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#Punta Brava
claubenaventer · 6 months
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Guatemala sede del taller mundial de bambú, que reunió a 200 participantes de todo el mundo
La Organización Mundial de Bambú (WBO, por sus siglas en inglés), CASSA, Wübu e ICDF Taiwán, organizaron el quinto Taller Mundial de Bambú, bajo el lema “Futuros sostenibles: No dejar a nadie atrás”. La sede del evento fue la comunidad de Punta Brava, Los Amates, a orillas del lago de Izabal, con más de 200 participantes de todo el mundo y conferencistas que llegaron desde Brasil, México,…
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frailgal · 5 months
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ho sempre creduto che la bontà fosse la qualità non solo più alta, ma fondamentale per le definizione di essere umano. la presenza costante della religione durante la mia crescita ha sicuramente contribuito non poco a questa visione, ma tutti i protagonisti di quei racconti spirituali caratterizzati da una paziente anteposizione del bene dell’altro al proprio, da sorrisi miti mai in opposizione e da un’accettazione serena della morte, mi creavano sempre un moto di invidia. io non avrei mai contenuto in me quella luce che loro emanavano, già solo per le emozioni suscitate da questa lettura, che si allontanavano da tutti i valori cristiani. il fatto che negli anni il mio pensiero si sia laicizzato, non ha di certo contribuito al suo sradicamento: da atteggiamento imposto dall’alto, era ora per me condizione naturale e necessaria al fine di essere una brava persona. ma anche cercando di votarmi interamente a servizio degli altri, c’è qualcosa che non mi riesce bene: in me c’è sempre una punta di troppo di ribellione, di egoismo, di risentimento. vorrei quel tanto di ingenuità che basta per far chiudere un occhio e invece c’è qualcosa di sinistro che stride con il candore che cerco di far apparire, una goccia di sangue sul mio vestitino bianco.
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jonathanyob · 6 months
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Three Reasons to Visit Punta del Este in Uruguay
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Punta del Este is a tourist destination in Uruguay, South America. Along Uruguay’s Atlantic coastline, just east of the Bay of Maldonado, Punta del Este stretches 40 miles and comprises several neighborhoods and small towns. The population swells during the busy summer months between December and March.
Several attractions attract tourists to Punta del Este, including:
Cultural events and celebrations. Residents of Punta del Este organize several carnivals during the year. On a carnival night, the resort’s main avenue, La Gorlero, turns into a catwalk with glamorous parades. Thousands of spectators flock to it and the restaurants and nightclubs, where tourists can enjoy local music, culture, and cuisine.
Art. Punta del Este has several artistic attractions, such as La Mano, a giant hand emerging from the sand at Playa Brava, created by Mario Irrazabal in the 1980s. Tourists can visit Casapueblo, a castle near the sea built by Carlos Paez, where guests can attend a daily sunset ceremony. In addition, Punta del Este has several museums, including the Sea Museum, with more than 5,000 specimens.
Outdoor activities. Tourists at Punta del Este can swim with sea lions at Isla de Lobos, boat ride, jet ski, kite surf, or paddle board. It also provides on-land activities, including golf, running, cycling, and tennis.
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astrid-sama · 10 months
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Una piacevole sorpresa
(Michael [good omens] x fem human reader)
(this fanfiction is available in english in my profile)
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Era una normale (e noiosa) giornata d'autunno, il tuo amico Aziraphaele ti aveva chiesto di poter stare in libreria al suo posto perché lui aveva degli impegni urgenti, tu essendo una brava amica avevi accettato di aiutarlo.
Eri al negozio da quasi tre ore e dei clienti non c'era neanche l'ombra, proprio quando credevi di poter morire di noia sentisti tintinnare il campanellino della porta.
<<Michael?! >> eri davvero stupita di vedere la tua angelica fidanzata, ma non hai sprecato l'occasione e ti sei lanciata tra le braccia del tuo amore.
<<Amore mio che ci fai qui? >>
<<Sono stata incaricata dall'Alto di controllare un traditore, ma a quanto pare sono stata invitata nel posto sbagliato. Sarà meglio che torni in Paradiso per riferire l'errore >>
Prima che Michael possa andarsene tu le afferri le spalle e (alzandoti in punta di piedi) la baci.
<<Michael perché non rimani un po' qui con me? Sto aiutando un mio amico gestendo la libreria mentre lui non c'è, ma mi annoio così tanto da sola. Per favore resta con me>> dici mentre guardi la tua amante angelica con occhi imploranti.
<<Beh immagino che il paradiso non brucerà se rimango ancora un po' qui>> disse Michael mentre ti prendeva in braccio e ti baciava appassionatamente.
Era bellissimo, baciare Michael era davvero paradisiaco e tu potresti perderti per sempre tra le sue braccia...
<<T/N sono tornato grazie per... MICHAEL?! Per l'amor del cielo che cosa sta succedendo?!>> tu e Michael vi separate immediatamente, ti volti e vedi il tuo amico Aziraphaele guardare la tua ragazza con puro terrore.
(Ciao miei cari lettori sono viva! Volevo dirvi che questa fanfiction è stata pensata come un oneshot ma potrei fare una parte due se qualcuno la desidera)
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colonna-durruti · 1 year
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Alessandro Gilioli
Oggi Repubblica è in sciopero, o meglio era in sciopero ieri quindi non esce oggi.
In sostanza, nell'incontro con i giornalisti l'azienda ha ammesso che sta smantellando se stessa: per adesso sono in vendita i quotidiani locali (quelli che restano, molti sono già stati ceduti) poi si vedrà.
Fondamentalmente i giornalisti temono che alla fine anche Repubblica sarà venduta o svenduta, come un anno fa è successo con l'Espresso.
Da tre anni, circa, il proprietario del gruppo è John Elkann, che l'ha pagato meno di Cristiano Ronaldo.
L'ha comprato dai figli di De Benedetti, a cui il padre l'aveva incautamente regalato. Ai figli però non fregava nulla di fare giornali. Allora hanno preso i soldi di Elkann per liberarsene, facendo infuriare il padre che quindi ha fondato il Domani.
Perché Elkann tre anni fa si sia preso il gruppo è ancora incerto. Lui diceva di voler portare avanti il sogno dello zio, Carlo Caracciolo, che con Scalfari fu il cofondatore del tutto. Insomma una questione di affetti familiari. Più probabile che pensasse di ottenerne qualche utilità per il resto del suo impero, insomma "influenzare" - del resto i padroni dei giornali oggi sono tali solo per questo motivo, non è che ci fanno direttamente profitti.
Quello che è certo invece è che in tre anni Elkann non ne ha azzeccata una, a iniziare dalla scelta di un direttore di centrodestra, che ovviamente ha fatto scappare firme e lettori di sinistra (Scalfari, per capirci, parlava a lettori che andavano dal partito repubblicano alla sinistra extraparlamentare, passando per sinistra Dc, Psi, Pci, Partito Radicale. Ezio Mauro portò avanti questa grande apertura con il gigantesco ombrello collettivo dell'antiberlusconismo).
