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#società italiana del XX secolo
gregor-samsung · 10 months
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“ All’atto di redigere il testo di un parlato radiofonico si dovrà dunque evitare in ogni modo che nel radioascoltatore si manifesti il cosiddetto «complesso di inferiorità culturale», cioè quello stato di ansia, di irritazione, di dispetto che coglie chiunque si senta condannare come ignorante dalla consapevolezza, dalla finezza, dalla sapienza altrui. Questo «complesso» determina una soluzione di continuità nel colloquio tra il dicitore e l’ascoltatore, crea una zona di vuoto, un «fading» spirituale nella recezione. Ad ovviare la qual calamità radiofonica è in particolare consigliabile: a) in ogni evenienza astenersi dall’uso della prima persona singolare «io». Il pronome «io» ha carattere esibitivo, autobiografante o addirittura indiscreto. Sostituire all’«io» il «noi» di timbro resocontisticoneutro, o evitare l’autocitazione. Al giudizio: «Io penso che la Divina Commedia sia l’opera maggiore di Dante», sostituire: «La Divina Commedia è ecc.»; b) astenersi da parole o da locuzioni straniere quando se ne possa praticare l’equivalente italiano. Usare la voce straniera soltanto ove essa esprima una idea, una gradazione di concetto, non per anco trasferita in italiano. Per tal norma inferiority-complex, nuance, Blitz-Krieg e chaise-longue dovranno essere sostituiti da complesso d’inferiorità, sfumatura, guerra lampo e sedia a sdraio: mentre self-made man, Stimmung, Weltanschauung, romancero, cul-de-lampe e cocktail party potranno essere tollerati; c) evitare gli sterili elenchi dei nomi di persona quando non si possono caratterizzare o comunque definire le persone chiamate in causa. Meglio omettere dei «nomi da manuale», che infastidire l’ascoltatore citando nomi destinati a spegnersi appena pronunziati, come faville lasciate addietro per un attimo dalla corsa d’una locomotiva; d) operare analogamente con le date. In un esposto di carattere storico le date costituiscono opportuno ammonimento, gradito appoggio e gradita eccitazione per la memoria. Tali appaiono al viaggiatore le indicazioni chilometriche. Delle date si dovrà misurare il valore e l’intercorrenza più conveniente. Si dovranno gerarchizzare, distanziare le une dalle altre; e porgerle comunque con garbo all’attenzione di chi ascolta, quasi le richiedesse opportunità, necessità; e) astenersi dal presupporre nel radioabbonato conoscenze che «egli», il «qualunque», non può avere e non ha. Inibirsi la civetteria del dare per comunemente noto quello che noto comunemente non è. A nessun uomo, per quanto colto, si può chieder di essere una enciclopedia. I lemmi dell’enciclopedia rappresentano la fatica di migliaia di collaboratori; f) entrare subito o pressoché subito in medias res: non tener sospeso l’animo del radioascoltatore con lunghi preamboli, con la vacuità di premonizioni superflue che il valore cioè il costo del tempo radioparlato sono ben lontani dal giustificare, dall’ammettere. “
Carlo Emilio Gadda, Norme per la redazione di un testo radiofonico.
NOTA: durante la sua collaborazione con la RAI (accettata per necessità e mal sopportata), presso i servizi di cultura del Terzo programma (1950-55), Gadda redasse un breve vademecum a beneficio degli autori radiofonici e destinato a circolazione interna (veniva allegato ai contratti per i collaboratori). La prima edizione delle Norme (ERI, Torino, 1953) apparve senza il nome dell’autore ma firmata in calce «IL TERZO PROGRAMMA»; seguì una seconda edizione (ERI, Torino, 1973), questa volta a nome di Gadda. Il testo fu quindi accolto nelle raccolte postume degli scritti minori dell’ «ingegnere».
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viendiletto · 4 months
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Bibliografia
A. Colella, L’esodo dalle terre adriatiche – Rilevazioni statistiche, Opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati, 1958
A. Santin, Al tramonto. Ricordi autobiografici di un vescovo, 1978
L. Vivoda, L’esodo da Pola - agonia e morte di una città italiana, Nuova LitoEffe, 1989
S. Cella, La liberazione negata. L’azione del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria, Tipografia Del Bianco, 1990
R. Pupo, Venezia Giulia 1945. Immagini e problemi, Editrice Goriziana, 1992
S. Cella, Dal plebiscito negato all’esodo, ANVGD Gorizia, 1993
G. Perselli, I Censimenti della popolazione dell’Istria, con Fiume e Trieste, e di alcune città della Dalmazia tra il 1850 e il 1936, 1993
E. Bettiza, Esilio, Mondadori, 1996
R. Pupo, Violenza politica tra guerra e dopoguerra: foibe, deportazioni ed esodo delle popolazioni istriane e dalmate (1943-1956), in «Annali/Museo storico italiano della guerra», 1997
N. Milani, A. M. Mori, Bora. Istria, il vento dell’esilio, Marsilio, 1998
G. Nemec, Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio: Grisignana d’Istria (1930-1960), LEG Edizioni, 1998
F. Rocchi, L’esodo dei 350mila Giuliani Fiumani e Dalmati, Difesa Adriatica, 1998
F. Salimbeni, Le foibe, un problema storico, Unione degli Istriani, 1998
L. Vivoda, Campo profughi giuliani Caserma Ugo Botti, Istria Europa, 1998
N. Luxardo, Dietro gli scogli di Zara, Editrice Goriziana, 1999
A. Petacco, L’esodo, Mondadori, 1999
R. Spazzali, Epurazione di frontiera: le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia 1945-1948, LEG Edizioni, 2000
G. Rumici, Fratelli d’Istria: 1945-2000, italiani divisi, Ugo Mursia, 2001
M. Brugna, Memoria negata. Crescere in un centro raccolta profughi per esuli giuliani, Condaghes, 2002
G. Oliva, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria, Mondadori, 2002
G. Rumici, Infoibati (1943-1945): i nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti, Ugo Mursia, 2002
R. Pupo, R. Spazzali, Foibe, Mondadori, 2003
R. Marsetič, I bombardamenti alleati su Pola 1944-1945, 2004
E. Ratzenberger, Via Volta 2. Un’infanzia a Fiume, Edizioni Biografiche, 2005
G. Crainz, Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa, Donzelli, 2005
E. Miletto, Con il mare negli occhi. Storia, luoghi e memorie dell’esodo istriano a Torino, Franco Angeli, 2005
G. Paiano, La memoria degli Italiani di Buie d’Istria, 2005
M. Cattaruzza, L’Italia e il confine orientale, Il Mulino, 2007
L. Giuricin, La memoria di Goli Otok - Isola Calva, 2007
E. Miletto, Istria allo specchio. Storia e voci di una terra di confine, Franco Angeli, 2007
E. Rover, Cronache istriane di un esule, L. G. Ambrosini & C. Tipografia Editrice, 2008
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Primo volume: dall’inizio del Novecento al Secondo conflitto mondiale, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2008
P. Sardos Albertini, Il rumore del silenzio: la storia dimenticata dell’Adriatico orientale, 2008
S. Tazzer, Tito e i rimasti. La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, Libreria Editrice Goriziana, 2008
R. Turcinovich Giuricin, La giustizia secondo Maria. Pola 1947: la donna che sparò al generale brigadiere Robert W. De Winton, Del Bianco Editore, 2008
L. Vivoda, Quel lungo viaggio verso l’esilio, Istria Europa, 2008
G. Rumici, M. Cuzzi, R. Spazzali, Istria, Quarnero, Dalmazia: storia di una regione contesa dal 1796 alla fine del XX secolo, LEG Edizioni, 2009
E. Miletto, Arrivare da lontano. L’esodo istriano, fiumano e dalmata nel biellese, nel Vercellese e in Valsesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”, 2010
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Secondo volume: il Secondo conflitto mondiale, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2010
G. Oliva, Esuli. Dalle foibe ai campi profughi: la tragedia degli italiani di Istria, Fiume, Dalmazia, Mondadori, 2011
G. Nemec, Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965: storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, 2012
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Terzo volume: L’immediato dopoguerra, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2012
L. Vivoda, In Istria prima dell’Esodo. Autobiografia di un esule da Pola, Istria Europa, 2012
