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#essere anziani
williamnessuno · 4 months
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sign o’the times
Ho iniziato a lavorare professionalmente in tv alla fine degli anni ottanta a Telemontecarlo, Pianeta Neve, . Ero un giornalistello che a un certo punto doveva montarsi i suoi pezzi. (Con un collega montatore: all’epoca i pastiche che adesso vanno tanto di moda, ovvero i famigerati filmaker, che fanno tutto da soli, anche la pizza, non esistevano…) Allora mi vennero insegnati i principi del…
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autolesionistra · 2 months
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Che tipo di disciplina è, il diritto? Chi lo studia dovrebbe fare tirocinio, oltre che in carcere, negli ospedali, accanto ad anziani dementi, a chi è in stato vegetativo, anche nelle sale operatorie: chi studia il diritto dovrebbe conoscere il corpo per bene, anatomia e lungodegenza, dovrebbe essere costretto ai gesti e agli odori, senza vestire la vita di carta. Le scelte del diritto ricadono sui corpi: e allora, studiatevelo, il corpo.
Stefano Serri - Bradipismi (dieci racconti lenti)
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falcemartello · 2 months
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Quindi non è un grumo di cellule ma un bambino.
E meno male che era la rivista dell'etica medica!
Della serie "vite degne di essere vissute" siamo lì,lì...
Che poi, per estensione, non si fermeranno ai neonati, perchè non pure gli adulti o gli anziani, una volta che hai aperto la finestra di Overton giusta.
Questa tecnica è definibile come "forbice". Si può per ora abortire/uccidere anche i nati se hanno gravi malformazioni malattie o incompatibili con la vita e gli altri (soprattutto anziani e malati gravi) con eutanasia.
Tra bambini e anziani ci sono tutti gli altri.
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ilpianistasultetto · 5 months
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C'È BISOGNO DI MERAVIGLIA
Credo ci sia bisogno di meraviglia, non intendo quella della natura, dei paesaggi incantevoli, tramonti affascinanti, cieli stellati e aurore boreali, che pur rallegrano l'anima ma più semplicemente di gesti quotidiani che conciliano con la serenità dell'essere umano.
C'è bisogno di meraviglia nell'empatia tra le persone, ritrovare quella fiducia che abbiamo perso. Comprendere le lacrime dei bambini, degli anziani fragili, dei giovani silenziosi, facoltà che sono proprie dell'essere umano. Ci stiamo abituando a parlare con voci automatiche, riempire moduli digitali che mortificano l'esistenza, abbiamo affidato agli algoritmi il ruolo di comprendere le nostre esigenze, come mangiare cibo preconfezionato all'uso immediato.
Il peggio che ci può capitare è una solitudine forzata, l'apatia nei gesti quotidiani, come la rassegnazione che ci prende quando tutto sembra o debba ricominciare daccapo e la soluzione non è mai a portata di mano.
Si corre verso l'intelligenza artificiale come richiamati da una luce stupefacente che promette un futuro brillante. Noi e i nostri dati, elaborati in sintesi veloci da algoritmi senz'anima e vomitate da milioni di piccoli monitor e tutto sarà a portata di mano, ma tutto in poche mani, tutto quello che aspetti ti arriverà sul cellulare, magari con un drone che piove dal cielo, da un'auto teleguidata, tutto deciso e definito nella totale assenza dell'umanità, noi usati solo come cliente finale, un numero ad uso e consumo per le prossime multinazionali.
Ma che meraviglia questo futuro che non mi meraviglia per niente, niente che possa somigliare ad un essere umano che ti guarda negli occhi e ti chiede: "come stai?"
@ilpianistasultetto
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libero-de-mente · 5 months
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Se camminando su un marciapiede stretto, come quelli nei centri storici, incrocio un'altra persona cedo il passo. Se questa persona è una donna scendo proprio dal marciapiede per non crearle intralcio.
Quando sono alla cassa in un supermercato e vedo dietro di me qualcuno, con in mano pochissime cose, gli cedo il posto.
Se devo salire in ascensore quando si aprono le porte faccio sempre uscire chi è già dentro, poi impegno l'ingresso.
Quando incrocio un'auto in senso di marcia opposto al mio, che deve svoltare a sinistra gli cedo la precedenza. Così ai pedoni che devono attraversare.
