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#mercatino dei libri usati
marcogiovenale · 1 year
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11 marzo 2023, nuovo mercatino di libri (non nuovi e nuovi) allo studio campo boario
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firkloverr · 4 months
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l'amichetta della proprietaria del mercatino dei libri usati mi ha detto "come sei bella" quindi oggi sono felice
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a-tarassia · 2 years
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I quaderni
Qualche settimana fa siamo andati al mercatino di Assago, se non lo conoscete è un grande mercatino di cianfrusaglie in cui ci si può trovare di tutto con un po’ di fortuna e pazienza, con di tutto intendo proprio di tutto. Io precisamente sto cercando un bacino di manichino maschio, dorato o comunque da verniciare in oro, mi serve assolutamente come soprammobile, poi comunque quando si va troviamo altre mille cose altrettanto inutili, ma che non avremmo mai desiderato avere se non le avessimo viste, quando però le vediamo ci chiediamo come abbiamo mai potuto fare senza, tipo l’ultimo ritrovamento. Praticamente andare ad Assago è come fare una caccia al tesoro e se sei scaltro abbastanza paghi pressoché nulla e ti riempi la casa in un attimo tant’è che dopo una frequentazione abbastanza assidua negli anni passati adesso abbiamo diradato le visite visto che, nonostante la metratura elevata, stavamo riempiendoci casa di cose fantastiche ed ingombranti. Un po’ di domeniche fa andiamo dopo tanto tempo e giriamo a caso, senza alcuno scopo, avevamo una lista di cose che ci sarebbero servite effettivamente, tipo un porta bottiglie di vino, ma eravamo anche aperti a sorprese e quindi con calma camminavamo tra le bancarelle prendendo in mano cose che ispiravano dubbi e portavano malattie sconosciute, essendo che c’è gente che raccatta anche reliquie dalle scatole allagate della cantina e le espone senza nemmeno soffiarci sopra, ci sono contenitori dell’anteguerra pieni di cose che nessuno ha mai osato toccare che potrebbero ancora avere tracce di colera, confesso di esserci andata anche durante il covid dico intanto che cacciano fuori un vaccino io provo altri anticorpi non si sa mai.. Arriviamo ad una delle solite bancarelle di libri usati, mangiati, ricoperti di muschio e ci fermiamo anche se avevo fatto voto di non comprare più libri che ne ho troppi da leggere, ma vengo attratta da qualcosa che non erano libri, bensì: quaderni. Quaderni usati, molto datati, di un’altra epoca addirittura antecedente alla mia, quindi parliamo di antichità, reperti archeologici quasi. Ne apro uno era della terza elementare, all’interno c’erano dei dettati con le correzioni rosse su una grafia impeccabile, dettati che parlavano di famiglia, dell’importanza del pane, del grano e ad un certo punto dell’importanza del duce. Wait. Mi ricordo che alle elementari mettevamo la data sull’intestazione e mi metto a cercarla tra le pagine, ne trovo una: Milano, 13 Novembre 1938. Wait. Luca! Il quaderno è del periodo del fascismo! Cercane altri, quanto vengono? Un euro l’uno. Ok. Rovistiamo la pila, ci sono più di una decina di quaderni dello stesso bambino a partire dalla prima elementare (1936) fino alla prima media, di diverse materie, apriamo, leggiamo, dettato sulla marcia su Roma ogni anno uno nei giorni in cui cade l’anniversario. Temi sul freddo e la mancanza di carbone e legna. Temi su amici di famiglia e vicini che chiedono supporto economico perché poveri, niente accenni alla guerra, facciamo una cernita, prendiamo solo quelli di italiano e lasciamo lì aritmetica e geografia e prendiamo un quaderno solo perché la copertina ha una stampa di propaganda fascista. Mentre venivo via leggo con calma il nome del bambino i cui quaderni erano tenuti così bene, nome che avevo intravisto, ma essendo insolito non avevo avuto modo di imprimere bene, lo leggo con calma e, ok, è ebreo, sicuro è ebreo. Luca, i quaderni sono un bimbo ebreo, ne sono certa. Adesso, devo confessare che la sensazione che ho provato umanamente è stata quella di sentirmi in colpa, subito, mi sono sentita come se violassi la privacy di qualcuno che chiaramente non c’è più solo per il piacere di sapere di più, di immergermi in qualcosa di così lontano, ma tanto insito in noi, un elemento della nostra cultura che però non appartiene al quotidiano, un qualcosa che mi ha formato, ma che non ho vissuto, visto, toccato grazia al cielo con mano, mi sentivo come se lo stessi facendo sulla sua pelle e mi sono sentita in colpa. Ne avevo presi sette e una volta a casa li leggo tutti. Nei quaderni nessun accenno alla guerra, nessuno, erano quaderni di un bimbo, negli anni precedenti a quella che fu la vera guerra in Italia, quando abbiamo combattuto nelle città e nei paesi e anni in cui chiaramente non c’erano più quaderni da scrivere, ovvero dalla sua seconda media in poi. Il bimbo ha frequentato la prima media nel 1941, ma ho scoperto col tempo e tramite ricerche, che già poco dopo dovette nascondersi per evitare la deportazione. In una delle cronache che scrive lui stesso, le cronache erano i temi/diario che componevano come compito alle medie e in cui raccontavano la loro quotidianità, in una di queste cronache racconta di un suo amico che dovette salutare, chissà se per sempre perchè sarebbe stato deportato come il padre che già era via da qualche anno, “chissà quanto starà via, magari anche per sempre” scrive. La scrittura da impeccabile che era all’inizio delle elementari diventa trascurata e sempre più piccola, gli errori aumentano, quasi certamente alle medie le insegnanti erano più severe e le tematiche col tempo si fanno più inquiete, l’animo cresce e il bimbo si fa più domande, più problemi, vede di più. Nei dettati i richiami al fascismo erano più frequenti, mentre nei temi non ne parlava mai, parla della madre e della sorella, ma non del padre e comunque apparteneva ad una famiglia certamente benestante e frequentava una scuola in cui festeggiavano le ricorrenze ebree o anche quelle ricorrenze. Ho cercato il nome del bimbo su internet e l’ho trovato, era un esponente importante della comunità ebraica di Milano, finchè non è morto, non credo avesse figli, poi infine quando è morta anche la moglie qualche anno fa evidentemente hanno disposto di sgomberare casa e i quaderni erano al mercato di Assago su una bancarella e adesso a casa mia. So, that is how life goes I suppose.
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marcel-lo-zingaro · 6 months
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una delle più grandi inculate della storia recente è "Librokilo", una manifestazione itinerante ufficialmente nata per svendere i libri di resa altrimenti destinati al macero.
Questa prassi comincia a diffondersi rapidamente tanto da essere stata adottata anche da alcune librerie indipendenti, le quali raccolgono anche libri usati ma ancora in ottime condizioni ( nessuno legge, difficile rovinare un libro) e dopo accurata selezione mettono in vendita al prezzissimo di 10€ al kg.
Sembra un affarone, in realtà è una grande inculata. Ora, stante che non mettono in vendita a peso di certo i libri di pregio, ci ritroviamo con una mega offerta dei cosiddetti "volumi da autogrill", negli autogrill difatti si trovano spesso e volentieri libracci di poco conto con argomentazioni trite e ritrite e comunque in edizione vetusta, in genere alla modica cifra di 9,99€ a pezzo.
Sono i soliti libri del cazzo che si possono trovare ad un qualsiasi mercatino dell' usato al costo di 1€, autori superpubblicizzati, chesso', come Wilbur Smith o ken Follet, i quali vengono stampati in quantità astronomiche ma hanno alle spalle un servizio di distribuzione che li disperde in tutti i megastore della GDO.
Ecco, una volta compreso questo, ovvero, che di certo non troverete il libro raro in queste offerte, passiamo al senso pratico: un romanzo pesa mediamente 700 grammi, ciò vuol dire che lo pagherete 7€ ( magari il suo prezzo di copertina è di 16,90) e voi tornerete a casa convinti di aver fatto il colpaccio del secolo, ergo: fessi e contenti.
