Tumgik
#porg-lo
yomersapiens · 2 months
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La pizzeria è gremita e i tavoli sono occupati da precoci coppiette giunte ben prima dell'ora più consona alla cena, forse per finire velocemente e correre in casa ad accoppiarsi. O forse perché vivo a Vienna e qua cenano quando i comuni mortali normalmente fanno merenda. Inutile che sfotto, se sono entrato in pizzeria a quest'ora è perché pure io sto morendo di fame. Conosco la capo sala, ha letto il mio libro e dato che mi saluta ancora devo dedurre che non le ha fatto schifo. Le chiedo se posso mettermi al bancone, sono da solo, fuori fa freddo e ho fame, che mi basta una margherita e me ne vado. Annuisce e i suoi occhi si fanno compassionevoli. Non faccio in tempo a sedermi che il ragazzo al bancone, notando la mia condizone solitaria, mi porge una birra che non avevo ordinato. Mi sorprendo e dico che ci deve essere stato un errore, che ancora non ho chiesto nulla. Mi risponde che fa lui, posso stare tranquillo. Io desideravo una coca-cola e ora mi tocca bere una birra offerta accidenti. C'è una seggiola di fianco a me con una giacca poggiata, la proprietaria mi chiede se desidero che la sposti, le dico che non serve, tanto non arriva nessuno. Mi sorride e torna a limonare con un barbuto uomo di quasi due metri. Più passa il tempo più gli alti mi stanno sul cazzo e vorrei segargli le gambe mentre dormono. Poi mi ricordo di essere sopra la media in Italia (e anche in Sud America) e torno a concentrarmi sulla sala. Ci sono davvero solo coppie, uscite per festeggiare la ricorrenza amorosa. Noto con piacere un cospicuo numero di tavoli occupati da persone dello stesso sesso che si tengono per mano. Sorrido per loro. Che belli che siete, godetevi questo momento, vi lascerete anche voi, non temete. Il volume della musica è troppo alto, decido di mettere le cuffiette e ascoltare qualcosa di diverso, un concerto per orchestra a tema videogiochi giapponesi, tanto sono da solo, non devo interloquire con nessuno. Mentre divoro la mia margherita penso a San Valentino. Al fatto che come festa non serva a molto, a meno che tu non abbia 16 anni e bisogno di un pretesto per scopare. Ma è utile per chi come me la vede come un post-it, messo per ricordardati di essere grato a chi ti vuole bene. Anche se non te lo meriti perché fai schifo come essere umano. Anche se dovresti ricordartelo ogni giorno ma tra una cosa e l'altra ti passa per la testa e allora eccoti una data. Una volta all'anno, fai sto sforzo e scrivi a chi ti vuole bene, scrivi quanto ti ritieni fortunato ad avere qualcuno che ti sopporta. Servono a questo le feste. Natale per ricordarti di ringraziare la famiglia. Il compleanno per ricordarti dell'esistenza di qualcuno. L'onomastico per ricordarti pure come si chiama. Ferragosto per ricordarti che l'estate sta finendo. Pasqua boh, non lo so, per ricordarti che è possibile uccidere una divinità forse. Finisco la pizza e mi arriva un'altra birra che ancora non ho ordinato. Mi giro in sala per capire a chi ho fatto pena stavolta. Nessuno mi guarda. La finisco contro la mia volontà e mi dirigo a pagare il conto. Mi viene detto dalla capo sala che oramai faccio parte della famiglia, che posso considerarmi un cugino acquisito e che quindi mi basta darle la metà della metà di quello che avrei dovuto dare. Quanto adoro fare pena. È il mio superpotere. Birra gratis, pizza scontata e posso andare a letto con la pancia piena. Una coppia mi avrà notato e ora sarà nata una discussione, prima di fare l'amore. "Tesoro, voglio adottare un triste italiano solitario, hai visto quanto era carino mentre mangiava la sua pizza, starebbe così bene con il nostro arredamento". Qualcun altro avrà girato un video che diventerà virale su tiktok e dove magari vengo insultato. Poco mi interessa. Torno a casa dal mio gatto, gli dico che lo amo e che sono grato ci sia lui a volermi bene. Lui, per tutta risposta, vomita sul tappeto. L'amore è un linguaggio variopinto e maleodorante talvolta.
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falcemartello · 7 months
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Una donna nera e una bambina cinese con la mascherina entrano in un Carrefour.
La bambina prende un pacco di insetti fritti e lo mette nel carrello.
La mamma paga la spesa passando la mano sul lettore QR.
Le due salgono nella macchina elettrica e tornano a casa, dove passano il pomeriggio a guardare Netflix. Suona il citofono.
La bambina scende e va incontro a una donna con i capelli rasati e il piercing al naso.
Abbracciandola le porge il pacco di insetti.
"Questo te lo manda il Genitore 1." La donna risponde: "sono un cavallo ora, piccola fascista." Le due si allontanano su un monopattino. Fine.
Fanpage: "lo spot che tutti aspettavamo!"
Matteo Brandi
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sophie-blanceur · 5 months
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Se te lo porge la persona giusta,
c'è più erotismo in un cucchiaio di marmellata
che in una giarrettiera.
Cit.
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belladecasa · 4 months
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Le dinamiche dell’ufficio sono sempre più grottesche confermo tutti i pregiudizi sugli uffici pubblici (anche se me ne hanno raccontate di assurde anche in quelli privati). Ieri vado a lavorare e cerco di arrabattarmi con Alessandro stagista su alcune pratiche con intermezzi di pause sigaretta in cui lui replica la sua personale galanteria di aprirmi le porte e togliermi il cappotto ecc. in tutto ciò io ovviamente totalmente imbarazzata accetto un po’ disorientata un po’ lusingata. Il peggio avviene quando la referente del progetto Agostina che è una pazza egomane fissata con le borse di lusso senza alcun tipo di filtro ha osservato: scusate voi due perché non vi fidanzate che vi piacciono le stesse cose pesanti? Andate insieme ai musei. E un’altra: beh qui abbiamo avuto tanti ragazzi giovani ma stranamente non si è innamorato nessuno sarebbe bello. Noi vbb imbarazzati (io viola e sudata) la buttiamo sul sarcasmo finché lei cambia argomento e si mette a parlare di vestiti di Elisabetta Franchi, con me che denigro le sue politiche aziendali e l’estetica dei suoi prodotti. Riporto poi frammenti dalle conversazioni emerse durante la giornata:
- Scusate ma lei *nota donna ricca e altezzosa nella mia città* non è quella che il marito si metteva gli ovuli di cocaina nel culo? Ecco perché c’hanno la casa a Cortina
- Si ma che ce magnamo quindi domani alla cena??
- Quanto siete cariniiiii scusa Sofia non ti piace Alessandro?? È un bravo ragazzo lui mi ha detto che tu sei carina e anche molto intelligente
- Vabbè facciamo un po’ de arista
- Du salsicce…..
- Claudia deve fare una ricerca su un animale a scelta che vive nella tundra, la taiga e ambienti polari Sofia scusa perché non gliela fai tu che ti piacciono ste cose pesanti?
- No vabbè io allora domani vengo basta che non me fate cucinà me magno pure la minestrina col dado
- Mi madre sta male dice che vomita e io j’ho detto a ma’ io che te devo fa? Mettite la supposta
- *Nome di tizia a me ignota* mi ha detto che se ti metti i calzini immersi nell’aceto ti scende la febbre
*il povero Alessandro saluta e fa per andarsene*
Agostina: Alessandro scusa ma non glielo hai chiesto il numero???
Io: 🌚😶‍🌫️😵‍💫🫠😢🥵🤯🫣👹
Lui: vabbè Agostì non mi sembrava il caso così
Agostina: Dai daglieloooo magari non la rivedi piuuu
Io: Agostina dobbiamo tornare a lavorare insieme dal 2
Il poro Alessandro: lo vuoi scrivere? *mi porge il suo telefono degli anni Trenta perché non ha uno smartphone social nulla*
*scrivo numero sentendomi morire dall’imbarazzo*
*il poro Alessandro esce*
Fine (no vbb nel pomeriggio ho avuto un attacco s’ansia fortissimo e sono praticamente scappata dalla Prefettura perché mi sentivo mancare l’aria e mi sono sparata un bel Tavor)
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tinxanax · 1 year
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Ho fatto la spesa ad uno sconosciuto.
