Tumgik
#sincopato
greenbor · 5 months
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Poesia di https://www.tumblr.com/volodiunacapinera e parole mie improvvisate
…Il nostro cuore è unico, ogni cuore ha una curva diversa da un altro, ha il battito posticipato o anticipato a un altro ancora. Il battito sincopato è dei cuori innamorati
Cercati nel tuo cuore. Sarà il miglior regalo che potrai donare a chi ti ama.
Incarta tempo di battiti. Non sbaglierai.
Volodiunacapinera
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chez-mimich · 6 months
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C’È ANCORA DOMANI
Per una volta cominciamo dal pubblico in sala e non dal film: una sala gremita alle quindici di domenica pomeriggio, di questi tempi almeno, è sempre qualcosa di sospetto. Infatti si percepisce che non si tratta del pubblico abituale amante del cinema, ma prettamente di un pubblico televisivo, trasferitosi al cinema per via della regista-interprete Paola Cortellesi; un pubblico che commenta le scene più pregnanti come è abituato a fare nel salotto di casa, davanti alla televisione, col marito o con la moglie. Ma queste sono osservazioni di contorno, benché abbiano una loro pertinenza. Paola Cortellesi è stata attrice (ma soprattutto intrattenitrice), ma mai regista, e questo lo si nota dopo poche inquadrature e bisogna, tuttavia, ammettere che il film non è di cattiva qualità. E’ un prodotto con una sua dignità costruito intorno a Delia, proletaria romana, e ad Ivano il marito-padrone che usa più le mani che i sentimenti per tenere in piedi una famiglia che vive di privazioni e stenti. Sarà il probabile fidanzamento della figlia maggiore Marcella a far deflagrare la situazione: la ragazza infatti si innamora del figlio del proprietario del bar più elegante del quartiere, ma quando Delia si accorge che anche Marcella sta per finire nelle mani di un uomo-padrone, decide( probabilmente) di fuggire con il primo amore, un meccanico male in arnese che sta per trasferirsi al nord. Questo esile impianto narrativo si intreccia con le vicende dell’immediato secondo dopoguerra, con gli americani ancora di stanza a Roma e il primo voto femminile alla porte. Paola Cortellesi profonde il massimo sforzo e ottiene un apprezzabile risultato, imbastendo un film dignitoso, ma sceglie per la sua narrazione un bianco/nero piuttosto prevedibile e che, inutile dirlo, vuole richiamare le atmosfere del neorealismo italiano (solo che la signora Cortellesi non è Roberto Rossellini e forse avrebbe dovuto ricercare modelli più vicini al suo pubblico e alle sue capacità). Ritmo sincopato, qualche piccola divertente gag, qualche misurato sconfinamento nella surrealtà, con qualche buona trovata (come il ballo tra Ivano e Delia) strizzando l’occhio ad un pubblico di bocca buona alla ricerca di conferme alle proprie convinzioni, ma nulla di più. Se si tratta di fare della divulgazione al grande pubblico del politicamente corretto, il bersaglio è stato centrato in pieno, se invece Cortellesi pensa che basti un b/n, che fa molto “Giornata particolare”, e crede di essere nel Barrio “Roma” di Alfonso Cuaron, allora è parecchio fuori strada. Ma diamo tempo al tempo, una prima regia un po’ acerba non significa che non ne possano seguire altre migliori. È ancora giovane e ha tanto tempo davanti…
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thebeautycove · 7 months
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ETAT LIBRE D'ORANGE - SOUS LE PONT MIRABEAU - Eau de Parfum - Novità 2023 -
P+P what a terrific alchemy. Poems + Perfumes. Is there anything better than that to shake your S+S? Senses and Soul reply right away.
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Che stupefacente alchimia quando le fragranze scuotono la curiosità e sono ganci di riflessione su quanto si è appreso nella vita, soprattutto sui testi scolastici, sulle buone letture fatte nel tempo, su quanto certe esperienze si siano poi trasformate in una trama fitta di passione e condivisione.
Ritrovare Guillame Apollinaire in questa nuova fragranza di Etat Libre d'Orange - Sous le Pont Mirabeau - è stato come aprire un varco di luce nella memoria.
Apollinaire è uno dei grandi della poesia moderna, coniò il termine 'esprit nouveau' dando significato alle avanguardie artistiche francesi d'inizio 900.
La sua poesia multisensoriale vive nella sostanza del ricordo, affrancata dai confini del tempo, ne contrasta la forza dissipatrice per divenire incorruttibile.
Nei versi della sua celeberrima ‘Le Pont Mirabeau’, cui la fragranza si ispira, scorre la malinconia per un amore perduto, la nostalgia di un tempo che non conosce futuro e quella speranza violenta e timida che fu cara a Baudelaire.
E questa sensazione di fluire, del moto perpetuo e sincopato delle acque della Senna traspare da rigorosi accordi acquatici e minerali.
La sensazione in apertura è di freschezza acidula brumosa rubata alle luci dell'imbrunire, di sentori terrosi e metallici sostenuti dalla forza calma dei legni, sandalo e cedro.
Sono aromi sospesi e lenti, meditativi nel solenne evaporare dell'incenso, nel prolungato riverbero ozonato, rischiarati dagli accenti erbacei delle foglie di violetta, dalla poetica rima dell'ambra grigia.
E ancora, come a voler trattenere in circolo le sensazioni di attesa e speranza, riemergono i legni, più confortanti e magnetici nel loro levarsi dal fraseggio distensivo di vaniglia e muschi.
É indossare una poesia.
Creata da Mathieu Nardin.
Eau de Parfum 100 ml. In selezionati p.v.
©thebeautycove   @igbeautycove
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IL PONTE MIRABEAU Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna E i nostri amor Che io me ne sovvenga La gioia mai mancò dopo il dolor Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora Le mani nelle mani restando faccia a faccia Lasciam che giù Sotto l’arcata delle nostre braccia D’eterni sguardi passi l’onda lassa Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora L’amore se ne va come va la corrente L’amore va Come la vita è lenta E come la Speranza è violenta Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora Giornate e settimane il tempo corre Né più il passato Né più l’amore torna Sotto il ponte Mirabeau la Senna scorre Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora
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Il ponte Mirabeau deve parte della sua fama a questa celeberrima poesia di Apollinaire. Costruito nel biennio1895/97 ha una struttura a tre arcate in acciaio e collega la riva sinistra del 15°arrondissement alla destra del 16°. Quattro imponenti sculture in bronzo, poste alla base dei pilastri di sostegno, rappresentano l'abbondanza, la navigazione, il commercio e la città di Parigi. E' uno dei ponti più romantici della Ville Lumière, da sempre cantato e celebrato da artisti e letterati.
