Tumgik
#e la partita non è ancora finita
attimi-sfuggenti · 2 months
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Mi ritrovo per la prima volta dopo anni a pensarti con un briciolo di affetto. Mi chiedo come sia possibile averlo conservato dopo tutto ciò che è successo. Eppure eccomi qua, mi chiedo se ti sono entrata dentro tanto quanto tu hai fatto con me. Mi chiedo se anche tu ripensi a noi, e se anche a te causa così tanto dolore. Da una parte spero di sì, che ti tremino ancora le gambe quando mi incroci come capita a me. Vorrei che quando ti parlano di me ti salga l'amaro in bocca, con lo stesso risentimento che ho io. Quella sensazione di partita non finita. Di conto in sospeso. È strano, sono anni che non parliamo eppure sento ancora la tua voce nella mia testa. Succede anche a te? Le mie parole riecheggiano nelle tue giornate?
Da me fanno un rumore assordante, tanto che torno quella di allora alcune volte. Un po' mi conforta farlo.
Sei stato passione pura sai? Come uno sport che ti dà un motivo per vivere. Finché non te lo strappa via, certo. Tanto intenso quanto terrificante. Da una parte vorrei averti fatto lo stesso male, l'ho desiderato per anni e vorrei ancora procurartene.
Ma una piccola, minuscola briciola di me spera che tu sia al sicuro da tutto questo. Spera di non essere stata tanto crudele quanto lo sei stato tu con me, perché non vorrei essere quel tipo di persona.
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vefa321 · 11 months
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Latitanza..
Ero partita senza saperlo
Raggiunta sola dalla mia lontananza
Non era deciso, neppure scritto
I passi avanti,
l'unica distanza.
Come il silenzi ancora acerbo
Una voce priva di ogni verbo.
A metà tra ieri e domani
Non più presente nel presente
Ero partita senza valigie
Bagagli a mano e parole in mente...
Torno senza ritornare
Ritrovo le mie mani
Le pagine spente
L'inchiostro avaro...
Si aprono le danze
Lettere che diventano parole
Parole che si ricorrono
Cascate di periodo, fiumi di pensieri.
La latitanza è forse finita?
Rinvenuta dalla propria vita.
J.D
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intotheclash · 6 months
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“Che c'è, Pietro, non sai cosa dire?”
“No.” Risposi con una vocetta appena udibile. Davvero non sapevo cosa cazzo dire. Guardai anche mia sorella, in cerca di una qualche illuminazione, di un appiglio qualsiasi, mi sarei aggrappato a tutto, pur di uscire indenne da quella pericolosa e niente affatto chiara situazione, ma lei rispose picche. Si voltò verso il televisore e mi lasciò solo contro tutti. Non voleva immischiarsi e non si sarebbe immischiata. Se se la prendevano con me, avrebbero lasciato in pace lei; la legge della giungla. Schifosa di un'egoista! Ma, alla prima occasione, me l'avrebbe pagata. Come si suona si balla.
“Allora, visto che non sai cosa dire,” Iniziò mio padre, “Lo faccio io per te. Ti racconto la mia parte di storia, quella che ho dovuto ascoltare stasera, prima di cena. Dopodiché sarai tu a raccontare la tua e bada bene di raccontarla tutta. E soprattutto precisa. Se mi accorgo che mi stai fregando, o soltanto me lo fai pensare, ti darò una di quelle strigliate che te la ricorderai finché campi. E potrai anche dire addio ai tuoi amici per tutta l'estate, visto che non ti farò più uscire di casa. Ci siamo intesi?” Dovetti acconsentire. Non è che fossi poi tanto d'accordo, ma cosa potevo farci? Avevo solo tredici anni. Comandava lui! Lui prendeva le decisioni e io le subivo. Non avevo alternativa. Per quanto riguarda il dove volesse andare a parare era ancora buio totale. Dovevo pazientare.
“Stasera, prima di venire a cena,” Iniziò, “mi sono incontrato al bar con Mario, il papà del tuo amico Sergio, abbiamo deciso di giocarci l'aperitivo a scopa. Una partita secca, chi perde paga, naturalmente. Consuetudine, lo facciano sempre. Ad un certo punto entra nel bar quella gran testa di cazzo dell'avvocato Terenzi…”
Quel cognome mi scoppiò in testa come una bomba a mano. Ora si che era tutto chiaro. Riuscivo a vedere solo disgrazie. Pensai al sangue che zampillava dal naso di Alberto Maria, il figlio dell'avvocato, pensai… Oh no! Peloroscio! Sembrava che si fosse ripreso, che stesse meglio quando lo avevamo lasciato al campo. Invece… Invece doveva essere morto, porco cane! Ecco perché mio padre era incazzato nero! Era finita! Sarei stato sbattuto in prigione per tutta la mia miserabile vita.  Probabilmente anche i carabinieri sapevano già tutto e stavano venendo a prendermi. Forse i miei amici li avevano già rinchiusi. Ero disperato, avevo voglia di piangere. Gli occhi mi si arrossarono e iniziò a tremarmi il labbro inferiore. Era finita! Il vecchio se ne accorse, fece un mezzo sorriso di vittoria e proseguì: “Vedo che non sei del tutto stupido, che stai iniziando a riflettere. Ma non è ancora il tuo turno di parlare, prima devo finire io. Dicevo: entra nel bar l'avvocato Terenzi. Un fatto strano, perché quel figlio di una puzzola è tirchio come un genovese di origini ebraiche e, là dentro, non ci mette mai piede, neanche per un caffè. La cosa ancor più strana, però, è stata che, appena entrato, si è diretto deciso verso il nostro tavolo. Sputava fiamme come un drago. Prima ci ha vomitato addosso una catasta di insulti, almeno dal tono sembravano insulti,  le parole non si capivano bene, quel borioso idiota parla una lingua che solo lui capisce. Ed è stata la sua fortuna, altrimenti sarei tornato a casa con una collana fatta con i suoi denti. Ma quando ha deciso di farsi capire, si è fatto capire bene e ci ha raccontato una storia. Una storia che tu dovresti conoscere bene e che, tra poco, sarai costretto anche tu a raccontare. L'avvocato ha detto che, giù al campo sportivo, tu e i tuoi amici siete saltati addosso a quel bastardo del suo adorato figliolo, lo avete caricato di botte e, non contenti, gli avete pure fregato il pallone. Adesso sta all'ospedale di Civita Castellana con il naso rotto e tutto gonfio. Un bel lavoro, non c'è che dire. Ha detto anche vi denuncerà tutti e a noi ci toccherà pagare una barca di soldi. Il Bastardo!”
Le lacrime trovarono finalmente la strada e sciamarono fuori. Un torrente di montagna dopo mesi di pioggia intensa. Portava con se un sacco di detriti, paura, rabbia, ma anche sollievo. A pensarci bene, soprattutto sollievo. Peloroscio non era morto e, per la seconda ed ultima volta nella mia vita, ne fui felice. Ero scampato di nuovo alla prigione. Subito dopo venne la rabbia. Ci mise un attimo a prendere il sopravvento.
“Non è vero!” Urlai “E’ un bugiardo! Bugiardo lui e bugiardo suo figlio! Il pallone era mio. Quello che mi hai regalato tu, quello di cuoio. Noi stavamo già giocando, poi è arrivato il figlio dell'avvocato, insieme a Peloroscio e a Ringhio, mi hanno gettato in terra e mi hanno fregato il pallone. Il mio pallone, non il suo!
"Se le cose stanno in questo modo, allora avete fatto bene a suonargliele. Domani mi sente quel lurido verme! Erano pure in tre i figli di bagascia. E tutti più grandi di voi.” Vidi lo sguardo del mio vecchio e capii che stava rispolverando l'idea della collana fatta con i denti dell'avvocato Terenzi. La cosa non mi dispiaceva affatto.
“Veramente, papà, non siamo stati noi a dargliele…”
“Ascolta, stronzetto, ho detto niente bugie! Cosa vorresti farmi credere? Che si sono picchiati tra di loro? Che il naso a quel prepotente figlio di prepotenti lo hanno rotto i suoi compari?”
