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#una stanza tutta per sè
topaudiobooksit · 2 years
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Una stanza tutta per sè - Virginia Woolf https://ift.tt/26WAmVi
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aki-draws-things · 7 months
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Whumptober 2023~
Fandom: top gun
Characters: Ron slider Kerner, Nick Goose Bradshaw, Pete maverick mitchell, tom iceman Kazansky
Prompts: cattle prod, shock
Warning: Dark Nick, dark Pete, omega Ron, alpha nick/pete/tom/(pretty much tutti i flyboys, sorry Ron, gli Omega normalmente non entrano in marina), Nick e mav sono i villain qua, ed è più divertente del previsto.
Summary: [ITA ONLY, FOR NOW] post hop31, ma in cui nick sopravvive, mav decide che il modo migliore di punire Ice è prendere Ron e punire lui. Peccato che mav non abbia tutto quel gran controllo.
Era stato un incidente, questo era quanto tutti avevano detto. Un incidente. Certo.
E ora, per colpa di un banale, stupido incidente Nick era in ospedale.
Pete sapeva chi incolpare, e non era sè stesso, oh, assolutamente no. Perché mai avrebbe dovuto? Lui aveva seguito il protocollo, e la missione diceva che avrebbero dovuto agganciare il comandante per vincere.
Era tutta colpa do Iceman e do quel suo voler seguire quanto il suo RIO diceva.
Iceman che era stato chiamato a rapporto circa venti minuti fa.
RIO che Maverick non aveva esitato ad afferrare e trascinare via con sé. Avrebbero pagato, entrambi la porta si chiuse alle sue spalle, l'intera casa aveva quei due profumi combinati a cui Ron si era abituato, per quanto odiasse ammetterlo.
C'era quello più forte di Nick che gli invadeva i sensi appena entrava, che gli faceva chiudere gli occhi e rendeva le gambe molli, quello a cui si era abituato da anni e che per anni aveva inconsciamente cercato nella folla.
Poi, più dolce, arrivava quello di Pete, come il retrogusto dolce di un frutto ancora aspro ma non completamente, che rendeva più accettabile e piacevole l'idea di mangiarlo.
Ron lasciò che lo spingesse nella stanza, lasciò che quelle mani, quel corpo più piccolo ma non meno forte lo giostrasse e mettesse dove voleva lui.
Lo calciò e cadde in ginocchio sul pavimento senza un lamento. Nick si.arrabbiava sempre quando si lasciava sfuggire un lamento che non fosse un gemito quando gli dava il permesso. Pete lasciò la stanza brevemente, aveva un collare e un bastone elettrico in mano quando rientrò.
"Tommy..."
Ron sapeva che non sarebbe arrivato, Tom non c'era mai quando lo portavano lì. Pete inclinò la testa e lo guardò senza una parola
Aprì il collare e Ron alzò la testa, espose il collo. Pete sorrise. Oh, era così bravo quando voleva, mh? Ron tossì quando chiuse il collare attorno al suo collo con un sonoro clic.
Pete sospirò e lo osservò, inginocchiato in mezzo al loro salotto.
"Sai... il tuo pilota ha fatto un errore."
Disse tirando il collare verso l'alto. Ron annuì. Se Pete diceva che tommy aveva commesso un errore doveva essere vero. Pete e nick avevano sempre ragione. Gli alpha avevano sempre ragione.
(No. No non era vero. Tommy non aveva fatto nulla di sbagliato. Era colpa sua. Colpa sua.)
"Mi dispiace..."
Biascicò guardando Pete.
"Oh, dolcezza... lo so che ti dispiace."
Pete gli accarezzò una guancia prima di colpirlo. Ron piegò la testa di lato.
"Credi che cambi qualcosa? Il tuo alpha è in ospedale. Quel tuo pilota l'ha quasi ucciso sai? E tu ancora chiami il suo nome?"
"Mi dispiace.." mugolò allungando una mano e posandola sul fianco di Pete. Pete era gentile quando lui era bravo. Le sue mani erano dolci su di lui, lo guidava dove voleva. dove Ron doveva essere. Perché Ron a volte dimenticava come un buon omega doveva comportarsi con il suo mate.
(No. No Pete non lo era. E nemmeno Nick. Tom. Solo tom. Tommy--)
"Ma possiamo sistemare le cose, dolcezza."
Sorrise e un lampo di speranza gli attraversò la mente. Il bastone elettrico si abbatté su di lui.
Ron urlò e crollò a terra.
"Hey hey....ho forse detto che puoi urlare, dolcezza?"
Ron gemette rannicchiandosi su un fianco.
"Così va meglio."
Pete ghignò. So.accuccio accanto a lui e gli afferrò il mento.
"Sai, la prima volta non ero sicuro fossi il mio tipo. Sono più per un'omega sottomesso, qualcuno di piccolo, che posso prendere come voglio." Si leccò le labbra, tenne il volto di Ron fermo. "Tu non sembravi un omega. Certo, finché non ti sei arrotolato su mr alpha perfetto. E finché non ho sentitoil tuo profumo. Non eri il mio tipo, dolcezza, ma guardati, sei così bello."
Passò il pollice sulle labbra, istintivamente Ron le aprì, lasciò che il pollice di Pete si insinuasse nella sua bocca.
"Sei ancora più bello quando sei rotto."
Ritrasse la mano con violenza e lo colpì col bastone elettrico di nuovo.
Ron non urlò stavolta. Si contorse ma premette le mani sulle labbra forzando a restare in silenzio.
"Il tuo pilota ha fatto del male al tuo padrone, Ronnie. E a me non piace. A te?"
Ron scosse la testa debolmente.
"Eppure voli con lui. Stai attaccato a lui come se fosse il tuo padroncino."
Scosse la testa ancora. Pete lo colpì. Ron sussultò.
"Non mentirmi!"
Lo afferrò e lo sollevò sulle ginocchia.
La testa gli girava, faceva male, tutto faceva cosi male. Sbandò verso sinistra , gli occhi socchiusi. Pete lo colpì ad un lato della testa, Ron spalancò gli occhi e urlò.
"Quindi sai cosa faremo adesso, dolcezza? Adesso ti rimando dal tuo pilota, visto che lo vuoi così tanto. E lui finalmente capirà cos'ha fatto."
Per un attimo Ron non capì. Per un attimo scoprì di non riuscire a dire nulla. Non sentiva nulla.
Una scossa gli attraversò il corpo, ogni cosa fu invasa dal dolore.
Così tanto dolore.
Tommy-- Tommy ti prego--
Il nulla.
~~~
Ron non ricordava di essere tornato a casa, ogni cosa era un turbinio di suoni, di colori, odori. Un lampeggiare incessante che sembrava annullare ogni pensiero coerente e razionale avesse mai avuto.
Il suo alpha era in ospedale. Il suo pilota era responsabile per quanto accaduto.
(No. No, non Tommy. Tommy aveva fatto quello che lui gli aveva detto di fare. Era colpa sua se il suo alpha--)
"Ron?"
Ron sussultò. Era seduto su un divano. Non poteva.star seduto lì-- si affrettò ad alzarsi, crollò in ginocchio.
Faceva male. Tutto.
C'erano delle mani su di lui, le dita si avvolgevano attorno al suo avambraccio, lo sorreggevano.
"Ron chi ti ha fatto questo?"
Tommy---?
Ron sbattè le palpebre, alzò lo sguardo, incrociò quello di furioso di Tom. Il respiro gli si mozzò in gola.