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lamilanomagazine · 10 months
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Vicenza: mercatino del libro usato in Bertoliana, dal 10 al 21 luglio oltre 650 volumi in vendita
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Vicenza: mercatino del libro usato in Bertoliana, dal 10 al 21 luglio oltre 650 volumi in vendita. Da lunedì 10 a venerdì 21 luglio, dalle 15.30 alle 18.30, nei locali al piano terra di Palazzo Cordellina (contra’ Riale 12), a Vicenza, torna l’appuntamento con il mercatino dei libri usati della Biblioteca Bertoliana. Saranno proposti oltre 650 volumi di letteratura, religione, storia, storia locale vicentina e narrativa, oltre ad alcune opere di carattere generale e grande formato, e molti cataloghi d'arte. Proprio i libri di storia dell’arte costituiranno la cifra di questa edizione del mercatino: saranno infatti proposti numerosi cataloghi di mostre nazionali e locali, saggistica di interesse e argomento artistico, e alcune guide di località archeologiche. Novità di quest’anno infine la presenza di film in dvd del genere commedia contemporanea in lingua originale inglese. La maggior parte dei libri – molti frutto di donazioni - sarà acquistabile ad offerta libera a partire da 1 euro. Gli altri a 5 o a 10 euro, a seconda dei bollini colorati che presenteranno sul dorso. Solo una piccola parte, infine, potrà avere un prezzo maggiore, in ragione della qualità e della rarità dell’opera. La Biblioteca Bertoliana sosterrà con gli introiti del mercatino di libri la Biblioteca Manfrediana di Faenza, una delle biblioteche più colpite dall’alluvione romagnola, dov’è andata perduta la sezione dei libri per ragazzi. Sarà pertanto un’occasione importante per la Bertoliana e per Vicenza per sostenere concretamente la biblioteca di Faenza, consentendole l’acquisto di nuovi libri che possano andare a rinforzare un patrimonio irrimediabilmente perso. Il mercatino di libri usati si inserisce quest’anno all’interno di importanti progetti culturali che nei mesi di giugno e luglio coinvolgono la Bertoliana e il settecentesco Palazzo Cordellina. Il cortile – da poco riqualificato per iniziativa del Rotary Club Vicenza e grazie al lavoro di squadra di numerosi attori, tra associazioni, artisti, aziende e volontari – resterà aperto per quanti vorranno leggere seduti sulle panchine d’artista realizzate da Manuela Bedeschi. Lo spazio interno di 600 metri quadrati offre oggi la possibilità di una gradevole sosta tra alberi, ortensie a foglia di quercia e alte canne di bambù. Nelle due settimane di mercatino, nella sala Caffetteria al piano terra del Palazzo è visitabile la quinta edizione della mostra internazionale d'illustrazioni per l'infanzia /e.mò.ti.con/ Illustra l’emozione de La Piccionaia - che quest'anno porta il titolo “Atlante dei desideri” - frutto della selezione di 30 illustrazioni scelte tra 226 opere realizzate da 113 artisti under35 di diversi Paesi, lavorando sui temi del sogno, del desiderio e dell'utopia (maggiori informazioni). Dal 18 al 20 luglio il Palazzo ospita poi nella sala Udienze la residenza artistica 2023 dell’associazione culturale Bacan. Ispirati dalle “Lezioni americane” di Italo Calvino, di cui quest’anno si celebrano i 100 anni dalla nascita, quattro musicisti under 35, guidati da un esperto, lavoreranno a improvvisazioni che restituiranno in un concerto finale previsto per giovedì 20 luglio alle 18 nel giardino di Palazzo Cordellina.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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affascinailtuocuore · 11 months
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W. Allen-MANHATTAN, dal copione al film, al cassetto della memoria.
Al mercatino dei libri usati della Casa delle donne di Padova un libro sottile, dalla carta granulosa attira la mia attenzione: Manhattan di Woody Allen. In copertina le silohuettes di Mary e Ike, seduti ad ammirare il risvegliarsi del giorno, proprio come nella locandina del film. Un’immagine iconica che riassume un’atmosfera potente e indimenticabile. “Ragazzi, questa è davvero una grande…
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abatelunare · 3 years
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Sezione libri usati
Vado sul sito di un mercatino dell’usato. Frugo un po’ fra gli articoli disponibili. A me interessa - ovviamente - la sezione dei libri. Ne trovo alcuni che mi interessano molto. E altri che mi interessano meno. Ne prendo nota. Vado fisicamente al mercatino. Quelli che mi interessano meno ci sono tutti. Quelli che mi interessano molto: 1) Ci sono. 2) Non ci sono più, perché probabilmente li hanno venduti. 3) Ci sono, ma sono molto meno interessanti di quanto sembrassero. La casistica più frequente è la seconda. Ovviamente.
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Hai indossato la maglia che ti piace tanto ma ti fa il viso più tondo, è colpa del dolcevita, lo sapevi quando lo hai trovato nascosto nell'ammasso di abiti della bancarella, ma è così piacevole sulla pelle quel tessuto che non hai resistito e oggi è il giorno giusto, c'è il blocco al traffico persone, non ci si tocca, non ci si incontra, si evita lo sguardo, si ha "timore"... si è prigionieri, liberi da giudizi, anche loro sospesi per Covid...
Passeggi. Il mare è in tempesta, dicono arrivi il freddo, menomale pensi, quest'isola non ha mai freddo e sinceramente per te che vieni dal centro, dalle colline, e ogni anno aspettavi il Natale per vedere quel manto bianco coprire ogni cosa, speri davvero in un'ondata polare a rinfrescare l'ambiente sempre più bollente.
Con la neve anche il più logoro, arrugginito pezzo di ferraglia, buttato all'angolo della strada, diventa una forma di magia.
Compri da sempre gli abiti usati, scegliendo con cura i tessuti migliori, non sintetici, con ancora l'etichetta, alcuni sembrano nuovi, perché buttarli e perché non comprarli, visto che altrimenti potresti permetterti solo tessuti scarsi e senza personalità.
Il tuo primo mercato fu a Sabaudia, avevi 16 anni quando rovistavi tra quelle montagne di stoffa e nessuno ha mai capito fossero vestiti di seconda mano, anzi li hai sempre sorpresi nel confessare l'ultimo mercatino passato in rassegna. Chiaramente eviti rigorosamente l'intimo e le scarpe, sono difficili da igienizzare e ti fanno un po' senso...
Tira vento forte e sei rientrata da venti minuti, non hai molta fame ma comincia a farsi tardi per pranzare e se non rispetti l'orario, sai bene che cominceresti a spiluccare schifezze tutto il giorno, per coprire il vuoto che creerà l'aver saltato il pasto principale. Fai bollire l'acqua e ti prepari un piatto di ravioli alla zucca e parmigiano, conditi con burro senza lattosio (dopo gli anta cominciano i problemi, meglio evitarli) e salvia del tuo terrazzo.
Le aromatiche, che fanno rima con romantiche, sono l'emergenza ai fastidi della pelle, del sonno, delle infezioni alle vie respiratorie e tanto altro, meglio non farle mancare. La tua casa ha un po' l'aspetto di un'erboristeria antica, vasetti candele, fiori secchi, profumi, legno, colori, essenze... presenze.
Ci sono periodi in cui si è più attenti agli aromi, ai sapori, agli odori e sai il perché: Si corre troppo, tutti, per tanti motivi, per lavoro, per la scuola, per appuntamenti vari, per compere, per gestire la casa, i figli. Tutto si riduce agli orari, si corre per mancanza di tempo, fino a quando si impara che ogni qualvolta una festa, gli scioperi, una malattia, un impedimento, un virus mondiale, ferma questa corsa, riesci a pensare a te, a ritrovare l'armonia con le cose che ami, la famiglia.
Quanti stop hai perso senza apprezzarli, senza festeggiare l'istante, i dieci minuti, come quelli di Chiara. L'avete letto? Fatelo!
