Tumgik
moonyvali · 2 months
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"So che quasi sicuramente questo post verrà oscurato e che pochi di voi potranno leggerlo, ma voglio dirvi lo stesso chi era Navalny, l’uomo di cui tutti parlano.
In questi giorni in tutto il mondo non si parla d’altro, a Roma hanno perfino organizzato una fiaccolata in onore di Nevalny «martire della libertà ed eroe del dissenso». Aleksej Navalny è morto in carcere, avvelenato, dove era detenuto dal 2021 per essersi opposto a Putin. Faccio una precisazione: quello che è accaduto è un fatto gravissimo e non esiste nessuna ragione, nessuna, per cui un uomo debba essere detenuto per ragioni politiche, però c’è una cosa che non vi hanno detto né i politici di destra né quelli di sinistra, che hanno voluto farne un eroe e un modello per tutto l’Occidente.
Navalny definì «scarafaggi» i militanti del Caucaso, asserendo che mentre gli scarafaggi possono essere uccisi con una paletta, per gli esseri umani bisogna usare le pistole. In un altro video, vestito da dentista, mentre mostra dei lavoratori migranti, dice allo schermo: «Tutto ciò che ci infastidisce dovrebbe essere accuratamente, ma inflessibilmente eliminato mediante la dep@rtazione.»
Ecco, solo io provo un brivido a leggere queste parole? Solo a me fanno orrore? Solo a me terrorizza questa cosa qui che sta facendo la stampa occidentale e la politica occidentale, destra e sinistra, nessuno escluso: che omettono, cancellano e modificano come nulla fosse il passato di un uomo, che ne riscrivono la memoria e fanno della verità e dell’informazione qualcosa da usare a loro piacimento e gusto?
Tempo fa scrissi, citando Orwell, «Dire la verità in un tempo di inganno universale è un atto rivoluzionario». Ma qua ormai tra verità e propaganda, tra opportunismo politico, ideologia e informazione non c’è più differenza alcuna. Gli stessi che oggi si indignano per la vicenda di Navalny e parlano di diritti, libertà e lotta alla persecuzione sono gli stessi che non hanno detto una parola, non una, su ciò che sta accadendo in Pa###tina.
Quanti di voi hanno mai sentito parlare in qualche trasmissione televisiva di Abu Musa? Di Salam Mema? Chi sono? Sono soltanto alcuni tra le migliaia di medici, infermieri, attivisti, operatori sanitari, gente cioè che rischia la vita ogni giorno per salvare uomini, donne e bambini colpevoli soltanto di far parte di uno dei popoli più «politicamente scorretti» per l’Occidente. Ed è proprio questo il punto: il giornalismo è morto. Abbiamo toccato il fondo!"
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X
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moonyvali · 7 months
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"Leopardi? Una noia mortale. Perché continuare a studiarlo a scuola? E obietta sempre qualcuno, Leopardi era un pessimista, è deprimente leggerlo!
Ecco, quando mi dicono che Leopardi era un pessimista, io non posso fare a meno di arrabbiarmi! Perché non è vero, non è assolutamente vero! Vi ricordate di quel giovane che osserva la luna e si domanda: «che fa l’aria infinita, e quel profondo infinito seren? » E ditemi, che emozioni vi suscitano questi versi: «Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare.» E cosa provate quando Leopardi vi parla di Silvia, dei suoi «occhi ridenti e fuggitivi?»
Una soave, irresistibile dolcezza che spezza il cuore. Pensate che questi versi furono scritti dieci anni dopo la morte di Teresa. Oggi invece c’è gente che dopo qualche minuto dimentica di averti conosciuto. Ecco, io ogni volta che leggo Leopardi provo un senso di commozione e mi paralizzo davanti all’intensità che traspare dai suoi versi.
Leopardi è il poeta che ha lottato tutta la vita per tenere assieme verità e bellezza. Parla con sincerità e la sua sincerità viene scambiata per tristezza perché da sempre la gente preferisce ascoltare chi la seduce, chi la lusinga, chi la illude. Eppure questo poeta che vi hanno descritto come brutto, gobbo, triste e depresso non si è mai lasciato spezzare, né dalla malattia, né dalla solitudine, né dalla cecità. Perfino quando era diventato quasi cieco, continuava a creare bellezza attraverso le sue poesie.
Già, la bellezza salverà il mondo. Ma dove sta la bellezza? Non nell’avere, non nel consumare, non in quella vita che mira all’interesse, a sopraffarsi l’un l’altro, non nella società fatta di chiacchiere meschine e apparenze, ma nell’immaginazione. Pensate, immaginate, ecco cosa vi sta dicendo Leopardi, anche a costo di sembrare strani. Alimentate in voi l’immaginazione, perché l’immaginazione vi renderà vivi. A questo serve la letteratura: perché senza bellezza, senza immaginazione la vita muore."