Sta mattina, mentre andavo a lavoro, passo davanti al solito supermercato. Fuori stava un signore a fare l’elemosina con un cartello. “Non ho soldi, a casa ho una figlia di 5 anni, mia moglie mi ha lasciato.” Mi chino per salutarlo, tiro fuori il portafoglio per lasciargli della moneta. Non ne avevo. Rimango immobile per un secondo, perché ero convinta di esserne piena, lui alza le spalle sorridendo come a dire “non importa, tranquilla”. Ci penso un istante, e decido di invitarlo a entrare con me nel supermercato. Tiro fuori 20 euro, “sono tuoi, li spendiamo insieme adesso”. Mamma mi ha insegnato che chi fa l’elemosina, potrebbe farla per la droga, quindi meglio dargli poco, o offrirgli direttamente del cibo. Prende varie cose. Latte, cereali, biscotti, pasta, pomodoro etc… mentre facciamo la spesa vuole chiacchierare, mi sento un po’ in difficoltà perché lui parlava prevalentemente inglese e il mio inglese era abbastanza scadente, ma mi fa addirittura i complimenti dicendo che anche se parlo un inglese molto basilare, ho un ottima pronuncia.. chissà!Andiamo a pagare, alla cassa ci danno il resto, una cosa tipo tra i 4 e i 5 euro. La cassiera li da a lui, lui li porge a me. “Sono tuoi questi, graziie della spesa”. Lo porto nel bar accanto e do quei soldi al barista, chiedendogli di dare quanto possibile con quei soldi per fare la colazione al signore. Ci salutiamo, ritorno sulla strada per andare a lavoro. Mi ha fatto sentire bene fare questa cosa. Mi ha fatto sentire proprio bene.
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fatticurare · 7 months
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https://x.com/La_Piera7/status/1703641210110255243?s=20
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Zelensky riceve i rabbini di Chabad Lubavitch, una delle sette sioniste più potenti e pericolose al mondo. I Lubavitcher sono gli stessi ai quali Giorgia Meloni ha reso omaggio lo scorso anno durante la cerimonia dell'Hannukah e sono gli stessi ai quali ogni presidente del Consiglio porge omaggio ogni qual volta entra a palazzo Chigi. L'alleanza tra la lobby sionista e il regime nazista di Kiev è sotto gli occhi di tutti.
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fenicenera83 · 8 months
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MARIUS de ROMANUS APPRECIATION WEEK DAY 5
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Author's Note: Today I want to post in my native language, Italian. I hope you will forgive me, but these days I am very tired and felt overwhelmed. Writing in my native language helps me to recharge. I have been wanting to write something in Italian for the chronicles fandom for a long time.The English version is below - Thanks!
Un caro amico -
In quella notte appesantita da nuvole scure, sulla città di Firenze, non splendeva la luna, e le stelle erano un lontano riflesso avvolto nel tepore di quelle nubi scure. L'aria era opprimente e a poco serviva sperare nella brezza notturna, tutto era fermo, come prosciugato dell'esistenza. Marius, con passo deciso, si stava avvicinando alla bottega di quello che ormai era diventato per lui, un grande amico. Le suole dei suoi stivali rimbombarono nei vicoletti di pietra, Marius non se ne curò, amava fare le cose come se fosse ancora umano. Quell'epoca in cui si era risvegliato era piena di una bellezza carnale ed umana, di un mondo che metteva al centro l'uomo e il suo intelletto, la bellezza del vivere e l'opulenza dei sogni. Marius era innamorato, della vita, di tutta la bellezza intorno a lui, degli uomini di intelletto che si confrontavano per strada, degli artisti che studiavano il divenire delle cose, la bellezza dell'essere, dei filosofi che parlavano di meraviglie mai immaginate, di scrittori, poetie uomini di scienza, che donavano con il loro intelletto luce ad un mondo buio. I passi sicuri di Marius lo portarono di fronte al portone verde, scorticciato, che aveva imparato a conoscere e amare profondamente. Con delicatezza appoggiò la mano sul legno, prima di darvi tre colpetti secchi sopra. Quello era da tempo, il loro segnale, per riconoscersi. Un attimo dopo il portone si aprì cigolando, e due occhi castani vibranti e accoglienti fissarono Marius. Botticelli si scostò dalla porta con un sorriso delicato sul volto, lasciando a Marius spazio per entrare nel suo studio. Marius avanzò nella grande stanza, che profumava di olio e mistura di colori, di legno e vernici per rifinitura, un odore che risuonò in lui con amore e meraviglia.
Era chiaro, nella confusione tutto intorno, il lavoro e l'impegno dell'artista e dei suoi allievi. Ogni cosa sembrava lasciata al caso, offerta al tempo della notte, come richiamo alla musa della creatività, Clio, che avrebbe toccato con speranza e piacere, gli strumenti così cari agli artisti che li avevano lasciati lì. Pennelli e tavolozze, stracci sporchi, e barattoli, contenitori in vetro e pestelli, fogli e pergamene, pennini e gessetti. Ogni cosa in disordine, ogni cosa in ordine nel cuore dell'artista che l'aveva usato.
Botticelli sembrò accorgersi del disordine solo in quel momento, e grattandosi la testa, con un rossore sul volto, si lasciò sfuggire una risata nervosa. "Mi spiace, Marius, amico mio, i miei allievi hanno preso dal maestro, e il Dio nei cieli, sa, quanto sono pessimo in queste cose dell'ordine e della chiarezza di pensiero!" Sbottò il maestro allargando le braccia in un gesto di resa. Marius, lo guardò inarcando le sopracciglia, per poi ridere divertito:
" Hai la chiarezza nel cuore Maestro, poiché ogni colore che poni sui tuoi lavori, ogni cosa che nasce dalle tue mani, porge il tuo cuore al mondo. È un grande coraggio quello che hai, Maestro, e pochi uomini possono vantare la tua chiarezza di cuore. Molti possono imparare la chiarezza e la linea dritta del pensiero razionale, ma il pensiero del cuore, molti pochi fortunati come te, lo conoscono."
"Ah tu mi lusinghi, amico mio, mi lusinghi come non merito! Ma apprezzo il tuo buon cuore e la tua sincerità di parola, e questo lo sai." rispose Botticelli, sedendosi vicino al fuoco su uno sgabello di legno. Il Maestro fisso' la danza delle fiamme e sembrò pensieroso, quasi cupo, qualcosa che Marius non aveva mai conosciuto sul suo volto, da quando si erano conosciuti.
" C'è qualcosa che ti turba Maestro? Vuoi parlarmene affinché io possa provare ad alleviare i tuoi pensieri e la tua anima?" Chiese, Marius, d'improvviso preoccupato per quello stato d'animo, dell'amico. Botticelli portò i suoi occhi castani su Marius e con una mano lo invitò a sedersi davanti a lui, vicino al fuoco.
Marius scostò il suo lungo mantello di velluto rosso, e si sedette, aspettando con rispettoso silenzio le parole di Botticelli.
" Vedi mio caro amico, ho un amico che mi è prezioso. Si chiama Leonardo, ed è un artista d'animo immenso, un genio in ogni cosa. Pensa che in lui ho trovato quell'amico con cui condividere la mia passione immensa per la cucina! Riesci a crederci Marius? " Botticelli sembrò esitare poi, perché aveva provato a condividere quella sua passione con Marius, ma Marius sembrava sterile di fronte alle meraviglie del cibo. Marius annuì e sorrise, un invito a continuare, a dimostrare come era felice di quella scoperta, che aveva reso gioioso il suo amico.
Botticelli sorrise di rimando e continuò:" Vedi, Leonardo è un uomo focoso, passionale, carnale e dedito all'arte come alla vita. Tu sai Marius, come l'uomo facilmente si innamora, Leonardo non solo ama, da tutto se stesso, e soltanto una persona è riuscita a portarlo a essere suo e soltanto suo nel cuore e nell'anima."
Botticelli sembrò combattuto, triste ma con occhi sognanti proseguì:
" Questa persona è un suo allievo, tanto lo ama e tanto lui lo ama di rimando. Ma è... " Botticelli sembrò esitare ma poi prosegui:
"È un piccolo demonio! Tanto che Leonardo lo chiama Salai! È un ladro e bugiardo, un irrispettoso e mordace piccolo uomo! Una lingua di serpe e un sorriso da fauno! Capelli e occhi di Ganimede stesso! E Leonardo sa tutto questo... Ma lo ama comunque. E quello che è ancora più incomprensibile, Salai... ama Leonardo, questo è innegabile, lo adora, sono un anima e un cuore. È vero Leonardo può essere duro, a volte persino troppo, è vanitoso e orgoglioso, pretende molto perché da molto. Le sfide d'intelletto e d'amore fra loro sono come i discorsi degli innamorati che sanno come parlare al cuore dell'altro, ma a volte scelgono volutamente la via sbagliata. Sono preoccupato per Leonardo, questo amore che abbraccia il cuore e la mente di entrambi, questa immensa devozione, questa intensa passione fra loro, è bellissima ma anche difficile."
