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#graziosa
mjm2travel · 9 days
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Casa Graziosa is located in Syracuse, just a 5-minute walk from Syracuse Cathedral and 0.8 miles from Castello Maniace. This vacation home provides air-conditioned accommodations with free Wifi. The property is a 8-minute walk from Cala Rossa Beach and within 300 yards of the city center. Providing sea views, this vacation home also provides guests with a satellite flat-screen TV, a well-equipped kitchen with a fridge, a stovetop, and kitchenware, as well as 1 bathroom with a shower and a hair dryer. For added privacy, the accommodation features a private entrance. A mini-market is available at the vacation home. Popular points of interest near the vacation home include Aretusa Beach, Tempio di Apollo, and Fontana di Diana. The nearest airport is Catania Fontanarossa Airport, 40 miles from Casa Graziosa. 64 Via Vincenzo Mirabella, Ortigia, 96100 Syracuse, Italy #mJmTravel #mJm_Travel #mJm2Travel #Tours #Travel #Tickets #Hotels
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fallimentiquotidiani · 7 months
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Ma chi l'ha detto che l'amore vola
A chi l'ha visto o l'hai imparato a scuola
A tuo marito non lo dire ancora
Se per caso s'innamorerà
Ma quella forza tanto non ce l'ha
Ah zigulì due baci ora
Proprio così scendimi in gola
Madona mè ma dona me che cosa?
Volè volè essere la tua sposa
La tua saliva è la mia coca cola
Se per caso ti innamorerai
Ma quella forza tanto non ce l'hai
Ah zigulì due baci ora
Proprio così scendimi in gola
Ma sì ma sì mi piaci ancora
Così così ci si innamora
Sono nata per vincere
Non faccio altro che perdere
Ci sono regole che danno la libertà
Ci sono donne che ti danno la metà
E poi i miei dubbi che mi fanno male, male, male
Ci sono regole che danno la libertà
Ci sono donne che ti danno solo la metà
E poi i miei dubbi che mi fanno male, male, male
Male, male, male
Se per caso ti innamorerai
Ma quella forza tanto non ce l'hai
Ah zigulì due baci ora
Proprio così scendimi in gola
Ma sì ma sì
Mi piaci ancora
Così così
Ci si innamora
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deathshallbenomore · 2 years
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ah no volevo mettere anche piazza carlina che è molto bellina e carina e soprattutto non si chiama davvero così (ma io faccio la cittadina integrata e imparo dai locals) però prima che venissi via era tutta incartata per altri lavori uffa :(
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perfettamentechic · 9 months
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15 settembre … ricordiamo …
15 settembre … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2022: Diana Maggi, Graziosa Maggi, attrice argentina di origini italiane, famosa soprattutto in Argentina e in Spagna. Nel 1938 entrò nel cinema come comparsa. Nel 1950 apparve in cinque film. Negli anni sessanta ebbe una relazione con l’attore spagnolo Ismael Merlo. Dal 1976 viveva con l’attore argentino Juan Carlos Dual (deceduto nel 2015). (n.1925) 2021: Gavan O’Herlihy, attore irlandese…
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marcogiovenale · 1 year
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"asemics. senso senza significato" (ikonalíber): cenni di storia e teoria dell'asemic writing
http://www.ikona.net/marco-giovenale-asemics-senso-senza-significato/immagine in copertina: Paul Klee, Scrittura astratta Il libro è disponibile / The book is available Testo in lingua italiana / Text in Italian Con immagini di / With images by Rosaire Appel, Anneke Baeten, May Bery, Marcia Brauer, Axel Calatayud, Cecelia Chapman, Tim Gaze, Ariel González Losada, Michael Jacobson, Satu Kaikkonen,…
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themhac · 2 years
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1001 modi in cui l'as roma nuoce gravemente alla mia salute ma anche io forse sono cretina perché mi sono messa a saltellare da sola in camera mentre canticchiavo roma alé e mi è risalita tutta la cena
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diceriadelluntore · 1 month
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Ori
Castelvetere sul Calore è un piccolo borgo a circa 20 km da Avellino, in quella bellissima zona storico-geografica dell'Italia meridionale che si chiama Irpinia. Deve il suo nome al fatto che il borgo vecchio si sviluppa, come molti paesi di questa zona, attorno al Castello di origine longobarda ("castrum" e "vetus"=Castello-Vecchio). Oggi l'ho visitato perché si tiene ogni 28 Aprile una Festa del Miracolo: la leggenda narra infatti che in questo giorno la Madonna delle Grazie (che cade il 2 Luglio) apparve ad alcuni giovani, e fece nevicare nel luogo dove volle una sua dimora. Nel centro del Paese quindi vi è la piccola e graziosa Chiesa della Madonna delle Grazie
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Da cui esce in processione una meravigliosa statua
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Fin qui niente di unico, per quanto bello. Ma la Festa del Miracolo ha due caratteristiche uniche. Nella cappella di San Lorenzo infatti, l'altare principale è ricoperto di "tortani", una sorta di biscotto salato
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Che le donne del paese preparano nei giorni precedenti la Festa in quantità incredibili: circa 30 mila pezzi. E questi Tortani verranno distribuiti da delle particolari "spensatrici", giovani ragazze del paese che partecipano alla processione così
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Sfilando portando addosso centinaia di catenine, anelli e bracciali d'oro, che gli abitanti del borgo, di quelli limitrofi o nativi del luogo ma residenti fuori consegnano ad un gruppo di sagge che li identificano con un targhettino cucito per ognuna delle donazioni. Ogni oro viene poi riconsegnato ai proprietari dopo il rito.