Elogio in fragranza al poeta Guillaume Apollinaire, che coniò il termine “esprit nouveau” per rappresentare l’avanguardia dei tempi moderni. Apollinaire aveva in se la genialità dell'innovatore, fu un visionario nell'approcciare le nuove correnti artistiche e il primo a riconoscere la valenza della pittura metafisica.
Il ponte Mirabeau è una delle sue poesie più belle, tratta dalla raccolta Alcools del 1913, in cui l'autore applica ai versi i principi della pittura cubista, le liriche non servono uno schema, non presentano un soggetto ricorrente ma, soprattutto, sono libere e non costrette in spazi limitati dalla punteggiatura.
Il ponte ha per Apollinaire una profonda valenza simbolica, è metafora del sentimento amoroso, luogo che induce a riflettere su sentimenti e tempo. Malinconia e visione onirica si fondono palesando il tratto distintivo dello stile del poeta, la sua poesia non è solo parola, è anche tattile, udibile, percepibile con i cinque sensi, qui sta la sua straordinarietà.
C'è il riferimento alla Senna, all’acqua che scorre veloce come il tempo, alle cose smarrite in esso, all'amore perduto per la pittrice Marie Laurencin, il ricordo e la nostalgia, la consapevolezza di ciò che non potrà tornare, l' abisso di solitudine e malinconia. Tutto passa, la giovinezza e la felicità spazzate via per sempre e la citazione alla 'speranza violenta' di Baudelaire è più che appropriata, poichè la tristezza ha per lui lo stesso significato, di violenza e timidezza congiunte.
E se il tema del tempo è cruciale in quest'opera, la protagonista assoluta è la poesia stessa. Tutto ciò che resiste all’azione distruttrice e implacabile del tempo è il dono di queste parole. Il dolore della separazione viene lenito dalla bellezza, dallo splendore del verbo poetico, che possiede la stessa funzione salvifica della memoria.
©thebeautycove
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Da: SARA’ DIPINGERE! - di Gianpiero Menniti 
L'EMOZIONE DELLA GRAMMATICA
[...] intuizione che si forma sotto il pennello mentre scorre sulla tela. Fatica. Enorme fatica.  Lunga gestazione.  Come quella che caratterizzava il processo creativo, prolisso fino allo sfinimento, di Paul Cézanne: le forme, i fenomeni, nel loro apparire im-mediato, come pura percezione.  L’oggetto nell’istante della visione, un attimo prima che la memoria lo riconosca. Oblio che rivela. Per l’artista francese, rivela geometrie essenziali, come fossero strutture profonde del linguaggio, il mistero semiotico della sintassi innata, l’idioma materno originario: 
«L'una vegghiava a studio de la culla, e, consolando, usava l'idïoma che prima i padri e le madri trastulla». (Dante Alighieri, “Divina Commedia”, Paradiso, Canto XV)
Dunque, non resta che accettare il collegamento tra un’arte “astratta” da un interesse funzionale di kantiana memoria e un’arte liberatrice già espressamente richiamata con Schopenhauer. L’una si tiene con l’altra. Ed entrambe con Platone, nella misura intesa come μίμησις (mímēsis) della visione ideale. Nel nostro caso, direi in questo passaggio di tempo, nella misura che non deduce ma è indotta. Lungo questo solco si può intuire una parte consistente dell’arte contemporanea. Ed è seguendo questo ragionamento che mi sono entusiasticamente imbattuto nelle opere di Maria Casalanguida.  Lasciandomi affascinare proprio dal processo creativo, intenso, strutturato in una complessità che non è ricercatezza ma necessità estetica che fonde geometrie e colori in accostamenti misurati fino alla loro definitezza. Mi basterà richiamare “Raggio di luce”, “Esplosione caleiodoscopica”, “Colori al vento”, assieme a “Volo in deltaplano” e “Ritmo ondulatorio sincopato al quadrato”, tutte opere del 1990.   Certamente, si tratta di anni nei quali si afferma una svolta: in apparenza è il passaggio dalla figurazione all’astratto, dalla “rappresentazione” alla “presentazione”.  Ma se il dipinto muta il suo soggetto, lo stile dell’artista mantiene il suo rigore estetico, la ponderazione geometrica e coloristica, la misura strutturale, la ricerca di espressività che sorge e appare in una forma autonoma, voce dell’ente im-mediato e in sé che precede ogni logos, che precede ogni linguaggio, che è il “vocativo” di una grammatica senza “casi”, inopia della parola, noumeno, cosa ultima, esperienza di un infinito in una traccia di finito. Manca un aggettivo a questi predicati: emozionante. [...]
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Sempre più in alto
Lei era appollaiata su quel muretto. Proprio sul margine di una primavera appena accennata, gialla di sole e di parole sparpagliate. Si guardava intorno combattuta tra l’esitazione di spiccare il volo verso l’incerto, e la paura di restare immobile e attendere. Ferma su quel muretto consapevole che l’attesa non era la scelta migliore, ma l’alternativa… poi si accorse che lui si stava avvicinando.
Lo aveva notato subito, mentre gironzolava attorno a lei con una indifferenza sintetica e sfrontata. Lo aveva visto avvicinarsi da lontano, quando era una sagoma appena accennata, eppure come se avesse già una sua presenza percepibile e concreta.
Era carino.
Non fu un pensiero esplicitò che si manifestò dentro di lei, e certo non voleva subito ammetterlo a se stessa, ma lo comprese nel momento stesso in cui capì di aver scelto l’alternativa di restare, di restare ferma su quel muretto aspettando che la vita seguisse il suo corso anche oltre la sua volontà di scegliere. Lui effettuò un altro giro, sempre più concentricamente vicino a lei, poi superò ogni titubanza e si fermò sul muretto accanto a lei.
Illuminata dai raggi del sole lei era bellissima.
Eccolo, è qui accanto a me. Ma lei girò il capo in direzione opposta fissando il vuoto sempre più denso di emozioni e ansie. Non si mossero. Esistono degli attimi che sono solidi tanto è possibile scandirli in tutta la loro prolungata istantaneità. Quelli furono tali. Prolungati, lenti e delicatamente dolci.
Lei però era voltata verso il niente e fissava l’inesistente. Quasi lui non ci fosse. Ma ormai era risoluto. Concentrò tutte le sue energie vitali in un punto della mente trasmutandole in intraprendenza, circumnavigò il suo corpo e si pose accanto a lei dal lato dello sguardo.
