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#razzismo
ilfascinodelvago · 5 months
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Lui è George McLaurin, il primo uomo di colore ammesso all'Università dell'Oklahoma nel 1948, fu costretto a sedersi in un angolo lontano dai suoi compagni bianchi.
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Ma il suo nome rimane sulla lista d'onore come uno dei tre migliori studenti del college.
Queste le sue parole:
''Alcuni colleghi mi guardavano come se fossi un animale, nessuno mi parlava, per i professori nemmeno esistevo, raramente rispondevano alle mie domande. Mi sono dedicato così tanto a me stesso, che in seguito i miei compagni hanno iniziato a cercarmi e gli insegnanti hanno iniziato a prendermi in considerazione. Ho smesso di essere invisibile per loro."
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gregor-samsung · 2 months
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“ La maestra puntò la bacchetta sull’immagine di una chitarra acustica. «Chi vuole sillabare questa parola?». Alzai la mano, col sorriso della certezza stampato in faccia. «g-h-i-t-a-r-e . Ghitare». La classe scoppiò a ridere. «Marilena, in italiano questa è una chitarra. So che in africano è diverso. Cerca solo di non confondere più le due lingue, va bene?». L’ africano raggruppava, a dire della maestra Pennacchia, le migliaia di lingue e dialetti che costellavano l’Africa intera. Ghitare fu la prima di tante parole che dovetti re-imparare a scuola. Cortero fu corretto in coltello, aise in aids. Mamma mi parlava in un italiano immigrato. Un misto di parole francesi, bergamasche e rwandesi. Era un italiano approssimato il suo, appreso da cartoni animati e vicini di casa che parlavano solo dialetto. Quel pomeriggio, di rientro dal lavoro, mamma accostò una sedia alla mia per leggere con attenzione ciò che stavo scrivendo. «Vai via, smettila di farmi sbagliare». La scansai, ma lei non accennò a muoversi. «Oggi la maestra ci ha spiegato che ghitare non è una parola. Si dice chitarra, e si scrive in questo modo…». Fu così che mia madre – lei che in Rwanda era stata direttrice e insegnante di filosofia, chimica, algebra, letteratura e lingua francese, corse a prendere carta e penna. Da brava studentessa, copiò la parola che avevo appena scritto cinque volte. Fu la prima di tante lezioni d’italiano a venire. “
Marilena Umuhoza Delli, Negretta. Baci razzisti, Red Star Press (collana Tutte le strade), 2020. [ Libro elettronico ]
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luposolitario00 · 3 months
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Tutti quelli che hanno fischiato a Geolier si devono vergognare per la loro maleducazione e mancanza di rispetto verso un ragazzo di 23 anni che ha voluto rappresentare la sua città. Il napoletano si parla in Italia a Napoli, non capisco tutto questo odio, questo è razzismo, sono stufo di questa antipatia/odio verso i napoletani.
Intanto lui ha vinto la serata delle cover meritatamente.
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LupoSolitario00🐺
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basically-im-a-clown · 3 months
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Il calcio è tifo, unione, gioia, divertimento, interesse e fedeltà. L'odio, il razzismo, i cori umilianti e l'analfabetismo di certa gentaglia non ha nulla a che fare con il calcio e la passione sportiva. Quello che è successo ieri a Mike Maignan è gravissimo, oltre che vergognoso e inumano, l'ennesima dimostrazione di come l'ignoranza deve restare fuori dagli stadi, anzi, fuori da ogni luogo perché per essa non deve mai esserci spazio.
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noneun · 9 months
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Perché siamo (biologicamente) uguali?
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Che le razze umane non esistano è un fatto ormai scientificamente assodato. Anche se questa invenzione è sempre stata usata per giustificare il razzismo culturale.
Ognuno di noi è ovviamente una versione diversa di Homo sapiens: la riproduzione sessuale fa un gran bel lavoro di rimescolamento con il materiale genetico che ha a disposizione. Ma siamo lo stesso così simili gli uni con gli altri che è possibile trovare qualcuno dall'altra parte del mondo che casualmente ha un genoma più simile al proprio di chiunque abiti nel nostro stesso quartiere (a meno che non si viva con il proprio fratello gemello, ovviamente).
Certo, nel corso dell'evoluzione il nostro cervello ha sviluppato la capacità di riconoscere e amplificare la percezione delle differenze estetiche e la nostra cultura ne ha fatto un totem di appartenenza etnica. Ma i classici tratti somatici che usiamo per discriminare (colore della pelle, dei capelli e degli occhi, statura, forma del viso, eccetera) sono determinati solamente da una manciata di geni, su un totale che si aggira sui 20mila.