E Botticelli riportò il suo sguardo su Marius, dopo aver fissato le fiamme nel camino per tutto questo tempo, e quello che vide lo stupì e lo preoccupò allo stesso tempo. Marius stava sorridendo, un sorriso dolce e sognante, che lo rendeva bello in una maniera disarmante. Marius si riscosse, notando lo sguardo sorpreso di Botticelli. Da primo sembrò insicuro e timido, come se fosse stato sorpreso a prendere dei biscotti in cucina, poi Marius si ricompose:
" Non badare a me Maestro, non mi preoccuperei, però, per il tuo amico. Penso sia meraviglioso quello che la vita gli ha donato. Qualcuno che lo ama come mi racconti. Mi fa sognare che anche io possa trovarlo. Un amore che veda oltre me, oltre le mie mancanze e i miei difetti, un amore che sappia amarmi nonostante tutto ciò che sono. Un amore che possa insegnarmi e lasciarsi insegnare, anche in sfida, anche in rabbia, anche nel dolore, ma sempre con amore e dedizione, con passione e intensità. Cosa può desiderare il cuore di un uomo più di potersi mostrare a qualcuno per com' è? Più di poter raccontare la sua anima ad una creatura che sa guardarlo solo con amore? Anche nelle sue ombre, anche nel mostro che gli abita dentro. E amare quel mostro come ama l'uomo. No Maestro, il tuo amico, forse, conoscerà la soffrenza e dovrà imparare a convivere con essa, ma si sarà specchiato nel cuore di qualcuno che lo ama in tutto e per l'uomo che è, nella sua complessità e totalità. Con i suoi sbagli e i suoi difetti, la sua grandezza e il suo buon cuore." Botticelli rimase interdetto, poi sorrise:" È bello parlare conte Marius, amico mio, tu sai fare gioire il mio cuore anche quanto è pesante. Forse quello che dici è vero, io non ho aspirazioni sull'amore o sulla vita, solo sull'arte. E forse questo mi impedisce di capire questo nostro strano mondo. Ti ringrazio, però, adesso posso capire perché Leonardo ama così Salai, e perché Salai ama lui con l'immensa passione del suo cuore. Siamo strani non è vero? Complicati ma semplici allo stesso tempo."
Botticelli si alzò seguito da Marius:" Vieni, amico mio, voglio mostrarti ciò a cui sto lavorando. E ti prego non avere solo lodi per me questa volta! La tua opinione mi è cara, ma adesso che posso chiamarti amico, spero tu sappia che apprezzerò ogni cosa tu dica." E Marius seguì Botticelli verso un altra grande stanza.
La storia di Leonardo e Salai, continuò a risuonare nell'anima di Marius, fino al giorno in cui, il destino, o il tempo che scorre, o chissà quale sarcastica divinità, gli donò il suo Salai, quel suo angelo dai capelli castano rossi e gli occhi di fuoco. Colui che lo avrebbe amato come mai nessun altro e che lui avrebbe amato come mai nessun altro. Colui che adesso camminava di nuovo al suo fianco, colui che adesso, lo lasciava specchiarsi nel suo cuore e vedere solo un uomo. Un uomo che è amato, un uomo innamorato.
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A dear friend-
On that night weighed down by dark clouds, over the city of Florence, no moon shone, and the stars were a distant reflection shrouded in the warmth of those dark clouds. The air was oppressive, and there was little use hoping for a night breeze; everything was still, as if drained of existence. Marius, with determined step, was approaching the workshop of what had now become for him, a great friend. The soles of his boots rumbled in the stone alleys, Marius did not care; he loved to do things as if he were still human. That era in which he had awakened was full of a carnal and human beauty, of a world that put man and his intellect at the center, the beauty of living and the opulence of dreams. Marius was in love, with life, with all the beauty around him, with men of intellect who confronted each other in the streets, with artists who studied the becoming of things, the beauty of being, with philosophers who spoke of wonders never imagined, with writers, poetsand men of science, who gave light with their intellect to a dark world. Marius's confident steps brought him in front of the green, flayed doorway he had come to know and love deeply. Gently he placed his hand on the wood, before giving it three dry taps on it. That had long been, their signal, to recognize each other.
A moment later the door creaked open, and two vibrant and welcoming brown eyes stared at Marius. Botticelli flinched from the door with a gentle smile on his face, giving Marius room to enter his studio. Marius advanced into the large room, which smelled of oil and color mixture, wood and finishing varnish, a smell that resonated in him with love and wonder.
It was clear, in the confusion all around, the work and commitment of the artist and his students. Everything seemed left to chance, offered to the time of night, as a call to the muse of creativity, Clio, who would touch with hope and pleasure, the tools so dear to the artists who had left them there. Brushes and palettes, dirty rags, and jars, glass containers and pestles, sheets and parchments, nibs and chalks. Everything in disarray, everything in order in the heart of the artist who had used it.
Botticelli seemed to notice the disorder only then, and scratching his head, with a blush on his face, he let out a nervous laugh. "I'm sorry, Marius, my friend, my students take after the master, and the God in heaven, you know, how bad I am at these things of order and clarity of thought!" Blurted out the master, spreading his arms wide in a gesture of surrender. Marius, looked at him arching his eyebrows, then laughed in amusement:
"You have clarity in your heart Master, for every color you place on your work, every thing that comes from your hands, gives your heart to the world. It is a great courage you have, Master, and few men can boast of your clarity of heart. Many may learn the clarity and straight line of rational thought, but the thought of the heart, many a lucky few like you, know."
"Ah you flatter me, my friend, you flatter me as I do not deserve! But I appreciate your good heart and sincerity of speech, and this you know." replied Botticelli, sitting down by the fire on a wooden stool. The Master stared at the dance of the flames and looked thoughtful, almost somber, something Marius had not known on his face since they had met.
" Is something troubling you Master? Would you like to tell me about it so that I can try to ease your thoughts and your soul?" He asked, Marius, suddenly concerned about that state of mind, of his friend. Botticelli brought his brown eyes to Marius and with one hand invited him to sit before him, near the fire.
Marius shrugged off his long red velvet cloak, and sat down, waiting respectfully for Botticelli's words.
"You see my dear friend, I have a friend who is precious to me. His name is Leonardo, and he is an artist of immense soul, a genius in everything. Just think that in him I have found that friend with whom I can share my immense passion for cooking! Can you believe it Marius? " Botticelli seemed to hesitate then, because he had tried to share that passion of his with Marius, but Marius seemed barren before the wonders of food. Marius nodded and smiled, an invitation to continue, to show how happy he was with that discovery, which had made his friend joyful.
Botticelli smiled back and continued," You see, Leonardo is a fiery, passionate, carnal man who is as dedicated to art as he is to life. You know Marius, as man easily falls in love, Leonardo not only loves, he gives all of himself, and only one person was able to bring him to be his and only his in heart and soul." Botticelli looked conflicted, sad but with dreamy eyes continued:
" This person is his student, so much he loves him and so much he loves him back. But he is… " Botticelli seemed to hesitate but then continued:
"He is a little devil! So much so that Leonardo calls him Salai! He is a thief and liar, a disrespectful and biting little man! A serpent's tongue and a faun's smile! Hair and eyes of Ganymede himself! And Leonardo knows all this… But he loves him anyway. And what is even more incomprehensible, Salai..he loves Leonardo, this is undeniable, he adores him, they are one soul and one heart. It is true Leonardo can be hard, sometimes even too hard, he is vain and proud, he demands a lot because he gives a lot. The challenges of intellect and love between them are like the speeches of lovers who know how to speak to each other's hearts, but sometimes they deliberately choose the wrong way. I am worried about Leonardo, this love that embraces both their hearts and minds, this immense devotion, this intense passion between them, is beautiful but also difficult."