“Non dico bugie! E non ho detto neanche questo! Il naso all'avvocatino lo ha rotto Pietro il Maremmano. E le ha suonate anche ai suoi amici. Anzi, solo a Peloroscio, perché Ringhio se l'è fatta sotto ed è rimasto paralizzato dalla paura.” Dissi tutto d'un fiato.
Mio padre non ci stava capendo più un cazzo. Guardò prima me, poi mia madre, che lo mise al corrente su chi fosse questo Maremmano, che lui non aveva mai sentito nominare, né aveva idea di chi fosse figlio, o dove abitasse. Volse ancora una volta lo sguardo verso di me e, con una calma che proprio non gli riconoscevo, disse: “Ascolta, piccolo, raccontami di nuovo tutto daccapo, senza tralasciare nulla. Poi deciderò il da farsi.” Ed io raccontai. Daccapo. Con dovizia di particolari. Dalla mattina. Raccontai delle biciclette, del pranzo, della partita e infine dello scontro. Il vecchio non mi interruppe mai. Si limitò a seguire il racconto, accompagnandolo con cenni di approvazione, o di disapprovazione, a seconda dell'evolversi degli eventi. Alla fine ero stremato. Stremato ma sollevato. Mi sentivo stranamente leggero. La paura era scomparsa. Mi sentivo bene.
La risata di mio padre piombò giù dalla cima del monte, come una valanga, con lo stesso frastuono e la stessa forza dirompente. Dapprima, io, mia madre e mia sorella, restammo pietrificati, poi ci lasciammo contagiare e fu risata liberatoria per tutta la famiglia. Non capivo bene cosa ci fosse tanto da ridere, ma me ne guardai bene dal protestare; poi era bello ridere tutti insieme. Non riuscivamo più a smettere e papà era quello che rideva più forte. Come suo solito, rideva e piangeva e menava delle manate sul tavolo e sulle mie spalle, facendomi anche male, ma non protestai.
“Certo che questo ragazzino deve essere un bel fenomeno!” Disse quando si fu calmato, “Hai detto che ha la tua stessa età, vero?”
“Si.”
“E ha lisciato il pelo a tre ragazzi più grandi di lui?”
“Si.”
“Davvero un bel fenomeno. Solo mi sfugge una cosa: nel frattempo, tu e quegli altri stronzetti dei tuoi amici, cosa facevate? Non gli avete dato una mano? Anche se, da quanto ho capito, non è che ce ne fosse bisogno. Casomai potevate darla a quegli altri tre perdigiorno!” E giù un'altra mitragliata di risate.
“No.” Risposi molto timidamente.
“No? E perché no? Se le avesse buscate?” Era di nuovo serio.
“Perché avevamo paura! Lui non è di qui. Lui non sa come vanno le cose. Quelli erano più grandi e quelli grandi si approfittano sempre dei piccoli. Guai a protestare. Non era la prima volta che ci fregavano il pallone. Lo fanno sempre. E se ti azzardi a protestare, giù botte.”
Aveva capito. Fece segno di si con la testa. Sicuramente anche quando era un ragazzino lui funzionava così. “Capisco, ci sono passato anch'io. E’ così che va il mondo, perdio! Pesce grosso mangia quello piccolo. E’ una legge di natura. Non ci sono santi. O, forse, no, sembra che il meccanismo si sia inceppato. Credo sia un buon segno.” Sentenziò. Si alzò dalla sedia, si infilò una camicia a quadri sopra la canottiera d'ordinanza, mi fece l'occhiolino e: “Infilati una maglietta pulita e andiamo.” Disse.
“Dove?” Chiesi. La paura stava tornando a farsi sotto. Non ero mai uscito con lui dopo cena.
“Voglio conoscere questo fenomeno del tuo amico. Subito.”
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libero-de-mente · 9 months
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𝗟𝗢 𝗦𝗧𝗔𝗗𝗜𝗢
- 𝙋𝙧𝙤𝙡𝙤𝙜𝙤
"Si certo, prendiamo l'autobus... che palle. Poi il treno, gli orari? Che palle... Si si, allora partiremo molto prima... che palle. Hai visto quale metro prendete? Due?! Che palle... Per il ritorno? Ah non può? Aspetta chiedo al mio...
Papà..."
"Dimmi Gabri"
"Martedì c'è la partita di Champion, vado a vederla con i miei amici. Per te sarebbe un problema venirci a prendere a Milano, quando sarà finita?"
Sono stato tifoso. Quando essere tifosi, della mia squadra, dava tante soddisfazioni. In quello stadio, chiamato anche "La Scala del calcio", ci andavo ogni domenica o mercoledì di coppe. Probabilmente li sfogavo, gioendo delle vittorie, l'amaro di una vita in cui dovevo accontentarmi. Credo.
Comunque, mi ero ripromesso che se Gabriele ci fosse voluto andare, lo avrei accompagnato io la prima volta. Dove io ho passato ore senza pensieri lì ci sarebbe entrato con me. Io, suo padre.
E così me ne esco con: "Vi porto io, così ritorno a San Siro".
Con tanto di dito alzato al cielo
- 𝙇'𝙖𝙧𝙧𝙞𝙫𝙤
Ci siamo, dopo un viaggio dove l'autostrada ha dato il peggio si se con forti rallentamenti, arriviamo in zona quando i cancelli dello stadio sono già aperti da mezz'ora.
Parcheggi completi ovunque. Rassegnato invito i ragazzi a scendere e dirigersi allo stadio a piedi, circa 25 minuti di camminata.
Nel frattempo troverò un posto dove lasciare l'auto. Lo trovo. Stessa posizione del concerto di Weeknd (chi ha letto il mio racconto "Weeknd con il morto"su quella sera sa).
Mi avvio verso lo stadio, che non ho la più pallida idea di dove sia. Seguo ragazzi e adulti che indossano le maglie con i nomi di oggi e di ieri dei giocatori.
Fa caldo, 30° e afa. Ho lasciato casa mia con un 24° gradi e la freschezza dell'autunno.
Cammino e rantolo, passo veloce. Siri l'assistente digitale del mio iPhone si attiva e urla in mezzo a tutti: "Sessione FitHard Core, Ottimo! La salvo nel tuo allenamento settimanale?"
Imbarazzato le dico, sussurrando: "No"
Siri: "Dai, lazzarone, che l'ultimo allenamento ancora avevo l'aggiornamento iOS 15 e siamo al 17!"
Io "No, fatti i fatti tuoi"
Seguendo le maglie e passando attraverso un parco alberato sbuco davanti a lui: lo stadio.
Sento l'urlo "The Chaaaaampions" di tutto lo stadio, dovrei essere lì con Gabriele, padre fallito che sono. Ma non ho tempo di questi rimproveri, ho davanti a me proprio il gate d'ingresso che devo prendere.
- 𝙇𝙤 𝙨𝙩𝙖𝙙𝙞𝙤
Arrivo al primo controllo, un tipo sulla sessantina mi fa cenno di andare da lui: "Meh, tien l'accendin tu?"
"No" gli rispondo
"Meh, non fumm"
"No, ho smesso"
"Brav da quant?"
"Aivògghiie"
"Meh, pugiese pur'ttu"
"No, parl a' muzze"
"Meh, Ce sì bevùte, u leàndre?"
Mi fa passare, passo anche i tornelli per la vidimazione del biglietto.
Entro...
Guardo il numero del settore, lo vedo e mi dirigo a passo deciso.
Mentre cammino vengo puntato a distanza da un omone alto, tipica persona anglosassone che mi si avvicina, porta un cartellino appeso al collo che lo rende ufficioso.
"Excuse me, he's a Newcastle fan?"
"No, thanks" - Con tutte le risposte possibili vado a dire no grazie?!
"Excuse me but the English support sector is here"
"Oh no, sorry. I'm not English, mi rend cont che my clothing is from Royal Ascot, ma belive me, sto sudand come a caiman. If io sapevo I was dressing da murator. The soul of my dead ancestors"
Questo steward inglese comprende l'italiano e comincia a ridere, "Ok, man... ok" mi dice lasciandosi andare da quella compostezza seria, di chi è li per evitare contatti tra le tifoserie, a quella più divertita.
