Tumgik
#IIIAnno
merrowloghain · 4 years
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D: « mi piace, avresti potuto tentare con il Quidditch a settembre, a saperlo prima ci avrei anche messo una buona parola con Lynch » eh già, perchè lui nella squadra è dalla parte di quelli che contano, di quelli che "decidono".
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M: «Non si può fare un`eccezione? Magari si prende un ruolo che al momento è coperto da qualcuno e lo si allena come riserva.» sembra farsi un po` più seria e meditabonda «Magari il ruolo di Lynch.» azzarda come proposta, fissando Daemon una volta raggiunto il suo fianco. Si stringe vagamente nelle spalle, esile giunco fatto di nervi e riottosità «Dopotutto, ha guidato una scopa su per il dormitorio.» della serie "notevole" «Non è il genere di cose che rischia di farti espellere o di farti diventare qualcuno?» poi fisserebbe il secondino in questione «E smettere di essere qualcosa?»
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T: L`espressione cambia però di colpo, rivolgendo a Daemon un`occhiata inizialmente indispettita quando lui pare dargli dello stupido «Guarda che-» fa per parlargli addosso, ma tutto quel che doveva dirgli, tutta la sua cieca ostinazione, finiscono per scontrarsi contro a parole di stima che riescono nell`impresa di ammutolirlo. Il tredicenne sposta il peso del corpo da un piede all`altro, preso visibilmente in contropiede. Si direbbe quasi... imbarazzato «Seh, le selezioni, lo so» trae un sospiro rassegnato «Volevo parteciparci, ma...» e di nuovo si blocca, notando Merrow che s`è fatta più vicina, scuotendo il capo e preferendo il silenzio a chissà quale giustificazione stesse per fornire. E qui la sua espressione raggiunge un ulteriore grado di stupore, dal momento che la maledetta "femmina" inizia a spezzare una lancia proprio a suo favore. Tristran boccheggia, alternando un`occhiata tra Daemon e Cadel «... Si può fare?» indica Merrow, sancendo il suo essere d`accordo «Perché io ci starei, cioè. E magari su `sta roba delle scale ci possiamo inventare una storia per mettere il pepe al cu» cuore «Alle altre squadre» propone persino, sogghignando.
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C: Merrow ha avuto sicuramente una buona idea, ma è comunque lui che deve decidere ed è palesemente illuminato dall’idea. Anche lo sguardo di Cadel a sua volta si riempie di entusiasmo e curiosità e sposta gli occhi nocciola su DAEMON «Sarebbe fighissimo» non si trattiene in esclamazioni babbane «E poi se Lynch se ne va» e se ne va. «Merrow ha ragione»
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D: « Non posso mettermi ad allenare un nuovo Cercatore a metà stagione, ho già troppe cose a cui pensare » e quel suo commento assume un significato ben preciso, alla luce del fatto che fra meno di due settimane hanno la partita contro Tassorosso segnata in calendario e che Jeremy sembra essere sempre più proiettato col pensiero alla Lega Britannico Irlandese, quando avrà chiuso con Hogwarts « mi dispiace » anche se, dopo aver sentito le loro ragioni e la domanda che gli pone Tristran, proprio su di lui sposta gli occhi e di conseguenza l`attenzione « certo, un minimo devi saperci fare, però il Quidditch è anche disciplina » e arrampicarsi sulla scala del dormitorio delle ragazze, tatticamente a lui non gli suggerisce proprio un bel niente. (...) « se te la senti, Rookie »
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M: Ed eccolo che finisce li, con quella proposta che si aspettava, annuendo decisa una volta sola «Me lo prendo io. Gli faccio sputare l`anima e ringraziare Godric per l`opportunità ricevuta.» solo ora gira la testa in direzione del Secondino, con un sorriso asimmetrico piccolo, appena accennato, ma che sa di pericolo «Che ne dici...?» strascina quell`ultima lettera, come a chiederne il nome, perchè lei di lui non sa un Gramo Nero, anche perchè dopotutto, fino a quel momento, lui non era nessuno. «Wallace mi darà una mano. Vero Wallace?» ed è a lui che rivolge un`occhiata chiara ed affilata, come ad aspettarsi una risposta soltanto. Affermativa.
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T: Soppesa Merrow con un`occhiata molto lunga e non del tutto priva di dubbi, sbuffando una risata dalle narici alle sue ultime parole «Tristran» si presenta, monocorde «Credevo non volessi mica farmi da babysitter» solleva vertiginosamente le sopracciglia, scrutandola per bene, salvo poi decidersi ad allungarle una mano così da suggellare il patto con una stretta stritolante «Al Bolide, ci sto! Vedrete che sarà Godric a dovermi ringraziare e non il contrario. E poi si vive una volta sola...»
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cadelwallace · 4 years
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12 settembre 2076
“Cadel si volta mugolando debolmente. E’ in volo, ma lo kneazle di Tris lo avvinghia alla caviglia destra e sta cercando di risalire per rovinare la coperta della nonna, che il grifondoro ha legata al collo dato che la sciarpa è troppo mainstream. Il ragazzino cerca di scalciarlo via, ma non ci riesce e imprecando sottovoce schiva un bolide per un soffio, fa un avvitamento sulla scopa e continua la sua lotta con l’animale. Rimpiangendo di non avere Poldo cerca un’ultima volta di scrollarselo di dosso, ma una risata gli gela il sangue. Alza il visetto pieno di aria di morte di fronte a sé e scorge il cavaliere nero a bordo di una stellafreccia. Vicino, troppo vicino, talmente vicino che il bolide è la sua testa: cade nel vuoto e sgrana gli occhi nel buio, la fronte coperta di sudore freddo.”
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beepbeepnimbus · 6 years
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N.ER.O.
« In ogni piccolo gruppo di malfattori c’è un’unica regola piú importante di qualunque altra: non possono rivelare a nessuno all’infuori del gruppo i loro piani ».
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merrowloghain · 4 years
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21.06.76
«Non ti facevo tipo da Rose, e sinceramente nemmeno di Mare.» e socchiude un momento gli occhi dal taglio affilato, inspirando profondamente «Non lo so. Non la sento, ce l`ho addosso.» tipico problema di chi indossa un profumo, che per quanto sia piacevole, dopo poco ti abitua a tal punto da smettere di percepirlo. «Quello che ho di solito è pepe nero e cannella, comunque.» dice, piuttosto fiera, in uno sfarfallio di ciglia che fa tornare il colore plumbeo dei suoi occhi, a rimirare dinnanzi a sè, mentre la schiena torna ad inclinarsi all`indietro, toccando con le spalle la corteccia, mentre le braccia si piegano a triangolo ai lati della testa, le mani a tenere il capo, ed un sospiro stiracchiato, a completare il tutto «Dovresti procurartelo. Sembri uno che saprebbe farsene un buon uso: tipo quei fiori sgargianti e dal profumo stordente, che si rivelano trappole mortali per i poveri insetti che attirano.»
« l’odore dell’amortentia non descrive chi lo sente. » quanto ciò che chi lo sente apprezza. Questo dovrebbe essere chiaro all’altra, che profumo abituale finito o meno, lo sta utilizzando. Per quanto non riesca a capirne le note particolari e questo sì, un po’ lo infastidisce. Abbastanza da ammorbidire appena la voce per le parole seguenti. « Dovresti provare ad annusare dalla bottiglietta, magari riesci a capirlo. … infondo io ti ho detto il mio no? E’ qualcosa di abbastanza personale, non credi? » Stira le labbra in un lieve sorriso, pronto poi ad accogliere la notizia di quel profumo che, volente o nolente, nel tempo deve aver sentito e solo ora è in grado di identificare con precisione. « E’ particolare. Come mai questa scelta? » Curioso ora, abbastanza da piegare appena il capo su una spalla, le mani infilate nelle tasche della tuta, mentre lascia che il vento lieve lo rinfreschi dalla sua corsa. « Pensi che ne abbia bisogno? » Dell’amartance, con la sua trappole olfattive. Sorride, divertito e lievemente lusingato per quanto sia chiaro che no, non pensa di averne davvero bisogno.
«Quando sono venuta al castello, mia Madre mi ha portato in un negozio di profumi, dicendo che non sarei più potuta andare in giro senza, perchè il profumo è la firma silenziosa di una strega che si rispetti.» un leggero arricciarsi di naso, ma l`espressione che resta neutra «Voleva note floreali, dolci, morbide.» un accenno di risata sprezzante ma amara «Tutto ciò che, evidentemente..» e si indica con la destra in tutta la sua persona «..non sono.» ma il sorriso persiste, ed adesso si fa più aguzzo e dai bianchi canini esposti «Il pepe nero si usa nei profumi maschili» spiega con calma «mentre la cannella, semplicemente mi piace.» ecco perchè: un ibrido come impronta nel mondo, per una ragazzina chimerica e dalle sfumature troppo poliedriche per esser colte subito «E così me lo sono fatto fare. Ed è mio, solo mio.» un possesso spaventoso, traspare da quelle semplici parole, segno d`una territorialità sanguigna e mai celata «Penso che ti si addica. Dopotutto, ti manca la firma.» e lo squadra, con interesse crescente, almeno in apparenza «Ti sentirei bene con qualcosa di pungente. Qualcosa di molesto, martellante, impossibile da ignorare.» descrive tranquillamente quello che potrebbe sembrare un complimento, ma con un`analisi piatta, mentre continua a fissarlo in tutta la sua interezza «Di solito sai di.. limone? No. Cedro?» domande retoriche «Ci vorrebbe qualcosa di più intenso come nota di corpo» si, ci ha passato troppo tempo in quel negozio, prima di scegliere, evidentemente «Tipo muschio..sandalo?» continua a chiedere, ma senza aspettarsi nessuna risposta in ritorno. Spallucce infine e le gambe s`incrociano, le mani che vanno ad afferrare le caviglie nude «Sarebbe interessante capire cosa ne verrebbe fuori.»
