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#quelli della calibro 38
giallofever2 · 2 years
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"L'OCCHIO DEL RAGNO" 1971.
Attore principale: Klaus Kinski.
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lamilanomagazine · 11 months
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Taranto, sparatoria nel quartiere di Paolo VI: arrestati i responsabili
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Taranto, sparatoria nel quartiere di Paolo VI: arrestati i responsabili.   All’esito delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Taranto, nella  mattinata odierna, la Squadra Mobile di Taranto ha dato esecuzione all’Ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale Ordinario di Taranto a carico dei tre presunti responsabili della sparatoria consumatasi la mattina del 1° febbraio nel quartiere Paolo VI e nei confronti di un quarto soggetto ritenuto responsabile di aver agevolato la fuga di due dei tre autori. Nella tarda mattinata del 1° febbraio 2022, il “113” diramava in sequenza più segnalazioni relative a “conflitto a fuoco” verificatosi nel quartiere Paolo VI in Taranto. Sul luogo segnalato convergevano diversi equipaggi della Polizia di Stato che, dopo un breve inseguimento, raggiungevano un uomo rintracciato sul posto armato di pistola e lo arrestavano in flagranza per i reati di resistenza a P.U. e porto abusivo di arma clandestina. Nel frattempo, altro personale della Squadra Mobile, nei pressi del luogo in cui si sarebbe consumata la sparatoria, notava, a poca distanza una dall’altra, due autovetture abbandonate con gli sportelli ancora aperti e che si accertava fossero in uso a due degli odierni indagati. All’interno di una di queste vetture si rinvenivano una pistola semiautomatica, un revolver - entrambe le armi con i caricatori parzialmente riforniti - e un bossolo di calibro diverso rispetto a quelli presenti nelle due pistole. Il sopralluogo effettuato da personale della Polizia Scientifica in tutta l’area interessata consentiva di rinvenire numerosi bossoli esplosi da 3 armi differenti. Nell’immediatezza, venivano acquisite una serie di registrazioni  che consentivano di giungere alla compiuta identificazione di uno dei compartecipi e ricostruire la dinamica dei fatti caratterizzata da un’azione molto cruenta. Sulla scorta di queste prime emergenze investigative, la locale Procura della Repubblica, assunta la direzione delle indagini, disponeva in urgenza l’avvio di un’imponente attività tecnica che consentiva di acquisire ulteriori e inequivoci elementi a carico dei tre presunti autori della sparatoria e di individuare il movente di questo conflitto a fuoco in dissapori di natura familiare intercorsi tra due dei soggetti colpiti dal provvedimento. Sulla scorta delle complessive risultanze dell’attività investigativa, la Procura della Repubblica di Taranto chiedeva ed otteneva l’applicazione delle richiamate misure cautelari a carico dei tre presunti autori della sparatoria (tutti tarantini di 41, 38 e 31 anni), indagati a vario titolo per i reati di tentato omicidio, sequestro di persona e porto abusivo di armi e, a carico del soggetto arrestato nell’immediatezza dei fatti per i reati di resistenza a P.U. e porto abusivo di armi, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 378 c.p. A riscontro della pericolosità dei soggetti tratti in arresto nella giornata odierna e del loro inserimento in strutturati contesti criminali, si evidenzia che uno di loro, in data 09/05/2022 è stato tratto in arresto in esecuzione di OCCC emessa dalla DDA di Lecce nell’ambito della c.d. operazione “SUMMA” condotta dalla Squadra Mobile di Taranto, in quanto ritenuto responsabile di associazione a delinquere di stampo mafioso e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, mentre gli altri due autori della sparatoria, rispettivamente il 07/10/2022 e il 06/03/2023, sono stati tratti in arresto da parte di personale della stessa Squadra Mobile di Taranto, in quanto trovati in possesso, in luogo pubblico, di armi clandestine e provento di furto. Si ribadisce che per gli odierni indagati vige il principio della presunzione di innocenza sino a sentenza definitiva.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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jacopocioni · 1 year
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Le Follie Estive
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Nel 1913, in quelli che venivano chiamati i Pratoni della Zecca, veniva inaugurato un teatro all’aperto che, nelle intenzioni dell’impresario, Arturo Lisciarelli, che ne aveva caldeggiato la nascita, doveva servire ad arricchire una zona della città destinata a locali di puro e semplice svago. Il teatro si chiamava Follie Estive. Nelle vicinanze già dal 1889 esisteva il teatro Alhambra, nato come café chantant, e nel 1890 ai Pratoni della Zecca si era accampata la troupe di Buffalo Bill; nel 1894 poi, sempre nello stesso luogo, aveva trovato posto un “Eden Festival”, con piste di pattinaggio, montagne russe ed altre attrazioni. Tutto questo lasciava presagire che in quel luogo Firenze avrebbe potuto avere il suo “Tivoli”, sull’esempio di città come Milano e Copenhagen.
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Le Follie Estive si presentavano come “aperte su tre facce”, ovvero, come riportato dalla cronaca locale dell’epoca, “una sul Lungarno del Tempio, una sul grande piazzale che allarga dinanzi al Ponte di Ferro, una sul viale Principe Eugenio”. La sala, a forma di ferro di cavallo era ornata di poltrone in platea e da due ordini di palchi; in alto, una terrazza affacciata sull’Arno permetteva agli spettatori di cenare oppure di “sorbire fresche bevande”.
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La sera in cui le Follie Estive vennero inaugurate, il 14 giugno, vi fu una “piena fenomenale”, cioè un enorme concorso di pubblico, e se gli intervenuti poterono ammirare le decorazioni di Aristodemo Landi, ancor più restarono stupiti e entusiasti dell’opera di Vespasiano Brinati, l’elettricista che aveva curato l’immensa insegna luminosa, con lampade ad arco che rischiaravano i lungarni, l’Arno e persino “i colli lontani”. Non tutti gli spettatori trovarono posto in sala, alcuni si affollarono nei corridoi, altri dovettero arrampicarsi sulle balaustre della cancellata.