Salgo.
Salgo.
Salgo. Le scale sembrano non terminare.
Poi penso ai miei coetanei che ammiro su Facebook che fanno ferrate in montagna a quote elevatissime, chi fa camminate o corse lungo i fiumi partendo dalla foce e arrivando alle sorgenti.
Chi dalla Calabria attraversa a nuoto lo Stretto di Messina, si mangia una granita con brioche con il tuppo, per poi ritornare a nuoto sulla sponda calabrese e far ruttino. Come se nulla fosse.
Resisto, i messaggi di Gabriele arrivano a raffica:
Dove sei
Oh, ti aspetto
Quanto manc
Cominc
Oh pa' ndo stai?
Che palle
Sbuco nello stadio, devo salire le gradinate, vedo mio figlio.
Sembro Gesù Cristo sul Monte Calvario, grondo sudore e non sangue. Per fortuna. Anche se un polmone mi sa che è collassato.
I gradini dello stadio non me li ricordavo così irti, li facevo due alla volta quando stavo in curva. Adesso mi ricordo di quando salii sulla piramide di Chichén Itzá.
Devo guardare davanti a me, mi ripeto, altrimenti perdo l'equilibrio.
Alzo lo sguardo e noto che davanti a me non sta salendo un sedere femminile palestratissimo e perfetto, inguainato in un fusò aderentissimo.
No.
Credo di averlo percepito come un sedere nudo con la pelle colorata da fusò.
Però la motivazione mi ha aiutato. Arrivo in cima all'anello. Sono vicino a mio figlio. Questo conta. Lo guardo, lo ammiro. Sono contento per lui ha gli occhi che brillano di bello, di gioia. Con i suoi amici, nello stadio della sua squadra del cuore. Il resto è calcio, che si vinca o che si perda. Pazienza.
- 𝙇𝙖 𝙁𝙞𝙣𝙚
Finita la partita. Un pareggio Gabriele e i suoi amici mi guardano. Hanno la faccia perplessa del pareggio.
Li guardo e dico loro: "Potrebbe esser peggio"
"E come, una sconfitta?"
"No, potrebbe piovere"
Mi guardano, li guardo, si guardano.
La mia battuta del film Frankenstein Junior evidentemente non la conoscono, nonostante la mia espressione da Igor.
Le basi della filmografia proprio, dovrò spiegargliela in auto.
Che palle!
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Weekend da un po' up and down. C'è festa da me, 3 serate di musica dance, anni 90/2000, stand di street food e meteo decente, solo che sono passata da: venerdì col mio ragazzo, una coppia e un amico, musica a palla, ho ballato, saltato, cantato cercando di interagire anche con l'unica ragazza presente e una crêpe giusto per farsi venire i sensi di colpa ma era più per far compagnia a lei che voleva prendersi un dolce. Poi sabato, un gelato strabuono accompagnato anche esso dai miei sensi di colpa, giro al centro commerciale, un paio di partite a lol e siamo tornati da me per cenare sempre là insieme ad un'altra coppia, poi ci ha raggiunto anche l'altro amico e loro due sono tornati a casa, mentre noi tre a sentire la musica e io già davo i primi segni di cedimento, ma ho comunque partecipato con entusiasmo a suon di DjMatrix e salti temporali alle medie. Domenica, parte critica, partita bene con un pranzo al sushi, finita in coma con un pomeriggio nuvoloso e molto deprimente, tant'è che anche il mio ragazzo si è ingrigito e oltre a qualche partita a lol dove ho preso addirittura S con un champ mai giocato prima (26 kill in aram, punto più alto della giornata), non abbiamo fatto un cazzo se non lamentarci a turno della giornata sprecata perché il tempo era uno schifo e a me non andava di stare coi suoi amici, quelli tanto simpatici che salutano solo lui e non me. Quelle. E la sera siamo tornati là a sentire la musica ma proprio non mi muovevo, ho fatto davvero fatica a partecipare alla serata, poi vedendo lui che non si divertiva mi deprimevo ancora di più. In termini di gaming diciamo che ci "counteriamo" a vicenda. Non riesce a tirarmi su di morale e nemmeno io ci riesco con lui, mi sento in colpa perché so che è anche colpa mia se sta giù, mi vede così e si deprime. Capisco che sia difficile ma io avrei bisogno di una persona positiva e che non si butti giù così abbandonandomi alla depressione, ho bisogno di allegria, passione, risate e invece... Non mi fa mancare nulla, lo dico sempre, ma in realtà ho appena elencato le cose che mi mancano. Boh, ci sto male.
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3nding · 1 month
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"Io brinderò con gli amici, perché ho avuto una vita bellissima e le memorie che ho sono memorie piene di vita. Mi voglio legare all’idea che c’è una vita, anche tutti i giorni. Quello che mi dispiace tanto è scoprirlo solo adesso. Non è ancora tardi, eh. Non è ancora finita, perché come dice Boskov ‘partita finisce quando arbitro fischia’ e il mio arbitro non ha fischiato ancora" - Franco Di Mare a CTCF
Ecco, questo è un concetto che dovrebbe passare il più possibile. Non bisogna arrivare a pensare o sapere di avere i giorni contati per poter apprezzare la vita (e si può fare anche senza dover scalare l'Everest, la consapevolezza può esserci anche squagliati sul divano anestetizzati da Netflix)
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ilfascinodelvago · 1 year
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NON È LA FINE DER MONDO
È l’ultima sintesi dell’anno, quindi ne approfittamo pe fa’ un breve recap delle sfighe de un anno che sembra esse stato ‘na merda ma alla fine è tutta apparenza, niente de veramente grave. >> 
Non se semo annati ai mondiali: è la seconda volta de fila (non era mai successo prima). Oh ma mica è la fine der mondo, se ce impegnamo e ce dice culo, tipo che arrivamo allo spareggio co’ la primavera der Lussemburgo, magari ai prossimi riuscimo pure a qualificacce. >> 
È cascato er Governo Draghi ma tranquilli che 'ns’è fatto gnente! Ar posto suo c’avemo er governo più a destra de tutta la storia de la Repubblica che ar confronto Tambroni sembra un boyscout ma che vuoi che sia, alla fine è normale dialettica democratica. >> 
È schioppata pure la Regina Elisabetta, è la prima volta che a Natale non c’è er discorso suo in TV, perché lei esisteva da prima della TV. Ma noi a Roma avemo inventato un detto fatto apposta pe’ ste occasioni: morto un papa se ne fa un antro. È così da sempre, daje Carlè. >> 
Musk ha buttato ner cesso 44mld pe’ fasse na partita a Twitter e tu stai a piagne perché pe’ na multa in divieto de sosta? Lascià sta che ha fatto così tanti casini che pò esse’ pure che twitter schiatta, semo sopravvissuti alla fine de MySpace, sopravviveremo pure a questo. >> 
I prezzi dell’energia so’ schizzati alle stelle, la gente ormai pur de non accende er riscaldamento se butta sul cachemire che je costa de meno. È aumentato tutto, solo lo stipendio tuo è rimasto quello de trent’anni fa ma va bene così, lo fanno apposta pe fatte sentì giovane. >> 
È finita pure la pandemia, cioè non è che proprio finita, è che se semo rotti er cazzo noi e avemo deciso che mo è “solo un’influenza”, che in fondo de influenza non è mai morto ness… Vabbè il concetto è quello, mo rimane giusto da spiegallo ar virus. >> 
È morta ‘na donna ogni tre giorni ammazzata dar marito o dar compagno, venti lavoratori a settimana per “incidente”, quasi cento suicidi in carcere. Ma è roba che ormai succede tutti l’anni se ancora non te sei abituato è corpa tua, er mondo funziona così non è mica un dramma. >> 
Non semo mai stati così vicini al rischio de guerra nucleare, pare wargames ma ar posto der computer c’è na manica de deficienti. Quelli bravi però dicono che è un bluff, e che er vento tira in per di là e non c’è da preoccupasse. Ar massimo na grattata de cojoni scaramantica. >> 
Il clima è impazzito, la Marmolada s’è sbriciolata, er Po e l’antri fiumi asciuti, luglio era un forno, Natale lo stamo a fa’ coi bermuda, alluvioni e frane avemo perso er conto, i primi sei anni più caldi der secolo stanno tutti tra er 2014 e oggi. Ma non è la fine der mondo. >> 
Er mondo un modo lo trova sempre, lo troverà pure nel 2023. Ar massimo, proprio a volé esse cacacazzi, pò esse che è la fine tua, ma er mondo va avanti pure senza te e me e tutti l’antri, mica sta a guardà er capello. Quindi avanti tranquillo (che lo sai che fine ha fatto).