Scuote il capo a quelle parole, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni che sprofondano ancora un po’, mentre dondola un paio di volte il peso sui talloni. « No. Ci piace quello che ci piace. Questo non cambia o descrive chi siamo. Perché chi ci piace non ci cambia o non ci descrive. » E lì, a contatto con la mancina, il catalizzatore è solo un monito a quelle stesse parole. Indeformabile. Il grado di rigidità che denota la predisposizione ai cambiamenti. (…) « Cedro, esattamente. » Proveniente dalle idrosaponette Utopia&RedCarpet. « E indubbiamente sarebbe interessante. » No, chiaramente no, ma è sul suo comportamento migliore. Diciamo . « Ma francamente ho smesso d’interessarmi da un po’ di ciò che ti esce dalla bocca. Quindi leva le gambe prima che decida di passarci sopra e fregarmene delle conseguenze. »
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merrowloghain · 4 years
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« Il prossimo anno partirà col botto. Avrò una voglia matta di schiantarti. »
« Dì solo che hai una voglia matta. Punto. Saresti più sincero, Xavier. »
« Dico quello che voglio. » rapido nel rispondere che no, non segue i suoi consigli, come probabilmente non li seguirà mai. « E io ti ho detto che non vedrò l'ora di schiantarti. »
   « Un giorno, quando smetterò di volerti, ti sentirai dannatamente solo,                                                                                                                  Xavier. »
« Sai... » comincia lentamente, con gli occhi che arrivano a fissargli il petto « io ci ho provato. Un sacco. » e questo, non può recriminarselo proprio più « Ho tentato di lasciar perdere, di dirmi che sei solo un bambino che ha voglia di giocare e che l'unico modo che hai per dimostrare interesse senza mostrarti vulnerabile, è questo. » parla con calma, con quel solito tono caldo e vagamente roco, mentre con un piccolo scatto, si scosta da lui, tornando ritta in piedi senza più appoggiarsi « Lo so che non sei uno stronzo, non totalmente insomma. » nessuna pietà, nessun vittimismo nè preso, nè concesso, ma una sicurezza granitica e forte, senza ostentazioni alcune. Si rigira il bastoncino tra le labbra, piegando quello carnoso inferiore, ma senza più cercare i suoi occhi « Il punto è che scegli d'esserlo con me. Tu lo scegli, scegli ogni comportamento, ogni parola, e non c'è niente di quello che io possa fare o essere, che possa farti scegliere altrimenti. » scuote il capo, lasciandogli andare finalmente il passante dei jeans, con un increspare enigmatico dell'espressione sul viso « Sei un coglione. E mi dispiace tanto. » ancora, cenni di diniego, mentre la destra raggiunge il fianco accanto al tessuto aranciato del vestito « Basta così. » molla la presa, una volta per tutte, ridandogli quel bastoncino che prima aveva rubato dalle sue labbra. L'ultimo gesto, prima d'andarsene.
La osserva mordicchiare quel bastoncino così come riesce a seguire ogni suo singolo movimento, dal distacco che sente su di sé, che la porta eretta a gonfiare il seno, a fare qualche passo indietro così come a perdere completamente il contatto visivo. L'ascolta però, anche, questa volta in silenzio, senza interromperla, senza intromettersi con altre parole, tanto da prendersi tutto il discorso in pieno, fino a quando l'unica cosa che gli rimane da fare è allungare la mano e riprendersi la bacchetta di liquirizia. Rimane contro la parete tra una cabina  e l'altra, osservandola. Lasciandosi scappare l'unico e semplice commento quando lei sembra in procinto di andarsene. « Dovresti vestirti sempre così. » riportando la bacchetta tra le labbra, per poi rimettersi eretto in piedi e prendere a camminare dalla parte in cui è venuto, quella opposta della Loghain.
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merrowloghain · 4 years
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29.06.76
Telo rosso con al centro un ippogrifo stilizzato color oro? C`è. Loghain in costume intero tinta vinaccia, dalle spalline finissime senza esagerare sullo scollo, ma lasciando la schiena candida scoperta fino alle fossette presenti alla curva del fondoschiena, c`è. Cappello a tesa larghissima, nero, proprio come il cinturino ad evidenziare il punto vita solo sul davanti di quel costume, assieme ad un paio d`occhiali grandi da diva vintage, ci sono. Lunghissime gambe bianche che si muovono sul telo in riva al Lago Nero, la destra piegata con il ginocchio verso l`alto e la sinistra stesa, ci sono, assieme alle braccia che sostengono la posa mezza inclinata all`indietro della Grifondoro. Insomma, se non fosse per la chioma sciolta smossa dal vento, ma occultata in gran parte da quel cappello così femminile, nessuno potrebbe riconoscere che sia proprio lei, a non prendersi il sole, data la giornata bella solo a tratti, rimirando le acque scure del Lago. Quel corpo che sta cambiando così tanto in quegli ultimi mesi, resta asciutto e bianchissimo, eccezion fatta per i punti dove le ossa si congiungono, e la pelle si spruzza di lentiggini chiarissime. Sta li, un po` annoiata, o forse calata nella parte, a guardare il bagnasciuga. Bacchetta nel fodero stesa affianco a lei.
Cadel è a guinzaglio libero da dieci giorni ovvero dalla fine degli esami. Da allora si è visto pochissimo, o almeno, si è visto pochissimo sveglio. Qualcuno avrebbe potuto trovarlo a qualsiasi ora riverso su un divanetto in sala comune, nel suo letto o sotto qualche albero tra fogli di pergamena disegnati o scritti dalla sua prendi appunti, squassati e portati via dal vento. Si è appunto appena ripreso dal pisolino post prandiale sotto un albero quando si avvia verso le sponde del lago con l’idea di risalire al castello. Essendo originario della bassa Inghilterra per lui è sempre fresco e indossa infatti un paio di jeans con sopra una camicia a righine rosse, di tela, ma a maniche lunghe. I capelli sono da accorciare e formano un cespuglietto castano chiaro sulla sua testa mentre gli occhietti marroni, quasi miracolosamente, non hanno quasi più occhiaie. La pelle chiara sta prendendo timidamente colore e anche la sua espressione generale, probabilmente finalmente rinfrancata dal recupero di decide di ore di sonno, sembra serena e priva di quella sfumatura di morte. Ha finalmente quindi l’aria di un ragazzino sereno, sempre più alto. Mentre cammina scorge la figura di Merrow e, senza riconoscerla, rimane a fissarla qualche momento prima di prendere una matita e cominciare a farne uno schizzo sedendosi su uno scoglio vicino alla riva del lago.
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Lei, ovviamente ignara d`esser osservata, e tantopiù, musa per qualcuno di totalmente inaspettato, sta "in posa" continuando a guardare verso l`orizzonte, con le labbra morbide e piene sempre un po` imbronciate, mentre il piede destro scivola di qualche centimetro avanti ed indietro sul telo, a provocarsi un solleticante massaggio sotto la pianta. Passano lunghi minuti, e forse quel ragazzino di passaggio che lei non ha visto, avrà appena il tempo di gettare uno schizzo generale di quella ragazza che così tanto poco le somiglia, prima che decida di liberarsi dell`ampio cappello, fermandolo sul telo con un sasso che si sporge verso sinistra ad agguantare per evitare che il vento se lo porti via, appoggiando anche i grandi occhialoni neri accanto alla paglia nera del cappello, per rivelare quei suoi tratti così particolari e spigolosi, adesso liberi da occultamento, mentre la Grifondoro s`alza e comincia a percorrere i pochi metri che la distanziano dal bagnasciuga. L`aria lacustre le scompiglia i capelli neri già ribelli di per sè, che lei tenta invano di portarsi dietro l`orecchio destro in un moto che li vorrebbe ordinare, ma senza successo, finendo con i piedi nudi e magri, a contatto con i sassolini che sostano sotto il pelo dell`acqua, le braccia magre ma allenate, lasciate lungo i fianchi, e quella schiena nuda che ora si fa visibile in quella scollatura che fa fare capolino proprio alle due fossette piccine sopra la curva del fondoschiena. In generale, la Loghain pare un atletico animale privo di alcuna parte grassa, o quasi, dall`aria predatrice ma diffidente. Guarda in basso, muove le dita dei piedi per insinuarle nel fondale ed alla fine si china a levare dall`acqua una lunghissima alga verde, prendendola a mano piena e gettandola verso destra senza tanti complimenti. Solo a quel punto, si accorgerebbe della figura non troppo lontana di qualcuno, che lei resta a fissare con fare truce e poco comprensivo, senza riconoscerla.
E’ solo uno schizzo, ma ha già tutte le forme ben delineate e sorprendentemente precise per un ragazzino di quasi tredici anni. Gli occhi scuri passano da lei al foglio e riesce anche un paio di volte a continuare il tratto, guardando lei, e lasciando andare da sola la mano. Nel momento in cui la ragazza comincia a togliersi il cappello, Cadel abbassa lo sguardo, per correggere la tesa, visto che la situazione sta per cambiare e rischia di non averla ritratta in maniera fedele. E quando alla fine torna con lo sguardo sulla fanciulla, questa si è già tolta gli occhiali. E’ un solo colpo, forte, allo stomaco, che gli mozza il fiato, gli fa accelerare il battito del cuore e, per un secondo, tremare la mano. Un brivido di quella che identifica come paura gli scorre lungo la colonna vertebrale e abbassa lo sguardo sospirando e sentendosi stupido, dato che, quella ragazza, è solamente Merrow. La conosce benissimo, va a dormire gelata nel suo letto, gli dà fuoco allo stesso. Sente il bisogno di andare via da lì, come se stesse facendo qualcosa di sbagliato. Infila lo schizzo tra le varie altre cartacce e prosegue comunque verso di lei, come se le dovesse dire che era lì, passava di lì, ma non stava facendo niente, si vede no, è solo il solito disagiato con pergamene e faccia, un po’ meno, di morte.
                                               «Ti fai un bagno con me?»
«Merrow?» chiama come se sott’acqua le voci fossero audibili «Merrow» ripete un po’ più allarmato.
Beh, non poteva andare tutto perfettamente no? Ma quella manata d`acqua che lui accoglie così generosamente tra le sue fauci, facendolo tossicchiare, la fa arrampicare come un`anguilla su di lui, spingendolo verso il basso ma venendo trascinata sotto a sua volta dalla presa sulla sua vita, pochi secondi ed entrambi riemergono come galleggianti attaccati ad un amo da pesca, tossicchiando un po` tutti e due, ma lei con una sfumatura di risata che non riesce a trattenere «Allora non sei una testa di Schiopodo come fai credere! Con quell`aria da "voglio morire, seppellitemi nella mia amata Canterbury!"» e si, gli sta facendo il verso.
Si beve l’acqua e poi affondano per riemergere, ma dopo i primi tossicchiamenti anche Cadel sorride e poi si lascia andare in una risata sommessa. Non la molla però perché non si fida anche se la sua frase lo lascia basito. E infatti tornato serio alza lo sguardo stupito e appena interdetto su dilei. No, non si era reso conto di avere quell’espressione. Si fa appena più pensieroso. La guarda però mentre fa quel movimento per sistemarsi i capelli e la lascia andare.
Lo vede prendersi degli attimi di riflessione, come se poi lei gli avesse appena svelato il segreto della Pietra Filosofale «E` inutile che fai la faccia da Doxy, lo sai che è così!» lo sa davvero? Non appena la lascia andare, lei comincia a nuotare in direzione della riva, sotto quel cielo nuvoloso che pare minacciar pioggia da un momento all`altro, ed infatti un rombo lontano sembra lasciar intendere che il momento non sarà troppo in là nel tempo. (...) anche perchè è tutta intenta ad avventarsi bagnata da testa ai piedi, verso il cumulo di pergamene che lui, malauguratamente ha deciso di lasciar incustodite. E se fosse riuscita a prenderle, si limiterebbe a scappare via, per non venir interrotta nel suo rimirare i disegni di Wallace senza interruzioni. Probabilmente darebbe inizio ad una sorta d`acchiapparella a perdifiato, almeno finchè il cielo non decide d`averne abbastanza, cominciando a riversare a secchiate, quella pioggerella estiva tipica, costringendo i due ad agguantare i propri averi e coprirsi con il telo sulla testa, fuggendo via schiamazzanti, in direzione del castello, come due eroi ammantati di rosso ed oro, sotto il segno dell`Ippogrifo.