Se qualcuno mi sorride per cortesia per strada, io contraccambio il sorriso.
Nei mezzi pubblici cedo il posto ad anziani o donne se non ci sono posti liberi.
Chiedo sempre permesso se trovo il passaggio ostruito da qualcuno. Non spingo e non urto per passare di forza.
Faccio anche tante altre azioni con cortesia e attenzioni se posso, le faccio volentieri.
Non sempre ho un riscontro di gratitudine. Alcuni, pochi a dire la verità, si comportano come se quel gesto gli fosse dovuto. Apatia totale nei riscontri.
Evidentemente quelli come me, non pochi a dire la verità, passano inosservati. Siamo fuori moda non allineati con i tempi che corrono.
Spesso ho la sensazione di essere obsoleto.
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belladecasa · 7 months
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Quando ero piccola e andavo ancora all’asilo un gioco che mi piaceva era: far finta di scrivere. Riempivo quaderni con file di scarabocchi che simulavano le parole. Un giorno arrivò mia nonna e mi disse che non si scriveva così, si scriveva così: e scrisse fiore, viola, e una terza parola che non ricordo. Aveva più di settant’anni e la grafia di una bambina, come tutti gli anziani che non hanno frequentato oltre la quinta elementare. In un certo senso, ci misi poco a diventare più grande di lei. Io sono cresciuta con i miei nonni, i miei genitori non c’erano mai perché lavoravano; fino alle medie, ad eccezione dell’ambiente scolastico, non sono stata a contatto con l’italiano, solo con il dialetto. Nella famiglia di mia mamma sono stata la prima a laurearsi, in casa mia non c’erano libri. Per tutti questi anni mi sono chiesta il significato di questo percorso che mi ha psicologicamente logorata. Mi dicevo che il senso alla fine è qualcosa che si trova dopo, mi ripetevo che lo avrei capito con gli anni; ma poi, qualche settimana fa, mentre stavo seguendo una conferenza di sociologia, uno dei professori disse: lo capite vero che il figlio di un medico, di un avvocato, nasce già laureato? Che non è la stessa laurea quella di chi in famiglia ha i nonni che non hanno la terza media e i genitori che non hanno il diploma? Allora ho capito che non dovevo cercare il senso davanti a me o in sincronia con i mattoncini di Bologna, con l’ego degli accademici, con la cultura borghese che grida all’utilitarismo degli studi, ma in diacronia con quelle tre parole, con la terra, gli orti, gli animali. Avevo fisso quel ricordo: fiore, viola. La prima a portare dei libri a casa mia sono stata io. Sentivo che avevo dentro la responsabilità di far crescere quella bambina, darle una grafia adulta, farla essere una donna adulta, libera, consapevole, invece che solo figlia, madre, nonna.
#s
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kon-igi · 1 year
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E COME OGNI 8 MARZO
non so che cazzo dire.
Forse sono un po’ più sensibile della media dei maschi bianchi etero cis benestanti nati nella parte giusta del mondo ma MAI potrò capire veramente cosa significhi nascere, crescere e vivere come una donna, anche in questa parte giusta di mondo.
Tra gli anziani (quindi intendo anche i 50enni) si dice che le bambine abbiano una marcia in più rispetto ai loro coetanei.
‘Sono più furbe dei maschi’.
No, non sono più furbe...
Sanno che conviene loro imparare a sopravvivere alla svelta.
Alla palpata di culo dei loro compagni di classe, al padre che protegge un bene di proprietà, agli insegnanti che si voltano dall’altra parte, al ‘cresci bene che ripasso’, ai termini come ‘femminuccia’, ‘fighetta’, ‘giochi a pallone come una femmina’ e a tutte le rappresentazioni stereotipate su ogni media, dove ogni Figlia di Eva vive costantemente la dissonanza del messaggio ‘sii te stessa’ accanto alla pubblicità di una cura dimagrante con modelle scheletriche.
Vorrei non essere polemico ma solo veemente e invece riesco solo a far trasparire amarezza senza soluzioni a breve termine.
Mi sento paternalista nel dirvi che vi amo tutte indistintamente per il peso che vi portate quotidianamente dietro ma il mio è incrinato affetto verso il vostro entusiasmo smorzato, verso la vostra rigogliosità di cuore affaticato e verso il vostro dolore sordo di essere sempre seconde.