Si misura il tempo solo quando si ha fretta, l'altro, quello importante, di solito passa senza osservarlo. Hai imparato a farci caso, a non perderlo, a farci amicizia e ora sai che ti aspetta, lo ritrovi nelle pause, nei gesti lenti della mattina appena alzata, ti svegli prima apposta, nel dopo pranzo, permettendo ai minuti di allungarsi fino all'ultimo, al ritorno a lavoro, passeggiando al sole sotto l'ufficio, guardando più in profondità quello che ti circonda, e non sono vetrine o programmi in tv, ma i cieli, il mare, le case delle persone, cosa nasconde un balcone, una porta, un angolo di strada, lo sguardo di un passante, un gabbiano, uno scoglio... Hai cominciato ad ascoltare libri perché ne hai persi troppi per colpa del tempo, leggere è un regalo per pochi, l'ultima volta ci è voluto il Covid per completare "l'Alchimista".
Che spettacolo leggere, passare le dita sui fogli, sottolineare quel pensiero che diventa tuo, mettere il segno... Il tuo è in legno, con un gufo dipinto che esce dalle pagine a richiamare dove l'hai lasciato. Lo chiami l'altro mondo, quello delle scoperte infinite, dove sai ti aprirai la porta, dove ti troverai, dove c'è tempo, per tutto, per sempre.
Come al solito fai tanti progetti per quando ti fermerai a rubare al tempo il tuo spazio, ma ti perdi a scriverlo invece di metterlo in pratica. Sospetto che ti piaccia più l'immaginazione della realtà. Vivi in due paralleli, il "reale" con i suoi sorrisi, i movimenti meccanici, gli amici, le golosità, i conti, i totali, le sottrazioni, e "l'immaginario" quello dei vorrei, i farò, la contemplazione, le indagini infinite che non hanno mai gli stessi risultati, i sogni, quella persona, le cose, la tua bellezza, i tuoi difetti e non sono mai gli uni il contrario dell'altra.
_Rossella
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Photo in Donnalucata-Sicilia
"un ricordo"
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ethicalreading · 3 years
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Non vuoi dare i tuoi soldi a un autore che scrive storie meravigliose ma allo stesso tempo non condivide i tuoi stessi valori etici e morali?
La soluzione è semplice: comprando libri usati da un mercatino o scambiandoli con altre persone puoi evitare di foraggiare l’autore dei tuoi racconti preferiti senza però dover rinunciare al piacere della lettura. 
In alternativa, se ti stai approcciando ad un nuovo racconto, puoi fare una piccola ricerca su chi si cela dietro il libro che stai comprando: è una persona onesta? Rispetta il lavoro dei collaboratori? Oppure si è comportato/a in maniera poco esemplare in determinate situazioni? A volte, scavando un pochino più a fondo, si scoprono aspetti a cui non si aveva prestato attenzione in precedenza e si può cercare di fare ammenda per l’autore, adottando i comportamenti elencati sopra.
E inoltre, ricorda che comprando libri usati aiuti anche l’ambiente!🌿
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waitthetimeyouneed · 4 years
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Mercato
Mi piace il mercato. È un riverbero di gente e di quotidianità che mi manca troppo spesso. Gente che parla, che ride, che chiede al venditore “ce l’ha di questo colore?”. Mi sento molto più a mio agio che andare per negozi. Mi piacciono i mercatini. Di qualsiasi tipo essi siano. Sono divertenti perché assumono, oltre che colori, anche odori differenti: dall'odore dolce e succoso delle bancherelle della frutta che brillano soprattutto di colori come giallo, rosso e verde, a quello zuccheroso di dolci e torroni, dove la predominanza appartiene al bianco e al marrone. Quello che preferisco in assoluto è l’odore di carta antica dei mercatini dei libri usati, un simpatico color caffè che impreziosisce le pagine. Potrei perdermici per ore e ore e non soltanto per quell'odore di fogli fascicolati insieme e rimasti chiusi per tanto tempo ma semplicemente per quei piccoli mondi, venduti ad un prezzo irrisorio, che giacciono dimenticati sopra dei tavoloni di legno o dentro degli scatoloni dall'aria consumata. Ecco quello è parte del mio mondo. Potrei restare giornate intere a rovistare in ogni angolo alla scoperta di un mondo nuovo pronto ad accogliermi. Potrei perdermici, nello sfogliare con aria rapita le pagine consumante di quei libri che hanno una storia e che contengono una storia. Ai mercatini dell’antiquariato sono entusiasta. Oltre libri, anche tanti piccoli oggetti da collezione come francobolli, monete, tazze e tazzine, oggettistica varia, mobili d’arredamento dal gusto vintage, dischi, vinili, grammofoni, macchine fotografiche, fotografie dal color seppia, vecchie cartoline, antiche lettere, macchine da scrivere, orologi da taschino, bauli e chi ne ha, più ne metta. Ogni oggetto più bello del precedente. Ogni oggetto con una storia nascosta e sarebbe bello poterle scoprire tutte: chissà a chi apparteneva quel vecchio orologio da taschino che se ne stava solo soletto nel cassetto e che ora se ne sta sopra quel bancone? A chi era indirizzata quella misteriosa lettera, a cui il tempo ha consumato le parole che ora sono appena appena distinguibili? E quella foto che rappresenta un ragazzo e una ragazza che ballano? Lei indossa un abito con la gonna a ruota e sorride felice mentre lui la sta facendo roteare. Entrambi hanno un sorriso invidiabile. Magari sono semplicemente oggetti a cui sono legati ricordi di cui la gente se ne vuole sbarazzare. In fondo, ad oggi, che cosa serve quell'orologio da taschino? Magari è stato preso in orologeria, semplicemente. Ma se fosse stato un regalo? Se fosse stato un oggetto tramandato di padre in figlio, della quale tradizione è andata persa e l’oggetto è finito nel dimenticatoio? E quella tazza di porcellana bianca, faceva parte di un servizio, di una collezione? Apparteneva ad una fanciulla che aveva grazia e beltà oppure apparteneva ad una giovane ribelle, con un cappellaccio in testa e i calzoni sostenuti dalle bretelle? E quel cannocchiale? E quel quadernetto dalle pagine spiegazzate? Contiene segreti? Pensieri di una giovane anima dal cuore infranto? Un’amicizia? Una segreta corrispondenza? Le avventure magiche di un futuro scrittore? Una promessa d’amore proibito? Quanti mondi in un mercatino dell’antiquariato, tante storie da scoprire, da assaporare, immaginare, ricercare, da foto da ammirare, tante lettere con cui sognare.
Un microcosmo, ancora inesplorato.