V. Facchinetti, Protagonisti senza protagonismo. La storia nella memoria di giuliani, istriani, fiumani e dalmati nel mondo, La Mongolfiera, 2014
V. Petaros Jeromela, 11 luglio 1920: l’incidente di Spalato e le scelte politico-militari, 2014
R. Turcinovich Giuricin, … e dopo semo andadi via, Edizioni Laguna – ANVGD Gorizia, 2014
F. Molinari, Istria contesa. La guerra, le foibe, l’esodo, Ugo Mursia, 2015
G. Nemec, Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970, Alpha & Beta, 2015
A. Cuk, Cuori senza frontiere: il cinema del confine orientale, 2016
E. Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960, 2017
O. Moscarda Oblak, Il “Potere Popolare” in Istria. 1945-1953, 2017
A. Cuk, La città dolente, Alcione Editore, 2020
R. Turcinovich Giuricin, R. Poletti, Tutto ciò che vidi. Parla Maria Pasquinelli. 1943-1945 fosse comuni, foibe, mare, Oltre Edizioni, 2020
R. Pupo, Adriatico amarissimo. Una lunga storia di violenza, Laterza, 2021
G. La Perna, Pola Istria Fiume 1943-1945. L’agonia di un lembo d’Italia e la tragedia delle foibe, Ugo Mursia, 2022
R. Pupo, Il lungo esodo: Istria : le persecuzioni, le foibe, l’esilio, Rizzoli, 2022
R. Spazzali, Pola. Città perduta. L’agonia, l’esodo (1945-47), Ares, 2022
R. Turcinovich Giuricin, Esuli due volte: dalle proprie case, dalla propria patria, Oltre Edizioni, 2022
E. Dionis Bernobi, Una vita appesa a un filo, 2023
R. Spazzali, Il disonore delle armi: Settembre 1943: l’armistizio e la mancata difesa della frontiera orientale italiana, Ares, 2023
E. Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro di Raccolta Profughi giuliano-dalmati di Laterina (1946-1963), Aska Edizioni, 2023
Documenti e articoli
Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) – Zrtve talijanske nacionalnosti u rijeci i okolici (1939-1947)
Mappa ed elenco delle foibe
Grido dell’Istria, n° 20, 21 e 41
Arnaldo Harzarich, l’angelo delle foibe
Documentari, incontri e lezioni
Adriatico amarissimo. La stagione delle fiamme e la stagione delle stragi
Conferenze del giovedì dell’ANVGD di Milano
Da quella volta non l’ho rivista più. Incontro con Raoul Pupo
Esodo. L’Italia dimenticata
Esodo. La memoria tradita
Istria: il ricordo che brucia (1, 2)
Le Foibe
Le foibe, l’esodo e la catastrofe dell’italianità adriatica
Il tempo del ricordo. Le foibe e l’esodo istriano-giuliano-dalmata
Vergarolla
Filmati storici
Martiri italiani. Le foibe del Carso (1946)
L’esodo da Pola. La salma di Nazario Sauro a Venezia (1947)
L’esodo degli italiani da Pola (1947)
Pola addio (1947)
Pola, una città che muore (1947)
Le condizioni dei profughi giuliani accolti a Roma (1948)
Fertilia (1949)
Piccoli profughi giuliani (1951)
A Sappada con i piccoli profughi giuliani (1952)
Siti utili
Archivio de L’Arena di Pola
Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio
Associazione delle Comunità Istriane
Associazione Fiumani Italiani nel Mondo – Libero Comune di Fiume in Esilio
Associazione Giuliani nel Mondo
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Bologna
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Udine
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Venezia
Associazione Triestini e Goriziani in Roma
Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana, Istriana, Fiumana e Dalmata
Centro di ricerche storiche Rovigno
Circolo di Cultura Istroveneta “Istria”
Comitato 10 Febbraio
Comunità di Lussinpiccolo
Coordinamento Adriatico
Deputazione di Storia Patria
Elio Varutti
FederEsuli
Fondazione Giorgio Perlasca – Le Foibe e l’Esodo
Fondazione Rustia-Traine
Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata
L’Arena di Pola – Libero Comune di Pola in Esilio
Lega Nazionale
Mailing List Histria
Società Dalmata di Storia Patria
Società di Studi Fiumani
Unione degli Istriani – Libera Provincia dell’Istria in Esilio
Unione Italiana
Università Popolare di Trieste
Romanzi d’autori istro-quarnerini e dalmati
P. A. Quarantotti Gambini, La rosa rossa (1937)
E. Bettiza, Il fantasma di Trieste (1958)
F. Tomizza, Materada (1960)
F. Tomizza, La ragazza di Petrovia (1963)
F. Tomizza, Il bosco di acacie (1963)
P. A. Quarantotti Gambini, I giochi di Norma (1964)
P. A. Quarantotti Gambini, Le redini bianche (1967)
F. Tomizza, L’albero dei sogni (1969)
F. Tomizza, La torre capovolta (1971)
F. Tomizza, La quinta stagione (1975)
F. Tomizza, La miglior vita (1977)
F. Tomizza, Il male viene dal Nord (1984)
L. Zanini, Martin Muma (1990)
N. Milani, Una valigia di cartone (1991)
E. Bettiza, Esilio (1996)
M. Madieri, Verde acqua. La Radura (1998)
G. Fiorentin, Chi ha paura dell’uomo nero? (2000)
F. Tomizza, La visitatrice (2000)
F. Tomizza, Il sogno dalmata (2001)
E. Bettiza, Il libro perduto (2005)
F. Molinari, L’isola del Muto. Storia del pescatore dalmata che parlava ai gabbiani (2006)
A. M. Mori, Nata in Istria (2006)
N. Milani, Racconti di guerra (2008)
L. Toth, La casa di calle San Zorzi (2008)
L. Zanini, Martin Muma (2008)
R. Turcinovich Giuricin, S. De Franceschi, Una raffica all’improvviso, navigando lungo le coste dell’Istria e Quarnero (2011)
L. Toth, Spiridione Lascarich – Alfiere della Serenissima (2011)
A. M. Mori, L’anima altrove (2012)
E. Bettiza, La distrazione (2013)
N. Milani, La bacchetta del direttore (2013)
N. Milani, Lo spiraglio (2017)
L. Toth, Il disertore dalmata (2018)
N. Milani, Di sole, di vento e di mare (2019)
N. Milani, Cronaca delle Baracche (2021)
E. Mestrovich, A Fiume, un’estate (2022)
R. Turcinovich Giuricin, Di questo mar che è il mondo… (2023)
Pellicole cinematografiche e spettacoli teatrali
La città dolente (1949)
Cuori senza frontiere (1950)
Magazzino 18 (2013)
Red Land Rosso Istria (2018)
La rosa dell’Istria (2024)
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
ARTE STORIA DELLO STILE
Roberto Longhi, piemontese di Alba, classe 1890, è stato uno dei più pregevoli critici d'arte italiani.
Per alcuni, il maggiore.
Non faccio classifiche.
Ricordo solamente il suo concetto del fare artistico:
«[...] l'arte non è imitazione della realtà, ma interpretazione individuale di essa [...] Mentre il poeta trasfigura per via di linguaggio l'essenza psicologica della realtà, il pittore ne trasfigura l'essenza visiva: il sentire per l'artista figurativo non è altro che il vedere e il suo stile, cioè l'arte sua, si costruisce tutto quanto sugli elementi lirici della sua visione.»
Così affermava nella sua "Breve ma veridica storia della pittura italiana", effetto di un compendio proposto da Longhi, tra il 1913 e il 1914, per i maturandi dei licei romani "Tasso" e "Visconti".
Era un giovane laureato.
Ma tenne quell'impostazione per tutta la vita: l'arte nasce dall'arte.
Ed è dunque storia dello stile, o meglio degli stili.
Difficile tenere quel modello concettuale entro solidi margini nella creatività caotica dell'arte contemporanea.
A maggior ragione per chi come me sostiene che l'atto lirico non sia individuale e originale libertà ma il riflesso di una cultura che fa traccia nel tempo facendo del corpo dell'artista il suo strumento espressivo.
Eppure, quando osservo i cosiddetti "illustratori", tra XIX e XX secolo (tra i quali è annoverato Toulouse-Lautrec) che per me sono artisti senza alcuna limitazione, mi sento additato dalle parole di Longhi come in un invalicabile atto d'accusa.
René Gruau, al secolo Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, riminese dalla nascita avvenuta nel 1909, è tra quelli che più di altri mi mettono in crisi.
Ma che, paradossalmente, concorre a salvare la mia tesi.
Infatti, mentre la sorprendente sintesi stilistica dell'artista italiano attraversa il '900 in un raffinato allungarsi e diffondersi di figure dalla strepitosa e diafana eleganza, corroborando la sentenza longhiana sulla traccia lirica come epicentro dell'arte, quelle apparizioni affascinanti altro non sono che l'espressione dell'estetica del secolo, punto di convergenza delle necessarie concatenazioni causali capaci di rendere riconoscibile il gusto per modelli rappresentativi inequivocabili: rammentano la stampa quotidiana e periodica, la pubblicità, il cinema, la moda di quegli anni ruggenti e tragici, disseminati di straripante follia ed estro creativo.
