Tumgik
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5 - Saturnia di notte
Che si fa stasera?  Beh! Voi non ci crederete ma noi questo problema non c’è lo siamo mai posto.
Per noi ogni sera era diversa, sempre pronti per nuove idee ed esperienze.
Come quella volta che decidemmo in tarda serata di affrontare un viaggio di 200 km per andare da Roma alle terme di Saturnia. O meglio, Luca decise.
Il tutto comincio proprio così: Mese di luglio Roma in una estate di tanti anni fa. Allora la città offriva molte possibilità di svago, tra le quali molta musica dal vivo, bastava conoscere i posti giusti e il divertimento era assicurato a costo zero o quasi.
Quella sera puntammo al Testaccio una zona di Roma che in estate diventa un vero e proprio punto di riferimento per i giovani, musica, ballo e gastronomia a go go. Ovviamente per noi occasione di nuove conoscenze femminili.
La serata prometteva bene visto che di ragazze ce n’erano molte ma soprattutto la fortuna giocava dalla nostra parte perché Patrizia una nostra cara amica e compagna di scherzi, ci presentò alcune sue amiche, delle tipe molto simpatiche, carine e molto… figli dei fiori, ma a noi interessava la parte fisica tutto il resto era relativo. A quei tempi il fattore gnocca era in primis altro che playstation, il nostro motto era ed è rimasto immutato nei tempi, meglio saltare un pasto che una trombata. Anche se poi si andava in bianco non era importante bastava solo riuscire a creare la situazione stimolante e per noi poteva bastare ci sentire più…. uomini.
Tornando alle nuove amiche erano in tre ragazze universitarie che studiavano a Roma, ma di origine meridionale; quindi, tutte le loro caratteristiche fisiche erano del sud Italia solari more occhi scuri e bei fianchi e non solo ………
Dopo fatte le presentazioni e i convenevoli di rito io e Luca cominciammo a pavoneggiarci visto che eravamo in minoranza, quando il gentil sesso è in numero superiore le possibilità di far colpo si alzano.
Passata la serata tra panini, birretta fresca e ballo sfrenato, si proprio sfrenato perché sia io che Luca per il ballo siamo sempre stati negati, quindi si improvvisava. Decidiamo con il consenso delle nuove amiche di concludere la serata con un bel bagno caldo al chiaror di luna alle terme di Saturnia.
Si signori, proprio Saturnia, nella bella Maremma Toscana, a pochi chilometri dal bellissimo mare dell’Argentario.
Io preparavo la sua mitica Ford Fiesta che per ogni evenienza si trasformava in camper, furgone, autocivetta e in quel caso bus turistico, mi tocca fare il navigatore umano (all’oscuro dei Chilometri da dover percorrere). Luca, il paraculo, sul sedile posteriore in mezzo alla gnocca, molta gnocca…. hem!  Scusate, le nostre care amiche.
Erano appena le 2 del mattino arrivo previsto alle terme ore 4 (a me Luca avevo detto massimo trequarti d’ora, faccio notare che a quei tempi non esisteva Maps o niente di simile), immersione nelle calde acque ore 4. Che nottata che ci aspettava eravamo super motivati anzi super eccitati (anche perché ovviamente nessuno aveva il costume da bagno, eh! eh!).
Durante il viaggio si cominciava a tastare il terreno, su futuri bagni senza veli e altri tipi di battute che portavano ad un solo obbiettivo, rimediare qualche cosa ovvero… gnocca!
Vi ricordate che vi avevo detto che erano figlie dei fiori, in quegli anni era tornata la moda, non proprio come gli anni 60 -70 ma simile, diciamo un po’ più soft. Allora non poteva entrare in argomento il fattore erba, non erba di campo ma la famigerata Marijuana. Visto e considerato che sia io che Luca fino a quel momento della nostra vita, avevamo combattuto la droga standogli lontani e mettendo in guardia i più giovani a non farne uso.
Ma quella sera dovevamo recitare la parte di due cannaroli incalliti pur di far colpo sulle ragazze solo che c’era un piccolo problema, tutti e due al più nella nostra vita, avevamo fumato un sigaro toscano o qualche tiro alla pipa che io portavo sempre con me, con quei tabacchi aromatici dai profumi esaltanti.