Se lei avesse di nuovo girato lo sguardo sarebbe stato un rifiuto definitivo. Non poteva farlo. Non voleva farlo e non lo fece. SI guardarono finalmente negli occhi. Avresti giurato che si sorridevano.
Lei batteva le palpebre nervosamente. Lui avrebbe voluto parlarle, ma non poteva. Avrebbe voluto prenderle la mano ma non aveva mani per farlo. SI limitò a emettere un cinguettio garrulo rimodulato in armonia con l’essenza dell’universo. Lei rispose con un cinguettio sincopato e irresistibile.
Si sollevarono in volo insieme, muovendosi in una nuvola profumata di suoni primaverili. Sotto di loro il mondo era sempre più distante. Le parole sparpagliate si affievolivano, e quelle sagome brulicanti erano sempre più piccole, minuscoli batteri voraci e corrosivi troppo impegnati a divorarsi reciprocamente per avere il tempo di alzare la testa e osservare il loro volo.
Sempre più distanti, sempre più inutili, sempre più inesistenti,
E loro volavano sempre più in alto.
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Una raccolta fondi per creare un archivio delle vignette di Staino
Può esistere il buonsenso nella satira? Può. Deve. Occorre un punto di vista etico che dietro lo sberleffo, l’autoanalisi urticante, il cinismo utile, lasci intravvedere sullo sfondo una soluzione solo apparentemente sfuocata. Cioè noi. L’impegno, sincopato, in levare, affinché il mondo, al momento di lasciarlo, sia un po’ meglio di quando siamo nati. Sergio Staino, che ci ha abbandonati qualche…
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s-memorando · 3 months
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Brivido blu
Avevo 11 anni quando ho sentito per la prima volta la canzone “Brivido blu” di Tony Dallara. Era una delle prime canzoni con uno stile che avrebbe fatto scuola, Dallara era forse il primo degli “urlatori”, con un ritmo sincopato e orecchiabile. Il brivido blu è diverso dal brivido rosso o giallo o di un altro qualsiasi colore? Mi sono chiesta perché proprio blu, forse per il mare che rievocava,…
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lamilanomagazine · 3 months
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Spirit de Milan, all'insegna della musica!
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Spirit de Milan, all'insegna della musica! Allo SPIRIT DE MILAN (via Bovisasca, 59, Milano), la cattedrale in cui si incontrano la cultura swing e la passione per la bellezza e la tradizione, alla riscoperta del fascino di Milano e della "milanesità, anche il 2024 si prospetta ricchissimo di appuntamenti musicali e non solo! Questi i prossimi appuntamenti: MARTEDÌ 16 GENNAIO - Alle 22.00 – CA.BAR.ET BOH VISA: torna il cabaret con Rafael Didoni, Folco Orselli, Germano Lanzoni e Flavio Pirini, che allo Spirit de Milan hanno trovato casa. Musica, risate ed emozioni assicurate con ospiti a sorpresa da non perdere. - Il cabaret va in onda anche sullo SpiritoPhono tutti i martedì alle 19:30 MERCOLEDÌ 17 GENNAIO - Alle 22.00 – concerto di DUILLEOGA: tornano la musica e le danze irlandesi, con questo gruppo formato da musicisti impegnati in progetti musicali eterogenei, che hanno deciso di fondere le loro esperienze e proporre una band folk irlandese frizzante, che trasporta la tradizione ai giorni nostri con un tocco personale e moderno. - Alle ore 20.30 lezione primi passi gratuita di danze irlandesi con l'accademia di danza Gens d'Ys. GIOVEDÌ 18 GENNAIO - Alle 22.00 – BARBERA & CHAMPAGNE con I CIAPARATT: giovane trio musicale che propone dal vivo un raffinato repertorio della canzone popolare milanese rivisitando in questo stile famose canzoni del genere, da Gaber a Jannacci, Cochi e Renato I Gufi e Svampa. VENERDÌ 19 GENNAIO - Alle 22.30 – BANDIERA GIALLA con MARY AND THE QUANTS: live con musica che spazia dal beat e pop italiano ai classici R&B e soul della Motown fino alla musica british. - A seguire Dj Set con la musica anni 70-80-90 di Alex Biasco. - Biglietto di ingresso 20€ con una consumazione per chi viene dopocena (15 euro per i soci Spirit de Milan Aps 2024), 15€ con consumazione per chi fa aperitivo (12 euro per i soci Spirit de Milan Aps 2024), 7€ per chi viene a cena. SABATO 20 GENNAIO - Alle 22.30 – HOLY SWING NIGHT con JUMPING JIVE: band con un repertorio che è l'espressione più autentica della swing era degli anni '30 e '40, l'alto grado di improvvisazione, ritmo ed andamento sincopato sono l'espressione di balli quali Lindy Hop, Balboa, Shag sino al più frenetico Boogie Woogie. - Alle 21.30 lezione primi passi gratuita lindy hop. - A seguire Swing Dj set con Clap Hands. - Biglietto di ingresso 7€ per chi cena o fa aperitivo, 15€ con consumazione per chi viene dopocena (12€ per i soci Spirit de Milan Aps 2024). DOMENICA 21 GENNAIO - Alle 12.30 – apertura porte per il pranzo. - Alle 15.30 – HOT JAZZ CLUB con SPIRIT HOT FOUR. - Alle 22.00 – SPIRIT IN BLUES con AMANDA E LA BANDA: band milanese con vocalist Amanda Tosoni, che porta in scena la storia del Blues al femminile, dalle origini alle eredità, raccontata attraverso riletture di brani storicamente interpretati dalle grandi Signore del Blues, Jazz e Soul. Alle 21.00 lezione primi passi gratuita di blues dance aperta a tutti. L'atmosfera vintage tipica dello Spirit De Milan è custodita nei suoi 1500 mq: lo Spirit de Milan non è solo musica dal vivo, risate e divertimento, ma anche buona cucina! Lo Spirit de Milan è aperto dal martedì alla domenica dalle 19:30 alle 01:00 (il venerdì e il sabato fino alle 02:30). Per cenare alla "Fabbrica de la Sgagnosa", è fortemente consigliata la prenotazione utilizzando il form online. Una volta arrivati nella zona ristorante bisognerà aspettare che La Mariuccia o L'Ambroes vengano ad accogliervi e ad accompagnarvi al tavolo prenotato. Il menù, ovviamente, comprende i piatti della tradizione