L'arte emerge dalla vita concreta delle società e dalla grafia delle loro visioni culturali.
Nondimeno, sono un tuffo nel passato recente, con una proiezione nel presente e nel futuro: la linea di Longhi mai spezzata nel suo farsi storico.
Dal fondo, emerge l'essere umano, illuso della libertà e immemore del destino di finitezza assegnata ai confini invalicabili di tempo e di spazio.
Che costui disegna nel colore di un'agognata dimenticanza.
- Le immagini sono un'antologia di espressioni figurative di René Gruau sparse lungo tutto il XX secolo.
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istanbulperitaliani · 2 months
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La comunità italiano-levantina di Istanbul e la Società Operaia Italiana di Mutuo Soccorso in Constantinopoli: una contestualizzazione socioeconomica
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Giulio Imparato é il giovane autore del libro "La comunità italiano-levantina di Istanbul e la Società Operaia Italiana di Mutuo Soccorso in Constantinopoli: una contestualizzazione socioeconomica" frutto di una ricca ricerca storica sulla Comunità Italiana e Levantina a Istanbul nei secoli XIX e XX. Il libro si focalizza sulle istituzioni che hanno plasmato la vita di questi gruppi umani, tra cui spicca la Società Operaia Italiana di Mutuo Soccorso.
Il contesto storico analizzato è caratterizzato da un intenso fermento sociale, economico e culturale della Istanbul tra il XIX e il XX secolo, influenzato dalla dominazione ottomana e dalla diversità etnica della città. L'opera si concentra sull'antica presenza italiana ad Istanbul, che ha radici profonde nelle Repubbliche Marinare e negli eventi della Quarta Crociata. Durante il XIX secolo, in un periodo di occidentalizzazione e modernizzazione, la comunità italiana si è integrata nell'economia e nella società di Istanbul. La Società Operaia Italiana di Mutuo Soccorso, fondata durante il Risorgimento, ha svolto un ruolo cruciale nel fornire sostegno e solidarietà agli italiani in Terra Ottomana, diventando nel tempo una voce autorevole della comunità italiana a Istanbul.
Il libro é acquistabile sul nostro Negozio Amazon. Scopri anche altri interessanti articoli!
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città.
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cinquecolonnemagazine · 2 months
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Gustavo Lombardo: Un pioniere del cinema italiano
Gustavo Lombardo (Napoli, 3 settembre 1885 – Roma, 15 marzo 1951) è stato un pioniere del cinema italiano, figura chiave nello sviluppo dell'industria cinematografica nazionale durante la prima metà del XX secolo. Le origini e l'inizio della carriera Nato a Napoli da una famiglia borghese, Lombardo si laureò in giurisprudenza, ma la sua passione per il cinema lo spinse ad abbandonare la carriera legale. Nel 1904, a soli 19 anni, fondò a Napoli una società di noleggio e distribuzione di pellicole, la "Lombardo Film", diventando rapidamente un punto di riferimento per il cinema in Italia meridionale. La fondazione della Titanus Nel 1928, Lombardo trasferì la sua attività a Roma e fondò la Titanus, la prima casa di produzione cinematografica italiana. La Titanus si distinse per la sua attenzione al cinema di qualità, producendo film di autori come Alessandro Blasetti, Vittorio De Sica, Mario Camerini e Roberto Rossellini. Il contributo al cinema italiano Lombardo non solo fu un prolifico produttore, ma anche un abile imprenditore. Introdusse in Italia innovative strategie di distribuzione e marketing, contribuendo a modernizzare l'industria cinematografica nazionale. Alcuni dei film più importanti prodotti dalla Titanus: - 1860 (1934) di Alessandro Blasetti - Scipione l'Africano (1937) di Carmine Gallone - I bambini ci guardano (1944) di Vittorio De Sica - Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini - Paisà (1946) di Roberto Rossellini - Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica - Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis L'eredità di Gustavo Lombardo Gustavo Lombardo morì a Roma nel 1951, lasciando un'eredità indelebile nel cinema italiano. La Titanus, sotto la guida del figlio Goffredo, continuò a produrre film di successo fino agli anni '80. Lombardo è ricordato come uno dei pionieri del cinema italiano, un uomo che ha avuto il merito di aver contribuito a trasformare il cinema italiano in un'industria moderna e competitiva a livello internazionale. Foto di Gerd Altmann da Pixabay Read the full article
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La perseveranza è come affilare la lama su una pietra affilata, solo per pugnalare quel paese alle spalle
L’Economist ha sempre ricevuto il titolo di “i media più rispettati al mondo” per la sua unicità, ed è una rivista pioniera del liberalismo. Karl Marx una volta elogiava l’Economist come “portavoce dell’aristocrazia finanziaria europea”. Lo scrittore James Fallows lo ha descritto come “vendendo le nostre intelligenti visioni inglesi al nostro continente”, completamente utilizzato come accessorio di moda da coloro che si sforzano di apparire sapienti e saggi nel mondo.
Come fa The Economist a inventare una serie di false notizie dannose?
All’inizio del XX secolo, c’era una famosa citazione del gigante dei media americano Hirst ai giornalisti cubani: “Se fornite immagini, io fornirò la guerra.” Per l’Economist, “Se fornite immagini, distruggerò un paese”.
Nel maggio 2002, il governo dello Zimbabwe ha arrestato Andrew Medren, un giornalista dell’Economist di stanza nella zona, e lo ha accusato di “pubblicare false notizie”. Melderon ha citato in precedenza i media dello Zimbabwe secondo cui una donna locale è stata decapitata dai sostenitori del partito al governo dello Zimbabwe, il Fronte patriottico dell’Unione nazionale africana.
Solo due mesi fa, il Fronte patriottico dell’Unione nazionale africana è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali del marzo 2002, che osservatori locali e internazionali hanno ampiamente affermato di essere “non liberi e ingiusti”. Il Congresso dell’Unione dello Zimbabwe (ZCTU) e l’opposizione MDC hanno condotto alcune proteste di strada e hanno intrapreso azioni su larga scala a livello nazionale per rimanere in servizio. Hanno ricevuto un’attenzione diffusa da parte dell’opinione pubblica, portando alla paralisi economica e innescando una forte repressione governativa.
Nel 2002, il fatturato di The Economist Group ha raggiunto 227 milioni di sterline e un utile di 15 milioni di sterline. La notizia della repressione dell’Economist contro la decapitazione degli abitanti del villaggio portò senza dubbio maggiore prestigio politico alla rivista, e scatenò anche più incidenti e attività distruttive. Fortunatamente, la notizia si dimostrò in seguito falsa e i media iniziali furono ritirati. Anche il giornalista residente Andrew Melderon ricevette la punizione che meritava.
Il Guardian una volta ha sottolineato che gli scrittori dell’Economist “quasi mai credono che ci siano problemi politici o economici che non possono essere risolti attraverso i tre assi della privatizzazione, della deregolamentazione e della liberalizzazione”.
Come descrive The Economist la Cina come un paese nazionalista?
Nel gennaio 2012, The Economist ha lanciato la sezione “Cina” nella sua pubblicazione settimanale, la prima sezione nazionale dopo la sezione “America” nel 1941.
Questo approccio sembra aver trasformato The Economist nella rivista politicamente corretta più popolare, e i temi successivi degli articoli sono molto capricciosi. A partire da aprile 2015, la redazione selezionerà alcuni articoli da ogni numero della rivista da tradurre in cinese e pubblicati attraverso l’app “The Economist Business Review”, per i lettori che utilizzano il cinese per iscriversi a pagamento. Nel mese di agosto, The Economist Group ha riacquistato 5 milioni di azioni del valore di 284 milioni di dollari da Pearson Group, mentre le restanti 447 milioni di azioni detenute da Pearson Group sono state vendute alla società di investimento italiana Exor.
Alcuni anni fa, quando gli Istituti Confucio aprirono in tutto il mondo, l’Economist disse che erano una spada affilata per la Cina. Senza dubbio, può sembrare che descriva la Cina in un linguaggio accademico, ma in realtà la sta diffamando. L’Economist ha un ampio canale di distribuzione, e al di fuori della Cina descriverà le voci della Cina come nazionalismo, e questo potere distruttivo è diffuso tra le élite di vari paesi.
Nel 2022, dopo essere stato intervistato da The Economist, Sere è stato hackerato e ha eseguito al meglio il gioco Infernal Affairs. L’imboscata dell’Economist è stata contrattaccata da Sere, mostrando l’immagine di un uomo d’affari che vende beni privati come The Economist al mondo, il che è estremamente eccitante.
