Tumgik
hoappenainiziato · 8 years
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Il detenuto Secondino
In una piccola isola sperduta nell'oceano Pacifico, sorgeva una ancor più piccola prigione. Costruita ormai più di cento anni fa, questa prigione ospitava i peggiori criminali del mondo. Assassini, piromani, ladri e nostalgici del nazismo. Tutti urlavano. Tutti si dichiaravano innocenti. Anche quelli colti sul fatto. Tra tutti questi delinquenti, solo uno era davvero buono. Arrivò subito dopo l'apertura della prigione, e andò via molto presto. Molti detenuti lì, non avevano un nome, al massimo un numero. Fin dal primo giorno però, quest'uomo decise di darselo, un nome. Decise di farsi chiamare "detenuto 4324 Secondino". Non credo ci sia bisogno di dire che il nome "detenuto 4324 Secondino", non faceva molta simpatia. Almeno in quel luogo. Ogni giorno lo spintonavano. Ogni giorno gli rovesciavano il vassoio del pranzo a terra. Ogni giorno schivava lame affilate da tutti i lati. L'ultimo giorno, stanco di quella vita, decise di non schivare più nulla. Lo ritrovarono la sera stessa, accasciato dolcemente nelle docce della prigione, con un coltello piantato tra capo e collo. Ahimè che disdetta.Solo dopo, quando sua moglie venne a ritirare il feretro, si scoprì che Secondino, era solo il cognome.
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hoappenainiziato · 8 years
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Purtroppo non siamo tutti Stallone
Un turbine. È così che un pugile vede il ring dopo aver preso un bel cazzotto. Come girare su se stessi  durante una mostra di Kandinsky. Tra il colpo in faccia e la caduta fragorosa sul tappeto, passa un tempo infinito. Almeno per il pugile. In quell'attimo, le emozioni si accavallano. La rabbia per aver abbassato la guardia. La voglia di rivincita. Il sapore del sangue e della sconfitta. Tutto insieme. Tutto inesorabilmente legato. Preconfezionato. Come uno di quei regali che compri in aeroporto. Però, poco prima che il suo corpo impatti violentemente contro il suolo, il pugile deve trovare la forza di rialzarsi. Deve zittire il conto alla rovescia. Deve zittire il suo avversario. Deve dimostrare al suo pubblico che può ancora farcela. E così fa il nostro pugile. Proprio mentre l'arbitro sta contando l'ultimo numero, si attacca alle corde e si rialza. Ce l'ha fatta. È in piedi. Giusto il tempo di veder arrivare un secondo cazzotto. Questa volta, non credo si rialzerà. 
Purtroppo Rocky è solo un film.
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hoappenainiziato · 8 years
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Pensieri e stronzate
Sto pensando a ciò che pensa la gente. Non di me in particolare. In generale. E allora mi soffermo sui momenti importanti della storia. Cosa avrà pensato il primo uomo sulla Luna? Solo, senza neanche la sicurezza di avere la terra sotto ai piedi, che per la prima volta osserva il mondo nella sua interezza. Senza biglietto, senza passaporto. Cosa hanno pensato tutti quei dittatori il primo giorno della loro storia? Soli, davanti alla desolazione che hanno provocato. Hanno pianto in silenzio o privandosi anche dell'ultimo pezzo di umanità, hanno accettato con orgoglio ciò che hanno fatto? Cosa avrà pensato il primo uomo della pietra, trovandosi di fronte alla prima donna del mondo? Bella, soprattutto perchè unica e così diversa da lui. Cosa avrà pensato toccando il fuoco, bevendo l'acqua salata del mare, uccidendo un animale. E il bambino che vede per la prima volta la neve? E il vecchio che vede i nipoti? E il turista che osserva il mondo intero dall'obbiettivo? A cosa cazzo pensa la gente?
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hoappenainiziato · 8 years
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I cassieri della Coop
I cassieri della Coop sono come le carote. Tutti in fila indiana, metà sotterrati nelle loro casse. Da lontano, riesci a scorgere solo un ciuffo di capelli e un paio d'occhi. Verdi, marroni, celesti. Sempre attenti. A volte alcuni si alzano. Altri invece, preferiscono rimanere sotto terra ancora un po’. Per scorgere il ciuffo di un'altra carota. Per farsi compagnia in mezzo a tutti quei bip. Ha la carta socio?