Le sponsatrici si chiamano così perché distribuiscono oggi il tortano, domani invece lo porteranno nelle campagne limitrofe donandolo ai cittadini
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"Sono le forme rituali che, come la cortesia, rendono possibile non solo un bel rapporto interpersonale, ma anche un bel rapporto delicato con le cose. Nel quadro rituale, le cose non vengono consumate o spese, bensí usate – cosí possono anche invecchiare".
Byung-Chul Han, La scomparsa dei riti, 2021
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me-soltanto-me · 2 months
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La donna vuole essere amata senza perché.
Non perché è bella o buona o ben educata o graziosa o spiritosa,
ma perché è.
Ogni analisi le sembra una diminuzione, una soggezione della propria personalità.
The woman wants to be loved for no reason.
Not because she is beautiful or good or well educated or graceful or witty,
Every analysis seems to her to be a decrease, an awe of her own personality.
[Henri-Frédéric Amiel]
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subzeroparade · 9 months
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Salve salve, entro in questa graziosa inbox per dirle che mamma mia... La sua arte e le sue fic mi stanno facendo scoppiare i neuroni come un non so cosa, e specialmente Vanitas è diventata una comfort fic per me. La mia parte preferita è l'assedio a Leyndell, perché letteralmente mentre stavo leggendo mi sembrava di essere lì; il suo linguaggio e prosa sono incredibilmente evocativi, e specialmente il momento prima del primo colpo mi ha causato un pelo di aritmia da quanto è stato effettivo lmao. Inoltre, le parti in cui Godwyn è al telaio, e i momenti passati con Fortissax nel silenzio e nella calma sono così... Confortevoli, in un modo o nell'altro.
Anche petal-veined devourer è stata una gioia da leggere: sono un grande amante di Ludwig in tutte le salse, e il modo in cui lei ha creato un ritratto così solitario e triste di lui e della sua famiglia è meraviglioso. Inoltre tutte le connessioni a Cainhurst, e il modo in cui sia disegna e scrive Laurence...
E riguardo a Laurence, il suo è uno dei miei preferiti in assoluto, e devo dire che quando vedo i suoi ritratti del signor provo un'invidia pazzesca per la skill e la cura messa nei dettagli. È veramente un personaggio fr fr
Un'ultima cosa: la sua arte mi ha ispirato a riprendere carta e penna e disegnare tradizionalmente invece che digitalmente per la prima volta dopo... 5 anni? So che lei usa un programma digitale, ma le texture e i sentimenti che i suoi lavori mi evocano mi ricorda delle mie prime visite al museo, o ad una galleria d'arte, e mi ritrovo sia a bocca aperta sia pieno di gelosia verso questi artisti tanto migliori di me, e giuro che farò del mio meglio per migliorare e creare arte che sia (almeno nella mia mente) alla pari con la sua. L'odio e l'amore si mescolano quando guardo i suoi lavori, e non fanno altro che diventare benzina sul fuoco che è la mia determinazione a migliorare.
Mi auguro passi una splendida giornata!
ANON. I have been sitting on this message for nearly a week and keep rereading it because I don’t have words?? And certainly not enough nuance in my written Italian for a proper thank you - but regardless GRAZIE DI CUORE - for reading my work, and enjoying it, and saying the kindest of things about it. COMUNQUE DIAMOCI DEL TU??
And GOOD FOR YOUR for picking up carta e penna! I haven’t had the discipline to do so again for ages, but I wish I did, and it can only help in the long run, especially if you want to retain that painterly evidence of gesture. I think it’s a a beautiful thing to have in your work, and I’m sure you have it, and can keep cultivating it. Don’t forget that mark-making is one of the most human things you can do, and I hope you make it for the love of it, and in turn you love what you make. 
I don’t know who you are but I’m proud of you and my nonna would be proud of you LOL. In bocca al lupo for everything you want to do (人◕ω◕)
A Ludwig WIP FOR YOU AND YOU ALONE. 
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maurosempre · 5 months
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Come nastro di porpora le tue labbra,
la tua bocca è piena di fascino;
come spicchio di melagrana è la tua tempia
dietro il tuo velo.
