Tumgik
#pipponi verbosi e dove trovarli
parolerandagie · 3 years
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QCS, QCVE, QCSE
Quel che siamo (per brevità qcs), quello che vorremmo essere (per brevità qcve), quello che sembriamo essere (per brevità qcse): con una semplificazione feroce, le nostre identità, potrebbero essere riassunte tutte in una descrizione dettagliata dei tre componenti appena citati e con un’attribuzione di peso (di pondero, se mi permettete di inforcare gli occhialetti da professorino supplente di statistica) a ciascuno di loro, per poi comporre tramite somma il cento per cento.
QCS, quello che siamo, è una inconfutabile oggettività, perché età peso, altezza, storia passata, esperienze avute ed esperienze mancate, ferite, successi, per citarne solo alcuni, sono dati incontrovertibili e non più modificabili che ci hanno buttato qui ed ora nella forma che abbiamo.
Una forma che (per fortuna o purtroppo) spesso non ci va bene, non ci piace, ed ecco che entra in gioco il QCVE, quello che vorremmo essere, ovvero uno splendido elemento motivazionale che ci spinge a smetterla di stare in abiti sociali/culturali/fisici che sentiamo limitati e limitanti ed ad andare verso l’immagine che a nostro parere ci renderà la migliore versione di noi stessi.
Nulla è impossibile, o quasi: alimentazione da variare, esercizio fisico da fare, libri da leggere, film da guardare, viaggi da fare, persone con cui confrontarsi, sono strade che ci portano esattamente là dove (appunto) vorremmo essere...sì, ma che fatica, anzi, proprio minchia che fatica...a fare sta roba qui ci vuole tempo, energia, impegno e, tra l’altro, i risultati, chi sa quando li vedremo, perchè non è che se decido che la filosofia sarà la mia vita e Kant il mio pastore, allora dormo abbracciato alla Critica della Ragion Pura e mi sveglio Umbertoeco, o, se decido che è il fisico da atleta che voglio mi caratterizzi, che prendo tre pillole e vualà misterolìmpia scànsate...eh no...ed è questo il momento esatto in cui, come in un film della saga di Guerre Stellari, iniziamo a subire il fascino del lato oscuro della forza e ci facciamo, sottovoce pianopiano, la domanda più pericolosa del Mondo: e se, invece di essere [inserire aggettivo a piacere], lo sembrassi solo?
E dall’ombra di un angolo che lo aveva celato fino a quel momento, ecco che appare il QCSE, che ci saluta con un sorriso sornione.
Certo, non che a sembrare qualcosa non si faccia fatica, ma facendo attenzione ad evitare il confronto con la realtà o, nel caso, ridurlo allo stretto necessario, utilizzando perfette armi di apparenza quali sono i tatuaggi, gli status di whatsapp, le citazioni d’effetto, gli aforismi di superficiale profondità (ah, gli ossimori!) e magnifico qualunquismo, i filtri di instagram, è un attimo che sembrare la versione laureata in filologia di Vin Diesel, con la sensibilità di Robert Smith di The Cure, è questione di poche mosse.
Pensateci e provate a smentirmi: buona parte del successo dei social è che li sopra, con uno sforzo ragionevole, si può sembrare chi si vuole! E la pandemia, il lockdown, lo smartworking, riducendo la nostra esistenza nella vita reale, hanno solo reso questo fenomeno ancora più estremo.
Il risultato è l’aggirarsi individui dove, per tornare al punto iniziale, il mix tra qcs-qce-qcse racconta di un 10%-10%-80%, con realtà e velleità ridotte ad un mero apparato ispirazionale che sappia nutrire il sembrare e l’apparire.
Freedom and Istinct tatuato sull’avambraccio, che sembri che io paura non ne ho, braccialetto di caucciù di qualche centro fitness, al polso, che così passa il messaggio che io ci tengo al fisico, snìchers colorate che mica m’arrendo ai miei quarant’anni suonati, ti lascio il numero ed il mio status di uozàp è una frase fantastica di oascaruàild, o forse di àinstàin, ma vabè ci siamo capiti.
Tutto bene, ma, il pericolo è uno: meno frequentiamo la realtà, meno inseguiamo davvero i nostri sogni, meno sviluppiamo progetti mettendo a budget la fatica per portarli a termine e meno saremo, nel senso più esistenziale del verbo, meno avremo capacità, volontà e diritto di stare dove le cose accadono (e ci accadono) per davvero, e finiremo per sparire, come uno stato whatsapp, dopo 24 ore di esposizione ed apparenza ed una manciata di visualizzazioni.
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parolerandagie · 3 years
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Sì, va beh, ma quindi?
Se ‘’Soggetto B’’ avesse fatto quello che ha fatto ’’Soggetto A’’ sono certo che adesso assisteremmo ad una ‘’Reazione B’’, e non alla ‘’Reazione A’’ a cui stiamo assistendo!
Lo schema generale è più o meno sempre questo quando, un soggetto di parte avversa a colui che formula la frase, combina qualcosa e proprio il formulante ritiene che la reazione indignata dell’opinione pubblica sia troppo blanda, o addirittura assente, e, sempre il formulante, rilancia dicendosi certo che se la cosa combinata la avesse combinata un soggetto di parte sua, oh che inferno sarebbe stato scatenato!
E logicamente è un abominio.
E’ un abominio perché, pensateci, si decide arbitrariamente che un fatto (la ‘’Reazione A’’, effettivamente accadente o accaduta) sia fuorviante, sbagliato, assurdo e si afferma, sempre arbitrariamente, la certezza che mai fosse accaduto un altro fatto (il ‘’Soggetto B’’ che commette la nefandezza commessa, nella realtà, dal ‘’Soggetto A’’) la reazione (la ‘’Reazione B’’) sarebbe stata di tutt’altro genere.
Per dirla più brevemente: si sconfessa la verità e la leicità del reale a favore della certezza dell’ipotesi.
Ma non è mica finita, perché nel farlo si cade in uno schema ancora più terribile che rovescia le basi del diritto moderno (tutti innocenti fino alla dimostrazione di colpevolezza), e pure della logica lineare, seppellendo millenni di sillogismo ed aristotelismo applicato, implicando, sulla base esclusivamente di una non verificata affidabilità assoluta di giudizio del formulante, che sia stato commesso un errore madornale (la ‘’Reazione A’’ blanda o inesistente) e che, in circostanze diverse, quell’errore sarebbe stato ancora peggiore e maggiore (la ‘’Reazione B’’ che per certo sarebbe stata esagerata).
Sostanzialmente: ma come ti permetti di reagire così, senza contare come siamo certi avresti reagito se....
Doppia colpevolezza, insomma.
Purtroppo la famigerata e pericolosissima certezza dell’ipotesi, cari coraggiosi lettori (che non credo siate arrivati fino a qui a leggermi), è così diffusa abitudine in politica, così diffusa tra tifosi di squadre diverse,  così diffusa anche nelle discussioni fra partner.
La certezza dell’ipotesi è un terreno fertilissimo su cui crescono risentimento, pregiudizialità, presunzione.
Va fatta estrema attenzione a non farsene tentare. 
E per concludere,a tutti coloro che mai si trovassero a lamentarsi del mio non avere fatto esempi concreti, ricordo che sono un matematico: a noi matematici la realtà interessa solo come luogo in cui farsi ispirare per poterne dedurre teorie e teoremi astratti tramite cui annoiare il Mondo e spingerlo a farsi la domanda che sta alla base del significato della vita di tutti noi, forse del Creato stesso e che è ‘’Sì, va beh, ma quindi?’’.
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