"Ronnie, chi è stato?"
Con un mugolio, ("Cristo, sei così patetico" la voce nella sua mente che suonava così tanto come suo padre disse) cercò di.allontanarsi, di.liberarsi dalla presa.
"Dimmi chi è stato, Ronnie, e giuro che to porterò le loro teste su un vassoio d'oro."
Gli sollevò il viso, non lo afferrò come aveva fatto Pete, gli accarezzò la guancia e sollevò il volto, lasciò la presa sul braccio e accarezzò il segno sulla tempia.
"Tommy..."
Gemette chiudendo gli occhi.
"Tommy fa-- fa male..."
Tom ringhiò. Basso e pericoloso. Si chinò, avvolse Ron tra le sue braccia, le labbra sul suo collo.
"La pagheranno."
Promise.
"Fa male..."
Quando Tom si spostò, del sangue gli colava dal naso, Ron fissava un qualcosa oltre la spalla di Tom, le pupille dilatate.
Cazzo.
Oh, caz---
Quando perse conoscenza tom decise che quella volta Maverick aveva oltrepassato il limite. Ogni limite.
~~~
"Non avrai esagerato, spero."
Pete scrollò le spalle, aveva posato i piedi sul bordo del letto e guardava nick inclinando la testa.
"Una scossetta di qua, una di là. Niente di irreparabile ma quanto basta per quell'alpha da sapere chi è in controllo."
"Sai che non mi piace quando lo rovini troppo, Mav."
"È vivo, cammina, parla. Ha ancora tutti gli arto attaccati ed è funzionante. Non l'ho rovinato, Nick. E vedrai come sarà docile appena torna da noi."
Fece a malapena in tempo a finire la frase, la porta venne aperta con violenza, tom entrò come una furia, il suo pugno si abbatté su Pete prima che se ne rendesse conto.
"Che succede, Tommy?" Domandò nick dal letto. "Arrabbiato per un omega che non è nemmeno tuo?"
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vogliodirlocosi · 1 year
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avrei voluto che qualcuno mi avesse messo in mano una stanza tutta per sè tanti tanti anni fa
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klimt7 · 1 year
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Un'isola
[ 1a parte ]
Un'isola...
Un'isola è, in ogni caso, una sfida.
Raggiungerla è una sfida a sè stessi.
Abitarci è voler sfidare l'abitudine e l'assuefazione alla comodità, i limiti, e la stessa concezione del tempo a cui ci hanno educato sulla terra ferma.
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Il porto è annidato in fondo ad una insenatura naturale, mentre il centro abitato, l'unico che ci sia, sta su in alto, su un promontorio dominato dalla Fortezza cinquecentesca. Si chiama Forte di San Giorgio ed è stato costruito dai genovesi nel 1540, dopo la liberazione dell'intera isola dal dominio del corsaro turco Dragut.
Il borgo ha case addossate le une alle altre, in un dedalo di viuzze, scale, rampe, cortili. Le vie attuali non rispecchiano di certo il concetto di ortogonalità, ma piuttosto paiono assecondare le pendenze e le irregolarità della rupe vulcanica sottostante. Ciò che colpisce fin da subito è che ogni casa ha le chiavi infilate sulla porta e molte porte restano aperte per tutto il giorno.
Il borgo antico è stato quasi del tutto recuperato, ma ancora ci sono piccoli cantieri aperti. Dalle loro aperture ancora senza infissi, proviene un profumo di cemento fresco e intelaiature di legno. Le ditte sono tutte toscane e sono qui in trasferta, per cui non ci sono giornate di interruzione. Si lavora sia la domenica che il 25 aprile.
Mi fermo a guardare il muratore che sta smontando le impalcature.
Capisco quanto dev'essere eroico un cantiere di questo tipo. Ogni attrezzo, ogni materiale, ogni utensile, occorre farlo arrivare tramite il traghetto da Livorno
Un'isola selvaggia come questa, più vicina alla Corsica che all'Italia ha proprio questo di speciale. Viene nutrita e tenuta in vita grazie ad un cordone ombelicale che la lega al resto del mondo.
Gli isolani questo legame, lo chiamano "la nave". "Oggi la nave non è partita.", "Oggi è partita ed è dovuta rientrata in porto", "il mare è grosso e se non cala il vento, per qualche giorno, non avremo rifornimenti"...
Siedo al bar sul porto e assorbo ogni colore, ogni voce, ogni vibrazione che la luce riverbera sulle pareti del locale. Fuori da stanotte c'è il Maestrale. Un dio invisibile che regna sul Tirreno ed è capace di monopolizzare ogni attività tu possa credere di iniziare. È un vento che ti entra in testa. Nelle ossa.
Scompiglia i piani, i programmi, strappa i panni dai fili, sbatte porte, vetri, tende.
Sulla terra, solleva polvere e inquietudine mentre pettina l'erba dei campi, ma è sul mare che imbianca di candide pennellate il blù cobalto, poco sotto l'orizzonte.
Più tardi arrivo al B&B, accompagnato dalla signora che mi è venuta a prendere al porto. Si chiama Azzurra e gestisce col marito dal 2015 questo affittacamere ricavato da una delle più grandi case del borgo. Al piano terra c'è un giardino meraviglioso, provvisto di tavoli e sedie, di un amaca e di tende che tuttavia il vento ha buttato a terra. Da lontano pare un compound arabo, ma le sorprese arrivano appena ci si avvicina all'ingresso dell'abitazione.
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L'ingresso è quello originario e da su un cortile condiviso con altre case. La porta di legno. È verde chiaro con disegni tono su tono, mentre le due finestre al piano superiore sono azzurre.
Sulla porta di legno a due ante, le chiavi che penzolano dalla serratura.
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L'interno è diviso su tre piani, con quello inferiore dove c'è l'ambiente comune per la colazione, a livello del giardino a cui si arriva scendendo ulteriori gradini.
Tutta la casa è stata recuperata e arredata con mobili antichi in stile "arte povera" adattati ai diversi ambienti.
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Molte delle porte interne sono in legno, dipinte e personalizzate con un motivo marino. Perfino i tovaglioli per la colazione mi ricordano gli Azulejos portoghesi.
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Bene. Prendo possesso della stanza, lascio il trolley e lo zaino e ritorno ad esplorare il borgo di Capraia.