Mi sento come uno sputo nell’oceano ma mi dissolverò volentieri se un giorno persone migliori di me vi restituiranno ciò che per migliaia di anni altri hanno provato a negarvi...
Il desiderio di essere intere.
<3
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papesatan · 8 months
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briciole
Tornando a casa, ho scorto da lontano l’esile figura di zio Matteo, un uomo ultraottantenne roso dal cancro e dalla solitudine. Raggiunto in pochi passi, gli ho messo un braccio sulle spalle e lui mi ha detto a fil di voce: “Vado dalla compagna, shh”, un soffio trepidante, lo sguardo circospetto ad evitar la limosa invadenza delle comari di paese. L’ho guardato tenero in volto, ormai un fantasma, l’ombra distante di chi era, ancora innamorato. Dopo la morte della moglie, avvenuta ormai oltre dieci anni fa, mio zio non ha mai rinunciato alla felicità d’un nuovo amore, una gioia ritrovata pochi anni dopo grazie ad un circolo per anziani (mio zio a 80 anni più capace di me a 35 ma vabbè). I figli non gli hanno mai perdonato la voglia di continuare a vivere e amare, così quando s’è ammalato hanno sbattuto fuori la compagna e le hanno intimato di non farsi più vedere (questioni d’eredità, immagino). Lui perciò ogni giorno fugge a passettini dal suo letto per andare a trovare la donna che ama. L’ho scortato per un pezzo, affinché nessuno lo fermasse. Meritiamo tutti l’amore, l’arcana malia d’amare ed essere amati - niente di più raro - e mentre lo guardo allontanarsi all’orizzonte, a passi lenti e ostinati, mi chiedo infinitamente stanco se in fondo in fondo lo merito anch’io o se sarò sempre destinato a vivere di briciole e scarti, ringraziando del disturbo.  
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vividiste · 5 months
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😪😪😪😪😪
La prima notte urlano di dolore, abbaiano tanto da singhiozzare, smettono di mangiare e non esiste coperta né abbraccio che possa farli smettere di tremare. Le chiamano "cessioni", ma altro non sono che abbandoni alternativi che finiscono con "altrimenti sono costretto a portarlo in canile".
Cani anziani e malati che non sanno dove sono, come ci sono arrivati e soprattutto non capiscono perché. E mentre loro si disperano penso a quelli che mandate in canile per davvero dove di notte non c'è nessuno a dire loro che va tutto bene, che non devono avere paura. Dove possono sgolarsi e abbaiare all'infinito perché tanto nessuno li sente.
Dove il dolore uccide come il veleno e quel "non posso più" li spegne un poco alla volta.
Dove per avere un antidoto al dolore bisogna solo avere fortuna e la fortuna lo sappiamo tutti è cosa rara.
Sono stanca, siamo stanchi tutti.
Stanchi di quei "non posso" che fanno maledettamente male.
Non a me, non a voi.
Fanno male a loro che non sanno che farsene di una lista infinita di giustificazioni.
Forse un giorno impareremo anche noi a sentire le cose un po' come le sentono loro.
Forse basterebbe solo non dimenticare che un cane per noi si tufferebbe in mare anche se ha paura dell'acqua, smette di mangiare se sente la nostra mancanza, si farebbe uccidere pur di proteggere la sua famiglia e ci perdonerebbe anche le cose peggiori, cose dolorose come un abbandono alla fine di una vita intera.
Un cane non direbbe mai "non posso", nonostante tutto e fino alla fine.
Forse un giorno lo capiremo. O forse no.
Forse semplicemente dovremmo prima provarli certi dispiaceri, e quando sarà dovremmo augurarci di essere tanto fortunati da avere qualcuno al nostro fianco che non ci dica "mi dispiace, ma non posso".
Scritto da
Debora Rizzo .