Oltre al direttore di Rep., Elkann ha cambiato anche il capoazienda, insomma l'ad, mettendoci un suo amico ed ex compagno di studi, peraltro fin lì ignaro di editoria. Adesso questo ad è anche a capo della Juventus. Non è chiaro come si sdoppi, peraltro in due campi che non conosceva. Caracciolo i giornali li conosceva e li amava. De Benedetti senior anche. Forse per fare bene un prodotto devi conoscerne e amarne la fabbricazione: in generale e non solo per l'editoria.
In questi anni tutti i quotidiani o quasi hanno perso moltissime copie, si sa che i giornali sono un mercato in declino. Repubblica però è riuscita a perderne quasi il doppio degli altri.
Sul crollo reputazionale e di autorevolezza, invece, non ci sono numeri: ognuno la pensi come vuole.
In compenso a Repubblica si fa un grandissimo parlare di digitalizzazione. Un piano digitale dopo l'altro. L'idea è di vendere contenuti on line, anche staccati dalla vecchia cornice dell'acquisto di un giornale come tale (cartaceo o su tablet che sia). Probabilmente è una buona idea, almeno così ci dicono alcune "case histories" all'estero. Resta da vedere cosa c'è in questi contenuti, perché poi alla fine conta quello: se sono vendibili o meno, se gli utenti li apprezzano, se se li comprano.
Vedremo. Nell'attesa si vendono al primo che passa giornali e giornalisti, cioè si mandano via produttori di contenuti.
Appena arrivato, Elkann si è liberato di MicroMega, considerato troppo di sinistra. Poi ha venduto l'Espresso al proprietario della Salernitana, che ha già fatto fuori il suo primo direttore, Lirio Abbate, che aveva preso il posto di Damilano. Adesso l'Espresso è diventato un'emulazione meno moderna e meno smart del settimanale Oggi. Il suo editorialista di punta è diventato Maurizio Costanzo, dove prima c'era Umberto Eco. Però è impacchettato bene perché gli sono rimasti un bravo art director e una brava photo editor, oltre ad alcuni bravi giornalisti che fanno il possibile
Negli ultimi mesi si sono diffuse voci che il proprietario della Salernitana si stia per comprare anche Repubblica.
Per ora l'azienda conferma solo di non avere più "un perimetro" di testate da mantenere, restando sul vago.
Di qui lo sciopero di oggi, anzi di ieri.
Per favore non scrivete qui sotto che Repubblica è brutta, vi fa schifo etc. Intanto perché non si bastona un cane che affoga. Ma soprattutto perché è stato un grande giornale, uno dei pezzi migliori della nostra società per quarant'anni - e l'Espresso per oltre sessanta.
Per me poi sono stati giornali formativi, da lettore, fin dalla prima adolescenza. Formativi anche della coscienza civile e politica.
E' stato un onore lavorare 18 anni all'Espresso. Quando ho firmato, nel 2002, volevo rimanerci per tutta la vita.
Poi le cose cambiano. E se vuoi far ridere Dio raccontagli i tuoi progetti, come dice un proverbio yiddish.
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thetillermansays · 3 months
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"Riesci a vedere?"
Fai no con la testa. Stringo ancora la benda sui tuoi occhi, allacciandola stretta sulla nuca. Ti ho fatto raccogliere i capelli in modo da non farla cadere, lasciando esposto il tuo collo. Senti le mani prenderti per le spalle e il mio respiro sul collo nudo, avvicinarsi pian piano fino a sussurrarti all'orecchio.
"Ora ho bisogno tu faccia la brava e parli, invece di muovere la testa. Cosa vuoi che ti faccia davvero?"
Resti qualche secondo in silenzio per raccogliere le parole.
"Voglio che tu mi faccia male, voglio sentire dolore. Ovunque, puoi farmi tutto quello che vuoi"
L'ultima frase ti si spegne in gola. Sai che ci sono postille, limiti sottintesi che giá conosco e che non supereró, ma senti un piacere viscerale nel darmi completa libertá nel punirti.
Ci sono giorni in cui senti il corpo elettrizzato, con il bisogno di uno scontro in cui sfogarti e poter perdere. Ti basta dire una parola di troppo ed essere punita per quella lingua lunga con un gesto che ti faccia sentire rimessa al tuo posto, sentirti controllata e vedere quel fuoco che hai dentro divampare in un secondo, il tempo di uno schiaffo in faccia.
Poi ci sono giorni come questo, in cui la fatica si é accumulata tanto dentro di te da desiderare di piú: senti un cieco bisogno di ubbidire, subire, nascondere alla tua mente il bisogno di controllare tutto e sentire il corpo martoriato fino a cedere completamente.
Ti giro intorno accarezzando il collo e sbottonando la camicetta che porti. Ti ho detto di indossare cose facili da sbottonare e resti in piedi, con le braccia lungo i fianchi, mentre senti i pantaloncini cadere alle caviglie. Ti prendo una mano e la segui, facendo un passo in avanti.
Senti il gancetto del reggiseno slacciarsi e scivolarti addosso e le mutandine essere tirate dolcemente fino a cadere nuovamente ai piedi.
Di nuovo ti prendo per mano, di nuovo un passo avanti. Stavolta completamente nuda.
Non ti ho ancora sfiorata e questo ti mette agitazione. Sai di essere guardata in ogni dettaglio, il tuo seno, le labbra, percespisci come ti ruoti attorno per guardare il tuo culo e la figa che sbuca appena da dietro le cosce. Sento giá il tuo odore.
Mi alzo, accarezzandoti la schiena e risalendo ti afferro le braccia. Sono stranamente dolce, il che ti fa capire che le punizioni saranno molto dolorose.
Ti porto le mani dietro la nuca e con un colpetto al fianco capisci di dover allargare le gambe.
Esegui, esponendoti completamente.
"Ora non fiatare"
Ti afferro i capezzoli e li stringo, tortulandoli. Un gemito ti blocca il respiro, riuscendo ad uscire come un pesante sospiro solo quando, per stringere ancora, allento la presa. Senti una scarica elettica partire dal seno e scaricarsi sulla schiena. Ti tappi la bocca, stringendo forte le labbra per non parlare. Resti immobile salendo in punta di piedi mentre ti sollevo le tettine, tirandole tanto da perdere la presa.
"Ora respira, voglio sentirti contare"
Ti prendo a schiaffi il seno, senza aspettare una risposta.
"Uno"
"Due"
"Cinque"
"Dieci"
Non vedi quando arriva, non tengo un tempo. Senti solo un piccolo movimento d'aria e tendi il corpo quanto puoi, prima che arrivi.