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cambiolavita · 3 months
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A gentile richiesta
Il Bloomsbury Group è un ideale a cui aspirare, "Una stanza tutta per sè" una sorta di Bibbia del pensare
Adeline Virginia Woolf, nata Stephen (Londra, 25 gennaio 1882 – Rodmell, 28 marzo 1941), è stata una scrittrice, saggista e attivista britannica. Suo padre, sir Leslie Stephen, fu autore, storico, critico letterario e alpinista. Sua madre, Julia Prinsep Jackson (1846-1895), nacque in India dal dottor John Jackson e dalla moglie Maria Theodosia “Mia” Pattle e in seguito si trasferì con la madre…
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statoprecario · 9 months
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UNA STANZA TUTTA PER SÈ di Matan Yair - Dal 17 agosto in sala con Wanted Cinema
WANTED CINEMA è lieta di annunciare l’arrivo nelle sale italiane dal 17 agostodel film UNA STANZA TUTTA PER SÈdel celebre regista israeliano Matan Yair (Scaffolding). UNA STANZA TUTTA PER SÈ segue le vicende del diciassettenne Uri, che ha fallito il suo primo colloquio con l’esercito commettendo un clamoroso errore: ha detto la verità. Uri ha rivelato in fase di colloquio che negli ultimi tempi…
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cycktok · 1 year
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E se ne stava acciambellato sulla poltrona mentre guardava i suoi compagni girare avanti e indietro per la stanza indaffarati; forse è proprio la mancanza di interesse nella maggior parte delle attività che lo spingeva ad osservare gli altri che sbrigavano la maggior parte delle faccende; per esempio il gruppo sulla tavola che si aiutava nel finire di risolvere la versione di latino; certo, nemmeno a lui dispiaceva in realtà tradurre i testi assegnati per casa, tuttavia si accontentava di una stesura approssimativa e alle volte scopiazzata quando non capiva appieno il significato esatto; "buona la prima" si diceva spesso tra se e se, che per come era fatto, corrispondeva alla migliore versione che potesse offrire; finire il prima possibile per starsene ad osservare gli altri che ancora si dimenavano per finire il meglio possibile; una filosofia un po' sbrigativa e alla carlona; ma forse il suo pensiero lo spingeva a ciò per il fatto che dava il meglio di sé assumendo un atteggiamento distratto e fanciullesco, quasi a dire: "vabè, ma quando arriva la parte divertente?", e il tempo, una volta finito di svolgere le attività, doveva rappresentare per lui quel momento in cui finalmente lasciare spazio alle cose realmente importanti. Tuttavia era l'unico a pensarla in questo modo, e finiva per trascorrerlo fantasticando da solo su cosa avrebbe potuto fare se solo fosse stato in compagnia con altri; così l'osservare gli altri era diventato una sorta di passatempo, causato dal fatto che per quanto potesse fare bene qualcosa, non lo avrebbe comunque soddisfatto a pieno, e anche quasi per ripicca nei confronti degli altri, come per dire: "vabe, l'avrai fatta pur bene, ma a che prezzo? Davvero ne è valsa la pena? Non avresti preferito fare altre cose piuttosto che passare tutto il pomeriggio sul quel compito, a discapito di un ottimo voto?" Chiaro, una mentalità che a breve termine non avrebbe portato a risultati rassicuranti, e infatti quell'anno dovette faticare e non poco per portare la media alla sufficienza; tuttavia era fermamente convinto che sì, un giorno tutto ciò lo avrebbe portato da qualche parte, percorrendo la sua strada; i vecchi compagni certo sicuramente avrebbero raggiunto stabilità e serenità; ma davvero era ciò che volevano? Riempire le giornate di faccende obbligatorie e noiose, con grosse risme di carta da compilare, gente con cui avere a che fare tutti i giorni con le quali non avevano nulla a che fare? L'ennesima giornata da colmare con faccende impostesi da terzi per poter portare a casa la pagnotta.
Altri compagni stavano girando la stanza del soggiorno, col moccio per lavare il pavimento, e gli dovettero chiedere di alzare gentilmente i piedi da per terra per arrivare su tutta la superficie; con molta fatica eseguì gli ordini e ancora una volta se ne stava ad osservare il tutto dalla sua seduta aliena delle faccende domestiche: un'altra attività da svolgere forzatamente a altresì noiosa pensava, "ma davvero devo aiutare anche io?" No, certo che no, me ne starò seduto ancora una volta ad osservare. Ma possibile che tutti qui vogliano fare tutto quello che è normale fare durante la giornata a casa? Per fortuna c'è gente disposta a farle queste cose, io di certo me ne sto qui a pensare ad altro, precisamente a cosa non lo so, ma sicuramente non a questo. Quell'esperienza di gruppo gli aveva fatto capire che effettivamente non condivideva la maggior parte dei pensieri con gli altri, gli è rimasta ancora impressa l'attività di osservare; non è un caso se ancora oggi è praticamente l'unico che consce a memoria tutti i nomi dei nuovi compagni, e rispettivi loro hobby; forse perchè cerca negli altrui atteggiamenti ottimisti la fiducia che in sè non riesce a trovare, e specialmente in chi gli ispira particolarmente tranquilità, trova un senso di gratitudine nel vedere realizzarsi costui.
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seoul-italybts · 1 year
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[✎ ITA] Recensione : Weverse Magazine - Jimin È Un Genere di Per Sè | 04.04.23⠸
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🌟 Weverse Magazine 🗞
JIMIN È Un Genere di Per Sè
Una recensione del suo primo album solista, FACE
__Kang Myungseok | 04.04.2023
Twitter ; Orig. KOR
Jimin è affabile. Quando lo si intervista, sa subito creare quella certa atmosfera e metterti a tuo agio. La sua voce è bassa e serena, mentre risponde ad ogni domanda in tutta onesta e con un sorriso quasi timido. Una volta, Jimin si è descritto come “il tipo di persona cui piace essere amata” (Weverse Magazine), ma credo ciò che intendeva dire fosse che è importante possedere la gentilezza necessaria per capire ed avere cura del prossimo, prima di essere amatə a nostra volta. Non solo... Il 31 dicembre 2018, ha rilasciato “Promise”, la primissima traccia di sua composizione, basata sulle emozioni provate durante un concerto al Citi Field Stadium di New York, il 7 ottobre di quell'anno: “Facciamo questa promessa”, ha deciso tra sé e sé, in quell'occasione, “anche se ci sono momenti tristi, cerca di non deprimerti troppo. Non buttarti giù.” Poche settimane dopo, il 19 gennaio, è apparso su V LIVE per spiegare più dettagliatamente qual è stato il suo ragionamento. “Perché non riesco ad essere più sincero?”, si è chiesto. “Quando sono stanco, dovrei ammetterlo. Ma non riesco ad essere onesto con me stesso. E la cosa continuava ad opprimermi, perché pensavo ‘Ci sono un sacco di persone molto più stanche di me che non si lamentano.’ ” Forse è questo il motivo per cui il testo di “Promise”, ispirato ai suoi meccanismi e riflessioni interiori, è impostato come un dialogo con un interlocutore invisibile: “Ora promettimi / Anche se durante il giorno ti senti solo / Che non ti butterai giù.” Sembra quasi che, oltre ad essere una promessa con se stesso – quella di sfuggire al suo tumulto interiore – sia anche una forma di conforto per tutte quelle persone che provano lo stesso.
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Se Jimin fosse un ventenne qualunque, con una vita normale, la profondità del suo animo sarebbe solo una qualità in più. Ma Jimin è un membro dei BTS. È costantemente soggetto ad attenzioni e critiche, e ha già dovuto affrontare attacchi personali ingiustificati, su base di accuse infondate. E allora che cos'è che gli consente ti preservare quella sua gentilezza ed affabilità, nonostante quanto ha già sofferto?
In “Interlude : Dive”, la seconda traccia del suo primo album solista: FACE, c'è una clip audio in cui saluta le/i fan ad un concerto, e possiamo quasi sentire il sorriso nella sua voce. Ma, in sovrapposizione, sentiamo anche una voce che sembra quasi singhiozzare. Quindi abbiamo sia la superstar - che esprime tutto il suo affetto e gratitudine per il mare di fan che gli sta di fronte, che la persona comune – la quale soffre in privato. Jimin è accreditato nella sezione 'Suoni e Atmosfera' della sua traccia, per il lavoro svolto in tale ambito: una serie di registrazioni tratte dal suo quotidiano, sovrapposte alla trama del brano come immagini filmiche su una pellicola. Questo segmento sonoro si chiude con il suono di acqua versata in un bicchiere e poi bevuta. La traccia successiva è il singolo principale dell'album, “Like Crazy”, e nella foto teaser vediamo Jimin da solo, chino su un tavolo, in una stanza piena di vetri infranti al suolo. Quindi l'azione, del tutto quotidiana, del bere viene qui collegata ad una rovinosa solitudine. Nel testo, l'artista suggerisce come potrebbe affogare questo abbandono nel bere e dimenticarsene sotto il “frastuono della musica” (“Guardami mentre mi sbronzo tutta la notte / Così che anche il mattino / Si ubriachi e non arrivi”)—è un tipo di solitudine noto a tutti ma di cui nessuno ha il coraggio di parlare. Se consideriamo FACE una confessione – così come “Promise”, è facile tracciare i contorni di ciò che Jimin sta cercando di esprimere nel suo album.