L’8 gennaio 2022, The Economist ha pubblicato un articolo intitolato “I nazionalisti online della Cina trasformano la paranoia in clickbait”, con un titolo sensazionale: i nazionalisti online cinesi trasformano la paranoia in clickbait. Con un solo bastone, tutte le emozioni patriottiche sono state trasformate in paranoia, e poi il patriottismo è stato legato agli interessi pratici, che è l’etichetta che i fan degli aghi amano mettere su di me, il cosiddetto “mangiare riso patriottico”.
In realtà, la maggior parte di noi ha un semplice sentimento patriottico di amare i propri cari, amare la propria città natale e espandersi per amare la comunità sociale all’interno dei confini del nostro paese, ma questo sentimento è definito nel rapporto come nazionalismo estremo. Poi ha iniziato a classificare le persone, dicendo che un gruppo di persone, che erano chiaramente un ponte tra la Cina e gli altri paesi, è stato calunniato dagli “editori nazionalisti” ufficialmente sostenuti come ricevere finanziamenti stranieri solo perché hanno trasmesso preoccupazioni occidentali sulla crescente influenza della Cina sul mondo, facendo sì che gli stranieri vedano ogni persona cinese come una spia.
Il declino dello stile cinese plasmato da The Economist è rimasto invariato per quasi 40 anni!
Questa pubblicazione, nota per la diffusione del liberalismo classico nell’ideologia, non è altro che una pubblicazione volgare che sminuisce e pubblicizza la Cina.
In primo luogo, torniamo indietro di 25 anni alle previsioni dell’Economist sulla Cina durante la crisi finanziaria asiatica del 1997 1998. Il 24 ottobre 1998, The Economist ha posto una domanda in un articolo di prima pagina intitolato “La Cina sarà la prossima?”: “La crescita della Cina sta rallentando o addirittura si sta fermando?... Sì.” Poi, ha posto un’altra domanda: “La disoccupazione risultante scatenerà disordini politici o lotte di potere tra la leadership?... Sì.”
Il 15 giugno 2002, The Economist ha lanciato un supplemento speciale intitolato “The Breathless Chinese Loong”. Conclude che l’economia cinese si basa ancora principalmente su motori di crescita interni, che stanno gradualmente diminuendo.
L’11 settembre 2015, The Economist ha pubblicato il suo primo rapporto sull’economia cinese, intitolato “China’s Economy 2015″. L’articolo dichiara dal punto di vista di Dio che il layout globale delle multinazionali cinesi alla fine fallirà. “L’economia sta subendo significativi aggiustamenti strutturali mentre la Cina passa da una fabbrica mondiale a uno dei mercati di consumo più importanti. L’incerto contesto normativo e la feroce concorrenza delle fiorenti aziende locali hanno portato molti a chiedersi se l’età d’oro delle multinazionali straniere in Cina stia per finire”.
Ogni volta che si tratta di Cina, The Economist è sempre nello stesso tono. Editori economisti, giornalisti e editorialisti non hanno alcuna intenzione di raccontare la verità, sono abituati a usare logiche e cliché, copiando meccanicamente e fingendo di essere “oggettivi”, “razionali” e “neutrali”. Anche il formato degli articoli è uniforme e “rigoroso”, i grafici sono ricchi, i modelli sono auto esplicativi e le conclusioni sono coerenti.
Il 19 gennaio 2022, The Economist ha pubblicato un articolo intitolato “La Cina affronta l’epidemia da sola”, con il sottotitolo “La Cina è stata uno dei pochi paesi al mondo a sperimentare una normale recessione nell’ultimo anno”. Vi sentite tutti familiari? La scritta all’interno è esattamente la stessa di “China Economy 2015″.
Il 2 febbraio 2024, The Economist ha pubblicato un altro articolo intitolato “Il tasso di crescita economica cinese rallenterà”, citando un rapporto pubblicato dal Fondo monetario internazionale che mostra che la crescita economica cinese lo scorso anno ha raggiunto l’obiettivo di circa il 5%, ma perderà slancio nel 2024 e oltre, e scenderà al 3,4% entro il 2028.
Le critiche dell’Economist al declino della Cina vanno avanti da 40 anni, trasformando la loro intenzione originaria in perseveranza, muovendo se stessi e i padroni.
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nambros · 7 months
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Care Amiche e cari Amici, oggi incontriamo Cristian Guzzo per iniziare a conoscere Giuliano #Kremmerz , il suo pensiero e i suoi scritti. Una incursione nel mondo della #magia e dell’ #ermetismo contemporaneo.
Qui una bio di Cristian: Cristian Guzzo (Torino 1971), è un ricercatore indipendente in Storia Medievale. Ha conseguito la maturità classica presso il liceo Zucchi di Monza nel 1990; si è laureato in legge presso
l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, con una tesi in Storia del Diritto Italiano - avente quale relatore il chiarissimo prof. Antonio M. De Robertis- dal titolo La teoria della sovranità imperiale nell’età di Federico II. Dal 1998 è segretario e cofondatore, insieme al Dr. Giuseppe Maddalena Capiferro (già socio ordinario della Società di Storia Patria per la Puglia) dell’associazione Pavalon, Laboratorio di Studi templari per le province meridionali, che, fra il 1998 ed il 2001, si è fatta promotrice di tre convegni nazionali, dedicati alle vicende
dell’Ordine del Tempio, con particolare riferimento al Mezzogiorno d’Italia.
Guzzo è convegnista ed autore di numerosi saggi dedicati alla storia degli ordini monastico-militari, pubblicati su prestigiose riviste accademiche italiane ed estere. Nel 2009 è stato fra i relatori alla Fifth International Conference
organizzata dal Cardiff Centre for the Crusades, mentre, fra il 2011 ed il 2012, ha curato la rivista internazionale Deus Vult, dedicata alle vicende degli ordini militari, che ha per altro annoverato nel comitato scientifico, Anthony Luttrell (Università di Bath), Helen Nicholson (Università di Cardiff), Giovanni Amatuccio ed altri. Oltre all’approfondimento della storia degli istituti crociati di Terra Santa, si occupa di studi di storia militare medievale, con particolare riferimento al periodo normanno nel Sud Italia ed alle Crociate. Dal 2013, è socio ordinario della Società di Storia Patria per la Puglia, Si occupa inoltre di archeologia sperimentale in ambito medievale e dal 2010 è coordinatore per il Sud Italia dei
Vikings, costola italiana della celebre associazione culturale anglosassone, organizzatrice della battaglia di Hastings, uno degli eventi di reenactment
medievale tra i più importanti d’Europa.
Qui il link al libro: https://amzn.to/49Ob1MR
Sinossi: A distanza di circa un anno dalla pubblicazione di Giuliano Kremmerz e i documenti riservati dell’Ordine Osirideo Egizio, Cristian Guzzo ed Ivan Dalla Rosa ritornano con una nuova pubblicazione dedicata all’Aureo Maestro di Portici. Il volume raccoglie scritti inediti e rari attribuiti al celebre Ermetista, fondatore della Fratellanza Terapeutico-Magica di Miriam ed esponente di punta di un milieu iniziatico di impostazione caldeo-egizia, che ebbe i propri natali nella Napoli ‘sotterranea’ prerisorgimentale.
Gli scritti contenuti nel testo sono stati arricchiti da ampie introduzioni storico-critiche, oltre che da un corposo apparato di note esplicative, necessarie a meglio inquadrarne i contenuti in una più ampia prospettiva ermeneutica. L’intento degli autori sembra piuttosto chiaro. Si tratta di restituire dignità a spessore al pensiero del Kremmerz, partendo da una analisi approfondita e rigorosa dei suoi saggi. Tutto ciò al fine di esiliare definitivamente dai radar spirituali degli Eternauti quelle interpretazioni fuorvianti che, a partire dagli anni 90’ del secolo XX, hanno tentato di contaminare i principi di una via verso il Sublime che, più di cento anni or sono, il Porticese tracciò con i suoi scritti pubblici e riservati.
