Tumgik
#e non abbiamo lo stesso sangue
lilsadcactus · 2 years
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Comunque il mio stato depressivo, la fase maniacale e autodistruttiva, insonnia e isolamento, nessuna di queste cose mi ha fatto male come una misera litigata di 20min con mia madre. Per cui prendo appuntamento con lo psichiatra prima di sparire.
“quando i miei colleghi o amici mi chiedono dei miei figli non dico mai niente, come se non esistessero, perché non sono fiera di voi per niente; proprio nulla ho mai ottenuto da voi”
E poi si chiede perché non voglio mai avere figli o perché ho l’impianto da anni (mi ha augurato che mi venga un cancro perché ce l’ho) e perché fosse per me dai 12 anni mi sarei fatta sterilizzare come il peggiore dei cani randagi piuttosto che mettere al mondo un bastardo da considerare come lei considera me e mio fratello, che per carità signore e signori, noi siamo delle merde, nessun dubbio, io lo ammetto e lui pure… delle merde messe al mondo da due adulti che però non si sono mai chiesti ma noi cosa cazzo siamo?
Che tristezza enorme sapere che quelle parole non me le scorderò mai, perché ancora non mi scordo le tante altre crudeltà dette da lei. Ancora mi fa male l’abbandono totale di mio padre, ancora commetto errori generati da queste ferite. Non voglio giustificare adesso tutti i miei sbagli con questa premessa però
Però
Che tristezza, che tristezza sapere che ho imparato da loro il disprezzo e l’odio e l’abbandono e la rabbia e la delusione e il silenzio che sa di rancore e che merito solo il peggio del peggio, perché non valgo niente, assolutamente nulla può ottenere da me un altro essere umano
So che alcuni figli fortunati imparano altro da chi li mette al mondo per cui oggi concedetemi di confessare che i miei genitori io non li amerò mai, prima di tutto perché non so come si faccia, fino ad ora non ne ho avuto un buon esempio. E semmai imparassi cos’è l’amore sano, se non fosse troppo tardi per loro o per me, forse non ci riuscirei lo stesso
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luluemarlene · 3 months
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C'è una persona, dove lavoro io, di una decina d'anni meno di me, con la quale sono entrata in confidenza
Scoperto di essere molto simili in tema di fantasie sessuali , abbiamo iniziato a raccontarci un po' di esperienze. Quello che lo distingue totalmente da me è che lui, le sue avventure, le vive con la bella e giovane moglie o comunque sempre con il suo consenso.
Sono naturisti, scambisti, e mi ha raccontato di giochetti che, devo ammettere mi hanno eccitato sempre molto
Una volta mi disse che avevano partecipato ad un festino dove la bella S. era stata messa in una gogna ed era rimasta a disposizione di uomini e donne per ore. Insomma hanno trovato il modo di dare spazio alle loro perversioni all'interno della coppia, ed io non posso far altro che invidiarli, ovviamente.
Lui aveva 23 anni quando mi confessò che gli facevo molto sangue e da allora non ha mai smesso di scoparmi con gli occhi. Era già fidanzato, ma dopo il matrimonio ha iniziato a provare a tirarmi dentro ai loro giochi con la complicità della neo mogliettina , ma nn mi sono mai sentita di mischiare il lavoro con il piacere, nonostante abbia sempre trovato piuttosto eccitante il suo sorriso con le fossette ai lati.
Insomma, per farla breve (sono quasi le due di notte e io crepo dal sonno) , ieri gli parlo delle fotografie viste su un social a contenuti espliciti che frequento, di gabbiette in plastica lucida o in freddo metallo e dei cazzi rinchiusi e frustrati su cui erano montate.
Conosce il mio passato, sa che ne possedevo una e sa che sto aspettando la consegna della prossima , così ho trovato piuttosto naturale raccontargli di quanto il mio cervello si senta "rapito" da quel tipo di strumento, gli ribadisco la sensazione di onnipotenza, di possesso ma anche di protezione . La verità è che al pensiero mi schizza l'ormone dritto in fica, dopo avermi masturbato il cervello.
Lo stesso effetto che mi fa pensare alla cintura di castità, quando mi impedisce di scopare, ma non di gocciolare come una stalagtite di ghiaccio al sole o... una lurida troia .
So che ha uno strumento simile alla gabbietta che si è autocostruito, con tutta una serie di punte che, ogni volta che sta per diventargli duro, si conficcano nella cappella.
Una gabbietta di metallo alquanto singolare.
Mi racconta che spera sempre che sua moglie lo obblighi a venirci a lavorare con quel coso. Lei, però, è sí una gran porca, ma nn ha smanie di controllo, e poi è nuovamente incinta e ha momentaneamente perso interesse per questi giochi.
Naturalmente non posso esimermi dal fare la stronza e gli dico cosa gli farei fare io con lo strumento costrittivo.
Credo che iniziata la descrizione della mia lingua tra una fessura e l'altra gli fosse già diventato duro, così passo a descrivere bene quanto il succhiare la punta sbavando saliva dentro e fuori lo strumento potesse essere davvero eccitante per entrambi... Ecco che mi manda affanculo e esce dall'ufficio ridendo.
Tutto normale insomma.
Questa mattina, però, entra in ufficio e mi mette sulla scrivania un paio di chiavi.
Il mio sguardo interrogativo dura davvero pochissimo e in un nano secondo so già a cosa servono
"L'hai indossata? "
Dice di no ma mi spiega che ne ha portate 3:
la prima, quella con le punte, già la conosco, la seconda è una vera e propria gabbia di metallo con chiusura personalizzata da lui, la terza è un cazzo di strumento ad impulsi elettrici, quella per i cani, che ha modificato e applicato ad una gabbietta per poterla indossare
Tralasciamo il fatto che avessi già le mutandine zuppe, ma quando mi ha chiesto di scegliere quale dovesse mettere, ho davvero pensato di correre nel cesso a masturbarmi
(in realtà l'ho fatto ma non gliel'ho detto)
Mi ha detto che l'altro mazzo di chiavi ce l'ha sua moglie e che per lei andava bene ne tenessi uno io.
Ho scelto quella con le punte, perché volevo soffrisse un po'
e perché mi ha confessato di non sentirsi sicuro a darmi in mano il telecomando di quello che procura scosse elettriche. Dice che sono PERICOLOSA e che sul lavoro sarebbe difficile nascondere la situazione
Quanta saggezza!
Io lo vedevo già in ginocchio a contorcersi in mezzo al piazzale dell'azienda.
Gli ho promesso che, se si comporterà bene, lo porterò a pranzo fuori e quando "ballerrà" sulla sedia col cazzo torturato a dovere, diremo che soffre di
epilessia 😁
Ovviamente ho cercato, con le giuste parole, di farglielo venire duro ogni volta che potevo e le sue smorfie di dolore mi dicevano quando ci riuscivo. Poi gli ho detto che, tutto divertente, tutto figo, ma comunque, non avremmo scopato .
Mi ha guardato con quel sorriso che da sempre mi spiazza e uscendo ha detto
"Inizia a giocare, poi vediamo"
Durante il pomeriggio sono salita in magazzino per controllare del vestiario e non riuscivo a smettere di pensare a quella gabbietta
I pensieri si accavallavano ai ricordi di quello che era stato , e potevo sentire l'odore del cazzo recluso, sentivo il gusto della plastica mischiata all'urina
Ho pensato che dovevo masturbarmi e voltamdomi per andare via me lo sono trovato di fronte
-"Vuoi vederlo" ?
Si cazzo, volevo!
Volevo vederlo, toccarlo assaporarlo
Vedevo la sua smorfia si dolore mentre aspettavo si slacciasse i pantaloni, guardavo le sue mani tremare ed ero compiaciuta.
Poi eccolo lì, nella gabbia lucente, chiuso da un lucchetto appeso al suo piercing
Ops!! avevo dimenticato di dirvi che ha una cannula che gli entra nell'uretra fermato da un piercing ? Cristo. Avrei potuto sborrare immediatamente .
Lo guardavo come guardo la cioccolata dopo un mese di dieta e credo di aver sentito un rivolo di saliva colarmi dal mento
"Vuoi toccarlo"?
Lo stronzo aveva pieno potere: era lui quello ingabbiato, ma ero io quella sopraffatta, soggiogata
Appena l'ho toccato ho sentito il mio clitoride allungarsi verso quell'oggetto diabolico
La capella era gonfia e bollente, usciva dal cilindro e nascondeva le punte del metallo conficcato alla base di essa
Un cazzo moscio che stava per esplodere!!!
"Vuoi leccarlo"?
L'ha detto tra i denti, mentre cercava di non abbandonarsi al dolore, consapevole fosse proprio quello ad eccitarlo tanto da farlo grugnire come un maiale
L'ho leccato. Ho preso prima in bocca l'anello e poi sono scesa lunga la cannula, fino ad incontrare la carne
Respirava sempre più forte e guardandolo mi sembrava che ormai non fosse più lì. Ero sola con le mie voglie, le mie fantasie, le mie pulsioni.