Così come suggerisce il titolo, “Interlude : Dive”, questo brano è una raffigurazione concreta di come Jimin stia sprofondando in se stesso, e l'introduzione del violoncello a metà traccia sembra come trascinare il mondo esteriore del cantante nelle sue profondità interiori più oscure. Collocata subito dopo l'interludio, “Like Crazy” diventa quindi una sorta di breve tentativo di fuga da quello stato emotivo. La traccia successiva, “Alone”, si apre con il suono di una sveglia—quasi ad indicare che siamo nel mattino seguente. In questo brano, Jimin ammette che lo svago della notte trascorsa non è bastato a liberarlo dal suo senso di solitudine: “Addormentarmi da ubriaco, senza ricordare niente / È in quei momenti che ci ho pensato / Cosa sto facendo? / Perché sono l'unico così? / No, tutti quanti sono così / Cerco di far finta che vada tutto bene, ma mi sento patetico”.
Se consideriamo le canzoni di FACE come un unico corpo musicale interconnesso, le tracce “Face-off” e “Set Me Free Pt.2” - le quali vengono rispettivamente prima e dopo le tre già menzionate – segnano l'inizio e la fine del disagio psicologico di cui ci confida d'esser preda, nonché la volontà ed i passi concreti mossi per superarlo. In “Face-off”, Jimin si colpevolizza (“Guarda cosa sono diventato / Vivo come un idiota patetico”) ma, al contempo, riconosce che “Questo terribile incubo è iniziato perché mi sono fidato del prossimo”. Nessuno, se non lo stesso Jimin, può sapere con precisione perché abbia deciso di aprire l'album con questa canzone, ma forse possiamo quanto meno ipotizzare che cosa provi una delle stelle più famose al mondo. In “Face-off” Jimin fa una promessa con se stesso, perché “anche quei maledetti giorni passati ormai sono finiti”, fino alla nuova risoluzione che troviamo in “Set Me Free Pt.2” (“Non mi nasconderò più, neppure se fa male / Impazzirò pur di restare sano / Su le mani per il me del passato”).
Già solo il fatto che quest'ultima traccia sia stata rilasciata prima dell'album aggiunge un ulteriore strato di significato. Se analizziamo l'album da una prospettiva più generale, “Set Me Free Pt.2” è una riflessione sul - ed il risultato del – suo desiderio di superare le difficoltà emotive trattate nei brani precedenti. Ma, presa come singolo, questa canzone rappresenta l'inizio della carriera solista di Jimin, in cui – come suggerisce anche il titolo – l'artista mira ad essere libero. La traccia è quindi al contempo la conclusione di un album e l'inizio della sua produzione solista.
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Jimin ha scritto FACE in modo intuitivo, così che fosse di facile comprensione per chi ascolta. Il video musicale di “Set Me Free Pt.2” pone l'attenzione sulla coreografia ed il talento di uno dei performer K-pop più noti al mondo, concentrandosi completamente sull'esibizione stessa. Poi abbiamo il singolo principale, “Like Crazy”, molto accessibile ed orecchiabile con il suo sound synth pop da discoteca. Verrebbe dunque facile presupporre che il rilascio di questi due successi pop - quello anticipato di “Set Me Free Pt.2” e poi quello del singolo principale - sia stato un modo per riaffermare il suo status di ballerino professionista e vocalist di enorme talento, ma la trama generale di FACE – in cui trovano spazio anche queste due tracce – suggerisce che dietro questa decisione si nasconda un significato più profondo.
La scelta di usare il bianco e nero fin dal teaser dell'album, ad esempio, trasmette subito un senso di dualità. Concettualmente, potremmo essere tentatə di considerarlo come la rappresentazione di un conflitto tra un Jimin più “dark” ed uno vivace e mite, ma nel contesto generale in cui si inscrive FACE, il bianco ed il nero non sono due opposti, quanto, piuttosto, la raffigurazione concreta della vita esteriore ed interiore di una persona. In “Set Me Free Pt.2”, vediamo un Jimin – vestito di nero – sollevato verso il cielo da una folla di persone—metafora della sua celebrità stellare. Al contrario, nelle foto e video teaser di “Like Crazy”—un giovane solitario in mezzo ad una marea anonima di persone in un locale affollato, lo vediamo indossare varie sfumature di bianco. La chiarezza espressiva di queste immagini in bianco e nero aiutano l'artista nell'esplorazione di quelle emozioni complesse che l'hanno condotto al rilascio di FACE. In tal senso, l'album è un'ode alla vita umile e piena di passione condotta da Jimin e ha il fine di esternare i suoi sentimenti più profondi. Come tema del suo primo album solista, Jimin ha scelto di parlare della sua vita, sia come individuo privato che come membro dei BTS, ma si è assicurato il tutto fosse di facile approccio, facendo uso di simboli, organizzando attività promozionali e preparando esibizioni che la gente potesse cogliere e capire intuitivamente.
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Sono proprio la volontà e gli sforzi compiuti per non rifuggire questa dualità - facendo uso di bianco e neri o del contrasto che troviamo in “Like Crazy” e “Set Me Free Pt. 2” - a rendere FACE così affascinante. Prendiamo, per esempio, il momento in cui Jimin viene sollevato in aria dal corpo di ballo in “Set Me Free Pt.2”, prima di svanire momentaneamente e poi riapparire vestito di bianco. È come se, quando le persone che gli stanno attorno spariscono, comparisse invece il suo io interiore. Anche il video musicale segue fedelmente il testo, rispecchiando la storia di vita di Jimin. Quando canta dicendo “mi ergo qui, infine”, gli/le altrə ballerinə si dispongono in modo da formare una spirale, e Jimin vi cammina in mezzo. Il vortice poi viene spezzato e lui guadagna il centro della scena per ballare, proprio quando il testo dice “Vola, farfalla.” E quando canta “finalmente sono libero” la videocamera cattura l'intero set in un'inquadratura più ampia. Questa transizione simboleggia una fuga catartica dal frenetico spiraleggiare in mezzo a difficoltà che sono apparentemente senza fine, per poi volare libero come una farfalla.
Il modo in cui, in questo video musicale, il senso del testo viene espresso attraverso una coreografia intrisa di aspetti mutuati dalla danza moderna ricorda un po' ciò che hanno fatto i BTS con “Black Swan”. Se teniamo conto di quella performance di gruppo, e del fatto che Jimin è diplomato in danza, la scelta sembra più che azzeccata; ma molte delle mosse che vediamo in “Set Me Free Pt.2” sono tipiche, più nello specifico, della danza contemporanea su base hip hop. Molti dei suoi movimenti sono irrequieti, quasi delle scariche d'elettricità, o lo vedono seguire la cadenza ed un ritmo hip hop. Viceversa, “Like Crazy” è ricca di passi in stile disco, che ben si sposano con l'ambientazione del video, vale a dire un locale notturno.