And Botticelli brought his gaze back to Marius, after staring at the flames in the fireplace all this time, and what he saw amazed and worried him at the same time. Marius was smiling, a sweet, dreamy smile that made him beautiful in a disarming way. Marius roused himself, noticing Botticelli's surprised look. At first he looked unsure and shy, as if he had been caught taking cookies in the kitchen, then Marius composed himself:
" Don't mind me Master, I wouldn't worry, though, about your friend. I think it's wonderful what life has given him. Someone who loves him as you tell me. It makes me dream that I can find him too. A love that sees beyond me, beyond my shortcomings and flaws, a love that can love me despite all that I am. A love that can teach me and be taught, even in defiance, even in anger, even in pain, but always with love and dedication, with passion and intensity. What more can a man's heart desire than to be able to show himself to someone as he is? More than being able to tell his soul to a creature who can only look at him with love? Even in his shadows, even in the monster that dwells within him. And love that monster as he loves man. No Master, your friend, perhaps, will know suffering and have to learn to live with it, but he will have mirrored himself in the heart of someone who loves him in all and for the man he is, in his complexity and totality. With his mistakes and his flaws, his greatness and his good heart."
Botticelli was interjected, then smiled:" It is good to talk Count Marius, my friend, you know how to make my heart rejoice even how heavy it is. Perhaps what you say is true, I have no aspirations about love or life, only about art. And maybe that prevents me from understanding this strange world of ours. I thank you though, now I can understand why Leonardo loves Salai so much, and why Salai loves him with the immense passion of his heart. We are strange aren't we? Complicated but simple at the same time."
Botticelli stood up followed by Marius:" Come, my friend, I want to show you what I am working on. And please don't have only praise for me this time! Your opinion is dear to me, but now that I can call you friend, I hope you know that I will appreciate everything you say." And Marius followed Botticelli to another large room...
The story of Leonardo and Salai, continued to resonate in Marius' soul, until the day when, fate, or the passing of time, or who knows what sarcastic deity, gave him his Salai, that angel of his with red brown hair and eyes of fire. The one who would love him like never anyone else and whom he would love like never anyone else. The one who now walked by his side again, the one who now, let him mirror himself in his heart and see only a man. A man who is loved, a man in love.
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solovedreidue · 6 months
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Tinto Brass ritratto da Marisa Rastellini, Mondadori Portfolio / Bridgeman Images, 1979
Vecchio porco fa buon brodo
C'è sempre il vecchio porco, sulla panca con il ghigno simpatico e la malizia da ragazzina, che il femminino maschio rassicura le donne sulla bontà del gesto maiale.
Elegante, mai ambiguo, ponderato anche nelle azioni oscene, che porge con cura le sue perversioni.
Misura le forme delle voglie tanto delle ragazzette esuberanti d'ormoni quanto delle donne consapevoli. Con grazia, mai inopportuno.
Non trae soddisfazione dal plagiare, ma dal bagnare le parole dei succhi viscosi che annusa tra le cosce astanti.
Nel sole velato e tiepido d'autunno, col sapore dei campi sfatti, sulla panca sbircia da dietro un quotidiano consunto il colore delle calze e sale a scopare le forme, con l'insistere di un'erezione morbida.
Evidente più dagli occhi che dal turgore, fa schernire d'adulazione e fa sorridere d'invidia persino i maschi, che altro non vorrebbero che le proprie donne gli succhiassero fuori lo sperma dalla minchia molle, mentre le fottono godendosi l'eccitazione della loro perversione sconfessata dagli spruzzi.
E si gode con un sorriso l'odore di brodo caldo lungo i vialetti del parco del paese.
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yomersapiens · 2 years
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La strana avventura del signor Pippoloni
Orario di arrivo previsto 12:30. Però io so come vanno le cose quando viaggi in bus. Devi sempre mettere in conto almeno un'ora di ritardo. Damiano mi scrive che no, sicuro arriva per tempo, figurati, sono già alle porte di Vienna. Invece avevo ragione io. Ma siccome sono uno stronzo che vuole essere puntuale, io alla stazione dei bus ci sono arrivato preciso. Damiano conferma che ci vorrà un'ora ulteriore, così mi metto a girare a vuoto in questa zona di arrivo dei bus, chiamata Erdberg. Vienna è una città pulita, ordinata, ricca, privilegiata, dove tutto funziona e ti senti sempre sicuro. Tranne ad Erdberg. Qua sembra di stare da un'altra parte del pianeta. Da quando sono nato ho passato non so quanto tempo tra varie stazioni pessime e pensavo di avere abbastanza pelo sullo stomaco, ma ora sono sicuro che il benessere viennese mi abbia rammollito. Non avevo paura, sia chiaro (la mia unica paura è perdere i capelli e forse è per questo che mi sono fatto biondo) mi sentivo solo a disagio e dopo due anni di pandemia oramai vedo sporco e batteri ovunque.
Non vedo Damiano da anni. Da quando non si faceva chiamare Damiano ed era un'altra persona. Io gliel'ho sempre detto, tu per me puoi essere quello che vuoi anche un unicorno, non mi interessa, basta che me lo dici e farò di tutto per capire e rispettare. Però ecco, l'unica cosa che non cambierà mai di Damiano è la totale mancanza di puntualità.
Mi aggiro per la stazione ascoltando un po' di musica, cercando di ignorare gli abitanti momentanei di questo non-luogo. Le cuffiette sono le mie cinta murarie. Mi difendono da chi vuole attaccare bottone. Noto questo signore anziano, spaesato, pantaloncini troppo corti e una pelle in avanzato stato di decomposizione. I vestiti sono quelli che vedi sulle testimonianze delle grandi migrazioni prima della guerra. Gli mancava solo una valigia in cartone e aveva tutto. Persino la coppola. Camminava a piccoli passi, trascinando i piedi, tenendo tra le mani un foglio di carta malconcio. Mi si avvicina e cerca di parlarmi ma io avevo le cuffie e non volevo essere disturbato. I suoi occhi brillavano di una sincerità che ho visto poche volte, solo da chi aveva realmente bisogno di aiuto, o solo di parlare. No. Solo di essere notato. Perché lì attorno nessuno sembrava vederlo. Io anche avevo fatto fatica, sembrava un viaggiatore del tempo più che un uomo reale.
Prova a esprimersi in un francese impiastricciato, arrancando parole e concetti e lanciandoli alla bella e meglio. Mi porge il foglio di carta che ha in mano: è il suo biglietto del bus. Una cosa ho imparato in anni di vita all'estero. Se qualcuno parla una lingua che non conosci e non sai come esprimerti, non provare a parlare la sua lingua, parla la tua. La confidenza e il tono, aggiungendo il gesticolare, risolveranno molto spesso la situazione. Poi noi italiani abbiamo la fortuna che 50% delle volte ci riesce di farci capire. Così mi butto, lo guardo e gli dico "Guardi io non parlo francese, parlo italiano, tedesco e inglese, lei mi capisce?" e lui si gela. Così guardo meglio il biglietto. Dice che la partenza è avvenuta la sera prima da un paesino a caso in Francia, arrivo previsto ore 6 a Monaco, cambio di bus, coincidenza che riparte alle 7 e viaggio che si conclude nel pomeriggio inoltrato a Perugia. Io guardo il signore, poi riguardo il biglietto. Qua non siamo a Monaco. Siamo a 400 chilometri da Monaco. Qua siamo a Vienna. Lo guardo ancora "Ma qua non siamo a Monaco. Lo sa che non siamo a Monaco? Siamo a Vienna". Da lui ancora nessuna risposta. Analizzo ogni millimetro del biglietto e scopro il nome: Luigi Pippoloni. Scoppio a sorridere, non ci credo. "Scusi, ma lei si chiama davvero Pippoloni?" e qui ricevo la prima risposta in un italiano che riemerge da un sarcofago "Sì, mi chiamo Luigi". Non riuscivo a trattenere il mio entusiasmo. - Signor Pippoloni! Ma lei parla italiano? - Sì, mi sono trasferito in Francia quando avevo 11 anni, con i miei genitori. - Pippoloni! Anche io parlo italiano! - Oh che bello - Siamo tutti e due italiani all'estero. Ma cosa mi ha combinato Pippoloni! Lei doveva scendere a Monaco e cambiare, e invece ora è a Vienna! Si è addormentato? - Nessuno mi ha detto niente - Legga qua, c'è scritto che doveva cambiare - E dove sono adesso - A Vienna, in Austria - E come faccio - Non lo so Pippoloni, ora dobbiamo capire come fare - Nessuno mi ha avvisato che dovevo scendere - Però è scritto qua sul biglietto - Ah, e come faccio - Quanti anni ha signor Pippoloni? - 76, a 11 anni mi sono trasferito in Francia con la mia famiglia - Sì questo me l'ha detto. Ha dei figli, un telefono, qualcuno che dobbiamo avvisare o che la sta aspettando? - Ho il telefono ma non si accende, è scarico - Ma cosa mi combina Pippoloni! Mi si mette in viaggio con un telefono scarico? E se non trovava me come faceva? E qui l'ho visto sorridere per la prima volta. Gli occhi erano ancora spaesati ma la bocca iniziava a essere meno serrata in una smorfia di smarrimento. - Facciamo così, prima andiamo dentro a capire se c'è un modo per mandarla in Italia, poi avvisiamo chi la sta aspettando. Tanto ho tempo, il mio amico è in ritardo di un'ora. Vedrà quanto è bello Damiano, voglio farglielo conoscere, è altissimo, splendente, veste sempre in maniera assurda, sembra un astronauta.
