Tumgik
allecram-me · 2 days
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Prospettiva di oggi, #149
Va tutto bene, di nuovo. Ho risolto i nuovi problemi - li ho risolti molto, molto in fretta - ed adesso ho cose nuove da guardare come si guarda la rifrazione della luce nel bicchiere d’acqua, almeno un po’ acqua. Faccio così. Risolvo i miei problemi. Posso pittare le pareti della mia casa nuova (mia e solo mia, legittimamente come ancora non era successo) di un fottutissimo rosa shocking, o del colore che voglio. Ce la posso fare. A lavoro è tutto a posto. La tesi di dottorato non si scriverà da sola, e sono in un ritardo spaventoso, ma lo sappiamo proprio tutti che la scriverò io, prima o poi, e sarà accettabile, perché sono brava e perché tanto anche di quello importa poco a chiunque. Nessuno può farmi nulla, nessuno può dirmi niente. Ho tutto sotto controllo. Mi sento solo terribilmente male, anche se va tutto bene. Gli attacchi di panico passeranno. Durano poco. Non c’è motivo. O, meglio, il motivo è sicuramente che qualche parte di me non si accontenta di tutto questo. Qualche parte di me deve essere più ansiosa del resto di cambiare. Alla fine è tutto quello che abbiamo: cambiare. Soffrire e cambiare, fino alla fine. Perché finisce - finisce, finisce, finisce.
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allecram-me · 7 days
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Prospettiva di oggi, #78
Chissà cosa sei. Questo pensiero angusto circoscrive il panorama di papaveri rossi e velenosi al mio sguardo sospeso, ed il tarassaco di casa che sbocciava con le tue parole tra le fughe dei pavimenti, nelle sale echeggianti del mio cuore, è rimasto bruciato nell'ultima tragedia di rabbia: come le stelle sottratte ai cieli che ci hanno visti ubriachi di menzogne e dei nostri giochi, così oggi le candele accompagnano lente il trapasso degli ultimi residui dissestati del mio desiderio vitale, che solo poco a poco si arrende, che solo con fatica cede il passo a quello che verrà - che deve arrivare.
Col fuggirsi di questa veglia, lo so, arriveranno giorni lunghi di tempeste di catrame, poi piume multicolori e d'argento pioveranno dal cielo, per accompagnare una canzone nuova, fatta di finestre scavate con le unghie sanguinanti o erose nei secoli da fiumiciattoli lattiginosi; ma io sono stanca adesso e già anche domani, sono stanca di tendere il braccio a passaggi inutili ed aprire la porta a mezzanotti dai profumi sballati: io non voglio muovermi, non voglio la luce, non mi voglio prestare alla vita che va avanti e trova una nuova cura, perché odio sempre vedermi restare, odio sempre sopravvivere agli eventi, odierò per sempre essere più forte del tumulto che mi porto dentro e che mi sconquassa le ossa sottili.
Significa che si può superare tutto e, quindi, che nulla potrà mai bastare. Significa essere più forti e dunque peggio degenerati, più grotteschi dei nostri stessi dei.
Dev'essermi pur rimasto qualcosa di fragile.
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allecram-me · 7 days
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Andare a Berlino
Voi non capite, lo dico agli amici, mia madre, anche alla psicologa, adesso che ci sono tornata - ed è servito a convincerla a concedermi almeno un mese di appuntamenti. A volte la frase è tanto banale da riuscire ad arrivare al punto, un punto d’interruzione stanca, che ci dovrebbe vedere ricominciare. Voi continuamente mi sopravvalutate, pensate che quello che mi riesce è ciò che posso fare, ma vi sbagliate! Tutto quello che io faccio, anche esistere, è una deroga, sudore e lacrime, il prezzo di questa presunta naturalezza nel successo è la desolazione del mio paesaggio interiore, la depressione che non volete vedere. Però loro non lo vedono davvero, mentre la mia depressione e la violenza della mia direttrice morale mi portano a dimenticarlo, e allora anche io non capisco, non capisco che loro non mi proteggono perché proprio non lo sanno, mi pensano normale e mi fanno discorsi normali, in cui potrei essere chiunque, potrei fare quasi tutto. Non ci capiamo perché parliamo di due persone diverse.
