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princessofmistake · 22 hours
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Oscillo tra una spinta vitalistica di uscire dal bozzo e conoscere persone, lasciarmi conoscere, cimentarmi in amicizie ( conscia delle eventuali delusioni ) e quel apoteosi tiepida che si crea quando si sta a lungo nella propria comfort zone composta da silenzi, solitudine, con interazioni minime.
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Mentre parlava, mi permisi di concentrarmi su quelle iridi celesti che, più del sole cocente della Florida, mi riducevano a un bagno di sudore nervoso. Improvvisamente cominciai a rendermi conto della frequenza con cui stavo sbattendo le palpebre, di come la mia mascella non rispondesse ai miei comandi.
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Iniziò a passarmi per la testa l’idea di essere fuori posto. Per Noah, la cui vita – sospettavo – includeva gloria atletica, case sulla spiaggia, feste estive, non ero altro che uno studente rabbinico serio, comicamente sconfinato in un mondo sbagliato, o per lo meno in un cortile sbagliato. Non ero abituato a vivere da estraneo. Nella mia esistenza precedente lo ero stato, ma consapevole che le regole che governavano ogni dettaglio della vita – come sposarsi, come pensare, come allacciarsi le scarpe – erano prescritte, sempre, da una morale ambiziosa. In piedi davanti a Noah, adesso, ero un tipo diverso di estraneo, qualcuno che cercava di nascondersi alla luce del sole, senza la minima comprensione delle regole generali. Mi resi conto che mimetizzarsi lì sarebbe stato persino più difficile che a Brooklyn.
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“Voglio dire, è difficile dire addio, ma non è nemmeno così difficile”, incalzò. “Non lo so. Insomma, neanche tu sei così triste, vero?”. “No”, dissi, provando una evidente mancanza di vergogna nell’ammetterlo. “Forse perché quasi tutto sembra così triste con te”. Le guance di Shimon arrossirono. Mi sentii sopraffatto dal desiderio di essere da un’altra parte, di sgattaiolare via nel crepuscolo e non vederlo mai più. “Pensi di tornare?”, mi chiese alla fine, rompendo il silenzio che serpeggiava tra noi. Negli anni successivi, mi sono domandato spesso a cosa si stesse riferendo. Brooklyn? La nostra amicizia? La religione? Non importava. Era tutto connesso, aveva tutto il medesimo significato. “No”, gli dissi. “Non credo”. Ci trattenemmo ancora un po’ a guardare la notte che calava sul ponte, e poi recuperammo le nostre biciclette. Pedalammo per tutto il tragitto verso casa in ossequio a un silenzio ancora più ampio. Poi imboccammo la nostra strada e ci separammo con un cenno della mano. Da allora ho rivisto Shimon solo una volta.
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Alla fine dei miei giorni a Brooklyn, mi ritrovai a fissare lo specchio della mia camera da letto spoglia mentre osservavo i diciassette anni passati lì svanire: i mobili spariti, le stanze svuotate, le pareti imbiancate. Per la prima volta da quando mamma e papà avevano annunciato il trasloco, mi sentivo invadere da un diffuso senso di malinconia. Non era il fatto di partire a rendermi triste; al contrario, l’eccitante prospettiva di barattare la mia vita banale e monotona con qualcosa di nuovo era finalmente a portata di mano. Ma mi rattristava la consapevolezza che, a un certo momento della vita, ci si ritrovava dentro una casa vuota a scoprire di non avere mai lasciato un segno.
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D’un tratto, mi sentii come se qualcuno mi avesse preso l’anima a randellate. Per cercare di mantenere l’equilibrio, immaginai di essere uno dei personaggi di Fitzgerald – nevrastenico, smanioso, chiuso in sé stesso – per il quale l’infelicità in qualche modo acuisce la nobiltà. Ma quel pensiero non fu salvifico come speravo.
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Per un attimo accantonai la nostra conversazione e mi misi a pensare alla scuola e alle strade, al quartiere e alla città intorno a me, a fondere il clamore del traffico, dei bambini e degli animali, gli insegnamenti della Ghemarà e i pianti e le risa e i canti e le preghiere in un unico suono, una sola emissione, per afferrarla e, nel palmo della mia mano, schiacciarla fino a ridurla a silenzio. Aspettai, contai fino a cinque, e poi rilassai il pugno, permettendo a tutto il rumore di sbrogliarsi di nuovo nella chiarezza. “Mi trasferisco in Florida”
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princessofmistake · 3 days
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Io ci provo ad avere una vita sociale e solo che dopo non mi trovo in mezzo alle persone, i loro discorsi mi sembrano così noiosi e non attirano la mia attenzione, non trovo con loro un qualcosa che ci accomuna.
Sono arrivata alla conclusione che penso di essere io il problema, che sono io noiosa e per questo non riesco a trovarmi con le persone, ogni tanto mi chiedo "cosa ti piace?" "cosa attira la tua attenzione?" e non riesco a darmi una risposta,
si sono una persona noiosa.
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princessofmistake · 3 days
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Egli trionfava intimamente perché era riuscito a evitare le fastidiose e tormentose esigenze della vita e le sue tempeste, allontanandosi da quell'orizzonte sotto il quale balenano i lampi delle grandi gioie ed echeggiano i colpi improvvisi dei grandi dolori, dove giuocano le speranze menzognere e gli splendidi fantasmi della felicità, dove il pensiero rode e consuma l'uomo e la passione lo uccide, dove la mente cade e trionfa, dove l'uomo combatte un'incessante battaglia ed esce dal campo della lotta dilaniato e sempre scontento, e insaziato. Egli, senza aver provato il godimento che procura la lotta, vi aveva mentalmente rinunziato, e trovava pace all'anima soltanto nel suo cantuccio dimenticato, lontano da ogni azione, da ogni lotta, avulso dalla vita.