"Dodici"
"Quindici"
I muscoli si tendono come sollevassi centinaia di chili, hai dimenticato tutto il resto. Di essere nuda, di essere bendata, di avermi chiesto di farti tutto il male che voglio.
"Venti" dici con voce roca. Ti schiarisci la gola. Mi fermo a guardarti e per la prima volta, riprendendo fiato, ti accorgi di quanto sei eccitata.
Senti il seno caldo, pulsante. Senti l'odore della tua eccitazione e lo sento anche io.
"Non ti vergogni di essere cosi bagnata?"
Fai si col capo.
Ti colpisco sul ventre, forte.
"Rispondimi"
"Si signore"
"Di cosa ti vergogni?"
Rifletti. "Di essere cosi eccitata dall'essere picchiata"
Appoggio la mano sul ventre, dove ti ho appena colpita. Hai un leggero sussulto temendo un altro colpo, ma ti accarezzo scendendo fino alle tue labbra.
"Allora riprendi a contare"
Stavolta i colpi sono direttamente sulla figa. Il primo é inaspettato, piú sorpresa che dolore, ma ti ordino subito di esporti. Apri i fianchi, allargando le gambe e mostrandomi la tua figa: bagnata, dalle labbra lucide che vibrano per lo spavento del colpo.
"Ventuno"
Senti la mia mano afferrarti la base del collo, sotto la nuca, per tenerti ferma mentre ti colpisco.
"Ventidue, ventitré, ventiquattro"
Ti si piegano le ginocchia, cercando istintivamente di proteggerti.
"Apri"
Torni in posizione, lasciandoti colpire.
"Venticinque"
Ancora
"Ventisei"
Non hai la resistenza che ricordavi. Il dolore è forte, espanso, ti fa bruciare la pelle e lo dici a voce alta. Mi fermo.
"Visto che non sai più comportarti, oggi non avrai alcun orgasmo. Non ti penetrerò affatto, non giocherò col tuo clitoride nè avrai alcun piacere"
Quasi ti tremano le gambe. Una punizione continua senza godere.
Ti ci masturberai per mesi, ripensando a questa sessione.
Dal rumore capisci che mi sono allontanato. Armeggio, forse apro un cassetto, uno strano suono, qualcosa che fa click.
Click. E silenzio.
"Ora immobile e tira fuori la lingua. Voglio guardarti"
Esegui, non capendo. Ti senti in imbarazzo, ti infilo due dita sulla lingua e gioco con la tua saliva.
Una goccia di cera rovente ti cade sul seno, scivolando sul capezzolo e asciugandosi quasi subito, bruciandoti. Sussulti e ti spingo sulla lingua, bloccandoti di nuovo sul posto. Quelle dita che si infilano nella tua bocca sono quasi una violenza più forte del dolore della cera, che continua a scorrerti sul petto. Senti un piccolo rigolo scenderti nell'incavo del seno, fino al ventre fermandosi raffreddato poco prima dell'ombelico.
Sto scendendo.
La candela è molto vicina, la senti bruciare accanto alla pelle. Ti faccio stendere per terra, allargandoti le gambe e favendo cadere le gocce di fuoco sulle cosce, pian piano risalendo la carne fino al pube. I colpi di prima si sommano a questo dolore, rendendo ogni piccolo movimento impensabile. La cera tornata solida quasi ti taglia la pelle, o almeno è quello che senti.
Non pensi a nulla, non senti nulla se non quel dolore.
Appena mi fermo, senti il corpo cedere. Percepisci un soffio deciso, forse spegnere la candela e tanto ti basta.
I muscoli cedono e quasi ti sembra di cadere mentre rilassi il corpo, accogliendo il dolore rimasto attaccato alla pelle.
Qualche lacrima ti riga il viso ma non hai il coraggio di alzare le mani per toglierle, lasciandole cadere fino alle orecchie.
Ti lascio respirare. Piangi, ti calmi, qualche lacrima torna e ti calmi ancora. È stato tutto intenso, senza pause e temevi di non arrivare fino in fondo.
Non mi vedi ma mi senti, senti il calore delle mie gambe piegate sulle tue e le mani che ti accarezzano i piedi, per calmarti.
"Ora alzati, senza togliere la benda"
Ti afferro, aiutandoti a metterti in piedi. Ti porto al divano, posizionandoti a quattro zampe col sedere bene in aria. Piccoli pezzi di cera cadono a terra e posso vedere la tua figa gonfia di botte ed eccitazione. Tremi ad ogni carezza, incapace di discernere paura e piacere.
Mi inginocchio a terra, afferrandoti il sedere e infilando la lingua nel tuo culo. Esplodi in un gemito di piacere, inaspettato e profondo, istintivamente spingi il culo ancora più in fuori e ignori il dolore della cera che si stacca dal seno, strofinandosi  sul divano. Assapori ogni centimetro che ti esplora, lasciando spazio alla mia mano di infilarsi dentro di te. Due dita ti allargano le labbra, spingendo fino al punto in cui sai di non poter resistere. Sai di avere i secondi contati, se avrai il permesso.
"Posso? Posso? Non so se resisto"
Mi stacco, senza smettere di muovere le dita.
"Dipende, per cosa vuoi il permesso? Vuoi venire o vuoi schizzarmi in bocca?"
Ti so ribaltando gli occhi a sentirmelo dire, cosi volgare, cosi diretto. Respingi l'orgasmo, cercando di riprendere il controllo.
"Quello che vuoi tu, dimmi cosa vuoi e lo faccio.."
Ti allargo la figa, col pollice spingo il clitoride per mostrare il buchino da cui mi schizzerai addosso. Entro a fondo e spingo nel tuo punto preferito.
"Pisciamo in faccia piccola, senza venire e fammi sentire quanto ti piace"
Non aspetti nemmeno la fine della frase, ti senti esplodere. Senti la pressione premere nel tuo ventre, senti un orgasmo montarti mentre le mie dita continuano a farti schizzare. Bevo ogni goccia che posso, masturbandoti con forza: vieni un secondo dopo, tremando con le gambe e premendomi il culo in faccia per farti penetrare più a fondo, montandomi la mano alla ricerca di qualcosa per riempirti.
Stavolta il tremore non è dolore o stanchezza. Ne vuoi ancora, non ti bastano le sberle o il fuoco o due dita. Vuoi sentirmi dentro, sentire il mio cazzo riempirti fino a strapparti e farto desiderare di svenire un orgasmo dopo l'altro. Ti sfili la benda allentata per guardarmi.
"Cosa vuoi che faccia?"
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rodicano · 3 months
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La sua mano andava su e giù morbida sul cazzo.
Quando scendeva gli scopriva quasi completamente la cappella, poi risaliva.
Senza stringere troppo. La sua mano piccola ed elegante scorreva sul cazzo turgido.
Lui si lasciava sfuggire un gemito soffocato.
Lei sospirava.
“Per quanto devo andare ancora avanti amore?”