L’altro ieri ho incontrato la professoressa tedesca, finalmente. Volevo discutere con lei del se fosse una buona idea andare lì in visiting, e lei mi ha risposto solo sul come e quando, e ondeggiava per esprimere la contentezza di avermi lì. Questa donna mi ha spezzato il cuore soltanto chiedendomi tu, tu cosa vuoi fare?, e mi è sembrato che nessuno me lo avesse chiesto mai questo. Non ce l’ho avuta una risposta per lei, ma mi è anche sembrato che mi potesse aiutare. Non vediamo cosa puoi fare per noi affinché ti conceda questa preziosa opportunità, ma come posso aiutarti ad avvicinarti ai tuoi obiettivi? Questo di sicuro non me lo avevano chiesto mai.
Quindi adesso cambio casa qui, spendo un quarto di tutto quello che possiedo per l’ennesima sistemazione, il trasloco e quello che ne consegue, ma nel frattempo vado a Berlino, da sola, a lavorare su quello che voglio, come se fossi una persona normale. Come se fossi semplicemente quella che gli altri vedono senza pagarne il prezzo. Come se avessi dei desideri di carriera, o di vita, o quel che è. Sarebbe proprio bello se avessero ragione. Nella confusione generale, poi, le catene che mi è stato comodo mettermi addosso già tirano un sacco ed il mio cane da guardia si lamenta e morde - non le conviene per niente, e sono troppo indipendente, sono sempre stata troppo ferma sulle suole delle scarpe, e allora attacca, ma gioca da sola. Anche questa, immagino, è una conseguenza di apparire quell’altra me. Sembro una capace di combattere, il ché è assolutamente indesiderabile, ma per essere stata messa in questa arena deve anche assolutamente esserci qualcosa di desiderabile in quella me.
Non ho ancora capito se a una di noi due piaccia davvero la libertà, ma so per certo che ne abbiamo bisogno.
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allecram-me · 12 days
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La casetta di mattoni era quella del porcellino che chiamò tana-libera-tutti, mentre i fratelli facevano quello che i semini volanti fanno.
Mancava poco, mi dico, e la voglia sarebbe tornata. Ero ad un soffio - così si dice, forse perché un soffio è anche quello che libera le carte precariamente incasellate dalla violenza della speranza, un soffio e tornano giù, niente più torrioni fatti di triangoli che si fingono acuti, nessun bisogno di dimostrarsi altro. I mattoni hanno quella pacata abilità di occupare tre dimensioni, mentre le carte arrabattano, finché il soffio finalmente non le libera, e allora sì che possono tornare ad essere come le carte effettivamente sono: piatte. Perlopiù. In quello spazio potenziale sta il solito ricatto.
C’è questa foto, sta da qualche parte, ma non mi ricordo se è una foto mia o forse di mia cugina. A pensarci deve essere mia cugina quella ritratta, perché sono certa di averla scattata io, e non sarebbe stato fisicamente possibile esserne sia l’autore che il soggetto: mi sono confusa perché nella foto spicca la fantasia di un particolare pantaloncino a fiori, un pantaloncino che io e mia cugina comprammo insieme, uguale. È proprio strano, non credo abbiamo avuto altri vestiti in comune. Comunque, il soggetto della fotografia alla fine non è neanche il pantaloncino, che fa da sfondo. La fotografia ritrae in primo piano un grosso un dente di leone, bellissimo, mi ricordo lo stupore di essere riuscita di getto a strapparne lo stelo senza che i semini volanti si staccassero per prendere la loro strada nel mondo. Ricordo che li abbiamo liberati noi intenzionalmente, poco dopo, ed i semini volanti sono andati a fare quello che i semini volanti effettivamente fanno - tautologicamente, volare. Anche in quel caso, è stato un soffio, ma quel modo di essere al mondo, quel tipo di voglia, è così lontana adesso. Mi manca quel soffio.
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allecram-me · 27 days
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La fatica e la passione.