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (Carissimi amici, è appena uscito «Intervista con un matto», il mio nuovo romanzo. Lo consiglio a chi ama le letture scabrose e le atmosfere introspettive dei romanzi russi. Potete leggerne un estratto gratuito e ordinarlo qui: https://www.amazon.it/Intervista-matto-Guendalina-Middei/dp/883205597X/
#letteratura #leopardi #giacomoleopardi #cultura #istruzione
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moonyvali · 8 months
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Night’s Gaze, 2023 - oil on wooden panel. — Annie Stegg Gerard (American, b.1982)
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moonyvali · 9 months
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𝗖𝗢𝗥𝗦𝗜 𝗘 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗥𝗦𝗜, 𝗜𝗟 𝗩𝗢𝗟𝗧𝗢 𝗦𝗖𝗜𝗘𝗡𝗧𝗜𝗙𝗜𝗖𝗢 𝗗𝗘𝗜 𝗧𝗢𝗧𝗔𝗟𝗜𝗧𝗔𝗥𝗜𝗦𝗠𝗜
Di Luisella Scrostati
(La Nuova Bussola Quotidiana)
𝙇’𝙖𝙨𝙨𝙤𝙘𝙞𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙧𝙖𝙯𝙯𝙞𝙨𝙢𝙤-𝙣𝙖𝙯𝙞𝙨𝙢𝙤 𝙚 𝙨𝙩𝙖𝙩𝙖𝙡𝙞𝙨𝙢𝙤-𝙘𝙤𝙢𝙪𝙣𝙞𝙨𝙢𝙤 𝙚' 𝙞𝙢𝙢𝙚𝙙𝙞𝙖𝙩𝙖, 𝙢𝙖 𝙦𝙪𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙣𝙤𝙣 𝙗𝙖𝙨𝙩𝙖 𝙖 𝙨𝙥𝙞𝙚𝙜𝙖𝙧𝙚 𝙞 𝙙𝙪𝙚 𝙩𝙤𝙩𝙖𝙡𝙞𝙩𝙖𝙧𝙞𝙨𝙢𝙞. 𝘾𝙤𝙢𝙚 𝙝𝙖 𝙢𝙤𝙨𝙩𝙧𝙖𝙩𝙤 𝙇𝙞𝙛𝙩𝙤𝙣 𝙞𝙣 𝙪𝙣 𝙡𝙖𝙫𝙤𝙧𝙤 𝙨𝙪𝙡 𝙣𝙖𝙯𝙞𝙨𝙢𝙤, 𝙡𝙖 𝙘𝙤𝙡𝙡𝙖𝙗𝙤𝙧𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙘𝙡𝙖𝙨𝙨𝙚 𝙢𝙚𝙙𝙞𝙘𝙖, 𝙨𝙖𝙡𝙫𝙤 𝙦𝙪𝙖𝙡𝙘𝙝𝙚 𝙧𝙚𝙨𝙞𝙨𝙩𝙚𝙣𝙯𝙖, 𝙚𝙗𝙗𝙚 𝙪𝙣 𝙧𝙪𝙤𝙡𝙤 𝙙𝙚𝙘𝙞𝙨𝙞𝙫𝙤.
Quando pensiamo ai totalitarismi del Novecento, l’associazione più immediata è quella razzismo-nazismo e statalismo-comunismo. Che il raggiungimento della purezza della razza ariana fosse il più forte motore ideologico di tutto il sistema che ruotava attorno ad Adolf Hitler non credo sia contestabile. Né vi sono dubbi che la statalizzazione dei mezzi di produzione e del capitale fosse l’obiettivo verso cui orientare ogni azione criminale del sistema sovietico. Analogamente, la volontà di eliminare gli ebrei da una parte e quella dello sterminio dei kulaki dall’altra sono realtà storiche ampiamente suffragate.
Tuttavia, ritenere che queste fossero le uniche componenti dei due sistemi totalitari, sufficienti per comprendere quanto accaduto, insieme ad un lato quasi demoniaco di coloro che si prestavano ad atti gravemente immorali pur di attuare l’ideologia, è decisamente riduttivo. Aspetti che portano la nostra generazione a ritenere di non avere nulla a che spartire con quei due sistemi. Il che è sotto certi aspetti vero. Ma le domande da porsi sono altre: sono rinvenibili delle strutture e delle dinamiche fondamentali che consentano a un sistema totalitario di nascere, crescere e rafforzarsi, a prescindere dal volto storico con cui si presenta? Banalmente: è possibile riconoscere il malfattore da alcune caratteristiche apparentemente non così evidenti, anche se cambia l’abbigliamento, la capigliatura, il modo di parlare?
In un lavoro monumentale, Robert Jay Lifton, psichiatra quasi centenario, che ha dedicato i studi alle tecniche di riforma del pensiero (lavaggio del cervello) in Cina e ai rapporti tra psicologia delle persone e storia, mostra i tratti comuni, non immediatamente rinvenibili, di quanti hanno tenuto in vita il regime nazista e hanno reso possibili le grandi iniquità di cui siamo (forse) a conoscenza. Lunghe interviste a 41 ex-nazisti, di cui 29 medici, e 80 ex-internati che avevano lavorato nei blocchi medici hanno permesso di portare alla luce aspetti molto interessanti. Anzitutto, «l’inquietante verità psicologica che la partecipazione all’eccidio di massa non richiede necessariamente emozioni così estreme o demoniache quali sembrerebbero appropriate a un progetto così malvagio. O, per esprimerci in un altro modo, persone normali possono commettere atti demoniaci» (R. J. Lifton, I medici nazisti. Storia degli scienziati che divennero i torturatori di Hitler, BUR, Milano 2022, p. 19).
Quali condizioni dunque possono portare una persona normale a compiere «atti demoniaci»? Lifton ha fiutato che la pista da percorrere era quella medica: non solo perché senza il coinvolgimento dei medici sarebbe stato impossibile mettere concretamente in atto un piano di eliminazione degli “indegni di vivere”, ma soprattutto perché era fondamentale ancorarsi ad una giustificazione medico-scientifica di quanto si stava operando. Lifting l’ha battezzata medicalized killing, omicidio medicalizzato o medicalmente giustificato, non solo possibile, ma necessario all’interno del preteso controllo totale sulla vita e sulla morte. Il progetto nazista, spiega Lifton, puntava ad «una visione di controllo assoluto sul processo evolutivo, sul futuro umano biologico» (p. 36).