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Alle Follie Estive si rappresentavano spettacoli di prosa e varietà; il palcoscenico era al coperto, ma le sedie in platea no e quando accadeva che piovesse, c’era un fuggi fuggi generale. Arturo Lisciarelli era uomo di grandi vedute. Sognò, stando a quanto scrisse La Nazione il 27 agosto 1913, di “far deviare l’Arno dinanzi alle Follie Estive e ridurre il suo grazioso teatro a un’isola. Vi si accederebbe con gondole illuminate”. La deviazione dell’Arno non si verificò, ma l’anno dopo, nel 1914, il Lisciarelli meditò di aprire un nuovo locale, il Montecarlo Park, che avrebbe dovuto occupare - con un ippodromo, una serie di locali da svago, giardini, caffè, bazar e giostre - la bellezza di 40.000 metri quadri di terreno “unendo insieme la graziosa collinetta dove sorge la villa già Chiaravia (che non sono riuscita ad identificare), un altro podere e i terreni dove era la fonderia”, creando in questo modo un sistema di rapporti con le Follie Estive per valorizzare al massimo quest’ultimo locale.
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Il progetto fece molto scalpore, tanto che sulla stampa dell’epoca venne scherzosamente ventilata la proposta di “nominare il lungarno che conduce a questi locali lungarno Lisciarelli”. Negli anni fra le due guerre mondiali le Follie Estive furono uno dei ritrovi preferiti dai fiorentini nei mesi della calura, offrendo spettacoli di varietà molto applauditi. Attorno al 1937-38 venne rappresentato uno spettacolo con Totò e le sue ballerine in una serata in cui trovare un posto era davvero un miracolo. Oltre a Totò, varie compagnie vi si esibivano; vi fecero tappa attori del calibro di De Filippo e Macario, ed altri comici poi divenuti illustri. Erano tempi di poche bizzarrie e le follie estive dei fiorentini si riducevano ad allegre serate nell’omonimo locale sul lungarno; sul palcoscenico del teatro si esibivano soubrettine in audacissimi due pezzi. Venivano ammirate, queste “peccatrici”, anche dalla spalletta dell’Arno quando, di giorno, facevano il bagno nei pressi del ponte a San Niccolò. L’Alhambra, intanto si era tramutato in tempio dell’operetta e non dava, pertanto, molto fastidio al vicino concorrente.
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Finita l’era del varietà, le Follie Estive conobbero la decadenza. Nel 1939 il locale fu chiuso e l’arredamento venne venduto all’asta nei giorni 24 e 25 luglio. Le Follie Estive ospitarono un cinema all’aperto. Ma nel 1959 il piccone liquidava per sempre quell’angolo caratteristico di Firenze. Le Follie Estive furono abbattute per costruire i palazzi che attualmente si vedono. Nel 1961, non molto distante, sarebbe stato abbattuto l'Alhambra per innalzare l'orrendo edificio de La Nazione. Legato alle Follie Estive vi è un episodio curioso. Totò nel 1931 debuttò con un suo spettacolo proprio alle Follie Estive. Aveva scelto Firenze come città per la sua prima teatrale, per la ragione che andava ripetendo alle persone a lui più vicine: “se alla fine dello spettacolo il pubblico applaude, avrò successo ovunque”. Sapeva che il pubblico fiorentino era molto esigente, abituato a vedere le “star” dello spettacolo e che era dotato di uno spirito critico molto accentuato.
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Proprio quella sera del debutto, Totò conobbe una ragazza fiorentina, di appena sedici anni, Diana Rogliani Bandini. Rimase immediatamente affascinato da questa ragazza, e con lei instaurò una relazione epistolare, ma non solo: fiori ed inviti si sovrapponevano, fin quando accadde l’irreparabile. I due fecero la classica “fuitina”, a Roma. Diana era minorenne e la cosa avrebbe fatto scandalo, ma tra i due era scoccata la scintilla dell’amore e decisero di sposarsi. Dall’unione della coppia nacque una figlia, Liliana. In una intervista, Liliana raccontò alcuni aneddoti, che trascrivo:
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“Quando ero piccola, mio padre voleva sempre che trascorressimo alcuni giorni a Firenze. E ricordo che mi portava per mano fino a piazza Strozzi dove, mostrandomi il palazzo rinascimentale diceva: vedi, tuo nonno ha fatto fallire i proprietari. E giù le risate”. La storia riguardava un avo di Liliana, un uomo di conti che, trovatosi al tramonto delle fortune degli Strozzi, non era riuscito ad evitare il declino legato a quella che oggi è la sede dell’omonima fondazione. Totò e Firenze ebbero un legame profondo, intenso. Sempre in una intervista, il nipote ha detto: “Quello tra Firenze e Totò fu un legame molto profondo, una incredibile alchimia. Non solo profumi, odori particolari. A Firenze amava essere più elegante del solito, amava le atmosfere rinascimentali, come ogni bizantiniano veniva completamente attirato dalla magia fiorentina”. Una storia dolcissima, tenera, di altri tempi…
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Gabriella Bazzani Read the full article
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mariocki · 3 years
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Quelli della calibro 38 (Colt 38 Special Squad, 1976)
"You're a hero, Vanni. It's all over the news. You killed my brother, but I've avenged him."
"Who are you?"
"I'm the Marseillaise. Heroes can't afford the luxury of having a family."
#Colt 38 Special Squad#Quelli della calibro 38#massimo dallamano#italian cinema#poliziotteschi#Franco Bottari#Marco Guglielmi#Ettore Sanzò#marcel bozzuffi#Carole André#ivan rassimov#Riccardo Salvino#Fabrizio Capucci#Armando Brancia#grace jones#Stelvio Cipriani#Giancarlo bonuglia#Francesco ferracini#Daniele gabbai#Antonio marsina#First things first: that awesomely dramatic and violent moment captured in the poster? All the motorcycle boys shooting a guy in a phone#Booth? That never happens. I waited and waited and there is one scene of a guy in a call box and I was like omg here we go... Nah. Didn't#Happen. That minor disappointment aside‚ this is... Well it's probably one of the dumbest‚ most spectacularly vacuous poliziotteschi films#I've yet seen. Brain empty‚ pure adrenalin. That might sound like a criticism but actually this is pretty damn successful at what it wants#To be: a big noisy bright triumph of visual spectacle over anything else. Script? Nonsense. Plot? Barely. Car bombs? Ten a penny#Ivan Rassimov (be still my beating heart) is the master criminal whose plan is to use terrorism for monetary game (the most evil of evils!)#Against him stands one surly cop and his band of entirely indistinguishable and personality bereft motorcycle bad boy cops‚ all kitted out#With the titular pistol. There's the usual finger wagging about the police not having adequate powers (read: not able to murder suspects)#And handwringing about the modern state of the criminal classes (not like the good old days of honourable bad guys!) but mostly this film#Checks its braincells at the door and just concentrates on delivering macho action nonsense. And it's fun! So sue me!