Le tue labbra stillano nettare, o sposa,
c’è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti è come quello del Libano.
Belle sono le tue guance fra gli orecchini,
i tuoi occhi come le piscine di Chesbon
presso la porta di Bat-Rabbìm,
Tutta bella sei tu, amata mia
Le curve dei tuoi fianchi sono come monili,
opera di mani d’artista.
Il tuo ombelico è una coppa rotonda
che non manca mai di vino aromatico.
Il tuo ventre è un covone di grano,
circondato da gigli.
Siano per me i tuoi seni come grappoli d’uva
e il tuo respiro come profumo di mele.
I tuoi germogli sono un paradiso di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro e nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo,
con ogni specie di alberi d’incenso,
mirra e àloe,
con tutti gli aromi migliori.
Quanto sei bella e quanto sei graziosa,
o amore, piena di delizie!
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il-gualty1 · 1 year
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La donna vuole essere amata senza perché. Non perché è bella o buona o ben educata o graziosa o spiritosa, ma perché è... Fine della storia.
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crazy-so-na-sega · 9 months
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Un capolavoro di pasticceria umanitaria, infarcito di crema antirazzista, ricoperto di egualitarismo zuccheroso, guarnito di rimorsi alla vaniglia, con una scritta graziosa ornata da ghirlande di caramello: Mea culpa! Un dolce davvero nauseante.
Jean Raspail
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marcogiovenale · 1 year
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esce "asemics. senso senza significato" (ikonalíber): cenni di storia e teoria dell'asemic writing
http://www.ikona.net/marco-giovenale-asemics-senso-senza-significato/ Il libro è in stampa / The book is in print Testo in lingua italiana / Text in Italian Con immagini di / With images by Rosaire Appel, Anneke Baeten, May Bery, Marcia Brauer, Axel Calatayud, Cecelia Chapman, Tim Gaze, Ariel González Losada, Michael Jacobson, Satu Kaikkonen, Paul Klee, Karri Kokko, Jim Leftwich, Arturo Martini,…
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pettirosso1959 · 1 year
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In una frizzante mattina d'inverno in Svezia, una graziosa bambina di nome Greta si è svegliata in un mondo perfetto, dove non c'erano prodotti petroliferi che rovinavano la terra. Gettò da parte il lenzuolo di cotone e la coperta di lana e uscì su un pavimento di terra battuta ricoperto di corteccia di salice polverizzata con pietre. "Che cos'è questo?" lei chiese.
"Corteccia di salice polverizzata", rispose la sua fata madrina.
"Cos'è successo al tappeto?" lei chiese.
"Il tappeto era di nylon, che è fatto di butadiene e acido cianidrico, entrambi a base di petrolio", è stata la risposta.
Greta sorrise, riconoscendo che gli aggiustamenti sono necessari per salvare il pianeta, e si trasferì al lavandino per lavarsi i denti dove invece di uno spazzolino da denti, trovò un salice, maciullato su un'estremità per esporre le setole di fibra di legno.
"Il tuo vecchio spazzolino da denti?" ha osservato la sua madrina, "Anche nylon".
"Dov'è l'acqua?" chiese Greta.
"Lungo la strada nel canale", rispose la sua madrina, "Assicurati solo di evitare l'acqua contenente il colera"
"Perché non c'è acqua corrente?" Chiese Greta, diventando un po 'stizzosa.
"Bene", disse la sua madrina, che per caso insegnava ingegneria al MIT, "Da dove iniziamo?" È seguito un lungo monologo su come le valvole del lavandino necessitano di sedi in elastomero e su come i tubi di rame contengono rame, che deve essere estratto e su come è impossibile realizzare macchine movimento terra completamente elettriche senza lubrificazione degli ingranaggi o pneumatici e su come il minerale deve essere fuso. per fare un metallo, e questo è difficile da fare solo con l'elettricità come fonte di calore, e anche se usi solo elettricità, i fili hanno bisogno di isolamento, che è a base di petrolio, e sebbene la maggior parte dell'energia della Svezia sia prodotta in un ambiente rispettoso dell'ambiente a causa dell'idroelettrico e del nucleare, se fai un bilancio di massa ed energia attorno all'intero sistema, hai ancora bisogno di molti prodotti petroliferi come lubrificanti e nylon e gomma per pneumatici e asfalto per riempire buche e cera e plastica ed elastici per iPhone per sostenere la tua biancheria intima durante il funzionamento di un forno fusorio di rame e. . .
"Cosa c'è per colazione?" intervenne Greta, la cui testa faceva male.
"Uova di gallina fresche, nutrite in modo assortito", rispose la sua madrina. "Crudo."
"In che modo, crudo?" chiese Greta.