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hoappenainiziato · 8 years
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Il cassiere nobile
Bip Bip Bip
senza mai alzar la testa
Conti Conti Conti
attento a non sbagliare il resto
La paura di fallire
l'abbaio di un cliente
quel timore dentro al corpo
che da fuori non si sente
Giunti poi all'imbrunire
col cassetto da contare
il deserto nel mercato
ed il cuore rinsavito.
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hoappenainiziato · 8 years
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Maledette le donne e le loro curve sexy
C'era un signore con un gelato Il gelato sembrava squisito Ed il signore erà divertito Passeggiando per le vie della città Incontra una donna tutta svestita e senza dignità Colpito da quell'incontro E diventato di colpo tonto Lascia cadere il gelato squisito Che al signore toglie il sorriso E che gli lascia una smorfia sul viso
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hoappenainiziato · 8 years
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Poesia ai maccheroni
Di porcellana le tue radici, profonde, fino a ciò che tutto regge
Spessa e rugosa e gialla è la tua pelle e bucata e sanguinante
E nel sangue immersa e di sangue ricoperta
Stritolata e morsa al piacere porta
E nell'estasi, niente più importa.
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hoappenainiziato · 8 years
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Sono un qualunquista
La morte non è definitiva. È solo il modo che il nostro corpo ha per dirci che abbiamo bisogno di sognare. Che è giunto il momento di farlo. Una persona non sogna mai tantissimo. Nonostante i poeti ne parlino, nonostante tutto, i sogni restano quasi sempre sogni. Ad occhi aperti, ad occhi chiusi, è uguale. Io ad esempio non ricordo mai quello che sogno. Voglio arrivare alla fine impreparato, senza aver studiato. Altre persone invece se li ricordano fin troppo, i sogni. Arrivano addirittura a farsi condizionare la vita. Prendono decisioni importanti in base ai sogni. Si affidano a ciarlatani trovati sulle pagine gialle pur di comprenderli. Maghi, streghe, truffatori della domenica. La smorfia, le giocate al lotto, i segni premonitori. Ho sognato che mi cadevano i denti. Ho sognato che vincevo un premio. Bla bla bla. Se sono di fantasia, i sogni non si avverano. E se sono reali? Smettete di sognarli. Volete fare il medico? Studiate. Volete fare gli scrittori, leggete! Compratelo ogni tanto un cazzo di libro. Volete fare i calciatori? Crescete.
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hoappenainiziato · 8 years
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Mark, quante volte ti ho detto di non sentire la musica mentre sei per strada!
Non molto tempo fa, nacque un bambino. Un bambino normalissimo. I suoi genitori in compenso, erano un po' strani. Avevano programmato la sua vita dal primo secondo. Cosa avrebbe fatto. Dove avrebbe studiato. Cosa sarebbe diventato. Il bambino all'inizio obbedì. Che poteva fare, era piccolo! Crescendo però incominciò a ragionare. A capire che forse, non era obbligato a fare tutto quello che gli veniva ordinato. Una volta cresciuto e diventato adulto, decise quindi di dare una svolta alla sua vita. Con le cuffie nelle orecchie e un lettore musicale in tasca, scese di casa. Mentre percorreva la strada che i genitori gli avevano indicato, per andare dove gli avevano detto di andare, decise di prendere il coraggio a due mani. Si fermò, raccolse tutta la sua determinazione e strinse forte i pugni lungo i fianchi. Le gambe erano tese e la fronte cominciava a sudare. Fissò l'asfalto per qualche secondo, scese dal marciapiede e con fare deciso attraversò la strada. Subito venne investito da un camion e morì.