Si trattava di una vera e propria «biocrazia», nella quale tutto era orientato al supremo principio biologico, che ovviamente aveva rivendicato la propria fondazione scientifica, e al quale si prestarono luminari ed esperti di ogni ambito, soprattutto medico. «Come si espresse un sopravvissuto che era stato testimone attento di questo processo: “Auschwitz fu come un’operazione chirurgica” e “il programma di sterminio fu diretto da medici dal principio alla fine”» (p. 38). Il regime aveva l’ossessione delle scienze biologiche, al punto che, nel 1934, il generale Rudolf Hess (1894-1987), per sei anni vice di Hitler, fino alla “promozione” del generale Hermann W. Göring (1893-1946), poteva dire, davanti a tutti gli aderenti al partito, che «il nazionalismo non è altro che biologia applicata». In sostanza, organizzazione scientifica della società.
Il passaggio fondamentale per nazificare la medicina e renderla strumento adeguato per il progetto biocratico era quello di mettere ai margini la sua vocazione alla cura del malato, per trasformarla in uno strumento di perfezionamento della società. Non doveri verso il singolo, ma verso la collettività. Il manuale del dott. Rudolf Ramm, della facoltà di Medicina dell’Università di Berlino, Ärztliche Rechts- und Standeskunde (1943), testo di etica medica assai influente, aveva spinto verso questa decisiva “apertura” della medicina: «Il medico doveva interessarsi alla sanità del Volk ancor più che alle malattie dell’individuo e doveva insegnare alla gente a superare il vecchio principio individualistico del “diritto al proprio corpo” e ad abbracciare invece il “dovere di essere sani”» (p. 53).
Corsi e ricorsi storici. Il diritto al proprio corpo e alla propria salute deve cedere il passo alla salute del corpo collettivo, in nome della quale è dunque possibile obbligare chiunque ad adottare soluzioni sanitarie di volta in volta ritenute scientificamente evidenti. La classe medica ‒ che nel frattempo era divenuta un insieme di funzionari dello Stato in camice bianco ‒ diventa così uno strumento imprescindibile per poter “mantenere sano” l’organismo sociale e per poter eliminare tutto quello che è considerato pericoloso, secondo la visione “scientifica” adottata, incluse persone in carne e ossa. Le massicce campagne di sterilizzazione ed eutanasia dal parte del Reich si comprendono solo alla luce di questa medicalizzazione della società e della nuova vocazione della medicina.
È interessante notare che, dal punto di vista giuridico, nella Germania nazista gli aborti erano proibiti; eppure «i tribunali per la sterilizzazione potevano ordinare l’interruzione della gravidanza per ragioni eugeniche in situazioni di “emergenza razziale”» (p. 70). La tanto cara e flessibile emergenza, sempre utile per fare esattamente il contrario di quanto prevede la legge, senza la briga di dover cambiare la legge.
L’emergenza aveva reso flessibili anche i medici. Come il ginecologo Carl Clauberg (1898-1957), professore universitario, che aveva fatto numerose ricerche sugli ormoni femminili, per trattare la sterilità della donna, ma che, dopo l’incontro con Himmler, si era reinventato come ricercatore di metodi non chirurgici per la sterilizzazione di massa. La sfida era quella di sterilizzare più persone in meno tempo possibile; ideò così l’iniezione di formaldeide, direttamente nell’utero, senza anestesia. Degli effetti avversi ovviamente non interessava niente a nessuno, sebbene nel gruppo di prova, formato rigorosamente da donne ebree e rom, ci fossero stati anche dei decessi. Sempre corsi e ricorsi: basta sostituire al verbo “sterilizzare” qualcos’altro.
Clauberg tornò poi al suo primo amore, le ricerche sulla sterilità, diventando, come se nulla fosse, direttore di un istituto: la Città delle Madri. Clauberg purtroppo non fu un caso isolato: «Benché alcuni medici abbiano opposto resistenza, e molti abbiano avuto poca simpatia per i nazisti, come professione i medici tedeschi si offrirono al regime. Lo stesso comportamento si riscontra anche nella maggior parte delle altre professioni; ma nel caso dei medici quel dono comprese l’uso della loro autorità intellettuale per giustificare ed eseguire uccisioni, situate in una prospettiva medica» (p. 71).
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moonyvali · 9 months
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"IT ALERT: dopo un lavaggio del cervello collettivo permanente a forza di nudging, è logica conseguenza che un cittadino abbia bisogno di una notifica UFFICIALE per accertarsi che, se la stanza in cui si trova dondola e il palazzo oscilla, allora è davvero un terremoto e non una "fake news".
Nella "società-polizza assicurativa" , siamo giunti ormai al punto che, senza istruzioni dall'alto, non ci si assume il rischio nemmeno di reagire istintivamente a una calamità naturale. I processi psichici elementari stessi sono delegati all'autorità.
Accadeva la stessa cosa nella preistoria: se un individuo veniva scacciato dal villaggio, il suo cervello cessava di funzionare per mancanza di istruzioni. Oggi, in compenso, la regressione cerebrale è accompagnata da un automatismo opportunista, che induce ad adottare comportamenti idonei a vedersi riconoscere, in un secondo momento, -e anche a rischio della vita stessa- la ragione giuridica e il relativo indennizzo/premio.