milanese: cose semplici come quelle della nonna, cucinate con amore e con ingredienti selezionati. Prenotazioni cena al link Informazioni e prenotazioni: [email protected] Il progetto SPIRIT DE MILAN è un'idea di KLAXON srl, società nata nel 2000 come studio di progettazione che opera nel campo dell'exhibition design e ideatrice del festival SWING'N'MILAN. Tra i suoi obiettivi principali c'è quello di creare eventi tematici che coinvolgano i partecipanti a 360°. Spirit de Milan è anche un'associazione di promozione sociale; la tessera annuale non obbligatoria (valida fino al 31 dicembre) prevede un contributo di 15 euro e consente di avere riduzioni sulle serate a pagamento, oltre a dare la possibilità di partecipare ad eventi organizzati ad hoc per i soci e a sostenere le attività della web radio di Spirit, lo Spiritophono (al link). Facebook   ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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cerentari · 4 months
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Cadere nel logos di Eugenia Bulat
Eugenia Bulat – nata nel 1956 a Sadova, città della Moldavia centrale – è una delle più note poetesse viventi in lingua rumena. Da circa 8 anni, la Bulat vive e opera a Venezia. Poesia,i dolori tuoi, quelli più dolorosi,polvere di illusioni perdute;orgoglio corroboranteraccolto sul seno sinistrocon il palmo intero,come la briciola del panedi Bessarabia… Volo sincopato,crollare delirante nel…
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emilianobertelli · 8 months
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giancarlonicoli · 8 months
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17 ago 2023 18:47
A 80 ANNI GIANNI RIVERA, A GIORNALI UNIFICATI, SI AUTO-CANDIDA COME CT DELLA NAZIONALE: “SE MI CHIAMANO, CI VADO. TRA L’ALTRO, COSTO MENO DI SPALLETTI. NON DISTURBEREI NEMMENO, PERCHÉ SAREI UNO DI QUELLI CHE NON SI ALZANO MAI, COME ROCCO E LIEDHOLM, E NON DAREI FASTIDIO RUBANDO LA SCENA AI GIOCATORI. TAVECCHIO ME L’AVEVA OFFERTO, QUEL POSTO, PERÒ NON AVEVO ANCORA IL PATENTINO E NON SE NE FECE NIENTE – BERLUSCONI? SAPEVA FARSI MOLTO BENE GLI AFFARI SUOI. NON MI VOLLE TENERE AL MILAN PERCHÉ FORSE TEMEVA CHE GLI AVREI FATTO OMBRA” -
1 - GIANNI RIVERA, 80 ANNI E NON SENTIRLI
Estratto dell’articolo di Gigi Garanzini per “la Stampa”
[…] Raccontiamo ai più giovani perché Prodigio?
«Furono Gigi Radice e Pantera Danova a soprannominarmi così ai primi tempi del Milan».
[…] a 15 anni nel famoso provino di Linate lasciasti a bocca aperta due come Schiaffino e Liedholm.
«Avevo da poco debuttato nell'Alessandria il cui centravanti, Benito Lorenzi, voleva portarmi all'Inter. Giocò d'anticipo l'allenatore Pedroni, cuore rossonero, che disse al general manager Gipo Viani, prendetelo. La risposta di Viani dopo il provino di Linate fu l'abbiamo già preso e abbiamo fatto bene».
[…] Con la testa che andava veloce nel senso della crescita, verso una maturità a sua volta precoce. Il Corriere ha da poco ripubblicato una storica intervista a Oriana Fallaci, avevi 19 anni e una maturità nelle risposte da adulto fatto e finito. Tanto da stupire, lo si legge bene tra le righe, una giornalista tosta come lei.
«L'ho riletta anch'io qualche giorno fa. La ricordavo nonostante siano passati sessant'anni ma un po' ha stupito anche me».
[…]il Mondiale messicano? In un dormiveglia salta fuori più spesso il piatto sincopato del 4-3 alla Germania, o i sei minuti col Brasile?
«I sei minuti li ho rimossi da allora, per legittima difesa. Almeno questo. E mi ha aiutato a rimuoverli da subito il fatto che nessuno li ha capiti nel mondo, non solo da noi. Perché non si poteva capirli, non avevano senso. Quante volte abbiamo giocato insieme io e Mazzola, prima e dopo il Messico. Là no, non se ne poteva parlare».
Un tentativo di spiegazione cinquanta e passa anni dopo?
«Guarda, cinquanta e passa anni dopo è una storia che ha ancora meno senso di allora. Se avessero potuto non mi portavano nemmeno in Messico: non potevano e si sono accontentati di usarmi solo a rate. Ma di sicuro, anche in quell'ottica inaccettabile, almeno il 2° tempo della finale col Brasile era l'unico che dovevo giocare».
[…] Che cosa ti piace e che cosa no nel calcio di oggi?
«[…] Una cosa che non pensavo mi sarebbe piaciuta e invece sì è la Var. Perché utilizzato bene è uno strumento che aiuta l'onestà dei comportamenti e del risultato. […]».
Mancini-Gravina, almeno uno dei due ha sbagliato. Chi?
«In questo momento hanno sbagliato tutti e due. Mancini avrebbe dovuto andar via semmai dopo la Macedonia. Farlo adesso perché potrebbero esserci tanti soldi in Arabia non è molto elegante».
Com'è che ti è venuta solo in tarda età la voglia di allenare?
«Perché mi manca solo questo. E ho capito ad un certo punto che è un'esperienza che davvero avrei voluto fare. Non disturberei nemmeno, perché sarei uno di quelli che non si alzano mai, come Rocco e Liedholm, e non darei fastidio rubando la scena ai giocatori. Sono stato così precoce che oggi mi piacerebbe essere altrettanto longevo». […]
2 - RIVERA: “IO COME MICK JAGGER LA VITA INIZIA A 80 ANNI DATEMI LA NAZIONALE”
Estratto dell’articolo di Maurizio Crosetti per “la Repubblica”
[…] Gianni Rivera […]
Rivera, ma gli eroi mitologici invecchiano?
«Ho letto che l’uomo vivrà fino a 130 anni, ne ho ancora davanti una cinquantina e voglio usarli bene».
[…] Lei è appena diventato allenatore a tutti gli effetti, con la patente: scusi, ma non poteva pensarci prima?
«Infatti sbagliai. Però sono stato un allenatore in campo per vent’anni, so tutto del mestiere, sono pronto».
Avrà saputo che c’è una panchina libera niente male, di colore azzurro.
«Ecco, se mi chiamano, mi ci siedo volentieri. Tra l’altro, costo molto meno di Spalletti».
È vero che ci andò vicino già un’altra volta?