Grazie a quella pipa la serata poteva prendere un risvolto del tutto positivo ci balenò l’idea di inventarci che quel tabacco non era del tutto… tabacco capite! Allora lungo la strada io carico la pipa e diciamo che era tabacco con una particolare erba acquistata da un marocchino presso la stazione Termini. Sarà stato il fatto psicologico, il lungo viaggio, la stanchezza, il fatto che noi facevamo gli scemi, come se fossimo ubriachi ed erano quasi le quattro del mattino, le ragazze erano così convinte di aver fumato chissà che cosa, che erano diventate euforiche e cominciavano a sciogliersi, volavano i primi baci e carezze e vari apprezzamenti. Il posto dove eravamo diretti avrebbe agevolato il resto.
Nel frattempo, dopo circa due ore di auto (e somma mia disperazione, visto che ogni quarto d’ora Luca mi diceva …siamo quasi arrivati,) in buona compagnia, anzi ottima, si arriva alle famigerate terme di Saturnia. Ovviamente non quelle a pagamento ma quelle nostrane, ovvero il torrente che sgorgava nelle vicinanze delle terme, con tanto di vasche naturali d’acqua a 37° e cascata. Unico inconveniente non c’era illuminazione, ma per noi era solo un vantaggio. Comunque, quella sera c’era una bellissima luna piena che illuminava a giorno e con il vapore dell’acqua l’effetto era stupefacente, sembrava come stare in una fiaba.
Arrivati, parcheggiata la macchina, che ora diventava un camper visto che veniva usata come spogliatoio, tolti gli indumenti, via tutti in acqua. Magnifico, sublime, le acque erano calde spumeggianti, accoglienti. Una meraviglia ! le nostre amiche erano esaltate.
Io e Luca incominciavamo le manovre di avvicinamento, dovevamo solo decidere in che direzione visto che loro erano in tre, scelta la direzione via all’arrembaggio.
Luca si avvicina alla più mora delle tre, l’unica con gli occhi chiari, forse per quello che lo attirava, ha sempre avuto un debole per le donne con occhi chiari.
Era quasi fatta, le mani erano tutte ai posti giusti, stavamo per passare alla fase più…attiva e ci gettammo come lupi su tante pecorelle che bello ! tra urla e risate, evviva!
L’alba si avvicinava, se volevamo …concludere in bellezza dovevamo darci da fare prima del sorgere del sole. C’eravamo! anche se la terza non sapeva da che parte girarsi ce n’era una di troppo. I primi raggi di sole si incominciavano a intravedere attraverso i rami degli alberi che facevano da cornice a quella splendida laguna naturale di acqua termale.
Ed ecco un grido di aiuto. Non eravamo soli, anzi come scopriamo c’erano decine di persone tutte rigorosamente nude e inguattate. Un uomo sulla cinquantina gridava aiuto. L’istinto del soccorrer ci fa, nostro malgrado scattare (anche perché qualcuno aveva acceso i fari di una macchina illuminando la scena e rovinando l’atmosfera). La moglie del malcapitato si sentiva male. Il bagno prolungato nell’acqua calda gli aveva provocato un abbassamento della pressione. Bisognava portarla fuori dall’acqua. Ma c’era un problema, un grosso problema. La signora ad occhio stava sul quintale e mezzo. Ci facciamo coraggio e aiutati da altri quattro baldi giovani sopravvenuti, cominciamo a tirar su la bale.… emh! La signora. Ardua fu l’impresa, c’era ciccia che sgusciava da tutte le parti. I nostri poveri piedi scalzi, cercando di mantenere peso ed equilibrio sui sassi, finivano martoriati. Dopo quasi un’ora di sforzi finalmente il traguardo. L’asciutto. Nel frattempo, arriva pure l’ambulanza con i paramedici che, lesti (si fa per dire) caricano la donna e se la portano via.
Io e Luca ci guardiamo negli occhi, uno sguardo triste sconsolato ci eravamo appena resi conto che il nostro piano era sfumato.