Ho sentito le chiavi nella tasca, ma questa volta non avrei ceduto all'impulso di liberazione così ho iniziato a succhiare cazzo e metallo, sentendo gusto di ferro, di sale, di sesso
Ho infilato tutto in bocca, ho sentito il piercing conficcarsi nel retro della gola
Lui aveva la testa rovesciata all'indietro e vacillava sulle gambe. Lì ho iniziato a pisciare, a colarmi addosso urina senza nemmeno accorgermene.
Ho battezzato il momento col liquido paglierino e masturbandomi ho fregato il mio sesso tanto forte da rischiare di incendiarlo.
Mi ha distratto il gusto del sangue, il suo.
Da sotto la capella le punte erano così penetrate e la cappella così gonfia che da alcuni punti uscivano minuscole goccioline rosse
Credo sia stato quello a farmi venire, insieme all'idea che avrei confessato tutto all'uomo che stavo aspettando e che poi mi avrebbe punita.
Gli ho lavato le scarpe e ho goduto come una cagna, leccandomi le dita, e leccando lui.
Si è appoggiato ad una stagiera per non cadere e ammetto, per un momento, di essermi maledetta per non avergli permesso di sborrarmi giù per la gola.
Mi ha guardato con gli occhi fuori dalle orbite e ha detto :
"Ringrazio il cielo di non averti dato in mano quello ad impulsi elettrici... rischiavo la vita, cazzo"
Buonanotte.
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perché ami tanto leggere?
Viviamo in una realtà in cui i sentimenti sono stati stirati e appiattiti. Non siamo più in grado di commuoverci per un quadro. Di perderci nella bellezza racchiusa in una poesia. E talvolta la mia sensibilità mi sembra ingombrante, come un giaccone di troppe taglie in più della mia. Mi rende goffa, impacciata, terribilmente strana agli occhi degli altri.
E allora io fuggo nei libri, fra l’inchiostro e la carta, lì, sepolta nel fruscio leggero delle pagine, mi permetto di essere vulnerabile, senza temere di essere ferita. Trafitta senza ricevere nemmeno una parola gentile. O uno sguardo pieno di vergogna per la crudeltà con cui sono stata trattata.
Leggo per ricordarmi che esiste ancora un posto nel mondo in cui possiamo scioglierci nelle nostre debolezze senza essere distrutti ma, al contrario, ricomposti.
E mi ritrovo a danzare fra i frammenti di Saffo, quando ancora le parole avevano un peso, e le emozioni incastonate al loro interno vibravano con un’intensità tale che bisognava inciderle nella pietra, affinché potessero eternarsi nei secoli a venire, e perdurare incorrotti in quelli passati.
Mi ritrovo nel buon Patroclo, che per Achille scese in battaglia indossando la sua armatura, anche se non sapeva combattere.
E i polsi mi tremano, quando leggo di quella passione che portò Paolo a baciare Francesca, e nonostante fosse peccato nemmeno le forze degli inferi seppero scindere ciò che li univa.
E non é forse, il mio silenzio, medesimo a quello di Leopardi, che sempre si limitò, solo, ad amare silvia dalla sommità della sua finestra, componendo in segreto per lei, su lei?
Oh, e quanto bramo qualcuno che mi dedichi le parole che Montale scrisse per la moglie Drusilla!
E quasi disperata, affannata, cerco di scorgere almeno un lontano e flebile bagliore dell’affetto che Theo nutrì per suo fratello Vincent Van Gogh. Incorruttibile, sincero, vero, anche e soprattutto quando tutti gli altri lo considerarono solo un povero pazzo da internare… lui non mise mai in dubbio la bontà del suo animo.
E leggo perché adesso, quando guardo un tramonto, mi vengono in mente tutti quelli che guardava il Piccolo Principe, e questo fa sentire me meno sola.
E quando il mio cuore si é spezzato, coi singhiozzi che mi risalivano alla gola e gli occhi che si scioglievano nel bollore delle lacrime, sorreggendomi al muro mentre le ginocchia non riuscivano più a reggermi, non ho forse avuto anche io i fiori intrecciati nei capelli come Ofelia, quando si é uccisa perché convinta che Amleto non la ricambiasse? Il mio stomaco non si contorse forse come quello di Didone, quando si lasciò cadere sulla spada di Enea, perché la morte le sembrava così dolce e invitante, rispetto al dolore angosciante di una lunga esistenza priva di lui, tormentata dai fantasmi dei suoi ricordi, e della consapevolezza schiacciante, opprimente, che lui non scelse lei?
E quando qualcosa ci fa sentire così bene, non é forse giusto combattere con tutto ciò che abbiamo, come Romeo e Giulietta combatterono contro le loro famiglie; il loro stesso nome e il loro stesso sangue… pur di stare assieme?
L’amore puro, senza schemi e senza leggi, irrazionale… così come molti giudicarono l’azione di Darcy quando chiese la mano ad Elizabeth, nonostante lei appartenesse ad un ceto sociale inferiore?!
E quando vogliamo andare alle feste solo per vedere lui, o lei, non ci stiamo forse comportando come Gatsby, che organizzò feste su feste solo per poter vedere Daisy, almeno una volta?
O quando ci siamo guardati allo specchio e non siamo stati in grado di riconoscere il nostro riflesso, dopo tutto quello che abbiamo fatto… come se fossimo impazziti, perso letteralmente il senno come accadde a Orlando per angelica quando scoprì che lei preferì un umile fante a lui, prode paladino?
Leggo, perché anche io spero di trovare qualcuno che scelga di lottare per me, come Renzo lottò per Lucia. Che mi aspetti, come Penelope attese Ulisse, senza mai cedere alle lusinghe dei Proci. Che mi riconosca, a dispetto del tempo e dello spazio, come il vecchio Argo riconobbe Ulisse, nonostante fossero trascorsi vent’anni e lui fosse travestito. Che metta da parte l’orgoglio per l’amore nei miei confronti, come fece il Re Priamo quando andò al cospetto di Achille per richiedere il corpo del figlio Ettore, affinché potesse seppellirlo con tutti gli onori, donando finalmente pace al vagare errante e tormentato della sua anima.
Forse, amo così tanto leggere perché mi permette sempre di ritrovarmi nei sentimenti e nelle emozioni di qualcun altro. Senza mai farmi sentire sbagliata, o eccessiva, per quello che provo.
Non mi sono mai sentita sola ogni volta che ho aperto un libro.
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fridagentileschi · 6 months
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Ogni giorno un bollettino di guerra: stupri, furti, sgozzamenti, sbarchi sbarchi sbarchi !!!!
A questo punto a me degli ALTRI paesi e degli ALTRI popoli e dei LORO problemi, NON ME NE FREGA UN CAZZO!!! Si facciano la loro storia, combattano le loro battaglie senza fuggire da vigliacchi, compiano le loro rivoluzioni e si conquistino i loro diritti come abbiamo fatto noi senza mai chiedere niente a loro nè a nessun altro, ma pagandoli con il sangue e la dedizione dei nostri padri, su cui certi TRADITORI figli degeneri di oggi stanno ignominiosamente sputando, e il cui sacrificio stanno laidamente vanificando!
Questi popoli che non hanno mai creato un cazzo, inventato un cazzo, prodotto un cazzo, nè in termini di evoluzione materiale nè in termini di progresso civile, cui abbiamo sempre dato e fatto tutto noi, e che hanno sempre vissuto da parassiti alle nostre spalle, ora pretendono addirittura di venire direttamente ad insediarsi in casa nostra!!! Essere nutriti, coccolati, e mantenuti da noi, usufruendo di ogni assistenza creata dal nostro popolo per i SUOI figli e non certo per degli estranei, sostituendosi ai nostri lavoratori e privandoli di un lavoro dignitosamente considerato e retribuito, e alla fine sostituendosi anche fisicamente al nostro stesso popolo!!! Adesso mi hanno proprio rotto i coglioni!!! Io penso agli italiani, che sono il MIO popolo, che sono io, come farebbe qualsiasi normale buono e sano padre con la PROPRIA famiglia. Gli invasori non saranno mai italiani, i traditori non lo saranno mai più! Semplice e chiaro.
E stop.
Marco Zorzi
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elperegrinodedios · 4 months
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Il mio dolore più grande, è quello che dopo aver studiato per 25 anni le scritture conosciuto tutta la storia di questo popolo fino dalle origini, dopo aver calpestato questa terra e dopo aver visitato questi luoghi durante i miei tre cammini in Terra Santa da Nazareth, Gerusalemme, Betlemme le terre dove è nato, vissuto, testimoniato e morto Gesù, ancora oggi si sparge sangue d'innocenti. E questo purtroppo, non finirà mai fino alla fine dei tempi. Religione certo, ma anche dittatura e bramosia, egoismo, ricchezza e vanità. Pensare che ormai quasi tutta la Palestina è musulmana e cosi è insieme agli ebrei per Israele. Io lo so, io l'ho visto con i miei occhi e ho toccato con mani che ormai i cristiani rimasti, sono soltanto i frati che gestiscono i luoghi sacri o parte di essi cosi come la Basilica del Santo Sepolcro.
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Tra una bomba ed un'altra, un'attentato e l'altro, tra una strage di innocenti ed un'altra, alla fine rimane sempre il fatto che, un solo popolo, con lo stesso sangue, combatte contro i suoi fratelli.