Tutto ciò mentre in Amazzonia alcuni bambini sopravvivono ad un incidente aereo ed escono indenni da successivi 40 giorni nella giungla, e invece i nostri eroi colorati "sfidano il ministero dell'istruzione" usando lo schwa all'esame di maturità.
Resta da chiedersi in quale utilità consisterà disporre di ottimi e leggiadrissimi automi del tutto impotenti e ignoranti, quando e se IT ALERT verrà utilizzato in contesto marziale, vista l'aria che tira. Armati di asterischi, app aggiornata e gel disinfettante, ci ritroveremo, per avversari, gente abituata a maneggiare armi e familiarizzare con orsi bruni.
Non mi stupirei se sullo schermo allora apparisse : FARSI AMMAZZARE, GRAZIE, e il buon cittadino ubbidisse anche in quel caso, felice di aver seguito le regole."
Alex Tattoli
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moonyvali · 9 months
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"La catastrofe climatica potrebbe essere vera, falsa, o parzialmente vera.
Ma l'oggetto della disputa non verte tanto sulla effettività, bensì sulla paternità del fenomeno.
Assetato di protagonismo, l'uomo vuole assicurarsi di essere all'altezza del proprio peggio, intestandosi disastri di cui non è certo di essere l'autore.
Non lo è? Metterà la sua firma sull'ineluttabile.
Lo è? Potrà vantarsi di avere appagato le sue aberrazioni ponendo fine insieme ad esse e al timore che non siano state degne di controbilanciare l'involontarietà della sua apparizione nel mondo.
Vi fu un giorno fatale a cui gli storici non assegnano alcun significato particolare e invece dovrebbero: quando l'uomo, per mezzo della magnifica Scienza, scoprì che la Terra non è eterna e, - a meno che non sia presente altrove o non vi traslochi- nemmeno la presenza della vita lo è.
In questo Memento Mori a lunga gittata emerso nell'intelligenza organica per mezzo delle nostre peripezie, l' uscita di scena è finita col significare tutto. Il gusto della fine del mondo è quella che il drogato ha per l'overdose, la teme e la progetta a un tempo, per morire nell'estasi del proprio disfacimento e al tempo stesso liberarsi del suo giogo.
Lo spettacolo desolante però non è l'autolesionismo dell'uomo o le pretese di proprietà intellettuale sul suo proprio epilogo, ma l'avvilente baloccaggine di quelli che si rivolgono ai responsabili del disastro ambientale per ottenerne il salvataggio. Avendo rimpiazzato le divinità con le autorità, credono che, come le prime, anche il dare e togliere delle seconde possa essere influenzato tramite qualche supplica o offerta sacrificale, mostrando particolare asservimento, o cedendo a qualche complicità compromettente la cui perversità iscrivere ai misteri divini ("Chi sono io per mettere in dubbio quanto dicono?")
Oltre 80 anni di incentivo al consumo più sfrenato e devastazione della natura in nome della crescita economica, poi gli stessi promotori di questa forma mentis diventano improvvisamente i Pastori della salvezza climatica.
Se non altro per questo tonfo imbarazzante nella sceneggiatura l'uomo dovrebbe rivedere al ribasso le proprie ambizioni di apocalisse, sempre che, irritato dallo scoprire di non avere più chance per patrocinare la sua rovina conservando una traccia di innocenza sfruttando la tonalità naturale del clima come scenario, non decida di risollevare la resa del suo psicofilm, -la storia- sganciando una volta per tutta quella Bomba che tanto lo alletta."
Alex Tattoli
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moonyvali · 9 months
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Tutte alla ricerca di un uomo con cui invecchiare e poi ci sono io alla ricerca perpetua di quello con cui ringiovanire così tanto da continuare a giocare insieme a nascondino, dormire in fortini di coperte e far la guerra coi cuscini
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moonyvali · 9 months
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"Averte mai sentito l’espressione «la bellezza salverà il mondo?» Vi siete mai chiesti cosa significa?
Questa è una delle più celebri frasi di Dostoevskij. La potete leggere ne L’Idiota, ma pochissimi ne hanno compreso il vero significato. In tanti credono che queste parole siano un semplice omaggio alla bellezza. Ma non è così. Che cosa vi sta dicendo in realtà Dostoevskij?
Ecco, pensate a cosa provate quando guardate un dipinto di Caravaggio o di Michelangelo. Quando osservate un tramonto. O un paesaggio talmente bello che vi toglie fiato. Sentite una sensazione di benessere, di piacere, ma anche qualcos’altro. Un sentimento più profondo ma anche più sottile. Guardate questa Venere di Botticelli: guardate i suoi occhi, i suoi capelli, il suo volto. Che emozioni vi trasmette? Una soave, irresistibile dolcezza che vi spezza il cuore. Vi sentite incantati, stupiti, commossi.
La grande bellezza ha sempre il potere di commuovere. «Dove c’è bellezza, c’è anche compassione, per la semplice ragione che la bellezza deve morire». Ogni momento può essere l'ultimo per noi, perché siamo mortali. Quando guardiamo un’alba che si specchia nelle acque del mare, quando vediamo nel viso di un uomo o di una donna una bellezza irresistibile, dentro di noi sappiamo che quel momento non tornerà. È questo che vi sta dicendo Dostoevskij. È la compassione che nasce in noi grazie alla contemplazione della bellezza che salverà il mondo. O meglio salverà l’uomo.