“Finché lo dico io scema e non andare di fretta”
“Scusami amore ma lo sai che non mi piace…”
“Ma smettila troia che a te basta avere a che fare con un cazzo e sei felice…”
“No lo sai che voglio solo…”
“Stai zitta e muovi la mano piano”
Lei era completamente vestita ed elegante, si era sbottonata appena un po’ la camicetta, così da poter al massimo intravedere il reggiseno in pizzo. Era seduta con le gambe accavallate dei pantaloni da cavallerizza beige e i suoi stivali lucidi neri, alti fino ginocchio.
Lui invece era nudo in ginocchio davanti a lei un po’ di lato per offrirle il suo cazzo senza che lei dovesse sporgersi.
Teneva le mani dietro la schiena mentre sporgeva il bacino per avvicinarle il più possibile il cazzo.
“Forse è meglio che mi fermi, lo sento pulsare ci siamo quasi”
“Si fermati un attimo conta fino a cinque e ricomincia”
Lei toglie la mano e lo guarda con un dolce sorriso di scherno e comincia a contare sottovoce lentamente sfiorandolo sulla punta del cazzo prima con il pollice, poi l’indice, poi il medio, poi l’anulare ed in fine il mignolo.
Lui si perde nei suo occhi mescolando amore e desiderio.
Lei gli riprende in mano il cazzo e ricomincia a scivolare su e giù
Il contatto è sempre più morbido, lento, ora sale e scende di pochissimo.
Lui soffre e cerca di spingere il bacino per aumentare il contatto o lo sfregamento.
“Uffa amore sono stanca, posso smettere?”
“Ora ferma la mano e stringi appena”
Lui cerca muovendo il bacino di continuare la sega in qualche modo.
“Che pena…”
“Rimani ferma.”
Bastano pochi secondi ed il cazzo si irrigidisce e spruzza fuori una discreta quantità di sperma che disegna una arcipelago biancastro sugli stivali lucidi.
Lei riesce appena in tempo a togliere la mano lasciandolo eiaculare a vuoto rivolgendogli uno sguardo sprezzante.
“Ecco è venuto amore: che schifo.”
“Passamelo”
Lei porge il cellulare al fidanzato quasi piegato dall’orgasmo rovinato.
“Ringraziami e lecca tutto cornuto”
“Grazie”
“Grazie di cosa coglione”
“Grazie di avermi permesso di venire”
E si china a pulire gli stivali della fidanzata.
Lei si riavvicina il cellulare.
“Sei contento amore, sono stata brava?”
“Abbastanza”
“Allora mi scopi stasera?”
“Si fatti portare dal cornuto da me dopo cena”
“Grazie amore, posso fermarmi da te?”
“No che devo alzarmi presto domani, digli al coglione che ti deve aspettare in macchina”
E chiude la telefonata senza nemmeno salutarla.
Lui intanto aveva finito di pulirle gli stivali.
Lei gli carezza la nuca.
“Sei contento che sei riuscito a venire anche tu tesoro?”
“In qualche modo” biascica lui.
“Accontentati, l’ho fatto solo per far divertire Marco.”
Poi controlla che le abbia pulito per bene gli stivali e si accorge che il fidanzato cercava di sbirciare dentro la sua camicetta. La richiude e gli sorride bonaria.
“Vai a vestirti che sei ridicolo, prepara la cena che poi devi accompagnarmi da lui stasera.”
Lui alzandosi si avvicina e le sfiora le labbra con un bacio.
“Ti amo”
“Lo so che mi ami, ma lui mi scopa invece.”
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Siamo nudi sul letto a coccolarci e a scherzare un po', mi diverto a stuzzicarlo e a prenderlo in giro
"Fai la brava bambina" dice mentre mi sorride bonario.
"Altrimenti?" Replico io, facendo seguire una linguaccia a queste parole, convinta come sempre di farla franca.
A quanto pare, però, stavolta non me la cavo perché vedo il suo sguardo cambiare e farsi serio, quasi esce la scritta full dom e questo implica che sono decisamente nei guai!
Si avvicina fulmineo e tira fuori, da dio sa dove, un paio di manette e di cavigliere. Me le mette ai polsi e le lega insieme, le mette alle caviglie ma mi lascia la libertà di tenere le gambe aperte.
Ridacchio giuliva eccitata e un po' nervosa perché non so mai cosa aspettarmi
"Hai ben poco da ridere, puttanella!" Mi ringhia in un orecchio dopo avermi bendata e avermi dato uno schiaffo leggero sul viso. Ora sono totalmente alla sua mercé.
Prende così a baciare ogni singolo centimetro del mio corpo soffermandosi sui miei punti deboli
"Ti prego..." mugolo esasperata e ormai totalmente fradicia.
L'unica risposta che ricevo a questa supplica è il ronzio del vibratore al massimo della potenza, lo sento scivolare dentro di me senza la minima resistenza. Sospiro soddisfatta nel sentirmi riempita e mi muovo convulsamente per avere piacere.
"Non così in fretta bambina" dice con una punta di sadismo nella voce
Lo sento afferrare le mie gambe e far scattare il moschettone delle cavigliere..ora sono bloccata col vibratore tra le gambe e senza la possibilità di ribellione.
I miei gemiti si fanno più intensi e forti e i pensieri iniziano ad essere sempre più offuscati dal piacere ma riesco ancora a percepire lui e i suoi spostamenti. Non sono però preparata a quello che sta per fare!
Uno schiocco rompe il ritmo cadenzato dei miei sospiri
"Cosa stai facendo?" Dico senza nascondere un po' di timore
"Fai silenzio!" Dice mentre fa calare il flagello in pelle su una coscia
"Come si dice bambina?"
Ridacchio imbarazzata per quell'ordine e perché sento l'eccitazione salire.
"Grazie daddy"
Quella risposta lo innesca ancora di più perché non risparmia nessuna parte del mio corpo, seno compreso. Di tanto in tanto mi ordina di ringraziare e io eseguo ormai arrendevole e sottomessa.
Non soddisfatto di questa tortura inizia a muovere il vibratore dentro di me, a modularne la velocità a suo piacimento fino a quando dice qualcosa di inaspettato
"È tardi, dobbiamo pensare alla cena"
Il terrore di rimanere insoddisfatta mi attanaglia ma sento il suono di una chiamata in attesa e subito dopo lo sento prenotare un tavolo. A stento riesco a tacere
"per le venti va bene cara?"
Riesco a scandire una debole e ben poco convinta risposta affermativa prima di sentirlo riagganciare.
Si avventa di nuovo su di me e finalmente mi libera le gambe mentre inizia a divorarmi avidamente portandomi in breve tempo vicinissima all'orgasmo. Ma si ferma sul più bello solo per stuzzicarmi
"Vieni per me troietta!"
Non riesco a controllarmi ed esplodo in un orgasmo devastante che mi scuote tutta facendomi urlare frasi sconnesse a metà tra un grazie ed il suo nome.