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allecram-me · 29 days
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96
Chiedo a Siri un numero random, e loro mi rimandano indietro la speranza. È così che mi si spezzano i denti, esponendo la mascella al solito stupido destino. Lo sai già cosa arriva, sai che non può più arrivare niente, perché non può sempre arrivare qualcosa. Io nella vita sono un po’ di cose, ultimamente mi vesto da esperta di analisi dei dati. Ho preparato dei grafici bellissimi. Ma se la bellezza dei grafici sta nella maniera magnificamente ordinata con la quale ti suggeriscono una storia, la bellezza della vita sta nel disordine - nemmeno con questi vestiti mi sento di dire il contrario.
Infatti, la primavera è banale perché ci rende uguali, con l’effetto di arrivare ad accentuare le differenze che caratterizzano le nostre condizioni. La probabilità di un numero pari è un mezzo, ed il concetto di confidenza è l’inganno che ci fuorvia, è l’ordine imposto ad una realtà che non è qui per servirci. Siri, invece, l’abbiamo inventata proprio per questo. Lo sai quale è la cosa peggiore, dico loro, è che o sogno i numeri o sogno la peggiore delle opzioni possibili, la speranza. La mia vita non mi piace, ma la colloco sempre nel futuro, lontano da me. La vita però non cambia più, diventa solo più stanca. Consumo energie che mi avvicinano alla fine e le consacro alla noia, perché spero o perché non ci spero più - nel mio caso, è esattamente la stessa cosa. Le due cifre della mia speranza di oggi hanno braccia e bocche tese, ma sono al posto sbagliato - è una storia pure questa, una storia alla quale potrei tranquillamente credere.
La superstizione avanza, soltanto perché i numeri non mi distraggono abbastanza: non sono quel tipo di creatura, non sono quello che sembro.
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allecram-me · 1 month
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Sogno, #18
Nel sogno di stanotte lui aveva modi bruschi - lui ha davvero modi bruschi - ma diceva cose gentili. Non è meglio, così?, diceva, si indicava il petto. Io dormendo sognavo di dormire, e pensavo che sì, sarebbe decisamente meglio così, ma per noi non ce n’è, asserviti alla meccanica della prima volta come a quella della volta giusta. Consapevole del sonno, mi sognavo dormiente e di certo remissiva, per cui l’unica cosa fedele alla me in stato di veglia era l’impaccio, la sensazione d’apparire sciocca e minuscola. È una sensazione perché riguarda solo me, mentre invece l’aspetto - quello riguarda anche gli altri.
Poi c’è stato anche l’altro, il primo che è stato l’ultimo a venirmi a tormentare prima del risveglio. È da tanto che non ha alcun valore, ma i miei occhi scorgono ancora impressioni che gli somigliano tra i passanti del lunedì mattina. Sorrisi tutti alloro ed il rifiuto silenzioso nella solita cordialità vigliacca, un sogno realistico, il solito tradimento. Ogni interpretazione è tradimento, ma pure mia cugina che si è dimenticata del nostro vaso rotto nel bel mezzo del temporale del destino, pure quello non è che ispiri fiducia, non fa proprio bene. Mi devo ricordare, piuttosto, che fa male. Così poi si spiega tutto, e se anche il sogno rimane e non cambia niente, me ne posso magari vergognare di meno.
La vergogna è una sensazione, perché riguarda solo me. L’aspetto invece importa agli altri.
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allecram-me · 1 month
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Prospettiva di oggi, #148
Lo avevo dimenticato, ma la depressione di primavera è terribilmente peggiore di quella d’inverno.
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allecram-me · 2 months
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Ce l’ho, un corpo? L’estensione tangibile del mio essere al mondo o il filtro cangiante di ogni sapore, guizzo, umore: sono qui che esisto, devo averlo. Ce l’ho un desiderio? A chi appartiene la mia rabbia, la rabbia che sicuramente provo, la rabbia che mi tormenta eppure continuamente sfuma, non si trasforma e non mi trasforma in niente. Come se il pulsante fosse unico, una logica binaria che accende e spegne un universo fitto di colori, pianeti delle idee più raffinate, la voce che sono quando mi parlo. Il pensiero che nonostante tutto pare ancora essere il confine invalicabile di quello che posso è il compromesso stanco all’impotenza, la severa impotenza, l’incredibilmente falsa impotenza. Adesso che sono grande, adesso che sono sola, adesso che sono ancora viva: perché? Eppure io cambio, accumulo bellezza, parlo con le persone. Poi mi accorgo che indipendentemente da questi sforzi non ho ancora l’animo o il coraggio di prendere dal vassoio un singolo boccone, nemmeno una briciola se qualcos’altro non è lì a chiedermi se per caso ne voglio. Solo a quel punto posso arrivare a scoprirlo io stessa, il pulsante è premuto e si accendono le alternative - e non ha alcun senso.