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arte-miss7 · 10 months
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In un sonnellino pomeridiano non premeditato ho fatto un sogno assurdo, anzi due:
Nel primo ero nella biblioteca civica della mia città e avevano messo dei teli nel chiostro (?) e io ero andata li a studiare, nonostante avessi un po’ di febbre come nella realtà (in cui effettivamente sono 3 giorni che sto male e ho la febbre). Fatto sta che vedo un ragazzo, Marci, che trovo molto carino e che non è la prima volta che sogno che viene da me e si avvicina e vede che non sto tanto bene. Nel mentre io ho un mezzo mancamento, per fortuna che sono seduta sul telo e lui mi prende la testa per non farmela sbattere e me la appoggia sulla sua spalla e rimaniamo lì qualche minuto con una tensione ed energia assurda dove non succede nulla, non ci baciamo ne niente. Solo questa fortissima energia.
Nel secondo sogno tutto è ancora più assurdo e pieno di dettagli, molti li ho già rimossi. Comunque in sintesi andavo sul tardi e completamente da sola in un cimitero di provincia, quello dove è seppellito mio padre perché per l’appunto volevo fargli visita. Una volta arrivata sulla tomba, faccio per lasciargli una lettera o un disegno, ora non ricordo ma mi sbaglio, ce letteralmente sbaglio tomba e quando me ne rendo conto faccio su tutto e mi incammino sconvolta del mio errore verso la direzione giusta. Arrivo nella torretta e mi rendo conto di dover salire alcuni piani, ma ad attendermi giù c’è una specie di sala d’attesa (?) dove una ragazza cercava il suo posto prenotato e quando le ho detto di sedersi dove voleva, lei mi ha risposto qualcosa tipo “eh no! È importante rispettare le regole”, va beh inizia a farsi tardi e soprattutto buio e tutto mi fa molta paura e per assurdo, nel mezzo del cimitero inizia una partita di calcio (di quelle molto importanti) e si riempie di tifosi e baracchine che vendono cibo (?). Però la torretta dove dovevo salire io rimane abbastanza buia e vuota e nel mentre perdo pure una delle mie borse in cui avevo proprio la lettera. Inizio a salire, pur non sapendo con esattezza il piano, perché avevo paura che di lì a poco avrebbero chiuso la torretta. Nei piani non c’era illuminazione, se non quella della luna perché erano piani di forma rettangolare completamente aperti e divisi dall’esterno solo da una ringhiera, mi rendo presto conto di dover salire fino all’ultimo piano, una volta arrivata vedo due signore vestite da infermiere che lavoravano al buio e c’era tanto caos e mi hanno fatto andare via dicendo che dovevano rilevare delle tracce di sangue(?) nonostante la follia di questa motivazione me ne vado quasi sollevata di non essere riuscita a raggiungere il mio scopo… mentre scendo le scale guardo fuori, la partita è finita e vedo una macchina sfrecciare verso l’uscita, mentre sta per mettere sotto un calciatore, l’autista si fa fuori dal finestrino e gli batte un pugno esultando, e da lontano mi rendo conto che è proprio mio padre, che si rimette presto alla guida e sfreccia verso l’uscita. Io rimango relativamente poco sconvolta dalla scena e mentre sto per uscire dalla torretta incontro la mia amica Giulia L (amica veneta) che era lì con un ragazzo che lavorava nel cimitero ma faceva anche il personal trainer (?) e i due mi offrono un passaggio anche se non aveva alcun senso dato che la mia amica viveva in Veneto ma comunque io lo accetto e il sogno finisce.
Ora io mi chiedo: non ho potuto visitare la tomba di mio padre perché lui era scappato? Ma dove andava e perché non mi ha nemmeno salutato?
Assurdo che questi due sogni siano avvenuti in pochissimo tempo
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ross-nekochan · 1 year
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Ed eccomi qui, sfastriosa come qualche volta mi capita di essere, a scrivere cose che ho già scritto ma che non riesco a non scrivere di nuovo.
Durante la passeggiata di oggi ho pensato a tutte le cose che avrei voluto fare e che non ho fatto. Volevo studiare l'inglese per prendere la certificazione e non l'ho fatto, volevo tradurre la tesi e non ho nemmeno finito il primo capitolo, volevo entrare in qualche associazione culturale e non l'ho fatto, volevo, volevo, volevo e non ho fatto niente. Se ci penso è che a Settembre/Ottobre mi ci sono messa pure a studiare inglese, poi è arrivato Novembre pieno di colloqui e di pensieri, poi Dicembre pure qualche colloquio l'ho avuto, poi Natale ed eccoci a Gennaio. Vero è che non ho mica colloqui tutti i giorni però, non so il perché, mi si occupa la testa vedo solo Linkedin e Indeed e le giornate così se ne vanno via, senza che io abbia fatto niente, in sostanza.
Che poi, colloqui che boh, vorrei che vadano bene perché chi non lo vorrebbe ma in realtà io non lo so mica quello che voglio. A volte penso di fare il dottorato a 30 anni prendendomi una pausa e accumulando soldi, altre volte vorrei cominciare già da ora se non fosse che mentalmente è un'anticipazione grossissima, oltre a non sapere bene come funziona (ancora) il tutto. Poi penso alle cose pratiche: cosa pesa per me sulla bilancia, più lo stipendio o più la voglia di fare una cosa più piacevole di un'altra? Una mia amica mi diceva l'altro giorno:"Non è possibile che mi sono già scocciata di questo lavoro dopo solo 4 mesi". A me pareva di essere l'unica a fare sti pensieri e invece siamo tutta una generazione.
L'unica cosa che ho "concluso" (tra virgolette perché è giusto una cosa da mettere a curriculum) è questo corso a Londra che farà credere alla gente che non sto "perdendo tempo". Che poi in fondo se guardo altre vecchie amiche, laureate in tempo e quindi 2 anni prima di me non è che stanno messe meglio di me: una lavora sottopagata in una scuola privata, un'altra è vero che è partita in Giappone a sue spese per frequentare l'università da "assistente" del prof, ma dopo 1 anno di stasi. Io sto a 3 mesi e già mi lamento.
Il fatto è che, se non mi fisso degli obiettivi e vado alla deriva come adesso, mi pare di perdere tempo perché non faccio nemmeno una di quelle cose che mi ero prefissata di fare. Forse, se questo giro di colloqui va male, mi ci metto sul serio anche se so che vivrò col senso di colpa di essere una vera e propria NEET.
D'altra parte, bramo il ritorno della mia indipendenza come fosse ossigeno e per farlo devo per forza avere un lavoro e andare via da qua, ma ultimamente ho colloqui con aziende qui vicino e se me ne andassi il mio proposito di accumulare soldi per il dopo andrebbe a farsi friggere.
Guardo i "grandi" già arrivati nel mondo della cultura e mi chiedo: come hanno fatto? Come hanno fatto i TLON? Come ha fatto Chiara Valerio da insegnante e dottorata in matematica a lavorare adesso per le case editrici? Come ci si muove in questo marasma chiamato vita? Forse è semplicemente che la gente FA, io no. Ce le avrei pure qualche idea culturale da far nascere su Instagram però da una parte penso sempre che non sarei il profilo blessed dell'algoritmo e che sarei il solito profilino da 200 follower così come è successo al profilo fitness (che ok ci ho messo impegno zero proprio but still).