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painiac · 7 years
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mudwerks · 7 years
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(via Poster for Colt 38 Special Squad (Quelli della calibro 38) (1976, Italy) - Wrong Side of the Art)
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crazy-so-na-sega · 2 years
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La forza militare russa e quella Ucraina
La Russia ha schierato un terzo della sua forza militare che, negli ultimi anni, è stata rafforzata e migliorata. Sono stati fatti molti investimenti nel settore militare sviluppati soprattutto nelle nuove armi nucleari come i missili ipersonici. Attualmente la Russia è seconda solo agli Stati Uniti e davanti alla Cina come super potenza militare. con una spesa che solo nel 2021 ha ammontato a oltre 62 miliardi di dollari, il doppio, per fare un esempio, di quella dell'Italia. Il presidente, alla vigilia dell'invasione, si è vantato di avere armi «che non hanno eguali al mondo» e a prescindere dalle dichiarazioni, l'ultimo conflitto in cui la Russia ha mostrato i muscoli, quello in Siria, ha dimostrato la capacità militare di Mosca.
Al 2020 i russi contano circa 900.000 effettivi, che giungono a circa 2.000.000 se inclusivi dei riservisti, mentre l'Ucraina dispone di circa 200.000 soldati attivi.
Subito dopo la dichiarazione di guerra da parte dello zar russo, il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato la legge marziale nel paese e chiamato alle armi tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni, armando i civili con oltre 18 mila fucili. Le forze terrestri dell’Ucraina sono state costituite come parte delle forze armate sulla base del decreto del Presidente nel 1996. Il personale arruolato risulta intorno a 200.000 persone.
Secondo i dati più recenti, le forze terrestri ucraine sono costituite da 2.596 carri armati contro i 12.420 della Russia. La forza aerea ucraina è composta da 318 unità, quella russa di 4.173.  A partire dal 2013, la Marina militare delle forze armate ucraine era di 14.700, composta da 22 navi da guerra e barche, 11 aerei ed elicotteri antiaerei, 40 carri armati, 199 veicoli da combattimento corazzati e 54 sistemi di artiglieria con un calibro di oltre 100 millimetri. Ora il numero della flotta navale dovrebbe aver raggiunto le 38 unità contro le 605 russe.
Il rapporto "The Military balance", pubblicato dall'Istituto Internazionale per gli Studi strategici, evidenzia che nel 2021 l'Ucraina ha destinato alle spese militari 4,7 miliardi di dollari. Le forze di terra russe contano in particolare 280mila effettivi, il doppio di quelli ucraini, mentre nell'aviazione il rapporto è di cinque a uno. Sul fronte ucraino, la Russia schiera attualmente circa 200mila effettivi, mentre è difficile stimare le forze ucraine data la mobilitazione totale in corso. C'è da dire che gli ucraini sono ancora in gran parte equipaggiati con armamenti di epoca sovietica. Proprio per questo motivo Kiev stava valutando un possibile ingresso nella Nato come strumento di ammodernamento delle proprie strutture - in special modo l'aviazione - per la quale era previsto l'acquisto di apparecchi di fabbricazione occidentale a partire dalla metà del prossimo decennio.
In queste ore di guerra estrema le truppe di Kiev rispondono all'avanzata russa usando i missili anti-carro Javelin, che sono tra i più avanzati al mondo. Tanto che i militari li chiamano “Saint Javelin”. Un ufficiale ucraino ha raccontato al giornalista della Cnn Micheal Weiss: «Nel 2014 ci difendevamo con gli Rpg (un tipo di razzo più semplice ed economico) e con quelli era difficile distruggere un T-72 (un carroarmato russo). Adesso non è più un problema». Quest’arma ha acquistato una vasta popolarità in Ucraina quando, nei mesi scorsi, ha iniziato a essere consegnata alle forze armate. Oggi, “Saint Javelin” è un meme diffuso sui tutti i social media ucraini, oltre che una linea di accessori e abbigliamento che devolve i suoi profitti agli orfani di guerra.
La Russia, secondo il Guardian, ha accumulato più di 150mila soldati da combattimento ai confini dell'Ucraina, mentre le truppe separatiste delle sedicenti repubbliche filo-russe di Donetsk e Luhansk possono contare su circa 34mila effettivi.  L'esercito di Kiev è in gran parte concentrato nell'Est del Paese, vicino alla regione occupata del Donbass, e gli analisti occidentali ritengono che un obiettivo chiave delle prime operazioni russe sarà cercare di disperdere le forze combattenti ucraine. Sebbene l'Ucraina abbia cercato di modernizzare le sue forze armate nell'ultimo anno, ricevendo, appunto, i missili anticarro Javelin dagli Stati Uniti, armi anticarro a corto raggio dal Regno Unito e un piccolo numero di droni TB2 dalla Turchia, la maggior parte del suo esercito è equipaggiato con attrezzature i cui progetti risalgono all'era sovietica e sono dunque ben conosciuti dai generali russi.
C'è, poi, il tema più scottante, quello delle armi nucleari che Putin ha usato come una delle ragioni dell’invasione: «La possibilità che l'Ucraina abbia armi tattiche nucleari costituisce una minaccia strategica per la Russia», ha detto il presidente russo, affermando che Mosca «vuole la smilitarizzazione dell'Ucraina». Alle accuse di Mosca ha risposto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, che ha sottolineato che il suo paese non ha piani per ottenere armi nucleari.