"Bene, . . . " E ancora una volta, a Greta è stato detto della necessità di prodotti petroliferi come l'olio per trasformatori e decine di prodotti petroliferi essenziali per la produzione di metalli per padelle e alla fine è stata educata su come non si può avere un mondo senza petrolio e poi cucinare le uova . A meno che tu non strappi il tuo recinto anteriore e accendi un fuoco e cuoci con cura il tuo uovo in una buccia d'arancia come fai nei Boy Scouts. Non che tu possa più trovare arance in Svezia.
"Ma io voglio uova in camicia come fa mia zia Tilda", si lamenta Greta.
"Tilda è morta questa mattina", ha spiegato la madrina. "Polmonite batterica."
"Che cosa?!" intervenne Greta. “Nessuno muore di polmonite batterica! Abbiamo la penicillina. "
"Non più", ha spiegato la madrina "La produzione di penicillina richiede l'estrazione chimica utilizzando acetato di isobutile, che, se conosci la tua chimica organica, è a base di petrolio. Molte persone stanno morendo, il che è problematico perché non esiste un modo semplice per smaltire i corpi poiché le terne hanno bisogno di olio idraulico e i crematori non possono davvero bruciare molti corpi usando come combustibile recinzioni e mobili svedesi, che stanno rapidamente scomparendo - utilizzati su il mercato nero per arrostire le uova e stare al caldo ".
Questa rappresenta solo una frazione della giornata di Greta, una giornata senza microfoni in cui esclamare e una giornata senza molto cibo, e una giornata senza barche in fibra di carbonio su cui navigare, ma una giornata che salverà il pianeta.
Sintonizzati domani quando Greta ha bisogno di un canale radicolare e impara come viene sintetizzata la novocaina.
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sottileincanto · 14 days
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Berenice
- Edgar Allan Poe -
La sventura ha molti aspetti; la miseria sulla terra è multiforme. Domina il vasto orizzonte come l’arcobaleno e i suoi colori sono altrettanto variati, altrettanto distinti eppure strettamente fusi. Domina il vasto orizzonte come l’arcobaleno. In che modo ho potuto trarre un carattere di bruttezza da un esempio di bellezza? Dal sogno dell’amicizia e della pace una similitudine di dolore? Ma come, in morale, il male è la conseguenza del bene, ugualmente, nella realtà dalla gioia nasce l’affanno; sia che il ricordo del passato felice crei 1’angoscia dell’oggi, sia che le agonie reali traggano la loro origine dalle estasi che sono state possibili.
Io ho da raccontare una storia la cui essenza è piena di orrore. La sopprimerei volentieri se non fosse piuttosto una cronaca di sentimenti che di fatti.
Il mio nome di battesimo è Egeo, il mio nome di famiglia non lo dirò. Nella regione non c’è castello più carico di gloria e d’anni che il mio vecchio e melanconico maniero avito. Da molto tempo la nostra famiglia aveva nome di una razza di visionari; il fatto è che in molte particolarità notevoli- nel carattere della nostra casa padronale- negli affreschi della gran sala- negli arazzi delle camere- nei fregi dei colonnini della sala d’armi- ma più specialmente nella galleria dei vecchi quadri, nell’aspetto della biblioteca e finalmente nella natura peculiare del contenuto di questa biblioteca- si può trovare di che giustificare ampiamente questa persuasione.
I ricordi dei miei primi anni sono legati unicamente a quella sala e a quei volumi dei quali non parlerò più. Quivi morì mia madre; quivi nacqui io. Ma sarebbe ozioso dire che non ho mai vissuto prima d’allora- che l’anima non ha un’esistenza anteriore. Lo negate?- non discutiamo su questa materia. Io son convinto ma non cerco di convincere altri. C’è, del resto, una rimembranza, di forme eteree, di occhi spirituali e parlanti, di suoni melodiosi e melanconici, una rimembranza che non vuole andarsene; una specie di memoria pari a una ombra,- vaga, trasmutabile, indeterminata, vacillante; e di questa ombra essenziale non potrò mai disfarmene, finché brillerà il sole della mia ragione.
Io nacqui in quella stanza là. Emergendo così di mezzo alla lunga notte che sembrava essere ma non era la, non esistenza, per cadere ad un tratto in una regione fantasmagorica, in un palazzo fantastico- negli strani domini del pensiero e dell’erudizione monastica- non è meraviglia che io guardassi intorno a me con occhio ardente e sbigottito- che abbia consumato l’infanzia fra i libri e prodigato la mia gioventù in fantasticherie; ma quel che è strano- quando gli anni passarono e il meriggio della mia virilità mi trovò vivo ancora nella dimora dei miei antenati- quel che è strano è quel ristagno che si produsse nelle sorgenti della mia vita, quella completa inversione che si produsse nelle qualità dei miei pensieri più abituali. Le realtà del mondo agivano su me come delle visioni e solo come visioni, mentre che 1’idee folli del mondo dei sogni divenivano, in compenso, non solo il pascolo della mia esistenza quotidiana, ma effettivamente la mia stessa unica, la mia intera esistenza.