Londra, magari potessi andarmene per un po' lì. Sarebbe una cazzo di esperienza. Ma da qui è impossibile e per andare lì serve sempre il cash. Circolo solito.
La mia email universitaria sta per essere dismessa perché sono 6 mesi che mi sono laureata. A volte mi chiedo se è successo veramente, perché non ci posso ancora credere che è finita, tant'è vero che volevo anche andare a Napoli a frequentare qualche corso all'uni per aprirmi la mente, come mi piace sempre fare. Secondo voi l'ho fatto? Risposta corretta.
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anja-anja · 2 years
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Mi chiamo Francesca, ho 40 anni e sono una donna che definirei nella norma. Capelli biondi ricci, corporatura abbastanza minuta, insomma la classica donna che non si nota in giro per strada, anche se credo di essere tutto sommato piacevole. Separata, un figlio di 8 anni, nella vita mi occupo di amministrazione per una grossa multinazionale.
Ogni anno siamo tenuti a fare dei corsi di aggiornamento ed essendo l’azienda molto molto grande, si è dotata di una sua struttura per questa attività, alle porte di Firenze. Qualche settimana fa era il mio turno e così ho fatto la valigia e sono partita. Tre giorni via di casa, per fortuna mio figlio è potuto rimanere con il padre (nonostante ci siamo separati da un po’ siamo fortunatamente rimasti in buoni rapporti e ci aiutiamo a vicenda) e sono partita. Martedì sera, dopo il lavoro, treno da Milano a Firenze, poi trasferimento in hotel e a letto di corsa. L’indomani è iniziato il corso. Eravamo in tanti, 5 o 6 classi da 8-10 persone l’una, per la maggior parte tecnici, ma anche molti di altri settori, amministrazione, gestione del personale, marketing. Nella pausa caffè ci si incontra con altri colleghi, si parla, si ride si scherza e ancora di più nei momenti conviviali, come a pranzo e soprattutto a cena, quando, dopo una giornata di studio finalmente ci si rilassa un po’.
La prima sera a tavola eravamo in tanti, ma lui mi ha colpito subito.
Alto, un po’ sovrappeso, ma con un paio di occhi azzurro cielo colmi di una tristezza che non saprei spiegare, barba folta ma ben curata e capelli cortissimi, entrambi brizzolati. La cena della prima sera è passata veloce e a lui non ci ho più pensato, finché, quando sono uscita per la sigaretta del dopo cena, l’ho trovato sotto al portico con un paio di colleghi, intenti a fumare, chi sigarette normali, chi quelle elettroniche. Lui fumava un sigaro e ciò gli dava un’aria ancora più interessante. Mi sono avvicinata e ho chiesto da accendere a uno dei colleghi presenti, poi mi sono seduta su un muretto, chiacchierando con tutti del più e del meno. Si chiama Cristian, ho saputo, è toscano di origine, ma vive a Torino.
Finita la fumata in compagnia ho salutato tutti e sono andata a dormire, senza riuscirci troppo bene. Il letto non mio, la temperatura (prima caldo, poi freddo) mi hanno rovinato il sonno, tanto che al mattino mi sono risvegliata in uno stato pietoso. C’è voluta una doccia per rimettermi in piedi. Sono scesa a fare colazione e l’ho visto, da solo. Ho chiesto se potevo e mi sono seduta al suo tavolo. Abbiamo fatto due chiacchiere mentre mangiavamo, tutto molto normale. Ma qualcosa in me non andava. Mi sentivo a disagio a guardare quegli occhi. Freddi come il ghiaccio, ma con quella velatura di tristezza. Mi dava la sensazione di un uomo tormentato, a dispetto del suo apparire sempre gioviale e di compagnia. Poi tutto è finito. Fine della colazione, ognuno al suo corso. Ci siamo incrociati a pranzo, ma nulla più. E di nuovo siamo rientrati in hotel per la seconda sera. Non so cosa mi ha preso, ma ho cercato di vestirmi meglio possibile, compatibilmente con i vestiti che avevo portato, che non erano sicuramente molto eleganti, in fondo ero lì per un corso, non per una serata di gala. Ho messo un paio di jeans e un maglioncino e sono scesa a cena. L’ho visto là, era seduto a tavola con i suoi compagni di corso, tutti tecnici e io mi sono seduta al tavolo a fianco, con altri colleghi. Ogni tanto con la coda dell’occhio lo cercavo, non sapevo cosa mi passasse per la testa. Lui era impegnato a parlare, mangiava, beveva e rideva. Io mangiavo e lo guardavo.
Finita la cena sono uscita per la sigaretta e l’ho trovato lì come la sera prima a fumare il sigaro e parlare con i colleghi. Questa volta però mi sono seduta vicino a lui e gli ho chiesto da accendere. La conversazione è andata avanti per un po’, tutti assieme a parlare delle nostre esperienze di lavoro e di cosa facevamo, finché lui si è alzato per tornare in camera e io, con la scusa che ero stanca l’ho seguito. Siamo entrati in ascensore e mi ha chiesto a che piano andassi e ho risposto al terzo, come lui e siamo saliti. Trenta o quaranta secondi in ascensore, vicini. Sentivo il suo odore. Lui mi guardava cercando di non fissarmi. Mi sentivo sempre più strana, un tarlo si faceva strada nella mia mente, anche se non riuscivo a capirlo del tutto. Era come se una parte di me lo volesse, ma un’altra parte respingesse quell’idea.
“Cazzo, Fra, è un collega, a che pensi”
pensavo nella mia testa, ma lui era sempre lì a pochi centimetri, sentivo il suo profumo e l’odore del tabacco, e la testa si annebbiava sempre di più.
Le porte si sono aperte e l’aria fresca mi ha colpito come uno schiaffo, destandomi dal mio torpore. Ho lasciato che uscisse, era più vicino alla porta, l’ho salutato e poi l’ho guardato girare a sinistra ed entrare nella sua stanza, che era la prima all’inizio del corridoio, mentre io ho girato dalla parte opposta per andare nella mia. Sono entrata e mi sono sdraiata sul letto, senza spogliarmi. Guardavo il soffitto e pensavo. Ho realizzato che quello che volevo era essere là con lui nella sua stanza e fare l’amore con lui, con uno sconosciuto in una stanza d’albergo. Ho deciso che ci avrei provato, ormai non mi interessava più nulla, se avessi fatto una figuraccia non aveva importanza. Mi sono sistemata un po’ e poi sono uscita, decisa ad andare da lui. Ma non avevo fatto tre passi che volevo tornare indietro. Mi sono girata e ne ho fatto uno di nuovo verso la mia stanza. Poi il pensiero di quei momenti in ascensore mi ha fatta tornare verso la sua stanza, Ancora pochi passi e sarei stata davanti alla sua porta. E una volta lì?
“E quando sei lì, Fra, cosa gli racconti? Che hai finito lo zucchero, come in un porno tedesco di serie B?”
Nel frattempo davanti alla sua porta c’ero davvero. Per due volte ho ritratto la mano prima di bussare. Poi il colpo fatale. Toc toc. “Si, chi è?” ha risposto con il suo inconfondibile accento. “Sono Francesca, la collega…” Non mi fa finire la frase. “Arrivo!” Indossava solo un paio di pantaloncini da palestra che gli arrivavano sotto il ginocchio, era a torso nudo. Se non fosse stato per la pancia un po’ abbondante avrebbe avuto un gran bel fisico. “Scusa la tenuta, ma…” “No, scusa tu l’intrusione… posso entrare?” “Si, vieni, accomodati, dimmi tutto” mi risponde, lo sguardo sempre più interdetto per quello che sta accadendo.
“No, sai, volevo chiederti…”
E mentre dico questa frase devo aver fatto una faccia da ebete, mentre un dito tormentava un riccio biondo. Ho sentito i suoi occhi di ghiaccio sul mio viso, sulla mia bocca, “Dio che voglia che ho che mi baci, dai cosa aspetti…”
Si è avvicinato a me, ma si è fermato a pochi centimetri dalla mia bocca. Sentivo il suo profumo e l’odore del tabacco…
“È questo che vuoi?”, mi ha sussurrato.Non gli ho risposto, ma mi sono lanciata verso di lui e l’ho baciato con tutta la foga e la passione che potevo avere. Improvvisamente ho sentito le sue mani su di me, le sue braccia che mi avvolgevano, forti, possenti, mentre io toccavo la pelle della sua schiena scoperta. Mi ha abbracciata fortissimo, mentre ci baciavamo, sembrava che volesse stritolarmi, c’era passione ma anche disperazione in quell’abbraccio.