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finestradifronte · 3 months
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Grazie Lapini sei l'unico rimasto a fare con le tue foto una narrazione realistica di ciò che accade. Il TG3 regionale fascio leghista doc ha dedicato 30 secondi netti al presidio dopo 5 sulla uno bianca e a seguire altri 5 alle attività nelle case di riposo per anziani per finire con un servizio infinito sulla vittoria del Bologna Ha fatto vedere immagini insensate, ha bollato tutto come "scontri " ha ridotto il comunicato ad un bignami , traslando il nome del comitato promotore ha etichettato il presidio come partecipato da fantomatici giovani palestinesi . Certo una picevole sorpresa che Bologna sia abitata da tanti giovani palestinesi! Ricordiamoci che con un'informazione libera la politica si guarderebbe bene di fare quello che fa. Non bastano i presidi bisogna smettere di guardarla questa RAI e pure il resto della tv. Da liceale ho approfondito molto gli studi e letture sull'Olocausto e spesso mi sono chiesta come il mondo potesse essere stato a guardare pur sapendo ora lo so, l'ho capito anche troppo bene. Il popolo palestinese è sulla coscienza di ognuno di noi. Ricordiamocelo domattina quando ci guardiamo allo specchio. Sentiamocela tutta la responsabilità quando dopo le veline di nonna Mara Venier riaccendiamo la TV e paghiamo il canone.
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likarotarublogger · 2 months
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Una delle città sotterranee più grandi del mondo è stata scoperta in Turchina
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Gli archeologi hanno visto che questa rete sotterranea in Cappadocia copre un’area molto più vasta di quella conosciuta finora.
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Città sotterranee, in Turchia è una stata scoperta una delle più grandi e avanzate del mondo.
Sotto la superficie delle strade in alcune zone della Turchia, una rete di tunnel ospitava un tempo migliaia di abitanti in cerca di riparo, in fuga dagli invasori e dalle persecuzioni religiose. Il Paese è noto per le sue città sotterranee, in particolare la grande città di Derinkuyu, che poteva ospitare oltre 20.000 persone. Sebbene non sia stato ancora completamente scavato, i dati attuali indicano che l’insediamento di 11 piani misura circa 185 metri quadrati, con un potenziale di oltre 465 metri quadrati ancora inesplorati. Ma c’è una novità: da quest’estate, gli archeologi che stanno studiando un sito a circa 240 km a ovest dell’antico santuario sotterraneo ritengono di aver portato alla luce una delle città sotterranee più grandi e più avanzate finora realizzate. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa turca Anadolu, la rete di stanze e corridoi sotterranei, nota come Sarayini, si estende su una superficie di quasi 20.000 metri quadrati.
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Al di sotto dell’attuale quartiere di Sarayonu, nell’area metropolitana turca di Konya, un labirinto di 30 camere è dotato di camini, magazzini, cantine e pozzi. Secondo quanto riferito, la rete a più livelli risale all’ottavo secolo. Hasan Uğuz, l’archeologo del Museo di Konya che dirige gli scavi, ha dichiarato che le squadre che lavorano sul posto non si aspettavano che l’insediamento coprisse un territorio così esteso. Oltre alle numerose stanze e sale, un passaggio particolarmente ampio è stato descritto come una sorta di “strada principale”. Le aree all’interno della struttura sono paragonate a palazzi per il grande comfort e per l’alta qualità della vita che la rete era in grado di sostenere, ben lontana quindi dall’idea di caverna primitiva che potremmo immaginare quando parliamo di abitazioni sotterranee. Il carattere raffinato dello spazio gli è valso il nome di Sarayini, che in turco significa, appunto, “palazzo”.
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Non pensavamo che potesse estendersi su un’area così vasta”, ha dichiarato Uğuz all’agenzia Anadolu lo scorso agosto. “Gli anziani che vivono qui hanno detto di aver visitato questo luogo quando erano bambini e che si trattava di una città sotterranea molto estesa”. Uğuz ritiene che i lavori di scavo di quest’anno abbiano fatto la differenza nel determinare quanto fosse grande la città sotterranea.
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Tra gli oggetti recuperati durante gli scavi ci sono ossa di animali e supporti per lampade. In una stanza particolare della rete sono stati trovati un tamburo a colonna e un oggetto posizionato come una pietra tombale.
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I lavori di scavo a Sarayini sono in corso da due anni. Molte delle antiche città sotterranee portate alla luce in Turchia sono state scoperte solo negli ultimi anni e la maggior parte non è stata ancora esplorata a fondo. Studi preliminari hanno indicato che un complesso sotterraneo trovato nella regione turca di Neveshir potrebbe essere addirittura ancor più grande sia di Derinkuyu che di Sarayini, anche se gli archeologi non hanno ancora un quadro completo del sito. Poiché le città sotterranee vicine a Sarayini distano tra i 5 e i 12 km, sono in corso ricerche per stabilire se i complessi possano essere collegati tra loro.
