameriere deve lavare il bagno? Io non mi sognerei mai di chiedere ad un professore universitario di sistemare la presa rotta del proiettore. Lo stesso trattamento deve essere riservato a questa figura”. 
Baristi, camerieri, cuochi che non si trovano: contro il lavoro, stagionale e non, retribuito con stipendi da fame si stanno sollevando i primi no. Che stia cambiando qualcosa? Secondo Jacopo Ricci, la pandemia ha squarciato il velo: “I lavoratori non sono più educati a dire ‘io lavoro, io devo essere retribuito’. La retorica di accontentarsi, di accettare tutto è sbagliata, ma è radicata. La pandemia ha avuto il merito di accendere la miccia della rabbia: i lavoratori hanno visto che a pagare la crisi nella maggior parte dei casi non sono gli imprenditori, ma i dipendenti, soprattutto quelli in nero, che neanche hanno potuto percepire i sussidi. C’è bisogno di un cambio di mentalità: i lavoratori non dovrebbero più sottostare ai ricatti morali del tipo ‘ti posso dare solo 600 euro al mese, prendere o lasciare’, e gli imprenditori, da parte loro, dovrebbero farsi un piccolo esame di coscienza. Perché si troverà sempre quella persona disperata che deve dare da mangiare alla famiglia disposta a spaccarsi la schiena per 400 euro al mese, che preferisce lavorare al ristorante piuttosto che andare alla Caritas. Ma non è socialmente accettabile. Se tutti rifiutassero queste offerte indecenti, i ristoratori si ritroverebbero senza dipendenti e sarebbero costretti a chiudere e a capire finalmente la loro importanza. Perché senza dipendenti non c’è ricchezza, perché sono loro che la producono, sono loro le risorse da valorizzare e da ‘trattenere’”. 
Elementare,vero Briatore e Santanche'
5 notes · View notes
Text
1° giugno 2020
Non vi capita mai di avere un vuoto di tensione quando, in realtà, dovreste avere un attacco cardiaco al minuto per l'ansia?.
Ecco a me sta capitando proprio così. 
Fra esattamente 16 giorni, poco più di due settimane, avrò l'esame di maturità.E dovrei studiare come una dannata, fare ricerche, avere delle nottate in bianco micidiali etc etc, invece no. Sto cercando di godermi la vita di casa al massimo e per la scuola dedico giusto quelle ore necessarie per studiare con decenza.Tutto al più mi inizierò a preoccupare 48 ore prima dell'esame come accade da 5 anni a sta parte con una qualsiasi interrogazione.
 Per ora è confermata la maturità in loco, ossia a scuola, dopo 111 giorni, ossia dopo 3 mesi e mezzo, si ritornerà in quel minuto luogo che conserva tantissimi ricordi di tantissime persone.
Non sono mai stata il tipo da "oddio non voglio finire il liceo perché è il miglior momento di tutta la mia vita" ma nemmeno "voglio dar fuoco a questo edificio"; per il semplice motivo che per me tutto ciò che si fa nella propria vita ha un valore e un certo significato, sia positivo sia negativo. Da maturanda ho una chicca per voi: quest'anno è stato indimenticabile, nonostante non sia stato così per delle baggianate fatte con le mie amiche, per delle gioie passate o altro, ma proprio perché questo diavolo di virus ha resettato qualsiasi tipo di contatto umano e sociale, ha resettato una società giovane che ora ha una responsabilità sulle spalle che pochi riescono a sostenere, perché siamo disinformati, siamo sciocchi e non abbiamo in mente alcun tipo di valore trasmesso dai nostri educatori. Ho avuto modo, in questa quarantena, di informarmi meglio sulla società degli anni 70-80-90, punk abbestia, illegal rave, i paninari, i metallari etc etc: è stato abbastanza devastante perché quella società precedente, che ora noi chiamiamo generazione x/y e che ora hanno dai 30 ai 50 anni, sono i nostri genitori, persone che ora provano a farci vedere il mondo sotto il loro punto di vista che, come era sballato nel loro fior di gioventù, è sballato tutt'ora. ma, purtroppo, sono anche quelli che ci dicono "siete la nostra salvezza", "i giovani debbono tirare su il paese", tutte parole bellissime, ricche di progressione e di un light-patriottismo, ma come facciamo noi giovani a ricostruire un paese se non sappiamo nemmeno camminare?Osserviamoci in torno, dopo il lockdown, le generazioni nominate prima non ci hanno dato un buon esempio su come aiutare il paese, ma nemmeno durante la quarantena, come possiamo noi, partendo dal nulla, aiutarvi? non è ammissibile darci una responsabilità se nemmeno si sa come gestirla.Altro punto e termino la discussione: molti di noi progettano la loro vita universitaria, perché si sa da sempre, la laurea serve anche per diventare lava piatti, e non manca la manodopera giovanile, non manca l'impegno e la responsabilità nel mondo dei giovani, conosco moltissimi coetanei che vorrebbero abbandonare la vita universitaria per iniziare a lavorare e ad impegnarsi in questo mondo, purtroppo c'è una carenza dalla vostra parte, che non sono mai riuscita a spiegarmi, volete il giovane competente, di bella presenza, con due lauree in marketing e 200 anni di esperienza. Ora spiegatemi dove vado a fare esperienza se in qualsiasi attività, dalla ristorazione al negozio d'abbigliamento, richiedono almeno 1 anno di esperienza.Non pretendete poi che i giovani non stiano a casa a demoralizzarsi.Consiglio per coloro che leggono ed hanno un'attività, vi diamo il curriculum apposta per poter valutare il nostro "vissuto", se non vi fidate delle capacità cognitive del candidato almeno provate a dargli un giorno di tutor e un giorno di prova, ora come ora, non ci perdete proprio nulla.
0 notes