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princessofmistake · 4 days
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Quanto è bello parlare di arte, di musica, di filosofia, dei libri, della società, del passato, del dolore, dei sogni. Ne ho bisogno, amo le conversazioni vere, sono queste le cose che ci tengono in vita!
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princessofmistake · 4 days
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La bellezza ha questo potere, quella grandezza che spazza via con un solo gesto della mano i dubbi, i dilemmi, le collere tristi. Trascina l'anima e la fa accomodare sotto di sé. Basta all'essere più fragile per sentirsi gratificato, placato, e perché osi l'inaccessibile.
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Calcutta, S. Sinha, 2014
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princessofmistake · 4 days
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Al risveglio ho le stesse lacrime involontarie che avevo quando soffrivo di impotenza: è un'altra forma di impotenza, non poter richiamare nessuno da dove lo si è lasciato andare. Non mi resta che intraprendere questa distanza come una morte mitica, se voglio sopravvivere e percorrere un tratto di strada senza di lui. Alla morte si risponde con la verità.
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Il contagio, W. Siti, 2008
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princessofmistake · 4 days
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Eppure quando sto per partire, quale che sia la partenza e dovunque mi conduca, sono felice e basta; scorrendo davanti ai finestrini i luoghi si liberano dagli obblighi di coerenza, volano; prima che nascessi la mia anima doveva essere uno di quegli uccelli con la testa di donna che nelle steli antiche stanno appollaiati al capezzale dei moribondi. Posso sopportare qualunque batosta, reggere a qualunque regime, purché dopo ci sia un treno.
Scuola di nudo, W. Siti, 1994
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princessofmistake · 4 days
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Insomma, se non è amore, che è quello che provo? E' come se lui fosse il luogo dove tutte le cose di me che vogliono dimenticare vanno a rannicchiarsi per soffrire.
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Scuola di nudo, W. Siti, 1994
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princessofmistake · 4 days
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A volte siamo troppo concentrati sul fatto che una determinata persona non ha intenzione di scoprirci e finiamo di trascurare chi invece e lì pronto/a a tuffarsi nel nostro essere.
È un peccato se ci pensate, lo dico seriamente e purtroppo sulla base di esperienze personali. Mi è capitato sia di essere io quello che ha trascurato persone che meritavano tanto e sia di essere io quello che voleva scoprire seriamente un qualcuno che invece era a quanto pare troppo distratto da chi invece non meritava nulla.
Bisogna cercare di analizzare le cose e di selezionare le persone che meritano di entrare nella nostra vita a 360 gradi. Non dobbiamo trascurarle, perché molte volte un treno non passa due volte.
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princessofmistake · 4 days
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A volte siamo talmente concentrati sul fatto che una determinata persona non ha intenzione di scoprirci e finiamo di trascurare chi invece e lì pronto/a a tuffarsi nel nostro essere.
È un peccato se ci pensate, lo dico seriamente e purtroppo sulla base di un'esperienza personale. Mi è capitato sia di essere io quello che ha trascurato persone che meritavano tanto e sia di essere io quello che voleva scoprire seriamente un qualcuno che invece era a quanto pare troppo distratto da chi invece non meritava nulla.
Bisogna cercare di analizzare le cose e di selezionare le persone che meritano di entrare nella nostra vita a 360 gradi. Non dobbiamo trascurarle, perché molte volte un treno non passa due volte.
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princessofmistake · 5 days
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All’improvviso, fui sopraffatto dal silenzio della casa; serio, impassibile, lanciai un’occhiata a mio padre e ripresi a mangiare. “D’accordo, allora”. Forse il modo in cui lo dissi, o il fatto che quella decisione monumentale non riuscisse a suscitarmi emozioni, suonava sconcertante, una bandiera rossa che indicava che qualcosa dentro di me non funzionava come avrebbe dovuto. Non guardavo molti film, perché quella era Borough Park, dove si diffidava di certe malattie spirituali, ma sapevo che la versione cinematografica di quella scena avrebbe vibrato di angoscia drammatica. Eppure, non provavo nulla del genere: nessuna tristezza, nessuna afflizione per gli improvvisi cambiamenti della vita. A dire il vero, il pensiero di essere liberato dalla monotonia incessante della mia esistenza attuale mi riempiva di un’inebriante sensazione di fuga. Ero stufo di sopportare la noia implacabile, cechoviana, di stare seduto da solo nelle biblioteche, di piangere ciò che non avrei mai conosciuto: l’amore straziante, i grandi viaggi, i nostoi. Lontano dalla mia realtà attuale, sospettavo, si svolgeva una vita più alta, sostenuta non da semplici echi ma dal suono autentico della felicità. Ogni persona, sosteneva Bacone, adora gli “idoli della caverna”, quelle credenze peculiari che costituiscono il nostro carattere e, almeno nel mio caso, la nostra rovina. I miei idoli, lo capisco ora, sono questi: un disprezzo fondamentale per il grigio su grigio, un’intolleranza per ciò che Freud riconosceva come l’ordinaria infelicità della vita.
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