Era evidente che volevamo fare l’amore entrambi, ma sembrava che nessuno dei due volesse andare oltre quei baci e quegli abbracci, come se quello che stavamo facendo fosse troppo importante e troppo bello per smettere.
Poi lui ha rotto gli indugi e ho sentito le sue mani slacciare i miei jeans e lasciarli cadere a terra, mentre poco dopo era volato via anche il maglioncino, lasciandomi mezza nuda. Un rapido movimento di piedi ha fatto uscire le ballerine che portavo ai piedi e con un piccolo spostamento sono rimasta con solo mutandine e reggiseno addosso. Ho fatto qualche passo e sono andata a sedermi sul letto e lui mi ha seguito. Così facendo mi sono trovata davanti il suo pube ed è stato semplice abbassargli pantaloncini e boxer e liberare il suo sesso.
Ho iniziato a succhiarlo, finalmente lo avevo per me. Le sue mani mi accarezzavano la testa, poi sono scese giù a slacciarmi il reggiseno. Non posso dire di essere una dea del sesso, ma nemmeno una sprovveduta, so come far provare piacere a un uomo e ci stavo riuscendo, sentivo il suo membro diventare duro nella mia bocca.
Poi si è sfilato e mi ha spinta a sdraiarmi sul letto.
Mi ha guardato, ancora quegli occhi di ghiaccio, ancora quella velatura di tristezza, e mi ha detto: “Adesso tocca a me” e finalmente mi ha sorriso, mentre mi toglieva le mutandine e iniziava a toccare il mio fiore.
Adesso era davvero mio. Ho reclinato la testa all’indietro e mi sono rilassata del tutto, tanto più che dopo avermela toccata e accarezzata ha iniziato a leccarmela.
Sentivo la sua lingua che girava attorno al mio clitoride e si infilava dentro, mi stava facendo impazzire.
L’ho guardato e gli ho detto “Ti prego, prendimi, fammi tua…”.
Lui non ha risposto, si è reclinato su di me e mi ha baciata, poi è sparito un attimo ed è tornato con un profilattico. Me lo ha passato e poi mi ha detto: “Mi aiuti a metterlo?” La gentilezza del gesto e della richiesta mi hanno fatta sciogliere del tutto. Gliel’ho messo e poi ho allargato le gambe e gli ho detto “Prendimi, sono tua”.
Dopo un attimo l’ho sentito dentro di me e ho chiuso gli occhi per godermi la situazione. Quando li ho riaperti era a pochi centimetri dal mio viso, al collo portava due medagliette come quelle dei soldati americani, che che ciondolavano sopra di me e sul viso aveva una espressione strana. Era come se stesse provando piacere, ma non riuscisse ad essere completamente felice.
Ho allungato una mano sul suo collo e l’ho tirato giù, verso di me, ho guardato quegli occhi azzurri e gli ho sussurrato all’orecchio “Non pensare a nulla, prendimi, stanotte ci siamo solo noi due” e l’ho baciato. Ha ricambiato il mio bacio ha cominciato a spingere più forte, lo sentivo dentro di me, i suoi colpi decisi, stava per farmi raggiungere il piacere, lo sentivo e infatti poco dopo è accaduto. Ho cominciato ad ansimare, mentre le mie unghie si piantavano nella carne della sua schiena, stavo raggiungendo un piacere di una intensità incredibile. Senza staccarci ci siamo rotolati sul letto e io sono finita sopra di lui. L’ho guardato da questa nuova posizione, mentre le sue mani sulle mie cosce seguivano il movimento e l’ho trovato bellissimo, finalmente con una espressione di puro piacere sul volto. Mi sono piegata in avanti, finché i miei seni non hanno toccato il suo petto e ho ricominciato a baciarlo, forte, fortissimo, non volevo più staccarmi da lui, che intanto continuava a prendermi in quella posizione. Eravamo completamente attaccati, pelle contro pelle, gocce di sudore scendevano in mezzo ai miei seni e andavano a bagnare il suo corpo, i miei capelli nascondevano i nostri volti vicini, attaccati, le nostre labbra serrate le une sulle altre.
Poi ho sentito che ha iniziato ad accelerare il respiro e ad ansimare, fino a dire “Sto per venire…” “Si, dai, godi, vieni…” e in quel momento ho sentito che anche il mio piacere stava aumentando.
“Godi anche tu con me, dai..” mi ha detto e quelle parole hanno scatenato del tutto il mio piacere, fino al momento in cui l’ho sentito pulsare dentro di me, ho alzato il volto e ho raggiunto di nuovo l’orgasmo mentre lo sentivo che veniva nel profilattico.
Mi sono accasciata su di lui, provata da un piacere fortissimo e ho ricominciato a baciarlo, mentre lui mi accarezzava e lo sentivo sfilarsi da me.
Non abbiamo detto nulla. Siamo rimasti lì, in silenzio, io sopra di lui, e sue mani che mi tenevano stretta e mi accarezzavano.
“Vieni, andiamo a farci una doccia”, gli ho detto e siamo andati in bagno, dove c’era una doccia in grado di ospitare entrambi e ci siamo lavati e continuati ad accarezzare.
Poi lui è uscito, mi ha passato un’asciugamano e mi ha di nuovo stretta a lui in un caldo abbraccio. Siamo tornati di là e lui mi ha guardata, avvolta nell’asciugamano e mi ha detto: “Resta con me questa notte”
Non sono stata capace di dirgli di no (ma forse non ne avevo nemmeno l’intenzione), ho indossato solo le mutandine e sono andata sotto le coperte con lui. Mi sono appoggiata al suo petto e poco dopo dormivo profondamente, con le sue mani che mi accarezzavano i capelli.
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eclissarsi · 2 years
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decido di non darmi per vinta e ancora una volta mi aggrappo alla cosa più pura e cara che ho: la scrittura.
stasera siamo usciti, la nostra ennesima uscita da soli e per l’ennesima volta abbiamo discusso dei miei progetti di vita, o meglio, a causa dei miei progetti. ho citato medicina e mi ha detto “pensavo che non ci pensassi più”. mi sono alterata.
attualmente sono in graduatoria per gli scorrimenti e ho qualche chance di entrare -> quasi sicuramente a napoli, forse a perugia e molto forse a siena, che sarebbe la mia terza scelta quindi male non sarebbe. 
il mio sogno non è troppo lontano, ma lui è sempre pronto a ricordarmi che non sono in grado, pronto a tarparmi le ali, a non accettare un eventuale tentativo ancora, e vorrei tanto che non me lo imponesse ma che me lo consigliasse soltanto, perché si parla pur sempre della mia vita.
io non ho mai detto di aver smesso di pensare a medicina (come potrei?). mai e poi mai. ho solo accennato che se non andasse secondo i miei calcoli, potrei valutare di tentare un test di professioni sanitarie se ne trovo qualcuna che mi potrebbe piacere, e informandomi un po’ pare che ce ne siano di interessanti. tutto qui. al che mi sono innervosita un po’, perché pareva che fosse un problema il fatto che io sognassi ancora. è un reato avere un sogno a 24 anni?
è partita una discussione sugli obiettivi che abbiamo entrambi, e non ritengo che i suoi (i classici: convivenza e famiglia) abbiano lo stesso peso del mio (lavoro della vita). è stato un crescendo di attacchi alla mia persona, al mio valore soprattutto, ai miei sbagli, al mio non essere abbastanza, al mio non raggiungere mai nulla. su certe cose posso dire che avrei potuto fare di più, e me ne assumo le responsabilità, ma sulla mia situazione lavorativa non posso farci molto, se non continuare a spammare cv in giro ad elemosinare colloqui. 