Il modo in cui Jimin ed il corpo di ballo si muovono come un tutt'uno durante i versi “Così che anche il mattino / Si ubriachi e non arrivi” riporta alla memoria l'assolo di ballo eseguito da Jimin in “Black Swan”. Attraverso la sua coreografia, “Like Crazy” esprime la solitudine provata da Jimin, come quando le ballerine continuano ad afferrarlo e spintonarlo, muovendosi in cerchio attorno a lui, sulla parte di testo che fa “Mentre la musica suona assordante / Io svanisco”. Durante il ritornello, quando il ritmo disco prende veramente piede (“I’d rather be / Preferirei smarrirmi tra le luci.. ecc.”), Jimin balla con più leggerezza, mettendo in risalto tutta la sua notevole tecnica. La sua performance in “Set Me Free Pt.2”, invece, è altamente energetica ed estremamente travolgente, tanto la coreografia contemporanea su base hip hop risulta intensa.
Nonostante il suo messaggio sia espresso attraverso una chiave interpretativa facilmente recepibile ed assimilabile, Jimin reinterpreta il genere di cui si serve nel suo stile personale, trovando così un modo di trasmettere ciò che prova in modo del tutto inedito.
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L'esperienza acquisita da Jimin nei BTS si unisce così alla lunga storia e tradizione di questo genere per dar vita a qualcosa di totalmente nuovo. Nell'insieme, si può dire che FACE rientri nella categoria timbrica dell'hip hop/R&B. “Face-off” inizia con una melodia R&B, con solo una spolverata di trap nel ritornello (“Break it down / Sconfiggilə.. ecc.”) e poi Jimin canta e rappa in “Set Me Free Pt.2”, che è una traccia hip hop. Anche in “Alone” possiamo trovare una chiara impronta R&B, specialmente sul cambio di tempo (“Addormentarsi da ubriaco.. ecc.”).
Seguendo questo filo logico, potremmo dire che “Like Crazy” introduca un'altra dimensione di FACE: i riflettori, qui, sono puntati su Jimin che, da solo, domina il palco seguendo un entusiasmante ritmo da discoteca. Il modo in cui canta “Like Crazy” si rifà alla tradizione dei solisti neri, tra i quali troviamo the Weeknd, Chris Brown, Usher e, guardando al passato, Michael Jackson.
Considerate anche le altre tracce dell'album, FACE è un po' una rarità negli Stati Uniti: un album di debutto solista di genere R&B/hip hop, coronato da coreografie mozzafiato. Ecco perché la versione inglese di “Like Crazy” è ancor più importante. Quando Jimin ha eseguito “Like Crazy” al talk show americano The Tonight Show Starring Jimmy Fallon, cantando in inglese, le radici e la tradizione cui questo brano si ispira sono subito apparse più chiare. Ma Jimin non si limita a seguire religiosamente la tradizione, donandovi invece un sapore inedito. “Like Crazy” potrà anche essere un numero musicale e di ballo adatto alle nottate fuori ma, come vediamo nel video musicale, parla anche di quel senso di solitudine che può ghermire le persone anche in mezzo alla folla di un locale. Lo si avverte chiaramente dal tono calmo di inizio canzone—cosa insolita per la musica dance— su un sottofondo fatto di bassi pesanti e profondi. Sentiamo persino un'intensa e pacata voce femminile accompagnare il sound vivace dei sintetizzatori, tra l'energico ritornello ed il ponte. In altre parole, mentre la canzone è essenzialmente un brano ballabile molto coinvolgente, non manca una certa nota di tristezza, nascosta in agguato nel substrato musicale. In un certo senso, potremmo dire che la musica incarna la personalità di Jimin: una vivida stella multicolore sul palco con un carattere sensibile e quasi fragile nel quotidiano. Con “Like Crazy”, i lavori solisti di Jimin – prima tra tutti “Lie”, rilasciata con i BTS – cambiano stile. FACE è una delicata espressione dei sentimenti di Jimin e si discosta da quelle che sono le aspettative rispetto al genere cui si rifà.
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All'inizio di “Alone”, Jimin canta con una tonalità profonda mai sentita prima. Sembra quasi aver perso la voce, forse in un tentativo di ricollegare questa traccia allo scenario descritto in “Like Crazy”, quindi ora il suo canto è carico della vuota tristezza del mattino. La canzone è decisamente R&B, ma quando dice “Quanto ancora dovrò sopportare, prima di poter tornare?” è una tonalità acuta e carica di sentimento che usa, come tipico delle vecchie ballate coreane. Se parliamo di genere, FACE è fondamentalmente R&B e hip hop, ma Jimin canta nel tono e stile più appropriati ad esprimere il tema e le emozioni contenute in ognuna delle sue canzoni, senza seguire gli schemi. Quando vuole dare un'immagine forte, ad esempio in “Face-off”, usa una tonalità R&B (“Get it out, scream like crazy everybody, yeah yeah / Fallə uscire, gridiamo tuttə da pazzi, yeah yeah.. ecc.”). Poi, in “Like Crazy”, troviamo un cantato più limpido che, a dispetto del beat da discoteca, rispecchia l'atmosfera fondamentalmente pessimista; cosa che gli permette di nascondere una nota triste in una canzone pur sempre ballabile. Esplorando tutte queste diverse tecniche canore, Jimin non si limita a mostrarci un nuovo lato di sé, ma sfrutta l'occasione per trovare nuovi modi di raccontare la sua storia, discostandosi dagli schemi e stili ordinari, tipici di certi generi musicali - i quali, anzi, Jimin descrive come “una storia cliché, come in un drama” in “Like Crazy”.
Nell'introduzione e nel ritornello di “Set Me Free Pt.2”, Jimin canta e rappa in stili diversi. Qui e là fa uso dell'autotune e poi cerca di adattare il suo tono e stile ad ogni sezione del brano. Variazioni così elaborate non possono che ricondurci all'impegno preso nella canzone, ovvero quello di trovare la propria libertà. Questa traccia è, essenzialmente, il brano conclusivo di FACE ed il modo in cui l'artista sceglie di modulare la sua voce è ciò che, di fatto, ne trasmette ed esemplifica il significato. Jimin sfrutta appieno ogni aspetto e dettaglio del suo album per poter esternare con chiarezza tutto ciò che desidera esprimere. Sono tutti sforzi compiuti per presentare al mondo che tipo di persona è e le difficoltà che ha dovuto affrontare per arrivare al livello cui si trova ora. Sebbene sia “il tipo di persona cui piace essere amata”, Jimin si svela, pronto a mostrare il suo lato più fragile e dark, ma lo esprime con estrema delicatezza e nel modo più squisitamente elegante ed accessibile possibile. Il risultato è un album che lo consacra come un solista unico nel suo genere - operante in una sfera artistica tutta sua che abbraccia sia il mondo K-pop che quello del pop americano - nonché come un artista di fama e talento ormai consolidati, il cui primo album individuale non può che avere la qualità d'opera di una pop star affermata.