Ovvio che se un aborigeno australiano avesse migliaia di geni identici ai miei ma che codificano solo proteine che influenzano il funzionamento del cuore, del cervello, la composizione del sangue e la struttura ossea, non me ne potrei mai accorgere a colpo d'occhio.
La genetica di Homo sapiens è così poco varia che siamo la specie di primate con meno diversità genetica di tutte. È questo che ci rende così simili gli uni con gli altri. E, tra l'altro, ci espone ad un numero maggiore di malattie genetiche. Potremmo dire che siamo tutti consanguinei.
Secondo l'attuale conoscenza scientifica, il motivo è duplice.
Da un lato, circa 73mila anni fa si è verificata una drastica diminuzione della popolazione. Dall'altro, siamo sempre stati una specie fortemente migratoria.
La diminuzione della popolazione probabilmente è stata causata dalla catastrofe di Toba: l'esplosione di un supervulcano che ha lasciato un cratere di 100 km sull'isola di Sumatra e ha disperso polveri che oscurarono il Sole, rendendo ancor più freddo un pianeta che già stava attraversando una glaciazione.
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Questo mise a dura prova gli ecosistemi e provocò una repentina diminuzione degli esemplari di varie specie. Provocando, dal punto di vista genetico, un cosiddetto collo di bottiglia: solo chi sopravvisse potè trasmettere il proprio corredo genetico ai discendenti, e questo ha lasciato una traccia nel genoma delle generazioni successive. I genetisti sono riusciti a datare vari colli di bottiglia di ghepardi, tigri e di molti primati, più o meno nello stesso periodo della catastrofe di Toba. 
Per quanto riguarda Homo sapiens, si stima che circa 70mila anni fa fummo vicini all'estinzione: rimasero solo 20-25mila esemplari. O più precisamente, tutti gli 8 miliardi di persone che oggi abitano la Terra derivano da un ristretto gruppo di 20-25mila che vissero in Africa 70mila anni fa. Avrebbero potuto essere di più ma o non si sono riprodotti, o le loro stirpi si sono estinte.
Questo collo di bottiglia ha quindi distrutto gran parte della variabilità genetica esistita precedentemente: ad un certo punto sopravvissero e si riprodussero molti meno esemplari e quindi molte meno versioni diverse di Homo sapiens.
Un fenomeno geneticamente simile ma con cause totalmente diverse è il cosiddetto effetto del fondatore in serie, causato dalle migrazioni che Homo sapiens ha più volte intrapreso nel corso dei millenni. Si tratta di spostamenti di pochi km per ogni generazione, ma abbastanza per partire dall'Africa e raggiungere, in relativamente poco tempo, la Patagonia.
L'effetto del fondatore provoca un fenomeno di deriva genetica che porta ad una ulteriore diminuzione di una già bassa variabilità genetica. Infatti, se un sottogruppo della popolazione si stacca e non si mescola più con la popolazione iniziale, si porta dietro solo un piccolo pezzettino di variabilità genetica e quindi avrà una variabilità genetica diminuita. Il motivo è quindi simile: un sottogruppo ha meno esemplari, quindi meno versioni di Homo Sapiens, e quindi meno diversità genetica.
Certo, la variabilità può ricominciare ad aumentare col tempo e la globalizzazione può rimescolare un po' il genoma del genere umano, ma è un processo molto più lento (o molto più recente) delle migrazioni. Tanto è vero che ancora oggi si vede come la variabilità genetica sia massima (seppur bassa) in Africa e sempre minore mano mano che ci si allontana dalla culla di Homo sapiens, seguendo le antiche rotte migratorie.
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Se quindi alla nascita siamo tutti così biologicamente simili, allora la quasi totalità delle differenze fra esseri umani è di origine culturale e ambientale, dovuta alla storia e alle esperienze personali. Sono queste che giocano un ruolo significativo nella distinzione fra esseri umani, che definiscono chi siamo e come ci comportiamo. E non è nulla che si possa trasmettere geneticamente.
Con buona pace dei razzisti e di taluni psicologi riduzionisti.
(L'immagine di apertura è stata creata con l'intelligenza artificiale generativa Adobe Firefly)
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ninocom5786 · 3 months
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Vogliamo combattere il razzismo? Bene, che si inizi dai partiti di destra e di centrodestra (Lega e Fratelli d'Italia in primis) dai trattati con la Libia, con l'Arabia Saudita, con i regimi monarchici del Golfo Persico, da Israele, dall'Ucraina, dagli Stati Uniti, dalla Francia e dal Regno Unito, dagli imprenditori che sfruttano i lavoratori e dalle loro cooperative nere.