Lo porto alla biglietteria e spiego l'accaduto. Il bigliettaio si mette le mani in faccia. Errori così, o sviste, persone che si addormentano e si risvegliano nel luogo sbagliato ne ha viste spesso, ma non aveva mai visto il signor Pippoloni. Non ci sono soluzioni, non per questa giornata. Domani c'è un bus che va verso l'Italia, oppure stanotte. Io non potevo lasciare Pippoloni da solo in quella zona tutta una notte. Spiego nuovamente la situazione, chiedo se ha senso provare a cercare un treno. Mi dice che sicuramente in stazione qualcosa di alternativo si troverà più facilmente. - Signor Pippoloni, è un casino qua. Non ci sono bus, almeno fino a domani e io non ho posto in casa, sta arrivando Damiano, però possiamo andare in stazione e lì ci dovrà essere un treno per lei - In stazione? E come ci arrivo in stazione - La porto io signor Pippoloni, non si preoccupi! Aspettiamo insieme il mio amico e poi andiamo! - La ringrazio - Si sieda qui, ci vuole ancora un po' Noto che non riesce ad allontanare le mani dalle sue due borse. Le accarezza quasi, come fossero due animali da compagnia. Una è una valigia a rotelle mentre l'altro è un sacchetto ricolmo di cibo e altrettanti sacchetti minori.
Damiano arriva, scende dal bus stanco, lurido e stupendo come solo lui sa essere. Specialmente ora che il suo corpo e la sua mente coincidono. È una vecchia conoscenza ma al tempo stesso, un completo nuovo amico. Lo abbraccio e gli dico "Lo so che tu vorresti solo andare a casa a fare una doccia, manco sei sceso dal bus ed è già iniziata la nostra prima avventura. Dobbiamo aiutare il signor Pippoloni a tornare a casa. Vieni che te lo presento." Damiano non dice nulla, sommessamente accetta il suo triste destino, consapevole che con me le cose non vanno mai come pianifichi.
Il signor Pippoloni guarda Damiano e sgrana gli occhi. Non capisce cosa sia. "Le ho detto che è un astronauta. Forse è pure un alieno. Sicuro non è di questo pianeta". I due si piacciono subito, nonostante uno venga dal futuro anteriore e l'altro da inizi 900. Ci incamminiamo, uno dopo l'altro, in una stranissima carovana di bipedi, fatiscenti, claudicanti, appariscenti e splendenti, decadenti e lenti. Soprattutto molto molto lenti. Pippoloni cerca di starci dietro ma le valigie pesano troppo. Damiano anche è carico come un mulo. Dobbiamo aiutarci a vicenda per raggiungere la metropolitana. Mentre compro il biglietto a Pippoloni, vedo che Damiano gli regala una delle sue mascherine. Quelle queer, rosa, con resti di glitter provenienti da chissà quale party. Pippoloni la indossa e sorride, poi barcolla verso di me mentre mi avvio con i suoi bagagli verso l'ascensore. Durante il viaggio in metro cerco di spiegargli dove siamo, dove stiamo andando, quali sono le distanze. Non voglio abbia paura, voglio tenerlo aggiornato, così che sappia quello sta succedendo. Ogni cambio di linea della metro è una fatica. Ma come si fa a viaggiare con tutto questo peso a 76 anni, da solo? Sarà anche carino e neorealista, ma Pippoloni non è molto pratico.
Giungiamo in una stazione dei treni sovraffollata. "C'è tanta gente qua" dice Pippoloni abbassando la mascherina. Il suo volto anziano ora sbrilluccica di glitter. Io rido "Eh sì Pippoloni, siamo due milioni qua a Vienna!".
(Ora dirò una cosa molto estemporanea e che farà capire facilmente come ragiona la mia testa. Tutto questo bisogno di aiutare, questa voglia che è emersa in me, un po' nasce da come sono stato cresciuto in famiglia, certo, i miei genitori e soprattutto mia madre mi hanno sempre insegnato che bisogna aiutare il prossimo a qualunque costo. Anche mio nonno, uguale, sempre aiutare chi ha bisogno in ogni circostanza, anche se si finisce a rimetterci qualcosa. Ma io ora lo posso ammettere, tutto questo, l'ho fatto solamente per poter ripetere a voce alta ogni due secondi il suo cognome. Pippoloni ha un suono celestiale. Buffo. Dirompente. Dovete provare anche voi a dirlo a voce alta. Provate anche delle varianti come "a Pippolò!" in stile Corrado Guzzanti. Non si fosse chiamato così, forse non lo avrei aiutato con tanto entusiasmo)
Guardo Damiano e noto che quasi non ce la fa più a reggersi in piedi. Ha fame e le 18 ore di bus si fanno sentire tutte. Così lo metto di guardia alle valigie mentre prendo il signor Pippoloni sotto braccio e lo porto verso la biglietteria. Prendiamo il numero e aspettiamo il nostro turno. Il caso vuole che il bigliettaio che ci capita sia un giovane sbarbatello, forse alla sua prima settimana di lavoro. Lo guardo e parlandogli in tedesco gli dico "Preparati, perché ora ti racconto una bella storia e tu stai per entrare a farne parte e diventerai un protagonista essenziale". Il ragazzino non capisce ma i suoi brufoletti adolescenziali mi fanno l'occhiolino. Gli spiego tutto e la sua faccia diventa seria. Ora è entrato nella parte. Ora anche lui vuole aiutare Pippoloni. Si mette subito alla ricerca di soluzioni possibili ma tutto o parte troppo tardi o è completamente prenotato. "Il signor Pippoloni mi deve partire il prima possibile, guarda se trovi una cuccetta!". Molto candidamente ammette di non capire un cacchio di geografia italiana. Mi chiede se Trieste va bene come punto di arrivo. Io guardo Pippoloni e no, non me lo vedo a Trieste a chiedere aiuto per riuscire ad arrivare poi a Perugia. Le soluzioni devono essere Bologna, Firenze o Roma. Il ragazzino sta sudando copiosamente quando ecco che gli si illumina il volto. "Trovato! Parte alle 19 e arriva domani a Milano, poi cambia e scende verso Firenze." - E poi? - E poi non lo so. - Pippoloni, ma se lei arriva a Firenze, poi riesce a trovare un modo per arrivare a casa? - Chiamo mio cugino e gli dico di venirmi a prendere - Giusto, mi ero dimenticato che dovevamo chiamare i familiari! Vabbè quello lo facciamo tra poco. Va bene, senta, prendiamo subito il biglietto, quant'è? - Sono 145€ - Signor Pippoloni, sono 145€. Ce li ha? Il signor Pippoloni inizia a rovistare nel sacchetto che ora capisco essere il sacchetto ufficiale contenente i documenti di maggiore importanza. Estrae una rubrichina del telefono mangiata dal tempo e un blocchetto chiaro, di assegni. - Ecco, va bene questo? Io non so come rispondere. Guardo il ragazzino. Lui guarda me. - Non accettiamo assegni, mi spiace. - Signor Pippoloni, non ha banconote o altro? - Non accettano gli assegni? - Facciamo così, facciamo un po' una colletta tra di noi e ne parliamo dopo, ecco, prenoti subito, la ringrazio. Riceviamo il biglietto e corriamo verso Damiano che oramai sta dormendo in piedi con la testa poggiata su una valigia di enorme dimensioni.