"Ora vestiti e andiamo a cena, devono vedere tutti quanto hai goduto per me"
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tulipanico · 1 year
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L'acqua scivola, come scivolano le parole buone, sulla schiena, sulle braccia, in mezzo alle curve del seno. Una goccia traccia il percorso che dall'alto dei pensieri arriva alla punta delle bugie, sorrido, mentre sulla lingua avverto ancora il sapore di uno scacchetto di cioccolato fondente. Il sapore dolceamaro macera, rimescolato alla saliva, un po' come ogni cosa che accade. Non sono brava a lasciar andare. Infilo una felpa dello stesso colore, esco e nell'aria c'è l'odore intenso di casa di nonna, di quando bruciava la prima piada sul testo. Sorrido, ha lo stesso sapore.
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curiositasmundi · 4 months
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Tema: Il mio vicino che fa casino
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Il mio vicino che fa casino abita di fronte a me, nel condominio dall'altra parte della strada allo stesso piano, l'ultimo.
A guardarlo sembrerebbe affetto da una qualche sindrome cromosomica: sotto una zazzera di capelli e dietro a occhiali con la montatura grossa gli guizzano occhi piccoli chiari molto reattivi, a dispetto di una stolidità facciale che a volte si adombra, a volte s’incanta e talaltre si allarga in un ebete sorriso estatico.
Ha movenze scimmiesche e si sposta nello spazio in maniera bizzarra come per prender la rincorsa con la parte inferiore del corpo mentre quella superiore non sembra ancora preparata, o se qualcuno lo chiama o si è ricordato di botto di una cosa che doveva fare, parte tuffandosi con la parte superiore mentre quella inferiore sta ancora dirigendosi in un'altra direzione.
Lui non parla, urla, perché ha una voce nasale che deve compensare col volume, così da raggiungere il timbro di un elettroutensile da cantiere. Le telefonate le fa tutte col vivavoce a palla in modo tale che l'intera via sappia tutti i suoi cazzi e controcazzi. Lui non chiude le porte, le sbatte. Non tira giù le tapparelle, le schianta. Non lava i piatti, li fracassa nell'acquaio. Quando la domenica fa le pulizie si sentono boati sordi, agghiaccianti stridii di mobili trascinati e l’aspirapolvere fuori giri e vicino all'implosione, come se stesse aspirando dentro un sacchetto di plastica. Il mio vicino ha uno scooter che non si avvia, ed è capace di stare sotto casa dieci minuti col motorino di avviamento che singhiozza in agonia finché miracolosamente il motore parte con una latrato lancinante e una fumata che la Terra dei fuochi lévati. Lui grugnisce soddisfatto e parte a palla di fuoco attraverso il quartiere e lo si sente per un po' in lontananza, come poi lo si sente ritornare, dove si ferma davanti al suo box a basculante che lui ha motorizzato con un accrocchio che trasmette le vibrazioni a tutti i box di lamiera adiacenti al suo, cosicché quando lo apre pare che si apra il ponte di un traghetto. L'apertura impiega un minuto buono e la chiusura anche, minuti in cui lui assiste contemplando soddisfattissimo il movimento del basculante col dito piantato sull'interruttore apri/chiudi. Poi entra nel portoncino d'ingresso del condominio, lo sbatte per bene e sale le scale pestando i piedi per tre piani fino a richiudersi il portone blindato di casa con una detonazione da mina navale. Il mio vicino che fa casino quando m'incontra mi fa un sorrisone salutandomi con la mano come i bambini e con un caloroso Tao! Infatti ha una dizione tutta particolare, T e C si interscambiano volentieri come le B e P e forse altre lettere, cosicché se ne esce con esilaranti frasi tutte da interpretare e dai suoni fanciulleschi e al tempo stesso aramaici.
A dispetto delle sembianze e del suo portamento il mio vicino non solo ha un'attività in proprio che gli dà da vivere, ma ha anche una figlia avuta con una bella donna, penultima di una serie di belle donne che dopo pochi anni o anche solo mesi lo hanno lasciato. Che sia per una questione di decibel, modalità irruente, o magari anche doti amatorie che compensano le sue balzane caratteristiche -le quali nel tempo però mal si conciliano con la vita di coppia- non è dato sapere. Di sicuro è un tipo con molti amici che gli vogliono bene e talvolta lo riportano a casa anche nel cuore della notte e che lui saluta festosamente in mezzo alla strada con altisonanti Tao, ti veghiamo domagni, tao, tao, tao! Tirando giù dal letto i tre condomini adiacenti, tra cui il mio. Ma al mio vicino che fa casino non gli si può voler male, è semplicemente il contrario di chi attraversa la vita sottovoce e in punta di piedi, lui l’attraversa come un uomo-orchestra, solo che con tutti gli strumenti musicali indossati inciampa, ruzzola, sbatte, sfascia, facendo un casino pazzesco che allarma, fa soprassaltare e indigna tutta quella quieta e brava gente che si pasce nella pigra routine delle cose che non accadono, lui gli entra nel sonno svegliandoli almeno per un po’ sautantogli tangissimo con un fottissimo tao! Quando andrò via da questa casa, a differenza di altri, il mio vicino che fa casino un po’ mi mancherà.
Tao!
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errabonda · 4 months
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Perché C'è ancora domani non è un film femminista, a mio parere (mentre Barbie invece sì)
Ho temporeggiato per vedere C'è ancora domani perché tutte e tutti ne hanno parlato come di un film bellissimo e “femminista”. E quando sento gli uomini usare l'aggettivo femminista come una caratteristica positiva i miei sensi di femminista formicolano. E a ragione. Il film parla di una donna, Delia, sposata con un uomo, Ivano. Il film è la rappresentazione didascalica e anche pedissequa del maschilismo più becero, violento e, soprattutto, riconoscibile. Talmente riconoscibile che qualsiasi uomo può guardare a quel modello di maschilista e prenderne tranquillamente le distanze. Peccato che il modello rappresentato dal personaggio di Ivano sia solo l'1% del patriarcato, quello che abusa fisicamente, verbalmente, economicamente, sessualmente. Ma Ivano è solo la punta dell'iceberg e il film ignora totalmente tutti quei piccoli, apparentemente innocui, atteggiamenti che costituiscono la base sommersa su cui il marito violento trova la cultura che lo cresce e lo protegge. Ogni uomo che abbia visto C'è ancora domani può tranquillamente dire “io non sono come Ivano quindi non sono parte del patriarcato. Pertanto il problema non mi tocca”. Purtroppo la questione è che questo film non mette in scena tutte gli atteggiamenti con cui ogni uomo si può rendere parte del problema. Non si vede il catcalling, gli apprezzamenti invadenti e non richiesti, le battute sessiste, il paternalismo benevolo, le riviste, i film, i cartelli pubblicitari tappezzati di corpi femminili più o meno vestiti... tutto questo fa parte del patriarcato e ogni uomo (e anche qualche donna) lo porta avanti senza rendersi conto che anche questo è maschilismo, anche questo è patriarcato. Ma questo film non punta il dito contro questi atteggiamenti che appartengono ad ogni uomo (chi più chi meno), non fa quest'opera di denuncia. Il patriarcato è rappresentato come bianco o nero (letteralmente) perciò o sei come Ivano oppure sei una brava persona.