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merrowloghain · 4 years
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E quella barriera difensiva che entrambi hanno creato viene messa completamente da parte nell’istante in cui va a riferirgli quelle parole. E se un patto è un patto, dovrebbe avere sincerità di conseguenza. Sincerità che gli viene spiattellata in faccia con una velocità estrema, con una sicurezza tale che quasi lo spiazzerebbe se fosse uno capace di mostrare le proprie reazioni. Ma lui si limita a rilasciare uno sbuffo divertito dalle narici, quasi come se stesse prevedendo quelle parole, come se infondo se le aspettasse. Perché sotto certi versi l’ha sempre saputo. Sotto certi versi ne è sempre stato convinto. Di come, in realtà, quella ragazzina non facesse altro che richiedere le sue attenzioni, in maniera differente da come le richiede lui. « Lo so. » cosa che non si dovrebbe rispondere ad un “mi piaci”. Il mento ancora piuttosto alto, le labbra che vengono inumidite e le braccia che sciolgono quella presa difensiva per cercare luogo con le mani sul corrimano, a tal punto da poter sembrare un minimo aperto alla conversazione. « So anche questo. » sfacciato nel proferirglielo, sicuro nel farglielo ben noto e presente. « E allora perché non lo fai? » se hai tutte queste sicurezze? Se credi che questa voglia di baciarti stia consumando anche te? « Baciami Merrow. » flettendo appena le sopracciglia, inclinando il capo in fervida attesa. « Fallo e continuerò ad ammettere ciò che vuoi sentirti dire. » O ciò che forse sai già. « E guardami negli occhi quando ti parlo. » la richiesta così palese ora di farlo. Perché ancora quelle iridi trasparenti non sono state in grado di captare lo sguardo di lei. Il motivo, apparentemente sconosciuto. Una richiesta secca e decisa, di chi pare aver un pizzico di fastidio nel non ricevere quanto voluto. Rimanendo così in semplice attesa di un netto e chiaro passo di lei.
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Non batte ciglio a tutte quelle sue uscite gradasse, sorvolando su di esse come potrebbe fare sui dettagli insignificanti di una storia, da leggere in un libro. E se lui pare divertito, lei in tutta risposta assume un`espressione calma e vagamente accondiscendente, nel sentirlo procedere nel discorso in quel modo sfacciato e sicuro. Alla sua domanda però, lei inclina il capo di lato, senza passi tra loro a separarli, sbattendo un paio di volte le palpebre mentre la sinistra sposta ancora una volta la riga della chioma dalla parte opposta a quella precedente, il profumo che ad ogni tocco sui capelli, si espande involontariamente, mentre l`espressione si fa vagamente ironica. Lo lascia continuare però, fino alla fine, senza interromperlo mai, iniziando una breve risatina cupa alla fine di quella sciorinata di richieste «Tsk-tsk» schiocca la lingua al palato due volte, in segno di diniego che il capo segue con un moto lento e vagamente teatrale «Vuoi troppe cose, Xavier.» lo guarda, ma sempre evitando di fissarlo, rimirandogli il viso nella sua interezza, scivolando spesso verso il basso, verso quella bocca che le parla e che ora resta ferma in attesa «Puoi scegliere una sola cosa: i miei occhi, o le mie labbra. Non entrambe.» perchè non esiste che ti si dia ogni cosa che chiedi, perchè gli scambi devono sempre essere equi «Cosa vuoi di più?» il corpo che si protende vagamente in avanti, quelle movenze vagamente selvatiche che paiono completamente rivolte al Serpeverde, mentre le mani vanno a posarsi sul medesimo parapetto, nello spazio che lui lascia tra i suoi fianchi e le dita, come a volerlo incastrare, o forse ingabbiandosi a sua volta «Scegli bene. Ed io continuerò ad ammettere quello che vuoi sapere.» perchè lei non asseconda voglie momentanee, la Loghain dona solo sincera conoscenza: una finestra su ciò che lui può sospettare ma mai sapere con certezza.
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« Sì. » sul fatto di volere troppe cose, è vero. Spiegazzando appena le labbra poi a quel suo dire, ritrovandosi appena incerto in quel bivio che l’altra gli espone dinnanzi ai suoi occhi. Ritrovandosi così a spostare le iridi cristalline da quelle palpebre che continuano a rimanere abbassate alle labbra piuttosto visibili e semplici da captare. « Non entrambe. Mh. » e continua a mostrarsi quasi pensieroso seppure le sue labbra non facciano altro che trattene un ghigno di sbieco. Perde tempo e quello è necessario per tenere sott’occhio i movimenti della Grifondoro che s’avvicina selvaticamente verso di lui, scivolando appena di lato con questi in modo tale da osservare come quelle braccia finiscono in vicinanza dei propri fianchi. Alza il mento ritrovandosi vertiginosamente quel viso altrui a pochi centimetri dal proprio per via della posizione intrapresa. Incastrato e ingabbiato sia lui, sia lei. Lui continua a mantenere le braccia dietro, in appoggio e in vicinanza delle mani di lei, su quel corrimano. Mettendolo ancora una volta dinnanzi a quella scelta. « Okay. » arrivando finalmente ad un resoconto. « Dammi i tuoi occhi. » riferisce secco e deciso, nel pretendere che alzi quelle palpebre per ricercare il suo sguardo. E solamente ed esclusivamente nel caso ci fosse quel contatto visivo che, a dir si voglia, farebbe durare istanti piuttosto brevi, si allungherebbe appena in avanti con le mani affinché queste possano trovare luogo sui suoi fianchi nel momento in cui il viso si avvicinerebbe a quello di lei per rubarle le labbra. Tu dammi gli occhi che io mi prendo le labbra. Schiudendo dunque le labbra sulle sue, come a volerne capire di più, come a voler sapere di più da quello che lei continua a tenere nascosto. A chiedere che gli parli tramite quel bacio che sfocerebbe se permesso in qualcosa di più presente, sentito. Di labbra che premerebbero più volte sulle sue prima di ricercare qualcosa di nettamente più umido, laddove la punta della lingua non farebbe altro che insinuarsi alla ricerca della sua.
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Solleva appena gli occhi al cielo a quell'affermazione scontata ed arrogante, passando oltre solo per vederlo farsi meditabondo all'opzione che gli presenta. Una cosa sola, non tutte e due. Non essere ingordo, Gutierrez. Gli rimira quel ghigno, aggrappandocisi con lo sguardo mentre lentamente si fa avanti, ad attuare quella posa, ad aumentare la vicinanza, il viso che lo guarda leggermente da sotto in su, data la gamba sinistra che piega appena, in maniera da donargli un'apparente posa dominante, a sovrastarla di qualche centimetro, mentre gli dedica il primo vero sorriso asimmetrico, mai stato così genuino e ferale, e soprattutto così vicino. Il calore che comincia a percepire provenire dal corpo del Serpeverde, sembra un invito silenzioso, guardandolo di sottecchi per notare quel suo sguardo finire alle sue mani che si aggrappano sulla pietra, vicino ai suoi fianchi. Non dice nulla, fissandolo come se volesse bucarlo da parte a parte, mentre meditabondo riflette, cercando di prendere la decisione migliore. Ce n'è una sola, Xavier. Hai il cinquanta e cinquanta. E quando finalmente arriva quella sentenza decisa, il ghigno asimmetrico sulla bocca di lei, si fa più ampio e luminoso, facendoglisi incontro di qualche centimetro in più. Lentamente, quello sguardo chiaro che puntava in basso, verso il mento del Serpeverde, si alza. Le ciglia nere che sfarfallano appena per l'intensità con cui percorre quella distanza minima che la conduce inesorabilmente verso i suoi occhi, ad incontrarli, con un sospiro inesistente che le sfugge a guardarlo. Brevi istanti che vedono l'annullarsi di ciò che sta attorno a loro, mentre in quegli occhi lei resta caparbiamente aggrappata, anche quando sente le mani di lui farsi avanti, afferrarle la vita esile, per rapirle le labbra senza permesso. Come voleva lei, e come vuole lui. Solo in quell'istante le palpebre calano, a nascondergli il viso, per poterlo sentire in una maniera completamente nuova: la mano destra si scosta dal parapetto per raggiungere il suo cravattino, afferrarglielo e, delicatamente ma con urgenza, tirarselo addosso, mentre la mancina risale sulla spalla, ad accarezzare il trapezio e finire con le dita lunghe ed affusolate, in uno sfiorare sulla nuca. Il cuore le sta esplodendo in petto, mentre quelle labbra si posano sulle sue, a domandarle quanta frustrazione le abbia provocato negli anni, quanta inaspettata forza e conforto abbia trovato in quell'unica conversazione avuta in passato, come sia stato difficile chiuderlo fuori, ignorarlo, continuare a denigrarlo con tutta se stessa perchè ferita, da lui, che stupido come pochi, era cieco ad ogni cosa. Gli racconta di quel desiderio bruciante, mal celato sotto una rabbia costante e cocente, le labbra che si schiudono e lo assecondano, mentre la lingua scivola morbida e caldissima, ad incontrare finalmente la sua. Respira piano ed in maniera accelerata, in quel bacio che non ha niente di scontato, di timido, di pacato, nonostante sia estremamente lento ed elettrico, a voler sentire il suo sapore in ogni sfumatura, per la prima volta. Non lo lascia andare, continuando a ricercarlo più volte in quella rovente smania, dove la lingua lo stuzzica, lo incalza, lo guida e lo spiazza, da tante sono le cose che gli sta in realtà dicendo. Stringe, la mancina che gli graffia, leggera, il colletto della camicia, sulla nuca, mentre la destra mantiene salda la presa per non lasciarlo andare. Morbido, lavico, ed assolutamente mozza fiato. Un bacio di quelli da ricordare, con un sottotono di furiosa possessività che non trova nessuna spiegazione razionale. Lentamente, dopo lunghi attimi, rallenterebbe ulteriormente il ritmo che già era uno stillicidio di stimoli, andando a scostarsi con il respiro mozzo. Gli occhi che tornano ad aprirsi ad inquadrare quelli di lui, la bocca umida, ancora leggermente schiusa. Gli resta addosso, la posa che non muta, rimanendo a fissarlo per lunghi istanti, cercando di riprendere il senno.