Berenice ed io eravamo cugini e crescevamo insieme nella casa paterna. Ma crescemmo disugualmente: io malaticcio e sepolto nella mia melanconia, essa agile, graziosa, esuberante di energia; a lei il vagabondare per le colline- a me gli studi da monaco io vivevo nel mio cuore stesso e mi votavo, anima e corpo, alla più intensa, alla, più ingrata meditazione- essa errava traverso alla vita, noncurante, senza pensare alle ombre del suo cammino né nella fuga silenziosa delle ore alla nere piume Berenice!- io invoco il suo nome – e dalle grigie rovine della mia memoria su levano a questo nome mille ricordi tumultuosi. Ah, La sua immagine è là, vive dinanzi a me come nei giorni primi della sua spensieratezza e della sua gioia! Oh, magnifica e insieme fantasiosa bellezza! Oh silfide nei boschetti di Arnheim! Oh naiade di quelle fontane! Poi- poi tutto diviene mistero e terrore storia che non vuole esser raccontata. Un male- un male tragico piombo sul suo corpo come il simoun; anzi mentre la contemplavo, lo spirito trasformatore passava su di lei e la rubava a poco a poco, impossessandosi della sua mente delle sue abitudini, del suo carattere, perturbando perfino la sua fisionomia in modo sottilissimo e terribile. Ahimé! il distruttore veniva e se ne andava; ma la vittima- la vera Berenice- che è diventata? Quella lì non la conoscevo o almeno non la riconoscevo più quale la Berenice di un tempo. Nel corteo numeroso di malattie apportate da quel fatale e principale attacco che produsse una rivoluzione così orribile nell’essere fisico e morale di mia cugina, la più tormentosa e la più ostinata era una specie di epilessia che spesso finiva in catalessi- catalessi che rassomigliavano in tutto alla morte, da cui essa, certe volte, si risvegliava in un modo brusco e improvviso. Nel tempo stesso il mio male- perché mi hanno detto che non potevo denominarlo altrimenti- il mio male aumentava rapidamente i sintomi erano aggravati dall’uso dell’oppio; e finalmente prese il carattere di una monomania di nuovo genere e mai vista. Ogni ora, ogni minuto, guadagnava in energia e alla fine conquistò su me il più strano e il più incomprensibile potere. Questa monomania se devo servirmi di questo vocabolo consisteva in una morbosa irritabilità delle facoltà dello spirito che il linguaggio filosofico comprende sotto il nome di “facoltà di attenzione”. È più che probabile che non sia capito; ma in verità, temo di non poter dare in nessun modo alla più gran parte dei lettori un’idea esatta di questa intensità d’interesse per la quale, nel caso mio la facoltà meditativa- eviterò il linguaggio tecnico – si applicava e si sprofondava nella contemplazione delle cose le più banali di questo mondo.
Riflettere infaticabilmente per ore ed ore, inchiodando l’attenzione su qualche puerile citazione in margine o nel testo di un libro- restare assorto per quasi tutta una giornata d’estate per un’ombra bizzarra che si allungava obliquamente sugli arazzi o sul pavimento- dimenticare tutto per una intera notte nel sorvegliare la fiammella diritta di un lume o la brace del caminetto- sognare giorni interi sul profumo di un fiore- ripetere in una maniera monotona qualche parola volgare fino a che il suono a forza d’esser ripetuto, non rappresenti più allo spirito nessuna idea- perdere ogni coscienza di movimento e di esistenza fisica in un assoluto riposo prolungato ostinatamente- queste erano alcune delle più comuni e perniciose aberrazioni delle mie facoltà mentali, aberrazioni che certamente non restano del tutto senza esempi, ma che certamente sfidano ogni spiegazione e ogni analisi. Anzi mi spiego meglio. L’anormale, intensa, morbosa attenzione eccitata così da oggetti in se stessi frivoli, non e di natura tale da confondersi con quella inclinazione al fantasticare che è comune a tutta umanità, a cui si abbandonano sopratutto le persone di ardente immaginazione.
Non solamente non era, come si potrebbe supporre a prima vista, un termine remoto, un’esagerazione di quell’inclinazione, ma anzi n’era differente per origine e per qualità. Nell’un caso il sognatore, l’uomo immaginativo occupato da un oggetto generalmente non frivolo, perde a poco a poco di vista il suo oggetto attraverso un’ infinità di deduzioni e suggestioni che ne scaturiscono fuori, cosicché in fondo ad una di queste meditazioni spesso piene di voluttà si accorge che l’incitamentum o causa prima delle sue riflessioni è completamente svanito e dimenticato. Nel caso mio invece il punto di partenza era sempre banale sebbene assumesse un’ importanza immaginaria e di rifrazione, traversando il campo della mia visione malata. Io facevo poche deduzioni- se pure ne facevo, e nel caso, esse tornavano ostinatamente all’oggetto principale come a un centro. Le meditazioni non erano mai piacevoli; e alla fine del sogno la causa prima lungi dall’essere fuori questione aveva raggiunto quell’importanza straordinariamente esagerata che era il tratto dominante del mio male. In poche parole la facoltà dello spirito in modo speciale acuita in me era, come dissi la facoltà, dell’attenzione, mentre che nel sognatore comune quella della meditazione.
