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La Valle delle Meraviglie - Parco Nazionale del Mercantour
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Nelle Alpi Marittime francesci, migliaia di graffiti preistorici ci narrano storie senza tempo.
"E credi ai mostri, credi ai corpi imbestiati, ai sassi vivi, ai sorrisi divini, alle parole che annientavano?
 Credo in ciò che ogni uomo ha sperato e patito. Se un tempo salirono su queste alture di sassi o cercarono paludi mortali sotto il cielo, fu perchè ci trovavano qualcosa che noi non sappiamo. Non era il pane, ne il piacere, ne la cara salute. Queste cose si sa dove stanno. Non qui. E noi che viviamo lontano lungo il mare o nei campi, l'altra cosa l'abbiamo perduta."
- Cesare Pavese -
Questo luogo è il primo del genere che ho visitato in vita mia, dopo aver sempre letto sui libri di storia e visto nei documentari dei misteriosi graffiti lasciatici in eredità dagli uomini preistorici, ho sempre subito il fascino di questa epoca tanto lontana e tanto sconosciuta, misteriosa ed affascinante. Solo con il tempo poi ho compreso che la vita primitiva, che ci viene dipinta come epoca barbara e violenta, dove non si viveva ma si sopravviveva, era solo una narrazione romantica utile ad una visione evoluzionistica del tempo e della storia. Gli antichi abitanti del pianeta non erano affatto ingenui e non sopravvivevano affatto, basti pensare ai tanti bellissimi manufatti e opere artistiche che sono giunte fino a noi. Ad esempio, si sono ritrovati bellissimi pettini per capelli intarsiati in osso e finemente decorati, nonchè gioielli, orecchini, pendenti: pensate a quanto tempo e quanta perizia per lavorarli, e con gli strumenti di allora per giunta, ma se questi primitivi erano impegnati nella caccia e nella lotta per la soppravvivenza e nel difendersi dalle belve feroci, come potevano avere il tempo e la voglia di intarsiare pettini in osso e costruire gioielli ? E se lo facevano, non solo avevano il tempo di farlo, ma avevano pure il tempo di pettinarsi e curare il loro aspetto estetico !  I nostri lontani antenati avevano un rapporto molto profondo con le forze della Natura, sapevano interagire e dialogare con essa, capacità che noi moderni abbiamo perso, e questa è una vera e propria menomazione per la nostra anima, e probabilmente anche per il nostro corpo. Vivevano con il necessario e non avevano bisogno del superfluo, vivevano probabilmente una vita spirituale piena e coinvolgente, non avevano vuoti interiori da riempire, pertanto non avevano bisogno del superlfuo come noi.
Sempre affascinato da queste epoche lontane e misteriose, un giorno mi sono imbattuto in un articolo su una rivista di trekking che descriveva un'escursione in una valle ricca di queste testimonianze: fui letteralmente folgorato ! Questo posto non era lontano, e dopo un breve viaggio, si poteva raggiungere a piedi, lentamente, camminando si poteve entrare in questo territorio ancestrale e misterioso.  Si chiama  Valle delle Meraviglie, attorno al Monte Bego, nelle Alpi Marittime Francesi, appena al di là del territorio italiano. Proposi questo sito ad alcuni miei colleghi di lavoro, anche loro appassionati di montagna, e l'entusiasmo fu comune, e si organizzò così una spedizione di alcuni giorni.
Essendo incisioni primitive, non abbiamo alcun documento che ci possa aiutare nella loro interpretazione, pertanto le nostre supposizioni, quelle degli storici e degli archeologi, sono appunto soltanto interpretazione, ed in quanto tali risultano, per forza di cose, influenzate dalla nostra cultura, dal nostro modo di pensare ma soprattutto dal nostro modo di sentire. 