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superfuji · 1 year
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Come è noto, il ministro Francesco Lollobrigida ha detto: «Credo che sia evidente a tutti che non esiste una razza italiana, è un falso problema quello di immaginare un concetto di questa natura. Esiste però una cultura, un’etnia italiana, che la Treccani definisce raggruppamento linguistico-culturale, che in questo convegno si tende a tutelare». Una torma di lacché mediatici si è lanciata a giurare che questa volta non si tratterebbe di razzismo, o xenofobia. Basta, però, un briciolo di buona fede per dimostrare l’esatto contrario: quelle parole sono un goffo tentativo di travestire da legittima opinione il cardine stesso di una ideologia criminale, perché profondamente razzista e xenofoba, tipica delle estreme destre neofasciste occidentali di oggi. Per questo è invece importante e urgente che siano viste per quello che sono, senza infingimenti o edulcorazioni.
Razzismo: il ministro Lollobrigida ci ricasca
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ilblogdellestorie · 1 year
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«Voglio trasmettervi amore ed empatia. Non vi do lezioni di vita, vista la mia età. Nelle ultime settimane sono stato al centro di mille polemiche e molte frasi mia sono solo servite per far rumore. Ogni pensiero non è più sotto controllo quando è pronunciato. Ho tre fratelli e devo tutto ai mie genitori: ho vissuto un'infanzia felice grazie ai loro sacrifici. Sono andata via di casa a 13 anni. Sogno di diventare madre un giorno e ringrazio i miei genitori che mi mancano sempre di più dato che me ne sono andata di casa da giovane. Mi sono sempre fatta molte domande sul perchè fossi alta, italiana o diversa a modo mio. Perchè sono io? Perchè io sono io! Sono quella che risponde così al razzismo: i biccheri in cui mettiamo l'acqua, anche se colori diversi, contengono la stessa buona acqua. In veneto diremo "moighera" o meglio, basta. Nel mio sport gioco in attacco: sbaglio ma sto imparando ad accettare l'errore. Vengo criticata e non finiranno mai ma la maggior parte sono gratuite. Ho affrontato momenti brutti ma mi godo quelli belli. Non sono una vittima, ho solo raccontato le mie debolezze e paure. Amo l'Italia e vesto con orgoglio la maglia azzurra che è la più bella del mondo. Ho responsabilità verso questo Paese: ho perso molte finali, ma non sono una perdente, così come chi non riesce a realizzare al primo colpo il proprio sogno. Come Vasco, che arrivò penultimo e poi ci ha insegnato che ognuno con il suo viaggio, ognuno diverso è riuscito a realizzare i propri sogni.
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Razzismo che brutta parola
In un mondo che giudica
Ciò che facciamo
Ciò che diciamo
Ciò che siamo
Siamo tutti razzisti
Nessuno escluso
Giudichiamo l'aspetto degli altri
Discrimiano chi ha la pelle diversa da noi
Discrimiamo chi pensa in modo differente
Discrimianiamo chi non si veste all'ultima moda
Discrimianiamo chi non ha l'ultimo modello
Di un cellulare, di un'automobile
Discrimianiamo chi è fragile
Discrimianiamo chi è diverso dai nostri standard
Chi di noi non giudica?
Chi di noi integra chi è diverso da noi?
Chi non ha mai insultato un all'altra persona?
Chi non rispetta il pensiero diverso?
Quando non ci saranno giudizi, Quando si accetteranno i pensieri altrui
Quando non ci saranno insulti
Allora il razzismo smetterà di esserci
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aitan · 28 days
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Il mio pieno accordo con lo spirito e il contenuto di questo striscione.
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Ma non vorrei che ci ricordassimo di essere antirazzisti solo quando se la prendono con JJ o con KK-Koulibaly.