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applesickness · 4 years
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Ieri sono andata per la prima volta al Mercatino per i libri. Ma c’è una doverosa premessa da fare prima che vi racconti com’è andata. Ahimè, ero una di quelle pregiudizievoli persone che credeva di poter trovare, in questi posti, solo libri molto vecchi o antichi, o comunque privi di un vero interesse per me. In più avevo paura che i libri usati fossero davvero in pessime condizioni e quindi, per una vera feticista, inacquistabili. Niente di più sbagliato! Mi sono battuta il petto chiedendo perdono per un paio di ore buone, perché non solo sono stata in grado di trovare tantissimi libri interessanti in ottime condizioni, ma anche edizioni molto recenti, il tutto a prezzi ESTREMAMENTE convenienti. E poi c’è un’altra cosa bellissima: si possono portare qui i propri libri usati per farli rivendere direttamente da loro e tenere un conto aperto in modo che i libri venduti servano ad acquistarne altri...non so se mi sono spiegata...ma è comunque un ottimo meccanismo per ridare vita ai libri usati, liberarsi di quelli che non si desiderano più e magari occupano solo spazio in libreria e non spendere un patrimonio ogni volta. Che poi, è vero: ci sono dei libri nuovi che io vado a comprare lo stesso, praticamente il giorno prima che siano usciti, ma non per tutti ho lo stesso problema da psicotica, insomma! In più è un ottimo modo per comprare anche libri di cui non si è sicuri al 100%, perché potremo anche ridarli indietro nel caso di mancato gradimento. Io la trovo una cosa bellissima, e voi? In più mi sono portata via tante di quelle cose che desideravo, che non mi è parso vero! In foto c’è tutto il mio bottino. A sinistra i libri “da leggere” e a destra quelli già letti che vanno a rimpinguare le parti mancanti della mia libreria. Ecco i titoli: 📚Che fine ha fatto Mr Y - SCHARLETT THOMAS 📚 Divino Amore - STEFANIA BERTOLA 📚 Non avevo capito niente - DIEGO DE SILVA 📚Uomini che odiano le donne - STIEG LARSSON 📚Misery - STEPHEN KING 📚Baol - STEFANO BENNI 📚 Spiriti - STEFANO BENNI 📚 Terra! - STEFANO BENNI 📚Il Diario di Bridget Jones - ELLEN FIELDING. . . . #book #books #bookish #bookaholic #booklover #bookmaniac #bookworm #booknerd #bookstagram (presso Mercatino dell'usato Garbatella) https://www.instagram.com/p/CBRFUBEn2DP/?igshid=1gi7ve2uvwaqn
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Stamattina mi è capitato questo libro tra le mani, comprato due mesi fa a Bologna in un mercatino dell'usato a poco più di 2 euro. Solo oggi mi sono accorta di una dedica all'interno che dice: "Questo sì che era un amore impossibile..." e ho cominciato a fantasticare sulla sua storia... Forse chi l'ha comprato non è mai stato ricambiato e si è liberato del libro, oppure alla fine di un amore la persona che l'ha ricevuto l'ha gettato via con rancore, o ancora potrebbe essere stato un regalo di addio tra due persone che un tempo si amavano, ma che avevano smesso di farlo per qualche motivo. Ad ogni modo, è questo il bello dei libri usati, che oltre alla storia che raccontano al loro interno ne posseggono un'altra fatta di mani diverse, speranze inattese, rimpianti e nuovi inizi. Regalate libri, regalate pezzi della vostra storia. 📚 #bookstagram #romeoandjuliet #oldbooks #libriusati #sorprese #stories #bookaholic #pensieri #shakespeare @soslettura https://www.instagram.com/p/B-ZURv1ADPvmHsHCqXSX08XEDfG3EW4hQzmRng0/?igshid=1rn8ir7o1qa0k
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maracozzolino · 5 years
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tutto è pronto per l’Open studio di oggi pomeriggio: stampe nuove, taccuini da sfogliare e ultimi pezzi a prezzi piccoli piccoli.. oltre al mercatino dei libri illustrati usati.. e ovviamente tante chiacchere sul Giappone e le sue meraviglie. vi aspetto dalle 14.30 alle 19.00! https://www.instagram.com/p/BwPMd_eniV1/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=17lupjw5vxv37
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entheosedizioni · 4 years
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Quel geniaccio di Balzac
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Non ho nessuna intenzione di scrivere la solita recensione, ossia di conformarmi ai canoni di chi riassume brevemente la trama del libro appena letto, ne analizza il contenuto, pretende di psicanalizzare i personaggi principali e si arroga il diritto di forgiare delle "chiavi di lettura" con le quali apre al lettore le porte del romanzo, finendo per influenzarne il giudizio, l'interpretazione e la ricezione dell'opera. Voi fidatevi di chi, come me, ne ha lette tante e limitatevi a leggere le recensioni sempre e solo dopo aver completato la lettura del testo. Sarà così più proficuo confrontare il vostro neonato punto di vista sull'opera con quello di chi l'ha recensita. Nascerà un dialogo ideale tra lettore e recensore e beneficerete del processo maieutico così come vi ha insegnato il buon vecchio Socrate. Un altro valido motivo per il quale non è conveniente leggere le recensioni prima di affrontare il testo originale è che esse contengono inevitabilmente delle anticipazioni sull'opera, o se preferite, contengono spoiler, visto che vi piace tanto anglicizzare una lingua – la nostra – che avrebbe invece molto da dare e poco da assorbire. “La cugina Bette” Che state aspettando dunque? Andate a comprarvi "La cugina Bette" di Honoré De Bazac e vi garantisco che non ve ne pentirete. Adesso però la recensione ve la faccio a modo mio, cioè raccontandovi la mia esperienza di lettura. In una domenica afosa venni letteralmente trascinato in una gita fuori porta con la quale ci si prefiggeva di sconfiggere un mostro abominevole: la noia. Secondo i miei calcoli, per poter parcheggiare un'automobile di medie dimensioni è necessario reperire uno spazio libero di circa 14 metri cubi con la condizione imprescindibile che esso sia formato da una base quadrangolare di lunghezza pari ad almeno 4,80 metri. Non è un'impresa da poco ottenere tutto questo, in piena estate, in una cittadina lacustre bendisposta ad offrire ristoro e refrigerio per i turisti accaldati. Però ci riuscimmo in un tempo ragionevole. Solo che, appena scesi dalla macchina, i miei compagni di viaggio furono immediatamente attirati da un mercatino della domenica e dunque si dispersero subito in mezzo a bancarelle adorne di futilità, oggettistica improbabile e abbigliamento improponibile. Che potevo fare io? Vagavo disperato e disinteressato finché non mi imbattei nella bancarella dei libri usati. Ora, io ho letto diverse opere di Balzac, quelle più conosciute e apprezzate, ma nessuno mi aveva mai suggerito "La cugina Bette", dunque quando mi trovai in mano quella vecchia copia in edizione economica non ero particolarmente entusiasta dell'acquisto. Pensavo si trattasse di un'opera minore, un romanzo giovanile e magari non tanto riuscito, un pò come succede oggi quando si acquista il CD di un grande artista contemporaneo, nel quale sono contenute tre o quattro tracce apprezzabili e una serie di deludenti canzonette riempitive: miserie della mediocrità dei nostri tempi. Nemmeno la copertina mi veniva in soccorso per attenuare la mia diffidenza e scardinare i miei pregiudizi poiché era tutta scolorita ed era illustrata da un dipinto di Joseph Tissot (chi sarà mai costui, mi chiedevo, non avendo mai sentito parlare di questo pittore col nome da orologiaio!) nel quale era raffigurata una donna adulta seduta in camera che mi rivolgeva uno sguardo malinconico e abbastanza deprimente. Se a tutto questo aggiungiamo un sottile strato di polvere, un odore di carta stantia, un titolo non certo allettante e un prezzo bassissimo, possiamo forse giusificare il fatto che io stessi quasi per rinunciare all'acquisto. Del resto, leggere significa investire il proprio tempo e io voglio sempre farlo nel modo più proficuo. È possibile oggi comprare un autentico capolavoro per soli due euro? È possibile nutrirsi l'anima per un'intera settimana leggendo ciò che costa meno di quello che serve a nutrire il corpo per un solo pasto? Sì, è possibile, vi dico io, ma per farlo vi serve un classico.
