Tumgik
Text
A PROPOSITO DI... DISPOSOFOBIA
Che si tratti di un abito che potrebbe tornare di moda o della collezione di una serie di oggetti più o meno utili di cui non riusciamo a disfarci, chiunque può aver familiarità con il piacere di conservare un oggetto o la difficoltà di disfarsene. Ma quando la necessità di accumulare beni, fino a ingombrare aree vitali della propria abitazione, e la difficoltà a liberarsene raggiungono livelli clinicamente significativi, entriamo nella sfera del "disturbo di accumulo" o "disposofobia".
Il disturbo da accumulo ha un’incidenza di gran lunga maggiore di quanto si possa immaginare. Si stima che nei paesi occidentali abbia una diffusione che si aggira tra il 2 e il 5% della popolazione.
"Disposofobia" viene definita come la “tendenza patologica ad accumulare oggetti senza alcun ordine, fino a rimanerne sommersi.”
Il comportamento di accumulo compulsivo, all’interno del DSM-V, rientra come categoria autonoma tra i criteri diagnostici del disturbo di personalità ossessivo-compulsivo: una persona con sindrome da accumulo compulsivo sente cioè un bisogno ossessivo di accumulare una grande quantità di oggetti, anche quando questi risultano o sono ritenuti inutili, pure pericolosi o magari dannosi.
La disposofobia infatti può portare all’accumulo di cibo, vestiti, stoviglie, oggetti vari, ma anche armi, mobili, piante e animali (gatti, uccellini, criceti, ecc). Quest'ultimo si definisce Animal Hoarding.
Accumulare oggetti, porta “l’accumulatore seriale” a esaurire velocemente gli spazi a disposizione per contenerli, rendendo gli ambienti insalubri e provocando significativi danni alla mobilità, all’alimentazione, alla convivenza, alla pulizia. A causa delle difficoltà in casa, possono inoltre nascere problemi familiari; a volte i rapporti sociali e le uscite si diradano, aumentando il senso di solitudine.
Non è semplice pensare di rimuovere gli oggetti accumulati, perché la persona sperimenta una persistente difficoltà a selezionarli, o pensare di separarsene, anche quando non sussiste un reale valore affettivo con essi.
Si è riscontrata spesso una comorbilitá di questa patologia con disturbi d’ansia e depressione, ma ci sono evidenze anche di una comorbilità con l’ADHD.
È frequente che il bisogno di conservare beni e l’ansia da separazione da essi si presenti anche con la "sindrome da shopping compulsivo": spesso con acquisti online, in caso di oggetti che si crede possano essere indispensabili e per cui, invece, la persona perde interesse nel momento dell’ingresso in casa.
A completamento del profilo psicologico dell’accumulatore seriale, il DSM-5 valuta la 'consapevolezza' della persona che soffre di questo disturbo in merito alle dinamiche che portano all’accumulo, e può essere:
1) buona, se i comportamenti sono riconosciuti come eccessivi e disfunzionali. Oppure
2) scarsa o delirante, se questi non vengono percepiti come problematici e l’accumulatore (hoarder) è inamovibile rispetto alle sue convinzioni.
C'è da aggiungere che, a differenza di altre tipologie di pazienti ossessivo compulsivi, come i washers/cleaners con i loro rituali di pulizia (lavarsi spessissimo le mani) o evitamento per paura di contagio e/o sporcizia (rupofobia) o i checkers con i loro controlli e rimuginii continui, gli accumulatori potrebbero non percepire il disagio della loro condizione.
Cause della disposofobia
La ricerca ha preso in considerazione fattori di tipo ambientale, genetico, aspetti neurobiologici (come il coinvolgimento di neurotrasmettitori come dopamina e serotonina) e anatomici, così come la presenza di specifici deficit cognitivi.
Nel disturbo da accumulo è stato osservato, per esempio, un funzionamento anomalo dei lobi frontali, aree cerebrali implicate nella motivazione, nella capacità di prendere decisioni, mantenere l’attenzione sul compito ed evitare errori.
Anche la componente genetica può favorire lo sviluppo di questo disturbo, così come un vissuto traumatico (ad esempio, un lutto complicato, una separazione, un evento molto stressante).
Vivere con un accumulatore
La sindrome compulsiva da accumulo interessa non solo la persona accumulatrice compulsiva, ma coinvolge anche il contesto familiare e relazionale in cui essa vive.
La casa di un accumulatore seriale spesso è inaccessibile, stipata di mobili e oggetti sino al soffitto, limitando così le interazioni sociali non solo della persona disposofobica, ma anche dei partner e dei figli.