No, non è soltanto una disputa e una guerra tra Israele e Palestina bensì, una situazione che di fatto coinvolge l'intera umanità ed il silenzio o il non prendere posizione in merito, ci rende tutti complici. Da parte mia l'uomo, cosi come fa fin dal principio (Caino con Abele) potrebbe anche continuare ad uccidersi l'un l'altro tanto è la sua natura, ma che a pagarne le spese e a versare il sangue siano bambini innocenti e le loro madri, questo no, questo è l'abominio che toccherà la pupilla di Dio che a suo tempo farà giustizia. 💧
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Queste sono due foto che scattai durante il mio ultimo cammino in Terra Santa. Basta quella in alto, per capire quanto loro stessi sappiano che stanno combattendo una guerra fratricida. Una guerra non religiosa dicono loro, ma politica nel nome d'una propria indipendenza e di una reale autonomia. Due muli che vogliono andare per la loro via in direzioni diverse ma che non possono perchè legati dalla loro stessa natura e origine e dallo stesso sangue. Questa foto del murales, si trova sulla parete di un edificio, diviso in due dal muro di confine dalla parte di Gerusalemme e in pratica divide Israele e Palestina. Tale murales è stato di grande impatto su di me. Mentre l'altro in basso invece si trova (come si può vedere) sul muro stesso alto sette metri che segna proprio il confine tra Betlemme e Gerusalemme che dista nove km. Il leone che divora la colomba e siamo sempre all'interno della Palestina. Un anziano di quei luoghi mi raccontò che il muro al momento della costruzione, non ha avuto nessun riguardo e ha di fatto separato intere famiglie che si sono ritrovate già dal giorno dopo, ad essere cittadini palestinesi se erano nativi israeliani e, viceversa.
Uno scempio!!! Come possiamo girarci dall'altra parte? Come può questo mondo infame restare a guardare, senza almeno restarne indignato?!?!
Si spacciano dittature per democrazie contando sull'ignoranza e, sul menefreghismo del popolo, basti vedere chi tiene e tira i fili in queste guerre più conosciute, come Israele e Palestina, Russia e Ucraina o anche nel Congo. Noi non possiamo fare nulla, ma sappiamo scrivere e spargere foto e lamenti e preghiere e lacrime di condanna e di orrore. Abbiamo potere, lasciamo le cose futili e condividiamo le sofferenze ed il dolore, di quelle madri e di quelle povere anime innocenti, che la sola colpa che hanno è quella di essere nati. 💔
lan ✍️🙏
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susieporta · 3 months
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𝐓𝐡𝐞 𝐂𝐡𝐢𝐥𝐝𝐫𝐞𝐧 𝐀𝐜𝐭 - 𝐈𝐥 𝐯𝐞𝐫𝐝𝐞𝐭𝐭𝐨. 𝐄 𝐥'𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐦𝐞𝐬𝐭𝐢𝐞𝐫𝐢 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢.
“Tra la sua dignità e la sua vita, ho scelto per la vita”. Questa frase, detta dal pulpito di una Corte inglese, mi risuona ancora nell’animo dopo aver rivisto questo film. Ci sono mestieri impossibili, tra questi probabilmente potremmo annoverare il giudice tutelare (così si chiama da noi), quel giudice che la comunità civile incarica di prendere una decisione a tutela di un minore quando, le normali circostanze non lo permettono, e le conseguenze di una cattiva scelta potrebbero essere tragiche. E’ il caso, affatto infrequente, che tratta il film (ed il bellissimo romanzo da cui è ripreso di Ian McEwan) di un ragazzo ancorché diciassettenne, dunque ancora minore, ammalato di leucemia per cui i medici raccomandano come vitale la trasfusione del sangue ma i genitori, Testimoni di Geova, non vogliono dare l’assenso, in questo influenzando anche il figlio.
Anche il film è molto bello e la protagonista, una magistrale Emma Thompson, ha lo stesso volto, la stessa postura, gli stessi tormenti psichici che mi sono immaginato quando, tempo fa, lessi il romanzo. Uno di quei rari casi in cui il film non sottrae nulla all’opera scritta.
Eppure questo film ogni volta che lo vedo mi emoziona in un modo particolare. Per i profondi ed ineludibili aspetti che tratta nel convocare le funzioni genitoriali (di qualunque essere umano) verso un adolescente. Come spesso capita un ragazzo intelligente, sensibile, affamato di amore e di senso, per quanto disperato. In una parola “adorabile” come dirà tra le lacrime la giudice Emma Thompson.
La storia tratteggia benissimo il profilo del giudice. Una donna integerrima, seria, attenta alla legge ed alle opinioni di tutti. Con un cancellerie a lei devoto, che la stima e la ammira e le piega la toga con una cura quasi sacrale. Per mestiere, occupandomi ovviamente di minori e facendolo da un vertice istituzionale, conosco questo tipo di giudici. Motivati, sensibili, che hanno scelto di occuparsi delle ferite che la società può infliggere anche ad un minore e tentano, ogni giorno, di ridurre almeno il danno.
Eppure questo rimane (non certo il solo) un mestiere impossibile. Come il film mostra è difficile non rimanere impigliati, persino sedotti, dalle richieste o dalla tenacia emotiva di un adolescente. Si deve fare un enorme sforzo interiore tra quello che si potrebbe desiderare, rispetto a quello che potrebbe servire e – persino – danneggiare l’altro. Perché certi adolescenti sanno essere molto convincenti, e ogni essere umano adulto, nel ciclo della sua vita, può trovarsi ad essere più vulnerabile emotivamente di quanto non pensi. Perché la vita dell’adolescente incontra sempre anche la nostra vita nel suo essere e nel suo divenire. Ma l’adulto non può dire in quale condizione si troverà, magari nel suo incontro più difficile. In questo caso una donna in crisi matrimoniale e con un bisogno di maternità forse insoddisfatto.
Ma la complicazione più grande sta nel fatto che, fino in fondo, non puoi sapere mai quale sia la scelta giusta. E qui non mi riferisco solo a quella legale, in parte persino inevitabile, ma a quella che sussegue. Per esempio il non aderire alla richiesta di supporto, di affiliazione, quasi di “adozione” che il ragazzo, oramai diciottenne, fa alla giudice da cui è rimasto folgorato per il tatto, la misura, oltre che il pensiero che ha mostrato verso di lui. Con una scena bellissima dove la integerrima giudice si abbandona, per pochi minuti, nella stanza di ospedale dove era andata a raccogliere il suo parere, a cantare una delicata ballata accompagnata dalla chitarra del ragazzo.
Il film rende il dolore di questa condizione in modo esemplare. Interroga, chi a vario titolo fa mestieri dove la funzione genitoriale è fortemente sollecitata (giudici, psicologi, docenti ecc…), in modo ineludibile. Ci ricorda che siamo in un campo dove non abbiamo “la soluzione”, bensì solo un faticoso approccio artigianale dove possiamo procedere per tentativi ed errori sperando, in ogni caso, che gli errori non siano troppo grandi.
(P.S. lo si può vedere ancora su RaiPlay)
Nicola Artico
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Con mia madre ci litigo in media una volta a settimana, quando abitavo coi miei invece un giorno sì e uno no. Abbiamo lo stesso caratteraccio del resto, e si sa che la persona che sopporti di meno è te stesso, figurati se poi tua madre è uguale a te che bel mix ne esce. Ci sono talmente abituato che ormai non lo registro neanche, quasi non me ne accorgo, è il nostro modo di affrontare le cose, forse un po' sanguigno ma così è.
Con mio padre invece ci litigo in media una volta ogni 5 anni. Del resto c'è un motivo se ci sopporta ancora tutti e non è scappato in Messico, il ragazzo è paziente, poco litigioso e ben abituato ad avere a che fare con noi. Ma quella volta che succede, io non so perché, giuro che sento ogni fibra del mio corpo bruciare di una rabbia nucleare.
Quel giorno quinquennale è oggi. E io domani a cena dai miei ci vado con una sete di sangue che al confronto il tirannosauro di Jurassic Park è un agnellino vegano. Giuro che inizio a urlare ancora prima di sedermi a tavola.
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schizografia · 5 months
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Teatro e politica
È quanto meno singolare che non ci si interroghi sul fatto, non meno imprevisto che inquietante, che il ruolo di leader politico sia nel nostro tempo sempre più spesso assunto da attori: è il caso di Zelensky in Ucraina, ma lo stesso era avvenuto in Italia con Grillo (eminenza grigia del Movimento 5 stelle) e ancor prima negli Stati Uniti con Reagan. È certo possibile vedere in questo fenomeno una prova del tramonto della figura del politico di professione e dell’influsso crescente dei media e della propaganda su ogni aspetto della vita sociale; è però evidente in ogni caso che quanto sta avvenendo implica una trasformazione del rapporto fra politica e verità su cui occorre riflettere. Che la politica avesse a che fare con la menzogna è, infatti, scontato; ma questo significava semplicemente che il politico, per raggiungere degli scopi che riteneva dal suo punto di vista veri, poteva senza troppi scrupoli dire il falso.