La Russia aderisce al Trattato di non Proliferazione Nucleare (Tpn), sancito nel 1970, con il quale i paesi hanno iniziato a coordinare il loro impegno per ridurre i loro arsenali nucleari dopo la Guerra fredda. Nel 2010 poi Usa e Russia hanno firmato un ulteriore accordo, prorogato fino al 2025, sugli armamenti nucleari, il “New Start”, che stabilisce il limite di armi atomiche che possono essere possedute dalle due superpotenze a 1.550. Ma il limite stabilito dall’accordo vale solamente per testate e bombe atomiche. Non sono inclusi i missili a corto e medio raggio e le armi nucleari tattiche. Per questo gli arsenali atomici di Russia e Usa sono molto più grandi.
Secondo l’International Peace research institute (Sipri) di Stoccolma, Stati Uniti e Russia detengono il 90% delle forze nucleari globali. Gli ultimi dati del 2021 evidenziano 5.550 testate nucleari di cui 1.800 già schierate per gli Stati Uniti, cioè già collocate nei missili o localizzate in basi militari con forze operative. Per il Sipri la Russia ha un arsenale atomico di 6.255 armi, di cui 1.625 nelle unità operative, quindi pronte per l'uso. Tra le armi con capacità nucleari della Russia ci sono i due missili da crociera ipersonici "Kinzhal” e “Zirkon”.
Oltre alla Russia e agli Usa hanno arsenali atomici la Gran Bretagna (215), la Francia (300) e la Cina (280) che aderiscono al Tpn. Pakistan (150), India (140) e Corea del Nord (20) invece non aderiscono al patto di non proliferazione.
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cluboftigerghost · 3 years
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The Sound That Ate My Mind by ostman 01 - The Light Is On - Takatsugu Muramatsu (Omoide no Marnie) 02 - Homeric Theme - Brian Hodgson (The Tomorrow People) 03 - Delusion - Barry Adamson (Delusion) 04 - Braveheart - James horner (Braveheart) 05 - Godzilla Attacks - Makoto Inoue (Godzilla Legend) 06 - Doll's Ployphony - Geinoh Yamashirogumi (Akira) 07 - Spiritual Warriors - Kurt Stenzel (Jodorowsky's Dune) 08 - Arrakis - Kurt Stenzel (Jodorowsky's Dune) 09 - The Circle - Jack Wall & Trevor Morris (Shadowhunters: The Mortal Instruments) 10 - Mansfield Crash - Howard Shore (Crash) 11 - Happiness is Having Two Killer Whales as Friends - Stelvio Cipriani (Tentacoli) 12 - Arrival to a New Home - Alexander Falinski (Planetbase) 13 - The Thin Red Line Main Theme - Hans Zimmer (The Thin Red Line) 14 - Rooftop Running - Craig Safan (Remo Williams Unarmed and Dangerous) 15 - The Road To The Valley- Joe Hisaishi - (Nausicaä of the Valley of the Wind) 16 - Merlin's Song - Donald Rubinstein (Knightriders) 17 - Birthday Party - Howard Shore (Dead Ringers) 18 - Tricycle Express - Mr.Ozio (Rubber) 19 - Dive Bomb Blues - Jóhann Jóhannsson (Mandy) 20 - Attack Of The Alien Minds - Brian Hodgson (The Tomorrow People) 21 - The Girl Stood Up - Takatsugu Muramatsu (Omoide no Marnie) 22 - LV-426 - James Horner (Aliens) 23 - Devil's Advocate Main Theme - James Newton Howard (The Devil's Advocate) 24 - Recovering The Amulet - Bruce Broughton (The Monster Squad) 25 - Final Confrontation - Tangerine Dream (Thief) 26 - In The Limo - Jerry Fielding (The Killer Elite) 27 - Fountain Of Blood - Charles Bernstein (A Nightmare On Elm Street) 28 - Children Of The New Dawn - Jóhann Jóhannsson (Mandy) 29 - Again and Again - Grace Jones (Quelli Della Calibro 38) 30 - Snide rhythms - David Vorhaus (The Tomorrow People)
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paoloxl · 4 years
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(via Trieste 9 marzo 1985 - Pedro Greco "giustiziato" dalla Stato - Osservatorio Repressione)
Nel corso dell’operazione di polizia, viene ucciso,  benché disarmato e senza abbia opposto resistenza, il militante di autonomia operaia Pietro Maria Greco. Il Questore della città è Antonino Allegra, già capo dell’ufficio politico milanese al tempo del ‘suicidio’ di Giuseppe Pinelli.