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Le iridi cristalline non fanno altro che mantenere quel contatto visivo su di lei, laddove è una tacita ispezione quella che avviene, facendo scivolarle dal volto al suo corpo senza chiedere troppi permessi, rialzandoli nel momento in cui quella camminata altrui non fa altro che avvicinarli, spostando appena il capo verso l’alto in quella posizione che lei ha scelto di voler prendere. Apparente posa dominante che si distanzia in realtà da quello che effettivamente è, o che appare ai propri occhi. Lui, allo stesso tempo, si adagia alla perfezione contro il marmo di quella scala, probabilmente scendendo di qualche centimetro viste le gambe che si stendono di qualche centimetro in avanti. Si sente gli occhi di lei addosso, ma mai dove dovrebbero essere davvero. Non ricercano – ancora – un contatto visivo che, effettivamente, richiede in quella risposta che doveva dare a quello che sembrava più un indovinello che altro. Ed è certo, in merito a questo, di aver superato il test con un Eccellente +. Tant’è che dopo tempo, tantissimo tempo, le sue iridi riescono nuovamente a captare il colore e le sfumature grigio-verdi di quelli di lei. Occhi grandi che vengono esaminati, ricambiati da uno sguardo apparentemente intenso nei suoi riguardi. La fissa completamente, laddove lei non incontrerà mai delle vere risposte, perché i suoi occhi non parlano. Non lo fanno. Sono semplicemente uno specchio che riflettono lei e nient’altro. Un gesto improvviso poi, che va contro i propri principi, le proprie leggi, il proprio essere, laddove il contatto fisico risulta sempre meno un fastidio, permettendolo solo in determinate circostanze e mai si sarebbe aspettato in queste. Perché sta andando di istinto, come se per qualche istante avesse completamente chiuso le porte della mente per non lasciar trapassare alcun pensiero. Dita che scendono su fianchi mai sentiti, su un qualcosa di prettamente nuovo, le cui curve non sono così accentuate, ma non è di certo qualcosa che potrebbe far caso. Mani che premono, ma non più del necessario, se non un leggero sospingere verso di sé affinché quella vicinanza possa essere tale per permettere alle labbra di incontrarsi con più facilità. E lui, in un qualche modo, non si aspetta di essere respinto. Perché gli occhi di lei, a differenza dei propri, alle volte parlano molto di più. Labbra che vengono rapite e iridi che s’imprimono su quelle palpebre che la terzina sceglie di abbassare. E c’è un leggero lasciare andare quando le mani altrui raggiungono in proprio cravattino, lasciandosi condurre da quel movimento, permettendoglielo sotto certi versi, poiché due cose contemporaneamente sembra incapace di farle. O pensa al bacio, o pensa a quel contatto che non le è stato permesso. Contatto che s’intensifica in quella mano che risale sul trapezio rubandogli un brivido impercettibile a lei, che fa vibrare la colonna vertebrale, proprio nell’istante in cui questa raggiunge la propria nuca, ne sfiora i capelli e lo conduce ancora di più in vicinanza di quel bacio. Un gesto quello di lei di chi pare sapersi lasciare andare, a differenza del serpeverde in questione. Una fitta allo stomaco viene immediatamente percepita, un qualcosa che opprime, che ricerca un altro bisogno. Qualcosa che urta, infastidisce, a cui vorrebbe porre fine. Eppure le sue labbra sono ancora lì, dischiuse in quelle lei, che incominciano a compiere movimenti del tutto nuovi. Qualcosa mai fatto, qualcosa che lo porta ad abbandonare la posizione presa, per raggiungere una posizione nettamente superiore. Le palpebre si abbassano nel momento in cui una mano risale sul suo corpo, arrivando a raggiungere la mandibola di lei che, lateralmente, verrebbe premuta, laddove le dita non fanno altro che scivolare su alcune ciocche di capelli morbidi. Lei non ha più quella posizione dominante, poiché questa non verrebbe permessa, ritrovandosi dunque a rizzare la schiena per cercare centimetri necessari a coinvolgere lei nel dover innalzare il capo. Il bacio cambia, muta, diventa qualcosa di intenso, qualcosa che richiama, desidera conoscere. Ed è un qualcosa di prettamente conoscitivo il proprio. Di quelle labbra che incominciano a muoversi, premendo sulle sue, sentendole sotto ogni verso, posizione, sino a ricercare un qualcosa di più, laddove la punta della lingua non ha niente di timido nell’istante in cui si insinua in lei, ricercando e trovano da subito un contatto ben definito. Un gioco di lingue che scambiano sapori del tutto nuovi, mai sentiti, mai percepiti. Un sapore che riconduce a lei, che memorizza. E quando il bacio si fa più intenso, la mano si stacca dal volto di lei per raggiungere la propria, in contatto di quel cravattino, di quelle unghie che incominciano a farsi sentire sulla propria pelle, bloccandola affinché possa trovare una posizione differente, permessa. E’ così che la porterebbe verso il basso, verso il proprio fianco, in appoggio. Prima di ritornare a spostare la propria mano su di lei, ancora in vicinanza del suo collo. Non graffia lui, preme solamente. Di quel bacio si sa ben poco. Segue il ritmo di lei in quei brevi attimi, prima di ricercare un ritmo proprio affinché questo venga seguito a tal punto da collimare alla perfezione. Il respiro che ormai si è mischiato con il suo, apparendo più sentito, causato da quella difficoltà respiratoria che va oltre al bacio. Forse lo trattiene quasi, il respiro, tramite le narici. Sente la passione di lei – per quanto una tredicenne possa mostrare –, sente il suo animo felino, la sua furiosa possessività, ma d’altro canto lei riuscirà a capirne ben poco di cosa va ad esprimere lui. Poco, davvero poco. Perché lui ha seguito, ha creato, ma non ha mai spiegato. E non spiega tutt’ora, quando il bacio viene a meno, quando si distanzia e riapre gli occhi sul viso di lei, respirando decisamente meglio. Le narici a sbuffare dell’aria calda, le labbra ad inumidirsi come a trarne l’ultimo sapore di lei. Le mani non fanno altro che ritrovare la posizione iniziale, portandosi all’indietro per aderire contro il corrimano di quelle scale. Il mento s’innalza, gli occhi penetrano in lei. « Rimane tra noi. » qualsiasi cosa si siano detti in quel bacio. Qualsiasi cosa lei abbia captato, annebbiata sicuro. Il viso a diventare estremamente serio, inespressivo come suo solito. La gabbia toracica ad abbassarsi e gonfiarsi al contempo. «Buon pranzo, Merrow. » il suo semplice dire, prima che con gli occhi non vada a mostrarle la direzione verso il piano inferiore, la via che dovrebbe intraprendere. Lui, al contempo, rimane a stringere il corrimano.
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Mani. Mani di lui che le raggiungono i fianchi, che l'attirano come calamite, che quasi annullano la distanza tra i loro corpi, quasi. Mani di lei, sulla spalla, sulla nuca, all'attaccatura dei capelli, dita che graffiano appena il tessuto della camicia, lente in un inesorabile sfiorare che sembra atto solo a fargli sentire fisicamente, per la prima volta, cosa voglia dirle starle così vicino, quanto poco raccomandabile lo sia. Mani che lo avvicinano, che lo tirano verso di sè, che lo sospingono ed incoraggiano, in quel contatto preso, non concesso, proprio come forse è tutto quel bacio. Perchè credevano di volerlo, in realtà detestandone l'idea, ma desiderandolo infine senza possibilità di fare altro se non arrendersi al fatto compiuto. Labbra. Labbra di lui che si posano su di lei, che l'assaggiano, che si modellano contro le sue, che la costringono a voltare il viso leggermente verso l'alto per far si che quel contatto non cessi, non appena la posa dell'altro muta a sovrastarla. E a lei sta bene così, evidentemente, perchè è con un respiro vagamente più intenso filtrato dalle narici, che glielo fa intendere. Le piace concedergli cose che lui comprende subito di doversi prendere. Perchè non c'è niente che lui le abbia rubato, che lei non gli abbia permesso in precedenza, a monte. Labbra di lei che si schiudono, che ricercano con la lingua la gemella, che assaporano, piegano e che si fanno roventi in quel contatto mai avuto, che sa di lui, e che ora capiscono cosa voglia dire, il suo sapore. Si sente sfiorare da quel tocco sulla sua mandibola, a cui si piega leggermente ad accentuare il contatto, ad offrirgli per qualche istante o due, più superficie da saggiare. Perde un po' la cognizione del tempo, finchè la mano dell'altro raggiunge quella che lo tiene tramite il cravattino, e con quel semplice bloccarla, lei molla, lasciando che le dita scivolino in un veloce scorrere di tessuto, sul verde e l'argento. Poggia la mano sul suo fianco, a cui si aggrappa delicatamente, sospingendosi però più vicina, ad un soffio dal suo corpo, che però ancora non collide con il suo, mentre sente nuovamente il collo vagamente sfiorato dal suo palmo. Rabbrividisce segretamente in quel ritmo che si fa incalzante, che vede non più lei come singola protagonista, ma un alternanza di ruoli a concludersi con un duetto inaspettato fatto di perfetta sincronia. Gli respira addosso con una delicatezza che ricerca nel rilasciare il fiato dal naso, per non investirlo con tutta la potenza di quel cuore che si è fatto irregolare nel suo battito e che minaccia la dignità che ancora lei stringe solidamente come pallida maschera. Per non fargli capire quanto le piaccia, per rendere il tutto più controllato. Invano, perchè almeno in parte quello passa, in quella distanza quasi inesistente. Tanto criptico lui, quanto ardente lei. Piano quindi tutto scema, come se il voltaggio di due lampadine venisse meno e loro si ritrovassero a sfarfallare un attimo soltanto prima di spegnersi del tutto. Si guardano, gli occhi dal taglio affilato di lei che lo scrutano con insistenza incalzante, nonostante il viso torni composto e la lingua vada a percorrere in un veloce moto incontrollato, il labbro inferiore, alzandone appena la punta quando raggiunge l'angolo sinistro della bocca, a sfiorare quello superiore « Perchè, paura che lo venga a sapere qualcuno? » del bacio? Di quello che si sono detti senza proferir parola? Di quanto buono sia quel sapore? Quell'augurio poi, a cui lei risponde indietreggiando d'un paio di passi, a scostare finalmente del tutto le mani da lui per lasciarle morbidamente lungo i fianchi esili, e che le provoca un ghigno divertito su quella bocca leggermente più rosea dopo quel contatto prolungato « A me è passata la fame. » mormora con tono spiccio. E quando mai t'è venuta, Merr? Si stringe la sacca sulla spalla, ruotando il busto, volgendosi verso l'ultima rampa di scale « Baci da schifo, Gutierrez. » pausa « Dovresti fare pratica. » con me, sottointeso non tanto sottointeso « E comunque conosco di posti più interessanti dove passare la pausa pranzo. » allusione? Invito? L'occhiata ultima che gli molla sembra decisamente atta a calamitarlo, ma senza assolutamente aspettarsi da lui tanto coraggio. Non dice altro, non lo saluta nemmeno, riprendendo a scendere i gradini con quella sua camminata solita, sinuosa, ferale ed allo stesso tempo dalla schiena dritta, vagamente marziale. Vieni o no?
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merrowloghain · 4 years
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03.07.76
“Lascio tutte le mie proprietà immobiliari, compreso l’appartamento a Diagon Alley, fino al mio ultimo galeone, ed ogni creatura a me legata, esclusivamente a mia nipote: Merrow Morgana Loghain.”
Un bigliettino lasciato a parte in una busta intestata proprio a lei, con il sigillo in ceralacca dei Loghain:
“A te, adesso mia Unica Erede. 
Mi dispiace,
Nonna.”