Quel che sta avvenendo sotto i nostri occhi è qualcosa di diverso: non vi è più un uso della menzogna per i propri fini politici, ma, al contrario, la menzogna è diventata in se stessa il fine della politica. La politica è, cioè, puramente e semplicemente l’articolazione sociale del falso. Si capisce allora perché l’attore sia oggi necessariamente il paradigma del leader politico. Secondo un paradosso che da Diderot a Brecht ci è diventato familiare, II buon attore non è, infatti, quello che si identifica appassionatamente nella sua parte, ma colui che, conservando il suo sangue freddo, la tiene per così dire a distanza. Egli sembrerà tanto più vero, quanto meno nasconderà la sua menzogna. La scena teatrale è, cioè, il luogo di un’operazione sulla verità e sulla menzogna, in cui si produce il vero esibendo il falso. Il sipario si solleva e si chiude proprio per ricordare agli spettatori l’irrealtà di quanto stanno vedendo.
Quel che definisce oggi la politica – divenuta, com’è stato efficacemente detto, la forma estrema dello spettacolo – è un inedito capovolgimento del rapporto teatrale fra verità e menzogna, che mira a produrre la menzogna attraverso una particolare operazione sulla verità. La verità, come abbiamo potuto vedere in questi ultimi tre anni, non viene, infatti, occultata e resta anzi facilmente accessibile a chiunque abbia voglia di conoscerla; ma se prima – e non soltanto a teatro – si raggiungeva la verità mostrando e smascherando la falsità (veritas patefacit se ipsam et falsum), ora si produce invece la menzogna per così dire esibendo e smascherando la verità (di qui l’importanza decisiva del discorso sulle fake news). Se il falso era un tempo un momento nel movimento della verità, ora la verità vale soltanto come un momento nel movimento del falso.
In questa situazione l’attore è per così dire di casa, anche se, rispetto al paradosso di Diderot, deve in qualche modo raddoppiarsi. Nessun sipario separa più la scena dalla realtà, che – secondo un espediente che i registi moderni ci hanno reso familiare, obbligando gli spettatori a partecipare alla recita. – diventa essa stessa teatro. Se l’attore Zelensky risulta così convincente come leader politico è proprio perché egli riesce a proferire sempre e dovunque menzogne senza mai nascondere la verità, come se questa non fosse che una parte inaggirabile della sua recita. Egli –come del resto la maggioranza dei leader dei paesi della Nato – non nega il fatto che i russi abbiano conquistato e annesso il 20 % per cento del territorio ucraino (che del resto è stato abbandonato da più di dodici milioni dei suoi abitanti) né che la sua controffensiva sia completamente fallita; nemmeno che, in una situazione in cui la sopravvivenza del suo paese dipende in tutto e per tutto da finanziamenti stranieri che possono cessare da un momento all’altro, né lui né l’Ucraina hanno davanti a sé alcuna reale possibilità. Decisivo è per questo che, come attore, Zelensky provenga dalla commedia. A differenza dell’eroe tragico, che deve soccombere alla realtà di fatti che non conosceva o che credeva non reali , il personaggio comico fa ridere perché non cessa di esibire l’irrealtà e l’assurdità delle sue stesse azioni. L’Ucraina, un tempo chiamata la Piccola Russia, non è però una scena comica e la commedia di Zelensky non potrà in ultimo che convertirsi in un amara, realissima tragedia.
19 gennaio 2024
Giorgio Agamben
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mhsdatgo · 5 months
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Penso di non essermi spiegata bene. Quando ho detto che viserys trattava alicent molto meglio di aemma mi riferivo al libro, infatti viene sottolineato come viserys adorasse alicent e di come la viziasse con regali costosi. Nella serie invece la situazione è opposta, viserys preferisce visibilmente aemma. E anche quando ho parlato della fertilità non mi riferivo direttamente a rhaenyra, perché lei non ha mai avuto questi problemi. Intendevo che per la società del tempo le ragazze si sposavano molto presto, tipo alicent a 16, rhaenys pure e anche rhaenyra nel libro a 16 perché si credevano essere quelli gli anni più fertili. Quindi viserys facendo lo stesso ragionamento avrà pensato che far sposare rhaenyra a 31 anni per la prima volta sarebbe stato tardi. Spero di essere stata più chiara
La situazione nel libro è molto più chiara, decisamente. Ma nel libro è un padre ancora più merdoso nei confronti sia di Aegon sia di Rhae. Alla prima soluzione ragionevole (matrimonio tra Aegon e Rhae, nei libri consigliata da Alicent) Viserys ha iniziato a incolparla di voler mettere il suo sangue sul trono. (come se non fosse anche il tuo, pezzo di merda??) Per di più ha sposato Rhaenyra a qualcosa tipo 14/15 anni, perché è stato in quel periodo che ha avuto Jace e compagnia bella.
Se mai fossero stati promessi, non credo che ci sarebbero stati troppi problemi. Si poteva anche farli sposare "prima" che Aegon raggiungesse la maturità. (era una cosa che si faceva sia per maschi sia per femmine, ti basta guardare Larra e Viserys II.)
Abbiamo un Viserys I peggio dell'altro lol. Odierò pur Rhaenyra ma esistono dei gironi sotto a Lucifero apposta per sto bastardo.
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Il sangue di 1000 demoni
Una delle tante leggende che circolano nel mondo di Saiyuki è quella secondo cui se una persona uccide 1000 demoni si trasforma in uno youkai, infatti dal Saiyuubito abbiamo:
Blood of a Thousand Youkai 【千の妖怪の血 Sen no Youkai no Chi】 (Sai. Vol 4 - Continuous)
☆ A popular belief in Shangri-la that says “if one bathes in the blood of a thousand youkai, one will become a youkai,” but like the belief that “devouring the flesh of a virtuous monk will make one undying and un-aging,” it’s supposedly just a rumor. It is also speculated that the reason Hakkai actually changed into a youkai might have been because he had accumulated so much negative pathos within his body. It’s not that Chin Yisou was the thousandth youkai, nor is there any need to worry that Sanzo might later turn into a youkai (laughs).
che tradotto diventa:
Sangue di un migliaglio di Youkai 【千の妖怪の血 Sen no Youkai no Chi】(Sai. Vol 4 - Continuous) 
☆ Un credo popolare nello Shangri-la che dice “se uno si macchia del sangue di un migliaio di youkai, diventerà uno youkai” ma come il credo che “divorare la carne di un monaco virtuoso,renderà immortali e sempre giovani” è presumibilmente solo una diceria. Si è anche speculato che la ragione per cui Hakkai in realtà è divenuto uno youkai, è che abbia accumulato molti sentimenti negativi. Non è vero che Chin Yisou è stato il millesimo youkai e nemmeno c’è bisogno di preoccuparsi che Sanzo possa trasformarsi in uno youkai (ride).
Quindi la Minkeura conferma che tanto la “leggenda” dei mille youkai quanto quella del consumo di carne di monaco virtuoso sono mere dicerie senza alcun fondamento anche se oltre ad Hakkai abbiamo altri esempi di persone divenute youkai dopo aver fatto fuori mille youkai ma li vediamo o solo nell’Anime (Gensoumaden,un episodio di riempimento,un filler,per la precisione l’episodio 18) o solo in Saiyuki Requiem,tuttavia notiamo subito che l’elemento comune a queste trasformazioni non è l’uccisione di 1000 youkai ma il sentimento di odio/ira/orgoglio ecc. Ecco questo ci fa capire una cosa importante se vogliamo interpretarla in un certo modo: se ci lasciamo guidare dalle emozioni ditruttive e offuscanti diventiamo noi stessi degli youkai.
Pur essendo una balla la trasformazione in youkai dopo l’uccisione di mille di questi, c’è un fondamento di verità con la realtà folkloristica giapponese ossia se passano 100 anni uno strumento di famiglia si carica di energia tanto da divenire esso stesso uno youkai, quindi è probabile che la Minekura abbia preso questo elemento folkloristico di forte stampo sciamanico e lo abbia poi reinterpretato per creare ad arte la leggenda/diceria dei 1000 youkai.
Questi oggetti che, raggiunta una certa età (100 anni), diventano youkai si chiamano Tsukumogami letteralmente “Kami degli oggetti”. Gli Tsukumogami furono usati per la diffusione anche ad un popolo poco colto, con già preesistenti conoscenze e tradizioni degli Tsukumogami, del Buddhismo Shingon. Noriko Reider spiega:
“Gli Tsukumogami sono oggetti di uso domestico animati. Una otogizōshi (“storia in compagnia”) intitolata Tsukumogami ki (“Raccolta di Kami degli oggetti”; del periodo Muromachi) spiega che dopo una vita di servizio durata quasi cento anni, gli utsuwamono o kibutsu (contenitori, attrezzi e strumenti vari) ricevono un'anima. Mentre si fa spesso riferimento a quest'opera come un'importante fonte per la definizione di tsukumogami, insufficiente attenzione è stata dedicata all'effettivo testo di Tsukumogami ki.”
Se andate nella pagina inglese di Wikipedia, trovere un elenco di Tsukumogami: https://en.wikipedia.org/wiki/Tsukumogami
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klimt7 · 1 year
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DEMIAN
(incipit)
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Per raccontare la mia storia devo incominciare dal lontano inizio. Se mi fosse possibile, dovrei risalire molto più addietro, fino ai primissimi anni della mia infanzia, e più oltre ancora nelle lontananze della mia origine.