Dopo averlo visto ho capito perché tanti uomini hanno dichiarato questo film femminista. È il femminismo che piace a loro, quello che li rassicura, che gli dice che loro no, loro sono bravi ragazzi, non stanno facendo niente di male, non hanno bisogno di rivedere i loro comportamenti, le loro parole e i comportamenti e le parole degli altri uomini che frequentano.
A differenza di Barbie. Barbie presenta il patriarcato in maniera apparentemente più chiara a didascalica, ma in realtà Barbie presenta il patriarcato nelle sue sfumature più subdole, più sottili e, quindi, meno facilmente riconoscibili. In tutto il film nessun Ken alza mai le mani su una Barbie, nessun Ken offende una Barbie, nessun Ken fa catcalling o molesta sessualmente una Barbie. Quello che fanno i Ken è togliere alle Barbie ogni loro ambizione, ogni loro sogno, la loro identità. Per farne degli oggetti da possedere ed esibire e di cui disporre a loro piacimento. Un'azione terribile, innegabilmente, e la cosa che ha scatenato le ire di (quasi) ogni uomo è che quest'azione terribile non è stata operata da un burino in canotta, ma da quello che potrebbe essere definito il classico bravo ragazzo. Ken è il prototipo di giovanotto di belle speranze che, in fondo, non ha fatto niente di male, no?! Ken è il personaggio in cui ogni uomo si identifica ma quando si vede rappresentato in tutto il male che fa a Barbie ecco che, anziché cogliere l'occasione per una riflessione e una sana autocritica, il maschio medio si butta per terra a piangere e urlare che “questo non è femminismo, il femminismo è quello che mi dice che io sono bravo e bello e buono”.
In conclusione C'è ancora domani è un film contro il patriarcato? Certo che sì, ma contro una percentuale minima del patriarcato. Quella frazione che è la più evidente e la più facilmente condannabile. C'è ancora domani è un film femminista? A mio parere no. Il film non è scomodo, non fa nascere una discussione, non critica la società. La protagonista non fa niente per contrastare questo status quo e l'unica cosa che fa alla fine del film non è merito suo. È un diritto per cui lei non ha lottato e lo ha esercitato in segreto, in silenzio, per non urtare la sensibilit�� del patriarcato. Mentre invece vorresti dirmi che Barbie è un film femminista?! Sì, perché racconta il patriarcato come un potere strisciante, che penalizza entrambi i generi (anche se in modo molto diverso), che viene esercitato da ogni singolo uomo, anche quelli “bravi”. Non a caso Barbie ha fatto arrabbiare molti maschi medi che ancora oggi ne parlano come di un film sciocco, innocuo. Ma come si spiega che un film così insignificante faccia ancora arrabbiare tanti maschi dopo tanto tempo?
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mybittersweet · 2 years
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Three acts of desire.
Act two. Desire.
Abbiamo camminato circa 10 minuti per arrivare alla macchina. Hai parlato solo dell'architettura dei palazzi che stavamo superando. Non sapevo cosa volevi fare. Dove volevi portarmi. Ci siamo messi in macchina e mi hai detto "Voglio portarti in un posto". Ho detto " Va bene". Tutto il viaggio abbiamo ascoltato la radio. Non parlavi. Neanche io sapevo cosa dire. Non avevo paura, mi fidavo di te però non sapevo cosa aspettarmi. Guardavo la strada, te e le tue mani sul volante.
Siamo usciti dalla strada principale su una che andava tra le vie di campagna. Alla fine arrivando in un posto molto carino vicino al fiume. Mi hai detto "Qui di solito non c'è nessuno e c'è una bella vista". Siamo scesi dalla macchina. Era davvero un bel posto, vicino a un fiume di cui si sentiva l'aria.
Mi hai preso per il braccio per girarmi e mettermi di fronte a te, con i tuoi occhi nei miei. Hai leccato le mie labbra per poi baciarmi. Hai passato la tua mano sul mio seno sfiorando il capezzolo duro. Pian piano scendendo alla vita e poi sul culo, stringendolo. Mi hai baciato ancora mettendo la tua lingua nella mia bocca. L'ho presa con le labbra per succhiarla. Tenevo le mie mani sulla tua schiena per stringerti vicino a me. Per sentirti addosso. Hai allontanato il tuo viso dal mio e lo hai preso con le tue mani. Mi hai guardato negli occhi.
- Lo sai quanto mi fai eccitare? Quanta voglia mi metti?
- lo so. Tu fai lo stesso con me.
- Adesso voglio farti sentire. Voglio farti capire l'effetto che mi fai.
Hai preso la mia mano e l'hai messa su i tuoi pantaloni. Stringendo, con la tua mano sulla mia, il tuo cazzo già duro.
- Sentilo, stringilo. È così per te.
Mi ha fatto eccitare molto sentirti cosi duro nella mia mano. Mi ha fatto bagnare. Lo stringevo e accarezzavo da sopra i pantaloni sentendo come  diventava ancora più duro. Per qualche secondo hai chiuso gli occhi.
- Vuoi sentire come mi fai bagnare?
- Si. Voglio. Fammi sentire.
Ho messo le mie dita sotto l'abito spostando le mutandine. Ho bagnato bene le mie dita e le ho messe nella tua bocca. Le hai succhiate con tanto desiderio.
- Sei buona e molto bagnata.
Ti guardavo con la bocca semiaperta. E poi hai messo due dita nella mia bocca per fartele succhiare. E così ho fatto con tanta voglia.
- Si. Fammi vedere come lo vorresti succhiare. Fammi vedere come sei brava.
Poi hai tolto le tue dita e mi hai baciato. Hai baciato il mio collo, le spalle. Mi davi dei piccoli morsi e dopo passavi con la lingua. Mi sentivi gemere e tenevi la tua testa lì, mentre sentivo il cazzo nella mano. Le tue mani accarezzavano tutto il mio corpo. Stringevano il mio culo e capezzoli. Poi ti sei fermato e allontanato. Hai aperto le porte davanti della macchina per spostare i sedili in avanti. Hai preso la mia mano e hai detto "Vieni qui", tirandomi verso di te. Ti ho baciato appassionatamente. Le mie mani ormai stavano aprendo la tua camicia. Ho leccato e baciato il tuo collo salendo verso il lobo del orecchio.
- Ti faccio sentire quanto ti voglio. Quanto lo voglio sentire nella mia bocca. Devi guardare tutto.