Raggiunta la macchina (camper) ci asciughiamo e quando andiamo per riprendere vestiti e scarpe tristemente scopriamo che a Luca avevano rubato le scarpe. Non poteva mica tornare a Roma scalzo! Allora con fare indifferente si infila il primo paio di scarpe trovate e via!
Ormai era ora di colazione, a pochi minuti di auto c’era il paese, trovammo un bar e fu una colazione abbondante, visto e considerato che avevamo passato la notte in bianco anzi in …acqua.
Ormai era mattina inoltrata e ci aspettava il viaggio di rientro verso la capitale. Tradotto in kilometri erano 200.
Beh! Devo dire che di quella avventura se guardiamo il lato positivo c'è comunque rimasto un bel ricordo. Fu una bella serata anzi nottata, anche se io e Luca andammo in bianco.
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4 -Il galeotto e la luna piena
Era una calda estate romana. In casa non si respirava. Luca arriva subito dopo cena. Non ce la sentiamo di stare in casa, pertanto decidemmo di vederci con altri amici. L’ora era un po’ tarda, ma era una bella serata per farci un giro nella periferia della capitale.
Paddy Pub, arriviamo. Dopo una bella birra, si parte per lo scherzo della serata.
Assegnati i ruoli via verso l’ignoto a bordo della Uno bianca di Beppe e l’alfa 33 di Luca.
Gira e rigira ci ritroviamo sulla via Prenestina all’altezza dell’uscita del G.R.A., luogo abitualmente frequentato da prostitute.
Manco a farlo apposta, becchiamo una Uno rossa che ne sta caricando una.
Scatta l’azione, ci caliamo nella parte, Luca il brigadiere, Beppe l’appuntato, Antonio il Maresciallo.
Tutti carabinieri ovviamente finti, attori ma molto ben preparati.
La uno rossa si sposta poco più in là, spegne il motore ed ecco che comincia la giostra.
Dalla nostra postazione si vedeva un enorme culone bianco che si muoveva in modo sussultorio, illuminato dalla luna piena, dall’abbondante peluria, si capiva che tale culone era sicuramente maschile.
Scatta l’operazione. Le nostre auto si avvicinano alla Uno rossa. Tutti a terra in un baleno, < fermi tutti >.
Gli occupanti dall’auto scendono come si trovavano.
Davanti ai nostri occhi si prospetta una scena terrificante. Una donna piuttosto in là con gli anni, con abiti propri del mestiere, minigonna, scarpa alta, trucco pesante, capelli lunghi scuri e unghie mal curate.
Brutta, ma brutta che solo uno che non vede una donna da tantissimo tempo, poteva pensare anche solo di avvicinarla, figuriamoci a toccarla.
Lui un uomo di media statura, con gran pancia, pantaloncini corti e maglietta sul giro panza, barba incolta, infradito e ciliegina sulla torta neanche a farlo a posta uscito da poco di galera, si proprio così, un ex galeotto. Per noi era come servici il pranzo sul piatto d’argento, ci guardiamo in viso e come un branco di lupi con l’acquolina alla bocca, incominciamo la nostra interpretazione.
<Bene signori vogliano favorire i documenti brigadiere prenda nota, appuntato guardi nell’auto.
Allora signora cosa stava facendo? E lei non si vergogna?>
<A marescià so appena uscito de galera e invece de sta a casa a famme na pippa, so uscito pe famme na scopata.> <Lei cosa ha da dire signora?><E che ve devo di, che qui nun se batte chiodo, pe na vorta che ciò un cliente,  voi mo me fate fa nottata.> Lo sforzo di trattenere le risate fu immane.
Io facendo finta di parlare alla radio mi nascondo in macchina per ridere.
Dopo varie domande di rito e le minacce di portarli entrambi in caserma, li lasciamo andare assicurandoci che non tornino a…consumare. Finiamo la serata con qualche altro giro ma serata fiacca e allora ci avviamo verso casa, ripromettendoci di riprendere il pattugliamento la sera dopo.
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3- Le lavatrici
 Una notte autunnale, non paghi della serata trascorsa in un pub, giravamo con l’auto di Luca, senza una meta, così, giusto per passare il tempo e magari trovare qualcuno cui rompere le scatole.