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allecram-me · 2 months
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La banalità che è appannaggio dei non morti, di chi non sa morire e quindi ecco una nuova giornata, il rum del venerdì sera, la tisana del ritorno. E va di nuovo tutto bene, sotto controllo. Che rapporto c’è tra sopravvivenza e controllo? Che distanza passa tra l’odore confortevole di questa camomilla e la tazza che va in pezzi perché magari, per amore di una qualche speranza, ce l’ho mandata proprio io?
Si può sopravvivere per sempre. Come mio papà.
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allecram-me · 4 months
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Da qualche parte potrai sempre ridere di me
Qualcuno con una missione; qualcuno di non ancora sconfitto. Qualcuno che mi spieghi l’orizzonte oltre la guerra dell’irrilevanza - sei morto, l’ho scoperto, ho cercato tue notizie, è passato già tanto. Mi riempio la bocca ed i pensieri mitizzando la ricerca del simile - tu mi hai insegnato a legittimarmi la voce, in un “credo” rauco che comunque non stavo rubando a nessuno, già solo perché c’ero anch’io sulla tua lista - ed invece, guardaci, io ho sempre scovato la via nel diverso, mi sono fatta mantenere in vita da altre stelle e dal mistero dell’assurdo. Tu, invece, con tutto ciò che mi è simile, ti sei avviato a morire che i polmoni ancora ti reggevano, e chissà cosa ti ha preso, quale pensiero, solitudine o sussulto, e come rideresti, un sacco, raccontando la storia di ciò che è successo, e quello che di te e delle tue parole preziose è stato fatto dopo. Chi conosceva il tuo nome, io temo, aveva poco più di quello di te. Altro discorso va fatto per coloro ch’erano sulla tua lista… era pieno d’ironia, di paradosso, il sentiero verso il tumulo sconsacrato che ti sei aperto.
Ho perso il diritto di piangerti, non è vero? Tu hai perso il diritto di fare come faccio io, e sprecare una pletora di parole dolcissime per sussurrare sempre lo stesso sgomento.
Mi chiedo se hai avuto mai paura. A sentirsi al sicuro si fa un torto alla sacralità della tua esperienza, ma io sono sacrilega e dico: era più paura che qualsiasi altra cosa. Non riesco nemmeno ad accettare di avere, con questo, dei conti da fare.
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allecram-me · 4 months
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Il mio turno
Non dite che trent’anni non significano nulla: non osate. Io li vedo negli occhi di chi li passa e non può fermarsi, e forse il senso è oramai proprio questo. Quanti anni persi a temperare toni e armi mai usate, ad esercitare sensi di responsabilità che sembravano araldi, e guardaci adesso: tutto dovuto, tutto già dato, una scacchiera distrutta e la sensazione di avere tutto da perdere e niente di nuovo da imparare.
Se resta una stella la nenia è questa: che nasca una nuova luce, che esploda una volta nuova ed ancora una promessa spiraglio, certo anche diversa, ma non ancora sconfitta. Non impossibile, ma irrisolta.
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allecram-me · 4 months
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Inalienabile
Che il potere è bello pure non averlo lo abbiamo capito più o meno tutti nel momento in cui abbiamo assistito al crollo della prima barriera di protezione che ci aveva tenuti al sicuro dal mondo, e allora abbiamo almeno in minima parte pianto le responsabilità che ci si affacciavano al collo, nuove e ciclopiche, più sorde e più cieche del nostro misero dolore. Qualcuno ha rifiutato quell’intuizione, ha preferito la strada vecchia del controllo di facciata, l’ha scavata da capo verso l’orizzonte, cercando di afferrare i sassi e la terra con le unghie sgretolate, per non cambiare o - che è lo stesso - cambiando senza volerlo osservare. Queste sono le persone che costantemente riempiono il silenzio col chiacchiericcio di voci qualunque, e che esercitano il potere conquistato senza alcuna saggezza: che il potere stia nelle mani di chi non lo vuole, io dico, e sono figlia della chiamata dell’eroe ed altre simili stronzate, che quaggiù comunque funzionano.