Scendevo sul tuo petto leccando i capezzoli, mordendoli. Sul tuo ventre. Ho anche baciato la cicatrice che avevi sul fianco destro. Mi sono inginocchiata davanti a te. Ti ho guardato. Hai accarezzato i miei capelli. Ho slacciato la cinta e ho aperto i pantaloni, abbassandoli. Ho appoggiato le mie labbra sulle mutande. L'ho baciato e accarezzato con le mani. Avevo tanta voglia di toccarlo e così ho tolto le mutande. Era duro. Mi piaceva tanto. L'ho preso con una mano e ho leccato dal basso verso la punta così che i nostri sguardi si sono incontrati e ho visto come hai morso il labbro. Ho leccato la punta colando la saliva sopra. L'ho preso in bocca. Poco a poco. Facendoti sentire tutto finalmente arrivando fino in fondo. Ho fatto così ancora un paio di volte sentendo la cappella grossa che scivolava sulla mia lingua. Ho leccato le tue palle guardandoti da sotto. Stavi godendo e questo mi faceva bagnare ancora di più. Le mie mutandine erano fradice. Ma ho continuato a succhiarti aumentando il ritmo. Le tue mani mi tenevano la testa. A un certo punto mi hai fermato e mi hai tirato sopra.
- Se continui così, vengo e non voglio. Per il momento.
- Apri la bocca.
Hai aperto la bocca e ho colato la mia saliva  sulla tua lingua. Ci siamo baciati. Hai aperto la porta di dietro della macchina e ti sei messo dentro invitandomi a sedermi sulle tue gambe. E così ho fatto. Stavo sopra di te con il cazzo che mi stava premendo sulla fica. Altri baci. Stringevi il mio seno con le mani. Stuzzicavi i miei capezzoli. Hai abbassato la parte elastica di sopra del mio abito. Non avevo il reggiseno. Mi hai guardato. Osservato.
- Hai un bellissimo seno.
Hai stretto i miei capezzoli tra le dita. Ho sentito una ondata di piacere. Ho chiuso gli occhi gemendo forte. Mi hai detto "Guardami". Ho aperto gli occhi. Hai appoggiato le tue labbra sopra baciandomi il capezzolo. Lo hai leccato, succhiato e stretto tra i tuoi denti. Lo stesso hai fatto con l'altro. Ti guardavo. Mi eccitava moltissimo solo guardarti. Guardare il tuo viso. Sempre un po' abbronzato. La fronte alta. Le rughe vicino agli occhi. Le sopracciglia increspate come se fossi arrabbiato. Ma non era cosi. Perché i tuoi occhi parlavano di dolcezza e tanto desiderio. Il tuo sguardo mi fa impazzire. Mi eccita la tua bocca un po' aperta. Le labbra da inumidire. E i tuoi capelli. Non ho mai pensato che i capelli potessero essere la mia ossessione. Forse perché prima, stando con un uomo, non ero ancora consapevole di questo fatto e poi ho avuto a che fare solo con quelli che non li avevano. E non ho potuto godere di quel momento in cui mettere le mie dita tra i capelli, stringerli, accarezzarli. Ma i tuoi erano ricci. E le mie mani volevano toccarli. Il mio naso voleva sentire il loro odore. E così ho fatto stando seduta sulle tue gambe. Stringevo i tuoi capelli e guardavo come mi baciavi, succhiavi e leccavi tutto il seno.
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pu-pa35 · 1 year
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Sei andata via così, in punta di piedi,
senza fare rumore...
Se solo un'altra volta potessi averti accanto... forse non direi nulla, non sono mai stata brava con le parole, ti guarderei soltanto...
Oltre le nuvole, Oltre il cielo,
ovunque sarai...
Non lasciare la mia mano! ❤
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racconti-del-divano · 2 years
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Matrimonio all'italiana
(Una gentile lettrice, che chiede di restare anonima, mi ha scritto per raccontarmi di questa sua fantasia. Pubblico con piacere, con il suo consenso.)
È il giorno del mio matrimonio. Attraverso la navata, accompagnata sotto braccio da mio padre. Tremo, un po’ per l’emozione, un po’ perché sotto il vestito mi ha chiesto di indossare il suo giocattolino preferito. Vibra. Affinché non dimentichi nemmeno per un istante che razza di sgualdrina sono.
Arrivo da lui, e ci guardiamo negli occhi, e mi sento al sicuro, felice. Lui è l’uomo che amo. Quello giusto. Nel suo sorriso, beffardo ma amorevole, non leggo nemmeno un tentennamento. È sicuro di sé, ha preparato la cerimonia nel minimo dettaglio, e non vede l’ora di impalmarmi. Il suo splendido contegno, fiero, trascinante, anche un po’ arrogante, mi rincuora. Va tutto bene. Andrà tutto bene.
Nulla da dire, sulla parte noiosa della cerimonia. Fila liscia. Poi, finalmente, mi infila la fede al dito, e il prete ci dichiara marito e moglie. Era ora! Sono fuori di me per la gioia. Ora è il momento magico, quello che sogno sin da bambina: quello del bacio. Ma il sacerdote sbaglia la formula:
– La sposa può baciare lo sposo!
C’è un po’ di brusio, l’innocua gaffe ha strappato qualche risatina. Lui commenta, molto meno innocente:
– Sì, ma dove?
Che imbarazzo. Però questo bacio s'ha da fare. E quando lui mi si accosta, il mio unico amore, il mio meraviglioso marito, e vedo il suo viso farsi vicino, non capisco più nulla. Il cuore batte pum pum pum in gola.
Mi deve sollevare il velo. La sua mano si alza, nel gesto. Ma punta oltre. Alla sommità del mio capo. E spinge in basso. Oddio. C’è un errore. Provo a resistere. Ma lui insiste più forte, guardandomi assertivo. E quando fa così, le ginocchia mi si fanno molli come burro. Lo assecondo. Vado giù.
Mi porta all’altezza del suo pacco, spingendomi il viso contro la patta dei pantaloni. Con lo zigomo saggio il rigore del suo sesso. Gridolini spezzati di stupore intorno a me. Arrossisco. Il prete tace. I testimoni di lui, a braccia conserte, mi guardano con un ghigno lussurioso. I miei non li riesco a vedere, ma con la coda dell’occhio noto che le damigelle, sedute in prima fila, si godono lo spettacolo ridendosela alla grande, sotto i baffi. Si mordono il pollice, o si danno pacchette eccitate sulle cosce l’un l’altra, con le scarpette producono uno scalpitio frenetico sul marmo del pavimento. Non oso girarmi verso la platea però. Che vergogna!