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Elena Rodica Rotaru( blogger) insieme a Resul Aygün imprenditore e guida turistica a Cappadocia Turchia 🇹🇷.
“Un'esperienza molto bella, un posto unico al mondo. Sono rimasto affascinato da queste grotte sotterranee dove l'uomo ha vissuto per migliaia di anni. Posti bellissimi da visitare, invito tutti coloro che amano l'arte sotterranea a visitare questi musei in Cappadocia.”
Voglio ringraziare la mia guida Resul Aygün che mi ha aiutato in ogni momento di questi 3 mesi insieme qui in Cappadocia per realizzare qualche documentari …
Cappadocia è un posto magico!Elena Rodica Rotaru
Articolo di @likarotarublogger @elenarodicarotaru-blog
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ecleptica · 2 months
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Credi fermamente in qualcosa?
Nell’amore.
O con amore o con niente perché per me l’amore è tutto.
È il motivo per cui ti alzi la mattina. È ciò che ti smuove, che rende una persona,una cosa,una situazione, intensa,interessante, bella. È la poesia nel guardare un paesaggio, i colori dell’alba, i suoni del mondo, i gesti degli anziani. È il motivo per cui la vita vale la pena di esser vissuta, e vista, e esplorata. L’amore è l’unica cosa che per me conta, la gentilezza, l’esser trasparenti, il saper apprezzare.L’amore dovremmo metterlo ovunque, in quel che facciamo, che diciamo, nelle persone di cui ci circondiamo, nel cibo che mangiamo, nella terra su cui camminiamo. Oppure nulla ha senso. Senza amore non c’è perché. Non c’è commozione o verità. Senza amore non c’è vita.
Amate.
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matapetre · 1 year
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GLI ANZIANI
"Siamo nati nel 40-50-60".
"Siamo cresciuti negli anni 50-60-70".
"Abbiamo studiato negli anni 60-70-80".
"Ci frequentavamo negli anni 70-80-90."
"Ci siamo sposati e abbiamo scoperto il mondo negli anni 70-80-90".
Ci avventurammo nell'80-90.
Ci stabilizzammo negli anni 2000.
"Siamo diventati più saggi negli anni 2010".
E stiamo andando con decisione verso ill 2030.
"Si scopre che abbiamo vissuto OTTO decadi diverse..."
"DUE secoli diversi..."
DUE millenni diversi...
"Siamo passati dal telefono con operatore per le chiamate interurbane alle videochiamate in qualsiasi parte del mondo, siamo passati dai cinema a YouTube, dai dischi in vinile alla musica online, dalle lettere scritte a mano alle email e WhatsApp".
"Dalle partite in diretta alla radio, alla TV in bianco e nero, e poi alla TV HD".
Siamo andati al Video Club e ora guardiamo Netflix.
"Abbiamo conosciuto i primi computer, schede perforate, dischetti e ora abbiamo gigabyte e megabyte in mano sui nostri telefoni cellulari e IPad".
Indossammo pantaloncini per tutta la nostra infanzia e poi pantaloni lunghi, stringate, bermuda, ecc.
"Abbiamo evitato la paralisi infantile, la meningite, l'influenza H1N1 e ora il COVID-19".
Abbiamo guidato su pattini, tricicli, auto inventate, biciclette, motorini, auto a benzina o diesel e ora guidiamo ibridi o elettrici al 100%.
"Sì, ne abbiamo passate tante ma che bella vita abbiamo avuto!"
Potrebbero classificarci come “essenziali”; persone nate in quel mondo degli anni Cinquanta, che hanno avuto un'infanzia analogica e un'età adulta digitale.
"Siamo una specie di "Yaa seen-it-all - già visto tutto "
La nostra generazione ha letteralmente vissuto e testimoniato più di ogni altra in ogni dimensione della vita.
È la nostra generazione che si è letteralmente adattata al “CAMBIAMENTO”.
Un grande applauso a tutti i membri di una generazione molto speciale, che sarà UNICA".