Non è facile incidere la roccia, soprattutto inciderla profondamente, e con utensili primitivi ed elementari, pertanto se quelle persone hanno fatto tutta questa fatica, sicuramente avevano motivi ben validi per farlo. Sicuramente questo luogo aveva a che fare con la spiritualità, con ritualità e con forze che qui si manifestavano. Appaiono una grande varietà di simboli, sicuramente di epoche differenti, quindi il sito ha mantenuto la sua importanza nel corso di diversi millenni, quale altro luogo moderno mantiene così a lungo la sua importanza o la sua attrattiva ?  Cosa attraeva questi nostri lontani progenitori ad avventurarsi fin quassù ? E perchè proprio in questa valle, e non in quella addiacente ? o quell'altra un po' più in là ?
E' un luogo che merita senz'altro una visita, e vi lascio di seguito alcune fotografie, purtroppo sono immagini molto vecchie, scansionate da pellicola, e a quel tempo non ero ancora abbastanza esperto, pertanto queste immagini non sono molto accattivanti, ma spero possano comunque trasmettervi qualcosa di bello. Checchè ne dicano i nostalgici, la pellicola aveva comunque grossi limiti. Meriterebbe tornarci, ma curiosando in giro ho letto che ora il sito non è più visitabile liberamente come diversi anni fa, ora ci si può andare solamente accompagnati dalle guide del parco con visite guidate di gruppo, troppo turistico per i miei gusti ! Peccato.
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Se qualcuno fosse interessato a fare un'escursione, vi lascio il link ad un bel sito che riporta tutte le indicazioni utili: 
>>> Sentieri Italiani >>>
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PAESE CHE VAI, STORIE CHE TROVI ...
Come una piccola sosta in un paesino di montagna diventa un'occasione inaspettata per scoprire storie, persone e culture.
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Il Tibet è una meta molto impegnativa e difficile, anche per il viaggiatore di oggi, e sembra incredibile pensare che nel '700 dalle Marche partivano gruppi di frati e di religiosi che, con i mezzi di allora, affrontavano viaggi pericolosi e massacranti attraverso oceani, foreste e catene montuose, senza mappe, senza nessuna conoscenza delle lingue locali, viaggi che duravano mesi per raggiungere quelle sperdute vallate così cariche di spiritualità e di tradizioni antichissime, con l'intento di convertire le anime di quelle selvagge terre al Cristianesimo. Operazione che per fortuna non è andata a buon fine.
Un fraticello di nome Orazio parti anche da questo piccolo paesino della Val Marecchia, Pennabilli, e raggiunto il Tibet si stanziò, assieme ad altri Cappuccini marchigiani, dal 1703 al 1745 riuscendo a farsi ben volere dalle popolazioni locali. Fra Orazio da Pennabilli fu accolto nel monastero di Sera (Tiber), dove potè imparare la lingua e le tradizioni locali, riusci anche ad entrare in anicizia con Kelsang Gyatso, il settimo Dalai Lama, tanto da riuscire a farsi concedere il permesso di acquistare un terreno dove edificare una missione cattolica e dove poter praticare liberamente questa religione aliena. Padre Orazio studiò a fondo la cultura di questo paese, e a lui si deve il primo dizionario Tibetano in lingua occidentale composto da 33.000 vocaboli. Ma l'opera di proselitismo del frate, che nel frattempo si era procurato anche caratteri tibetani per stampare bibbie, cominciò ad insospettire i tibetani, sempre timorosi della loro indipendenza e delle loro tradizioni. Con il tempo il frati intuirono che la missione non poteva avere successo, quindi decisero di tornare in patria. Di li a qualche anno vennero a sapere che la loro missione era stata completamente smantellata, e tutto il lavoro di una vita reso vano, un duro colpo per il morale del fraticello di Pennabilli.
Di tutta questa storia rimane oggi solamente una campana, la campana originale della chiesetta che si trovava nella missione cattolica nei primi del '700 conservata in un magazzino del Jolhang, uno dei principali templi buddhisti a Lhasa. E rimane, ancora dopo quasi tre secoli, il ricordo di quell'avventura e di quell'amicizia tra popoli lontani, che è stato rievocato e rinsaldato recentemente con la costruzione, in questo piccolo paesino che ha dato i natali a Fra Orazio, di un piccolo monumento che unisce due simboli iconici di queste due religioni così distanti tra loro: una campana che è la riproduzione di quella origianle conservata a Lhasa affiancata da tre mulini di preghiera tibetani (manokorlo) con inciso sopra il mantra buddhista Om mani padme hum, ovvero 'Salve o Gioiello nel fiore di loto'. Secondo la tradizione tibetana, il gesto di girare la ruota della preghiera assume il significato di un'invocazione rivolta verso il cielo per attirare l'attenzione delle sfere più elevate, similmente al nostro suono della campana.