Alzo gli occhi, spaesata. Lui non dice nulla. Eppure, dallo sguardo, capisco benissimo cosa vuole. Si aspetta che faccia la brava. La sua mano allenta la spinta, ma sta lì, a ricordarmi che sono una sua proprietà, e che non mi lascerà finché non avrà avuto ciò che desidera. Allora, in mezzo a un brusio crescente, comincio a darmi da fare. Gli slaccio la cinta, gli sbottono i pantaloni, gli abbasso le mutande, facendoglielo scattar fuori, tanto che era compresso. Lo copro subito con il velo, glielo prendo immediatamente in bocca, e improvvisamente cala un religioso silenzio. Tace anche l’organo.
Gli succhio il cazzo, con diligenza, da brava neomogliettina. Davanti alle mie amiche e ai miei colleghi di lavoro. Sotto gli occhi attenti dei miei genitori. A due passi dall’altare. Il velo mi scherma un po’; magra consolazione, non c’è verso di nascondere quale sia il fine dei movimenti oscillatori della mia testa. La sua mano detta ritmo ed escursione; mi costringe a prenderlo fino in fondo. Si accorgeranno tutti di quanto sono brava, penso. Almeno questo. Allora prendo coraggio. Mugolo. Gli carezzo le palle. Nelle pause che mi concede guardo in su, puntandogli contro due occhi grandi e lucidi di emozione, pudore violato, eccitazione; allargo gli zigomi sforzando di produrmi in un sorriso da porca, in cerca della sua approvazione; ma non riesco a nascondere del tutto i segni del mio imbarazzo, e so quanto gli piace tutto ciò. Intanto però gli massaggio l’asta con entrambe le mani, fra rivoli di bava.
Mi sborra in bocca, e io bevo tutto. Non smetto di succhiare finché non l’ho ripulito; proprio come mi ha insegnato a fare. Mi ha spiegato che soddisfare le sue voglie è un privilegio, e io sono assolutamente persuasa di questo. Per questo sono così meticolosa; e, quando ho finito, lo ringrazio.
Lui si sistema, mi porge la mano, mi fa rialzare. Non oso guardarmi intorno, ma la vergogna ha fatto spazio a un certo orgoglio. Finalmente mi solleva il velo, e ci scambiamo un bel bacio.
Il pubblico esplode in un boato.
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Come al solito mi chiedo come stai.
Ora che la vita è tranquilla, anche se siamo lontani,
ora che non ci vediamo,
ma non siamo del tutto separati.
Vorrei saperlo davvero,
anche se ti scrivo una lettera all'anno, non di più.
Ma ti penso, di certo, molto di più.
Vorrei sapere come passi le tue giornate,
se la tranquillità ti rassicura o ti opprime.
Se sono tutte simili nel loro susseguirsi l'una dopo l'altra,
se è proprio questo che ti fa impazzire.
Io a volte sono stanca.
Non di quella stanchezza fisica che si sente alla fine di una corsa,
o a fine giornata, intrisa di soddisfazione,
la mia è una stanchezza mentale.
Sono stanca di camminare in punta di piedi per non fare rumore,
di chiudere bocche,
di disinnescare bombe per non farle scoppiare.
Ogni tanto penso che dovrei scoppiare io.
Così, di punto in bianco.
Come i fuochi d'artificio nelle sere d'estate.
E forse prima o poi lo farò.
O forse no.
Mi conosci, sono sempre stara più brava ad arginare.
Mi distraggo troppo in fretta.
Ogni tanto, infatti, sono anche felice.
A metà, come al solito.
Sono felice quando sto con gli altri,
quando si ritorna alle vecchie abitudini e si ride soprattutto di tutto quello che non va.
Talvolta mi chiedo che sapore ha la felicità quando è completa.
Se fa davvero così paura.
Se porta via tutto quello che hai pazientemente costruito.
Io qui mi sento ancora come una decorazione di Natale quando dicembre finisce.
In questo siamo sempre stati uguali,
fuori luogo nello stessa maniera.
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#Dire, Dare
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calyentee · 2 years
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« E ho bisogno di dirti una cosa. »
 « Tipo? »
Esita, a parlare, eppure non stacca lo sguardo da Lionel. « Li studiate i vampiri a scuola? » Non è quello che ha bisogno di sapere, non propriamente. E glielo si legge nello sguardo. È palese che non abbia trovato un modo migliore per introdurre l’argomento, ma d’altro canto non è mai stata brava in queste cose.
« Credo di sì » non suona totalmente convinto « non lo so di preciso » [ ... ] Il suo negazionismo interiore gli evita di riparare su conclusioni affrettate, e così l’unica cosa che trasuda all’esterno è quel perenne senso di smarrimento che l’ha accompagnato fin lì, incapace di seguire appieno il filo che quell’altra tesse tra l’una e l’altra domanda o affermazione, come anche il barlume che si vede recapitare ad ogni sguardo.
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« Potresti non averne bisogno. » Dice d’un tratto, più seria [ ... ] « Visto che ne conosci uno. » Un modo alquanto bizzarro per dirgli una cosa del genere ma davvero non è riuscita a formulare un discorso sensato. Vagamente divertita, le si legge una vena amara nello sguardo. « Sanguemisto. » Ci tiene a precisarlo, questo. « Siamo più interessanti. » Ma la vena ironica probabilmente non servirà ad alleggerire un’aria che improvvisamente le sembra diventata impossibile da respirare. « Avrei dovuto dirtelo prima. » Che probabilmente è solo un modo fantasioso per chiedergli scusa. Scusa per averglielo tenuto nascosto e, forse, anche per quello che è.
Con l’incastrarsi dei pezzi, la prima, spontanea inflessione che gli si legge in faccia è quella che si concretizza nel suono monco di uno sbuffo ilare, l’embrione di una risata trattenuta sul fondo della gola prima che abbia il tempo di uscire e mescolarsi alla cacofonia del salone. Il naso però si arriccia, e con lui la bocca, gli occhi che si assottigliano leggermente, rispecchiando alla perfezione lo stesso tipo di divertimento, seppur blando, che si mostra altrove. « Sul serio. » Non è una domanda, quanto un’esortazione utile a far tornare la chiacchierata dentro la carreggiata. Non riesce ad interpretare altrimenti l’ironia della rossa, la legge come tale, per quel che è, e così passano frazioni di secondo. Una, due, tre. Poi, impigliando nuovamente le iridi sulla ministeriale, si ritrova ad accogliere nello stomaco la punta dolorosa del dubbio. Il sospetto che si insinua tra le viscere, finché il sorriso aguzzo impresso sui muscoli del volto si cristallizza, fino a sfiorire in una smorfia dal sapore amaro. Un cipiglio che non riesce a far segreto della repulsione che inizia ad agitarsi al di sotto, tra le fondamenta. « Sei– » S’interrompe, le mani che corrono ad appigliarsi intorno il perimetro del tavolo, nervose nei tendini che si intravedono sul dorso [ ... ] come se avesse bisogno di contatto con qualcosa di concreto, di sicuro. Poi « Devo andare. » Ed è esattamente ciò che ha intenzione di fare [ ... ]. Non una parola, uno sguardo. Nulla. Silenzio. Solo questo.
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