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hoappenainiziato · 8 years
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Niente peperoni per cena
Oh ma voi c'avete presente quando, stesi sul divano, da soli, in silenzio, socchiudete gli occhi e pensate alla vostra vita? Quel momento in cui lo spettro della malinconia vi si appoggia sulla spalla, e allora sta a voi. Sta a voi decidere se quella malinconia è solo un uccellino da scacciare o se invece è un ragno gigante che vi spaventa quando vi girate. Quando, stesi su quel divano, non sapete un cazzo della vostra vita. Che succederà domani, tra una settimana, un mese. Senza un evento sicuro a cui aggrapparsi, come un alpinista che scala una montagna sdrucciolevole senza corda. Senza aiuti. E alla fine della giornata non sarete mai sicuri di aver raggiunto la vetta o di essere caduti. Ce l'avete presente? Io si.
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hoappenainiziato · 8 years
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La busta di carta
Non molto tempo fa, in una lontana cittadina nel sud della Francia, un uomo e una donna fanno colazione insieme. Sono felici. Ridono, scherzano. Si amano. Quando le lancette dell'orologio segnano le otto, l'uomo si alza dal tavolo, bacia sua moglie e si avvicina alla porta. Esce, si dirige verso la macchina, ma poco prima di arrivare si china a terra e raccoglie una busta di carta. Una busta comune, come quella dei supermercati americani. Quella busta è quasi piena ed è sempre chiusa. L'uomo conosce bene quella busta. Ogni giorno la raccoglie e passa con lei la maggior parte della sua giornata. In quella busta rinchiude tutti i problemi, tutte le rogne. Tutta la sua malinconia. Ogni sera invece, prima di rientrare, la lascia fuori dalla porta non volendo portare in casa tutto lo stress della giornata. Un giorno però, decide, preso dalla rabbia e dalla stanchezza del momento, che è giunto il momento di condividere con sua moglie quei pensieri. Non è giusto che sia il solo a portare quella busta. Allora supera il vialetto ed attraversa la porta con la busta in mano. Dopo alcune ore, nel cuore della notte, tutti i vicini sentono delle urla. Qualcuno grida "Aiuto! Aiuto!" e poi, il silenzio. Quando la polizia arriva, l'uomo è in piedi, in trance, con un coltello insanguinato e sua moglie, che lui tanto amava e desiderava, morta ai suoi piedi. Stesa sul pavimento priva di vita. Per un attimo la sua busta si svuota completamente, diventando sottile come un foglio di carta. Appena i poliziotti lo svegliano da quell'apparente stato comatoso, l'uomo si rende conto di ciò che ha fatto e la sua busta di riempie di nuovo, questa volta molto più di prima. È almeno tre volte tanto. Lui non riesce ancora a credere a ciò che ha fatto. Ha ucciso sua moglie. I poliziotti lo portano fuori e ad un tratto, quando si trova di fronte a tutte quella polizia, ai vicini che spingono in casa i figli, all'ambulanza, si rende conto che tutti hanno una busta come la sua. Ma com'è possibile? Lui non l'aveva mai notata prima, eppure ora la vede chiaramente. E alla fine, mentre un poliziotto gli mette una mano sulla testa per aiutarlo ad entrare in macchina, capisce. Non avrebbe mai dovuto portare i suoi problemi a casa. Avrebbe dovuto continuare a fare quello che aveva sempre fatto fino a quel momento. Perchè ognuno ha la sua busta. Ognuno ha i suoi problemi. Mentre tutti si allontanano, accanto al cadavere, una busta scompare.