Abbiamo fatto tutto. Possiamo finalmente mangiare e rilassarci per qualche minuti. "Signor Pippoloni, prima ho visto che aveva una piccola rubrichina, magari là dentro c'è il numero di telefono di un qualche familiare che posso chiamare?" - Ci dovrebbe essere il numero di mio cugino - Se me lo cerca per favore Damiano torna con un vassoio pieno di patatine fritte, panini vegetariani con pollo che pollo non è e una vasca di coca cola. Ha un sorriso enorme e contagioso. Non siamo più tre uomini seduti ad un tavolino lercio di una stazione, siamo tre signori nel locale più lussuoso di tutta Vienna. Ricevo il numero di telefono e chiamo in Italia. - Sì salve, sono Matteo, noi non ci conosciamo ma girando per la stazione dei bus di Vienna ho trovato suo cugino Luigi, aveva sbagliato coincidenza e insomma, si è perso ma non si preoccupi! L'ho portato in stazione dei treni e abbiamo trovato una soluzione alternativa. Arriverà domani con un treno verso Firenze. Sarebbe carino lo andasse a prendere. - Ah, accidenti, mi si è perso il Luigino! Va bene. Senta, allora se me lo può mettere su un treno, la ringrazio. - Sì certo, glielo metto su un treno. - Che magari arriva vicino a Perugia - Faccio il possibile - La ringrazio, povero Luigino - Eh già. Povero. Si figuri! Mi giro un po' confuso e vedo che ora sul tavolo il signor Pippoloni ha disposto quasi tutto il contenuto del suo sacchetto a mano. C'è una baguette, coltelli, burro, salame, uva in ogni contenitore possibile, formaggio, un altro sacchetto pieno di uva, bottiglie di acqua e succo di frutta, un barattolo di nutella vuoto contenente altrettanta uva. Damiano ha cambiato colore del volto. Mi siedo e mangio il mio finto pollo, Luigino prova ad offrirmi da mangiare "Signor Pippoloni, meglio se conserva qualcosa, il viaggio per lei è ancora lungo, ci deve campare per un altro giorno almeno con questa roba".
Arriva il momento dei saluti. Mancano alcune ore alla partenza del treno ma non posso costringere Damiano a stare ulteriormente qui. Però nascono i dubbi. E se Pippoloni si alza e si allontana e perde il treno? O se si addormenta e perde il treno? O se lo rapiscono e derubano e perde il treno? Pippoloni è il cucciolino abbondanato che trovi quando sei in vacanza al mare, che vorresti portare a casa ma i tuoi genitori ti dicono di no, non possiamo, abbiamo altri cuccioli a casa che ci aspettano. Così vado dalla security della stazione a spiegare per l'ennesima volta la situazione. "Vedete, è lui, si chiama Pippoloni. Importante, categorico che lui alle 19:23 salga sul treno diretto per l'Italia. Ma me lo dovete proprio accompagnare voi di persona. Prendetelo in braccio se necessario ma fatelo salire su quel treno!" I tre omaccioni austriaci prendono appunti e promettono. Io mi sento tranquillo. - Pippoloni, noi ora andiamo, è stato un piacere conoscerla e mi raccomando non si allontani da qui che poi vengono a prenderla e la portano al treno! - Non mi devo muovere? - No vabbè, se deve andare in bagno ci vada pure Damiano mi sussurra nell'orecchio "Guarda bene cosa ha in borsa". In mezzo a tutto il cibo e ai documenti ufficiali, ci sono una dozzina di pannoloni da adulto. - Resti qui allora signor Pippoloni! Non vada neanche in bagno che è meglio. La prenderanno e la porteranno questi tre signori. Se li ricordi. Sono vestiti di blu e arancione. Vede? - Blu e arancione - Dove ha il biglietto? - Qua! - Non lo perda mi raccomando! Noi ci sentiamo domani, chiamo suo cugino per sapere se è arrivato! - La ringrazio Matteo, lei conosce molte persone, è stato molto gentile - A me piacciono le storie signor Pippoloni, lei ora è diventato una delle mie storie! Ci abbracciamo. Profuma di un passato italiano che ho vissuto solo in estate quando andavo a trovare i bisnonni e le ragnatele e la polvere arredavano le loro case e i loro centrotavola.
Decido di non pensarci più. Damiano mi dice "Stai tranquillo, hai fatto abbastanza, ora rilassati" e io ci provo, voglio dargli ascolto. Ma ovviamente di notte non chiudo occhio pensando che forse qualcosa è andato storto e che Pippoloni ora è di nuovo smarrito. Magari si aggira per la stazione di Vienna chiedendo di me. Il mio cucciolo di 76 anni abbandonato. Mi addormento e la mattina dopo riesco quasi a non pensarci.
Un numero italiano mi chiama nel pomeriggio, riconosco la voce, è il cugino del signor Pippoloni. Rispondo carico di gioia pensando di poter mettere la parola fine a questa avventura. - Salve, sono il cugino di Luigi - Salve! È arrivato? È con lei? - Veramente no. - Ah. - Ma lei me l'ha portato a Milano? - No io l'ho messo su un treno, non avevo modo di portarlo fino a Milano. - Ah - Eh - E allora aspettiamo - Però mi faccia sapere qualcosa che sono in pensiero!
Che io abbia realmente fallito? Che il signor Pippoloni abbia sbagliato qualcosa nuovamente? Che sia finito altrove, in un luogo senza italiani all'estero pronti ad aiutarlo? Le domande mi bombardano la testa e a questo punto penso siano le domande che abbiamo tutti. Perché un signore di 76 anni si mette in viaggio da solo sul bus? Perché non un aereo così da non dover stare 24 ore in giro? Perché senza un telefono? Dove sta la sua famiglia? Ha dei figli che lo cercano? Che sia odiato da tutti? Che sia solo al mondo? È colpa mia adesso se non arriverà mai dal cugino? Potevo fare di più? Dovevo portarlo a Milano? Tutte domande lecite a cui ho deciso di non dare risposta. Perché rispondere vorrebbe dire entrare in zone che non mi riguardano. Generare colpe e colpevoli. Analizzare contesti a me lontani. Devo solo perdonarmi e trovare un po' di pace.
Damiano è con me. È radioso grazie alle ore di sonno finalmente portate a termine. Mi aiuta a non restare infangato. Verso sera gli chiedo: - Ma secondo te, lo chiamo il cugino per sapere se è arrivato Luigi? - Basta Matteo! Lascia perdere. Datti pace. Hai fatto quello che potevi non puoi stare a struggerti! Mentre lo dice chiude la canna, la accende, fa due tiri e me la passa.
Due giorni passano veloci, ci divertiamo, sfondiamo di canne, alcol, cibo austriaco e mercatini dell'usato. Damiano riparte carico come non mai, di vestiti appariscenti e promesse di rivederci prima o poi. Chissà come sarà la prossima volta. Chi sarà. Tra un anno. Due anni. Dieci. Damiano cambia sempre, è questa la sua natura. Mutevole, dannato fenomeno. Senza la sua presenza divento nuovamente nervoso e paranoico. Io devo sapere che fine ha fatto il signor Pippoloni. Passo la domenica cercando la forza per chiamare quel numero italiano. Cosa può succede di male? Se non è arrivato ho scattato delle foto, le mandiamo a "Chi l'ha visto" e rilascio un'intervista. Se è arrivato tiro un sospiro di sollievo e mi calmo. - Salve, sono Matteo, l'italiano che sta a Vienna. Si ricorda? Ho trovato suo cugino Luigi in stazione - Ah signor Matteo, certo! - Volevo sapere, è poi arrivato Luigi? - Luigi? Ma certo! La sera stessa! Ha fatto tutto da solo. È arrivato direttamente qua a casa mia! - Ah. E non poteva chiamarmi? - Volevamo farlo ma poi ci siamo dimenticati. Adesso è in pista che si sta facendo un giro, un attimo che lo chiamo! - In pista??? - Sì, sul go-kart - Ma come sul go-kart - Signor Matteo, salve! - Signor Pippoloni!!! Sta bene? - Tutto bene grazie, sono qua con mio cugino Mario - Che bello sentirla! - La ringrazio ancora, ci vediamo presto - Spero di no signor Pippoloni, altrimenti vuol dire che si è perso un'altra volta! - Le passo mio cugino che vuole ringraziarla, arrivederci - Arrivederci signor Pippoloni! - Pronto signor Matteo, sono Mario, il cugino di Luigi, volevo dirle che è stato davvero molto gentile e quando vuole, lei è invitato qua da me, ho una pista di go-kart, si chiama Pista Arcobaleno. Quando vuole lei viene ed è ospite mio. - Scusi un attimo. Lei si chiama Mario? - Sì - E ha una pista di go-kart, chiamata Pista Arcobaleno? - Sì - E suo cugino, che le ho spedito, si chiama Luigi - Sì - Non ci posso credere. Mario e Luigi, i go-kart, la pista. Questa se la scrivo sembra completamente inventata. - Tutto bene signor Matteo? - Tutto benissimo! Verrò a trovarvi presto. Devo fare una gara contro Mario e Luigi! - A presto allora! - Mi raccomando, non mi tiri nessuna buccia di banana! Capito? - A presto!