«Tavecchio me l’aveva offerto, quel posto, però non avevo ancora il patentino e non se ne fece niente. Venne a parlarmi Costacurta a nome della Figc, e mi disse che non avevo esperienza. Io senza esperienza? Mah...».
[…] Come giocherebbe la Nazionale allenata da Rivera?
«Niente costruzione dal basso, per l’amor di Dio! Calcio d’attacco, provando sempre a mettere in difficoltà l’avversario quando la palla l’abbiamo noi».
[…] Ora che Berlusconi non c’è più, cosa possiamo dire di questo personaggio?
«Sapeva farsi molto bene gli affari suoi».
Non la volle tenere al Milan: perché?
«Forse temeva che gli avrei fatto ombra, che gli avrei dato fastidio. Non sono un signorsì. Quando mi propose di diventare presidente dei Milan Club, compresi che era arrivato il momento di andarmene».
E così diventaste i due milanisti nemici in Parlamento.
«Lui aveva le sue idee, io le mie. Inconciliabili».
Rivera smise di giocare presto. Come mai?
«Quando Liedholm andò alla Roma, consigliai il presidente Colombo di prendere Giacomini, mi sembrava il nome giusto per allenarci. E Giacomini, quando arrivò, disse subito al presidente che io gli avrei creato problemi: così mi ritirai per amore del Milan, sbagliando. È triste essere messi da parte da chi abbiamo aiutato ad arrivare».
[…] Non crede che oggi si allenino più i muscoli della tecnica?
«Purtroppo sì. E i nostri ragazzi non sanno più fare gol».
Cos’è il numero 10?
«Il mio, l’unico. E l’ho portato sulla schiena per tanto tempo. Se sei Rivera, devi esserlo sempre e per sempre. Ma quando un bel giorno ho visto che ormai il 10 lo danno anche ai portieri, ho pensato: è finita».
[…] Meglio Rivera o Mazzola?
«Molto diversi. In Nazionale avevamo sempre giocato insieme, poi Valcareggi in Messico subì pressioni da Coverciano e dal direttore della Gazzetta. La staffetta fu una stupidaggine. E io davo fastidio».
Nel ’70 cosa sarebbe successo con Rivera titolare contro il Brasile?
«Era il mio avversario perfetto, perché giocava e lasciava giocare. Forse avremmo vinto noi».
Al ritorno in Italia vi tirarono i pomodori.
«Avevo capito l’antifona e me n’ero già andato».
Però quel Brasile aveva Pelé.
«Meglio di tutti, meglio anche di Maradona. Se il calcio non fosse già stato inventato, lo avrebbe inventato Pelé. Lui era tutto, potente, sensibile. Non era tanto alto però saltava come una molla. Il suo sinistro era pari a quello di Diego, il suo destro migliore».
A un certo punto andò in America.
«Mi confessò che non voleva, che aveva chiesto ai Cosmos una cifra spropositata per farsi dire no. E invece accettarono».
Brera la chiamò Abatino: un marchio d’infamia?
«Mica ero un Ercole! Brera sapeva dei miei rapporti con l’Associazione Mondo X, con i frati e con padre Eligio che aiutava i tossicodipendenti. E allora mi soprannominò così. Pazienza, non porto rancore, era un problema suo. Ma quando poi Brera incontrava Rocco, ne sentiva di tutti i colori».
Che soggetto era il Paròn?
«Di una simpatia unica. Una volta facevamo ginnastica e lui scuoteva la testa, dicendo “’ndemo, non so a cossa ghe serve ma va ben cussì”. Un’altra volta ci ordinò di fare un giro attorno alla porta saltando di testa, e poi un altro ancora. Allora Cesare Maldini gli disse: “Mister, fantàsia”, con l’accento sulla a. Erano due triestini e Rocco rispose: “Ciò, maledeto bianco!”. Diede la colpa al vino». […]
Un giorno Oriana Fallaci le chiese: Rivera, cosa vuol fare da grande? Possiamo rifarle quella domanda?
«Quella signora cercò di mettermi in difficoltà senza riuscirci, fu un incontro un po’ teso. Io da grande voglio allenare, al limite comprerò un club con altri amici e ce la farò. Ah, guardi che ancora non sono diventato nonno. Altrimenti, come posso essere un ragazzo per sempre?».
3 - GIANNI RIVERA: «ALLENEREI LA NAZIONALE, MA SONO SCOMODO». GLI 80 ANNI DEL GOLDEN BOY
Estratto dell’articolo di Marco Ciriello per “il Messaggero”
[…] Gianni Rivera è un sentimento, o lo si sente o no. […] Ha vinto tutto: dal Pallone d’oro (1969) alla Coppa intercontinentale, passando per quella dei Campioni. Due volte padre, eretico, estremista, ma parlamentare Dc. Un ossimoro continuo. A Fellini preferiva Bergman, e a lui Ferruccio Valcareggi preferiva Sandro Mazzola. È stato l’incarnazione del miracolo pallonaro, senza mai farsi populista, troppo aristocratico per una piazza: per Gianni Brera era un arrampicatore sociale portato per essere un causidico, per Luciano Bianciardi un poeta, per Diego Abatantuono un santo che fa miracoli, per Oreste del Buono l’unico calciatore italiano fuori dalle dinamiche machiavelliche, per Gino Palumbo il più grande calciatore dal dopoguerra agli anni Settanta. […]
Che cosa ha fatto in tutti questi anni?
«Dopo aver smesso di giocare, sono diventato vice presidente del Milan poi sono entrato in Parlamento per 22 anni, e dopo un passaggio in Comune allo Sport sono tornato al calcio in Federazione: passando dal settore giovanile al centro tecnico di Coverciano per 5 anni. Ho preso i vari patentini per diventare allenatore professionista, e anche per la Nazionale italiana. Insomma, io ci sono. A maggior ragione oggi che ho il patentino da professionista. Dopo Ventura, il presidente Tavecchio mi offrì questa possibilità alla quale si opposero tutti coloro che erano legati all’associazione allenatori: peccato che questa regola l’abbiano applicata con qualche eccezione».
Mi dice l’eccezione?
«È evidente, Roberto Mancini in serie A».
Poserebbe nudo ancora una volta? Ha poi imparato l’inglese?
«Questa storia del nudo fu una punzecchiatura di Oriana Fallaci, mai pensato né mi è stato proposto. L’inglese l’ho imparato in Parlamento, ci fecero fare un corso».
Chi è stato il Rivera della politica italiana: Moro, Berlinguer o Andreotti?
«Andreotti, stupiva di continuo, aveva anche autoironia, pensi alle sue battute sul potere».
[…] Ma Concetto Lo Bello lo incontrava mai?