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Il vero finale di FACE, però, è “Letter”, inclusa esclusivamente nelle copie fisiche dell'album, e questa scelta, di per sé, sembra proprio incarnare al meglio il modo in cui Jimin ha deciso di esprimere se stesso. Esattamente come “Like Crazy” e “Alone”, “Letter” getta uno sguardo sulla persona che è Jimin. Versi quali “Spero possiate essere più felici / Voi che mi avete teso la mano ogni volta che sono caduto”, vanno a toccare corde e sentimenti universali come il senso di mancanza per un'altra persona. Ma per coloro che hanno seguito Jimin negli ultimi suoi 10 anni di vita e carriera, e sanno quali sono i sentimenti dietro a “Promise”, “Letter” acquisisce sicuramente tutto un altro significato. Come suggerisce il titolo, Jimin ha pensato questo brano come una lettera per le/i sue/oi fan, idea rafforzata dal fatto che è disponibile unicamente sull'album fisico. Quelle/i fan che terranno concretamente tra le mani l'album di Jimin, potranno sentirlo cantare versi come “Noi che insieme possiamo trasformare persino il deserto in mare / ora come allora” e ancora, “Nel freddo inverno, voi siete come una tiepida giornata di primavera”. In quest'ultima parte, c'è un riferimento ad un brano dei BTS pensato specificamente per le/i fan, in cui il gruppo ripercorre i 10 anni di storia trascorsi insieme. Probabilmente è proprio questo tipo di mentalità ed approccio a rendere Jimin così amabile, ancor oggi. Tutto il suo amore ed affetto per se stesso e per gli altri, espressi sempre con grandissima passione, lo hanno ora condotto a nuovi lidi. Eppure, ovviamente, ora come allora è ancora l'artista e la persona calorosa ed affettuosa di sempre.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS⠸
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Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell’uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali. Senza quel potere la terra forse sarebbe ancora tutta giungla e paludi. Le glorie di tutte le nostre guerre sarebbero sconosciute. Staremmo ancora a graffiare la sagoma di un cervo sui resti di ossa di montone e a barattare selci con pelli di pecora o con qualsiasi semplice ornamento attraesse il nostro gusto non sofisticato. Non sarebbero mai esistiti Superuomini o Figli del Destino. Lo Zar o il Kaiser non avrebbero mai portato corone sul capo né le avrebbero perdute. Quale che sia l’uso che se ne fa nelle società civili, gli specchi sono indispensabili ad ogni azione violenta od eroica. E’ questa la ragione per la quale sia Napoleone che Mussolini insistono con tanta enfasi sulla inferiorità delle donne, perché, se queste non fossero inferiori, verrebbe meno la loro capacità di ingrandire. Ciò serve a spiegare in parte la necessità che tanto spesso gli uomini hanno delle donne. E serve anche a spiegare perché gli uomini diventano così inquieti quando vengono criticati da una donna; e come sia impossibile per una donna dire loro questo libro è brutto, questo dipinto è debole, o qualunque altra cosa, senza procurargli molto più dolore e suscitare molta più rabbia di quanta non ne susciterebbe un uomo che facesse la stessa critica.Perché se lei comincia a dire la verità, la figura nello specchio si rimpicciolisce; la capacità maschile di adattarsi alla vita viene sminuita. Come farebbe lui a continuare ad emettere giudizi, a civilizzare indigeni, a promulgare leggi, a scrivere libri, a vestirsi elegante e pronunciare discorsi nei banchetti, se non fosse più in grado di vedere se stesso, a colazione e a cena, ingrandito almeno due volte la stessa taglia? A questo pensavo, mentre riducevo il pane in briciole e giravo il caffè e di tanto in tanto guardavo la gente che passava per strada.
Virginia Woolf, Una stanza tutta per sè
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hiitsmevaleria · 3 years
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"La bellezza del mondo ha due tagli, uno di gioia, l'altro di angoscia, che ci dividono il cuore."
Una stanza tutta per sé - Virginia Woolf
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"Non c'è cancello, nè serratura, nè chiavistello che possiate mettere alla libertà del mio pensiero."
-V. Woolf
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Ricerca e riflessione credo siano le due parole fondamentali per poter parlare di questo libro.
«Una stanza tutta per sè» è un saggio di Virginia Wolf che indaga a fondo nella condizione della donna intellettuale (e, se vogliamo, della donna in generale) in rapporto al suo tempo, principalmente irrispettoso della sua presenza.
Un tempo in cui la donna è emarginata, soprattutto culturalmente. Virginia cerca di portare a galla una verità,qualunque essa sia.
La prima verità, forse, è che bisognerebbe parlarne e affrontare l'argomento, prendere consapevolezza della discriminazione, della difficoltà quotidiana.
Questo saggio, allora, è visto come un vero e proprio manifesto della condizione femminile,che prende vita da una scrittura  piacevole, che si libera dai toni accademici,lontana da intenti precettistici: il punto è uno, ed è semplice.
L'impossibilità per una donna di avere voce e spazio nel mondo, di avere una stanza tutta per sè.
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giinesi · 3 years
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Non posso dirti "ce l'abbiamo fatta", posso dirti che molti traguardi li abbiamo raggiunti ma la strada è ancora lunga.
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fuoricontesto · 6 years
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Femminista spudorata. Era una femminista spudorata perché aveva fatto un'affermazione probabilmente vera, anche se poco lusinghiera, sull'altro sesso? Per tutti questi secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal magico e delizioso potere di riflettere l'immagine dell'uomo ingrandita di due volte rispetto alle dimensioni reali. [···] Qualunque possa essere il loro uso nella società civilizzata, gli specchi sono essenziali per ogni azione violenta ed eroica. È questa la ragione per cui Napoleone e Mussolini insistono con tanta enfasi sull'inferiorità delle donne, perché se esse non fossero inferiori, loro cesserebbero di essere grandi. Questo spiega in parte la necessità che gli uomini hanno spesso delle donne. E spiega perché le critiche della donna siano così inquietanti per gli uomini, perché sia impossibile dir loro cose sgradevoli, senza provocare molto più dolore o suscitare molta più rabbia di quanto non potrebbe evocarne un uomo che muovesse le medesime critiche. Perché se lei comincia a dire la verità, la figura nello specchio si rimpicciolisce, e l'attitudine dell'uomo si riduce.
Una stanza tutta per sé - Virginia Woolf
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affascinailtuocuore · 3 years
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RAI3-L'isola deserta-Chiara Valerio incontra CHEF ANTONIA KLUGMANN, Mrs Dalloway, Babette, Virginia Woolf, Karen Blixen e Michael Cunningham. Con sottofondo di Dalla. Cultura e cucina binomio perfetto!
RAI3-L’isola deserta-Chiara Valerio incontra CHEF ANTONIA KLUGMANN, Mrs Dalloway, Babette, Virginia Woolf, Karen Blixen e Michael Cunningham. Con sottofondo di Dalla. Cultura e cucina binomio perfetto!