*🏹🏹*IL TEMPO NON SI FERMA*
"La vita è un compito che ci siamo portati a fare a casa._
Quando guardi... sono già le sei del pomeriggio; quando guardi... è già venerdì; quando si guarda... il mese è finito, quando si guarda... l'anno è finito; quando si guarda... sono passati 50, 60 e 70 anni!
Quando guardi... non sappiamo più dove sono i nostri amici.
Quando guardi... abbiamo perso l'amore della nostra vita e ora è troppo tardi per tornare indietro.
Non smettere di fare qualcosa che ti piace per mancanza di tempo.
Non smettere di avere qualcuno al tuo fianco, perché i tuoi figli presto non saranno tuoi e dovrai fare qualcosa con quel tempo rimanente, dove l'unica cosa che ci mancherà sarà lo spazio che può essere goduto solo con i soliti amici. Quel tempo che, purtroppo, non torna mai..."
È necessario eliminare il "DOPO"...
"DOPO"...
Ti chiamerò.
"DOPO"...
Io faccio.
"DOPO"...
lo dico.
"DOPO"...
Io cambio.
Lasciamo tutto per *Dopo*,
come se il *Dopo*
fosse migliore...
Perché non lo capiamo...
"DOPO"...
il caffè si raffredda
"DOPO"...
la priorità cambia,
"DOPO"...
il fascino è perso
"DOPO"...
presto si trasforma in tardi,
"DOPO"...
la nostalgia passa,
"DOPO"...
le cose cambiano,
"DOPO"...
i bambini crescono
"DOPO"...
la gente invecchia,
"DOPO"...
il giorno è notte,
"DOPO"...
la vita è finita
Non lasciare niente per *Dopo*,
perché in attesa del *Dopo*,
puoi perdere
i migliori momenti,
le migliori esperienze,
i migliori amici,
i più grandi amori.
Ricorda che *Dopo* potrebbe essere tardi.
*Il giorno è oggi!*
*NON SIAMO PIÙ IN UN'ETÀ PER RIMANDARE NULLA.*
Spero che tu abbia tempo per leggere e poi condividere questo messaggio... oppure lascialo per *Dopo* e vedrai che non lo condividerai mai!
Sempre insieme
Sempre uniti
Sempre Fratelli
Sempre amici
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der-papero · 7 months
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Ieri sera sono andato a un grandissimo sfrangimento di coglioni chiamato "concerto jazz" (no, non lo sapevo che fosse un concerto jazz ed è stata in ogni caso la mia prima volta, quindi mi sono concesso il beneficio del dubbio, che si è trasformato in una attesa confermata).
Nulla contro il jazz, intendiamoci, non lo capisco (tradotto: mi rifiuto di capirlo), ognuno a casa sua.
Ad ogni modo, ho vissuto dopo decenni quell'aria che si viveva nei circoli di sinistra che frequentavo all'Uni, circoli che, diciamocela tutta, di fondo odiavo. Erano pieni di persone che, per quanto elaborato fosse il loro pensiero, dedotti tutti i contesti si poteva riassumere in un
se non la pensi così, sei un ignorante
senza argomenti, senza che ti spiegassero perché.
Io adoravo andare a quelli degli anziani, quelli sì che la lotta la facevano sul serio. Tra loro c'era anche il preside del mio liceo, una persona che, seppur senza contatti, mi ha insegnato tanto. Gente che la famosa "catena di montaggio", la famosa "piazza", le avevano provate davvero, sapeva davvero cosa fosse uno sciopero, una lotta portata avanti per anni, c'era tutto un ventaglio di classe sociali, dall'operaio al professore blasonato, e nelle loro assemblee erano tutti sullo stesso piano, non contava quanti congiuntivi infilavi, era l'idea che c'era dietro che pesava, gente che aveva imparato le cose semplicemente capendo quanto vale il pane che portava a casa.
E invece poi mi toccava essere circondato da tutti questi stronzi col culo al caldo e la paghetta del papà, per carità, avevano letto centinaia di libri (tempo speso bene, direi), ma non sapevano dirti la differenza tra un diritto del lavoro e una lampadina, tutti futuri Elly Schlein, per intenderci (non ce l'ho con Elly in sé, ma con l'immagine che rappresenta). M'avessero mai insegnato qualcosa davvero di sinistra che fosse una, gente che campava unicamente di autoreferenzialità.