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rideretremando · 30 days
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gregor-samsung · 3 months
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“ Un operaio in tuta turchina stava oliando una grande trebbiatrice, curvo sulle ruote e gli ingranaggi. Io m’ero fermato in mezzo al cortile, e lo guardavo lavorare da lontano. Oliava le sue macchine, continuava a fare il suo mestiere, come se la guerra fosse lontana, come se la guerra non avesse neppure sfiorato il villaggio di Pestchanka. Dopo alcuni giorni di pioggia era uscito il sole, l’aria era tiepida, le pozzanghere d’acqua fangosa specchiavano un pallido cielo azzurro percorso da lievi nuvole bianche. A un certo punto entrò nel kolkhoz un ufficiale tedesco delle SS seguito da alcuni soldati. L’ufficiale si fermò a gambe larghe in mezzo al cortile, guardandosi intorno. Ogni tanto si voltava a parlare ai suoi uomini: alcuni denti d’oro luccicavano dentro la bocca rosea. A un tratto vide l’operaio curvo a oliare la macchina, e lo chiamò. «Du, komm, hier!». L’operaio si avvicinò zoppicando. Anch’egli era zoppo, lo avevano lasciato indietro perché era zoppo. Stringeva nella mano destra una grossa chiave inglese, nella sinistra un oliatore d’ottone. Nel passare accanto al cavallo gli disse qualcosa a voce bassa, e il cavallo cieco gli strofinò il muso sulla spalla, lo seguì zoppicando per alcuni passi. L’operaio si fermò davanti all’ufficiale, si tolse il berretto. Aveva i capelli neri e crespi, il viso grigio, magro, gli occhi opachi. Era certamente un ebreo. «Du bist Jude, nicht wahr?» gli domandò l’ufficiale. «Nein, ich bin kein Jude» rispose l’operaio scotendo la testa. «Cto? ti niè Evriu? Ti Evriu! tu sei ebreo!» gli ripeté in russo l’ufficiale. «Da, ja Evriu, sì sono ebreo» gli rispose in russo l’operaio. L’ufficiale lo guardò a lungo, in silenzio. Poi gli domandò lentamente: «E perché, un momento fa, mi hai risposto di no?». «Perché me lo hai domandato in tedesco», rispose l’operaio. «Fucilatelo!» disse l’ufficiale». “
Curzio Malaparte, Kaputt, Introduzione di Mario Isnenghi, Mondadori ( Collana Oscar narrativa n° 1102 ), 1978; pp. 84-85.
[ 1ª ed. originale nel 1944 presso l’editore Casella di Napoli ]
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soldan56 · 9 months
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Vorrei ricordare ai miei conterranei romagnoli che oltre al fango c'è anche lo sterco da togliere.
#razzismo
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spettriedemoni · 2 years
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Perché sei italiana?
Detesto dover parlare di Paola Egonu su temi diversi dalla pallavolo, ma lo sfogo che qualcuno ieri ha documentato con un video merita approfondimento.
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A me non chiederanno mai perché sono italiano, per cui non posso capire il fastidio e il disagio di sentirsi rivolgere quella domanda finto gentile ma che sottende il fatto che italiana lei non è per via del colore della sua pelle e dei genitori nigeriani.
Ci sta criticare un'atleta forte per certi errori perché da lei ci si aspetta sempre che ti dia quel qualcosa in più, ma gli insulti non sono tollerabili.
Può capitare una giornata no, può capitare di trovare un avversario più forte di te o comunque più in forma di te ma non puoi denigrare qualcuno per il colore della pelle. Perché questo è successo, questo significa quella frase.
Tutto ti perdonano tranne il successo.
Ci pensavo ieri sera mentre vedevo una partita di basket della squadra dove mio figlio fa minibasket per bambini della sua età. È successo che quando uno degli avversari è andato a effettuare i suoi due tiri liberi dei ragazzini si sono messi sugli spalti dietro il canestro e hanno iniziato a fargli degli odiosi buuu razzisti perché è nero, ovviamente.
Come si può ancora mettere in discussione la nazionalità di qualcuno in base al colore della pelle? E cosa più grave questa cosa inizia prestissimo nella vita di una persona da quando si è bambini, praticamente.
Mi ha fatto orrore vedere queste due cose ieri e oggi sono maledettamente pessimista sul futuro.
Amareggiato e basta.
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tinxanax · 1 year
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Mi è appena tornato in mente quando a 16 anni, quindi 5 anni fa, frequentavo un ragazzo rumeno di 19 anni, che appena ha scoperto le mie origini calabresi, ha troncato la frequentazione dicendo "Scusa ma io e la mia famiglia siamo razzisti meglio chiuderla qua".......MA IN CHE SENSO SCUSA?
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ninocom5786 · 2 months
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A Napoli e Torino gli infami in divisa con casco manganellano a sangue chi protesta contro il genocidio in atto di Israele a Gaza quando la RAI giustifica tale atto come 'autodifesa' con tanto di fake news sui fatti del 7 ottobre; a Scordia, in provincia di Catania, paese dove io vivo, un gruppo di ratti prende di mira uno Sprar e aggredisce alcuni ospiti quando le FF.OO. sono altrove.
Più che Polizia di Stato, è Stato di Polizia. Sono pur sempre degli infami.
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