Quando scrivono romanzi, gli scrittori fanno come fossero Dio e potessero abbracciare con lo sguardo e comprendere la storia di un uomo e riprodurla quasi Dio la narrasse a se stesso, sempre essenziale e senza veli. Io non ne sono capace, come non ne sono capaci gli scrittori. La mia storia però ha per me più importanza di quanto non ne abbia per altri scrittori la loro; è infatti la mia vita, è la storia di un uomo non inventato e possibile, non ideale o in qualche modo non esistente, ma di un uomo vero, unico, vivente.
Certo, che cosa sia un uomo realmente vivo si sa oggi meno che mai, e perciò si ammazzano gli uomini in grandi quantità, mentre ognuno di essi è un tentativo prezioso e unico della natura.
Se non fossimo qualcosa in più di uomini unici, se si potesse veramente togliere di mezzo ognuno di noi con una pallottola, non ci sarebbe ragione di raccontare storie.
Ogni uomo però non è soltanto lui stesso; è anche il punto unico, particolarissimo, in ogni caso importante, curioso, dove i fenomeni del mondo s’incrociano una volta sola, senza ripetizione.
Perciò la storia di ogni uomo è importante, eterna, divina, perciò ogni uomo fintanto che vive in qualche modo e adempie il volere della natura è meraviglioso e degno di attenzione. In ognuno lo spirito ha preso forma, in ognuno soffre il creato, in ognuno si crocifigge un Redentore.
Oggi pochi sanno che cosa sia l’uomo. Molti lo sentono e perciò muoiono con maggior facilità, come io morirò più facilmente quando avrò finito di scrivere questa storia. Non posso dire di essere un sapiente. Fui un cercatore e ancora lo sono, ma non cerco più negli astri e nei libri: incomincio a udire gli insegnamenti che fervono nel mio sangue.
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La mia storia non è amena, non è dolce e armoniosa come le storie inventate, sa di stoltezza e confusione, di follia e sogno, come la vita di tutti gli uomini che non intendono più mentire a se stessi.
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La vita di ogni uomo è una via verso se stesso, il tentativo di una via, l’accenno di un sentiero. Nessun uomo è mai stato interamente lui stesso, eppure ognuno cerca di diventarlo, chi sordamente, chi luminosamente, secondo le possibilità. Ognuno reca con sè, sino alla fine, residui della propria nascita, umori e gusci d’uovo d’un mondo primordiale. Certuni non diventano mai uomini, rimangono rane, lucertole, formiche. Taluno è uomo sopra e pesce sotto, ma ognuno è una rincorsa della natura verso l’uomo.
Tutti noi abbiamo in comune le origini, le madri, tutti veniamo dallo stesso abisso; ma ognuno, tentativo e rincorsa dalle profondità, tende alla propria meta.
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[ Hermann Hesse ]
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fridagentileschi · 5 months
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"Lo straniero in casa mia,
può esser sincero e cortese,
ma non parla il mio linguaggio:
io non riesco a coglierne il pensiero.
Vedo il suo volto, e gli occhi, e la bocca,
ma non lo spirito che vi sta dietro.
Gli uomini del mio stesso seme,
possono comportarsi bene o male, ma
le loro bugie son le stesse che si aspettan da me
- le bugie alle quali sono bene avvezzi.
E non abbiamo bisogno di interpreti
quando dobbiamo fare mercato.
Lo straniero in casa mia ( e per straniero intendo chi non ha la cultura mia)
- che egli sia buono o malvagio -
io non so dire quali forze lo dominano,
quali motivi scuotono il suo umore,
né quando mai gli dei della sua terra
riprenderanno possesso del suo sangue.
Gli uomini del mio stesso seme
potranno anche esser perversi, ma,
almeno, sentono quel che sento io,
e vedono quello che vedo anche io.
E per male ch'io pensi di loro e dei loro simili,
è la stessa cosa che loro pensan dei miei.
Questa era l'idea di mio padre,
e questa è anche la mia:
che le stesse spighe stian tutte in un solo covone,
e la stessa uva finisca tutta in un unico tino,
prima che ai nostri figli alleghino i denti
un più amaro pane ed un più amaro vino."
Rudyard Kipling
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ross-nekochan · 6 months
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Però wait, che ci siano capi che infilino la mazza su per il culo e che sia necessario fare gli straordinari, penso sia pratica consueta in tutto il mondo. Il punto è se la mazza in culo e gli straordinari te li chiedono mentre lavori un'azienda o un negozio che però ti dà contratto regolare, con contribuiti versati e con il quale puoi chiedere un mutuo/pagare un affitto. Qua invece la mazza in culo e gli straordinari (non pagati) te li chiedono paradossalmente più negozi/ristoranti/supermercati, che le aziende. E i 500-600 euro a nero sono prassi ovunque ti giri. E tutti senza né contratto regolare, senza contributi (ciao ciao pensione) e il che ti rende impossibile anche solo affittare un buco perché i proprietari ti voltano la faccia (o te l'affittano anche loro in nero, cioè ti mandano via quando vogliono loro e non hai garanzie). Quindi, se pensavi che la mia domanda fosse "il Giappone è il paradiso?" ovviamente no. La mia domanda era "al 90% dei lavoratori giovani e meno giovani cacano in mano 500 euro a nero senza potergli concedere affitti/mutui e chiedendogli il sangue come in Italia, peggio dell'Italia, o uguale all'Italia?"
No, non pensavo che tu stessi dicendo che il Giappone è il paradiso.
Ma il fatto è che qui anche se hanno/abbiamo (?) più soldi, non cambia di molto la nostra situazione di schiavitù.
Innanzitutto, qui la situazione non cambia troppo tra azienda e piccola attività perché, bene o male, la mentalità è quella (se parliamo di aziende giapponesi, non quelle estere con sede in Giappone). In più, non sempre gli straordinari sono pagati.
Poi, va bene, abbiamo uno stipendio "normale", magari ci possiamo permettere il mutuo (non so come funziona qui perché sinceramente non mi interessa), però, ad esempio, da stranieri si fa una difficoltà immane ad avere un appartamento in affitto, per cui non immagino nemmeno quanto possa volerci per accedere a un mutuo.
In più (ma questa è un'opinione personale), che me ne faccio di avere i soldi o la garanIe per il mutuo se quella casa non la vivo mai e la uso solo per il letto?
Che me ne faccio dei contributi per la pensione se poi in pensione non ci posso andare per i motivi che spiegavo ieri e quindi sono costretto comunque a lavorare oltre i 70 anni?
Quello che voglio far capire io è che sì, certamente la situazione in Italia non è giusta ed è bene cambi, ma non è quella la vera discriminante per i problemi che citi.
Qui hanno uno stipendio e hanno delle garanzie, per carità di Dio, ma il capo te lo mette nel culo lo stesso, così come qui un buco di stanza (manco monolocale) costa e te lo prendi nel culo quando ti voltano la faccia perché non accettano stranieri.
Quindi, in definitiva, qua il sangue te lo chiedono lo stesso e, anzi, proprio perché hai contratto e garanzie, forse te ne chiedono pure di più del normale.
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veritanascoste · 9 months
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..... Seconda parte
Codice Genesi:
Fomenteremo l'animosità tra di loro attraverso le nostre fazioni. Quando una luce risplenderà tra uno di loro, la spegneremo con il ridicolo o la morte, come meglio ci si addice. Faremo in modo che si strappino il cuore a vicenda e uccidano i propri figli. Realizzeremo questo usando l'odio come nostro alleato, la rabbia come nostro amico. L'odio li accecherà totalmente, e non vedranno mai che dai loro conflitti emergiamo come loro governanti. Saranno impegnati a uccidersi a vicenda. Si laveranno nel loro stesso sangue e uccideranno i loro vicini per tutto il tempo che riterremo opportuno. Ne trarremo grande beneficio, perché non ci vedranno, perché non possono vederci. Continueremo a prosperare grazie alle loro guerre e alle loro morti. Lo ripeteremo ancora e ancora finché il nostro obiettivo finale non sarà raggiunto. Continueremo per farli vivere nella paura e nella rabbia attraverso immagini e suoni. Useremo tutti gli strumenti che abbiamo per realizzare questo. Gli strumenti saranno forniti dal loro lavoro. Faremo in modo che odino loro stessi e i loro vicini. Nasconderemo loro sempre la verità divina, che siamo tutti uno. Questo non devono mai saperlo! Non devono mai sapere che il colore è un'illusione, devono sempre pensare di non essere uguali. Goccia dopo goccia, avanzeremo nel nostro obiettivo. Conquisteremo la loro terra, risorse e ricchezza per esercitare il totale controllo su di loro. Li inganneremo facendo loro accettare leggi che rubano la poca libertà che avranno. Stabiliremo un sistema monetario che li imprigionerà per sempre, mantenendo loro e i loro figli indebitati. Quando bandiranno insieme, li accuseremo di crimini e presenteremo una storia diversa al mondo perché possediamo tutti i media. Useremo i nostri media per controllare il flusso di informazioni e il loro sentimento a nostro favore. Quando tenteranno di opporsi a noi li schiacceremo come insetti, perché valgono meno di loro e non potranno mai difendersi perchè toglieremo loro le armi. Recluteremo alcuni di loro per realizzare i nostri piani, prometteremo loro la vita eterna, ma la vita eterna non l'avranno mai perché non sono dei nostri. Le reclute saranno chiamate "iniziati" e indottrinate a credere false riti di passaggio ai regni superiori. I membri di questi gruppi penseranno di essere tutt'uno con noi senza mai conoscere la verità.