Mentre percorrevamo la via Prenestina, l’occhio malefico di Luca vede un qualcosa che non gli quadra.
Mi fa, “hai visto quelli nella traversa che abbiamo appena superato?”
Assento, “erano due donne e due uomini vicino una macchina”.
Un istante e dopo spericolata inversione di marcia ci ritroviamo nella stradina da poco superata. Avanziamo lentamente, con i fari spenti per non farci notare.
Come detto, c’erano due ragazze, piuttosto giovani, vestite con gonne cortissime. Due uomini che armeggiavano nel cofano della loro auto. Stavano cercando di scaricare una pesantissima lavatrice.
Nel prato accanto, ce ne erano almeno altre tre o quattro.
Quindi l’intenzione di abbandonarvene un’altra era chiara.
Chiedo a Luca, “che vogliamo fare?” Lui senza minimamente scomporsi, “aspettiamo che finiscono di scaricare”.
Appena la lavatrice tocca terra, si accendono i fari della nostra auto, la quale schizza in avanti a gran velocità, per arrestarsi bruscamente, con relativa sgommata, quasi a ridosso dei malcapitati.
Luca esce al volo e giocando sul ormai collaudato equivoco che porta la maggior parte della gente a scambiarci per forze dell’ordine, apostrofa gli uomini, “Beh, che vogliamo fare? Qui c’è divieto di scarico, che fate, ve la ricaricate o vi accollo pure le altre nel prato?”.
Uno dei due. Il più anziano, cerca di accampare una qualche scusa, ma assicura che se la riprendono.
“Bene”, fa Luca, “noi aspettiamo”.
Io intanto facevo una fatica immane a cercare di non sganasciarmi dalle risate, mentre con la coda dell’occhio noto una cosa un po’ strana. Le ragazze, pian piano, un passo per volta si stavano allontanando dalla scena, finché, arrivate a una certa distanza se la danno a gambe levate.
Intanto i due imprecando e sbuffando si ricaricano la lavatrice con immane fatica e la rimettono nel cofano della loro vettura.
Appena terminano, ripartiamo di gran carriera sgommando alla grande.
Appena fuori vista, scoppio di risate da mal di pancia.
Ma non è finita.
Dopo una decina di minuti, il mio compare inverte la marcia. “Che vuoi fare?” gli chiedo.
E lui tranquillamente, “voglio controllare una cosa”.
Appena imbucata nuovamente la stradina di prima, ecco che di nuovo ci sono i due uomini alle prese con la lavatrice.
“Lo sapevo!” esclama Luca. “Adesso aspettiamo che finiscono di scaricare, altrimenti non faticano abbastanza e poi mi sentono”.
E così fu.
Appena buttata la lavatrice nel prato gli arriviamo addosso con più verve di prima.
E subito, con voce incazzatissima, “Allora non ci siamo capiti! Io adesso vi faccio pagare per tutte quelle buttate, così imparate!”
Colti nuovamente in fragrante i due subito corrono a riprendere l’elettrodomestico appena buttato.
Giurando e spergiurando, “no, per carità, la riprendiamo e andiamo via.”
Con rivoli di sudore che gli inzuppava ad entrambi la camicia, tra un impropero e l’altro, fatti a mezza bocca, caricano nuovamente il pesante fardello.
Finito il carico salgono in macchina e si allontanano.
Stavolta non ci muoviamo per essere certi che non tornino. Ovviamente risate a crepapelle.
Poi mi torna in mente un particolare. “Luca, ma le due ragazze che fine hanno fatto?”
Ci guardiamo con aria interrogativa, ma l’unica ipotesi che ci viene in mente è che fossero due prostitute e che per tanto se la sono squagliata.
Bene, così oltre ad averli fatti faticare per aver cercato di imbrattare ancor di più la pubblica via, gli abbiamo rovinato pure la serata, punizione più che meritata.
Riprendiamo il nostro girovagare, anche se guardandoci in faccia, quasi in coro ce ne usciamo con…”io ciò fame”.
Erano più o meno le due di notte, quindi trovare locali aperti abbastanza difficile, allora direzione Porta Maggiore.