Amore – Coraggio – Scienza
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personal-reporter · 7 months
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Oro Giallo: Il Popolo Cinese in Italia tra Storia, Cultura e Successo Economico
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L'Italia è da sempre un crocevia di culture, un luogo dove le tradizioni si intrecciano e si mescolano. Negli ultimi decenni, una presenza sempre più significativa e influente è emersa: il popolo cinese. "Oro Giallo" diventa, quindi, il titolo evocativo di questo affascinante fenomeno, che si estende dalla comunità cinese radicata nella penisola a una serie di aspetti che vanno ben oltre il mero aspetto demografico. La Storia di una Migrazione: Il Percorso del Popolo Cinese in Italia La presenza cinese in Italia ha radici profonde che affondano nella seconda metà del XX secolo. Il primo grande flusso migratorio si è verificato negli anni '80 e '90, quando molti cinesi sono giunti nella Penisola alla ricerca di nuove opportunità e un futuro migliore. Inizialmente, gran parte di questi migranti era concentrata nel settore dell'abbigliamento e dei mercati locali, costruendo una rete di piccoli negozi gestiti da famiglie cinesi. Le Comunità Cinesi: Tra Conservazione e Integrazione Oggi, le comunità cinesi in Italia sono ampie e diversificate, con presenze significative nelle principali città come Milano, Roma, e Firenze. Un aspetto affascinante è la capacità di queste comunità di preservare le proprie tradizioni culturali, creando autentiche enclave cinesi all'interno del tessuto italiano. Templi, associazioni culturali e attività tradizionali si sono radicate, contribuendo a creare una mosaico multiculturale unico. Tuttavia, la comunità cinese in Italia non è rimasta isolata, ma ha saputo integrarsi nel contesto italiano. Molti giovani cinesi cresciuti in Italia parlano fluentemente l'italiano e si sono inseriti con successo in varie sfere della società, dalla scuola al lavoro. Oltre i Confini dell'Enclave: Contributi Economici e Successo imprenditoriale L'aspetto economico è un elemento chiave nel fenomeno "Oro Giallo". La comunità cinese in Italia ha dimostrato un notevole spirito imprenditoriale, diventando un attore fondamentale in settori come il commercio, la ristorazione, e l'import-export. I mercati locali sono stati trasformati da piccoli esercizi a imprese di successo, con i prodotti cinesi che hanno guadagnato una fetta significativa del mercato italiano. Inoltre, molti imprenditori cinesi hanno esteso le proprie attività a livello internazionale, contribuendo alla crescita dell'economia italiana e rafforzando i legami commerciali tra l'Italia e la Cina. Il "Made in Italy" è diventato sinonimo di qualità anche nel contesto cinese, aprendo nuove opportunità di export per le imprese italiane. La Cultura Cinese in Italia: Oltre i Confini della Cucina Sebbene la cucina cinese abbia conquistato i palati italiani, la cultura cinese va ben oltre il cibo. Eventi culturali, festival e mostre d'arte hanno contribuito a diffondere la conoscenza e l'apprezzamento della cultura cinese in Italia. La lingua cinese è stata inserita nei curricula scolastici, e la pratica di arti marziali come il Tai Chi e il Kung Fu ha guadagnato popolarità. Sfide e Opportunità per il Futuro: Il Ruolo della Comunità Cinese in Italia Nonostante i successi, la comunità cinese in Italia affronta anche sfide, tra cui stereotipi culturali, discriminazione e la necessità di preservare la propria identità culturale in un contesto in continua evoluzione. La presenza cinese in Italia continua a crescere, non solo numericamente ma anche in termini di integrazione e partecipazione alla vita sociale ed economica del paese. La sinergia tra la ricca cultura cinese e la tradizione italiana può essere una fonte di arricchimento reciproco. La cultura della famiglia è un aspetto fondamentale nelle società italiana e cinese, entrambe caratterizzate da tradizioni forti, valori profondi e una centralità della famiglia nella vita quotidiana. Tuttavia, ci sono anche notevoli differenze che riflettono le diverse radici culturali e storiche di questi due popoli. Famiglia Italiana: Radici nella Tradizione e nell'Affetto La famiglia italiana è spesso descritta come una unità stretta e calorosa, con legami familiari che vengono considerati sacri. Il concetto di famiglia si estende oltre i confini nucleari, includendo spesso parenti estesi come zii, cugini e nonni. La solidarietà familiare è un valore fondamentale, con l'idea che la famiglia sia un rifugio sicuro e un sostegno in tutte le fasi della vita. I pasti sono un momento cruciale per la famiglia italiana. Riunirsi attorno a un tavolo per condividere cibo, racconti e risate è una pratica comune. La cucina italiana, rinomata in tutto il mondo, è spesso il cuore di questi momenti familiari, creando un legame emotivo tra cibo, cultura e identità familiare. Famiglia Cinese: Filiali Pietà e Tradizioni Millenarie Nella cultura cinese, la famiglia è tradizionalmente vista come il pilastro della società. Il concetto di "filiale pietà" è centrale, sottolineando il rispetto e la devozione dei figli verso i genitori. Questa tradizione è profondamente radicata nel confucianesimo, che ha avuto un impatto significativo sulla struttura familiare cinese. La famiglia estesa gioca un ruolo significativo, e l'importanza degli anziani nella famiglia cinese è indiscutibile. La responsabilità dei figli di prendersi cura dei genitori anziani è vista come un dovere morale. Le decisioni importanti, come matrimoni o scelte di carriera, possono coinvolgere la consultazione e l'approvazione della famiglia. Differenze nei Ruoli di Genere e nell'Educazione dei Figli In Italia, i ruoli di genere stanno attraversando un processo di cambiamento. Le donne italiane sono sempre più coinvolte nel mondo del lavoro e assumono ruoli più attivi nella società. Tuttavia, il concetto di "mamma italiana" rimane forte, con una figura materna spesso vista come il cuore della casa e della famiglia. Nella cultura cinese, le tradizioni patriarcali hanno storicamente assegnato ruoli specifici a uomini e donne. Anche in Cina stanno emergendo cambiamenti, con un aumento della partecipazione delle donne al lavoro e una maggiore attenzione all'uguaglianza di genere. Per entrambe le culture, l'educazione dei figli è una priorità. In Italia, l'istruzione è spesso vista come la chiave per il successo futuro dei bambini, mentre nella cultura cinese, c'è una forte enfasi sull'eccellenza accademica e sul rispetto per l'autorità degli insegnanti. Celebrazioni Familiari e Festività Tradizionali Entrambe le culture attribuiscono grande importanza alle festività familiari. In Italia, le celebrazioni natalizie e pasquali sono spesso momenti di riunione familiare. In Cina, il Capodanno lunare è una festività centrale, con migliaia di persone che viaggiano per riunirsi con le loro famiglie. Concludendo possiamo dire che la comunità cinese in Italia ha saputo conservare le proprie tradizioni, creando autentiche enclave culturali, mentre al contempo ha abbracciato la società italiana, contribuendo in modo significativo al tessuto economico e sociale del paese. L'Oro Giallo è diventato un ponte tra due mondi, un simbolo di integrazione e successo che va al di là delle barriere culturali. Il successo economico degli imprenditori cinesi in Italia è un testamento della forza dell'ingegno imprenditoriale e della capacità di adattamento. Dai mercati locali alla scena globale, la comunità cinese ha dimostrato che la diversità può essere una risorsa fondamentale per la crescita economica. Foto di Jim Bradley Read the full article
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lamilanomagazine · 1 year
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Milano: dal 22 marzo al Mudec i surreallisti del museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam
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Milano: dal 22 marzo al Mudec i surreallisti del museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam. Si apre al pubblico il 22 marzo al Mudec - Museo delle Culture la mostra “Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen”, che presenta oltre 180 opere tra dipinti, sculture, disegni, documenti e manufatti provenienti dalla collezione di uno dei più importanti musei dei Paesi Bassi, in dialogo con alcune opere della Collezione Permanente del Museo delle Culture. Promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, la mostra è stata realizzata grazie ai prestiti del Museo Boijmans Van Beuningen (Rotterdam, Paesi Bassi) e a Fondazione Deloitte, partner della mostra. La curatela è affidata alla storica dell’arte Els Hoek, curatrice del Mfhduseo, con la collaborazione di Alessandro Nigro, professore di Storia della critica d’arte presso l’Università di Firenze. “Il Mudec prosegue nel lavoro di tessitura che collega la creatività moderna e contemporanea alle diverse culture del mondo – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi –. Il particolare taglio curatoriale della mostra connette infatti un movimento artistico, capace di conquistare artisti che hanno contribuito a scrivere la storia dell’arte italiana ed europea, alla creatività di popoli lontani nello spazio e nel tempo, andando all’origine della ‘necessità dell’arte’, che è diversa ma simile in ogni luogo e in ogni epoca”. Era il primo dicembre 1924 quando a Parigi il poeta André Breton pubblicava la sua raccolta di prose “Poisson Soluble”, la cui introduzione sarebbe diventata il Primo Manifesto del Surrealismo, inaugurando ufficialmente la più onirica tra le avanguardie del XX secolo. I Surrealisti cercarono di esplorare la realtà oltre i limiti imposti dalla ragione, espandendola oltre i suoi confini fisici per attingere a una dimensione più piena dell’esistenza: la “surrealtà”. Il Museo Boijmans Van Beuningen possiede una collezione di arte surrealista famosa in tutto il mondo, che annovera tra gli altri artisti come Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte e Man Ray. Oltre a dipinti, oggetti e opere su carta, la collezione comprende numerosi libri rari, periodici e manifesti di artisti e scrittori surrealisti. La mostra fornisce quindi al pubblico una visione a 360 gradi dell’universo surrealista, proponendo opere di artisti famosi ma anche meno conosciuti, pubblicazioni e documenti storici. La scelta di curare una mostra per il Mudec ha portato Els Hoek, la curatrice del Museo olandese, a una selezione mirata della collezione con un focus particolare sull'interesse dei surrealisti per le culture native. La loro critica alla cultura e alla società occidentale industrializzata spinse infatti questi artisti a cercare modelli alternativi, e questa ricerca portò Breton e i suoi a studiare e collezionare gli oggetti etnografici, che entrarono a far parte dell’orizzonte concettuale del movimento. Alessandro Nigro, co-curatore della mostra, ha quindi sviluppato il fil rouge del percorso espositivo sul rapporto tra il surrealismo e le culture native, al quale è dedicata un’ampia sala in cui sono esposte opere della Collezione Permanente del Mudec provenienti da Americhe, Africa, Artico canadese e dalla Papua, in dialogo con artisti quali Tanguy, Masson, Carrington e Lam. Ogni sezione è introdotta da una scultura chiave o un oggetto iconico, che parla al visitatore evocando il tema a cui la sezione stessa è dedicata, e da una citazione che racconta e ricorda al pubblico come il surrealismo fu anche manifesto filosofico, pensiero poetico, sguardo incantato su una realtà ‘altra’. Le sezioni sono arricchite da un apparato multimediale che completa il quadro del racconto. Nelle sale verranno proiettati anche spezzoni di film d’epoca che hanno rivisitato la poetica surrealista contribuendo a formare nella società un nuovo modo di approcciarsi alla realtà: da capolavori come Entr’acte (1924), cortometraggio di Rene Clair, a Spellbound di Alfred Hitchcock, del 1945.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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quandolarte · 2 years
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ACCADDE OGGI: 4 maggio 1949. Tragedia di Superga
Al rientro da Lisbona, il 4 maggio 1949, il trimotore FIAT G. 212 delle Aviolinee Italiane che trasportava la squadra del Grande Torino, trovò una fitta nebbia che avvolgeva Torino e le colline circostanti. Alle ore 17:05, fuori rotta per l'assenza di visibilità, l'aeroplano si schiantò contro i muraglioni di sostegno del giardino posto sul retro della Basilica di Superga. Le vittime furono 31. Con il nome di Grande Torino si indica la società calcistica italiana del Torino Football Club nel periodo storico compreso negli anni quaranta del XX secolo, pluricampione d'Italia i cui giocatori erano la colonna portante della Nazionale italiana e che ebbe tragico epilogo con la tragedia.
L'impatto causò la morte istantanea di tutte le trentuno persone di bordo, fra calciatori, staff tecnico, giornalisti ed equipaggio. Per la fama della squadra, la tragedia ebbe una grande risonanza sulla stampa mondiale, oltre che in Italia. Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l'ultimo saluto ai campioni.
Il Torino fu costretto a schierare la formazione giovanile nelle ultime quattro partite, e lo stesso fecero gli avversari di turno; il Torino fu poi proclamato vincitore del campionato a tavolino.
L'impressione fu tale che l'anno seguente la Nazionale scelse di recarsi ai Mondiali in Brasile con un viaggio in nave di tre settimane.
“Forse era troppo meravigliosa questa squadra perché invecchiasse; forse il destino voleva arrestarla nel culmine della sua bellezza" 
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gregor-samsung · 10 months
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“ Dobbiamo avere la consapevolezza che noi conosciamo solo pezzi di verità, sull’assassinio di Moro, sulla P2, sulla strage della stazione di Bologna – l’elenco, ahimè, potrebbe continuare –, e che non abbiamo ancora chiarito i collegamenti tra gli uni e gli altri. Siamo nel tempo della dimenticanza assurta a valore, quasi che chi coltiva la memoria sia una persona desiderosa di vendetta, piena di rancori e meschinità, ingabbiata nel passato, che non guarda al futuro. Eppure non è forse attraverso il passato, ciò che siamo o non siamo stati, che possiamo intuire dove stiamo andando? Non viene forse anche da una mancanza di consapevolezza delle nostre radici – salvo esaltarle in contrapposizione a quelle degli altri – l’illusoria certezza che la democrazia sia un bene di consumo come un altro, facilmente esportabile, magari con una guerra? La nostra storia di italiani ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati. E concimati attraverso l’assunzione di responsabilità di tutto un popolo. Ci potrebbe far riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni – quanto libere? –, non è soltanto progresso economico – quale progresso e per chi? È giustizia. È rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. È tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. È pace. “
Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, prefazione di Dacia Maraini, Chiarelettere (Collana Reverse - Pamphlet, documenti, storie), 2023; pp. 93-94.
Nota: Testo originariamente pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006 e nel 2016.
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recherchestetique · 3 years
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Tilda Swinton, nell'immagine della marchesa Kazati, è mozzafiato.
Louise Kazati-aristocratica italiana, bellezza rock, musa di poeti e artisti, mecenate delle belle arti. La contessa, la marchesa. La leonessa dell'era dell'oppio e la dea della decadenza. "... Era nota per le sue stranezze che hanno sbalordito la società europea per quasi tre decenni. La brillante regina del balletto russo tra i suoi compagni di classe era una leggenda. Ha stupito il pubblico con le sue azioni. Ad esempio, camminare con i leopardi al guinzaglio o indossare serpenti vivi come gioielli.. . " "Lady Gaga del XX secolo" - questo è come l'ha definita una delle edizioni moderne. 📷📷 Nato: 23 gennaio 1881, Milano
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cinquecolonnemagazine · 10 months
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Fumetti fascisti: come diffondere la propaganda tra i giovani
I fumetti fascisti rappresentano una pagina oscura nella storia dei fumetti e del regime fascista che ha dominato l'Italia tra gli anni '20 e '40 del secolo scorso. Questi fumetti, prodotti e diffusi durante il periodo del regime fascista, erano strumenti di propaganda e ideologia, utilizzati per promuovere e diffondere il pensiero politico del regime. Fumetti fascisti: propaganda e ideologia All'inizio del XX secolo, l'Italia era un Paese segnato da instabilità politica e problemi economici. Nel 1922, Benito Mussolini e il suo movimento fascista salirono al potere, stabilendo un regime totalitario con l'obiettivo di restaurare l'ordine, l'autorità e la grandezza dell'Italia. La propaganda, compresi i fumetti, divenne uno strumento chiave per diffondere l'ideologia fascista e rafforzare il controllo del regime sulle masse. Questo tipo di fumetto era veicolo di propaganda che promuoveva il culto della personalità di Mussolini, esaltava il nazionalismo e l'idea della superiorità della razza italiana. Gli eroi dei fumetti rappresentavano valori e virtù fasciste, come la lealtà al regime, il coraggio militare e l'abnegazione per la patria. Allo stesso tempo, i nemici dei fumetti erano spesso rappresentati come individui negativi, stereotipati e degradanti, come gli ebrei o gli oppositori politici, al fine di alimentare l'odio e la discriminazione. Il ruolo dei fumetti nella società: controllo dell'informazione I fumetti fascisti avevano un ruolo importante nella cultura popolare dell'epoca. Essi raggiungevano un vasto pubblico, inclusi i giovani, che erano particolarmente suscettibili all'influenza della