Il segreto della felicità è la libertà, il segreto della libertà è il coraggio..
- Tucidide, storico ateniese, 460 a.C. - 397 a.C.
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Criptomazze
In un meraviglioso libro che racconta della nascita e delle conseguenze dell’ipotesi di Riemann (la più famosa questione irrisolta della matematica, che sto scoprendo ha implicazioni clamorose sulla nostra vita, sebbene per via indiretta) c’è un accenno alla scitala spartana.
La scitala è stato il primo e più famoso mezzo di messaggeria crittografata. La parola deriva da skytàlē, bastone, e come ci dice Plutarco (ne le Vite Parallele) era fatta così:
La scitala consiste in questo. Gli efori, all'atto di spedire all'estero un generale, prendono due pezzi di legno rotondi e perfettamente uguali, sia in lunghezza sia in larghezza, di dimensioni cioè corrispondenti. Di questi pezzi di legno, che si chiamano scitale, uno lo conservano loro, l'altro lo consegnano al partente. In seguito, allorché vogliono comunicare qualche cosa di grande importanza e che nessuno altro deve sapere, tagliano un rotolo di papiro lungo e stretto come una cinghia e l'avvolgono attorno alla scitala in loro possesso, coprendone tutt'intorno la superficie del legno col papiro, senza lasciare il minimo interstizio. Compiuta questa operazione, scrivono sul papiro così come si trova disteso sulla scitala ciò che vogliono, e una volta scritto, tolgono il papiro e glielo mandano senza il bastone. Il generale, quando lo riceve, non può leggere le lettere di seguito, poiché non hanno alcun legame tra loro e rimangono sconnesse, finché anch'egli non prende la sua scitala e vi avvolge in giro la striscia di papiro. Così la spirale torna a disporsi nel medesimo ordine in cui fu scritta, e le lettere si allineano via via, di modo che l'occhio può seguire la lettura attorno al bastone e ritrovare il senso compiuto del messaggio. La striscia di papiro è chiamata scitala al pari del legno.
La famosa spiegazione lascia in dubbio la modalità con cui si scriveva, ma è oggi comunemente accettato che la tecnica fosse di scrivere in verticale, dall’alto in basso, rendendo impossibile la lettura senza il posizionamento della striscia, che per Plutarco era di papiro, per altri autori, tra cui Aulo Gellio, Tucidide e Diodoro Siculo, poteva essere di stoffa o una correggia di cuoio. Veniva usata anche come prova di un contratto o anche come sorta di registro delle donazioni o dei bottini di guerra, e proprio Diodoro racconta come così fu scoperto il furto da parte di un comandante, Gilippo, di parte dell’oro conquistato da Lisandro e inviato a Sparta nella Seconda Guerra del Peloponneso, proprio perchè le quantità non corrispondevano a quelle riportate nella scitale.
Siccome era tipica di Sparta, si finì per chiamare gli spartani “portatori di bastoni”, descrizione che Aristofane usa in una delle sue opere più famose, Uccelli. E tale era la fama di questa caratteristica, che la usa in senso simbolico e sboccato in un’altra sua geniale commedia, Lisistrata. Per chi non la conosce, racconta dello sciopero del sesso delle mogli delle maggiori città greche che Lisistrata, donne ateniese, organizza, per fermare la guerra e farli tornare a curarsi delle loro famiglie, dato che gli uomini sono impegnati nelle Guerre del Peloponneso. Ad un certo punto, arriva ad Atene un araldo spartano, che parla con Cinesia, uno dei maschi ateniesi che più si adopera per fermare lo sciopero. Siccome l’araldo si presenta in scena con una evidente erezione, il dialogo tra i due si svolge così (traduzione di Alfredo Balducci):
ARALDO
Ateniesi, dov'è il vostro senato? Sono latore di un'ambasciata.
CINESIA
Dimmi se uomo oppur satiro sei.
ARALDO
Io son venuto per parlar di pace.
CINESIA
Tieni l'asta lì sotto il mantello?
ARALDO
Non ho armi nascoste, stai sicuro.
CINESIA
Ma se hai la tunica tesa! un'ernia forse che all'improvviso t'è spuntata?
ARALDO
Per Zeus, quest'uomo è diventato matto.
CINESIA
E tu, figlio d'un cane, sei arrapato.
ARALDO
Ma cosa stai dicendo, per gli dèi!
CINESIA
E questo che cos'è?
ARALDO
Mazza spartana.
CINESIA
Allora ce l'ho anch'io mazza spartana. Dimmi la verità: che aria tira da voi a Sparta.
ARALDO
Aria infuocata: tutti eccitati siamo.
CINESIA
Cos'è successo, colpa forse di Pan?
ARALDO
Di Lampitò*. Come per un segnale, tutte le donne a noi si son negate.
CINESIA
E voi che cosa fate?
ARALDO
Uno strazio: camminiamo ingobbiti, con le donne che neanche si lasciano toccare, se pace non facciamo in tutta Grecia.
CINESIA
Si capisce che questa delle donne ormai è cospirazione generale; vengon gli ambasciatori in tutta fretta per trattare la pace, per i nostri rappresentanti mostreremo questo.
ARALDO
Ho capito, io vado di volata.
*Lampitò è la donna Spartana a capo dello sciopero, convocata da Lisistrata.
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PòLIS - Gianpiero Menniti racconta la Comunicazione l'Arte e la Politica
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LA MACCHINA DEL TEMPO
Il passato è vivo: racconta, insegna, suscita, illumina.
Provo a riflettere sul tema della democrazia attraverso le "parole" di chi, tra i primi, seppe interpretarne il significato fattivo.
Il celebre "epitaffio" pronunciato da Pericle agli ateniesi nel 430 a.C., riportato dallo storico Tucidide nel suo "Guerra del Peloponneso", è il manifesto della democrazia ateniese e dei caratteri che la costituirono, giacenti in una visione a noi sconosciuta della "bellezza" e della "conoscenza".
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