La bellezza che i media ci vendono invece è una bellezza plastificata, prodotta in serie, perché l’uomo per essere un buon consumatore deve innanzitutto credere di essere immortale. In una società che ha fatto dell’egoismo una moda e del consumismo un’arte, non c’è più spazio per la poesia, per pensare all’altro, per sentire. Non c’è più il tempo per vivere. Ma se voi invece di lasciarvi vivere, come fanno tanti, vi fate inebriare dalla bellezza della natura, dell’arte, della poesia, non troverete in queste cose soltanto una mera bellezza estetica ma la radice più profonda della vita stessa."
G. Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (Cari amici, con un senso di commozione vi comunico che il mio romanzo Clodio è alla sua ultima ristampa. Se vi piacciono la storia e la filosofia, vi lascio il link per leggerne un estratto gratuito: https://www.amazon.it/Clodio-G-Middei/dp/8832055848
#letteratura #cultura #istruzione #dostoevskij
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moonyvali · 10 months
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“Per liquidare i popoli” diceva Hübl, “si comincia col privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di una nuova cultura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo comincia lentamente a dimenticare quello che è e quello che è stato. E il mondo intorno a lui lo dimentica ancora più in fretta.”
Milan Kundera
[Il libro del riso e dell’oblio]
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moonyvali · 10 months
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"Vi ricordate questi versi: «Amor, ch'a nullo amato amar perdona?»
Sono i versi più famosi della Divina Commedia, ma vi siete mai chiesti cosa significano? Ecco, Dante è all’Inferno e a un tratto note due amanti, Paolo e Francesca, abbracciati assieme, anche nel tormento. Di cosa parla la storia di Paolo e Francesca? Dell’incontro di due innamorati, del desiderio bruciante, della tenerezza, dell’attesa. «La bocca mi baciò tutto tremante,» così Francesca descrive il suo l’amore per Paolo. Quando il marito di Francesca li scopre, trafigge entrambi gli amanti con la propria spada. E Francesca, ricordando quel momento, pronuncia queste parole:
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona
Ma che cosa vi sta dicendo Dante? Che l’Amore non «perdona» nel senso di “non risparmia” nessuno. Nessun uomo può sottrarsi alla forza dell’amore. Qualcuno obietterà: Dante non ha niente da insegnarci, mette Paolo e Francesca all’inferno perché entrambi si erano macchiati di adulterio. È un’idea antiquata questa? Certo che lo è! Dante apparteneva a un’epoca diversa dalla nostra, sarebbe assurdo pretendere che non sia così. Ma non è questa la cosa importante.
Vedete, la storia di Paolo e Francesca è la storia di due anime legate in vita da un amore indissolubile, un amore che è sopravvissuto perfino alla morte. Ecco, oggi c’è gente che dopo qualche minuto dimentica di averti conosciuto; le relazioni sono «usa e getta», sembra che la gente abbia vergogna di usare la parola amore e che veda nei sentimenti una debolezza. Si gettano nei centri commerciali, non fanno che inseguire piaceri e divertimenti per compensare la mancanza di compassione, amicizia e amore. Non posso fare a meno di domandarmi cosa abbia reso la gente tanto distratta, tanto superficiale e impermeabile al sentimento. Ed ecco perché leggere la Divina commedia mi fa stare bene: in una società sempre più arida ed anaffettiva mi ricorda che cose come il sentimento, la passione e l’amore sono la ricchezza più grande."
G.Middei
Professor X
#istruzione #cultura #letteratura #dante
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moonyvali · 10 months
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"Ricordate l’espressione: «fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza?»
Dante le fa dire ad Ulisse. Sono forse le parole più celebri dell’intera Divina Commedia. Ma cosa significano? Che cosa vi sta dicendo Ulisse? Ecco è molto semplice: vivere per mangiare, respirare, soddisfare i bisogni primari della vita, significa vivere come animali. Non essere niente di più. In tanti scelgono questa sorta di vita: non pensano, fanno ciò che tutti fanno, non hanno curiosità, non hanno passione, si limitano a sopravvivere, capite? Dante invece vi sta dicendo: non vivete come bruti, perché non siete nati soltanto per questo!
Ricordate le parole di Kant: abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza? Più di duemila anni prima invece un altro grande filosofo diceva: conosci te stesso. Il conosci te stesso di Socrate, il Sapere aude di Orazio (osa sapere!) vi stanno dicendo la stessa identica cosa. La vostra missione su questa terra è di arricchire il vostro bagaglio di conoscenze e di esperienze. Siate curiosi, pensate, indagate, ponetevi continui domande, esercitate e mettete in pratica la vostra intelligenza, perché è il pensare che vi rende umani!
Oggi invece c’è la televisione, ci sono i giornali, gli influencer: tutte queste persone fanno una cosa, una cosa soltanto: vi distraggono! Vi esortano a non pensare. Pensare non va più di moda. Non scegliete in questi nidi di mediocrità e conformismo i vostri modelli. Pensate ad Ulisse invece. Ulisse è il simbolo della curiosità, è l’eroe che per il l’instancabile desiderio di sapere non ha esitato a spingersi oltre i limiti del mondo conosciuto. Dante, Foscolo, Tennyson, D’Annunzio… generazioni di poeti e scrittori hanno parlato di Ulisse, per ricordarvi questo: vivere e sopravvivere non sono affatto la stessa cosa!"
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X
#letteratura #filosofia #dante #scuola #istruzione #cultura
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moonyvali · 11 months
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I giovani non possono permettersi di studiare e pagarsi l’affitto? Sono degli smidollati.