è una condizione di merda, ma alla fine devo pensare io a come risolverla e non è un problema suo. anche io vorrei crearmi una famiglia, chissà, non è un must have per me ma sarebbe carino, soprattutto costruirne una con una persona valida e che mi fa stare bene. attualmente non mi sento apprezzata, sento solo di essere un peso abnorme che non riesce più a scrollarsi di dosso, quando invece ci sono miriadi di persone che aspettano solo di essere ingravidate e fare le sposine a casa. se io sono una persona ambiziosa devo essere trattata come una merda?
adesso sono a mente fredda, ma appena tornata a casa avevo il cuore che fiottava sangue, urla, un dolore immenso che non riesco a descrivere. nonostante io provi, tra le macerie della mia vita, a crearmi qualcosa, puntualmente ricevo pugnalate. ero nel pieno panico, ho pensato di non valere nulla e per nessuno, ho pensato che fosse meglio farla finita per sempre, e che fosse la soluzione. in realtà piano piano ho riacquisito conoscenza parlando con un’amica. era come se fossi in una completa trance prima di realizzare che pensavo cose estreme e assurde... ma la sensazione di vuoto mi pervade e l’intensità di quei pensieri mi dice che non devo più sentirmi così. non voglio più. sarà meglio trovare un modo per dialogare e confrontarci seriamente, io ho bisogno di sentirmi tranquilla nella mia non tranquilla vita. ho bisogno di speranze, di alternative, di strade, qualora medicina dovesse lasciarmi fuori ancora. troverò un lavoro. le cose verranno da sé. 
domani studio ancora un po’ e continuo a mandare cv. intanto aspetto la chiamata della responsabile di un negozio dove ho già svolto un colloquio, e spero mi contatti il prima possibile. ho bisogno che una cosa almeno vada per il verso giusto e mi sorrida.
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lunamagicablu · 2 years
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È ora di ricordare per cosa sei scesa, la tua intenzione.
Questo è il momento per cui tanto ti sei preparata Anima antica.
Questo è il tempo che hai atteso per vite e vite.
Questo è il compimento che sei chiamata a portare.
Sei scesa dimenticando chi sei e la tua missione.
Sei scesa in una bassa dimensione alla quale non appartieni, nascendo in un contesto familiare al quale non sei uguale e che tanto ti ha fatto soffrire, solo per avere un luogo fisico nel quale poterti incarnare.
Perché sapevi che questi tempi in fine sarebbero arrivati, ed è proprio per supportare madre terra in questo duro passaggio, in questo imbuto stretto e buio dal quale come in una nascita è necessario transitare per giungere alla nuova più elevata dimensione, che sei nata.
Ma te ne sei dimenticata.
Tutte le vite che hai fatto su questo piano terreno, tutte le comprensioni, le lezioni, gli allenamenti rispetto all’ombra, rispetto al male, rispetto a ciò che è duale, non erano fine a sé stessi, ma erano in preparazione di questo lungo periodo di orrore.
Stai aspettando qualcosa o qualcuno che possa portare luce e aiuto affinché questo terribile momento possa giungere alla conclusione e non sai più di essere finita in una profonda illusione.
Non verrà nessuno nel tuo mondo, nella tua vita, a risolvere le cose terribili che vedi e a vincere per te questa partita. Non perché tu sia sola.
Quella persona esiste sai?
Sei tu.
Sei tu che sei scesa in questa incarnazione, in questo tempo denso, per portare luce.
Per portare fiducia.
Per portare verità.
Per ricordare che tutto ciò che osservi non è realtà ma è solo una proiezione e che nel momento in cui lo ricordi e ti risvegli, su di te non può avere alcun potere.
Ma perché questo avvenga, ti devi risvegliare.
È ora di ricordare perché sei qui.
Ti è stato promesso che potrai realizzare i tuoi desideri, i tuoi sogni più belli, quelli che ti suggerisce il cuore ed è vero non vi è errore.
Ma quei sogni non sono la ragione che ti ha fatto tornare, saranno solo una conseguenza felice per aver svolto il compito che sei chiamata a perseguire:
Aiutare madre terra in questo durissimo momento
della sua ascensione alla quinta dimensione.
Stai aspettando qualcosa o qualcuno che possa portare luce e aiuto affinché questo terribile momento possa giungere alla conclusione e non sai più di essere finita in una profonda illusione.
Non verrà nessuno nel tuo mondo, nella tua vita, a risolvere le cose terribili che vedi e a vincere per te questa partita. Non perché tu sia sola.
Quella persona esiste sai?
Sei tu.
Sei tu che sei scesa in questa incarnazione, in questo tempo denso, per portare luce.
Per portare fiducia.
Per portare verità.
Per ricordare che tutto ciò che osservi non è realtà ma è solo una proiezione e che nel momento in cui lo ricordi e ti risvegli, su di te non può avere alcun potere.
Ma perché questo avvenga, ti devi risvegliare.
È ora di ricordare perché sei qui.
Ti è stato promesso che potrai realizzare i tuoi desideri, i tuoi sogni più belli, quelli che ti suggerisce il cuore ed è vero non vi è errore.
Ma quei sogni non sono la ragione che ti ha fatto tornare, saranno solo una conseguenza felice per aver svolto il compito che sei chiamata a perseguire:
Aiutare madre terra in questo durissimo momento
della sua ascensione alla quinta dimensione.
Ed è ora di ricordare.
Ricordati chi sei Anima antica, non vi sarà un altro momento, è adesso che serve il tuo intervento.
È adesso che serve ricordare.
Non indugiare ancora.
È adesso che servi.
Anima antica il tuo compito, la tua missione, è ora.
Georgia Briata
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It's time to remember what you came down for, your intention.
This is the moment you have been preparing so much for. Ancient soul.
This is the time you have waited for lives and lives.
This is the fulfillment you are called to bring.
You came down forgetting who you are and your mission.
You have descended into a low dimension to which you do not belong, being born in a family context to which you are not the same and which made you suffer so much, just to have a physical place in which you can incarnate yourself.
Because you knew that these times would finally arrive, and it is precisely to support mother earth in this hard passage, in this narrow and dark funnel from which, as in a birth, it is necessary to transit to reach the new higher dimension, that you were born.
But you forgot about it.
All the lives you have had on this earth plane, all the understandings, the lessons, the trainings with respect to the shadow, with respect to evil, with respect to what is dual, were not an end in themselves, but they were in preparation for this long period of horror.
You are waiting for something or someone who can bring light and help so that this terrible moment can come to an end and you no longer know that you have ended up in a deep illusion.
Nobody will come into your world, into your life, to solve the terrible things you see and win this game for you. Not because you are alone.
That person exists you know?
It is you.
It is you who have come down in this incarnation, in this dense time, to bring light.
To bring confidence.
To bring truth.
To remember that everything you observe is not reality but is only a projection and that the moment you remember it and wake up, it cannot have any power over you.
But for this to happen, you have to awaken.
Time to remember why you are here.
You have been promised that you will be able to fulfill your desires, your most beautiful dreams, those that your heart suggests and it is true there is no mistake.
But those dreams are not the reason that brought you back, they will be just a happy consequence of having done the task you are called to pursue:
Help mother earth in this very hard time
of his ascension to the fifth dimension.
You are waiting for something or someone who can bring light and help so that this terrible moment can come to an end and you no longer know that you have ended up in a deep illusion.
Nobody will come into your world, into your life, to solve the terrible things you see and win this game for you. Not because you are alone.
That person exists you know?
It is you.
It is you who have come down in this incarnation, in this dense time, to bring light.
To bring confidence.
To bring truth.
To remember that everything you observe is not reality but is only a projection and that the moment you remember it and wake up, it cannot have any power over you.
But for this to happen, you have to awaken.
Time to remember why you are here.
You have been promised that you will be able to fulfill your desires, your most beautiful dreams, those that your heart suggests and it is true there is no mistake.
But those dreams are not the reason that brought you back, they will be just a happy consequence of having done the task you are called to pursue:
Help mother earth in this very hard time
of his ascension to the fifth dimension.
And it's time to remember.
Remember who you are Ancient soul, there will not be another time, it is now that your intervention is needed.