Ieri sera il locale era composto da una minoranza che amava il jazz, una maggioranza che faceva finta di capirlo per non apparire cogliona, e infine quattro anime in pena come la mia, che si chiedevano "che cazzo ci faccio qui?". Ecco, quella roba dei circoli, insomma.
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ilpianistasultetto · 4 months
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Quando ero piccolo, le lettere che il maestro scriveva sulla lavagna le vedevo enormi. Quel gesso che roteava tra le sue mani sembrava non finisse mai di scivolare su quella sfoglia nera. La O dava l'impressione che avesse il diametro di una vecchia quercia, la I piu' lunga del collo di una giraffa. La F sembrava un ghirigori di ricci e curve. Poi si cresce, si diventa adulti e di frasi composte da quelle lettere ne ascolti centinaia e centinaia al giorno. Le ascolti e ti chiedi sempre quanto siano vere, sincere, vergini. Passano gli anni e piano piano impari a prendere le parole con le molle, a vederle sempre piu' piccole e capisci che preferisci piu' i fatti a quei suoni che escono dalle bocche. Il mondo dovrebbe essere muto, dovrebbero dominare i gesti. Aprire un portafogli e tirare fuori una banconota per un povero; giocare in un parco con i figli, un bacio alla persona che si ama, una carezza per i propri anziani, un gesto cortese verso chi s'incontra. Ecco, piu' che dire... dimostrare. @ilpianistasultetto
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superfuji · 8 months
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Sono un trentacinquenne e sono di sinistra. Come per i miei coetanei e per le generazioni successive, l’ideologia è stata ereditata o plasmata sui canoni di un secolo passato. Da quando sono nato, gli unici esponenti del PD o dell’Ulivo ad aver conquistato Palazzo Chigi sono stati dei centristi spostati a sinistra per necessità o per sopravvivenza politica. Due volte Romano Prodi (più di trent’anni di Democrazia Cristiana), Enrico Letta (Democrazia Cristiana e poi Margherita), e Matteo Renzi (Partito Popolare Italiano, epigono della DC, Margherita e adesso di nuovo al centro). Sono stati traghettatori per breve tempo anche Massimo D’Alema, figura di spicco del tafazzismo di sinistra, e Paolo Gentiloni, tra i fondatori della Margherita. Tecnicamente, da più di trent’anni abbiamo una sinistra fantasma o simulacro e, di conseguenza, diverse generazioni di elettori che non hanno una vera e propria rappresentanza politica e che si sono presentati alle urne per non far vincere gli altri (spesso Berlusconi) o non si sono presentati affatto, come dimostra l’astensionismo galoppante.
Forse, riformulando l’incipit, è dunque giusto dire che sono un trentacinquenne e sono di sinistra per sentito dire. Per anni, il centrosinistra è sopravvissuto per inerzia autoproclamandosi erede dell’esperienza di Enrico Berlinguer, ma in modo improprio. I fasti di quell’epoca, quando i comizi del leader del Partito Comunista Italiano erano seguiti in piazza da folle oceaniche, non solo non sono stati replicati nel presente, ma hanno subìto il tradimento di chi ha mollato la classe operaia e in generale i ceti meno abbienti. Il centrosinistra, e in particolar modo il PD, adesso sta tastando con mano il mancato riciclo elettorale. Gli ex comunisti che dopo il 1994 hanno continuato a votare a sinistra per tentare di arginare l’ascesa berlusconiana, ovvero gli anziani che nei decenni scorsi presenziavano alle sempre più sguarnite feste dell’Unità, adesso non ci sono più e i loro figli – o ancora meglio nipoti – si possono dividere in due schieramenti: quelli che hanno mantenuto un’identità di sinistra pur senza ritrovarla nei nuovi rappresentanti e quelli che hanno chiuso il libro di Storia, lasciandosi magari ammaliare dai cavalli vincenti del momento, spostandosi dal Movimento Cinque Stelle a Salvini e Meloni con la leggerezza delle banderuole. Tra i membri del primo schieramento c’è proprio chi per anni ha continuato a votare a sinistra tappandosi il naso, per il classico paradigma del male minore, e chi alle urne ha preferito le spiagge, consegnandosi alla disillusione.
PER RIDARE FORZA ALLE ISTANZE PROGRESSISTE SERVE CHIEDERSI COSA SIGNIFICHI, OGGI, ESSERE DI SINISTRA
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