In quel tempo i libri se non mi servivano proprio a irritare il male, partecipavano ampiamente come si può capire, nel loro carattere imaginativo e irrazionale, delle qualità peculiari del male stesso. Mi ricordo bene, fra gli altri del trattato del nobile italiano Celio Secondo Curione, Della grandezza del felice regno di Dio; la grande opera di S. Agostino, La Città di Dio e Della carne del Cristo di Tertulliano, il cui inintelligibile detto: credibile est quia ineptum est; sepultus resurrexit, certum quia est quia impossibile est– assorbì esclusivamente tutto il mio tempo, per più settimane di una laboriosa e infruttuosa investigazione.
Senza dubbio più d’uno concluderà che la mia ragione, scossa nel suo equilibrio da certe cose insignificanti, offriva una certa somiglianza con quella rocca marina di cui parla Tolomeo Efestio che resisteva immutabilmente a tutti gli attacchi degli uomini e al furore più terribile delle acque e dei venti e che fremeva al tocco del fiore chiamato asfodelo. A un giudice superficiale parrà semplicissimo e fuor di dubbio che la terribile alterazione prodotta della condizione morale di Berenice dalla sua malattia dovesse fornirmi più di una occasione ad esercitare questa intensa e anormale meditazione di cui a grave fatica ho potuto definirvi la qualità. Ebbene le cose non stavano punto in questo modo. Nei lucidi intervalli della mia infermità, la sua sventura mi cagionava è vero molto dolore; quella rovina totale della sua bella e dolce esistenza mi pungeva acutamente il cuore; io riflettevo spesso e amaramente sul modo misterioso e strano nel quale aveva potuto prodursi una sì rapida trasformazione. Ma queste riflessioni non avevano il colore proprio al mio male ed erano uguali a quelle che in circostanze analoghe si sarebbero presentate alla massa comune degli uomini. Quanto alla mia malattia, fedele al suo carattere, si faceva un pascolo dei cambiamenti meno importanti ma più visibili, che si manifestavano nell’organismo fisico di Berenice- nella strana e spaventevole distorsione del suo aspetto. È certissimo che nei giorni più luminosi della sua incomparabile bellezza io non l’avevo amata. Nella strana anomalia della mia esistenza, i sentimenti non mi sono mai venuti dal cuore e le mie passioni mi son sempre venute dallo spirito. Traverso alla pallidezza del crepuscolo- a mezzogiorno fra le ombre intrecciate della foresta- e la notte nel silenzio della mia biblioteca- essa mi era passata oltre gli occhi e io 1’avevo vista, non come la Berenice vivente e respirante, ma come la Berenice di un sogno, non come un essere della terra, un essere carnale, ma come l’astrazione di un tal essere; non come una cosa da ammirare, ma da analizzare non come oggetto di amore, ma come il tema di una meditazione tanto astrusa quanto anormale. E ora, ora tremavo al suo cospetto, impallidivo al suo avvicinarsi; intanto sebbene lamentassi amaramente la sua triste condizione di deperimento, mi ricordai che essa mi aveva amato lungamente e, in un momento infelice, le parlai di matrimonio. Il tempo fissato per le nostre nozze si avicinava quando un pomeriggio d’inverno- una di quelle giornate nebbiose che preparano la febbre al cuore- mi sedei credendomi solo nella stanza della biblioteca. Ma, alzando gli occhi, vidi Berenice dinanzi a me.
Fu la mia immaginazione sovreccitata, o l’influsso dell’atmosfera brumosa o la veste oscura, che avvolgeva la sua persona, che le diede quel contorno così tremante e indeciso? Non potrei dirlo. Forse dopo la sua malattia era cresciuta. Essa non disse una parola; e io non avrei pronunziato una sillaba per nulla al mondo. Un brivido gelato mi corse il corpo; una sensazione di angoscia insopportabile mi opprimeva; una curiosità divorante s’introdusse nel mio animo; e appoggiandomi riverso sulla poltrona rimasi un po’ di tempo senza moto e senza respiro cogli occhi inchiodati sulla sua persona. Ahimé era estremamente smagrita; dell’essere di una volta non era sopravvissuto vestigio né era rimasto neppure un lineamento. Finalmente i miei sguardi caddero sulla sua faccia. La fronte era alta, pallidissima e supremamente serena; i capelli, una volta di un nero corvino la coprivano in parte e ombravano le tempie incavate colle fitte anella, ora di un biondo caldissimo; e quel tono capriccioso di colore stonava dolorosamente colla malinconia dominante sulla sua fisionomia. Gli occhi erano senza vita e senza splendore, come senza pupille, e involontariamente io distornai lo sguardo da quella vitrea fissità, per contemplare le labbra affinate e aggrinzite. Esse si aprirono e in un sorriso stranamente espressivo i denti della nuova Berenice si rivelarono lentamente alla mia vista. Non li avessi mai guardati o fossi io morto subito dopo averli guardati.