Qui chiosco mobile. Paninaro notturno, detto lo zozzone, per motivi che lascio all’immaginazione.
Con poche lire ci si può fare un panino con salsiccia, wurstel, hamburger, bistecca. Ci si poteva aggiungere praticamente di tutto. Tipo melanzane sott’olio, carciofini, cipolle, crauti, pomodori secchi ecc. ecc., immancabili ovviamente le più svariate salse.
Alla fine, veniva fuori una cosa che più che un panino era una vera bomba.
Per mangiarlo era un’impresa, non si riusciva a morderlo, lo schiacciavi e usciva roba dappertutto, ovviamente scolava olio e salsa dovunque, impossibile non imbrattarsi. Il tutto veniva aiutato a scendere da una bella birra gelata.
Cerchiamo in qualche modo di togliere l’unto dalle mani, prima di rimontare in auto, ma non era facile.
Ripartiamo, un giro veloce all’Esquilino, piazza Vittorio e poi visto che la notte ormai pareva morente, decidiamo di chiuderla li.
Luca mi riporta a casa, dove Silly mi sta aspettando per saltarmi addosso e farmi le feste.
Ci salutiamo e resto qualche minuto a fare un po’ di coccole al cane.
Rientrato in casa, tolgo i vestiti, una sciacquata e letteralmente un tuffo nel letto.
La stanchezza è tanta, ma il sonno tarda a venire, ancora ronzano nella mente gli eventi della serata.
Alla fine, mi addormento, con un sorriso di soddisfazione sul viso.
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2- Le catacombe
 
Qualche sera dopo, organizzammo una visita guidata alle catacombe. Ovvero un tratto delle catacombe di S. Castulo, tagliato fuori dal resto del complesso, durante la costruzione della linea ferroviaria Roma - Civitavecchia.
L’ingresso era nella sede ferroviaria, a qualche decina di metri dalla casa.
Si poteva accedere tramite un cancelletto che era da qualche tempo rotto.
Scendendo una ripida scalinata ci si ritrovava nei corridoi delle catacombe.
Quella sera eravamo in compagnia di alcuni ragazzi e di qualche ragazza su cui volevamo far colpo.
Scendiamo, con Luca che apre la strada ed io che chiudo la coda.
Armati di torce elettriche, esploriamo i vari corridoi.
Alcuni mostravano i segni di cedimento, con terra caduta dalla volta.
Pesante odore di umido, di marcio.
Scherzi e battute non mancavano certo, tanto per tenere allegra la comitiva.
Alla fine di uno dei corridoi facciamo una piccola scoperta.
Resti umani, teschi e ossa che biancheggiano in un angolo ben riposti, come accatastati.
Si vedevano bene almeno cinque teschi.
Lì la domanda ci sorse spontanea: è normale che ci siano resti umani lasciati così? Incustoditi e alla portata di tutti?
Allora un lampo di genio di Luca.
“Chiamiamo i carabinieri e li avvisiamo”.
Detto fatto.
La chiamata al 112 è rapida e concisa, spiega all’operatore che abbiamo trovato queste ossa e almeno cinque teschi, comunica l’indirizzo e termina la chiamata.
Usciamo e torniamo sulla strada per attendere le forze dell’ordine.
Passano alcuni minuti e si scatena il panico.
Due gazzelle dei carabinieri, una pantera della polizia di stato, un volante della polizia municipale.
Tutte a sirene spiegate che s’infilano quasi a incastrarsi nella stretta viuzza.
Una miriade di lampeggianti che illuminano di blu, con intermittenza i dintorni.
Scende di corsa un appuntato dei carabinieri che a passo svelto avanza verso di noi e subito chiede:
“Dove sono le teste tagliate?”
“Teste tagliate?” Facciamo noi quasi in coro.
Lì subito il dubbio ci assale, ma che cavolo hanno capito?
Un buon quarto d’ora di spiegazioni serve per cercare di dipanare il malinteso, niente omicidi con decapitazione multipla, solo resti d’un sito archeologico.
Poi li accompagniamo sul luogo del ritrovamento e mentre loro fanno gli accertamenti che devono, noi pian piano, dissimulando non curanza, ci allontaniamo, fino a eclissarci.