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Portrait of Mademoiselle LL James Jacques Joseph Tissot 1864 – olio su tela Musèe d’Orsay Mi sedetti in riva al lago e iniziai subito a leggere, quasi svogliatamente, tanto per ingannare il tempo nell'attesa che il resto della mia comitiva tornasse a reclamare la mia compagnia. E quando ciò avvenne ne fui quasi infastidito, talmente piacevole mi era risultata la lettura dei primi capitoli che aprono la storia presentandoci una situazione scabrosa e appassionante. Non volevo staccarmene e lo feci con ritrosia anche nei giorni seguenti, ogni volta che i miei impegni mi impedivano di restare in compagnia di Balzac. La trama La lettura de "La cugina Bette" fu fin da subito una sorpresa perché l'autore mi catturò immediatamente seducendo il mio interesse con una scena tanto inattesa quanto audace per un libro scritto più di 150 anni fa: un tentativo fallimentare di comprare l'inalienabile bene dell'amore. L'ex profumiere Crevel, diventato in seguito un danaroso speculatore, cerca di convincere Adeline, baronessa decaduta (per il momento solo finanziariamente parlando), cugina della protagonista, a concedersi a lui in cambio di una cospicua somma. Questo intento di porre in essere una inhonesta mercimonia deriva in parte da una sincera passione nutrita per l'ancora bellissima cinquantenne baronessa e in parte da un desiderio di vendetta da parte di Crevel nei confronti del suo amico e rivale di libertinaggio: il barone Hector Hulot d'Ervy, marito di Adeline. Quest'ultimo è colpevole di aver sottratto a Crevel la sua giovane amante Josepha, cantante molto in voga e donna particolarmente avvenente. Inutile dire che tale ratto sentimentale si è compiuto per mezzo di lusinghe in denaro e di regalie spropositate; piuttosto è importante spiegare che tali spese sono state compiute da Hulot per mezzo di cambiali, prestiti a usura e sotterfugi vari. Crevel sa che l'amico barone è quasi sul lastrico, che trascura la famiglia e gli interessi dei suoi due figli: Victorin, il primogenito, è sposato con Celestine, figlia unica proprio del malaccorto Crevel, mentre Hortense, la secondogenita, necessiterebbe di una dote per maritarsi. Però tutti i soldi di Hulot vanno a finire tra le grinfie delle cortigiane e dissanguano la famiglia. Proprio la consapevolezza di questa situazione rende Crevel talmente spavaldo da giocare a carte scoperte e da parlare apertamente alla baronessa Adeline, che tuttavia rifiuta scandalizzata le proposte indecenti del consuocero. È questo un romanzo nel quale amore e denaro viaggiano di pari passo, si incontrano, si scontrano, si sposano, si lasciano, si ricattano l'un l'altro e non trovano mai pace. Proprio come i personaggi che vi sono rappresentati: tutti soffrono o soffriranno, tutti sono affetti da una smania insaziabile che li fa cadere vittime dei loro vizi o delle loro virtù, delle loro ossessioni e delle loro ambizioni. Vizi e virtù rendono i personaggi schiavi e ostinati, terribilmente ostinati. Si affannano a perseguire il loro fine, sia esso moralmente disdicevole oppure encomiabile, sino al punto dell'autodistruzione. È ovvio che si tratta di caricature: Balzac esaspera i caratteri e i temperamenti dei protagonisti per raccontarci il vizio, per aprirci gli occhi sulle conseguenze sociali della liberalizzazione dei costumi che caratterizzava i suoi tempi (il romanzo uscì nel 1846). Ciò non vuol dire che l'autore sia un moralista o un retrogrado, quanto piuttosto un nostalgico. Egli rimpiange i tempi dell'ancien régime, ma non lo fa con il proposito di sollecitare una restaurazione, bensì con l'atteggiamento malinconico di chi ricorda i tempi andati mentre fotografa con occhio analitico la nuova società, più evoluta e più libera, della quale egli stesso fa parte, dal momento che nella sua vita privata non mancò mai né gaudenza né libertinaggio. Qualcuno potrebbe chiedersi dunque che senso abbia leggere oggi, in un contesto sociale molto più evoluto e progressista di quello che è oggetto della narrazione, tale romanzo. La risposta sta nella perizia con la quale Balzac manovra il suo scandaglio nell'animo umano e ci dà notizia di quelli che sono turbamenti, contraddizioni, debolezze, meschinerie e infamie messe in atto allora come oggi. È inolte interessante riflettere su quanto sia vischioso il processo di evoluzione degli usi e dei costumi e su quanto siano ripetitive e prevedibili le rimostranze dei cosiddetti conservatori. E poi ci sono le magistrali doti narrative di chi come lui è capace di tenerti incollato per ore a seguire la trama del suo racconto, riuscendo di volta in volta a sorprenderti con colpi di scena e risvolti inattesi. Anche se il romanzo è suddiviso in capitoli di lunghezza ridotta, la narrazione dà sempre l'impressione di non voler concedere pause al lettore e di procedere formando un unico blocco, dal quale risulta davvero spiacevole separarsi. Leggere questo libro mi ha fatto sorgere numerosi interrogativi e mi ha regalato tanti spunti di riflessione. È possibile che degli uomini maturi, scaltri, smaliziati, tanto adusi alla doppiezza inveterata del mondo degli affari, tanto tenaci nella contrattazione economica, tanto arditi e spregiudicati nell'arena finanziaria e sfrontatamente egoisti nel loro contesto familiare, vengano puntualmente beffati dalle moine di una bella donna? È possibile che degli uomini che hanno dato incontrovertibili prove di coraggio in battaglia, che hanno sfidato la morte, che hanno piegato il destino ai loro piedi, non siano poi capaci di negare un capriccio irragionevole al cuore volubile di una giovinetta dissennata? È possibile che siffatti uomini mettano a rischio, per il subitaneo impeto della passione, tutto ciò che la vita gli ha donato, patrimonio, rendite, carriera, onore, famiglia, reputazione e perfino la libertà personale, il tutto per non saper rinunciare alle grazie ammaliatrici di un'avida arrivista in gonnella? È possibile, ci dice Balzac. "Gli inganni dell'amore venale sono più seducenti della realtà. L'amore vero comporta dei battibecchi in cui ci si può ferire al cuore; ma il litigio fatto per finta è, al contario, una carezza fatta all'amor proprio dell'ingenuo."
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E invero le cronache ufficiali e ufficiose del tempo danno numerose testimonianze di uomini del bel mondo completamente rovinati dal perseguire i loro istinti lubrici. "Libertini" li chiama l'autore e il libertinaggio viene trattato alla pari di uno dei tanti inguaribili vizi nei quali l'uomo degenera. Del resto, lo stesso Balzac non era uno stinco di santo. Spesso, durante la lettura, mi sono soffermato a guardare la riproduzione in bianco e nero di un disegno di Cassal, riproposta tra le prime pagine del libro, e raffigurante l'autore in una mise elegante. I grandi occhi da malinconico di Balzac avevano un guizzo di dissolutezza, il tipico riflesso sornione del viveur, e non ho potuto fare a meno di pensare che egli abbia certamente avuto un'esperienza diretta, almeno parziale, di quegli stessi vizi che racconta così bene. La narrazione delle scellerate vicende dei libertini non è una novità in Balzac, avendone egli già dato mirabile prova nel suo romanzo "Splendori e miserie delle cortigiane", a sua volta prosieguo de "Le illusioni perdute" e certamente più famoso e blasonato de "La cugina Bette". In quest'ultimo però, le consuete tematiche del vizio, della lussuria, dell'arrivismo e dell'avidità vanno a costituire un sostrato narrativo al di sotto del quale viene a presentarsi il rancore. L'odio striscia furtivamente nel romanzo per tutta la durata della narrazione (che si esplica in 5 anni) e tale dannoso sentimento nasce, cresce e viene covato nel cuore della protagonista. Esso è tanto forte e radicato in lei, poiché atavico, ancestrale, dunque inestricabile e tale da aggirare il tipico problema del parossismo: non si manifesta in eccessi di rabbia, in irragionevoli scoppi d'ira, bensì in freddo e calcolato desiderio di rivalsa. "I godimenti dell'odio soddisfatto sono per il cuore i più forti e i più ardenti. L'amore è in un certo qual modo l'oro, e l'odio è il ferro di quella miniera di sentimenti che si trova dentro di noi poiché si odia sempre di più, come si ama ogni giorno di più, quando si ama. L'amore e l'odio sono sentimenti che si alimentano da sé; ma, dei due, l'odio ha vita più lunga. L'amore ha per confini delle forze limitate, riceve i suoi poteri dalla vita e dalla prodigalità; l'odio somiglia alla morte, all'avarizia, è in qualche modo un'astrazione attiva, al di sopra degli esseri e delle cose." Bette è il diminuitivo con il quale in famiglia chiamano Lisbeth Fischer, che è francese ma ha un nome tedesco poiché proviene dalla Lorena. Non ditemi che le vostre reminiscenze scolastiche non si ridestano immediatamente per darvi notizia di quante volte nel corso dei secoli la Francia e la Germania si sono contese Alsazia e Lorena e di come quei due tormentati territori siano finiti per dar luogo a una ibridazione non solo linguistica, ma anche culturale negli usi e costumi degli abitanti.