– Pietro Maria Walter Greco nasce a Mileto Porto (RC) il 4 marzo 1947 – si trasferisce in Veneto alla fine degli anni sessanta – nel ’79 si trasferisce a Padova e si iscrive a statistica, dove si laurea – lavora come insegnante di matematica in una scuola media di Padova – viene inquisito e prosciolto per i Collettivi Politici Veneti nell’inchiesta contro l’autonomia veneta nella primavera ’80 – nel 1982 viene nuovamente inquisito – va in esilio a Parigi – viene ucciso dalla polizia a Trieste il 9 marzo 1985
[Pedro esce di casa, dall’appartamento al terzo piano; una volta giù decide di rientrare. Appostati all’esterno ci sono 4 sicari dello Stato italiano. Sono Nunzio Maurizio Romano, agente del Sisde (che ha il compito di riconoscerlo); Giuseppe Guidi, viceispettore della Digos; Maurizio Bensa e Mario Passanisi, agenti della Digos di Trieste. Il Romano, il Guidi e il Passanisi entrano nello stabile e si mettono in agguato nel sottoscala. Quando Pedro discende le scale il Romano gli si para davanti e spara due colpi calibro 38 a meno di mezzo metro di distanza che lo colpiscono ai polmoni. Immediato il fuoco incrociato degli altri due poliziotti killer che colpiscono Pedro con pallottole calibro 9 alla spalla e alla gamba. Nel piccolo atrio si conteranno successivamente i segni di almeno una dozzina di colpi. Pedro fa appello per l’ultima volta alla sua straordinaria forza di volontà, uscendo in strada e impedendo così che tutto si svolga senza testimoni. Esce, ferito mortalmente, parecchi passanti lo sentono gridare “mi vogliono ammazzare mi vogliono ammazzare”. Il Bensa, rimasto all’esterno dello stabile, appena vede Pedro gli spara, alle spalle. Pedro si accascia sanguinante dopo pochi metri. Il Passanisi lo ammanetta. Trasportato in ospedale con notevole ritardo, muore verso le 11.50] *non è tratta dal libro
Documenti prodotti da organizzazioni armate per la persone o per l’evento in cui ha incontrato la morte – Franco Fortini, “A Mino Martinazzoli”, in Lettere da Lontano, L’Espresso 16 novembre 1986 “L’assoluzione -tale è la sentenza di Trieste- di chi ha ucciso Greco non è sorprendente; né l’indifferenza dei partiti politici, da quelli che difendono “la vita” a quelli non contrari al terrorismo in uniforme (tornava in Francia, emigrato politico; agenti in borghese vanno a prelevarlo; fugge, sparano, lo ammazzano. “Sembrava avere un’arma” dicono. Era disarmato. Due condanne a 8 mesi, condizionale e non iscrizione). Quando leggo di sentenze come quelle non penso ai criteri dei giudici ( lei, ex ministro di giustizia ne sa più di me). Prima di tutto perché dei fatti so solo quel che se ne lesse. E poi perché ho paura e sto molto attento a non violare il Codice penale. (Quello della calunnia, non ho più l’età per temerlo). Purtroppo o fortunatamente è vero però che i responsabili dei quali mi interesso – e dunque non delle uccisioni né della sentenza ma del loro significato – non sono coloro che hanno sparato né coloro che 2ne hanno benedette le mani con un sorriso”, come tanti anni fa ebbi a scrivere per l’uccisione di Serantini; sono i politici e i loro portavoce ossia i giornalisti e gli operatori della comunicazione che quei significati conferiscono o lasciano conferire. Lei, caro Martinazzoli, è di buone letture. Mi permetta di rammentarle due versi di Baudelaire. Il “tu” invocato è Satana ma, per un cristiano, potrebbe essere il Sommo Bene: “Tu che al proscritto dai lo sguardo calmo e nobile / che intorno a un patibolo danna un popolo intero”. Non so se l’ucciso fosse colpevole alcunché; proscritto senza dubbia, se tornava da una sua emigrazione politica. Condannato a morte da alcuni specialisti fra dipendenti di due o tre ministri con i quali, fino a poco tempo fa, lei sedeva per il bene della Repubblica, Greco non era su un palco in attesa della lama o della corda. Non aveva “le regarde calm et haut”. Gridava: “mi vogliono ammazzare, aiuto!” Ma il popolo intero che la sua morte condanna e danna, quello sì, c’era. Mi basta scendere per la via per incontrarlo. E’ il nostro popolo, la gente che amiamo e stimiamo apparentemente inseparabile da quella che, forse insieme ai più, detesto, e , debbo pur dirlo, odio e vorrei veder ridotta non alla ragione (che è impossibile ormai) né al pentimento (che non è in mio potere) ma all’impotenza almeno. E’ il popolo che ascolta distratto o ignora cronache come quella di Trieste; e si danna così. Non credo alla giustizia della storia, che è di invendicati. Né che l’accumulo di sopraffazioni, latrocini, corruttele, oppressioni dei deboli e beffe della giustizia, debba finire, prima o poi, col muovere le pietre e la gente. Tutt’altro. Chi non guarda più i telegiornali, se proprio non si trova sulla traiettoria dei proiettili della Digos, avrà altre cose cui pensare invece della intenzionale o preterintenzionale trasformazione, grazie a quei piombi, di un giovanotto in un fantoccio da obitorio. Oggi, voglio dire, Nemesi sceglie vie invisibili, come nelle viscere del fall-out atomico. Il giusto ne è punito quanto il peccatore, a riprova che in ognuno dei due c’è una quota dell’altro. Lentamente, giorno dopo giorno, una impercettibile diminuzione dell’ossigeno morale annichilisce cellule, rabbercia circuiti vivari e precari. Come certe specie di anfibi adatti alle spelonche, che hanno ancora occhi ma senza uso o bisogno di vista, così intere generazioni possono convivere con una crescita di tossico storico negli alveoli. E’ quel che chiamiamo decadenza; di popolo o di continente: solo vera punizione attribuibile al Tribunale della Storia di cui parlò Hegel. Grazie a quest’ultimo, non dimentico che essa va di pari passo col suo contrario. Scopro, pieno di ammirazione, prove di vitalità, qualità, coraggio, severità di cui questa nazione è ricca e capace; e poi, quando tali forze positive siano, come oggi, offese e sprezzate, se ne cerchi allora al di là dei confini la amicizia vittoriosa… La “denuncia” di quella cosa che non oso neanche definire, dico la sentenza di Trieste, mi parrebbe stolta eloquenza senza seguito di azioni, foss’anche minime, com’è di scriverle questa lettera. Perché leri, caro Martinazzoli, ha poteri che io non ho. Mi creda, con ogni rispetto, suo Franco Fortini”.