Io non credo in molte cose. Credo che se scavi, molto, in profondità, ogni essere umano possa fare meno schifo di quello che si vede in superficie. Lo penso anche di me. Sotto sotto non faccio così schifo. La psicanalisi mi ha aiutato. Anche compiere atti di gentilezza spontanea, come questo, aiuta a farmi sentire meno in colpa per lo schifo che ho fatto in vita. Lo faccio come redenzione. Lo scrivo non per essere da esempio a nessuno, solo per non dimenticare. Mi piacerebbe vivere in un mondo dove gli umani, a casaccio proprio, si mettano a compiere atti di gentilezza spontanea, come terapia. Non ti puoi permettere la psicanalisi? Aiuta qualcuno allora. Senza volere nulla in cambio. Non credo soprattutto nel karma, è un concetto che mi fa schifo. Essere buoni per ricevere bontà. Aspettare che i cattivi vengano puniti passivamente da una forza superiore. Col cazzo. I cattivi vanno puniti a sprangate senza dover aspettare. Ok ora sto diventando estremo. Voglio solo concludere con questo. Sono disoccupato da marzo. Il mio conto in banca sta diventando sempre più ridicolo. Mando curriculum su base quotidiana e sempre, non ricevo risposta. Sapete cosa è successo il giorno dopo aver incontrato il signor Pippoloni? Che hanno risposto a una mail. Che ho iniziato subito a lavorare, carico di una voglia di fare che manco a vent'anni avevo e adesso, lunedì, mi arriva il contratto, dove tutte le mie richieste sono state accettate. Forse. Vedremo. Il karma non esiste, io voglio essere gentile solo perché così mi incasino di meno e le persone pensano io sia innocuo. Ma se per caso fosse anche lontanamente vero che qualcosa ti torna indietro, quando ti comporti bene, ecco allora adesso sono io che ringrazio ancora il signor Pippoloni per avermi messo di buon umore. Magari era questo quello che mancava in tutte le mie mail, il sorriso.
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sayitaliano · 1 year
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Italian written comprehension exercise
English translation, vocabulary and solutions under the keep reading link.
LUCIO IL GATTO
Lucio è un gatto che ama dormire tutto il tempo sul divano del suo padrone, Mario. A Lucio piace bere il latte e farsi grattare la pancia. Ogni volta che Mario torna a casa dal lavoro, Lucio gli corre incontro e inizia a strusciarsi sui suoi pantaloni, in cerca di coccole e cibo. Mario, dopo essersi cambiato, gli porge sempre due ciotole: una con il latte e l'altra con i croccantini. Quando Lucio ha finito di bere e mangiare, ama andare a dormire al caldo sulle gambe di Mario, che lo accarezza. Lucio fa le fusa e si addormenta felice tutti i giorni.
Answer these questions (True or False = Vero o Falso)
A Lucio piace bere l'acqua.
Mario ama farsi grattare la pancia.
Lucio ama dormire.
Lucio dorme sulle gambe di Mario.
Mario dà da mangiare a Lucio.
Translation:
LUCIO THE CAT
Lucio is a cat who loves to sleep on his owner Mario's sofa all the time/all day. Lucio loves to drink milk and have someone scratching his belly. Everytime Mario comes back home from work, Lucio runs towards him and starts scraping against his trousers, searching for cuddles and food. Mario, after changing his clothes, always gives him two bowls: one with milk and one with cats' food (dried). When Lucio is done drinking and eating, he loves going to sleep in the warmth on the legs of Mario, who caresses him. Lucio purrs and falls happily asleep everyday.
Vocabulary: un gatto = a cat amare = to love, to like dormire = to sleep tutto il tempo = all day, all the time il divano = sofa il padrone = owner il latte = milk grattare = to scratch la pancia = belly il lavoro = job correre incontro = to run towards (sb/sth) strusciarsi = to scrape onself, to rub oneself (si -> reflexive) le coccole = cuddles il cibo = food essersi cambiato (i vestiti) = to change your"self" -> (your own clothes) porgere = to give croccantini = pet's food. I nthis case: this. al caldo = in the warmth le gambe = legs accarezzare = to pet, to caress. fare le fusa = to purr
Solutions: 1. F = A Lucio piace bere il latte. 2. F = Lucio ama farsi grattare la pancia 3. V 4. V 5. V
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sophie-blanceur · 1 year
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Se te lo porge la persona giusta,
c'è più erotismo in un cucchiaio di marmellata
che in una giarrettiera.
Cit.
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emz26 · 9 months
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Il pensiero anteriore, la bustina del tè e la vecchia bastarda.
Dentro di me si generano tre istanti di pensiero:
il 1° è quello istantaneo, quello che si crea sentendo un suono, un profumo o un immagine, è fulmineo e infantile, è quello che si stupisce e che a volte mi fa sparare delle puttanate indicibili, lo chiamo “il mio pensiero anteriore”, proprio perché arriva prima del pensiero razionale,
il 2° è quello che esamina tutto quello che c’è intorno alla figura scatenate, quello che analizza tutte le interconnessioni tra il soggetto e l’ambiente circostante, quanto gli altri si accorgano dell’accadimento e se io sia l’unico a vedere, provo anche ad immaginare quanto l’evento influenzi le altre persone e quanto di questo gli altri si portino dentro, lo chiamo “la bustina del tè”, perché esattamente come una bustina che viene gettata dentro l’acqua calda , il soggetto interessante lo vedo espandersi e avvolgere con un’essenza profumata tutto quello che lo circonda, ed io come una molecola d’acqua mi lascio conquistare.
Il 3° momento è quello che disarma tutta la bellezza, dissacra tutto quello che gli passa davanti, è feroce e si nutre di distruzione, lo chiamo...o meglio la chiamo “la vecchia bastarda”.
Sono seduto in un dehors di un ristorante, uno spazio aperto molto ampio situato in cima ad una montagna praticamente immerso in un bosco, il muretto alla mia destra mi separa da una ampia via di pietra scura, via che porta ad una marmorea cattedrale, zero macchine, la strada più vicina è ad un chilometro, qui si arriva solamente a piedi o con una seggiovia, l’altezza e l’ombra delle piante mi regalano un po' di refrigerio in questo torrido luglio, il colore dell’ambiente è tendente al giallo ed un buon profumo di fiori freschi si spande nell’aria, nel bosco si sentono frinire dolcemente le cicale e una leggera brezza mi smuove la barba, l’occhio mi cade su un gruppetto di minuscoli animaletti raggruppati sul muretto, sembrano formiche ma non credo che lo siano, mi incuriosiscono, ne rimango ipnotizzato, la cameriera mi porge il piattino con le fragole ricoperte dal gelato, lentamente ne porto un cucchiaio alla bocca, il sapore dolce mi riempie la bocca, sento la crema sciogliersi e fondersi con me, sento il fresco sciroppo percorrermi le vene, in un momento così non si può essere cattivi, Roland di Gilead diceva “non si può essere cattivi e rabbiosi mangiando delle dolci fragole”...concordo.
Continuando lentamente a gustare le mie fragole con il gelato gli occhi mi cadono su di un’opera d’arte vivente, un vecchio di mille anni intento a leggere un libro di mille pagine, indossa dei pantaloni marroni ed una camicia azzurrina, elegantemente sportivo, legge lentamente il suo libro ed ogni tanto si ferma a riflettere sul paragrafo appena concluso, lo vuole assorbire, ti tanto in tanto alza il viso al cielo come a voler far scivolare le nozioni appena apprese dentro di se, quasi le stesse bevendo, dopo la lettura di un passaggio più complesso si alza e muove due passi lungo la via alberata, ma appena afferratone il senso torna subito a sedersi e a riprende la lettura regalandosi un sorso di cocacola, sì, beve cocacola… meraviglioso.
Pensiero anteriore “dio che bellezza,ma, ma, ma avete visto mai un cosa simile, sono paralizzato da quello che vedo”
Bustina del tè ” ma vi rendete conto che un signore di 100 anni è ancora intento ad apprendere, avete visto con quale calma e abilità continua a nutrire se stesso? Ogni volta che una persona assimila un concetto nuovo deve poi farlo entrare in circolo e farlo allineare con tutti gli altri, immagino la cosa come miliardi di galassie sparse nell’universo ognuna rappresentante un assunto ormai consolidato, ogni volta che una nuova galassia entra dentro questo spazio tutte le altre devono cambiare inclinazione, devono mutare un po', spostarsi e forse perdere una parte di loro stesse per far si che la nuova arrivata non risulti come un corpo estraneo e che si integri dentro questo spazio, spazio che compone l’uomo, vi rendete conto di quante galassie abbia un uomo della sua età? Vi rendete conto che vuol ancora cambiare il suo universo? E gli altri, quelli fuori da me, i miei commensali si rendono conto della meraviglia che hanno di fronte?