Per il partner, infatti, può essere molto difficile capire come gestire la relazione con un accumulatore seriale. Il disturbo da accumulo compulsivo può causare frequenti crisi di coppia e problemi nelle relazioni amorose, che a volte possono concludersi con divorzi e separazioni.
Oltre che al soggetto disturbato, la psicologia può essere d’aiuto anche ai familiari e alle persone vicine agli accumulatori compulsivi, dando utili suggerimenti su come aiutare un accumulatore compulsivo ad uscire dal problema.
0 notes
Video
youtube
SCIE CHIMICHE: la GUERRA segreta - ovvero: Chemtrails - The Secret War
0 notes
mariaceciliacamozzi · 12 days
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Eurasian siskin/grönsiska. Värmland, Sweden (April 14, 2017).
303 notes · View notes
mariaceciliacamozzi · 14 days
Text
Tumblr media
94 notes · View notes
mariaceciliacamozzi · 16 days
Text
“I vecchi Dakota erano saggi. Loro sapevano che il cuore di un essere umano che si estranea dalla natura, s’indurisce; loro sapevano che la mancanza di profondo rispetto per gli esseri viventi e per tutto ció che cresce, presto lascia morire anche il profondo rispetto per gli uomini.” Orso In Piedi
1 note · View note
mariaceciliacamozzi · 22 days
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
 伏見稲荷ともなると雨でも早朝でも無人の境内を静かに参拝・・・なんてできるわけもなく。お稲荷様は今日も大人気。
伏見稲荷大社
January 2024
260 notes · View notes
mariaceciliacamozzi · 26 days
Text
Indossare un kimono, se non si è giapponesi, è appropriazione culturale?
Tumblr media
Una delle esperienze che spesso viene proposta ad un turista in Giappone, è quella di sottoporsi alla vestizione con i kimono per poi girare per le città a fare foto ricordo. In questo caso generalmente la cosa non è considerata un’appropriazione culturale, dato che è un servizio offerto dai giapponesi agli stranieri. I kimono usati sono sempre originali e fatti indossare nella maniera corretta da persone esperte nel farlo. Quindi il fatto che la cosa sia giusta o sbagliata dipende dalle circostanze in cui avviene e come. C’è una linea sottile che divide l’appropriazione culturale e l’apprezzamento culturale.
In molti luoghi di tutto il mondo, puoi vedere dei kimono venduti o affittati con l’intenzione sbagliata. Ad esempio come vestiti di Carnevale, Halloween o cosplay in generale. Non solo questo può essere considerato irrispettoso nei confronti della cultura giapponese tradizionale, ma suggerisce anche che il kimono per qualcuno che ignora la cultura nipponica è considerato una pagliacciata.
Altro modo offensivo di indossare un kimono è farlo in modo sessualizzato. Metterlo troppo corto, troppo stretto, troppo aperto sul davanti o sulla schiena per le donne, con conseguente atteggiamento sbagliato nel portarlo, lo fa associare inevitabilmente alla professione della Geisha. Che però in realtà non ha nulla a che vedere con il sesso. La Geisha è un’artista dell’intrattenimento, della conversazione, una musicista e una danzatrice. Ma non una prostituta.
La diffusione del kimono fuori dal Giappone
Il kimono è storicamente considerato un indumento quotidiano in Giappone. Non ha un particolare significato religioso o cerimoniale. Fu introdotto nel resto del mondo dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, i primi occidentali in assoluto che visitarono il Giappone nel 1609. Come dono di benvenuto, venne regalato loro un > kimono di seta dai colori vivaci e splendidamente decorato. Suscitando scalpore e meraviglia in patria quando gli olandesi lo portarono a casa dal primo viaggio.
In seguito la Compagnia delle Indie, facendo avanti e indietro nel paese, iniziò a commissionare varie versioni di kimono agli artigiani giapponesi. Questi aggiungevano a volte della spessa ovatta e maniche adattate ai gusti olandesi del tempo. Ben presto, lo stile innovativo di questi kimono fu replicato anche dai sarti europei in quanto erano uno status symbol per il periodo. Le persone che li indossavano manifestavano una prestigiosa connessione internazionale. Questa ‘moda‘ ha fatto scaturire una vera e propria mania anche per altri beni artistici giapponesi come porcellane, stampe e oggettistica varia. Tutto questo rappresentava la nascita del gusto per l’esotismo, la novità dell’epoca. Da quel momento in poi i kimono in particolare, divennero un importante capo di abbigliamento per le donne europee.