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La lorenese di cui Balzac vuole parlarci ha nel 1838 (data in cui ha inizio la narrazione) l'età di 43 anni ed è suo malgrado devota allo zitellaggio. Ha rifiutato ben cinque mariti che nel corso del tempo la sua famiglia aveva cercato di proporle. Ma l'aspetto cruciale del personaggio è l'invidia che la tormenta segretamente sin da quando era bambina. La sua invidia si origina dalla disparità di trattamento che la famiglia ha messo in opera tra lei, nata priva di grazie e per indole sempre caratterizzata da una certa rozzezza, e la cugina Adeline Fischer, di cinque anni più grande di lei, ma dotata di grande bellezza e raffinatezza. Bette è stata sacrificata alla cugina e ha dovuto rinunciare all'istruzione per sgobbare assiduamente come una qualsiasi popolana, dapprima facendo la contadina e successivamente impiegandosi come operaia. Tanti sacrifici furono imposti alla povera Bette quante attenzioni, delicatezze e vezzeggiamenti vennero invece rivolti ad Adeline, la quale aveva il solo merito di esser nata bella. C'è da dire però che l'adulazione sempre manifestatale dai familiari non ha insuperbito il carattere della bella Adeline né l'ha resa sdegnosa o viziosa. Il suo fascino, accompagnato da un carattere dolce e mansueto, le consentì da giovane di sposare colui che sembrava essere un ottimo partito: il summenzionato barone Hulot d'Ervy, allora benestante, aitante e avvenente nonostante avesse molti anni in più della moglie, e impiegato presso il Ministero della Guerra (oggi nessun governo chiamerebbe in questo modo la sua branca dedita all'amministrazione militare, preferendo invece la denominazione di Ministero della Difesa. Ciò non è certo dovuto al fatto che non si facciano più guerre, si fanno lo stesso, ma non  bisogna mostrarsene entusiasti o perlomeno bisogna spacciarle per necessarie). In tal modo Adeline poté abbandonare la provincia e trasferirsi a Parigi, cosa che a quei tempi rappresentava la prima soglia dell'ambizione sociale. Ma Adeline è l'anima candida del romanzo e non nutre nessuna ambizione al di fuori di quella di voler mantenere unita la famiglia e di dare continua prova di devozione al coniuge, seppure egli non la meriti affatto. Adeline è buona ma infelice (per colpa dei tradimenti di Hulot), è virtuosa ma assediata (dalle brame di lussuria e vendetta di Crevel), è affettuosa e onesta ma invidiata (da Bette). Ha deciso di invitare a Parigi la cugina per tenerla il più vicino possibile a sé e Bette è finita per diventare una balia per i suoi figli, una confidente per tutta la famiglia, una dama di compagnia per la cugina, una spalla su cui piangere e per ultimo anche un'agenzia di credito al consumo, visto che tutti le chiedono in prestito i suoi magri risparmi per poter tirare avanti nelle ristrettezze in cui il barone li ha lasciati. Tutti in famiglia vogliono bene a Bette, ma non la trattano come una loro pari poiché la considerano eccentrica, sgraziata e troppo grezza nei modi. Non smettono di canzonarla per il suo vestiario antiquato e strambo, per il suo aspetto dimesso, per la sua poca avvenenza e per la sua condizione di zitella. Nessuno ha idea del malanimo che la cugina cova dentro poiché ella non lo ha mai manifestato ed anzi ha sempre mantenuto un contegno mite e affettuoso con tutti i parenti. Però poi all'improvviso deflagra un ordigno potentissimo: Bette la zitellona confida alla giovane cugina Hortense di avere uno spasimante. Ciò è tanto insolito da far nascere una curiosità morbosa nella giovane, che oltretutto avrebbe una certa fretta di coniugarsi e rendersi indipendente, specie adesso che il suo progettato matrimonio è andato a monte per la perdita di quella che sarebbe dovuta essere la sua dote e che si è liquefatta tra le mani dissolute del padre Hulot. Hortense smania di voler conoscere e vedere colui che starebbe corteggiando la cugina Bette perché le sembra inverosimile che qualcuno si senta sinceramente attratto da quella donna. E in verità non si tratta di un vero corteggiatore, quanto piuttosto di un giovane che ha un debito di riconoscenza verso Bette. Il conte polacco Wenceslas Steinbock, di ben 15 anni più giovane di Bette, vive in una catapecchia al piano di sopra dell'appartamento della protagonista. Egli è un rifugiato politico clandestino che ha lasciato la sua patria dopo aver partecipato a un'insurrezione. Si trova in una miseria tale da ricorrere al suicidio per mezzo del braciere e del monossido di carbonio da esso esalato. Ma Bette lo salva giusto in tempo, si prende cura di lui, vi si affeziona e investe i suoi risparmi per aiutarlo a formarsi professionalmente come scultore e incisore. Il debito i riconoscenza porta Wenceslas a obbedire ciecamente a Bette e a diventarne quasi una vittima: lei gli impone ritmi di lavoro opprimenti né gli lascia spazio per alcuno svago perché cerca al più presto di mettere a frutto il suo talento e di fargli guadagnare del denaro. Bette sviluppa una notevole possessività nei confronti del suo protetto ma tra loro non nascerà mai una vera relazione d'amore prima di tutto perché Bette sconosce il piacere sensuale e rimarrà per sempre avvolta nel suo bozzolo virginale, in secondo luogo perché la differenza d'età tra i due è notevole, e infine perché Bette "rassomigliava a quelle scimmie vestite da donna che i piccoli savoiardi si portano in giro" e in più aveva qualche verruca sulla faccia. Sappiate voi che le verruche sul volto di una donna sono delle vere e proprie mine antiuomo, nel senso che terrebbero lontano qualunque corteggiatore dotato di un minimo senso dell'estetica. Ma, per farla breve, vi dico che un giorno Hortense incontra e conosce il bellissimo Wenceslas e se lo accalappia subito. Finisce per sposarlo e dunque lo sottrae al dominio di Bette. Costei, intimamente e segretamente furiosa per l'affronto subito, cerca perfino di farlo incarcerare ricorrendo a un sotterfugio, ma il suo intento fallirà. Bette inizia dunque a fare il doppio gioco, mantenendo da un lato la sua facciata di cugina devota con la famiglia Hulot, ma alleandosi segretamente con Valery Marneffe, la nuova fiamma del barone Hulot, allo scopo di rovinarli tutti. Hulot perde la testa per la Signora Marneffe, la vera femme fatale della storia, e pur di farne la sua amante finisce per sottrarre in modo fraudolento dei fondi allo Stato. La cosa strana è che la moglie Adeline e i figli gli perdonano sempre le sue sciagurate azioni poichè il barone Hulot è una persona seducente che riesce facilmente ad accattivarsi la benevolenza degli altri. Di certo i viziosi risultano più simpatici dei bigotti: "Il moralista non potrebbe negare che , in genere, le persone bene educate e molto viziose sono assai più amabili delle persone virtuose; avendo delle colpe da farsi perdonare esse sollecitano in anticipo l'ndulgenza, mostrandosi tolleranti verso i difetti dei loro giudici, e passano per essere eccellenti. Benché fra la gente virtuosa vi siano delle persone affascinanti, la virtù si crede già abbastanza bella per se stessa e non si dà da fare per abbellirsi: poi le persone realmente virtuose, poiché bisogna escludere gli ipocriti, hanno quasi tutte dei lievi dubbi sulla propria situazione; si credono ingannate nel grande mercato della vita, e hanno parole un pò agre alla maniera di coloro che si pensano misconosciuti.” Ma perché Hulot si comporta in tal modo? Per quale motivo non rende la moglie oggetto delle sue smodate passioni dal momento che ella è più che bella e desiderabile e invece ne disdegna le attenzioni per andare a ricercare soddisfazione altrove fino al punto della perdizione? Per il semplice motivo che Adeline, come la cugina Bette, non ha alcuna dimestichezza con l'ars amatoria. È una donna di puro sentimento, incapace di veicolare erotismo o di metterlo a frutto. Perfino quando la miseria la porterà a decidere di degradarsi sullo stesso piano della sua acerrima rivale (Valery Marneffe) e a tentare di prostituirsi per ricavare le somme che salverebbero l'intera famiglia dal disonore, il suo abbozzato tentativo di seduzione fallirà miseramente e susciterà solo pietà. Inoltre, tale sua pericolosa risoluzione, sebbene poi non messa in atto, le scombussolerà comunque il sistema nervoso al punto da minarne la salute.