Non devono mai imparare questa verità perché si rivolteranno contro di noi. Per il loro lavoro saranno ricompensati con cose terrene e grandi titoli, ma mai diventeranno immortali e si uniranno a noi, mai riceveranno la luce e viaggeranno tra le stelle. Non raggiungeranno mai i regni superiori, poiché l'uccisione della loro stessa specie impedirà il passaggio al regno dell'illuminazione. Questo non lo sapranno mai. La verità sarà nascosta davanti ai loro occhi, così vicina che non saranno in grado di concentrarsi su di essa fino a quando non sarà troppo tardi. Oh sì, così grande sarà l'illusione della libertà, che non sapranno mai di essere nostri schiavi. Quando tutto sarà a posto, la realtà che avremo creato per loro li possederà. Questa realtà sarà la loro prigione. Vivranno nell'autoillusione. Quando il nostro obiettivo sarà raggiunto, inizierà una nuova era di dominio. Le loro menti essere vincolati dalle loro credenze, le credenze che abbiamo stabilito da tempo immemorabile. Ma se mai dovessero scoprire che sono nostri pari, allora moriremo. Questo non dovranno mai saperlo.
Se mai dovessero scoprire che insieme possono sconfiggerci, agiranno. Non dovranno mai, mai scoprire cosa abbiamo fatto, perché se lo scoprono e si uniscono,
noi non avremo un posto dove andare. Una volta che il velo sarà caduto loro sapranno chi siamo le nostre azioni saranno rivelate e ci daranno la caccia e nessuno di noi sarà più sicuro e al riparo. Questo è il patto segreto mediante il quale vivremo il resto delle nostre vite, presenti e future, poiché questa realtà trascenderà molte generazioni e la durata della vita. Questo patto è suggellato dal sangue, il nostro sangue. Noi, quelli che dal cielo alla terra sono venuti.
⤵️
Questo patto non deve mai e poi mai essere conosciuto per esistere. Non deve mai e poi mai essere scritto o parlato perché se lo è, la coscienza che genererà rilascerà la furia del PRIMO CREATORE su di noi e saremo gettati nelle profondità da dove siamo venuti e lì resteremo fino alla fine dei tempi dell'infinito stesso".
Questo patto Ve l'ho riproposto per la seconda volta, per chi non è a conoscenza lo divulghi .
Il PATTO SEGRETO DEGLI ELOHIM per ingannare il nostro libero arbitrio e ragirare il TALAT.
Le tue celebrità preferite sono solo i loro portavoce, gli iniziati, i loro fanti. Questa è opera degli Ebrei, prima lo capisci e prima comprendi il grande male. La Storia non è quella che loro hanno scritto per noi, la Storia va riscritta completamente.
Sono dei parassiti e dovranno andare via ❗
😡😡😡😡😡😡😡😡
Da codice genesi (Telegram)
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justmultifandom · 10 months
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Team Voltron Heroes Capitolo 3: Lance e Romelle
Gotham, anno 2134
Non appena uscirono dall’ascensore, Matt si guardò intorno vedendo le pareti bianche, oro e viola che ricoprivano la batcaverna, un enorme schermo con computer da una parte, un largo spazio di allentamento con costumi armi e mezzi di trasporto. I suoi occhi balzavano da un lato a un altro della caverna, studiando ogni minimo dettaglio di quanto quella tecnologia fosse magnifica e all’avanguardia persino per lui.
Durante il corto viaggio nell’ascensore aveva curato anche la gamba di Keith, tuttavia ha anche scoperto che “riparare” le persone era per lui molto più stancante che riparare computer, per cui si era promesso di evitarlo a meno che non fosse strettamente necessario. Inoltre era lo stesso un dilettante, senza esperienza tantomeno capacità di combattimento anche se anni fa aveva bruciato un intero laboratorio, per cui Takashi e, con molti sospiri, Keith avevano deciso di lasciarlo momentaneamente in ultima fila. I due uomini avevano entrambi capito che Matt Holt era un genio col sangue freddo che imparava in fretta e che sicuramente si sarebbe adattato alla situazione.
“Matt, vieni, non abbiamo molto tempo”: la voce autoritaria di Keith, che suonava sempre stranamente intimidatoria, fece risvegliare il giovane Holt dalla sua marea di meraviglia con cui studiava ogni particolare. Si ricompose, annuendo e seguendoli verso una parete con uno schermo. Il supereroe iniziò a digitare qualcosa che sembrava una tuta, mentre Takashi si spostò verso una scrivania con computer tecnologici che inquadravano la grande astronave che tre giorni fa aveva distrutto gran parte di Gotham, in altri delle piante della città. Si diresse verso quest’ultimo, guardando attentamente ogni schermo.
“Io non vedo nessun pericolo”: fece notare, indicando l’astronave ferma e la città sembrava piuttosto calma e non c’era nessun segnale di pericolo. Certo, erano passati solo tre giorni dall’attentato, ma molti criminali come quel Sendak che sentiva sempre in giro avrebbe potuto approfittare del caos e del panico per fare qualcosa, o forse era proprio a causa del caos e del panico che la gente era più prudente e sospettosa. Dopotutto le persone erano imprevedibili, per questo Matt preferiva i computers.
“Esattamente. quando prima stavo guardando fuori dalla finestra ho visto fumo spuntare dall’astronave, ma in questo momento è ferma come se nulla fosse successo…”: esaminò, indicando punti negli schermi e riflettendo.
“Il nemico ha cambiato idea?”: alzò un sopracciglio.
“La mia esperienza mi dice che è quello che vogliano pensiamo. Sta progettando qualcosa…”: mormorò, accarezzandosi il mento con il pollice:” Eppure non riesco a vedere niente di anomalo…”
“Un secondo”: disse Matt, facendo alzare l’uomo e sedendosi al suo posto, digitando qualcosa sulla tastiera, toccando poi lo schermo e chiudendo gli occhi. I palmi iniziarono a illuminarsi nuovamente di quel colore verde chiaro, mentre per la prima volta sentiva impulsi di elettricità in tutto il corpo, messaggi captati in codici come se fosse diventato un tutt’uno con il computer. Mentre gli occhi erano chiusi, chissà come poteva vedere attraverso tutte le telecamere della città e percepire ogni tipo di tecnologia fino alla periferia di Gotham, da computer e televisioni nelle case a una piccola navicella parcheggiata proprio sul retro della vecchia banca. Aspetta, cosa?
Aprì nuovamente gli occhi, quasi con il fiatone e il sudore faceva appiccicare la frangetta alla fronte.
“Matt? Stai bene?”: chiese Takashi, appoggiando la mano robotica sulla sua spalla, mentre l’altro annuiva.
“Ho trovato qualcosa sul retro della vecchia banca”: tossì, cercando qualche telecamera che inquadrasse il vicolo proprio dietro al vecchio edificio. Lo sguardo dell’uomo giapponese divenne leggermente cupo, mentre si guardava la protesi, i ricordi che riaffioravano nella sua mente. Dall’altra parte della stanza Keith grugnì, e Matt capì che quel posto era sinonimo di brutti ricordi e per settimane l’incidente era su tutti i giornali.
“Il vecchio covo di Sendak”: brontolò Keith, sbuffando e stringendo i denti:” Pensate sia opera sua?”
“No, la tecnologia di Sendak non è così avanzata…”: rispose Takashi:” Anche se si è arricchito spacciando non avrebbe mai potuto costruire un’astronave così avanzata sotto i nostri occhi…”
“Che mi dici del Trygel? E’ da anni che Sendak cerca di contattare quel laboratorio segreto…”: ragionò, continuando a concentrarsi anche sullo schermo davanti a lui, digitando e modificando.
“Negativo, Trygel è stato distrutto quattro anni fa”: Matt si immischiò nella conversazione tra i due, che lo guardavano stupiti.
“Distrutto?”: Takashi alzò un sopracciglio:” Come... Come fai a saperlo?”
“Hanno scoperto che la base Trygel si trovava in Ohio, è stata distrutta da un loro esperimento scientifico”: spiegò:” Anche se non ne hanno parlato molto sui giornali…”
I due uomini lo guardarono annuendo, Keith si rigirò perfino verso lo schermo, troppo impegnato a pensare. Dopotutto Matt non aveva mentito, ma non poteva neanche dire di essere stato troppo onesto con loro; in fondo quello era il suo segreto, e non era ancora pronto a confessarsi.
“Qualunque cosa sia successa, è tutto troppo strano…”: Takashi interruppe il profondo silenzio, alzandosi dalla sedia e camminando lentamente per un po’. Si fermò, girandosi verso gli altri due:” Conviene comunque controllare. Non sappiamo chi sia il nostro nemico o cosa vuole. Sappiamo troppo poco.”