«In campo troppo spesso».
Si incazza ancora?
«Se ci penso sì. E poi mi dico che col Var nella mia vita non ci sarebbe Lo Bello».
[…] I morsi di Gianni Brera su di lei erano come le battute di Craxi su Andreotti o più Di Pietro vs Fanfani?
«Niente era come Brera. Era unico, e mi utilizzava. Tutti mi lodavano e lui andava contro, era una scelta, in fondo in fondo gli piacevo, forse anche più che agli altri».
Nereo Rocco, Nils Liedholm e Bruno Tabacci sono i suoi padrini, come erano veramente con lei?
«Rocco ti metteva a tuo agio, con battute. Un buono. Liedholm era puro ghiaccio, con battute alla svedese, che pochi capivano. Più duro di Rocco. Tabacci è un furbo».
[…] Se lei era già grande a venti anni ora che cosa è?
«Sono tornato piccolo per ricominciare! Ho il rimpianto di non aver allenato prima, non ho approfittato mai di niente. Io mi sentivo dirigente».
Non è che si sentiva troppo intelligente?
«Non lo si è mai».
Per Luciano Bianciardi lei era un poeta, mi dice la sua poesia preferita?
«“If” di Kipling, se come avverbio, non sé pronome riflessivo». […]
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tempi-dispari · 9 months
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Dr. Schafausen, attraverso la mente
Chi ha detto che non si può inventare nulla di nuovo in musica? La dimostrazione del contrario è il progetto del Dr. Schafausen, all’anagrafe Sergio Pagnacco, creatore del Dystopian Metal. Questo genere contiene diverse influenze come metalcore, djent, trap e progressive metal. Le parole non riescono a rendere il risultato ottenuto dall’alchemica mistura. Una certezza è che il suono risultante è potente, d’impatto, d’atmosfera, mai domo, sempre in movimento, anche nei frangenti più calmi. Particolare, ancora più, coraggiosa, la scelta del tema trattato in questo How can you die?
Il Dr infatti prende in considerazione per i testi il mondo dei disturbi mentali. E lo fa cercando di ricreare strutture che possano richiamare lo stato d’animo dei pazienti. Se ce l’abbia fatta o meno è un punto di vista del tutto personale. Come personale è la reazione e la gestione dei disturbi. Entrando nel merito più strettamente musicale. Il disco apre con Brain Fog. Le carte sono subito scoperte.
Riff di chitarra incalzante, scream, ritmo elevato. Ma è solo l’intro. Dopo questa manciata di secondi il brano si arresta. Subentrano atmosfere trap, molto urbane. Cantato sospeso tra hipo hop e voce melodica. Questa tiene campo anche al rientro del ritmo delle chitarre e dei ritmi spezzati. I crismi djent sono tutti rispettati e perfettamente mixati a strutture più leggere. Elettronica, suoni distorti, effetti sonori, tutti elementi che si fondono a delineare un’atmosfera fluida.
Il finale è affidato alla voce in growl alternata a scream e pulito. Molto azzeccata l’alternanza di diversi tempi in puro stile mat. La seguente title track apre con un arpeggio di tastiera su cui poggiano note di chitarra. Il ritmo è moderato per offrire il giusto supporto al cantato rappato. A metà strada tra Linkin Park e Limpbiskitz il brano decolla sul ritornello con aperture iperdistorte. Si rientra in ambito più morbido ma solo per sgomberare la strada al nuovo assalto sonoro.
Questa volta si aggiungono anche le due covi più cattive a dare manforte. L’atmosfera non si alleggerisce neanche sulla ripresa del frangente più melodico. Se l’intento è far sentire il disagio all’interno della mente dell’ascoltatore, il risultato è raggiunto. Anger inizia lenta, introdotta da suoni lunghi di tastiera. Il riff arriva come un fulmine. Pieno, cattivo, sincopato, come il ritmo seguente. Si alternano due voci. Melodica e scream fino all’apertura più urban.
Su un tempo lento l’ingresso delle chitarre segna un appesantimento notevole del brano. Si accelera leggermente per dare la possibilità alla chitarra di produrre riff su riff. Il break centrale è davvero notevole. L’ambiente sonoro si apre. Visivamente si può immaginare un giovane ragazzo fermo in tarda sera in una piazza mentre si guarda attorno smarrito. Lo smarrimento si accentua quando la canzone deflagra con i soni delle chitarre e la voce in growl. Ottima la scelta di tenere il mid tempo come portante.
In questo modo tutti gli interventi strumentali sono intellegibili e godibili. Si passa a Gaming disorder. Qui la struttura della precedente si ripropone in un prosieguo stilisti che diventa anche narrativo. Forti sono i contrasti come le emozioni che si avvicendano. La contrapposizione di melodia e suoni spigolosi è perfetta per la narrazione. Nel break centrale la voce in growl viene doppiata da una in scream. L’effetto è assolutamente coinvolgente.
Allo stesso modo i cori che accompagnano il passaggio successivo. Nuovamente voce growl e scream, quasi a simulare un dialogo tra due entità interne alla mente del protagonista. Fino all’epilogo. Daydream è un brano d’atmosfera. Apre con una base trap molto notturna. Questa si interrompe per dare spazio ad una chitarra in accordi. Subito dopo un’esplosione elettrica di pura potenza. Nuovamente le due parti in perfetta contrapposizione si scambiano battute.
Nonostante questa corsa in due, a dominare è sempre l’atmosfera. Si è persi in un vortice di sensazioni accentuato dal continuo passaggio da una tecnica vocale all’altra. L’operato della sezione ritmica è più che notevole. Non deve essere facile darsi il cambio con le parti elettroniche e allo stesso tempo essere così inarrestabili. Il brano successivo è We are digital. Questa volta si parte subito in quarta. Ritmo incalzante, wall of sound, voce sporca. Cala leggermente l’atmosfera generale sul primo break.
La vera sopresa arriva successivamente con l’utilizzo di un cantato ‘lungo’ contrapposto al ritmo serrato di base. Nuovo cambio circa a metà. Si rallenta, ma solo prendere la rincorsa verso la potentissima sezione successiva. Le due chitarre si distaccano. Una rimane sul ricamo su note acute mentre la seconda esegue ritmiche sincopate su note basse. Ennesima accelerazione, quasi in blast bit. Frenata improvvisa, apertura acustica. Si torna a suoni pieni. Ritmica serrata, non veloce con cassa in ottavi su china in quarti. Di nuovo suoni aperti per il finale non distorto.