Oggi conosciamo anche il volto di Padre Orazio Olivieri della Penna grazie alla riscoperta di un suo ritratto rinvenuto da alcune monache nel 2022 nel monastero delle Agostiniane di Pennabilli, dove era rimasto dimenticato per oltre un secolo nel buio di un cassetto.
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Poco sotto lo sperone roccioso su cui si trova il monumento, è stato costruito un piccolo giardino con un Chorten al centro, ovvero uno Stupa, quelle che da noi potrebbero essere le piccole cappellette votive che contengono le madonnine. Solitamente queste piccole costruzioni vengono poste in luoghi considerati infausti, come passi di montagna, incroci o guadi di torrenti, in modo da scongiurare il pericolo. Spesso contengono reliquie e hanno lo scopo di accogliere offerte e preghiere. La loro forma rappresenta schematicamente le forze dell'universo, i suoi elementi, ed il percorso dello spirito verso l'illuminazione. In oriente se ne trovano di magnifici. Tutt'attorno poi è un gran sventolare di colorate bandierine di preghera, ormai sbiadite e logorate dal vento e dal sole, chissà se qualcuna di queste è riuscita ad assolvere al suo intento.
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Recentemente in due occasioni il Dalai Lama è stato in questo luogo per rinsaldare l'amicizia tra Italia e Tibet, grazie a progetti portati avanti da gruppi come l'Associazione Italia Tibet e l'Associazione Orazio della Penna.
Questo luogo mi ha subito donato una bella sensazione di pace e di tranquillità, e mi ha riempito di curiosità, mai mi sarei aspettato di trovare in Romagna un angolo di Himalaya. Tutto il paese è ben curato e ricco di spunti per riflettere e meditare. Qui ha vissuto negli anni '80 anche il poeta Tonino Guerra, che ha lasciato molte tracce della sua arte, c'è un piccolo giardino custodito e protetto da alcune antichissime mura, con sette strane sculture in pietra: "Il santuario dei pensieri. Sette pietre misteriose, sette specchi opachi per la mente, sette confessori muti che aspettano di ascoltare le tue parole belle o le tue parole brutte" (Tonino Guerra).
Ci sono poi tutta una serie di piccoli musei, come il "più sguarnito e poetico museo del mondo" che ospita un'opera sola", L'Angelo coi baffi del pittore Luigi Poiaghi: l'opera rappresenta un angelo capace di far niente che invece di volare in paradiso, scendeva nel Marecchia e perdeva tempo dando da mangiare a degli uccelli impagliati nella casa di un cacciatore, ma un bel giorno questi si animarono e presero il volo. Si trova poi il curioso museo del calcolo, il museo del mondo di Tonino Guerra ed i musei del Montefeltro e del Parco Naturalistico Sasso Simone e Simoncello. Le tortuose stradine del paese, ben curate, sono abbellite con meridiane storiche e ceramiche artistiche, nonche' frasi poetiche ed alcune fotografie molto suggestive che ricordano l'eccezionale nevicata del 2012, insomma una sorta di museo diffuso, un bel luogo per ristorare l'anima, lo spirito e la curiosità.
Due mondi così distanti tra loro, sia fisicamente che culturalmente, le montagne dell'Appennino Romagnolo e la catena Himalayana, uniti da un umile frate finito per secoli nel dimenticatoio, ed un poeta che elegge a sua dimora questo piccolo borgo riempendolo di magia, insomma è' una bella storia, che merita di essere raccontata.
"vincerà la bellezza" -Tonino Guerra-
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Per approfondire :
Chorten >>>
Associazione Italia Tibet >>>
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