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«Assieme alle proprietà, devo informarla, Miss Loghain, che ha ricevuto in eredità anche un Elfo Domestico. Era quello personale di Mrs. Loghain, ed è qui fuori dallo studio ad attenderla. Si chiama Pak e solitamente si occupava di tenere sempre pulite le varie tenute, pronte ad una visita da parte della sua Padrona.»
_______________________________________________
La porta si schiude e Merrow esce dall’ufficio, incontrando in quella piccola ma lussuosissima, saletta d’aspetto, la bassa figura appartenente ad una creatura rugosa e dalle ampie orecchie da elfo. Il naso pronunciato, le sopracciglia biondo rosso piuttosto ispide, una bocca tirata in una linea che fa trasparire seria preoccupazione ed un paio di grandi occhi cerulei che, una volta fatto il suo ingresso, si puntano sul proprio viso e non sembrano volersi schiodare più. 
«Pak, vero?»
L’elfo annuisce, serio e vagamente rigido, prima di performare un inchino elegante e perfetto nella sua semplicità «Per servirla, Padrona.»
Disagio, ed un pochino di disgusto, nel vedere quella creatura che con tanta premura la chiama “Padrona” e le si inchina dinnanzi  « Non...non serve, davvero. Cioè io sono.. solo Merrow, ecco.»
L’elfo solleva lo sguardo, ancora mezzo inchinato, ritornando lentamente nella posa iniziale con una confusione crescente sul viso. C’è una composta regalità in quella creatura, che fissa la sua interlocutrice in un’analisi discreta  «Va bene, Solo Merrow. »
Lei inarca il sopracciglio sinistro, con quell’inadeguatezza che continua, strisciante, a farsi largo in lei  «No, non “Solo Merrow”! Solo....Merrow. » e se prima l’elfo poteva avere il dubbio che fosse stupida, ora di certo ne avrebbe la certezza.
In tutta risposta, Pak l’osserva, mentre ascolta la Loghain uscirsene con quella precisazione infelice che, inaspettatamente, fa comparire uno stanco sorriso genuino, sul volto della creatura  «Merrow » concorda soltanto, annuendo una volta, con la stessa calma e sicurezza, che potrebbe avere il guardiano d’un faro lontano: solitario ma pragmatico.
«Merrow» ripete a sua volta annuendo, arrivando a porgergli una mano a presentazione, che lui osserva stranito ma che non si fa sfuggire dallo stringere 
«Pak »
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merrowloghain · 4 years
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«Tu lo sai che c`è del verde, nei tuoi occhi?» così, a bruciapelo, e senza nessun motivo apparente «Mi ricorda che c`è qualcosa che non tutti vedono.» prende fiato, ed infine, ignorando quel "cinque" volante che lui le propone, porterebbe i polpastrelli della destra contro la fronte di lui, a sospingerlo appena all`indietro, con un accenno di sorrisino spento «Ma io ti vedo, sai?»
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«Senti, Merrow...» ritenta piano «Io non è che ci ho capito proprio tutto tutto, eh» mettendo le mani avanti, metaforicamente parlando, la voce che reca il sapore di un sorriso privo di reale allegria «Comunque... hai ragione, è uno schifo. Non c`è altro da dire»
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Inspira, lo fissa qualche istante negli occhi, come a cercarne qualcosa che improvvisamente torna a farla sorridere, più dolce, ed addirittura ridacchiare «Vedi? Verde. L`avevo detto io.»
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«Vabè» scuote la testa, di fatto sottraendosi all`ispezione del suo sguardo da lince «Azzurro, verde... è uguale. Che cambia?» ridacchia piano mentre con le dita prende a sistemarsi le ciocche più corte che gli cadono sulla fronte, coprendosi ancora di più gli occhi ma in un gesto che vorrebbe sembrare noncurante.
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«Hmm..» sembra riflettere «Cambia per chi li guarda, non per te.» dice a voce bassa, in un mormorio roco. Lo sguardo si punta in avanti, oltre loro due, forse un po` assorto «Sembri azzurro, ed a chiunque ti guardi di sfuggita, ricorderà sicuramente quanto celeste tu sia. Quindi alla domanda di: Lui che tipo è? Tutti riuscirebbero facilmente a dire: azzurro, ovvio!» tace un secondo, tentennando un momento con un leggero movimento indeciso del capo «Se lo chiedessero a me, saprei dire che sei anche verde. E che benchè quell`azzuro sia fantastico, io resto per il verde.» ha senso? No? Non importa, almeno a lei non sembra importare che lui comprenda subito quello che sta cercando di dirgli «Ed in questo momento, quel verde è proprio bello.»
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merrowloghain · 4 years
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Si mette in piedi, e con passo calmo, la schiena dritta e l`espressione che potrebbe avere un condottiero su un campo da battaglia «Ora tu mi dici..» fa una pausa, per espirare lentamente ed in maniera controllata, dalle piccole narici bianche «cosa Schiopodo ti prende.» 
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Non cambia nulla nemmeno il fatto che lei sembri un condottiero sul campo di battaglia, lui sembra un giovane cavaliere nello stesso posto, con sguardo dritto e fiero. Avanza addirittura di un passo, guardandola dritto negli occhi, le labbra strette tra loro e il cipiglio gelido, la roba malamente in mano. Forse vede la brace nei suoi occhi, ma in ogni caso è evidente che non gli importi molto. «No» secco «Ora mi dici cosa vuoi» 
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merrowloghain · 4 years
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21.06.76
No, non è una strana creatura oscura, e nemmeno uno spaventapasseri animato. E` solo Tristran, che rovista come un Jarvey alla ricerca di qualcosa nel terreno, tant`è che quando fa quel gesto per scostarsi i capelli, alla Loghain finalmente spunta di nuovo il sorriso. Ripone la bacchetta in tempo per il saluto del secondino «Gringo!» replica, lasciando che l`amarezza sfugga dai tratti spigolosi «Cosa fai qui? Sei andato così male negli esami che stai pensando di darti all`eremitaggio? Non puoi vivere solo di carote, lo sai, vero?» ridacchierebbe appena, accucciandosi accanto a lui per tentare di dare una leggera testata con la tempia destra alla sua spalla sinistra ed ossuta «E` un botto che mi scappi, che hai fatto? Corsi accelerati di cultura nudista di Durmstrang assieme a Niall?»
quando lei dà segno di riconoscerlo lui si limita a mostrarle i denti in un sorriso che risulta particolarmente ferino «E meno male!» si accoda al suo dire iniziale riguardo al mangiare solo carote, le quali evidentemente non soddisfano i suoi gusti, divertito nonostante la smorfia schifata che per un attimo gli distorce i lineamenti altrettanto spigolosi «Boh, così» scrolla le spalle, giustificando la sua presenza lì con la solita indolenza «Volevo provare a fott-» fotografarmi «`na zucca da portarmi a casa. Ma non ci stanno…» soggiunge un po` dispiaciuto, volgendo uno sguardo intorno a sé tanto per assicurarsi di non essersele fatte scappare. Schiocca la lingua contro al palato, tornando poi a guardare Merrow con fare ironicamente indispettito «Intanto la cultura nudista di certo non la faccio con Niall. Ti pare?» di nuovo storce la bocca in un`espressione esageratamente schifata «Mah, comunque le solite cose. Fuggivo da quelli che volevano ripassare per gli esami» e qui le lancia un`occhiata furba ed eloquente, un attimo prima di inspirare una rumorosa sniffata d`aria, captando quel profumo di Amartance senza però riuscire ancora a individuarne la fonte.
«E che ne so. Di certo non ci sono molte ragazze che si spogliano volentieri come lui.» (…) «Ahh!» schiocca la lingua al palato «Ecco perchè, quindi» e si, l`occhiata eloquente la coglie, ma lei alla fine si ritrova con il fondoschiena per terra, lasciandosi ricadere all`indietro, li, nascosta tra le zucche acerbe con Goltraighe «La vuoi provare una sigaretta?» domanda così, a bruciapelo, con la stessa espressione come se gli avesse domandato se ha una gomma bollebollenti in tasca, da darle. Attende, l`espressione neutra ma a lui completamente rivolta.
Si libera il petto di un sospiro «Seh, un gran peccato…» constatando con aria di ironica delusione il fatto che le loro compagne non sembrino altrettanto bendisposte a spogliarsi. Di nuovo si attarda a fiutare vistosamente l`aria che lo circonda, puntando il naso per aria, ma prima che possa chiedere qualcosa… Merrow lo sorprende con quell`ultima domanda, in grado di fargli spalancare un poco gli occhio «Serio? Ce ne hai una?» la guarda in un misto di perplessità e ammirazione, alfine cedendo a un sorriso «Ovvio che sì!» catturato all`amo dalle trasgressioni proibiteh come qualsiasi tredicenne.
«Beh ma tu hai provato a chiederglielo?» alle compagne, di spogliarsi. Sta creando un mostro. «Magari sono timide, e tu sei il solito Troll, appunto, che le mette in imbarazzo! Ne devi scegliere una sola, io te l`ho detto ancora a San Patrizio! Se non le fai sentire speciali, niente cose speciali!» e fa pure le virgolette in aria, con quell`ultimo speciali rivolto con aria sorniona all`altro Grifondoro. Lo vede annusare l`aria, e capisce immediatamente cosa possa essere così interessante alle narici di Tristran «Ohi, ma sei diventato un crup da tartufo?» esistono? «Si che ce l`ho.» da brava ragazzetta angsty, eccola frugare nella sacca, tirando fuori niente popò di meno che un pacchetto di Merlino`s, oramai a metà del suo contenuto, aprendolo per aspettare che l`altro ne acchiappi una, per poi fare lo stesso avvicinandosi il contenitore alle labbra, afferrandone una con i denti e li bloccandola, a penzoloni tra le labbra, per poi sfoderare la bacchetta e pronunciare un «Flamòra» a denti stretti, con il chiaro intento di far diventare incandescente la punta del catalizzatore. Se ciò avvenisse, aspetterebbe di vedere l`altro imitarla, prima d`accendergli la Merlino`s con un  «Mi raccomando, fai un bel tiro forte, a pieni polmoni, sennò dico a tutti che sei una mammoletta» ah, friendship is magic, they said. Sghignazza un poco, roca, per poi fare la stessa cosa con la sua sigaretta, ma decisamente tirando molto più piano. Se tutto fosse andato come dovuto, eccola liberare nell`aria una nuvoletta di fumo roseo, facendolo passare dalle narici come un drago innamorato.
il focus della discussione si sposta sulle compagne di classe e lui finge di indignarsi, graffiandole l`udito con un altro sonoro schiocco di lingua «Ti pare? Io sono un signor gentilmago! Sir Cadogan s`abbassa il capello quando mi vede» finge di vantarsi, ravviandosi i capelli con una mano. Ma il sorriso è di breve durata, dato che poi giunge la solita lezione di vita in grado di fargli borbottare con esasperazione «E che palle…» a denti stretti «Va bene, ho deciso» decreta all`improvviso, cercando di puntarle un indice sulla spalla «Spogliati tu» e sogghigna con un che di dispettoso, almeno finché il profumo della compagna non ci mette lo zampino, distraendolo «Boh, sentivo tipo un profumo di cioccolata… c`hai pure quella?» s`informa in tono casuale, mentre le scrocca una Merlino`s e fa in modo di accendere la propria contro la punta della bacchetta della Grifondoro. Solleva un angolo della bocca in un sorriso, accogliendo di buon grado la sfida «Mi sa che sei proprio te, la mammoletta» azzarda, indicandole con la propria sigaretta quella boccata di fumo così graziosamente rosa «E comunque mi devi spiegare come hai fatto a…» procurartele? Le parole gli muoiono in gola, impegnato com`è ad aspirare fin troppo fumo in una sola volta e rigettarlo tutto in pesanti colpi di tosse, sfumati di blu.