(…) Cosa dire di un compagno per noi indispensabile? Pedro lo ricordiamo sempre accanto a noi  dalle lotte degli universitari, a partire dal ’68, alle lotte in mensa come lavoratore dell’Opera, a quelle dei precari della scuola. Per questo, per la sua internità alle istituzioni di movimento, a quelle stesse lotte che ci hanno unito e che tuttora ci uniscono, Pedro ha subito varie inquisizioni da parte di Kaloegero (inquisizioni suffragate solo dalle parole dei pentiti, puntualmente crollate). Ancora una volta in prima fila, al primo posto, pronto a pagare di persona, duramente, con ulteriori anni di latitanza, sospensione dal lavoro, riduzione del proprio reddito strappato con le unghie a questa società di merda, per creare migliore qualità della vita. Pedro, 38 anni, Pedro accanto ai giovani del centro sociale “Nuvola rossa”, accanto a quella che era la sua classe di appartenenza, quella degli sfruttati, dei senza-casa, dei senza reddito, di chi non si lascia sconfiggere, di chi continua comunque a lottare. Lo ricordiamo durante le lotte del censimento con noi proletari disoccupati, con noi per la solidarietà, per internità, perché Pedro era così. E così lo vogliamo vivere, nelle nostre lotte, non come un ricordo ma come una presenza sempre viva, in mezzo a noi, indispensabile fino in fondo, ricordando anche il suo sforzo estremo. Ci piace immaginarlo così: che corre fuori dall’atrio di quel condominio-tomba di via Giulia a denunciare con voce forte, ancora una volta, purtroppo l’ultima per lui, che lo Stato uccide ma che questa volta non sarà possibile mistificare, non sarà possibile creare la montatura, il “mostro” (…) Grazie compagno Pedro per quello che ci hai saputo dare, grazie compagno per la forza che ancora ci tiene vivi, incazzati e mai arresi, insieme a te e adesso anche per te. A pugno chiuso compagno nostro, col sangue agli occhi, tu ci mancherai molto perchè tu sei per noi tutti uno degli indispensabili”.
-Claudio Latino, carcere Due Palazzi, 13 marzo 1985 “Parlare di Pedro, della sua vita, della sua figura di compagno a questo punto è struggente. Molti lo hanno conosciuto e ancora di più ne avranno sentito parlare. Senza retorica si può dire che pochi hanno la sua capacità di comunicare e socializzare, la sua carica e la sua determinazione, la sua intelligenza e la sua coerenza”.
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canterai · 5 years
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“Rampante drago viola. Ho navigato nella rete alla ricerca di tutti i nomi che esistono per il membro maschile. Non puoi immaginare! Gli uomini sono cosi ossessionati dal loro pene che hanno almeno 365 nomi per esso. Uno per ogni giorno dell'anno. Ecco qui alcuni dei miei preferiti, lasciando fuori quelli più volgari: Aguglia, Albero di Natale, Anguilla, Archibugio, Attaccapanni, Battaglio, Bestia, Bitorzolo, Blackedecker, Calibro 38, Calippo, Catenaccio, Crescinmano, Escavatore, Galletto Amburghese, Kojak, Mandrillo, Mio-fratello-più-piccolo, Rocco-e-i-suoi-fratelli, Sciupavedove, Sventrapassere, Terza Gamba, Torre di Pisa, Triccheballacche, Tronchetto della Felicità e Oboe Rosa. E sapevi che la parola "penna" deriva dal latino e significa "piccolo pene"? Non posso fare a meno di pensarci ogni volta che l'ho in mano. La penna, intendo. Siccome non siamo così ossessionate dalla nostra natura, non c'è paragone con il numero di nomi che noi donne abbiamo per la vagina, ma eccone alcuni: Il Sorriso Verticale (spagnolo) e Yoni (hindu) sono i miei preferiti. Poi, a parte l'antico e offensivo Fica, che affonda le sue origini nella lingua di oltre millecinquecento anni fa, e il ben brutto Topa, un appellativo nato anch'esso nei secoli passati, possiamo offrire: Porta del Paradiso, Casa delle Delizie, Città della Gioia, Labbra dell'Amore, nonché altri termini diffusi grazie ai famosi Monologhi della vagina quali: Vaso di Pandora, Acquasantiera, Albicocca, Bignè, Boschetto, Caverna, Centro dell'Universo, Chitarrina, Cozza, Delta di Venere, Fagiana, Farfallina, Gioia, Micia, Passera, Prugna, Pussi Pussi.”
— Aidan Chambers: Questo è tutto
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topprezzi · 4 years
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giallofever2 · 2 years
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giuliocavalli · 7 years
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Palermo, il delitto del mercato: ucciso per uno schiaffo
Palermo, il delitto del mercato: ucciso per uno schiaffo Salvo Palazzolo per Repubblica: Quando ancora Palermo dorme, qualcuno già litiga al Capo. Voci, spintoni, insulti. Due uomini litigano senza esclusione di colpi. E poi, all’improvviso, il silenzio. Pochi attimi prima dell’arrivo di una pattuglia dei carabinieri, inviata dalla centrale dopo una telefonata anonima. Sono le sette, in via Porta Carini ci sono pochissime persone. Il fruttivendolo Andrea Cusimano, uno di quelli che hanno discusso animatamente (ma questo ancora nessuno lo sa), sta aprendo la sua bancarella, che è la prima del mercato. Ha il tempo di sistemare qualche cassetta di ortaggi. Tutto sembra tranquillo, la pattuglia va via. Ma 45 minuti dopo, arriva un giovane robusto, ha una pistola in mano. Cusimano lo conosce, è il figlio dell’uomo che ha affrontato poco prima, con uno schiaffo, racconterà un testimone. È in quel momento che Cusimano comprende di essere diventato la vittima predestinata. E allora prova a scappare fra le bancarelle. Mancano una manciata di minuti alle otto. Corre, Andrea Cusimano, è un giovane di 30 anni. Non ha scampo. Uno, due, tre colpi di pistola lo stendono per terra. Il sicario si avvicina, forse vuole pure infliggere il colpo di grazia con la sua Lebel calibro 38, una pistola di fabbricazione francese. Quale offesa ha mai fatto quel fruttivendolo? Di sicuro c’è solo che l’esecuzione della condanna a morte decisa nel giro di una manciata di minuti deve essere esemplare. Poco importa che in quel momento ci siano già diverse persone attorno. Commercianti, turisti. Ci sono anche un maresciallo e un appuntato del nucleo Investigativo dei carabinieri, sono in borghese. Inizia un inseguimento fra le bancarelle: l’assassino prova a liberarsi della pistola, lanciandola dentro un deposito. Poi, si infila dentro una Smart nera guidata da un complice, che aspetta in via Volturno. Il carabiniere lo tira fuori a forza. L’auto fugge, ma l’assassino è in manette. È un giovane di 23 anni, Calogero Piero Lo Presti, suo padre è Giovanni, nel 2002 finì in carcere pure lui con l’accusa di aver ucciso un parente, Salvatore Altieri, al culmine di una drammatica lite. In realtà, passò una settimana prima che Lo Cascio fosse individuato, perché i familiari avevano scelto di sacrificare il figlio della vittima pur di salvare il vero assassino. E non è un caso. Lo Presti è un cognome pesante nella geografia di Cosa nostra. Un dato che è subito balzato all’attenzione dei carabinieri. Lo Presti junior è nipote del boss Calogero Lo Presti, uno dei ras di Cosa nostra che comandano su Porta Nuova, ma anche cugino di secondo grado di Tommaso Lo Presti, altro autorevole padrino.