    https://affascinailtuocuore.files.wordpress.com/2021/02/isola-deserta-21-feb-21.mp3 Ma che bella  la puntata di Domenica 21 Febbraio! Arrivo che è già iniziata, ma solo da poco. La voce squillante di Chef  Antonia Klugmann mi cattura. E mi trascina  dentro  le sue scelte di naufraga sull’isola deserta di Chiara Valerio. Porta con sé Il pranzo di Babette che l’ha ispirata anche come cuoca.…
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xsavannahx987 · 3 years
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- Alleanza - cap. 3
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“Quando i malvagi tramano, i buoni devono allearsi; altrimenti cadranno, uno ad uno, un impietoso sacrificio in una spregevole battaglia.” Edmund Burke
Il sole fece capolino dietro le alte colline di Brindleton Bay, illuminando la vallata sottostante di un caldo colore giallognolo. La neve al suolo brillò baciata dai raggi solari, così come la rugiada del mattino. Helena e Cassandra camminavano in silenzio, i volti accarezzati dall'aria gelida mista alla brezza marina. Non avevano proferito parola da quando si erano incontrate a Forgotten Hollow solo un'ora prima. La cacciatrice aveva tentato più volte di intavolare un discorso con la donna, ma la risposta di Cassandra era stata sempre la stessa "Il comandante ti spiegherà ogni cosa", come se non volesse avere alcun tipo di rapporto sociale. Era frustrante non interloquire con qualcuno con il quale ti ritrovi a camminare a lungo ed Helena odiava particolarmente le persone troppo silenziose. Lei era una ragazza di spirito, di un sarcasmo quasi disarmante, amava parlare ed ascoltare ed aveva un’ irrefrenabile voglia di condividere la sua vita con chi potesse comprenderla appieno. Cassandra, d'altro canto, era una donna taciturna che preferiva non mischiare il "lavoro" con la sfera privata. Eppure Helena sentiva che sotto quella corazza da vero soldato si celava un animo buono che chiedeva di essere ascoltato. Quando giunsero all'ingresso della fortezza dell'Organizzazione, tutto ciò che Helena vide davanti a sè fu una cancellata in ferro battuto dietro la quale non c'era altro che terra a picco sul mare. "Beh, devo dire che è un bel posto! Se volevi portarmi a fare una passeggiata romantica sul mare, potevi anche dirmelo prima" annunciò la ragazza, sarcastica come sempre. Cassandra non rispose a quella frase di spirito, limitandosi ad alzare gli occhi al cielo. Poi pronunciò qualcosa in latino e l'enorme fortezza apparve davanti a loro come per incanto. Helena rimase a bocca aperta, incapace di proferire altro. Neppure il suo sarcasmo le venne in soccorso. "Benvenuta a Tiamaranta's fortress" annunciò Cassandra con un sorriso trionfale.
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La barriera magica si richiuse al loro passaggio mostrando ancor di più la magnificenza di quel luogo agli occhi della cacciatrice. Le torri imponenti le suscitavano timore, ma al contempo si sentiva al sicuro, come se quella bolla fatta di incantesimi potesse proteggerla da tutti i mali del mondo. Camminò sul ponte a bocca spalancata, osservando ogni minimo dettaglio della struttura. "E' veramente...imponente" mormorò con lo sguardo perso verso l'alto. "Ti ci abituerai" rispose Cassandra prendendola del tutto in contropiede "Puoi alloggiare qui, se vuoi. Ci sono molte stanze libere e staresti più al sicuro del tuo appartamento in città" e lo disse con un tono quasi amorevole, come una mamma che vuole proteggere i propri figli. "Ci farò un pensierino" dichiarò Helena, continuando ad osservare i dintorni e sorridendo per aver ottenuto forse un piccolo assaggio della vera natura di Cassandra. Salite le grandi scale di pietra che conducevano all'ingresso principale Cassandra si arrestò. "Varcata questa soglia entrerai a tutti gli effetti a far parte dell'Organizzazione. Ti presenterò prima i membri della squadra e poi ti condurrò dal nostro comandante." annunciò senza neppure voltarsi verso la cacciatrice. "Bene. Voglio farne parte!" dichiarò Helena convinta. "Sei pronta?"
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L'enorme sala del trono si aprì dinanzi ai suoi occhi lasciando Helena ancor più esterrefatta di poco prima. La maestosità di quella stanza lasciava a bocca aperta. Era come trovarsi in uno di quei dipinti d'epoca dove vedi le persone danzare al cospetto di un re. Si sentiva frastornata e di nuovo intimorita, ma aveva accettato di far parte di loro e di combattere non più da sola. L'idea di avere finalmente degli alleati nella sua lotta solitaria fu la spinta ad andare avanti e percorrere quella lunga navata. "Aspetta qui." disse Cassandra prima di sparire dietro una delle numerose porte in legno. Rimasta sola nella grande sala, Helena osservò gli arazzi e i dipinti rischiarati dai raggi del sole che filtravano dalle alte finestre appannate. Sentiva il cuore martellarle nel petto, pronto ad esplodere. Se fosse gioia o paura non le fu dato di capirlo, mentre una lacrima le scappò fuori dai suoi grandi occhi celesti, baciandole dolcemente la guancia gelata dal freddo. "Ce l'ho fatta, Quentin" mormorò sotto voce "Ora potremo mettere fine a tutto questo male" "Chi è Quentin?"
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Una voce alle sue spalle la ridestò dai suoi pensieri malinconici e si affrettò a ricacciare dentro le lacrime. Josephine la guardava con un affabile sorriso dipinto sul volto, i capelli raccolti nella solita crocchia che le mettevano in risalto gli occhi color cioccolato. Helena non rispose alla domanda della donna, lasciando che rimanesse in sospeso, in attesa di un momento migliore per raccontare tutta la storia. "Penso che la cacciatrice non voglia rispondere a questa domanda adesso, Jo" annunciò Leliana, superando l'amica e dirigendosi verso Helena. "Sono Leliana. E' un onore fare la tua conoscenza, cacciatrice" annunciò poi allungando la mano. Helena la strinse ricambiando il saluto. "Loro sono Dorian e Amelia, i nostri maghi. E' grazie alle loro doti se ti abbiamo rintracciato" parlò ancora Leliana introducendo i presenti. "A dire il vero sono stata io a trovarti, mia giovane ragazza" le fece eco Amelia prendendosi tutto il merito "Il nostro Dorian era impegnato in altro" "Sempre con questa mania di protagonismo!" si intromise Dorian avanzando verso Helena "Non credo che interessi molto alla cacciatrice chi sia stato a trovarla. L'importante è averla qui." e allungò la mano "E' un vero piacere averti con noi. Sento che diventeremo ottimi amici" Helena sorrise a quella prospettiva, scacciando via anche l'ultimo brandello di malinconia che l'aveva pervasa pochi istanti prima. "Io sono Josephine, ma puoi chiamarmi Jo. Sarai affamata! Vieni, facciamo colazione" disse Jo invitando Helena a seguirla. "Non sarebbe più opportuno condurla da Cullen?" dichiarò Cassandra, le braccia strette sul petto nella sua consueta posa da dura. "Cullen non è ancora rientrato e poi questa ragazza ha vagato tutta la notte al freddo e avrà sicuramente fame" concluse Josephine senza dare il tempo a Cassandra di controbattere.
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Cullen fece ritorno alla fortezza due ore più tardi. Era malconcio, segno di aver avuto una nottata piuttosto movimentata. Si trascinò a fatica nelle sue stanze senza farsi notare da nessuno ferito e debole. La nottata appena trascorsa era stata dura. Si era scontrato con un gruppo di vampiri piuttosto agguerriti che lo avevano conciato per le feste, ma era riuscito comunque a sconfiggerli. E poi c'era la questione della cacciatrice che non era riuscito a trovare, sebbene avesse vagato tutta la notte battendo a tappeto tutto il borgo. E se Amelia si fosse sbagliata? Si spogliò degli abiti sporchi ed immerse il suo corpo pieno di ecchimosi nell'acqua bollente della vasca. La pelle iniziò a riprendere un colorito umano grazie al vapore e i muscoli si rilassarono. Chiuse gli occhi cercando di liberare la mente e allontanare l'idea che la maga potesse aver commesso un errore e che non ci fosse nessuna cacciatrice nei dintorni. E fu allora che il viso di Helena bussò prepotentemente nella sua testa.