Chi non cerca il potere spesso soffre della malattia opposta, l’immanenza della morte si fa un fatto intimo, la paralisi è più dolce. Queste persone, spesso, non scelgono una strada, sono come montagne che si lasciano erodere dagli elementi, contemplando quel cambiamento senza forza né rabbia, per lo più.
Se fossi capace a farlo, invidierei molto più spesso le vostre dita sanguinanti ed il fuoco languido dei vostri occhi fissi. L’unico appiglio che resta alla nostra convivenza, per quanto mi riguarda, è la consapevolezza che, nonostante le divergenze d’arsenale, siamo figli della stessa battaglia. Ma, vi prego, ricordate: ognuno si sceglie veleno e salvezza da solo. È un diritto inalienabile.
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allecram-me · 5 months
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Ancora con questa ossessione del correre al prato
Allora mia zia, che è la sorella di mio padre, e che somiglia a me e a mio padre, ma alla versione di adesso più che alle foto sbiadite dei tempi integri, mia zia ferma da un tempo interminabile sulla brandina di un pronto soccorso tragicamente noto, mia zia la pazza e mia zia la sola, lei, reca stasera una ingiustizia nuova, anch’essa tragicamente risuonante di un passato impietoso e prossimo: la scure del cancro, cancro possibile, un cancro che a me sembra sempre più probabile.
Vado a ritroso: sfioro i trent’anni e imparo il gioco sostanziale delle parti, e ciò che prima era una equazione matematica diventa tachicardia. Le etichette esplicative recano una scritta apparentemente superflua, vuota: cancro. Poi, prima, la morte della vita scelta, della mia combinazione perfetta: sono altri ospedali, sono tanti ospedali, sono letti d’ospedale nella stessa camera dove abbiamo fatto l’amore tantissime volte. Mischiare l’amore con l’ospedale andava qui inteso come un fatto inevitabile, ossia che poteva essere evitato nella misura in cui si può evitare di scoprirsi chi si è, comprendersi. Ma detto questo, raccontata questa epopea che sembra l’orizzonte di tutto, si può andare ancora a ritroso, là dove comunque giacciono imperturbate ere geologiche e fossili, carbonio 14 che sembra facile da scordare nel parapiglia del presente, il precipitato dell’emergenza.
Ho certamente guadagnato qualcosa. È sempre e comunque uno scambio - io me lo sono detta sempre, l’ho vissuto sempre. Cercando l’umiltà, rimproverandomi l’umiltà, e tutte le catene, e sempre questo fantasma perennemente sogghignate dello spreco, la regina di cuori della mia vita interiore. Non l’ho mai persa la testa, mi ci sono aggrappata man mano che si gonfiava sempre di più: là è successo, ve lo dico io, lo conferma il carbonio. È stato lì che ho smesso di praticare e mi sono avviata verso questa consapevolezza della fine, ossessione di ogni esito possibile. Non aveva ancora assunto una forma così semplice, ma l’età rende banali più di quanto l’avanzata della tristezza riesca a rendere profondi: tremate, manuali di psicopatologia, qualunquisti pavidi, coscienze paradigmatiche e caricaturali di Zeno da strapazzo. È arrivata l’ipocondria del nuovo mondo, la morte nuova chiamata a significare l’alibi di turno per sottrarsi alla morte, per mezzo dell’accettazione di alcuna vita. Fingete dunque stupore al rintocco della parola che è il nuovo giogo, ma sinceramente tremate: Hello, my name is CANCRO.
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allecram-me · 5 months
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Prospettiva di oggi, #147
Mi disconnetto dai morsi del tempo e dalla fame di senso: un meccanismo di difesa che funziona fintanto che non m’annoio troppo. Perché ad annoiarmi, ovviamente, sono abituata.