Hikikomori è un brano dedicato ad un nuovo disturbo che sta prendendo piede tra i giovani soprattutto in Giappone. Persone che decidono di non uscire più di casa, se non direttamente dalla propria stanza. Un isolamento volontario dovuto alla paura di affrontare il mondo. Tenendo presente il concetto si riesce a seguire musica e cantato alla perfezione. Soprattutto da un punto di vista emotivo.
I cambi, come negli altri brani sono incalzanti. Le voci si alternano ora per dare fiato alle paure, ora alla coscienza, ora alla speranza e alla rassegnazione. La lotta appare impari. Il protagonista non riesce a venire a capo delle proprie paure. E porta l’ascoltatore tra esse. Ultima canzone, nell’ordine Spotify, è Comet. Un arpeggio di piano introduce al viaggi interstellare. È quasi come se Bowie avesse incontrato il Djent (si passi il paragone forte).
Le ritmiche sono sempre poco ortodosse, spezzate. Le voci si affastellano, si scambiano il testimone mentre la nostra fantasia è portata sulla coda della cometa. Ad assaporare il paesaggi e, soprattutto, il disagio. Il contesto non va mai dimentica in questo disco. La struttura circolare ripropone l’arpeggio iniziale.
Concludendo. Un disco impegnativo, quello del Dr. Schafausen. Impegnativo sia per i suoni, sia per la struttura dei singoli brani, sia per i testi. Non si potrebbe ascoltare con leggerezza. Ha dalla sua una complessità rilevante a livello tecnico, tuttavia possiede quella vena catchy e di contemporaneità che potrebbero portarlo lontano.
Non rimanere fermi e attendere che strada farà da solo.
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cellardoor2046 · 9 months
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Il sole batteva fortissimo, Anna si guardava le mani scure e poi i ginocchi screpolati e poi i piedi nudi, coperti solo da quel filo di plastica delle infradito. Si tolse pure quelle. Le dita ribelli s’allargavano e si stringevano a ritmo sincopato. La punta d’ogni dito giochicchiava con la luce accecante che lavorava rasoterra. Una linea di demarcazione nettissima la custodiva all’interno…
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micro961 · 11 months
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EsAi - “Hula Hoop”
Il nuovo lavoro del rapper Ivan Guerrieri, in arte EsAi
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Hula Hoop è un brano martellante, non ha tempo di pensare, agisce solamente. L’andamento rapido, opposto di sincopato, è dato dal frenetico alternarsi delle quartine di EsAi e Ogashira. La canzone tira a sé l’ascoltatore, trasportato dalle immagini chiare che vengono descritte.
 Ivan Guerrieri, in arte EsAi è un rapper classe ’04, cresciuto in provincia di Bari. Inizia il suo percorso artistico già durante le scuole medie, influenzato da vari generi musicali, rap old school su tutti. Dopo una grave permanenza ospedaliera, sposta principalmente la sua scrittura sul concious, trasportato dai brutti avvenimenti che hanno caratterizzato la sua vita. Negli ultimi anni è tornato a variare su più stili, in modo da non rientrare in parametri musicali precisi in cui essere riconosciuto. Il rap è il fondamento, la musica è la costruzione.
 Etichetta: Orangle Srl - www.oranglerecords.com
 Instagram: https://www.instagram.com/ivan_guerrieri_/
 YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCbIbiNhgG4dJNFuAK2FHO8g
 TikTok: https://www.tiktok.com/@esaik77
 l’altoparlante - comunicazione musicale
www.laltoparlante.it
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Uganda - “Aperitivi Lunghi" il suo album d'esordio
Dallo scorso 31 marzo 2023 è disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale "APERITIVI LUNGHI" (LaPOP), l'album d'esordio di UGANDA, dal quale è estratto il singolo in rotazione radiofonica "MAESTRO DI VITA".
Il brano "Maestro di vita" parla di una persona inconsapevole del proprio destino. Vive dentro a ognuno di noi, rappresenta lo spirito di autoconservazione, la disonestà e la presunzione che a volte si fa strada nell'animo umano.  Mettersi in gioco, in effetti, è difficilissimo e spesso rimaniamo arroccati nella nostra comfort-zone, diamo consigli senza immedesimarci realmente nei problemi del nostro interlocutore, a volte siamo presuntuosi e crediamo di essere nel giusto, pensiamo di far tutto per bene e di avere il controllo totale della situazione.
Spiega l'artista a proposito del brano: «"Maestro di vita", estratta dell'album "Aperitivi lunghi", entra diretta, senza esitazione. Racconta una storia accompagnata da un arpeggio continuo ma sincopato di una chitarra acustica: sono le onde che sbattono contro la chiglia di una piccola imbarcazione lasciata alla mercé del vento che fischia. Fischia come il suono di una Telecaster che viene da lontano, acida, pungente, imprecisa ma profonda. Il maestro di vita sa dove guardare, sa cosa pensare e sa proteggersi da tutte le situazioni grazie al suo animo calcolatore, ma il protagonista non sa che cosa lo attende e non si rende conto di essere seduto su una piccola imbarcazione in mezzo all'oceano».
"Aperitivi lunghi" è un album di nove tracce, registrato tra ottobre e novembre 2022 e contenente tre singoli precedentemente pubblicati: la title track "Aperitivi lunghi", "Bunker" e "Non so perché". 
Il lavoro è frutto di una lunga ricerca di suono costruito nel tempo, in studio e sul palco; gli arrangiamenti sono il risultato di una stretta collaborazione fra i musicisti.  Il disco prende il nome dal primo singolo, definito da alcuni come una sorta di manifesto generazionale, che è diventato anche fulcro intorno al quale si diramano le altre composizioni. Il filo conduttore che attraversa le canzoni è "l'illusione della scelta"; siamo sempre portati a pensare di poterci autodeterminare tramite gli sforzi individuali, ma spesso le aspettative vengono disattese dalla complessità degli eventi che ci circondano.
«Aspettavo questo album da tanto, ma sono contento di aver atteso a pubblicarlo perché per me significava molto ed era giusto dargli il valore che meritava. La cosa che mi rende più fiero è quella di essere riuscito a dare alle composizioni la giusta ambientazione. Non è solo un album ma è la fotografia di un percorso lungo ed emozionante fatto con delle persone che mi sono care e che mi hanno aiutato a tirare fuori una parte di me. Quando Uganda ha intrapreso questa esperienza qualche anno fa non è nato solo un cantautore ma si è costituito un nucleo, capace di esprimere e di sentire con sincerità i sentimenti di un autore», commenta Uganda.