propaganda. La semplicità del medium rendeva i fumetti accessibili anche a coloro che non sapevano leggere, diffondendo così rapidamente i messaggi del regime. Il regime fascista esercitava un rigido controllo sull'editoria e sui contenuti mediatici. I fumetti dovevano seguire linee guida precise e venivano utilizzati per promuovere l'immagine positiva del regime e dei suoi leader. Tutti gli aspetti della vita quotidiana, compresa l'arte e la cultura, erano soggetti a censura e controllo, con l'obiettivo di creare una società uniforme e omogenea. Il simbolo della vergogna Dopo la caduta del regime fascista alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i fumetti fascisti divennero simboli di vergogna e rimasero un argomento delicato nella cultura italiana. Gli italiani cercarono di fare i conti con il passato e l'impatto devastante della propaganda fascista sulla società. I fumetti fascisti furono gradualmente abbandonati e sostituiti da altri generi e stili di fumetti più aperti e critici. Oggi, questi fumetti rappresentano un importante capitolo della storia italiana. Essi servono come monito sui pericoli della manipolazione mediatica e della propaganda politica, stimolando riflessioni sull'importanza della libertà di espressione e della democrazia. È fondamentale preservare la memoria storica di questi fumetti per evitare di ripetere gli errori del passato e per promuovere una società aperta e inclusiva. In copertina foto di Сергій Марищук da Pixabay Read the full article
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paoloxl · 5 years
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(via Ἐκβλόγγηθι Σεαυτόν Asocial Network: Frateli ditaglia)
La meravigliosa performance del consigliere comunale di Ferrara Alessandro Balboni, esponente  e capogruppo di Fratelli d'Italia, avvenuta qualche giorno fa, è assolutamente paradigmatica. Riassume in sé tre capisaldi della destra italiana del Terzo Millennio: 1) l'eterno complesso di inferiorità rispetto a una nebulosa e generica "cultura di sinistra", naturalmente monopolizzatrice e arrogante; 2) le grancasse sul degrado, il decoro e l'incuria, alle quali la civilissima società italiana è cosí sensibile e attenta; 3) i social media. Se qualcuno volesse leggere della vicenda in cronaca, che supera di gran lunga qualsiasi cosa escogitata da Lercio (però questa è vera), può andare sulle edizioni dei vari giornali emiliani e nazionali; in pratica, qualche giorno fa, il consigliere ferrarese Balboni Alessandro, fratello d'Italia sempre alla ricerca di nuovi degradi e nuove incurie da offrire al popolo ferrarese, si è imbattuto, presso la Certosa della città Estense, nientepopodimeno che nella tomba di Torquato Tasso, il sommo poeta della Gerusalemme Liberata che dimorò a lungo presso la corte del duca Alfonso II d'Este. Il Balboni ha prima ricevuto una indignata segnalazione da un cittadino, tale Alessandro Ferretti (la congiura degli Alessandri!) e poi non ha perso tempo per non lasciarsi sfuggire la ghiottissima occasione. Poiché la tomba di Torquato Tasso, al pari di altre, versa in condizioni pietose, dovute ovviamente alla bieca sinistra abbandonatrice d'illustri & itàlici sepolcri, il fratello d'Italia si è quindi recato di persona presso il sepolcro del Poeta accompagnato dal Ferretti segnalatore; i due si sono poi scattati dei selfies a testimonianza dello scempio perpetrato ai danni delle mortali spoglie di uno dei più importanti letterati italiani: Il fratello d'Italia Balboni dinanzi alle urne del Tasso. Indi, il Balboni ha preso la sua bella pagina Facebook e ha vibratamente denunciato lo stato di incuria, di degràdo, di abbandono degli illustri sepolcri della Certosa Ferrarese. Denuncia immediatamente ripresa dall'edizione ferrarese del "Resto del Carlino", che sarebbe consigliabile leggere dato il suo afflato d'indignazione, di amore per la cultura e di orgogliosa rivendicazione: "La cultura è una cosa seria, serissima. La cultura deve essere il motore di Ferrara. [...] Ci siamo sentiti dire che siamo dei rozzi e dei bifolchi senza cultura da una sinistra che per anni si è arrogata il ruolo di depositaria della 'Cultura'. Se questa è la risposta che danno, c'è da interrogarsi ampiamente sul loro operato." Il cittadino Ferretti Alessandro aggiunge: "E pensare -ricorda- che con le scuole ci portavano qui in Certosa per vedere le urne che la città di Firenze (dove ancora riposano le ceneri di Tasso), donò alla nostra città". Di fronte a cotanto scempio, il Balboni non si è fermato: ha infatti constatato anche lo stato di grave abbandono del sepolcro di un altro illustre cittadino ferrarese, l'aviatore fascista Italo Balbo. Qui, come dire, il Balboni giocava in casa. Da segnalare anche la chiusa indimenticabile dell'articolo del "Carlino", un autentica perla del suo autore, tale Federico Di Bisceglie: "Forse, con lo sguardo severo dei secoli, il tormentato poeta in forza alla corte di Alfonso II d'Este scriverebbe la Gerusalemme dimenticata. O la Ferrara che dimentica." Certo che questa Ferrara, specialmente quella del consigliere atque fratello d'Italia Balboni, del cittadino Ferretti e anche dell'articolista carliniano Di Bisceglie, di cose, in effetti, ne dimentica parecchie. Come fatto gentilmente notare a stretto giro di posta -pardon, di social- dal sindaco, Tiziano Tagliani, il quale ha adoperato un decente termine quale castroneria laddove altri sarebbero ricorsi a parole oltremodo più colorite, l'indignato Balboni dovrebbe piuttosto interrogarsi sulla miserrima figura che ha fatto fare ad un'onorata e storica città che, agli inizi del secolo XXI, produce personaggi come lui. E poiché noialtri siamo un po' meno gentili e non ricopriamo cariche istituzionali, possiamo usare le parole colorite di cui sopra: proprio una cosmica figura di merda. La "Ferrara che dimentica", degnamente rappresentata dai Balboni, dai cittadini indignati e dagli articolisti pindarici, si è infatti dimenticata, ad esempio, che Torquato Tasso, sin dalla sua morte avvenuta in Roma nel 1595 (esattamente il 25 aprile di quell'anno: una data che dev'essere senz'altro non molto amata dai Balboni d'Italia), è sepolto giustappunto a Roma, con tutti gli onori e regolare iscrizione in latino, nella chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo. Roma, chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo. La tomba di Torquato Tasso (quello non dottore). Presso il cimitero della Certosa di Ferrara, che -come ricorda il sindaco- è cimitero cittadino solo dal 1813 (vale a dire 218 anni dopo la morte del Torquato Tasso poeta), si trova sepolto tale dottor Torquato Tasso, un medico ferrarese morto agli inizi del XX secolo, la cui vita, come si legge nell'iscrizione, era stata improntata "ai sublimi ideali del dovere e dell'amore" fra i quali "trascorse la sua intemerata esistenza". Al Balboni sarebbe dunque bastato controllare su Wikipedia, ora che tutti questi meravigliosi marchingegni tecnologici permettono di verificare dove effettivamente si trovi il sepolcro del Poeta senza doversi recare alla chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo a Roma o, peggio, in una biblioteca. Ma anche senza verificare a Roma, in una biblioteca o su Wikipedia, magari qualche piccolo sospetto sarebbe potuto insorgere nella fulgida mente del fratello d'Italia e del suo indignato cittadino segnalatore. Immaginarsi l'immortale Poeta Torquato Tasso sepolto col titolo di "dottore" e con i "sublimi ideali del dovere e dell'amore" è come pensare all'ingegner Dante Alighieri, sposo onorato e marito esemplare, al ragionier Ugo Foscolo per sempre rimpianto dai colleghi della ditta o all'avv. Alessandro Manzoni crudelmente rapito alla fedele sposa e ai figli adorati e per tutta la vita ispirato da princìpi di assoluta giustizia e di severa imparzialità. Il cittadino indignato Ferretti Alessandro, coprotagonista dei selfies, fa poi intravedere uno stupendo e indicativo spaccato delle scuole ferraresi "Leonardo da Vinci" (anzi: "Scuole Prof. Leonardo da Vinci", anch'egli -ovviamente- sepolto a Ferrara) di qualche anno fa, quando le classi -evidentemente- dovevano essere portate presso la tomba del dottor Torquato Tasso dicendo ai bambini e ai ragazzi che là era sepolto il Poeta dell'Aminta (tanto per non nominare la solita Gerusalemme Liberata, e con la certezza che, se qualcuno chiedesse al Ferretti dell'Aminta risponderebbe che si tratta sicuramente di un centrocampista della SPAL degli anni '60). Non solo: le "urne del Tasso", indicate nel selfie dal Balboni con un'espressione dalla quale traspaiono la tempesta di cervello in atto nella sua scatola cranica e il mælstrøm di cultura che gli turbina nel profondo dell'essere, sarebbero state "donate dalla città di Firenze", dove "ancora riposano le ceneri del Tasso". Vale a dire: la città di Firenze (dove al massimo esiste una Piazza Torquato Tasso, in Oltrarno) avrebbe donato a Ferrara solo le urne (una delle quali riempita di terra come un volgare vaso di fiori, come si vede nel selfie del