Comunque, pare che il rigor - l’amor - di cronaca sia un fatto socialmente validato, quindi a volte ci provo, quando ho l’impressione che disconnettendomi troppo perderei una occasione di dolore importante, di cui per una serie di motivi opinabili poi mi pentirei. Pertanto: zia Anna è da circa trentasei ore al pronto soccorso, pare che uno dei piccoli vasi del suo cervello sia ostruito, pare anche che non si possa operare, se ne capisce poco. Nel pomeriggio ci ho parlato, era lucida. È al pronto soccorso dove ho visto per l’ultimissima volta mio padre vivo, è lì dove stava lui, è lì e di lei non si può più, comprensibilmente, occupare lui. Perché è morto. Lei è ancora viva, ma ho paura che muoia. La paura è una emozione, quindi più che altro ho l’impressione di aver paura che muoia, al momento, perché comunque ad avere paura ci vorrebbe un cuoricino funzionante ed io al momento ho davvero davvero solo la testa, sono solo la testa. Ho anche l’impressione di sentirmi in colpa, ma quella è proprio la cifra della nostra relazione, quindi non aggiunge né toglie nulla. Mio padre mi faceva sempre sentire in colpa per lei. È completamente sola, è principalmente noiosa, pesante, brutta. È come mi sento quando sento il peso di essere come sono. Al netto di questo - ed è una certezza a cui mi aggrappo, perché è salda - le voglio bene tanto. Chissà se esiste un buon esito per questo disastro. Se avessi a disposizione del trasporto, lo spererei fortissimo.
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allecram-me · 5 months
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Prospettiva di oggi, #146
Quando ero piccola erano gli anni duemila, nei miei ricordi i film hanno tinte caratteristicamente più matte, i colori erano meno brillanti. C’era un sacco di sessismo, certamente più sfacciato di adesso - del resto, sono nata nell’anno di Berlusconi. Mi spiego? Le commedie americane di quegli anni, adesso, le ho viste tutte. Ognuna di quelle commedie mi fa pensare ad un momento specifico, qualche atmosfera di casa dei miei, qualche progetto pseudoartistico a cui stavo lavorando mentre le battute si susseguivano. Ho sempre fatto più cose contemporaneamente: il caos mi protegge. Così negli anni duemila mi facevo tenere al sicuro dai racconti delle vite di altre persone - di solito c’era sempre una giovane donna che si affacciava all’indipendenza, con una carriera, una casa, degli amici e un interesse amoroso perfettamente imperfetti - ma in fondo al bicchiere già allora, so che è vero, sentivo un retrogusto amaro, il senso dello spreco frutto della differenza tra quelle vite da protagoniste e la mia, col freno a mano tirato. È solo che sono troppo giovane, c’è tempo, c’è tempo, c’è tempo, c’è tempo.
Tra poco più di sei mesi compirò 30 anni. Sono completamente libera perché non ho un mutuo, né figli - anche se, i gatti… - né un padre che, diciamolo, qualcosa doveva pur significare, e per me era un giudizio costante. Ho una carriera, questo pure, ed è il percorso perfetto per l’ultimo ed il più concreto dei miei sogni. Mi consente, con qualche sacrificio, di pagare la casa che abito, il cibo che mangio, persino i croccantini, e le uscite che, meno spesso di quello che vorrei, faccio con i pochissimi amici che mi restano, ma che pure ci sono. Forse in misura moderata, ma ho tutto. Ho ogni cazzo di cosa che si potrebbe definire necessaria, e ce l’ho perché, al netto di ogni privilegio, me la sono conquistata. Ma evidentemente ho anche qualcosa che non va.
Questo, purtroppo, implica una grossa ed importante cosa: non so essere felice. No non so proprio come fare a piacermi, nemmeno costruirmi ad immagine e somiglianza dei miei valori è servito a niente. Rimando ancora la vita ad un momento propizio, mi sento ancora impossibilitata all’indipendenza, mi sento isolata dal mondo nonostante quotidianamente ci sguazzi dentro. Ho l’onore di poter ispirare le generazioni successive, col mio lavoro, e so anche che qualche volta ci riesco, lo vedo, li vedo. Ma no: se me lo si chiede sono una bambina spaventata in un angolino che attende che la si vada a prendere per poi condurla, mano nella mano, nel mondo reale: tremo nel dirlo, ma a farci caso l’unica cosa attualmente rimasta fuori dall’equazione è un compagno di vita che venga a scandirmi i tempi narrativi e portare la storia a degna conclusione. Ed infatti: erano tempi piuttosto sessisti, i miei. È imbarazzante ritrovarsi così banali. Finché me lo chiedi, mi fa paura tutto.