Presalva l'album "Aperitivi lunghi" https://lapop.lnk.to/aperitivilunghi
TRACKLIST:
Bunker
Solo ricordi
Trasloco
Maestro di vita
Aperitivi lunghi
Fastidio
Quello che vorrei
Mi yegua
Non so perché 
Biografia
UGANDA è il soprannome con cui molti amici hanno conosciuto Matteo Ugazio, piacentino nato nel 1987, chitarrista e cantante dell'omonimo gruppo, interessato alla musica cantautorale italiana, all'improvvisazione, al jazz e alla musica brasiliana, che ha cominciato a scrivere testi e musiche il cui filo conduttore è il proprio rapporto conflittuale col mondo; l'artista voleva raccontare questa confusa e individualista società con una vena nostalgica e una carica sottilmente ironica.  
UGANDA è anche una band di amici, musicisti professionisti e amatoriali che insieme propongono un repertorio originale dalle sonorità indie-pop/rock. Il gruppo è composto da Matteo Ugazio (voce), Pierpaolo Palazzo (basso), Eliana Cruz (tastiere), Francesco Vincini (chitarra), Francesco Migliorini (batteria).
In collaborazione con alcuni amici a giugno 2019 registra uno dei pezzi in repertorio. Il brano si chiama "Aperitivi Lunghi", una canzone che parla di speranze disattese e di sogni infranti. Durante lo scorso 2022 firma con LaPOP che permetterà al gruppo di pubblicare "Bunker" (brano autobiografico alla riscossa) e "Non so perché"; i singoli entrano poi nel palinsesto di Radiocoop.
"Aperitivi Lunghi" è l'album d'esordio di Uganda su tutte le piattaforme di streaming digitale dal 31 marzo 2023 dal quale è estratto il singolo radiofonico "Maestro di vita".
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tarditardi · 1 year
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Uganda - “Aperitivi Lunghi" il suo album d'esordio
Dallo scorso 31 marzo 2023 è disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale "APERITIVI LUNGHI" (LaPOP), l'album d'esordio di UGANDA, dal quale è estratto il singolo in rotazione radiofonica "MAESTRO DI VITA".
Il brano "Maestro di vita" parla di una persona inconsapevole del proprio destino. Vive dentro a ognuno di noi, rappresenta lo spirito di autoconservazione, la disonestà e la presunzione che a volte si fa strada nell'animo umano.  Mettersi in gioco, in effetti, è difficilissimo e spesso rimaniamo arroccati nella nostra comfort-zone, diamo consigli senza immedesimarci realmente nei problemi del nostro interlocutore, a volte siamo presuntuosi e crediamo di essere nel giusto, pensiamo di far tutto per bene e di avere il controllo totale della situazione.
Spiega l'artista a proposito del brano: «"Maestro di vita", estratta dell'album "Aperitivi lunghi", entra diretta, senza esitazione. Racconta una storia accompagnata da un arpeggio continuo ma sincopato di una chitarra acustica: sono le onde che sbattono contro la chiglia di una piccola imbarcazione lasciata alla mercé del vento che fischia. Fischia come il suono di una Telecaster che viene da lontano, acida, pungente, imprecisa ma profonda. Il maestro di vita sa dove guardare, sa cosa pensare e sa proteggersi da tutte le situazioni grazie al suo animo calcolatore, ma il protagonista non sa che cosa lo attende e non si rende conto di essere seduto su una piccola imbarcazione in mezzo all'oceano».
"Aperitivi lunghi" è un album di nove tracce, registrato tra ottobre e novembre 2022 e contenente tre singoli precedentemente pubblicati: la title track "Aperitivi lunghi", "Bunker" e "Non so perché". 
Il lavoro è frutto di una lunga ricerca di suono costruito nel tempo, in studio e sul palco; gli arrangiamenti sono il risultato di una stretta collaborazione fra i musicisti.  Il disco prende il nome dal primo singolo, definito da alcuni come una sorta di manifesto generazionale, che è diventato anche fulcro intorno al quale si diramano le altre composizioni. Il filo conduttore che attraversa le canzoni è "l'illusione della scelta"; siamo sempre portati a pensare di poterci autodeterminare tramite gli sforzi individuali, ma spesso le aspettative vengono disattese dalla complessità degli eventi che ci circondano.
«Aspettavo questo album da tanto, ma sono contento di aver atteso a pubblicarlo perché per me significava molto ed era giusto dargli il valore che meritava. La cosa che mi rende più fiero è quella di essere riuscito a dare alle composizioni la giusta ambientazione. Non è solo un album ma è la fotografia di un percorso lungo ed emozionante fatto con delle persone che mi sono care e che mi hanno aiutato a tirare fuori una parte di me. Quando Uganda ha intrapreso questa esperienza qualche anno fa non è nato solo un cantautore ma si è costituito un nucleo, capace di esprimere e di sentire con sincerità i sentimenti di un autore», commenta Uganda.
Presalva l'album "Aperitivi lunghi" https://lapop.lnk.to/aperitivilunghi
TRACKLIST:
Bunker
Solo ricordi
Trasloco
Maestro di vita
Aperitivi lunghi
Fastidio
Quello che vorrei
Mi yegua
Non so perché 
Biografia
UGANDA è il soprannome con cui molti amici hanno conosciuto Matteo Ugazio, piacentino nato nel 1987, chitarrista e cantante dell'omonimo gruppo, interessato alla musica cantautorale italiana, all'improvvisazione, al jazz e alla musica brasiliana, che ha cominciato a scrivere testi e musiche il cui filo conduttore è il proprio rapporto conflittuale col mondo; l'artista voleva raccontare questa confusa e individualista società con una vena nostalgica e una carica sottilmente ironica.  
UGANDA è anche una band di amici, musicisti professionisti e amatoriali che insieme propongono un repertorio originale dalle sonorità indie-pop/rock. Il gruppo è composto da Matteo Ugazio (voce), Pierpaolo Palazzo (basso), Eliana Cruz (tastiere), Francesco Vincini (chitarra), Francesco Migliorini (batteria).
In collaborazione con alcuni amici a giugno 2019 registra uno dei pezzi in repertorio. Il brano si chiama "Aperitivi Lunghi", una canzone che parla di speranze disattese e di sogni infranti. Durante lo scorso 2022 firma con LaPOP che permetterà al gruppo di pubblicare "Bunker" (brano autobiografico alla riscossa) e "Non so perché"; i singoli entrano poi nel palinsesto di Radiocoop.
"Aperitivi Lunghi" è l'album d'esordio di Uganda su tutte le piattaforme di streaming digitale dal 31 marzo 2023 dal quale è estratto il singolo radiofonico "Maestro di vita".
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