Salvo Palazzolo per Repubblica: Quando ancora Palermo dorme, qualcuno già litiga al Capo. Voci, spintoni, insulti. Due uomini litigano senza esclusione di colpi. E poi, all’improvviso, il silenzio. Pochi attimi prima dell’arrivo di una pattuglia dei carabinieri, inviata dalla centrale dopo una telefonata anonima. Sono le sette, in via Porta Carini ci sono pochissime persone. Il fruttivendolo…
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commissario-tanzi · 5 years
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Quelli della calibro 38 (1976)
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theostman-blog · 5 years
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The Sound That Ate My Mind
Links:
https://soundcloud.com/theostman/thesoundthatatemymind
https://www.mixcloud.com/ostman/the-sound-that-ate-my-mind/
Tracklist:
01 - The Light Is On - Takatsugu Muramatsu (Omoide no Marnie) 02 - Homeric Theme - Brian Hodgson (The Tomorrow People) 03 - Delusion - Barry Adamson (Delusion) 04 - Braveheart - James horner (Braveheart) 05 - Godzilla Attacks - Makoto Inoue (Godzilla Legend) 06 - Doll's Ployphony - Geinoh Yamashirogumi (Akira) 07 - Spiritual Warriors - Kurt Stenzel (Jodorowsky's Dune) 08 - Arrakis - Kurt Stenzel (Jodorowsky's Dune) 09 - The Circle - Jack Wall & Trevor Morris (Shadowhunters: The Mortal Instruments) 10 - Mansfield Crash - Howard Shore (Crash) 11 - Happiness is Having Two Killer Whales as Friends - Stelvio Cipriani (Tentacoli) 12 - Arrival to a New Home - Alexander Falinski (Planetbase) 13 - The Thin Red Line Main Theme - Hans Zimmer (The Thin Red Line) 14 - Rooftop Running - Craig Safan (Remo Williams Unarmed and Dangerous) 15 - The Road To The Valley- Joe Hisaishi - (Nausicaä of the Valley of the Wind) 16 - Merlin's Song - Donald Rubinstein (Knightriders) 17 - Birthday Party - Howard Shore (Dead Ringers) 18 - Tricycle Express - Mr.Ozio (Rubber) 19 - Dive Bomb Blues - Jóhann Jóhannsson (Mandy) 20 - Attack Of The Alien Minds - Brian Hodgson (The Tomorrow People) 21 - The Girl Stood Up - Takatsugu Muramatsu (Omoide no Marnie) 22 - LV-426 - James Horner (Aliens) 23 - Devil's Advocate Main Theme - James Newton Howard (The Devil's Advocate) 24 - Recovering The Amulet - Bruce Broughton (The Monster Squad) 25 - Final Confrontation - Tangerine Dream (Thief) 26 - In The Limo - Jerry Fielding (The Killer Elite) 27 - Fountain Of Blood - Charles Bernstein (A Nightmare On Elm Street) 28 - Children Of The New Dawn - Jóhann Jóhannsson (Mandy) 29 - Again and Again - Grace Jones (Quelli Della Calibro 38) 30 - Snide rhythms - David Vorhaus (The Tomorrow People)
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codelpho · 5 years
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BANGA E LA RAPINA IN BANCA
Un colpo al cuore e cadde morto stecchito. “Rapina alla banca del Passetto! A tutte le auto, rapina alla banca del Passetto!” Strillava la voce femminile dell’autoradio. “Vaffanculo”, sussurrò il commissario. Fece inversione, mise sul tetto la sirena e prese dal cassetto la calibro 9 che infilò nella tasca della giacca. Era una piccola succursale di periferia e alla porta della banca c’era un piantone che lui sorpassò a passo svelto, dirigendosi verso il graduato. “Feriti?” Chiese. “No, commissario… tutti salvi.” Ebbe un attimo di distensione sul viso. 
“Quanto?” Richiese.
“Trecentomila o più, tutti i depositi della settimana.”