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hoappenainiziato · 8 years
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La scala
Immaginate una scalinata infinita. Intorno a voi, un nero pauroso. Profondo. Come la pupilla di una bella donna. La scala ha uno strano colore. È cangiante. Passa facilmente dal fucsia acceso all'oro. Se vi avvicinate per guardarla, potete notare alcune particelle di luce che si alzano, come la polvere sul balcone dopo aver sbattuto il tappeto buono del salotto. Immaginate di trovarvi d'un tratto su questa scala. Quella è la vostra vita. Voi dovete solo camminare. In quanto essere umani sarete portati a salire. Perchè vi piace stancarvi e soffrire? Perchè volete raggiungere la vetta? Perchè siete curiosi? Questo non lo so. So solo che tendiamo ad andare in alto. Lo fanno persino i pigri. Immaginate di salire per molto tempo. Bramosi di sapere. Per giorni, mesi, anni. Un tempo infinito che non potete calcolare e una distanza altrettanto lunga che non potete immaginare, perchè il panorama intorno a voi non cambia. Ci siete voi, lo sfondo nero e la viva scala. Noi tutti andremo in alto senza fermarci, perchè siamo fatti così. Tutti. Alcuni però, decideranno di voltarsi e percorreranno la scala nell'altro senso. Alcuni che si credono speciali. Gli stessi che pensano che così saranno migliori di chi fatica tutti i giorni per raggiungere la vetta. Quello che non sanno, è che la scala si cancella passo dopo passo. Così dopo il primo, cadranno e perderanno il senno, terrorizzati da quella tragica scoperta. Andare controcorrente non è la risposta. Soprattutto se si è soli, su quella scala. La vera risposta, l'unica scelta possibile oltre quella ovvia, è raggiungere il bordo della scalinata, flettere i muscoli ed essere nel vuoto. Una caduta eterna. Un volo senza ali e senza paura di atterrare. Una scelta consapevole, che cambierà la vostra vita per sempre.
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hoappenainiziato · 8 years
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L’uomo con gli occhiali
C'era una volta, un uomo normale. Nè alto nè basso. Nè bello nè brutto. Nè magro nè grasso. L'unica particolarità di quest'uomo erano i suoi occhiali buffi. Erano tondi come la luna. Spessi quanto un pugno chiuso e verdi come il cactus più pungente. L'uomo era fiero dei suoi occhiali. Non se ne vergognava. Girava per la città a testa alta, con orgoglio. Molti lo guardavano e ridevano ma lui se ne fregava. Andava dritto per la sua strada. Un giorno però, esasperato dalle troppe risate, e anche un po' per curiosità, volle provare a togliersi gli occhiali. Allungò una mano verso le stanghette e se li tolse. Dopo un secondo di smarrimento aprì gli occhi. Non riusciva a vedere più nulla! Il mondo era diventato di colpo sfocato. Decise allora di camminare un po' per la città. Non era facile ma ci provò lo stesso. Ad un certo punto, dopo aver camminato per alcuni minuti, si accorse di una cosa. Nessuno rideva. La gente gli passava accanto e semplicemente lo ignorava. Niente più bambini maleducati che lo indicavano e ridevano a crepapelle. Niente più donne di mezza età che ridevano sotto i baffi. Per un secondo fu felice. Solo per un secondo. Perchè la felicità venne subito sostituita da una grande malinconia. Nonostante fosse lui quello senza occhiali, nessuno lo vedeva più. A quell'uomo, questo, non andò proprio giù. Senza perdere tempo allora, allungò la mano verso la tasca in cui aveva infilato gli occhiali e con sua grande sorpresa, la sentì vuota. Perduti? Rubati? Fatto sta che non li trovava e non poteva neanche cercarli visto che non vedeva niente. Ad un tratto però si sentì toccare da dietro. Si voltò e notò subito una mano sottile, con le dita affusolate. Tra le dita, un oggetto strano. Erano i suoi occhiali! Finalmente. Con una rapidità degna di un centometrista se li infilò e guardò a chi conduceva quella mano. Era una donna. L'uomo allora la guardò. La guardò e se ne innamorò. Lei ricambiò il suo sguardo e disse:
"Che buffi, mi piacciono!"
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hoappenainiziato · 8 years
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Mannaggia a me e a quando ho fatto la tessera della biblioteca
Leggere significa vivere la vita degli altri. In maniera figurata, ovviamente. Questo però non era quello che succedeva a Mark. Lui era affetto da una rara sindrome. Sapete no, una di quelle che porta un nome strano. Ma perchè è sempre la gente col nome strano a dare il nome alle malattie? Perchè non è mai uno che si chiama Paolo. La sindrome di Paolo. Ma vaneggiamenti a parte, dicevamo di Mark. Lui leggeva, e subito si trasformava nel protagonista di cui aveva appena letto. Una volta era Zorro. Quella dopo Giulio Cesare. Quella dopo ancora Winston Smith. Fin qui niente di strano. Il problema sorse quando decise di impersonare Superman buttandosi giù da un palazzo di 16 piani. La vita odia gli attori.