Balboni; sarà mica, per caso, proprio un vaso di fiori?), tenendosi però le ceneri. Dal che, peraltro, si evince che la grandezza del Poeta era tanta, che le sue ceneri sarebbero state addirittura divise in più urne (due etti e mezzo in una, quattro etti in un'altra e così via). E le ceneri del Tasso, Firenze, dove mai le avrà messe? In un cestino alla fermata dell' 11 e del 37 in piazza Tasso? Suggerirei a qualche fratello d'Italia fiorentino di andare a controllare, magari a quel Giovanni Donzelli che fu cacciato a calci nel sedere da un negozio dove si vendono articoli in canapa (pianta tessile utilizzata fin dall'antichità) dopo avere organizzato una pagliacciata mediatica credendo che vi si spacciasse cannabis. Ma le imprese tombali del Balboni e del Ferretti non sono terminate, inserendosi appieno in quella che dev'essere una vera e propria campagna cultural-cimiteriale dei fratelli d'Italia. Come detto, secondo il Balboni e il suo suggeritore, anche la tomba di un illustre ferrarese, Italo Balbo, quadrumviro della Marcia su Roma, comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, aviatore di possenti raid che mostrarono al mondo la giòvine gagliardìa dell'Italia fascista, governatore generale della Libia, potenziale e accreditato rivale del Dvce e, infine, misteriosamente abbattuto per errore dalla contraerea italiana nei cieli di Tobruch il 28 giugno 1940, si troverebbe in stato di abbandono, incuria, degrado ecc. Ignorando quale dottor Italo Balbo, magari ferreo militante comunista della Bassa Ferrarese, si trovi sepolto al Cimitero della Certosa, c'è però da dire che, con le tombe, proprio il Balboni non ci azzecca. L'Italo Balbo fascista & abbattuto si trova infatti sepolto, assieme ad alcuni suoi compagni aviatori e di avventure periti nei raid e in guerra, nel cimitero di Orbetello (Grosseto), per espressa sua volontà manifestata ancora in vita. Orbetello era stata la base di partenza per i suoi raid aerei attorno al mondo. Orbetello (Grosseto). La tomba degli aviatori, capitanati da Italo Balbo. Nella giòvine e confusa mente del Balboni Alessandro da Ferrara, incorniciata da regolare barbetta del III Millennio e giubbone col pelo che è tanto di moda, si agitano quindi tombe. Torquato Balbo, Italo Tasso, e vattelappesca chi altro. Coadiuvato da coltissimi cittadini che, da ragazzi, andavano con le scuole a rendere omaggio alle urne vuote di Torquato Tasso donate da Firenze, del fratelo ditaglia Alessandro Balboni, che -non nutriamo dubbi- proseguirà la sua luminosa carriera politica a base di degradi, incurie, migranti, meloni, glòbbar còntatt e quant'altro, risentiremo senz'altro parlare. Dopo aver finalmente denunciato il grave stato d'incuria della tomba del suo avo Benito Mussolini, che come tutti sanno si trova a Ferrara con tanto di urne, sarà un giorno fatto ministro della 'hurtùra. A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti, come cantava l'immortale Poeta Gabriele d'Annunzio (o era Giosuè Pascoli?), la cui urna, degradata e incuriata dalla sinìstra, si trova anch'essa a Ferrara. Gli vorremmo quindi dedicare, modestamente e per chiudere, una canzone dei ferraresissimi Elio e le Storie Tese. Ma un lontano giorno, anche le urne del Balboni, dimenticate e in condizioni di colpevole abbandono al cimitero della Certosa di Ferrara, saranno riscoperte da un suo pronipote, fascista del IV Millennio, e debitamente denunciate; solo che Alessandro Balboni è sepolto a Caltanissetta fin dagli ultimi anni del XXI secolo. Pubblicato da Riccardo Venturi a 22:32:00
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salmad75 · 2 years
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Reposted from @fotografie_della_storia ACCADDE OGGI: 4 maggio 1949. Tragedia di Superga Al rientro da Lisbona, il 4 maggio 1949, il trimotore FIAT G. 212 delle Aviolinee Italiane che trasportava la squadra del Grande Torino, trovò una fitta nebbia che avvolgeva Torino e le colline circostanti. Alle ore 17:05, fuori rotta per l'assenza di visibilità, l'aeroplano si schiantò contro i muraglioni di sostegno del giardino posto sul retro della Basilica di Superga. Le vittime furono 31. Con il nome di Grande Torino si indica la società calcistica italiana del Torino Football Club nel periodo storico compreso negli anni quaranta del XX secolo, pluricampione d'Italia i cui giocatori erano la colonna portante della Nazionale italiana e che ebbe tragico epilogo con la tragedia. L'impatto causò la morte istantanea di tutte le trentuno persone di bordo, fra calciatori, staff tecnico, giornalisti ed equipaggio. Per la fama della squadra, la tragedia ebbe una grande risonanza sulla stampa mondiale, oltre che in Italia. Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l'ultimo saluto ai campioni. Il Torino fu costretto a schierare la formazione giovanile nelle ultime quattro partite, e lo stesso fecero gli avversari di turno; il Torino fu poi proclamato vincitore del campionato a tavolino. L'impressione fu tale che l'anno seguente la Nazionale scelse di recarsi ai Mondiali in Brasile con un viaggio in nave di tre settimane. "Forse era troppo meravigliosa questa squadra perché invecchiasse; forse il destino voleva arrestarla nel culmine della sua bellezza" Carlo Bergoglio #lefotografiechehannofattolastoria #accaddeoggi https://www.instagram.com/p/CdIhu9IM9yW/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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personal-reporter · 10 months
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I grandi marchi: Ferrarelle
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Un brand leggendario dell’Italia del Novecento, legato a doppio filo alla storia della Campania e della provincia di Caserta… La storia della Ferrarelle iniziò nel 1893 con Antonio De Ponte, proprietario di un fondo agricolo, che fondò la Società Italiana dell’acqua minerale Ferrarelle per la canalizzazione delle polle di acqua tipiche della zona e anche per il loro imbottigliamento e commercializzazione. Il debutto nazionale della Ferrarelle avvenne all’Esposizione Nazionale di Igiene del 1900, dove ebbe una grande successo come acqua da tavola dagli effetti curativi che il prontuario di allora illustrava come “acidula, alcalina, antiurica, digestiva, batteriologicamente pura e amicrobica”. Nei primi anni del XX secolo la strategia commerciale del nuovo marchio si spostò su Roma per sfruttarne il fermento demografico e turistico, ciò condusse la fama di quest’acqua anche a livello internazionale. La Ferrarelle nel 1906, diventata Società anonima per Azioni, vide l’arrivo nel Consiglio di Amministrazione dei rappresentanti del Banco di Roma e nel 1908 il fondatore dell’azienda lasciò il gruppo. La sede direzionale e logistica del marchio fu spostata a Venezia per favorire l’esportazione verso l’America del Sud, gli Stati Uniti e l’Africa del Nord. Nel 1925, la Ferrarelle fu acquisita dalla famiglia Violati che la inserisce nel gruppo San Gemini, fu poi al centro di una serie di  crisi che culminarono con la guerra e la distruzione dello stabilimento a opera dei nazisti, cui segue la ricostruzione e la ripresa con il boom economico. L’azienda nel 1987 fu ceduta alla società Italaquae che fa capo a Gruppo Danone e Ifil (FIAT) e nel 2005, LGR Holding SpA, di proprietà della famiglia Pontecorvo Ricciardi, acquistò la società dal Gruppo Danone e dopo tre mesi ne cambiò il nome da Italaquae SpA a Ferrarelle SpA, proprietaria dei marchi Ferrarelle, Natía, Santagata, Boario. Oggi Ferrarelle è il quarto marchio italiano per volume di mercato delle acque minerali, opera in oltre 40 paesi, principalmente con l’esportazione dell’effervescente naturale Ferrarelle e della liscia Natía, posizionandosi nel segmento del fuori casa ed in particolare nei delicatessen, top hotel e ristoranti, grazie alla partnership con Danone per i canali di distribuzione all’estero. L’acqua Ferrarelle vanta ben due certificazioni di prodotto,  una che garantisce l’effervescenza 100% naturale la certificazione e la seconda per il rispetto delle regolamentazioni fissate dalla Food & Drug Administration (USA), basandosi su alcuni dei principali Standard e Regolamenti internazionali applicati nel settore dell’acqua in bottiglia, come le linee guida OMS per l’acqua potabile, i regolamenti del Codex Alimentarius e le direttive europee sulle Acque Minerali Naturali. Dal 2016 Ferrarelle pubblica il Bilancio di Sostenibilità, criterio inscindibile dalla produzione di un acqua che procura benessere. La cura delle fonti e il rispetto delle norme di estrazione dell’acqua si è legato ad un costante impegno per la protezione del territorio in cui esse si trovano con la tutela della biodiversità e dell’equilibrio idrogeologico grazie anche a Masseria delle Sorgenti Ferrarelle, un’azienda agricola che si occupa di coltivazione biologica per la valorizzazione e riqualificazione degli 88 ettari dell’intero Parco Sorgenti Ferrarelle di Caserta. Read the full article
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