Negli ultimi due secoli poi, gli stilisti di tutto il mondo si sono ispirati al kimono giapponese. Da Christian Dior ad Alexander McQueen, in molti hanno attinto al suo stile con l’idea di esaltarlo, non di appropriarsene. Tuttavia, nel corso degli anni, ci sono stati molti designer e marchi che non hanno fatto lo stesso. La moda occidentale ha iniziato ad incorporare il kimono nelle collezioni. Questo interesse ha anche fatto rifiorire l’industria giapponese del kimono che, dopo l’arrivo dell’abbigliamento occidentale, si sta tutt’ora perdendo. Al giorno d’oggi è difficile vedere dei giapponesi in kimono nella vita di tutti i giorni. Lo usano solo gli anziani e in occasione di ricorrenze nazionali e cerimonie. Oltre alle Geishe, che però si possono scorgere ormai solo a tarda sera nella città di Kyoto.
Come capire quando il kimono è appropriazione culturale
Storicamente, il kimono faceva parte dell’abbigliamento quotidiano in Giappone, non era un capo ‘alla moda’. Tutti lo indossavano, maschi e femmine, ricchi e poveri. Cambiava solo la ricchezza dei decori e dei tessuti. I giapponesi ovviamente sono entusiasti che la loro cultura sia apprezzata in tutto il mondo. Ma prima di indossare un kimono a caso, si dovrebbe considerare il motivo per cui si vuole farlo. E’ perché siamo interessati al Giappone e alle sue tradizioni? Se la risposta è affermativa e siamo incuriositi da questo paese, dalla sua storia e cultura, allora questo è apprezzamento culturale ed indossare un kimono è una cosa positiva.
Se al contrario si indossa un kimono per divertimento o per scherzo ignorando tutto, allora si sta potenzialmente prendendo parte ad una appropriazione culturale. Anche se si acquista un kimono da aziende che ne traggono profitto senza riconoscere o accreditare la cultura giapponese, è lo stesso. I veri kimono sono opere d’arte pregiate e costose. Molti marchi di abbigliamento vendono capi definiti ‘kimono‘ ma che sono in realtà delle vestagliette che non si avvicinano nemmeno agli yukata, ovvero la versione di cotone estiva di un kimono.
I giapponesi quando vedono un occidentale in kimono, solitamente gli fanno dei gran complimenti. Se si è in Giappone e si esprime il desiderio di indossarne uno, saranno disposti ad aiutarci a farlo. E’ molto improbabile che si offendano o si preoccupino per la cosa. Finché c’è rispetto e curiosità, indossare un kimono non è considerato appropriazione culturale. Se invece viene fatto con spregio, come una buffonata e senza interesse per la cultura che c’è dietro, allora è appropriazione culturale. Quindi niente maschere da Geisha a Carnevale se non sapete la differenza tra questa e una Oiran, per fare un esempio.
ENRICA BILLI
1 note · View note
mariaceciliacamozzi · 1 month
Text
Tumblr media Tumblr media
Springtime in Japan
mblockk
11K notes · View notes
mariaceciliacamozzi · 1 month
Photo
Tumblr media
Firefly via 降り注ぐ光 PHOTOHITO
3K notes · View notes
mariaceciliacamozzi · 1 month
Text
GUARDA VERSO L’OLTRE…
Li freghi sorridendo, quando ti urlano addosso.
Non serve urlargli contro: è con la felicità, che li lasci più di sasso.
Li freghi scrivendo, amando, sognando.
Chi ti vuole morto lo freghi vivendo.
Il casino che fanno, lo freghi col silenzio.
Se ti buttano addosso odio, tu fregali: tu dagli amore, contro.
Chi ti vuole perso nei rancori e nei rimorsi, lo freghi respirando la bellezza dell’adesso.
Guardando su, verso il cielo, occhi d’ammirazione, contro ogni volare basso.
Fai battere quel cuore: è così che ci si salva, solo così, da tutto questo elettrocardiogramma piatto.
Enrico Galiano
0 notes
mariaceciliacamozzi · 1 month
Text
Tumblr media
4K notes · View notes
mariaceciliacamozzi · 2 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
三重県 津市 かざはやの里 Mie Tsu Kazahayanosato
256 notes · View notes
mariaceciliacamozzi · 2 months
Video
youtube
Patrizio Mariotti: l'Impero di Akakor
0 notes
mariaceciliacamozzi · 2 months
Text
Sleeping cat
instagram
“Leggere è cibo per la mente e tutto ciò che ha a che fare con il cibo deve per forza essere buono”. —Snoopy
0 notes
mariaceciliacamozzi · 2 months
Video
youtube
5 PASSI PRATICI PER ELIMINARE L'ANSIA
0 notes
mariaceciliacamozzi · 3 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Kyoto in winter by Riki Shinagawa
2K notes · View notes
mariaceciliacamozzi · 3 months
Text
Tumblr media
censoredartist
6K notes · View notes