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"Molte donne sposate, attaccate ai loro doveri e ai loro mariti, potranno domandarsi a questo punto perché quegli uomini così forti e così buoni, così facili alla pietà per delle signore Marneffe, non prendono le mogli, soprattutto quando somigliano alla baronessa Adeline Hulot, per oggetto del loro capriccio e delle loro passioni. Ciò ha a che fare coi più profondi misteri della natura umana. L'amore, questa immensa dissolutezza della ragione, questo virile e severo piacere delle grandi anime, e il piacere, questa volgarità messa in vendita sulla piazza, sono due facce differenti dello stesso fenomeno. La donna che soddisfi questi due enormi appetiti, è, in tutto il sesso femminile, tanto rara quanto il grande generale, il grande scrittore, il grande artista, il grande inventore lo sono in una nazione. L'uomo superiore come l'imbecille, un Hulot come un Crevel, sentono ugualmente il bisogno dell'ideale e quello del piacere; tutti vanno alla ricerca di questo misterioso androgino, di questa rarità che, nella maggior parte dei casi, risulta essere un'opera in due volumi! Questa ricerca è una depravazione dovuta alla società. Certo, il matrimonio deve essere accettato come un dovere, è la vita con i suoi tormenti e i suoi duri sacrifici, sostenuti in parte uguale da entrambi. I libertini, questi cercatori di tesori, sono altrettanto colpevoli quanto altri malfattori più severamente puniti di loro. Questa riflessione non è un'aggiunta posticcia di morale: essa ci fa capire molte infelicità incomprese". Balzac allude in tal modo alla contraddizione insita in ciascun uomo che vorrebbe poter riunire nella donna amata ora un angelo ora una puttana, che pretenderebbe di avere a fianco una compagna dolce e affettuosa, tuttavia pronta a trasformarsi in una voluttuosa concubina in camera da letto. Povero Honoré, se le femministe avessero letto questa sua pretenziosa asserzione lo avrebbero sbranato. Fortuna sua che ai suoi tempi il femminismo non era ancora in voga, così come non era ancora stato inventato il moderno e troppo spesso artefatto contegno del "politically correct", altrimenti non avrebbe potuto inserire impunemente nel suo libro tutta una serie di considerazioni azzardate e generalizzanti sulla presunta avidità degli ebrei e sulla loro predisposizione a praticare l'usura, tutta una serie di riflessioni a carattere classista circa la tendenza all'imbroglio e al furto da parte dei proletari: "In tutte le famiglie la piaga del personale di servizio è oggi la più dolorosa di tutte le piaghe finanziarie. Salvo rarissime eccezioni un cuoco e una cuoca sono dei ladri domestici, dei ladri salariati, sfrontati, di cui il governo si è compiacentemente fatto il favoreggiatore, incoraggiando così la tendenza al furto quasi autorizzata fra le cuoche dal vecchio e arguto modo di dire: "fare la cresta sulla spesa". A chi tenta di controllarli, i domestici rispondono con parole insolenti, o con le costose malefatte di una finta sbadataggine. Il male, giunto davvero al colmo potrà scomparire solo grazie a una legge che assoggetti i domestici salariati al libretto dell'operaio. il male cesserebbe allora come per incanto. Se ogni domestico fosse tenuto a esibire il suo libretto, e i padroni avessero l'obbligo di annotarvi le cause del licenziamento, la corruzione troverebbe senza dubbio un potente freno.  Non esistono statistiche sull'enorme numero di operai ventenni che sposano delle cuoche di quaranta e di cinquant'anni arricchitesi mediante il furto. C'è di che fremere al pensiero delle conseguenze di simili unioni dal triplice punto di vista della criminalità, dell'imbastardimento della razza, della vita familiare di queste coppie.") e, ancora, sulla natura selvatica, quasi ferina, degli slavi: “C'é negli slavi un lato puerile, come presso tutti i popoli primitivamente selvaggi, i quali, anziché civilizzarsi, hanno fatto irruzione nelle nazioni civilizzate. Questa razza è dilagata come un'inondazione e ha coperto un'immensa estensione del globo. Essa vi abita lande desolate dove gli spazi sono così vasti, che vi si trova a suo agio; non ci si sta gomito a gomito, come in Europa, e la civiltà è impossibile senza il continuo attrito di idee e interessi. L'Ucraina, la Russia, le pianure del Danubio, il popolo slavo insomma, è un trait d'union fra l'Europa e l'Asia, fra la civiltà e la barbarie. Perciò i polacchi, il gruppo più importante del popolo slavo, hanno nel carattere la puerilità e l'incostanza delle nazioni imberbi. Possiedono il coraggio, l'intelligenza, la forza; ma, privi di tenacia, questo coraggio e questa forza, questa intelligenza mancano di metodo e di direzione, poiché il polacco presenta una mobilità simile a quella del vento che regna su quell'immensa pianura inframezzata da acquitrini: se ha l'impetuosità degli spazzaneve, che dirompono le case e le trascinano via, come quelle terribili valanghe che precipitano dall'alto, egli però va a perdersi nel primo stagno che trova, e si dissolve in acqua. L'uomo prende sempre qualcosa dagli ambienti nei quali vive." Queste ultime parole non sono poi così lontane dalle tesi slavofobe che quasi ottant'anni dopo avrebbero infiammato il Mein Kampf. Le dittature del Novecento sono diventate l'emblema del razzismo e dell'antisemitismo, ma in realtà l'odio sul quale esse fecero leva era già conclamato nel contesto sociale europeo da diverso tempo (il caso Dreyfus esplose in Francia nel 1894) e anche in quei paesi che non furono soggetti al regime dittatoriale. Inoltre queste sono parole che fanno specie poiché provenienti dalla penna di colui che mentre le scriveva intratteneva una focosa relazione con una donna polacca (Madame Hanska). Naturalmente non è mia intenzione fare la morale a Balzac o peggio ancora additarlo come un reazionario illiberale, quanto piuttosto far notare come ogni uomo sia figlio del suo tempo, come cambino i costumi e il pensiero da un'epoca all'altra e come abbia poco senso giudicare e valutare con la mentalità odierna le convinzioni e le idee dei grandi del passato. Tuttavia anche queste considerazioni censurabili fanno parte delle sorprese che il romanzo ci riserva, al pari di alcune battute allusive e lascive, decisamente inconsuete per un'opera ottocentesca, e di un lessico che in determinate situazioni degrada dal livello aulico fino al punto più infimo della bestemmia quando la narrazione viene traslata nei bassifondi di Parigi. Non sprecate il vostro tempo per cercare una chiave di lettura perché non la troverete: la storia narrata è chiara, limpida, lampante e sviscerata in tutti i dettagli. È questa del resto un'opera che si inserisce nel contesto letterario del realismo, cioé ha lo scopo di fotografare la realtà così come essa è, e vi riesce appieno. Avrebbe senso ricercare la morale in un romanzo simile? Eppure quel geniaccio di Balzac lascia comunque trapelare un messaggio tra le sue splendide pagine: il vizio ha una forza corrompente potentissima e quasi inarrestabile. Finisce per travolgere tutto e trova un eccellente alleato nella miseria. Adeline, l'emblema della virtù, perderà la sua battaglia e morirà per il colpo fatale che l'immoralità del marito le infliggerà. Ella è, al pari di tutti gli altri, un personaggio statico, poichè come certamente avretepotuto intuire, i protagonisti del libro sono una manica di pazzi che perseverano ostinatamente nei loro errori: - Adeline rimarrà per sempre devota al marito fedifrago e scialacquatore e io ho perso il conto di quante volte ella sviene nel romanzo per colpa dei dolori che la condotta di lui le infligge. - Hulot rimarrà per sempre un seduttore e un sedotto, fino a rovinarsi completamente, fino a sfiorare la galera e il disonore (solo il fratello e il figlio potranno salvarlo a carissimo prezzo) e ogni suo tentativo di redenzione risulterà parimenti patetico e fallimentare. - Wenceslas rimarrà per sempre una promessa del mondo dell'arte non concretizzata e uno scansafatiche (in lui l'ozio vince perfino sulla lussuria che non riesce a corromperlo del tutto). - Bette rimarrà per sempre zitella e non riuscirà a vedere esaudito appieno il suo desiderio di vendetta nel gettare sul lastrico tutta la famiglia, nonostante si sia spinta fino al punto di fare da mezzana a una cortigiana. - Crevel rimarrà per sempre un povero illuso, credendo di essere il più furbo fra i viziosi edi potersi comprare l'amore con i suoi denari. - La signora Marneffe rimarrà per sempre un’intrigante arrivista ma non riuscirà a portare a termine i suoi propositi di arricchimento perché la sua nemesi arriverà anzitempo: il misterioso veleno di un amante geloso la porterà a morire ancora giovane, ma non prima di essere orribilmente deturpata nella sua bellezza con pustole, piaghe e bubboni. Un pò come sarebbe accaduto alla sua collega Nanà, figlia della penna di Emile Zola. - L'unico personaggio che sperimenterà un cambiamento è Victorin, figlio di Hulot e Adeline, uomo di legge integerrimo, dai principi saldi, che tuttavia finirà per sollecitare le morti del suocero Crevel e della sua promessa sposa Valery Marneffe, ex amante del padre Hulot, per salvare la propria eredità e quella della moglie, perdendo di fatto la sua integrità morale. Il vizio del padre scalfirà di riflesso la probità del figlio.