La vecchia bastarda “sì però!”
in coro “cosa?”
La vecchia bastarda “comprerei libri più brevi, ha un piede nella fossa e potrebbe morire senza finirli”
bustina del tè “Come era? Mangiando fragole non si può essere cattivi e rabbiosi”
La vecchia bastarda “ ma acidi e realisti sì”
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rodicano · 3 months
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La sua mano andava su e giù morbida sul cazzo.
Quando scendeva gli scopriva quasi completamente la cappella, poi risaliva.
Senza stringere troppo. La sua mano piccola ed elegante scorreva sul cazzo turgido.
Lui si lasciava sfuggire un gemito soffocato.
Lei sospirava.
“Per quanto devo andare ancora avanti amore?”
“Finché lo dico io scema e non andare di fretta”
“Scusami amore ma lo sai che non mi piace…”
“Ma smettila troia che a te basta avere a che fare con un cazzo e sei felice…”
“No lo sai che voglio solo…”
“Stai zitta e muovi la mano piano”
Lei era completamente vestita ed elegante, si era sbottonata appena un po’ la camicetta, così da poter al massimo intravedere il reggiseno in pizzo. Era seduta con le gambe accavallate dei pantaloni da cavallerizza beige e i suoi stivali lucidi neri, alti fino ginocchio.
Lui invece era nudo in ginocchio davanti a lei un po’ di lato per offrirle il suo cazzo senza che lei dovesse sporgersi.
Teneva le mani dietro la schiena mentre sporgeva il bacino per avvicinarle il più possibile il cazzo.
“Forse è meglio che mi fermi, lo sento pulsare ci siamo quasi”
“Si fermati un attimo conta fino a cinque e ricomincia”
Lei toglie la mano e lo guarda con un dolce sorriso di scherno e comincia a contare sottovoce lentamente sfiorandolo sulla punta del cazzo prima con il pollice, poi l’indice, poi il medio, poi l’anulare ed in fine il mignolo.
Lui si perde nei suo occhi mescolando amore e desiderio.
Lei gli riprende in mano il cazzo e ricomincia a scivolare su e giù
Il contatto è sempre più morbido, lento, ora sale e scende di pochissimo.
Lui soffre e cerca di spingere il bacino per aumentare il contatto o lo sfregamento.
“Uffa amore sono stanca, posso smettere?”
“Ora ferma la mano e stringi appena”
Lui cerca muovendo il bacino di continuare la sega in qualche modo.
“Che pena…”
“Rimani ferma.”
Bastano pochi secondi ed il cazzo si irrigidisce e spruzza fuori una discreta quantità di sperma che disegna una arcipelago biancastro sugli stivali lucidi.
Lei riesce appena in tempo a togliere la mano lasciandolo eiaculare a vuoto rivolgendogli uno sguardo sprezzante.
“Ecco è venuto amore: che schifo.”
“Passamelo”
Lei porge il cellulare al fidanzato quasi piegato dall’orgasmo rovinato.
“Ringraziami e lecca tutto cornuto”
“Grazie”
“Grazie di cosa coglione”
“Grazie di avermi permesso di venire”
E si china a pulire gli stivali della fidanzata.
Lei si riavvicina il cellulare.
“Sei contento amore, sono stata brava?”
“Abbastanza”
“Allora mi scopi stasera?”
“Si fatti portare dal cornuto da me dopo cena”
“Grazie amore, posso fermarmi da te?”
“No che devo alzarmi presto domani, digli al coglione che ti deve aspettare in macchina”
E chiude la telefonata senza nemmeno salutarla.
Lui intanto aveva finito di pulirle gli stivali.
Lei gli carezza la nuca.
“Sei contento che sei riuscito a venire anche tu tesoro?”
“In qualche modo” biascica lui.
“Accontentati, l’ho fatto solo per far divertire Marco.”
Poi controlla che le abbia pulito per bene gli stivali e si accorge che il fidanzato cercava di sbirciare dentro la sua camicetta. La richiude e gli sorride bonaria.
“Vai a vestirti che sei ridicolo, prepara la cena che poi devi accompagnarmi da lui stasera.”
Lui alzandosi si avvicina e le sfiora le labbra con un bacio.
“Ti amo”
“Lo so che mi ami, ma lui mi scopa invece.”
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elenleeladamanera · 28 days
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Mi piace pensare
Che lui mi stia pensando
Ma non come un pensiero veloce,
Ma Come la sua Unica Musa ispiratrice
Voglio essere il suo primo pensiero al mattino,
La sua pausa caffè,
il sole che lo scalda,
Una nuvola birichina che lo bagna,
L'acqua che lo disseta,
La sua canzone preferita,
Una foto sfocata,
Il suo sorriso che sbuca dal nulla,
Una sua lacrima che riga il suo volto,
Fino ad arrivare alle labbra,
Colei che dà forza,
Coraggio, emozioni e poesia,
Colei che porge la mano sempre
E non la lascia andare mai.
𝓔𝓵𝓮𝓷𝓛𝓮𝓮
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bicheco · 9 months
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Il gioco del pazzo
Come sapete io sono in fissa con la creatività, la mia ma anche la vostra, credo che tenere in esercizio i neuroni ed esprimersi sia l'unico modo per rimanere vivi; o quantomeno uno dei modi più divertenti ed economici.
Ho deciso quindi di lanciare la mia sfida sapendo perfettamente che nessuno la raccoglierà. Però magari mi sbaglio e mi stupirete, qualcuno quantomeno, tuttavia non credo, ormai vi conosco: siete dei morti di sono (nel senso dell'egocentrismo spinto).
Ho scritto quindi l'inizio di uno strano raccontino: vi sfido a continuarlo. A finirlo. Mi piacerebbe davvero leggere in che modo lo fareste procedere.
Eccolo qui.
Johnny è un uomo di mezza età e vive a New York. Questa bizzarra vicenda infatti potrebbe capitare solo a New York, la città delle grandi illusioni e delle ancora più grandi delusioni. Dicevamo di Johnny: un uomo solo, stanco, perso e disperato, in questo momento l'uomo sta andando a suicidarsi. Troppi problemi: sentimentali, economici, esistenziali, la vita non gli piace più, ha deciso di farla finita. Ci ha pensato tante volte, stanotte però troverà la forza per lanciarsi giù dal ponte, un semplice salto e poi... più niente. Quando ormai è in piedi, dritto sul cornicione, a solo un passo dal vuoto, è una voce a fermarlo: "Scusi signore, avrebbe un attimo di tempo da dedicarmi? Vedo che è impegnato, e anche piuttosto determinato direi, tuttavia credo che se mi concederà un momento di attenzione, non se ne pentirà". La voce è quella di un vecchio signore vestito tutto di bianco, potrebbe essere una specie di angelo sceso dal cielo, ma anche un semplice pasticciere a fine turno. Johnny scende e si avvicina all'uomo, il quale gli porge una scatola. "Io adesso mi allontano, quando sarà rimasto da solo la apra, dentro troverà tre buste che credo potrebbero suscitare il suo interesse. Buona notte e... buona fortuna". L'uomo sorride e con passo lento sparisce all'orizzonte. Nella scatola Johnny trova anzitutto una grande busta gialla con sopra scritto "problemi economici": dentro la busta una corposa mazzetta tutta con banconote da mille dollari. Johnny è sbalordito. Nel pacco poi c'è una seconda busta: "problemi d'amore" recita la scritta. Dentro la busta una lettera con un indirizzo e poche parole "Sono qui, ti sto aspettando, raggiungimi. Mary". La terza busta, "problemi esistenziali", contiene una chiave e null'altro.
Fine prima parte. In attesa della seconda. Buon gioco.
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ma-pi-ma · 2 years
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Un gatto che dorme il pomeriggio nel larghissimo letto padronale in un punto qualunque, però comodo, che si sveglia in un’ora qualunque perché qualcuno passa e lo carezza, non si sveglia del tutto né si chiede chi è che lo carezza, ma si porge dal sonno solo un pò per stirarsi in arrendevole lunghezza perché duri di più quella carezza. Forse così potrebbe essere l’Amore .
Patrizia Cavalli, Un gatto che dorme
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