«Piagnucolano», sostiene il giornalista Nicola Porro, «perché fare il pendolare impedisce loro di uscire a bere con gli amici!» Ecco, caro Nicola, lei non ha mai avuto evidentemente il problema di pagarsi un affitto e di far «quadrare i conti a fine mese», perché se sapesse cosa significa per uno studente che non proviene da una famiglia agiata pagare novecento euro al mese per permettersi di studiare, non avrebbe detto parole tanto superficiali e fuorvianti. E se vedesse con i suoi occhi questi bugigattoli che spacciano per «case», converrebbe con me che dai tempi di Dostoevskij non è cambiato nulla.
Ma davvero lei crede che questi ragazzi protestano perché poi non possono uscire la sera con gli amici? Vadano a lavorare, viene detto loro! I giovani che non vogliono fare sacrifici, è questo il messaggio che volete far passare! E sa una cosa?
Io ne ho abbastanza! Non esito a dirlo. Avete il coraggio di parlare ai giovani di lavoro? Voi che avete fatto dello sfruttamento un’arte e del precariato uno stile di vita, avete il coraggio di parlare di sacrifici ai giovani? Eh sì perché quando si tratta di finanziare le guerre e l’apparato bellico, i soldi non mancano. E quando per gli stipendi dei parlamentari, neanche lì mi sembra che qualcuno abbia troppo da ridire.
E quando si trattò di aiutare le banche, perché i poveri banchieri di mezz’Europa con la speculazione del mercato immobiliare capirono di aver fatto un cattivo affare, sessanta miliardi di euro, sessanta miliardi avete capito bene, non parvero una spesa eccessiva. Ma lo sa, caro Nicola, quanti alloggi avreste costruito, quanti affitti a prezzo calmierato avrebbero potuto esserci con una piccolissima percentuale di questi milioni? In Danimarca, in Svezia, in Norvegia è la prassi, ma evidentemente hanno capito il concetto che «l’istruzione non deve essere un lusso, un privilegio».
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X #scuola #istruzione #filosofia #cultura #giovani
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moonyvali · 1 year
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Lo sapevate che... la parola amicizia deriva dal latino “amicitia”, che è a sua volta legato al verbo amare. L'amore amicale è ciò che i greci chiamavano φιλία (philia), un sentimento fraterno, disinteressato, un'affinità spirituale che arricchisce chi lo coltiva.
Per Aristotele gli uomini potrebbero fare a meno di tutti i beni, ma non possono rinunciare all'amicizia. Per gli antichi romani invece l'amicizia consisteva nella sodalitas, cioè nella solidarietà fra gruppi di individui accomunati da uno stesso scopo, quasi sempre politico.
Fu Cicerone a contrapporre a questo tipo di amicizia fondata sui vantaggi e sulla convenienza reciproca, un’amicizia la cui qualità più importante era l’affetto disinteressato che spinge il vero amico a rendere servigi piuttosto che a richiederne.
Una delle amicizie più belle della storia fu proprio quella tra Cicerone e Attico. I due pur essendo diversissimi: Cicerone proiettato sempre verso la politica, la vita pubblica, gli onori, Attico schivo, riservato, sfuggente, furono amici per oltre cinquant’anni. Oggi purtroppo l’amicizia è un bene sempre più raro e instabile, complici i mutamenti sociali che ci spingono a considerare gli altri come “oggetti di consumo”.
G.Middei
( Professor X. )
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moonyvali · 1 year
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LA MALATTIA TERMINALE
"Sta muovendo qualche onda l'esclusione del fisico Carlo Rovelli dalla cerimonia di apertura della Fiera del Libro di Francoforte, cui era stato precedentemente invitato. La colpa di Rovelli è stata quella di contestare – peraltro in modo argomentato - le scelte del governo rispetto al conflitto tra Russia e Ucraina.
Avendo fatto parte Rovelli fino a ieri del novero degli “accreditati” dal sistema mediatico, questa volta si è inarcato persino qualche sopracciglio nella borghesia semicolta, nei lettori di corriererepubblica e fauna affine. Purtroppo a quest’influente fascia della popolazione sfugge del tutto la gravità di ciò che accade da tempo, come un andamento sotterraneo, continuo, capillare.
C'è una linea rossa continua che si dipana nella gestione dell’opinione pubblica occidentale da anni e che ha subito un’accelerazione dal 2020. È una linea che si lascia vedere in superficie solo talora, come nella persecuzione di Assange (o Manning, o Snowden, ecc.) fino a censure minori, come quella assurta oggi agli onori delle cronache. Il senso profondo di questo movimento sotterraneo è chiarissimo: perseguimento della verità e gestione del discorso pubblico in occidente sono oramai indirizzi incompatibili.
A Rovelli viene imputato qualcosa di imperdonabile, ovvero di aver tradito l’appartenenza alla cerchia degli onorati dalle élite di potere, mettendole in imbarazzo. Questo non può e non deve accadere. Oggi il discorso pubblico ha il permesso di oscillare tra due poli, a un estremo la polemicuzza innocua e autoestinguentesi sull’orsa o la nutria di turno, all’altro i rifornimenti di munizioni alla linea dettata dal capo, cioè dalla catena di comando a guida americana dietro al cui carro - sempre meno trionfale - siamo legati.
Per le verità più pesanti e pericolose vige l’ordine di distruzione, come evidenziato dal caso di Assange la cui vita è stata distrutta per segnare un esempio e un ammonimento a qualunque altro soggetto eventualmente incline alla parresia. Per le insubordinazioni minori (tipo Rovelli, Orsini, ecc.) basta la caduta in disgrazia presso i cortigiani, che si riverbera in censure, piccoli ricatti silenti, e poi in discredito, blocchi di carriera, ecc.