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Finale Adesso però non posso certo raccontarvi tutta la storia, altrimenti vi toglierei il piacere di scoprirla a poco a poco leggendo il libro, ma posso anticiparvi che il sodalizio Valery Marneffe - Lisbeth Fischer, cementato dall'odio e dall'ambizione, farà penare molto i familiari di Hulot e di Crevel e che entrambi i libertini saranno beffati come gonzi da colei (la Marneffe) che da rispettabile moglie diverrà presto la più abile delle cortigiane per ribellarsi alla sua iniziale condizione di miseria, che Balzac definisce "il più grande dissolvente sociale", attribuendole dunque la causa di molti mali. Adeline morirà e il vizio le sopravviverà poiché il barone vedovo continuerà a perseverare nel male e convolerà a nozze con una semplice cuoca molto più giovane di lui. A proposito, quasi dimenticavo, un colpo al cerchio e uno alla botte: "È un'immensa prova di inferiorità in un uomo non saper fare delle moglie la propria amante." Datevi da fare dunque, ma non dimenticate di leggere perché vi fa bene. Rosso Groviglio  Read the full article
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piersacalo · 5 years
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Anime 003 - The Night is Short, Walk on Girl
The Night is Short, Walk on Girl (Masaaki Yuasa, 2017)
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Un matrimonio appena celebrato si contrappone all’addio di uno studente tradito che scivola in una triste rimpatriata alcolica di vecchi dialettici i cui orologi corrono; a Kyoto è la notte dei cento demoni, la notte in cui niente è possibile. Terzultimo lungometraggio di Masaaki Yuasa che si affida allo stesso staff che mise in piedi sette anni prima la serie "The Tatami Galaxi" (2010) di cui questo film ne rappresenta una sorta di summa e eredità; il testo di partenza è l’omonimo e fortunato romanzo di Tomihiko Morimi. Protagonista assoluta è la città di Kyoto, coi suoi demoni, le sue sfilate, il suo cibo fantasma e l’altrettanto fantasma mercatino delle pulci che qui si riduce in una lunga distesa di scaffali colmi di libri usati, che celano IL libro che riunirà una coppia divisa, nel mentre i moduli della libreria sono montati e smontati senza tregua, per costruire palchi improvvisati dove esercitare lo psicodramma, detto anche Guerriglia Teatrale, dal quale l’ineffabile Don Mutanda potrà infine guarire dal suo amore malsano. La ricostruzione in effetti è più problematica da dire che da mostrare ma Masaaki, genio dell’animazione quasi misconosciuto, ha dalla sua la capacità di tenere in bolla i suoi ingredienti attraverso l’elemento liquido, che tutto fa fluttuare, riducendone la gravità e mostrandoci le azioni come attraverso un acquario, pure sonorizzato dalle note soffuse e tradizionali di Michiru Oshima che proiettano lo spettatore nella pigra sensualità delle case delle geishe, come ce le aveva mostrate Mizoguchi. Se con "Mind Game" (2004), l’elemento liquido in questione è propriamente l’acqua (salata), nel film in questione esso è l’alcol, bevuto in grandi quantità e senza censura poiché, come sentenziato dalla "ragazza dai capelli corvini", protagonista assoluta del film, si beve per gioia e finché ce n’è. Non è operazione del tutto oziosa cercare i punti di contatto tra una cultura decisamente aliena e la nostra. Lo stesso Masaaki ce lo suffraga introducendo elementi occidentali, Verne, Durrell, Dumas, il rhum, tra i Daruma votivi e gli Yakei Noodle (tagliatelle viola) in un continuum esplicitato in un filo, sottilissimo, che tutto tiene insieme e su cui campeggiano orgogliosi i capolavori dell’arte erotica di Umataro, Shunga, Hokusai. In effetti appare evidente nel film un sovvertimento delle cose in veste di paradosso logico, come ci è noto dalle avventure di Alice nel paese delle meraviglie, entro cui la ragazzina beve per potervi accedere, proprio come la ragazza corvina che si troverà a lottare contro un mondo che, a differenza di Alice, padroneggia benissimo. Non si può non notare che la sua testa tonda, i capelli neri e il rosso delle labbra e dei tessuti la introducono nella storia come Biancaneve, per poi diventare una mondana Cenerentola alla conquista del bel mondo, con tanto di orologio che l’accompagna, ma lentamente, per tutta la lunga notte. Al mattino diventa Cappuccetto Rosso, nella sua quotidianità, quando, caritatevole, fa visita agli ammalati col salvifico gin Junipero in luogo di una mai meglio definita bottiglia di vino; ammalati di raffreddore, sia un’alterazione umida del corpo, o un attacco batterico al mirabolante cromatismo galleggiante dell’universo masaakiano. Il duro momento di transizione, in cui nuvole e vento sgombrano il quadro di cose e azioni e prosciugano la tavolozza fino a ridurla a gradazioni di marrone e grigio, rimandano senza dubbio alle atmosfere gotiche de "I cento racconti del terrore", altra mitologia di Kyoto, elaborato con una fotografia bidimensionale e scossa dalla tempesta che fa vibrare ogni cosa, come si può ravvisare in quel piccolo capolavoro di Yamamura Koji, "A Contry Doctor" (2007), ispirato all’omonimo racconto di Franz Kafka. La continuity del film, per il resto, è di tipo scintillante, con grandi esplosioni di forme e colori iper-realistiche, che strizzano l’occhio tanto alla Pop-Art quanto all’animazione dei fratelli Fleisher, in special modo quando gli oggetti si scompongono dai loro contenuti (alcol e bicchiere) o quando i corpi si allargano a dismisura nell'ingollarlo; la loro messa in forma stilizzata e elementare ricorda sia il Paint che il Power Point. Senza dubbio, la forza visiva di Masaaki per tenere testa alla complessità diegetica ha sacrificato alcune sue capacità, specificamente nei movimenti di macchina e nel montaggio, nel mentre la tecnica dà più corda a una resa bidimensionale invece che alla profondità 3D. Ciò è compensato dalla decina di trovate, caratteristiche del suo cinema, che fondono sotto-intrecci improbabili e situazioni che nascono ordinarie fino a farle collidere, come la messa in scena della "danza dei sofisti" che scaccia il demone della malinconia diventando "viscidi come anguille", facendo ciò rientrare a gran velocità la poetica dell’umido. Allo stesso tempo Masaaki si tiene i pezzi di bravura per rare incursioni, nel teatro che diventa musical e si affida ad argani che fanno precipitare eroi dall’alto ed eroine che precipitano nel basso da una botola; o, al contrario, spalmando di caldo crepuscolare il mercatino dei libri, un accogliente rifugio delle anime infervorate; fino alla lotta contro se stessi attraverso la quale, in uno spazio asettico e sottovuoto che vuole rappresentare la psiche umana, il timido "senpai", per vincere la sua solitudine, si trova paradossalmente a lottare contro migliaia di piccoli demoni, adiuvato da una decina di altrettanti piccoli demoni benevoli che, in una drammatica assemblea organizzano resistenza e barricate, in un florilegio di porte aperte o sfondate.
Come già detto, questa è la notte in cui niente è possibile e, in mancanza della morale che, in ogni fiaba che si rispetti, intrinsecamente si snoda, qui succede quel che più è ovvio, che è quasi la stessa cosa. 
Lamentarsene, non è possibile.
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muatyland · 2 years
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Il Gustalibro | Il baratto dei libri
Il Gustalibro | Il baratto dei libri
Ben tornati lettori, oggi vi mostro i libri che ho scambiato al Gustalibro, un mercatino dei libri presente nel mio comune.
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