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Il sole si fece alto scaldando i prati innevati. Un gabbiano si librò in volo stridendo nel cielo e sorvolò sopra le onde del mare un pò mosso dai primi venti in rinforzo da nord. Dopo un'abbondante colazione Helena era rimasta ad intrattenersi con Dorian, in attesa di essere ricevuta dal comandante. Questo le permise di farsi una prima impressione su uno dei suoi nuovi alleati. Dorian era un uomo affascinante e sicuro di sè, dotato di una tagliente arguzia, un pò arrogante, sebbene questa sua qualità fosse dovuta al fatto di essere stato rinnegato dalla sua famiglia dopo aver dichiarato di essere gay. La sua aria ombrosa celava però un cuore tenero, ferito, ma desideroso di rimettersi in gioco e di trovare qualcuno che potesse amarlo per ciò che era. "Magari poi ti racconterò la mia storia" annunciò Dorian bevendo un ultimo sorso di caffè. "E io l'ascolterò molto volentieri" confessò Helena con un sorriso. Cassandra varcò la porta della sala da pranzo schiarendosi la gola: "Il comandante è rientrato. Andiamo!" Helena salutò Dorian ringraziandolo per averle tenuto compagnia. "E' stato un piacere, principessa. Bussa pure alla mia porta quando vuoi un pò di compagnia. Non ti garantisco che ci scambieremo consigli sul makeup o sulle scarpe, ma avrai sempre una spalla se ne sentirai il bisogno!" dichiarò Dorian.
Avanzando lungo i corridoi di Tiamaranta's fortress, Helena tentò nuovamente di aprire un dialogo con Cassandra, sebbene la donna continuasse a mantenere un certo distacco. "Che tipo è questo comandante?" domandò di slancio. "Lo vedrai" rispose Cassandra. "Non puoi dirmi qualcosa? Ascolta, se dobbiamo lavorare insieme vorrei quantomeno conoscervi" incalzò allora Helena. Cassandra sospirò, quasi contrariata da quelle domande: "Cosa vuoi sapere?" "Beh te l'ho detto. Che tipo è? E' uno molto autoritario?" chiese ancora Helena incuriosita. "Cullen è un leader. Deve essere autoritario, ma è anche piuttosto alla mano se devo essere sincera. Lo conosco da anni e se non ci fosse questa ignobile guerra sarebbe quel genere di persona con la quale si può trascorrere del piacevole tempo insieme." asserì Cassandra. "Cullen..." mormorò Helena "Ha un bel nome..." "E' anche un bell'uomo, se te lo stai chiedendo" terminò Cassandra per lei. Helena arrossì "Non me lo stavo chiedendo" mentì per poi proseguire "Voi due avete..." ma si interruppe, lasciando che Cassandra recepisse cosa intendeva dire. La donna scoppiò a ridere inaspettatamente, di una risata fragorosa, quasi liberatoria. "Ma dove vivi, ragazzina?! Questo non è un romanzo rosa da quattro soldi!" e continuò a ridere di gusto. "A me piacciono i romanzi d'amore e non è sbagliato sognare, soprattutto nel nostro mondo" sussurrò Helena leggermente offesa.
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Giunsero davanti la porta dello studio del comandante senza aggiungere ulteriori parole. Quella breve chiacchierata però aveva acceso altre curiosità in Helena sul conto di Cassandra. Non era poi così dura come voleva dimostrare, ma sapeva anche ridere, sebbene lo avesse fatto con un pizzico di malizia. La donna bussò e una voce calda e vellutata le rispose di entrare. "Comandante!" salutò Cassandra restando ferma sulla porta e intralciando la vista alla cacciatrice che non riusciva a vedere la figura di Cullen. "Cassandra! Dimmi che hai buone notizie questa volta, perchè io ne ho di pessime sul conto della cacciatrice. Non sono riuscito a trovarla stanotte" rispose Cullen, il viso appena illuminato dal fuoco che ardeva nel camino. Aveva il volto sfregiato dalla lotta e stava a malapena dritto sulle gambe, ma nascondeva bene il dolore che provava a causa delle ferite del corpo e di quelle dell'anima. Il non aver trovato la cacciatrice era per lui un'enorme sconfitta e continuava a temere che Amelia si fosse sbagliata. "Ho ottime notizie Cullen" annunciò Cassandra interrompendo il corso dei suoi pensieri e facendo segno ad Helena di entrare. "Salve" mormorò timorosa la cacciatrice varcando la soglia dello studio.
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Cullen si voltò sorpreso e fu allora che i loro occhi si incontrarono per la prima volta. Il blu degli occhi di Helena erano come un mare calmo di inizio estate, luminoso e limpido e il comandante si perse totalmente in loro. "Ho il piacere di presentarti la nuova cacciatrice, comandante." annunciò Cassandra che aveva notato lo stupore misto ad imbarazzo nello sguardo di Cullen. "Cacciatrice..." sussurrò il comandante cercando di mantenere un tono fermo. "Helena, comandante, solo Helena" rispose lei allungando la mano in segno di saluto. Cullen la colse totalmente alla sprovvista quando, presa la sua mano, l'avvicinò alle labbra poggiandole appena sul dorso. "Cullen...niente formalità tra noi. Siamo una squadra!" annunciò perdendosi ancora nei suoi occhi. Le guance di Helena si arrossarono divampando di un insolito calore. "Com'è galante" pensò tra sè.
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La cacciatrice non potè fare altro che dare credito alle parole di poco prima di Cassandra. Cullen era davvero un bell'uomo, il genere che ad Helena avrebbe potuto far perdere la testa con pochi semplici gesti e quel baciamano fu solo la punta dell'iceberg. "Bene. Avrete molte cose di cui discutere" Cassandra, attenta come sempre a tutto, notò lo sguardo del comandante ed inventò una scusa per lasciarlo solo con la cacciatrice, asserendo di avere del lavoro da svolgere prima di riposare qualche ora, in vista della prossima caccia notturna.
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Rimasti soli nel tepore del piccolo studio dalle pareti di pietra, Cullen invitò la cacciatrice a sedersi sulla comoda poltrona davanti al fuoco, deciso a farle quante più domande possibili sulla sua vita di prescelta. Egli rimase in piedi, le mani dietro la schiena e le gambe divaricate proprio come un soldato, mentre osservava distrattamente l'ambiente esterno per evitare di incontrare gli occhi di lei nei quali iniziava già a perdersi irrimediabilmente. Doveva sforzarsi di mantenere il più possibile la sua posizione di comandante, prima che di uomo, ricordando a sè stesso che qualsiasi relazione a lungo termine non gli era concessa e, soprattutto, non era il tipo da intraprendere un rapporto puramente fisico. "E' molto che sei una cacciatrice?" domandò senza voltare lo sguardo nella direzione della ragazza. "Anni ormai, ho perso il conto" rispose Helena guardandolo, benchè non potesse vederlo in volto. "Cullen, forse chiedo troppo ma, potresti venire a sederti? Non mi piace parlare con persone che mi danno le spalle" aggiunse poi. "Perdona la mia mancanza di buone maniere." disse voltandosi e i loro sguardi si incontrarono ancora.
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Fece qualche passo verso la poltrona libera, ma il dolore al fianco si acutizzò all'improvviso e si sentì mancare. Tentò di rimanere in piedi, ma le gambe iniziarono a cedere e la vista si annebbiò. L'ultima cosa che sentì prima di perdere i sensi fu Helena che chiamava il suo nome con preoccupazione e lo afferrava tra le braccia.
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