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allecram-me · 7 months
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Mi pronuncio
Questo anno bianco di rumore e di umori fugaci è passato, e poche brecce nel muro di quella geometria serrata che ho imposto ai miei giorni hanno derogato il suo ritmo regolare. Praticamente, nel mio tentativo diretto e disperato di agire piuttosto che pensare, mi sono attribuita un sacco di responsabilità nuove, che dovevano avere il gusto della libertà dai vecchi epiteti, e dal naufragio che mi lasciavo alle spalle. Responsabilità estemporanee del tipo di indugiare tutta la serata in cucina, sigaretta dopo sigaretta, chiacchiera dopo chiacchiera - non vivere più sola mi ha posto condizioni che ho abbracciato come venivano, l’affitto sulle spalle lo pago ogni mese senza pensarci, e le bollette non le aspetto: i soldi che ci sono, se ne vanno, col tutto che mi fa meno effetto dello scorrere invano dell’acqua di quelle fontanelle pubbliche che ancora non hanno un interruttore a richiedere al flusso uno scopo. Sono sincera nel dire che non ho più chiesto a me stessa un bilancio, e lo testimoniano tutte le parole che avrei potuto scrivere - pensare - e che, sul serio, non sono venute più fuori. Adesso però sono qui a spolverare i banchi del mio dolcissimo e storico tribunale, e la tentazione potrebbe essere fortissima, è la cosa più animale che una creatura cerebrale come me potrebbe sperimentare in un lasso di tempo molto, moltissimo lungo. Sarà la voce che legge a giudicarmi, mi assolverò o disprezzerò con l’eleganza del distacco, la prossima volta. Poco fa ho fatto esperienza del fatto che questa capacità non si è persa al netto del poco esercizio, e a dire il vero a volte mi capita di trovarmi anche divertente, ma la verità è, credo, semplicemente che mi voglio bene come so voler bene al prossimo, e anche un po’ di più.
Qui giace, dunque, l’ammissione che mi piace davvero raccontare le mie storie, e forse sono a questo punto anche pronta a far pace col fatto che no, non era per le mie energie un percorso obbligato, non c’è determinismo a dettarmi una certa via di fuga alle pulsioni, adesso sì che ho in tasca un sacco di carte, le alternative. Il cerchio lo potrei chiudere dicendo che, in fondo in fondo, questo modo tutto sommato caratteristico di accettare sfaccettature di me attraverso esperimenti di astensione e imbocco della strategia diametrale, per imparare contemporaneamente il limite e l’onnipotenza, è il motore irriducibile di tutte le storie, e probabilmente assomiglia pure all’orizzonte di libertà coltivato in terapia, per quello che m’immagino. Come ballare, parlare in pubblico, non scrivere, disinnamorarsi, vivere in questo quartiere piuttosto ostile, lavorare per persone i cui valori sono il rovescio del mio cielo, fare chilometri a piedi per conquistare un tragitto in treno incredibilmente corto. E in tutto questo, poi, amarmi davvero, pelle, depressione, voce e ossa.
Mi è venuta voglia di farmi un tatuaggio, e di incidermi da qualche parte addosso qualcosa di molto simile a ciò con cui introdurrò nell’arco di un anno la mia tesi di dottorato. L’anima, la salvezza, la legittima, sacrosanta maniera squisitamente soggettiva di tenere insieme queste cose: dio mi fulmini se mi dimentico ancora di questo diritto. Dio mi fulmini se torno indietro. Ci meritiamo tutto: il rispetto, la scienza, e le storie. E anche la pace. Ci meritiamo di dimenticare, di ricordare, e di passeggiare tranquillamente in questo bosco.
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