sentenzia tutta convinta, per poi sbottare a ridere a sentir nominare quel Sir Cadogan che dev`esser tutto suonato, se si leva il cappello dinnanzi a Goltraighe «E chi è, il tuo amico immaginario?» lo canzona ancora, prima di sentire quell`uscita esasperata, con tanto di indice sulla propria spalla. Lo guarda curiosa, magari aspettandosi chissà quale solenne dichiarazione, quando Tristran semplicemente propone A LEI di spogliarsi «Ciccio, ma sei serio?» chiede inarcando il sopracciglio sinistro «Ma se io nemmeno ti piaccio!» sbotta, a metà tra l`ilare e quel sotterraneo orgoglio adolescenziale che risulta costantemente ferito «Spogliati tu, semmai!» aspè, ma che gioco è? «Ti offo anche la tua prima sigaretta!» perchè lei almeno ne è convinta, che sia la sua prima «Quasi» dice enigmatica riguardo la cioccolata «Te la regalo se mi dici cos`altro senti.» sorniona replica, prima d`accendere le due Merlino`s, e lasciare che sia lui stesso a capire per quale motivo no, non è decisamente lei la mammoletta. Lo guarda tossire a pieni polmoni, ridacchiando e continuando a sbuffare nuvolette rosa sta volta dalle labbre carnose. (…) «Se te lo dicessi, dovrei trasfigurarti in una teiera.» le fonti criminali non si rivelano, si condividono solo i frutti «Vuoi sapere la cosa grinzafica?» guarda il blu che se ne va via con il vento, da quella tosse ai danni del Grifondoro «Il colore ti dice lo stato d`animo.» e farebbe anche per sbirciare il retro del pacchetto, sghignazzando e scenerando, per poi prendere un`altra boccata più piccola «Uhhhm interessante!» finge chissà quale rivelazione, premendosi il pacchetto al seno, mentre rimira stile sibilla, le nuvolette blu di Tristran.
«Macchè! Dài, è quel quadro sciroccato che sfida a duello tutti» le rammenta, prendendola alla lettera. Poi si stringe nelle spalle, tranquillissimo nell`ostentare il fatto che, sì, a quanto pare è del tutto serio. Lo sguardo gli sfugge verso l`alto, lasciando trapelare un altro pizzico di divertita esasperazione «Che ne sai? Mica me l`hai mai chiesto, scusa» le fa notare, di fatto facendole il verso, sorridendo per nulla imbarazzato nonostante l`argomento «Oh, guarda che lo faccio davvero» in merito allo spogliarsi, dicendolo come se fosse una minaccia. E infatti, «Però attenta, che io mica c`ho i muscoli di Sinclair» la mette in guardia, tentando di toccarle di nuovo la spalla con qualche tap-tap del dito indice «Tutto il pacchetto, o niente» mercanteggia, sfoderando un sorriso sicuro «Però non ho mica capito cos`è che dovrei sentire. Sei te che c`hai `sto profumo?» leva la testa verso l`alto, fiutando di nuovo l`aria lungo una pista che dovrebbe condurlo a sporgere il naso in favore dei capelli infiorellati di Merrow. Ma questo succede prima del suo mezzo suicidio. Mentre tossisce sputacchiando senza ritegno alcuno sulle piantine del povero Jude, si batte il petto con la mano che non regge la sigaretta nell`attesa di calmare il proprio respiro. La seconda boccata di fumo almeno va un po` meglio, dato che ha la buona grazia di fare le cose con calma «… `nchesenso?» domanda tutto d`un fiato, intanto che il fumo della sua Merlino`s si tinge di qualche sfumatura indaco «Meh, maddai, che roba da Streghetta 2000…» constata un po` schifato, alzando lo sguardo verso l`alto.
«Ah si giusto!» quel Sir Cadogan, lo sciroccato «Ecco perchè è tuo amico!» aridaje, non molla un colpo. Corruccia la fronte a quel suo dire, ponendole quelle domande che hanno soltanto l`effetto di farle arricciare il naso in un`espressione di confusa indecisione «Ma se ogni volta te ne scappi dalla Gray!» sentenzia come a mo` di scusa, mentre l`imbarazzo che non coglie lui, sembra serpeggiare in lei «Beh, scommetto che hai delle ossa estremamente affascinanti. Ossa e capelli: forza Goltraighe, non ti vergognerai mica, giusto?» lo sfida, con un`espressione perfettamente seria, tanto da sembrare per un istante, una dama seduta in un salotto, a fare una richiesta perfettamente ragionevole al suo cavaliere «Tutto il pacchetto?? Ma che sei suonato? Guarda che ho dovuto fare carte false per farmele arrivare! Facciamo metà» che con i Loghain non si finisce mai di mercanteggiare «E solo perchè ti voglio bene e prima o poi di qualcosa dovrai pur crepare. Quindi se fosse per causa mia, mi sentirei quasi lusingata.» glissando completamente sulla questione del profumo, per ora, ma il modo malsano in cui glielo dice, con quel sorriso così ferino e crudo, ha un che di inquietante. Dura poco, perchè lui si strozza e lei sfumacchia, aggiungendo una sfumatura indaco a sua volta, forse memore dei discorsi precedenti «Lo dici solo perchè non sai decifrarli.» ma quanti anni ha? «E comunque qui dice..» nel pacchetto che sbircia «che chi fa quel fumo blu li..» occhio eh «è innamorato.» drop the bomb «Mi devi dire qualcosa, Tristran?» e con un sorrisone che è tutto un programma, farebbe anche per sporgersi in sua direzione, facendo un tiro dalla Merlino`s con quel retrogusto di mandorla amara in bocca. Un gatto nel corpo di una quattordicenne. Ed anche piuttosto stro-.
Questa volta la risata esce un po` fuori imbarazzata, mentre un sorriso tremolante di sensi di colpa gli si apre con discrezione tra le labbra, fin troppo consapevole dell`aria tesa che tira fra le due compagne di squadra «Boh, è carina» si giustifica con semplicità, scrollando le spalle «Ma pure te sei carina, naturalmente» salvo poi realizzare a scoppio ritardato che forse Merrow potrebbe offendersi, e allora si affretta a correre ai ripari. Spandendo complimenti, ma in modo maldestro «Macchè» riguardo al vergognarsi. Scoppia a ridere, e davvero non sembra farsi problemi a sollevare un lembo della propria maglietta fino a mettere in mostra la pancia e parte del torace ancora magro «Toh. Guarda che roba. Playwitch, levati!» esclama persino, ovviamente del tutto autoironico, rivolgendole un occhiolino al di là della maglia alzata. (…) «Okaaay, metà sia!» meglio parlare di affari, ecco. Attardandosi a errare con il naso pericolosamente vicino ai capelli della ragazza, continuando a fiutarla come una bestiola curiosa «Mmh boh, però non capisco bene di che sa. Sembra un po` il profumo che ci stava nella mia vecchia casa» (…) «Cos» lui, innamorato? «E di chi, scusa?» sì, lo chiede proprio a lei, e con una punta di autentico panico nella voce «Maddai, non dire `ste bolidate manco per scherzo» sentenzia, allungando bruscamente una mano verso di lei nel tentativo di strapparle il pacchetto.
Tanto va tutto a rotoli quando lui le mostra l`ombelico e quelle quattro costole da xilofono che lo compongono. Fischio basso, nemmeno fosse un portuale «Goltraighe, così mi fai venire caldo!» e si sventolerebbe anche con la sinistra che stringe il pacchetto «Buu!» sbotta quando lui abbassa la maglia su quell`ectoplasmatica epidermide «Gringo, quando cresceremo un po`, ne riparleremo.» di cosa, non è dato saperlo. Lo ascolta cercare di definire il profumo che sente, con un sorrisino enigmatico a piegarle l`angolo sinistro della bocca, mentre le piccole volate di fumo, assumono una sfumatura verde e rosacea «Ed io che ne so!» replica alla sua domanda, per poi indietreggiare di scatto con il busto, finendo a schiena a terra, allontanando lesta di riflessi, il pacchetto dal gesto brusco del secondino, che lei si aspettava da un pezzo «Si si, guarda che c`è scritto qui!» squittisce lei, tant`è che finge, rotolandosi su un fianco, a dare le spalle a lui, di leggere chissà quale verità recondita, sul retro del pacchetto delle Merlino`s «Le volate di fumo blu sono tipiche d`un animo romantico, ignaro del suo stesso amore ed incapace di confessarlo alla persona desiderata!» con la voce di un radiocronista, sbirciando il Grifondoro oltre la sua stessa spalla destra, sigarette al petto, per non farsele soffiare «Eddaaaaai! A me puoi dirlo chi ti piace!» esclama con una faccia scema, sboffandogli in faccia nuvolette rosee condite da un ghigno ferale.
Ma del resto, ne conquistano di più le sue ossa sporgenti che le sue parole «Ou, okay, guarda che ci conto!» ammicca in risposta, tanto carico di promesse quanto buffo. Il tentato furto non va a buon fine, e lui si ritrova a sbuffare mentre segue l`esempio della compagna coricandosi a sua volta sul terreno «Ma che cazz…» scuote la testa, incredulo, rigirandosi la sigaretta fra le dita che oramai sembra in grado di produrre un pennacchio esclusivamente indaco «Va bene» pronuncia però ad un tratto, improvvisamente risoluto. Si tira su appoggiandosi a un gomito, facendole cenno di avvicinarsi e assecondando l`eventuale movimento di Merrow «Mi piace…» si umetta le labbra, cercando di parlarle a un centimetro dall`orecchio; la voce sommessa, carezzevole e confidenziale… un istante prima di deglutire forzatamente, cacciando fuori un ruttino ben poco ino a tradimento. Un gentilmago, signori «OPS NON VOLEVOOO» se la ride pure, cercando di rotolare via e finendo col dare luogo a un improbabile inseguimento con lotta tra le frasche? Chissà. Sicuramente, di questo passo, l`indomani Jude rischierà di ritrovarsi il cadavere di un tredicenne abbandonato tra gli arbusti di mele.