Naturalmente appena fuori vista la risata generale scoppia fragorosa.
Ridere fino alle lacrime. Fino quasi a farsi venire i crampi.
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1- L’inizio
Era il lontano millenovecento novantuno, Roma. Avevo quasi ventisei anni. Il mondo pareva il mio. Andai a vivere da solo, in una casa, piuttosto spartana, situata sotto l’acquedotto Felice, quasi sopra la linea ferroviaria Roma – Grosseto, lì ho passato gli anni più belli e intensi della mia vita.
La casa era composta da ben tre stanze da letto (altre tipologie di stanza allora sembrava non fossero necessarie), un bagno e una cucina. Aveva un cortile piuttosto ampio e un garage. Il cortile era il regno del mio cane, Silly, una meticcia di taglia medio-grande, pelo lungo marroncino, orecchie con punta piegata in avanti e muso da collie. Occhi dolci che, tenerissima. Purtroppo, era una gran paurosa, per questo attaccava tutti, dovevo stare sempre allerta. Solo un ristretto manipolo di amici poteva avvicinarsi tranquillamente, Luca ovviamente, Roberto, Fabio e Piero. Per tutti gli altri era un problema.
Come dicevo la casa era molto spartana, quasi rustica.
Per uno scapolo però era il massimo.
Le visite di amici, diurne e notturne non mancavano mai.
Si organizzavano cene, feste, riunioni di vario genere.
In un angolo c’era uno zaino sempre pronto per partire, sia per escursioni montane o per interventi di protezione civile.
Ci vivevo solo, ma a due passi abitavano i miei genitori, la mia splendida mamma, per un piatto di pasta al volo c’era sempre.
Qui potevo dare sfogo ai miei hobby e alle mie passioni.
Potevo leggere i miei libri preferiti in santa pace, montare e smontare computer.
Mi ero perfino attrezzato per rendere la cucina una funzionale camera oscura, dove poter sviluppare e stampare le mie foto.
Sì, la fotografia era una delle mie passioni, non perdevo occasione per andare in giro per la città a scattare foto diurne e notturne, oppure in cerca di modelle da fotografare.
Avevo coinvolto un po’ in questa passione anche Luca, uno degli amici che era di…casa in casa mia. Più che amici, praticamente fratelli se pur con genitori diversi. Avevamo cinque anni di differenza, ma la cosa non dava pensiero, lui pareva un vulcano, il classico tipo che una ne pensa e cento ne fa.
Una vera testa matta, con lui non ci si annoiava mai.
Avevamo creato un’intesa perfetta, ci bastava uno sguardo e subito al volo si reggeva il gioco l’un l’altro.
Una notte, sul tardi mentre dormivo il campanello inizia a suonare insistente.
Mi strappa letteralmente dal mondo dei sogni.
Arranco per affacciarmi a vedere chi era, ma vista l’ora tarda un’idea già l’avevo.
Come volevasi dimostrare era Luca, in splendida compagnia, due ragazze, una mora e una bionda, molto giovani e carine, ma andiamo per ordine, non corriamo di questa storia parlerò dopo.
Ogni sera ci si sentiva per telefono, no cellulare, ancora non erano diffusi come ora.
Ci s’incontrava e si stabiliva il dafarsi per la serata.
Luca aveva da poco comprato una macchina nuova, un’Alfa 33 verde bottiglia, fiammante.
Subito avevamo istallato sul tettuccio un antennino, molto simile a quello delle auto civetta delle forze dell’ordine, collegato a una radio trasmittente comunemente detto “baracchino”.
Si parte per andare a bagnare l’acquisto.
Un giro per Roma di notte. Luci, colori, gente d’ogni tipo e razza Caleidoscopica città che sa’ di magico.
Peccato che quando scendiamo per entrare in un pub dove bere alla salute della macchina, nello scendere mi rimane in mano la maniglia interna dello sportello, risultata difettosa.
Incazzatura pazzesca ovviamente. Doppia birra per ingoiare il rospo. Poi si riparte.
Il giorno seguente subito dal concessionario per far riparare il danno, con naturale litigata perché non volevano farlo passare in garanzia.
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