Matt annuì, alzandosi anche lui, sobbalzando dallo spavento quando la parete davanti a Keith si divise, facendo uscire della nebbiolina e un brillante costume da supereroe su un manichino nero. L’armatura del busto marrone, il lungo mantello grigio e i larghi pantaloni neri risaltavano con la maschera e la cintura verde brillante, rendendo la tuta elegante quanto misteriosa e affascinante. I numerosi particolari verdi e oro sulle spalle davano un grande senso di potenza e lucentezza così come i piccoli e fini dettagli bianchi.
“Ti manca solo un nome”: Keith ridacchiò quando spostò lo sguardo su di lui, il corpo fermo nella stessa posizione. In cambio ricevette un sorriso d’intesa.
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Lance stava camminando goffamente, alzando ogni volta gli occhi al cielo mentre Romelle correva in giro, affascinata anche dalle piccole e fastidiose crepe sul cemento. Lo spiacevole incontro con Keith lo aveva alterato, rendendolo nervoso e stressato. La missione che avevano era già difficile senza il suo “aiuto”, senza contare che gli eventi precedenti lo avevano reso emotivo e instabile e la rabbia era un’emozione che non voleva avere. Romelle, d’altra parte, da atlatidea purosangue, non aveva mai visto il mondo in superficie e ogni minimo dettaglio per lei era quasi una vera e propria arte; tuttavia lui non sapeva come faceva a essere così agitata e piena di forze dopo tutto quello che era successo ad Atlantide.
“Romelle! Per l’ultima volta, stai ferma un attimo!”: esclamò nuovamente con un tono stanco quando ricevette un’altra occhiataccia infastidita dai passanti che camminavano lentamente. La donna si limitò a fare la linguaccia, chinandosi davanti alla vetrina di una pasticceria e osservando i dolci esposti dall’aspetto delizioso.
“Come farò a fare colpo sulle ragazze se sembra vado in giro con una pazza?”: riflettè ad alta voce.
“Perché non provi a prendere a una bella ragazza una di queste torte buonissime?”: consigliò, indicando una cheesecake con delle fragole.
“Non ti comprerò una torta, Romelle”: sorrise leggermente divertito alzando un sopracciglio mentre lei faceva il broncio.
“Però ne avremo bisogno… Ho fame e abbiamo nuotato da Atlantide fino a qui!”: fece notare, accarezzando il vetro come se, per qualche fantasiosa magia, quella torta lo avrebbe attraversato volando fino a loro.
“E con quali soldi?”
“Il tipo lì dentro sembra gentile, magari ce la regala!”:
Lance si fermò a osservare il grande uomo robusto e sorridente in cassa mentre dava a una cliente giocane e piuttosto bella un sacchetto giallo. In effetti, se non fosse per il fisico, sembrava una persona perfettamente loquace e gentile, ma per una torta non ne valeva la pena. Tuttavia non poteva neanche ignorare lo stomaco brontolante e gli occhietti di Romelle che si erano allargati per convincerlo. Stava per parlare quando sentì delle urla e lo scoppio di un motore.
Entrambi si girarono nel momento in cui davanti a loro sfrecciò una macchina grigia, viola e con delle rifiniture verdi a tutta velocità. Bastava poco per riconoscere che non era un mezzo qualunque, ma qualcosa di più tecnologicamente avanzato e famigliare. Romelle si alzò silenziosamente accanto a lui, lo sguardo fisso e determinato e a volte a Lance faceva paura vedere come velocemente la sua personalità passava da bambina piccola a un soldato capace e fiero.
“Trovato”: sorrise, correndo dietro all’auto per le vie della città. Il misterioso guidatore dev’essersi accorto di loro, cambiando strada continuamente e girando per diversi isolati e quartieri senza fermarsi, tuttavia riuscirono lo stesso a raggiungerlo e a vederlo parcheggiare nel vicolo di un vecchio edificio abbandonato nel centro.
I due si nascosero dietro un angolo, osservando l’uomo uscire dall’auto con un’armatura abbinata e un casco con una visiera nera che impediva la visione del viso. Con un semplice tocco su un telecomando l’auto diventò invisibile.
“Affascinante!”: sussurrò Romelle, gli occhi pieni di stelle dalla meraviglia:” La possiamo rubare?”
“Concentrati, Romelle!”: disse Lance, sbirciando dal nascondiglio e guardandosi intorno se non c’erano uomini armati o altro. Il grattacielo alto in vetro ricoperto di impalcature e qualche finestra rotta sembrava un posto disabitato e inutile come nascondiglio quanto perfetto. La donna si inginocchiò per terra, prendendo dalla borsa un completo elastico ma molto resistente. E quando lui lo vide, sentì nuovamente gli occhi lucidi.
“Il completo di mio padre?”: chiese, quasi non credendo a quello che aveva davanti quando lei glielo perse tra le mani annuendo.
“Mantieni la promessa e rendilo fiero”: ordinò, ma il suo tono sembrava più un invito o un promemoria, e Lance non poteva farselo ripetere due volte. Annuì, abbracciandola forte mentre guardava la tuta con fierezza. Avrebbe rispettato la promessa, avrebbe reso fiero suo padre e tutti coloro che credevano in lui, e avrebbe anche dato calci in culo a quelli che invece gli avevano tolto tutto. Con uno sguardo d’intesa si nascose dietro un bidone dell’immondizia per cambiarsi e quando uscì, si sentiva pronto a tutto.
Romelle applaudì silenziosamente con un sorriso caloroso e fiero, tornando alla sua postazione.
“Andiamo?”: chiese, senza vedere nessun passante o altre persone.
“Andiamo”: annuì Lance, entrando silenziosamente dalla porta dove il tizio di prima era sparito e camminando attraverso l’edificio pieno di oggetti o mobili. Entrambi cercarono di essere il più silenziosi possibili, tuttavia ad ogni passo i loro passi echeggiavano e interrompevano il silenzio assordante. Probabilmente la persona che stavano cercando sapeva che erano lì da quando erano entrati, ma l’importante era provarci. Dopotutto per loro non era la prima che si intrufolavano dentro qualche edificio, ma farlo mentre si nuotava era molto più facile. Dopotutto l’unica cosa che dovevano fare era solo imparare, no?
Man mano che salivano per i piani, notarono che le scrivanie e le sedie diventavano sempre di meno, c’erano più fogli sparsi in giro, finchè non arrivarono al sesto piano: completamente vuoto. Le colonne in cemento sporco davano a quel piano un senso di solitudine e vecchiaia, mentre l’odore di muffa e alcol in giro, dei cuscini e una coperta in un angolo e un lungo tavolo in legno rettangolare faceva capire che era usato come covo, inoltre le tubature scoperte e arrugginite, l’acqua che gocciolava da perdite e crepe, sembrava quasi un contrasto con gli altri piani più eleganti e moderni.
Lance e Romelle capirono solo dalle bottiglie mezze vuote sul tavolo e da dei mazzi di banconote che fino a poco prima abitava qualcuno.
“Sono già scappati?”: Romelle alzò un sopracciglio, abbassando la guardia velocemente e passeggiando per la stanza, avvicinandosi al tavolone: ”Siamo sicuri era proprio lui? Non penso che uno che ha progettato un colpo di stato venda farina…”
“Romelle non è farina- Fa niente, lascia stare…”: Lance disse, vedendo la faccia confusa dell’amica quando lei toccò quella strana e soffice polverina bianca. Alzò le spalle raggiungendola, intascandosi le banconote.
“Non è rubare?”: scosse la testa.
“Non volevi rubare anche la torta?”: lui alzò un sopracciglio con un tono canzonatorio e divertito, cercando un posto sulla tuta dove poterle nascondere. Poteva essere bella e comoda, una maglietta bianca a maniche azzurre e una riga oro sulla schiena e sul colletto e pantaloni rossi, ma non aveva tasche e puzzava di acqua di mare. Beh, tecnicamente tutte e due puzzavano di acqua di mare…
“Regalare”: lo corresse con un occhiolino, gesticolando con le mani.
“E la macchina?”: il suo sorriso si allargò, lasciandosi sfuggire una ridata.
“La volevo confiscare”: corresse nuovamente, il tono insicuro e bugiardo come se si stesse arrampicando sui vetri. Lance scosse la testa ridendo, lanciandole le banconote così che le mettesse nella piccola ma spaziosa borsa di tela rosa pallido.
Un rumore metallico li fece entrambi alzare la guardia, Lance con le mani tese mentre si concentrava, facendo tremare le tubature, Romelle si stava tenendo stretta la borsa, gli occhi blu che volavano in tutti i punti della stanza. Quando si girarono, videro un uomo di statura media salire lentamente e con fatica le scale, sorreggendosi con un bastone metallico. Quando arrivò, si chinò sulle ginocchia respirando affannosamente.
“Potevate scegliere un piano più in basso, no?”: disse riprendendo fiato, alzando la testa per guardare entrambi, girandosi nuovamente come se avesse perso qualcosa. Dalla maschera e dal costume sembrava essere un supereroe, anche se dall’aria molto impacciata e goffa; probabilmente come loro era un principiante.