Tutto ciò si condensa in una sola fondamentale lezione, una lezione implicita che il nostro intero sistema di formazione delle menti, giornali, televisioni, scuole, università, ecc. consapevolmente o inconsapevolmente implementa: “Tutto ciò che è discorso pubblico è essenzialmente falso.”
Questa è la lezione che i giovani ricevono precocemente e da cui traggono tutte le conseguenze del caso, in termini di disimpegno e abulia. A tale lezione si sottrae solo in parte qualche parte della popolazione meno giovane, in cui si agita ancora l’illusione di aspirazioni passate (“partecipazione”, “democrazia”, ecc.).
La “realtà” in cui ci troviamo a nuotare funziona però secondo il seguente ferreo sillogismo:
1) Tutto ciò che abbiamo in comune gli uni con gli altri come cittadini, come demos è il discorso pubblico mediaticamente nutrito;
2) Ma quel discorso pubblico è oggi puramente e semplicemente menzognero (o schiettamente falso, o composto di frammenti di verità ben selezionati, funzionali a creare uno desiderato effetto emotivo);
3) Perciò non c'è più nessun possibile demos, nessun possibile discorso pubblico, e dunque nessuna leva perché un’azione collettiva possa cambiare alcunché. Mettetevi il cuore in pace, si salvi da solo chi può.
In questa cornice peraltro si staglia per interesse l’atteggiamento dei superdiffusori di menzogne certificate, dei mammasantissima dell’informazione e del potere, attivissimi nel denunciare ogni eterodossia sgradita come “fake news”. E così ci troviamo di fronte allo spettacolo insieme comico e ripugnante dove i comandanti di corazzate dell’informazione chiedono il perentorio affondamento di canotti social per non aver benedetto abbastanza l’altruismo di Big Pharma, o per essere stati teneri con Putin, o per non aver rispettato l’ultimo catechismo politicamente corretto, e così via.
Viviamo in un mondo in cui la menzogna strumentale è oramai la forma dominante della verbalizzazione di interesse pubblico.
C'è chi vi reagisce con mero disimpegno rassegnato; chi si chiude angosciato nella propria stanza tipo hikikomori; chi cerca paradisi artificiali in pillole; chi accetta il gioco cercando di usarlo per tornaconti a breve termine (perché nessun altro orizzonte è disponibile); c'è chi cade in depressione; chi impazzisce; c'è chi ogni tanto spacca tutto per poi tornare a battere la testa contro il muro della propria cella; e c'è chi sviluppa quella forma particolare di pazzia che sta nel lottare disarmato contro i giganti sperando si rivelino mulini a vento.
Sul fondo fluisce la corrente della storia dove il nostro vascello occidentale ha preso un ramo digradante e con inerzia irreversibile accelera verso la cascata. Una volta che la parola pubblica ha perduto la propria capacità di veicolare verità, ridarvi peso è impossibile. Ogni ulteriore parola spesa per correggere le falsità del passato, se raggiunge la sfera pubblica viene per ciò stesso percepita come debole, logora, impotente. La società che abbiamo apparecchiato è una società senza verità e togliere la verità al mondo sociale significa condannarlo ad una malattia terminale. Quanto dureranno gli scricchiolii, quanto la caduta di intonaci, quanto le infiltrazioni d’acqua, quanto resisteranno ancora gli spazi abitabili sempre più ristretti, questo non è facile prevedere, ma un mondo senza verità è un mondo senza logos, e non può che sfociare in quella dimensione dove le parole sono superflue perché violenza e morte ne hanno preso il posto."
Andrea Zhok
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moonyvali · 1 year
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RIFLETTICI SU
Uriel Crua
"È il 1999. Qualcuno ti dice cose come: tra circa vent'anni esisteranno dei telefoni portatili che saranno più veloci dei computer più potenti in circolazione: ci potrai pagare i conti e perfino lavorare. Tra vent'anni ci saranno monopattini elettrici in affitto per strada, e li metterai in moto con un comando a distanza e ti preleveranno i soldi del noleggio direttamente dal conto. Dei disperati ti consegneranno il cibo a casa, cibo prenotato col tuo telefono-telecomando. Loro guadagneranno un tot a consegna, e lavoreranno come pazzi per due spicci. Sarà la nuova schiavitù. Se cercherai un lavoro, anche se sarai più che qualificato, non otterrai un contratto superiore ai sei mesi, rinnovabile per altri sei mesi, e poi altri sei, e poi ancora: guai a fare arrabbiare il padrone vaneggiando di diritti, perché avrà facoltà di non rinnovarti quel contratto e tenerti al guinzaglio per anni. Se invece sarai tra i fortunati che un lavoro fisso lo hanno, il padrone potrà licenziarti anche senza giusta causa.
Tra vent'anni circa i governi di mezzo mondo riusciranno a fare credere a tutti che un raffreddore è così letale da doverli costringere in casa per mesi, pena multe e in alcuni casi il carcere. Non potrai vedere i tuoi parenti. Non potrai entrare in chiesa. Non potrai celebrare funerali. Ma potrai ordinare pizze col tuo telefono-telecomando e lo schiavo immigrato te le porterà fino al pianerottolo.
Tra vent'anni ai bambini sarà impedito di andare a scuola se non hanno uno "stato di salute" certificato dal governo. Poi ad alcuni verrà impedito, sempre se sprovvisti del certificato di salute, persino di andare al bar o di entrare in posta.
In alcuni comuni il certificato di salute sarà legato alle emissioni inquinanti della tua autovettura, e se non comprerai macchine nuove ogni due anni, non potrai circolare in alcune zone della tua città, ma potrai restare a casa a guardare tutti i film che vuoi grazie al tuo telefono-telecomando.