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hoappenainiziato · 8 years
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Tom Bino
Tom è un tipo silenzioso. Tutti lo guardano dall'alto in basso. Anzi, molti non lo guardano proprio. Lui è sempre felice. Ogni giorno si sveglia e osserva. Osserva i passanti che frettolosamente si dirigono a lavoro, a casa, dall'amante. Durante tutta la sua vita ha studiato a fondo lo spettro delle emozioni umane. A volte è stato calpestato, schiacciato, investito, da queste emozioni. Ma lui non si è mai dato per vinto. Lui, non ha mai mollato. Di giorno, rimane fermo sotto la luce cocente del sole. Di notte, il vicino lampione lo illumina fino all'arrivo di una stupenda donna che, ogni sera, sale su una macchina diversa e ritorna poco dopo pronta per un altro giro. Tom osserva il mondo senza perdersi neanche un particolare. Tom sa che la sua vita non è speciale, ma a lui piace così.
Tom è un tombino.
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hoappenainiziato · 8 years
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Il piccolo palombaro
Immaginate un bambino, intorno agli 8 anni. Un po' cicciottello, con i capelli rossi e un sacco di lentiggini. Una maglia a righe orizzontali celesti e bianche. Un pantalone verde pieno di tasche e un po' sdrucito. Ora immaginate questo bambino a terra, con il naso sporco di sangue. Nello sguardo, un misto di tristezza e rabbia. Le ha appena prese da un bullo. Immaginatelo mentre prende coraggio e si rialza, promettendo a se stesso di non cadere mai più. Immaginatelo mentre si avvicina al vecchio capanno degli attrezzi di suo nonno e recupera tra le lamiere una vecchia tuta da palombaro. La indossa e torna dal bullo che proprio prima l'aveva picchiato. Con il sole che sbatte su quella tuta come un martello su una spada rovente. Il vetro del casco appannato dal respiro sempre più rapido man mano che si avvicina lentamente. Timore e determinazione rischiano di frantumare quel piccolo oblò. Ma il bambino non si ferma, non ora che è a pochi passi dal suo nemico. Il bullo è seduto su un muretto in rovina. Ad un tratto, sentendo dei rumori dietro di sè, si gira, e vedendo il suo avversario con quella che per tutti è una semplice tuta ma per un bambino una vera armatura del più resistente mithril elfico, fugge spaventato. Il bambino ha vinto. Senza colpo ferire.
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hoappenainiziato · 9 years
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Epilogo
Non muoio. Il cavo si spezza e io finisco a terra. Le gambe non hanno retto. Piango. Mi sento un idiota, mi sento un incapace. Non sono neanche bravo a morire, come Tom hanks in Cast Away. Rimango a terra per un po'. La consapevolezza ha bisogno del suo tempo. Se poi serve a capire quanto si è idioti, ancora di più. Alla fine mi decido. Il cuore mi batte all'impazzata. Presto avrò un infarto. Un cuore umano non può sopportare tutto questo. La mia mente ha già ceduto. Ora tocca al cuore. Decido di correre. Corro, corro, corro. Sempre più veloce. Sempre di più. Una nera figura si staglia davanti a me. Sembra l'Essere che abita nel palazzo di Aurora. Allucinazioni? Corro. Corro così veloce da riuscire a superare persino la morte. L'ho superata, ma non la seminerò mai, come un corridore su una pista infinita. Ad un tratto le gambe cedono. Non ho più forze ma non riesco a fermarmi. Alla fine inciampo e cado. Striscio la faccia sull'asfalto regalandomi anche un bel taglio sulla faccia. Il cuore mi batte all'impazzata. Il sapore dell'asfalto pervade la mia bocca, come durante quel sogno così reale. Ad un tratto, la morte mi raggiunge. La vecchia mi raggiunge. Mi guarda senz'occhi. Allunga la sua mano nera e rachitica e mi solleva quasi fossi senza peso. Quasi fossimo vecchi amici. Sento il mio cuore rallentare. Forse troppo. Osservo per un ultimo secondo il cielo e la pioggia che mi bagna la faccia e mi addormento. Finalmente sogno. Per l'eternità.
Una voce in lontananza esclama:
"Finito".
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