Now is the time to remember.
Don't delay any longer.
It is now that you serve.
Ancient soul your task, your mission, is now.
Georgia Briata
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pocodormire · 2 years
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più che altro è perfettamente comprensibile non sentire niente quando raggiungi gli obbiettivi se il principale interesse sembra riuscire ad avere una rivincita a condizioni pessime di partenza, mostrare a (famiglia, il paese, compagne del liceo, dell'uni, il croato) che anche se in te non vedevano niente tu ce l'hai fatta. possiamo passare la vita a sperare nelle attenzioni che sono mancate, ma non arriveranno se non da noi stesse. quando fai la cosa giusta non importa più di tanto che nessuno ti dice brava. cioè non so ovviamente, non voglio pensare di conoscerti, però mi ritrovo in quello che scrivi, e ci ho messo anni a capire come chiedere a me stessa che cosa voglio, e anzi che cosa vorrei se non esistesse alcun termine di paragone al mondo. e ci ho messo anni a scoprire che non m'interessava in fondo la forma (fare cose fighe, viaggiare o meglio ancora "andarmene", vincere e avanzare, essere quella che ce l'ha fatta, ad anni luce dallo schifo da cui sono partita) ma il contenuto, quindi il progetto specifico, l'argomento, il materiale, verso cui mi stavo direzionando. ed è finita che sono finita in un settore completamente diverso da quello di partenza ahah. boh vabbè pensieri random questi, ma ti auguro di sentirti più centrata in quello che fai, qualunque percorso sia <3
Ti rispondo ora, sinceramente un po' scossa da questo messaggio. Che io faccia tutto quello che ho fatto finora unicamente per dimostrare qualcosa a qualcuno, lo dubito. Mi piace viaggiare, mi piace fare le cose da sola e mi piace comunque sia ricordarmi che riesco a raggiungere i miei obiettivi nonostante la "condizione di partenza". Perché trovo che sia una cosa che mi fa sentire fiera di me, non tanto perché devo dimostrare a qualcuno che sono più intelligente di altri. L'aver scritto di voler dimostrare al mio ex capo di Bruxelles di aver ricevuto un premio importante deriva dal fatto che, tornata in Italia, mi sono resa conto che gli ultimi mesi in Belgio li ho vissuti molto male per ragioni molto spesso connesse al lavoro che facevo. Di certo non mi sono messa a scrivere progetti su progetti per questo concorso solo per dimostrare qualcosa a qualcuno ahhahaahaha e sicuramente non mi spingerei fino al Vietnam se si trattasse di un mero sentimento di rivincita ahahahahaha
Personalmente il mio obiettivo è quello di viaggiare il più possibile durante i miei vent'anni, che poi io riceva premi e voglia sbatterlo in faccia a chi ha reso la mia vita miserabile per molti mesi è un sentimento che viene dopo, di certo non la forza motrice di ogni mio progetto. Mi sembra abbastanza sminuente come punto di vista, o quale che sia la lezione di vita che volessi darmi
Soffro del fatto che spesso la mia famiglia non dia importanza i miei traguardi, quello sì, ma mi sembra normale dato che questo bando di concorso che ho vinto è una cosa abbastanza grossa. Raggiungere una grande vittoria e ritrovarsi spesso sola a festeggiarla (o comunque, non con le persone che vorrei) a volte mi deprime.
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justmythings-stuff · 2 years
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Tranquill*, ho quasi ultimato. È finita anche la traccia audio 😂 devo eliminare qualcosa mi sa// Va bene, comunque, se ti interessa saperlo, quando era alla Fiore e si arrabbiava non tirava porconi o bestemmioni, ma rideva istericamente 😂
Mi serve ancora più polemico e permaloso ahaha
Comunque, qualcuno si ricorda in che partita tira un calcio al cartellone pubblicitario e Paulo lo va a riprendere? Era Lazio - Juve?
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VALENTINA RACCONTA PAPÀ ROBERTO BAGGIO
“Era il mondiale del 1994. Papà aveva chiamato mamma, dopo la prima con l'Irlanda: "Venite, ho bisogno di voi". Siamo arrivati il giorno prima della Nigeria. E siamo andati subito in ritiro. Quando l'ho visto nella hall, gli sono corsa in braccio. Gli ho detto: "Papà penso di essermi innamorata di te". E lì penso di averlo conquistato per sempre. Mamma ha detto che gli son venuti due occhioni così.
Il giorno dopo ha segnato quel rasoterra allo scadere e me l'ha dedicato. Cercava me in tribuna. Poi, finita la partita, ero in braccio a lui durante le interviste. E mi hanno chiesto: "Tu cosa ne pensi?". "Che il mio papà è il più forte del mondo", ho detto.
Lo abbiamo sempre seguito, tranne che a Brescia. Ricordo l'estate del 2000: papà si ammazzava di allenamenti col suo preparatore atletico anche quell'estate lì. Io andavo a guardarlo al campetto di Caldogno. Correvo un po' con lui, era strano vederlo a casa. Ma era bello.
Con gli allenatori non ha litigato, ha subito delle ingiustizie. Bisogna avere il coraggio di parlare se si vogliono cambiare le cose. La gente lo amava, ma era colpa sua? No. La gelosia molto spesso offusca il pensiero delle persone.
Come nel 2002: ricordo perfettamente il momento in cui papà riceve la telefonata del cittì. Eravamo a Caldogno, in terrazza. E sai, la delusione nei suoi occhi non te la dimentichi. Oggi so che non era una questione di forma fisica. Ma è andata com'è andata.
Da quando ha smesso di giocare non è più domenica. E non so cosa darei per vederlo giocare ancora 90', ma senza male alle ginocchia. Mi manca l'agitazione di vederlo correre verso la porta, che driblla, rallenta e poi... pem! Che gioia a ogni suo gol. Urlavamo com matti.
Dal ritiro non ha più giocato. Anche quando gioca con noi in giardino, al secondo palleggio molla. Ha tanto mal di schiena e paura di rifarsi male. Ecco, una delle cose che mi fa davvero soffrire è vederlo a 53 anni distrutto. "Papà operiamoci" gli dicevo da bambina. "Ti do le mie ginocchia, io le metto in titanio, non mi servono". Lui mi diceva di smetterla.
Ma io gliele avrei date per davvero".
Fonte: Sportweek
📷 profilo ufficiale Instagram Valentina Baggio
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interistapervocazione · 2 months
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E andiamo avanti cosi...
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Udinese-Inter 1-2 Non è stata una vittoria come le altre, non è stata un'esultanza come le altre. Una partita ben giocata, sporcata da un gol sfortunato e poi passata con un'incredibile tensione verso la vittoria. Impossibile non ottenerla, con questa ferocia. Dopo il rigore del pareggio di Calhanoglu, al 95', in pieno recupero, è arrivato il gol di Frattesi. Dinamica simile a quello realizzato contro l'Hellas Verona, sempre nel recupero. Esultanza totale, esultanza incredibile con la panchina. Poi gli ultimi istanti di sofferenza, prima della festa sotto ai tifosi nerazzurri che, a dire il vero, hanno riempito tutti i settori del Bluenergy stadio di Udine. I cori, gli abbracci, il saluto al popolo interista: Udinese-Inter è finita così, con la festa nerazzurra. Andiamo avanti cosi che si vola sempre piu' in alto verso lo scudetto numero 20 e la seconda stella. Certo prima c'è il Cagliari al Meazza poi il derby che secondo alcune teorie dovrebbe essere la partita della vita per l'Inter di mister Inzaghi. Vincere il derby significherebbe avere piu' di mezzo scudetto già cucito sulle maglie e non è poco anche se la matematica dice: "attenzione per entrare in pieno possesso del titolo sono necessari ancora 8 punti." Quindi gambe in spalla, testa sul pezzo e giocare da grande Inter come fin'ora è stato fatto. Pensare soltanto alla prossima partita e non a quell'altra ancora che verrà perché potrebbe destabilizzare i grandi equilibri di gioco finora espressi dai nerazzurri quegli equilibri di grande squadra dentro e fuori il campo di gioco.
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