Solo tramite il tuo telefono-telecomando potrai accedere ad alcuni servizi essenziali come anagrafe, passaporto, previdenza.
Quasi tutti pagheranno attraverso il telefono-telecomando, e il contante pian piano sparirà fino a permettere ad alcuni governi di spegnere una protesta semplicemente spegnendo i conti-correnti dei manifestanti.
Ah. E ci sarà la terza guerra mondiale ma tutti saranno convinti di combattere in nome della pace."
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moonyvali · 1 year
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Il Colosseo? È tutto rotto. Gli serve un restauro e una riverniciata, sono queste le incredibili parole scritte da un turista in una recensione su google.
Il visitatore, insoddisfatto dell’aria vecchia e cadente del nostro monumento, prosegue imperterrito: «Ci avevano detto che nella visita era inclusa una battaglia tra gladiatori, ma nel giorno della nostra visita non c'era nulla in programma.» È questa la storia tragicomica riportata da Repubblica, che ha raccolto alcune delle più assurde recensioni scritte dai turisti stranieri in visita nel Bel Paese. Un altro turista insoddisfatto scrive: «L'ho visto per la prima volta nel film Il Gladiatore, ma quando siamo arrivati, siamo rimasti stupiti. È tutto rotto. Non possono ripararlo e farlo funzionare di nuovo?»
Qualcuno la prenderà sul ridere, ma io non riesco a riderne, forse perché questa è una battaglia che vivo ogni giorno in prima persona da quando ho pubblicato il mio romanzo Clodio. L’ignorante di turno, che è convinto di conoscere l’Antica Roma per aver visto il Gladiatore, si sente sempre in diritto dirmi: ma che sciocchezze hai scritto; una signora, risentita del fatto che nel mio libro i romani parlavano del bene e del male, della ricerca della verità e altra “robaccia”filosofica, ha voluto esprimere tutto il suo disappunto in una recensione.
Avrà mai sentito parlare di Seneca e di Terenzio? E che dire di Cicerone che vedeva nella filosofia la “medicina dell’anima”? O di Orazio che si domandava quale fosse il senso della vita? Nell’immaginario collettivo la storia di Roma si riduce a battaglie epiche, piccanti scene di sesso e pugnalate alle spalle.
L’ignoranza ormai è una virtù, perché almeno prima ci si vergognava di “parlare a vanvera”, ma nell’era di Uomini e Donne e del Grande Fratello “sapere” è diventato sinonimo di noia e presunzione e riflettere prima di parlare è un anacronismo. Certo la storia di Roma mi tocca in prima persona, per via di Clodio, ma non crediate che altrove le cose vadano meglio. Su TripAdvisor il museo egizio non è stato risparmiato: “mummie...mummie... e ancora mummie, troppo deprimente, non portateci i bambini,” scrive un nostro connazionale, e il pantheon? “Un buco nel soffitto”, così è stato liquidato, mentre occorre un restauro alla basilica di San Marco perché, a detta di un turista, “ci sono alcuni arazzi sbiaditi". Dove andremo a finire?
Ripubblicato per i nuovi lettori
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X Se vi ho incuriosito potete leggere un estratto gratuito di Clodio a questo link: https://www.amazon.it/Clodio-G-Middei/dp/8832055848
#cultura #istruzione #storia #colosseo #filosofia
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moonyvali · 1 year
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«Saper ascoltare significa possedere, oltre al proprio, il cervello degli altri.»
Chi di voi non ha visto un’opera di Leonardo Da Vinci almeno una volta nella vita? Eppure pensate che Leonardo, uno dei più grandi geni dell’umanità, un Socrate dell’epoca rinascimentale, era in realtà un uomo straordinariamente umile. Sì, l’uomo che dipinse la Gioconda, l’Ultima Cena, che progettò senza nessuna tecnologia il paracadute, la macchina volante, la bicicletta e l’automobile (il carro semovente), era solito definire se stesso un «omo sanza lettere», uomo senza cultura. Assurdo vero? Perché oggi un qualunque dottore alle volte si sente in diritto di dire: «ma lei lo sa, chi sono io?»
Leonardo Da Vinci era stato cresciuto dai nonni paterni e non aveva ricevuto una vera istruzione. Come fece allora diventare uno dei più grandi geni dell’umanità? Aveva due qualità, due qualità che giovani più ricchi, dai nomi più importanti di lui non avevano: la curiosità e l’umiltà.
Osservava, osservava con attenzione tutto ciò che capitava sotto i suoi occhi, osservava i volti delle persone che incontrava, il modo in cui si muovevano, osservava la terra, il cielo. Ascoltava. Non si formò sui libri, in qualche scuola, in qualche Accademia, ma fece della natura la sua unica maestra. Ciò gli permise di realizzare opere straordinariamente realistiche. Pensate all’Ultima Cena o alla Gioconda o alla Vergine delle Rocce. È come se steste guardando una fotografia.
Ma il grande segreto di Leonardo era uno, uno soltanto: «i perché». Questa domanda, questa semplicissima domanda, cambia tutto. Leonardo, a differenza di tanti altri, si poneva continue domande, voleva conoscere il perché delle cose, non si accontentava delle risposte che si trovavano nei libri dell’epoca. Ecco perché inventò cose che gli altri non riuscivano neanche ad immaginare. Leonardo era un filosofo. Ecco, se volete invogliare i bambini e i giovani allo studio, se volete dar loro un modello a cui ispirarsi: parlategli di Leonardo.
G.Middei/ Professor X
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