Una porta chiudendosi mi scosse e, alzando gli occhi, vidi che mia cugina era uscita dalla camera. Ma nella camera sconvolta del mio cervello lo spettro bianco o terribile dei suoi denti restava e voleva andarsene più. Non una scalfittura, sulla superficie di quei denti, non un’ombra sul loro smalto, non una punta sul quel sorriso passeggero non fosse bastato a imprimere nella mia memoria. Anzi li vidi allora più nettamente che non poco prima. Quei denti! quei denti!- Essi erano qui- poi là, per tutto- visibili palpabili, dinanzi a me; lunghi stretti e bianchissimi, colle labbra pallide che si torcevano intorno, orribilmente tese, com’erano poco prima. Allora sopraggiunse la furia piena della mia monomania ed invano lottai contro la sua irresistibile influenza. Nella massa infinita degli oggetti del mondo esteriore, non avevo pensiero che per i denti. Tutte le altre cose, tutte le alterazioni diverse furono assorbite in quella unica contemplazione. Essi, essi soli, eran presenti all’occhio del mio spirito e la loro esclusiva individualità divenne il fulcro della mia vita intellettuale. Io li guardavo sotto tutte le luci; li volgevo in tutti i sensi; studiavo le loro qualità; osservavo i loro segni particolari; meditavo sulla loro conformazione. Riflettevo sull’alterazione della loro natura. Rabbrividivo attribuendo loro nella mia immaginazione una facoltà, di sensazione e di sentimento e anche, senza neppure il concorso delle labbra, una potenza d’espressione morale. Fu detto eccellentemente della signorina Sallé che tutti i suoi passi erano dei sentimenti e di Berenice io pensavo seriamente che tutti i denti erano delle idee.- Delle idee!- ah! ecco il pensiero assurdo che mi ha perduto!! Delle idee! ah! ecco dunque perché li desideravo così pazzamente! Sentivo che solo il loro possesso poteva restituirmi la pace e ripristinare la mia ragione. E la sera così discese su di me- e le tenebre vennero, si fissarono e poi se ne andarono- e una luce nuova comparve e le nebbie di una seconda notte si agglomerarono su di me- ed io ero sempre immobile in quella camera solitaria, sempre seduto, sempre sepolto nella mia meditazione, o sempre il fantasma dei denti manteneva la sua influenza terribile a tal punto che io la vedevo fluttuare qua e là e traverso la luce e le ombre cangianti della camera, colla più viva e la più orrida limpidezza. Finalmente in mezzo ai miei sogni scoppiò un gran grido di dolore e di spavento al quale successe dopo una pausa, con suono di voci desolate, intramezzato da gemiti sordi di dolore e di lutto. Io mi alzai e aprendo una delle porte della biblioteca trovai nell’anticamera un servo piangente che mi disse che Berenice non viveva più! Era stata presa dall’epilessia nella mattinata; e ora, sul cader della notte, la fossa aspettava la futura abitatrice e tutti i preparativi del seppellimento erano terminati.
Il cuore grave di angoscia, oppresso da sbigottimento, mi diressi con una certa ripugnanza nella camera da letto della defunta. La camera era vasta e oscura e ad ogni passo inciampavo nei preparativi della sepoltura. Le cortine del letto, mi disse un domestico, erano chiuse intorno alla bara, e dentro a questa bara, aggiunse o, voce bassa, giaceva tutto quel che restava di Berenice. Chi fu dunque che mi domandò se volevo rivedere il corpo? – Io non vidi che nessuno muovesse le labbra; eppure la domanda era stata proprio fatta e l’eco dell’ultime sillabe strascicava ancora nella camera. Era impossibile opporsi e con un senso di oppressione mi trascinai accanto al letto. Sollevai adagio il cupo panno dello cortine, ma nel lasciarle ricadere discesero sulle mie spalle e separandomi dal mondo vivente mi chiusero nella più stretta comunione colla defunta. Tutta l’atmosfera della camera sapeva di morte; ma l’odore particolare della bara mi faceva male, e mi pareva che un odore deleterio esalasse già dal cadavere. Avrei dato l’oro del mondo per scappare, per fuggire il pernicioso influsso della morte per respirare ancora 1’aria pura dei cieli immortali. Ma non avevo più la forza di muovermi; i ginocchi mi vacillavano; avevo preso radice nel suolo, guardando fissamente il cadavere rigido, steso in tutta, la sua lunghezza nella bara aperta. Dio del cielo! è mai possibile? Il mio cervello delira? o il dito della defunta si è mosso sotto la tela bianca che lo chiude? Tremando di un terrore indescrivibile alzai gli occhi lentamente per vedere la faccia del cadavere. Avevano messo una benda intorno alle mascelle, ma non so come si era sciolta. Le labbra livide si torcevano in una specie di sorriso e traverso alla loro melanconica cornice i denti di Berenice bianchi, lucenti terribili mi guardavano ancora con una realtà troppo viva. Io mi scostai convulsamente dal letto e senza dir parola mi slanciai come un maniaco fuor di quella camera di misteri, di orrore e di morte.