Dall’altro lato della stanza, sentirono un rumore metallico più piccolo, mentre un cilindro viola rotolava sotto i loro piedi e liberava un gas bianco. Flussi di tosse li colpirono, coprendosi la bocca con la mano e piegandosi nel tentativo di non respirare qualsiasi cosa fosse. Il supereroe, nel mentre, era rimasto lì in piedi e stava gesticolando con le dita, come se volesse dire…”no”?
In men che non si dica, silenziosamente, Romelle cadde a terra con un gemito, toccandosi la schiena dolorante mentre davanti a Lance c’era un uomo.
Non si fece prendere alla sprovvista, iniziando a combattere con mosse di difesa che aveva visto o imparato, iniziando con un pugno diretto che venne facilmente fermato. Venne colpito alla mascella quando vide la donna riprendersi e bloccare il braccio prima che scagliasse un altro colpo, ma non si rivelò molto utile quando, subito dopo, venne anch’essa colpita al naso. Stavolta, però, la mano di quell’uomo misterioso vagò dietro la schiena, sfoderando una spada troppo piccola per essere una katana. Gliela avvicinò al collo creando pressione, ma quando la nebbiolina iniziò a diminuire si fermò e spalancò gli occhi.
“Lance?!”: esclamò sorpreso, buttandolo a terra e rifoderando la spada. Lui lo guardò meglio e nonostante l’armatura viola e ingombrante, riconobbe subito chi fosse.
“Keith?!”: esclamò, alzandosi in piedi e togliendosi la polvere dalla tuta:” Che cazzo ci fai qui? Hai rovinato tutto!”
“Rovinato tutto? Ho seguito la macchina della persona che ha distrutto Gotham!”: abbaiò, lo sguardo minaccioso e infastidito:” E tra l’altro potrei chiederti la stessa cosa!”
“Sto cercando il tipo che ha distrutto Atlantide!”: rispose, appoggiando la fronte sulla sua e contrastandolo.
“Davvero?”: alzò un sopracciglio:” Non copiarmi Kogane! Atlantide è stata distrutta da voi atlantidei!”
“Atlantide distrutta?!”: chiese sorpreso l’altro supereroe, rimasto vicino alle scale.
“E’ stato in coma per tre giorni”: spiegò Keith:” Ma non mi hai risposto, perché siete qui? E’ una scena del crimine!”
“Stiamo cercando il tipo che ha distrutto Atlantide”: Lance scandì bene le parole, facendo smorfie e storpiando il viso:” Sai, no? Vedetta… la conosci bene te, Mullet”
L’uomo fece un profondo respiro, cercando di calmarsi per non ucciderli entrambi lì e ora. Dopotutto li avevano visti rubare delle banconote, erano sempre criminali.
“Lascia stare il mio amico!”: Romelle si intromise, alzandosi da terra e raggiungendolo, prendendolo a braccetto:” Sta dicendo la verità!”
“Ah, sì? Beh non mi fido di un bambino che gioca a fare il supereroe con una tutina da pagliaccio”: rispose orgoglioso, guardandolo da cima a fondo.
“Sono la principessa di Altantide”: spiegò lei, prima che Lance potesse prenderlo a morsi per l’inculto clamoroso:” Qualcuno ha incitato il popolo contro mio fratello, il re Bandor e corrotto l’esercito”
“Siete sicuri che è qui a Gotham codesta persona?”: alzò un sopracciglio insospettito:” Anche se non sembri bugiarda…”
“Oh, no! La principessa pazza sta dicendo la verità!”: l’uomo allargò le braccia in alto.
“Sappiamo che dopo aver causato tutto questo il nostro nemico misterioso si è recato a Gotham, abbiamo seguito l’astronave”: rispose lei, mentre Matt li raggiungeva pigramente, zoppicando e aggrappandosi al bastone.
“Ragazzi…”: la voce di Takashi attraverso le comunicazioni era forte e chiara:” Fidatevi, quello che hanno detto coincide con il vero”
“Sei sicuro, Takashi?”: confermò Matt, appoggiando il dito sull’auricolare, dimenticandosi la veloce dimostrazione che gli avevano dato prima di partire.
“Non so… Come avete fatto a venire fin qui?”: chiese nuovamente, ignorando la voce dell’uomo più vecchio che ora li monitorava da villa Wayne.
“Abbiamo seguito l’auto”: rispose Lance, alzando le spalle:” Quella che è diventata invisibile”
“Tecnicamente è una navicella”: il nuovo supereroe si intromise timidamente, alzando un dito e chiudendo gli occhi mentre spiegava:” Una navicella è capace di viaggiare attraverso lo spazio e la fantascienza ed è solitamente in metallo. Anche se in effetti quello sembrava più un caccia modificato in modo da mimetizzarsi con l’ambiente circostante e-“
“Okay, abbiamo capito!”: Lance lo interruppe, tappandosi le orecchie:” Qualsiasi cosa fosse l’abbiamo vista, riconosciuta e seguita!”
“Cosa dovremmo fare, Takashi?”: chiese Keith, la voce ferma e stranamente calma.
“Collaborate, da quello che ho capito stanno cercando la stessa nostra persona”: ragionò:” Meglio averli in squadra che come nemici, abbiamo lo stesso obiettivo”
“Non se ne parla! Abbiamo già lui!”: indicò Matt, ringhiando:” Non formeremo una squadra!”
“Keith, è l’unico modo”: lo rimproverò attraverso l’auricolare:” Fidati di me”
Keith brontolò dando a Lance una pacca sulla spalla, mentre da molti piani più in basso, si sentì un fastidioso scoppio e il rumore della partenza di un’auto.
“No!”: esclamò, sporgendosi da una finestra rotta e vedendo le strade vuote sotto ai suoi piedi.
“È scappato, di nuovo”: si lamentò Romelle, piagnucolando e appoggiandosi a Matt.
“Bene, supereroe, ora cosa facciamo?”: lo prese in giro con un tono canzonatorio.
“Cambio di programma”: esclamò con un tono molto severo e autoritario:” Andiamo a villa Wayne”
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Sì, lo so che non puoi sentirmi. Guardo la tua foto in quella cornice verde, speranza come quella che non ho perso mai. Eppure crescendo mi sono accorto di somigliarti più di quanto credessi, mi sono accorto che non c'è un antidoto per smettere di amare, semmai esiste il dolce veleno di amare ancora di più.
Avevi ragione quando mi dicevi che qualunque cosa farai, qualcuno avrà sempre qualcosa da dire, ma che l'importante è sentire dentro una sorta di grado di serenità tale da insegnarti a convivere anche con l'ingiustizia. Qualsiasi modo forzato di distinguersi equivale a uniformarsi. E parlavamo di rapporti, andando verso il mare. Le persone migliori le respiri una volta e non te ne scordi più. Hanno l'umiltà nel sangue e pur sapendo molto di te intervengono nella tua vita sempre con delicatezza, senza stroncarti il respiro nei momenti in cui si affanna un po' in salita. Hanno l'eleganza nell'anima.
Sarà che non sono mai stato un ribelle e non mi è mai piaciuta la polemica di per sé. Forse semplicemente perché detesto perdere tempo che potrei utilizzare in modo più costruttivo.
Non ho mai desiderato avere l'ultima parola, soprattutto quando c'è poco da dire. Mi è sempre sembrato irrilevante. Ho sempre solo scelto cosa volere nella mia vita e cosa no, senza bisogno di denigrare quel che non mi piaceva, solo lasciandolo fuori. Mi è sempre parsa la ribellione interiore migliore che potessi attuare per me, per il mio modo di essere.
Non sono più un bambino, ma ogni tanto avrei bisogno delle tue carezze, dei tuoi sorrisi, della tua indulgenza. Avrei bisogno che mi indicassi ancora gli extraterrestri, avrei bisogno di credere ancora possibile quel viaggio su Marte. Proprio dove mi stendevo su di te, e tu mi prendevi un po' in giro, perché cercavi di sconfiggere la mia incalzante razionalità che molto presto mi fece scoprire che Babbo Natale eri tu, che la Befana non veniva dalla cappa a bersi nessun caffè, ma che per amore ti svegliavi la notte per farmelo credere.
Quelle prese in giro così perfette da volerle ancora, anche quando sai perfettamente che lo sono, quelle prese in giro così perfette da prenderti per mano.
Ho capito grazie a te cosa significhi pensare a qualcuno nonostante tutti i dissapori prima che a te stesso, anche mentre te ne stai andando e non per tua volontà. Ho imparato grazie a te a non lamentarmi delle ferite che la vita ci infligge, anche quando ci sembrano troppe, anche quando ci sembrano ingiuste, anche quando siamo costretti a comprendere il senso brutale di un non possibile ritorno, delle assenze definitive. E avrò bisogno di chiedere ancora a qualcuno:
Di che si tratta la vita?". E a lei indicherò il cielo, i satelliti e le costellazioni del tuo sorriso.
Di che si tratta la vita, papà?
La nostra vita si tratta del tempo che abbiamo a disposizione, e senza la gioia e le emozioni dell'amore, il tempo è semplicemente un orologio a scandire secondi su secondi, senza brividi.
Certe assenze non si colmano mai, ma proprio in virtù di questo ho imparato a non sprecare tempo con chi sceglie di non esserci consapevolmente.
Tuo figlio, Massimo.
(Massimo Bisotti)
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