‘Cazzo!’ pensò il commissario e fece il muso duro. “Dov’è il direttore?” L’agente gli fece segno col braccio teso “Lá, nell’ufficio, c’è anche Cut…” Non lo lasciò finire, già stava avviandosi alla porta che aprì senza bussare. Il sergente Cutolo si mise sull’attenti e fece quasi un saluto militare. “Buongiorno, direttore. Voglio tutti i nomi di quelli che hanno fatto depositi oggi”, disse il commissario. Seduto alla scrivania, il direttore ebbe solo il tempo di dire “Si certo, devo solo telefonare in sede”, che la porta si spalancò. “Commissario!” Gridò l’agente quasi urlando, poi sussurrò “Hanno ucciso il Guercio, in via Passeri.” ‘Cazzo, tutte oggi?’ Pensò il commissario. “Nessuno esce, tutti in commissariato”, disse avviandosi alla porta. Montò nuovamente in macchina, ripose il ferro nel cassetto e staccò l’allarme acustico. ‘Niente sirena per i morti, hanno bisogno di pace, i morti’, pensò ma non credeva alle coincidenze. ‘Un morto e una rapina proprio qui, in questo paesotto, dove non succede quasi mai niente, porca miseria!’ Dieci anni di vita quasi tranquilla e fra un anno sarebbe andato in pensione, non vedeva l’ora e si svegliavano proprio adesso a rovinargli la festa! Sognava i mari del Sud, il commissario. Via Passeri stava a due isolati, ci si poteva andare anche a piedi e c’era già un bel movimento davanti al numero 9 con la pantera lampeggiante e capannelli di gente sfaccendata a curiosare. Una casa a tre piani, sei appartamenti, niente ascensore. Salì le scale, la porta di destra, al secondo, era socchiusa e il morto era lì steso sul pavimento a due passi dall’entrata. Morto cadavere, supino. “Non l’abbiamo toccato, aspettiamo il medico e la scientifica, commissario”, disse Giansanti porgendogli guanti e galosce azzurre. “Gian, fa’ sgombrare quella gente di sotto”, gli disse il commissario, infilando i guanti e le galosce e avviandosi verso quella che era la cucina. Seduta su una sedia con i gomiti sul tavolo e le mani fra la testa, Banga stava lì ad aspettare. Dieci anni che era in Italia ma la pensione era ancora lontana per lei. Si alzò in piedi quando lui entrò, cicciotta, bassetta, spalle larghe e braccia grosse, occhi neri mandorlati, sui trenta o meno, ‘difficile dire con questi orientali’, pensò il commissario. Il suo viso non esprimeva sentimenti giovani o vecchi, era fermo, da statua. Il nome Banga, diminutivo di Bangladesh, glielo avevano appioppato poco dopo il suo arrivo in Italia ed era difficile toglierselo anche se lei non veniva dal Bangladesh. Il suo nome era Nishimura Sakura e veniva dal Giappone ma non aveva mai protestato e s’era tenuta Banga. “Parla italiano?” Chiese il commissario. “Si”, rispose. Era la concubina di quello che stava lì all’ingresso, il morto, e faceva l’estetista in un centro di bellezza con qualche massaggio extra, quando capitava. “Dottore, c’è il medico”, disse Giansanti sull’uscio. Il commissario si alzò e si diresse verso il morto dove stava il medico in ginocchio a tastarlo. “È ancora molle”, disse, “almeno cinque ore, che sia stato ucciso non saprei, un colpo direi, un infartino forse. Vedremo l’autopsia.” Disse il medico. “Grazie, dot”, rispose il commissario che stava già tornando in cucina. 
“Ha telefonato lei al 113? ” 
“Sì.”
“Chi l’ha ucciso?” Lei non mosse ciglio, una statua.
“Come faceva a sapere che era stato ucciso?”
“Da noi quando uno muore, muore ammazzato”, rispose Banga. 
‘Non aveva torto, anche da noi…’ Pensò il commissario.
 “Portala in commissariato”, disse rivolto a Giansanti.
Il commissario sapeva fare il suo mestiere e la torchiò per bene. L’interrogatorio durò dieci ore con la lampada, il fumo e tutto il resto, come nei film. A lei, accanita fumatrice, il fumo non dava fastidio, solo qualche lacrimuccia. Quello che la infastidiva era la faccia del commissario che non le credeva e quelle domande sempre uguali. Tentava, a volte, di sorridere ma il commissario non ci cascava perché sapeva che nei mari mari del Sud le bugie non erano ammesse e con lui i sorrisi delle puttane non funzionavano. Dovette rilasciarla, aveva alibi di ferro. Era stata al Centro tutto il giorno a far massaggi e forse qualche marchetta, l’avevano vista in tanti.
“Aveva un cappello nero, no un baschetto marrone… scuro.” “Biondo, alto.” “Era un vecchio, pelato ma grosso, grosso, aveva i baffi.” “Aveva una tuta e spingeva un carrello.” 
Queste furono le dettagliate descrizioni dei banditi della rapina alla banca. ‘Questi sono matti’, pensò il commissario, ma in casa della concubina trovarono maschere, rossetto e rimmel e una 45. ‘Morte naturale per infarto del miocardio’, così stava scritto sul referto autoptico. Caso risolto: era stato il Guercio, ma stavolta gli era andata male. I soldi della rapina non furono mai ritrovati. 
S’erano conosciuti al Centro, Banga e il Biondo, così lo chiamavano perché era biondo, e il Centro e la massaggiatrice glieli aveva consigliati proprio il Guercio. Guercio per via di un occhio solo ma che ci vedeva per due. Quel giorno Banga fece al Biondo uno di quei massaggi che solo lei sapeva fare e lui se ne invaghì. Tutti amanti e amici i tre: Banga, il Biondo e il Guercio. Lei massaggiava molto, loro lavoravano di testa e progettavano la rapina alla banca del Passetto. Facile, sono solo in due. Il direttore e il cassiere. Niente detector, solo una porta blindata che si apre se suoni il campanello. Basta entrarci e uscire coi soldi, è facile.
 L’appuntamento
Ore 6. Suona la sveglia, il Guercio le dà una manata. Si alza, va in cucina, fa il caffè e lo beve, l’ultimo.
Ore 7. Suona il campanello. Il Guercio va ad aprire. Colpo secco al cuore, cade con botto e sveglia Banga che corre alla porta. Il Biondo bussa, Banga apre e lo abbraccia.
Ore 8. Banga va al lavoro, il Biondo alla banca.
 La Rapina
Il Biondo suona il campanello, la porta blindata si apre e lui entra. È un bel signore, elegante quello che posa la valigetta sul banco dello sportello e la apre: dieci mazzette da cento ci sono. Dice che vuole fare un deposito e l’impiegato lo prega di aspettare che va a chiamare il direttore che arriva e si trova una 38 sul naso. La cassaforte che il Biondo si fa aprire è nella stanza del direttore. Prende i soldi e li ripone nella valigetta, dopo avere buttato quelli falsi. Richiude la porta della stanza, poi la riapre ora è un uomo con i capelli neri con e senza baffi, e ora è un biondino, infine è un uomo grasso e pelato. 
Apre e richiude la porta tre o quattro volte con la 38 sempre puntata. Infine se ne va. 
 Epilogo
Dopo un anno il commissario andò in pensione, finalmente nei mari del Sud. Tutto incluso, con una parte della liquidazione. Una sera andò a spassarsela in uno di quei locali per turisti sulla spiaggia. Rullavano i tamburi, le ballerine ballavano la Hula. Lei gli sorrise da due tavoli lontano. Non la riconobbe, o forse sì. Banga se ne andò, avvinghiata al suo amore, un bell’uomo alto e biondo.
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