Mi ritrovai nella biblioteca, ero e solo. Mi sembrava di uscire da un sogno confuso ed agitato. Vidi che era mezzanotte ed io avevo preso le mie precauzioni perché Berenice fosse sepolta subito dopo il tramonto. Ma di quel che accadde durante quel lugubre intervallo non ho conservato memoria certa né chiara. Pure la mia mente era ingombra di orrore, tanto più orribile quanto più vago, di un terrore che l’ambiguità rendeva più spaventoso. Era come una pagina paurosa nel registro della mia esistenza scritto interamente con ricordi oscuri, orrendi e inintelligibili. Mi sforzai di decifrarli, ma invano. Pure di tanto in tanto simile all’anima di un suono fuggevole, un grido sottile e penetrante- come voce di donna- mi sembrava che si ripercuotesse nelle mie orecchie. Io avevo fatto qualche cosa, ma che cos’era mai? Io mi rivolgevo la domanda ad alta voce e gli echi della camera mi bisbigliavano per tutta risposta: Che era mai?
Sulla tavola accanto a me ardeva una lampada e accanto c’era una piccola scatola di ebano. Non era una scatola di stile notevole e 1’avevo già vista più volte perché apparteneva al medico di famiglia; ma come mai era venuta lì, sulla tavola, e perché mi venivano i brividi a guardarla? Eran cose che non valeva la pena di attrarre l’attenzione; ma gli occhi mi caddero alla fine sulle pagine aperte di un libro e su una frase sottolineata. Erano le parole bizzarre, ma molto semplici del poeta Ebn Zaiat: Mi andavan dicendo i compagni miei che se avessi visitato il sepolcro dell’amica i miei affanni sarebbero alquanto allievati.
Perché mai dunque a leggere quelle linee mi si rizzarono i capelli sulla testa e il sangue mi si ghiacciò nelle vene? Un colpo fu battuto alla porta, e un servo, pallido come un cadavere, entrò sulla punta dei piedi. Aveva gli occhi sconvolti dallo spavento, e mi parlo con voce bassissima, tremante, soffocata. Che mi disse? Io sentii qualche frase qua e là. Mi raccontò, sembra, che un grido spaventoso aveva turbato il silenzio della notte, che tutti i domestici si eran riuniti, e che avevan cercato nella direzione del suono, poi la sua voce bassa divenne chiara in modo da darmi i fremiti parlandomi di violazione di sepoltura, d’un corpo sfigurato, spogliato del lenzuolo, ma che ancora respirava e palpitava, che viveva ancora.
Mi guardò i vestiti; erano imbrattati di fango e di sangue aggrumato. Senza far parola mi prese dolcemente per mano; la mia mano aveva delle impronte di unghie umane. Poi richiamò la mia attezione sopra un oggetto appoggiato al muro, 1o guardai qualche minuto. era una vanga. Mi gettai con un grido sulla tavola ed afferrai la scatola di ebano, ma non ebbi la forza di aprirla e nel tremito mi sfuggì di mano, cadde pesantemente e andò in pezzi; ne uscirono rotolando con fragore di terraglia degli strumenti da dentista e con essi trentadue piccole cose bianche, simili ad avorio, che si sparpagliarono qua e là sul pavimento
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A cinquant’anni tu perdi la memoria
Cioè le parole non ti vengono più
Quando vuoi dire una frase non sai quello che vuoi dire
È vero è vero
le devi acchiappare ste parole
Anche per dire la cosa più semplice ci puoi mettere giornate
Ieri ho incontrato .. cosa
Sai quella … quella
Quella che quella volta che siamo andati al cinema .. a vedere quel film … quello aspè .. quello con la T
quel film bello … con quell’attore
quell’attore famoso .. quell’attore famosissimo americano .. quello che fa tutti i film lui
sposato con quella graziosa biondina … va bè .. non ne capisci niente !!
Teresa Mannino
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