Se lo rimira, sfumacchiando e scenerando, mentre lui subito dopo, attenta al suo Sibillino pacchetto di Merlino`s. E più lo sbuffo resta blu, anche se indaco ma Tristran dotato del range cromatico d`un crup magari confonde, più lei se la sghigna ferale. Lo guarda stendersi come lei, ma lo fissa al di sopra della spalla destra con uno sguardo socchiuso e diffidente, soprattutto quando si tira su a puntellarsi sul gomito, costringendola a mettersi supina ed a sollevarsi leggermente per sentire quella confessione tra le zucche. Si. Becca. Un. Dannatissimo. Rutto. Lei! Scoppia a ridere come un bombàrda màxima, incapace di contenersi, finendo per sbuffare nuvolette rosa condensate, mezza soffocando, rigirandosi come un`isterica nel terriccio. Finisce per grufolare a sua volta, vedendolo rotolare via nel tentativo di sfuggirle. Si alza di scatto, spegnendo la Merlino`s sotto l`anfibio destro mentre la mancina acchiappa al volo la sacca, mettendosela a tracolla «NOOOOOOOOOO!!! SEI L`UOMO CHE STAVO CERCANDO! GOLTRAIGHE RENDIMI UNA STREGA ONESTA! FAMMI VEDERE LE TUE COSTOLE SEXY! VOGLIO SOGNARE I TUOI POLSI OSSUTI!» strilla a squarciagola, tanto Jude non dev`essere li, o li avrebbe già beccati da un po`, con lei che finisce per corrergli dietro velocemente, con il chiaro intento di fargli diversi agguati per atterrarlo, e ricoprirlo di terriccio per ricordargli che un Goltraighe buono, è un Goltraighe morto.
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merrowloghain · 4 years
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«Sai, avevi ragione.» Avevi ragione. Tu. Quindi io avevo torto, no? «Mi interessi» il tono caldo, la voce bassa e roca, come al solito «probabilmente più di quanto io interessi a te.» e non c`è nessuna inflessione particolare nel tono, semplice constatazione, senza mai abbandonare i suoi occhi, in un leggerissimo inclinarsi verso di lui, appena percettibile «E vorrei baciarti.» solo qui, un leggero crollare di visuale verso le sue labbra, prima di tornare a sostenere il suo sguardo, con una calma fiera ed imperante, e quel sorrisetto crudo a fare da contorno.
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Do I wanna know? If this feeling flows both ways? Sad to see you go Was sort of hoping that you'd stay Baby, we both know That the nights were mainly made for saying things that you can't say tomorrow day
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« Okay. » è un permesso. Le ha dato il permesso di farlo. Per qualche ragione di calma, si placa. Le ha dato il permesso di rimanere lì. Di usufruire quel tempo in una maniera differente. Può baciarlo. Ma con l’unico impiccio di torno. Perché quando faciliterà il movimento in avanti, per avvicinarsi un minimo al suo volto, è veloce il proprio catalizzatore a trovare luogo appena sopra al cravattino di lei, puntando la punta di quest’ultimo in contatto con la sua pelle. Può baciarlo, sì, ma con l’impiccio del proprio catalizzatore.
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Crawling back to you
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Lo guarda, lo guarda veramente, come se seguisse tutto quel suo agitarsi irrequieto, quel suo dimenarsi forte contro la calma che lei mantiene senza nemmeno troppa fatica. E` come se si fossero invertiti i ruoli: perchè lei non afferra, non prende e non impone, anzi, scorre appena in sua direzione, i capelli che si arricciano un poco di più contro il legno in quel movimento strascinato, lasciando che lui le punti il catalizzatore sopra quel povero cravattino allentato e sgualcito, verso l`inizio di quei due bottoni lasciati aperti. Solleva appena il mento, come se lui non avesse messo in realtà quel grosso freno che sa di minaccia, avvicinandosi fino a metà strada, a socchiudere appena le palpebre. Lei non bacia ad occhi aperti, e lui in realtà, troppo scemo ci è: perchè non c`è niente nella Loghain che faccia presupporre qualcosa di nascosto, qualcosa che non gli abbia già offerto, con quella sincerità cruda e disarmante. Mantiene la stessa posizione senza muovere un muscolo in più che non sia propedeutico alla sua intenzione, e non le serve sapere che le ha permesso niente, non le serve quell`unica parola pronunciata dall`altro, perchè le basta quel leggero inclinarsi da parte sua per capire, e se lui la raggiungesse per quella distanza brevissima che li separa, lei andrebbe con un leggero colpetto con la punta del naso a ricercare il suo, come ad avvertirlo, a ricordargli che si sta avvicinando e che può scostarsi ora, prima che tutto il resto avvenga. E se lui fosse ancora li, a respirare il suo profumo di pepe nero e cannella mentre si fa più vicino e presente, le labbra arriverebbero a sfiorare leggere le sue, in una sorta di memoria labiale che cerca di risvegliare in lui. Sono le sue labbra, non quelle di qualcun` altra. Ti ricordi di me? Lasciandogli tutto il tempo del mondo per capirsi, saggiarla pianissimo, mentre lei torna a ricordarsi l`odore della pelle di lui, prima che quel contatto s`intensifichi, pur rimanendo sempre e solo a stampo, muovendosi delicatamente sul contorno che separa le sue labbra, donandogli una scelta semplice. Lo vuoi?
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So have you got the guts? Been wondering if your heart's still open and if so I wanna know what time it shuts Simmer down and pucker up I'm sorry to interrupt. It's just I'm constantly on the cusp of trying to kiss you
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La punta della propria bacchetta continua orgogliosamente a sfiorare la pelle di lei, rimanendo ferma e immobile, a toccarla come a farle presente quella minaccia fatta di gesti e non di parole. Una minaccia non verbale. Una minaccia che può sentire sulla sua pelle. Che può farle intendere di non commettere un solo passo falso. Quell’avvicinarsi a lei è cauto a differenza del gesto della propria bacchetta. Ma lei si pone diversamente. Lei è tranquilla. Lei non è impaurita da niente. Lei è semplicemente pacata, come se sapesse alla perfezione a cosa stia andando incontro. Come se già sapesse come muoversi. Mostrandosi come gli opposti, in questo momento. Lui agitato, sull’attenti, pronto a commettere qualche torto. Lei calma, pacata, a scegliere di volere quel bacio. A rivelare con una naturalezza che disarma una verità nascosta. O forse che ha sempre saputo. Non sa quanto stia mentendo. Non capisce la sua sincerità. Capisce solo che si sta avvicinando alle sue labbra, che sta sentendo quel profumo che riconduce alla cannella, inebriando nella miglior maniera le proprie narici permettendosi un respiro sulle sue labbra prima che la punta del proprio naso sfiori quella di lei. Le palpebre pigre, leggermente abbassate, pronte a chiudersi – o forse no – ad un eventuale tocco di labbra. Labbra che si inumidiscono appena prima che quelle di lei finiscano in un morbido contatto. Un contatto semplice, che risveglia ricordi, che porta alla memoria quel suo primo bacio con lei sulle scale. Labbra che vengono ammorbidite sulle sue, assaporate lentamente, senza alcun movimento di troppo. Non muove il capo, ma chiude gli occhi. Respira su di lei, traendone il suo profumo. Un bacio a stampo che viene intensificato con il movimento delle labbra che inumidiscono quelle di lei, che si prendono il suo sapore, la sua saliva, ma nulla di più. Non ricerca la sua lingua, ma appena gli viene donato più spazio è la punta della propria bacchetta a sospingersi contro la pelle di lei, premendo più del dovuto, come a volerla allontanare. « Che vuoi, Loghain? » staccandosi un minimo, ma rimanendo lo stesso a pochi centimetri dal suo viso, mentre gli occhi non fanno altro che ricercare quelli di lei, rimanendo fissi nelle sue iridi grigio-verdi come le acque del lago sotto la luce invernale.
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I don't know if you feel the same as I do But we could be together if you wanted to
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Non c`è un solo granello di lei che spinge di più. Non c`è fretta, non c`è gioco di forza, non c`è ironia nè quella sottile vittoria che potrebbe appartenere a qualcuno che sta ottenendo quello che vuole. Perchè è quello che vuole. Gliel`ha detto, glielo dimostra, e con calma lascia che sia anche lui ad avvicinarsi, a ricordarsi perchè gli sia così necessario mettere una bacchetta tra di loro, a spingerle appena sulla pelle tanto quanto le sue labbra entrano a contatto con le proprie. E` morbida, con profumi e sapori che raccontano di lei in quella maniera impossibile da ignorare, e che forse potrebbero risultare difficili da dimenticare davvero. Rimane ferma con il viso, con quel mento un po` verso l`alto, sporto in sua direzione, per regalargli una libertà di movimento ma soprattutto di scelta, mentre gli occhi di entrambi si chiudono, per lasciare che quel sipario accentui tutte le sensazioni che al buio vengono percepite. Lui, così vicino, così aggressivo da vedere in lei un pericolo, che nemmeno ha sfiorato un solo momento la bacchetta, e che non gli ha ringhiato dietro nemmeno un secondo. Sente la bacchetta premere per allontanarla, ed è con un leggerissimo strascinare di labbra, che si prende l`ultima sfumatura di sapore che appartiene a quella bocca appena saggiata, andando ad umettarsi le proprie per catturare ciò che le ha lasciato in ultima. Si scosta senza opporre resistenza, le lunghe ciglia nere che rialzano le palpebre e che incontrano quegli occhi glaciali in un`aspettativa soddisfatta immediatamente «Te.» semplice, un sussurro carico e talmente tanto naturale da risultare un disinnesco ed un innesco al contempo «Se e come questo sarà possibile, spetta a te capirlo.» anche qui, piena libertà di scelta, mentre lo sguardo per un solo attimo, torna a guardargli le labbra ad un soffio dalle sue, prima di tornare ai suoi occhi, impossibili da ignorare.
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Ever thought of calling darling? Do I wanna know? Do you want me crawling back to you? 
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merrowloghain · 4 years
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Da quanto tempo non s’incrociavano con lo sguardo? Troppo, forse. E quello sguardo pare rimanere ancora lì, sulla figurina al quale mai avrebbe creduto di ritrovare un contatto mentale. In caso ci fosse mai stato. Sì, forse solo una volta nel loro strano rapporto. Che possa poi definirsi tale. Rimane fermo in quella posizione, le spalle che paiono più ampie rispetto agli anni precedenti – gli allenamenti hanno un che di affascinante – e il petto che rimane in fuori a respirare piano e, a mostrare, come tutto quello non gli abbia fatto alcun effetto. Osserva la figura longilinea della Loghain avvicinarsi a lui, in un accorciare delle distanze che viene attuato solamente per difendere… un’amica? E’ questo che siete tu e la Gray? C’è una palese occhiata che potrà notare la ragazza in quella camminata. Un’occhiata d’esame. Poiché sono le iridi che dall’alto del suo viso scendono su tutta la figura femminile, studiandone qualcosa, in un modo estremamente nuovo e particolare, scendendo sulle sue gambe prima di risalire sul suo viso dove terminerà quella corsa quando lei è a pochi passi da sé. Si volta per fronteggiarla completamente. Quella mano che viene posta in avanti ad accorciare ancora di più le distanze. Guarda la mano e torna sul suo volto. Le iridi trasparenti si fiondano in quelle grigio-verdi di lei, premendo le labbra una sull’altra, prima di inumidirsele. Flette le sopracciglia. « Merrow. » ci chiamiamo per nome adesso? « Cosa ti fa credere io ce l’abbia? » in riferimento a ciò che è stato sottratto alla quartina. « Ti sbagli. Mi dispiace. » Gli dispiace? Flette le sopracciglia. « E ora, se non ti dispiace » il tono educato, moderato, ponderato. « devo andarmi a preparare » psicologicamente « per Astronomia. Che è la mia materia preferita. » Mente. Ma lo fa piuttosto bene. Perché nemmeno un angolo del suo viso sembra voler dire altro per quanto appena proferito. « Bonne nuit, mademoiselle. » a te il nomignolo, come ai vecchi tempi. Un piccolo cenno con il capo per poi voltarsi e prendere la direzione di prima; l`uscita dalla sala grande.
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Lo percepisce, quello sguardo che le scivola addosso con la velocità della pelle d`oca che le si forma. Se lui cerca il suo sguardo, lei invece lo ignora bellamente, quella mano che si tende verso di lui, con le dita affusolate e bianche. Gli allenamenti sono affascinanti, vero? Perchè lei è altrettanto tonica, con quel fisico da gazzella che si ritrova, e le gambe lunghe come un`autostrata. E` affilata: nel viso, nel taglio degli occhi, nel fisico e nell`anima. Solo le labbra sembrano avere una morbidezza che pare quasi non appartenere a quel volto. Gli fissa il petto, in un punto forse vago, prima di piantare lo sguardo sul cravattino, il profumo di pepe nero e cannella che adesso si fa più intenso, adesso che sono stranamente vicini. Non lo faceva da più di un anno, e di certo non ne sentiva la mancanza. Il respiro sembra tranquillo, ma l`addome è segretamente contratto, mentre lo stomaco sembra volerla stritolare dall`interno. Lui la chiama, continua quella stronzata di scena che ha messo su con la Grey, ma purtroppo stai parlando con lei, Xavier. Specchio riflesso, ricordi? Come una volta. Non è cambiato nulla, a quanto pare. O forse è cambiato tutto? «So che ce l`hai» la mano resta ancora aperta, ma si chiude a quel *mi dispiace*. Un pugno, che finisce poi lungo il fianco, rilassando la presa delle dita dopo qualche attimo. Gli occhi si alzano appena, arrivando ad inquadrargli vagamente la mascella, con un cipiglio orgoglioso e vagamente spazientito. Sembra che quella neutralità si stia per incrinare, nonostante resista ancora «Hai Astronomia con me.» sembra una minaccia, lo è? «Non far si che debba diventare un fastidio ricorrente per te, Xavier.» ancora il nome. Come suona strano. «Se non vuoi darmi ciò che le hai preso, e non vuoi darlo a lei.. vedrò di renderti insopportabile l`idea di continuare così. » alti quasi uguali, inspira, gonfiando appena il petto con quel seno che proprio sembra una parodia ad uno vero «Preparati a farmi spazio: a lezione, a colazione, pranzo, cena, anche al cesso. » non ti molla, capito? «Prego, fa strada» quella stessa sinistra che si era alzata prima come offerta di pace, ora si risolleva in un gesto fin troppo elegante, a scimmiottare quei modi accorti che lui le rivolge. Uscirebbe con lui quindi. Allontanandosi dalla Sala Grande.
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merrowloghain · 4 years
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«Cioè.» vuole capire meglio, «Tu ti sei inventata una pomiciata solo per non dire che stavi parlando con un quadro?» ma sei scema?, l`inciso. «Merr.» la richiama all`ordine, «Forse non sei ancora così popolare.» come me, coff, «Ma ti fai notare.» lei l`ha notata, dopotutto, «Hai... il fuoco.» qualsiasi cosa questa voglia dire.
Sospira nel cogliere quell`inciso che la fa inclinare all`indietro, portando le braccia a sostenere il busto, mentre gli molla un ghignetto che sembra tutto un programma «Senti, mi sono presa una valanga di punizioni quest`anno, per cose che non ho nemmeno fatto. Non voleo rischiare di farmi punire ancora solo perchè volevo dare una mano...a ripensarci, quest`anno è stato davvero assurdo e duro.» scuote il capo, sbirciando in direzione del finestrino «Ho guadagnato qualche persona interessante, ma ne ho perse a valanga.» commenta asciutta, ma lei la richiama all`ordine con quella frase che le fa corrucciare la fronte perplessa «Si, in punta di bacchetta, per appiccarlo alle tende di Cadel.» ops, l`ha detto? L`ha detto. «Io non voglio farmi notare, davvero. Vorrei solo...» eh, come glielo spiega «Aiutare» cosa? Chi? «Cioè non che io possa farlo» autostima sottozero «però ci provo..tipo con i piccoli.» sbuffa dal naso «Che poi devo ancora capire perchè mi seguano.» i misteri di Hogwarts «Anche tu hai... il fuoco» commenta infine, in un risolino che dimostra un`accezione differente forse, rivolta verso la McLeod «Vorrei averti conosciuta prima.» come Ovid, come William, come ogni cosa bella nella sua vita, lei arriva sempre troppo tardi, o forse non arriva affatto. Disincrocia la gamba destra solo per mollarle il tacco dell`anfibio sulla coscia sinistra, in un tentare di spingerla via con delicatezza, ma in un disagiatissimo modo per poterle dire tutto: mi manchi, ti voglio bene, non te ne andare, vai al Gramo McLeod.
«Se le hai perse forse significa che non erano così importanti.» solleva appena le spalle, piegando il capo a lato fin quasi a fargli toccare la stessa spalla, «Altrimenti avresti lottato per tenertele vicine.» esattamente come ha fatto lei con la Ambjornsen e quel ricordo che le ha regalato durante il ballo della sera prima e che ha rimesso tutto in gioco. Ride sul fuoco alle tende, ma non investiga oltre, le cose da dormitorio lì devono rimanere e la mafiatassa su questo è piuttosto rigida. «Perchè non vuoi farti notare?» l`ippogrifo se ne stupisce decisamente. Gli occhietti che si sgranano lo rendono palese, «Che male c`è?». Ascolta il resto prima di uscirsene con un «Senti.» che schizza sincero, come tutto dalla bocca della McLeod, «Cosa te ne frega? Cioè, davvero. Sei fatta così, vai bene così. Perchè devi lottare per fare una cosa che...» si stoppa, sbuffa, «Ti piace prenderti cura dei più piccoli? Fallo. Ti mettono in punizione per quello? Continua a farlo. Hai la tua testa, usala, del resto non importa.» Eleanor arriccia le labbra. «Un giorno forse ti farò vedere il mio fuoco.» il Dono, anche se in quel modo suona un po` a doppio senso, e di certo non aiuta l`ammiccare della tassorosso, che scoppia poi a ridere, divertita. «Ehi, mi hai conosciuta. E` questo che conta.» e si becca quella stivalata nella gamba. Eleanor schiude le labbra come se fosse colpita/inorridita dal gesto, ma poi sfrutta il movimento e i muscoli del dorso e delle rene per spingersi in avanti e allargare le braccia per stringere la Loghain in un abbraccio – se l`altra permette – lungo e particolarmente forte. «Ti voglio bene, Merr.» nessun problema ad ammetterlo, anche se poi si scioglie e la spinge con un «Ora vai, altrimenti mi commuovo facile.» anche se poi è un sorriso affettuoso che le regala, in quell`ultimo viaggio di ritorno da quella che è stata casa per ben sette, lunghi, intensi anni.
«Forse si.» non "forse" ma più "sicuramente" visto il carattere della Grifondoro, sempre così protettiva e combattiva verso le poche cose o persone che si meritano la sua attenzione. Alle sue domande però si ritrova a corrucciare il capo, lasciandola continuare nella sua arringa anche solo per poterla rimirare così, con quelle ultime perle che le regala, quando ancora sono entrambe studentesse sullo stesso treno che le allontana da Hogwarts. Si gode il panorama della McLeod che le ammicca, limitandosi ad annuire ed a spiegare semplicemente «Se ti notano sei un bersaglio assicurato.» ecco perchè «E finchè colpiscono me, chissene... ma in guerra ci sono sempre vittime collaterali.» ecco perchè vuole nascondersi, magari sotto un masso o dietro un arazzo: per proteggere chi ama dalla melma che le capita addosso. «Non vedo l`ora» replica quindi riguardo al mostrarle il suo fuoco, facendo appena in tempo prima di vedere l`altra spingersi in sua direzione ed agguantarla in un abbraccio che non solo non si aspettava, ma che la trova rigidissima in un primo momento, prima di sgretolare quel gelo che l`avvolge mano a mano che resta tra le braccia di Eleanor. E` inevitabile: le mani salgono ad aggrapparsi alle sue spalle, passando da dietro sulla schiena, per poter stringersela addosso in una stretta adamantina che non vorrebbe più sciogliersi, mentre gli occhi grandi le cominciano a pizzicare agli angoli. Alla sua dichiarazione d`affetto così schietta, però, le sfugge un piccolissimo vocalizzo d`accuso, mentre le palpebre calano e si strizzano per evitare che il peggio accada «Seh.» commenta il suo ultimo dire, sciogliendo a malincuore quell`abbraccio ma cercando con le labbra di raggiungere la sua guancia sinistra per posarle un piccolo bacio a stampo che sa tanto di tenerezza e di reale affetto «Ti voglio bene anche io, Ele.» ma non la guarda più, perchè sta già correndo ai ripari nel non mostrarle quelle lacrime che già minacciano di rompere le dighe delle sue iridi grigie. Si rimette in piedi e fa per uscire, fermandosi sulla soglia solo per voltarsi con mezzo volto e borbottare «Ci vediamo tra non troppo.» e si, sembra una promessa, mentre s`allontana lungo il corridoio, con passi pesanti e lenti.
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merrowloghain · 4 years
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merrowloghain · 4 years
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Però tu fammi una promessa che un giorno quando sarai persa ripenserai ogni tanto a cosa siamo stati noi e alle giornate al mare a tutte le mie pare alle cucine che non abbiam potuto comprare alle mie guerre perse alle tue paci finte a tutte le carezze che forse erano spinte giuro che un po’ mi fa ridere
E ti cantavo Fix You per farti dormire quando il mondo ti teneva sveglia ed ora sono solo un tizio che se lo incontri dalla strada gli fai un cenno di saluto e via e non ho voglia di cambiarmi uscire a socializzare per stasera voglio essere una nave in fondo al mare sei stata come Tiger non mi mancava niente e poi dentro mi hai distrutto perchè mi sono accorto che mi mancava tutto
Però tu fammi una promessa che un giorno quando sarai persa ripenserai ogni tanto a cosa siamo stati noi e alle giornate al mare a tutte le mie pare alle cucine che non abbiam potuto comprare lo shampoo all’albicocca i tuoi capelli in bocca la tua testa dura all’ansia e alla paura giuro che un po’ mi fa ridere
Però tu fammi una promessa che un giorno quando sarai vecchia racconterai a qualcuno cosa siamo stati noi
Le cene da tua mamma, la nostra prima canna la carbonara a Londra quando ci hanno messo la panna i tuoi occhi, i tuoi nei che non sono più i miei ma alla fine ti giuro che lo rifarei
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