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#rossi tardelli e altobelli
spettriedemoni · 2 years
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Si gioca in 11 anche l'11 luglio 1982
Sono passati tre giorni dalla semifinale la Camp Nou di Barcellona contro la Polonia. Ci sono diverse bandiere con la scritta Solidarność sugli spalti. Saprò solo molti anni dopo che significa "solidarietà" ed è il nome che un sindacato si è dato sotto il regime polacco.
Il 4 luglio 1982 la Polonia ha affrontato nel suo raggruppamento a 3 l'Unione Sovietica. Ricordo che eravamo a Casalbordino quella sera e mio padre, "comunista così" come direbbe Mario Brega in un famoso film di Verdone, tifa per i Sovietici. Hanno la divisa completamente bianca e quelle lettere CCCP (che da ragazzini interpretavamo con l'improbabile acronimo "Col Cavolo Che Perdo") che campeggiano sul petto. Alla Polonia basta un pareggio perché hanno battuto il Belgio per 3-0 mentre i sovietici devono vincere perché il Belgio lo hanno battuto solo 1-0. La partita si chiuderà sullo 0-0 e l'unica soddisfazione per mio padre è l'ammonizione per Boniek che salterà così la semifinale. Sono dei signori i Sovietici, almeno secondo mio padre, perché non protestano contro l'arbitro per il gioco fin troppo rude dei polacchi. La partita è una questione politica tra uno stato oppresso e il suo oppressore, logico che i polacchi mettessero in campo il più feroce agonismo.
Non sapevamo ancora se saremmo andati in finale contro la Polonia, l'Italia dove ancora battere il Brasile ma ricordo quella sera i Polacchi vestiti completamente di rosso e una partita con poche emozioni per me che volevo vedere solo l'Italia.
L'8 luglio i miei sono a lavoro quel pomeriggio. Io sono da mia nonna con mia cugina e una sua amica e vediamo la partita. Ho imparato tutti i nomi di battesimo dei nostri giocatori e a mia cugina sto rompendo le ovaie perché a ogni calciatore che nomina Martellini io aggiungo il nome di battesimo: «Ecco Oriali che avanza» e io: «Gabriele» e via così. Ormai sono preso dal demone del calcio.
Di quella partita ricordo poco perché dò per scontato che vinceremo. Abbiamo battuto il "Magno Brasile" come lo chiama Brera, la Polonia è robetta, diciamo così. Vinciamo infatti con 2 gol di Rossi che non si ferma più anche senza Gentile siamo troppo forti per loro e loro non hanno Boniek invece. Rivedo la faccia sofferente di Antognoni e il piede nudo senza scarpa né calza, rivedo Conti buttato da un calciatore polacco oltre i cartelloni pubblicitari addosso a un fotografo, vedo Graziani costretto a uscire in barella dopo una botta rimediata contro uno dei rocciosi difensori polacchi. Più di tutto vedo Rossi a terra sommerso di abbracci dopo il 2 a 0. Siamo in finale. L'unica altra immagine che vedo è quella di Boniek sugli spalti con occhiali da sole con uno sguardo vacuo comprensibilmente deluso. Ho un moto di pietà verso lui e i polacchi: mi spiace perché percepisco sarebbe stato più giusto vincere con lui in campo. Mi riprometto che tiferò Polonia alla prossima occasione.
Mio padre viene a prendermi dopo la partita, andiamo in auto a casa e lì ricordo i festeggiamenti per le strade, gli unici che mi ricordo vivamente durante quel mondiale. Ricordo bandiere e gente in festa a torso nudo, in piedi sulle decappottabili tipo la Diana, la 2 Cavalli della Citroën ma più di tutte mi ricordo una Fiat 500 colorata con i tre colori della bandiera italiana e poi gente in Vespa a urlare la propria gioia. Ci credono. Ci crediamo tutti.
Avevo visto qualcosa dell'altra semifinale, la "Battaglia di Siviglia" tra Francia e Germania Ovest e ricordo di aver pensato che era meglio vincesse la Germania perché così l'Italia non avrebbe dovuto rischiare di cambiare maglia per la finale: volevo vedere la mia squadra con la maglia azzurra.
Passano i tedeschi e così la finalissima sarà Italia - Germania. A Vasto dai miei nonni intravedo la finale per il terzo posto tra Polonia e Francia e tifo per i polacchi come mi ero ripromesso e vincono loro infatti.
A Casalbordino siamo ospiti di uno dei fratelli di mia madre. Lì c'è la sua casa al mare: un appartamento in un palazzo di pochi piani a letteralmente due passi dal mare: attraversi la strada e sei in spiaggia. Sono legati mio zio e mio padre, si capiscono e scherzano spesso. A mio zio sono simpatico un po' perché dopo tre figlie femmine forse gli sarebbe piaciuto avere un maschio, un po' perché gli altri nipoti maschi ne combinano di ogni incluso fare lo scivolo sulla sua BMW. Decisamente sono molto più tranquillo dei miei cugini.
Mi ricordo l'emozione dell'attesa quell'11 luglio. Il televisore non è grandissimo ma per fortuna a Casalbordino in qualche modo il segnale TV arriva almeno quello di Rai 1. Schierati per l'inno nazionale vedo entrambe le squadre vestite di bianco. Mi ricordo poi che l'Italia ha la giacca della tuta sopra le maglie per far vedere lo sponsor tecnico. Sì perché le maglie azzurre non hanno il logo dello sponsor ma solo lo scudetto tricolore a sinistra dal lato cuore.
Rivedo Graziani infortunato alla spalla uscire dal campo. Ha le lacrime agli occhi. Sento mio padre dire che abbiamo subito un fallo "a gamba tesa" e ignoro cosa voglia dire poi assisto all'assegnazione del calcio di rigore.
Penso che finalmente vedrò un calcio di rigore a favore dell'Italia e mi chiedo come sarà. Penso poi che Schumacher, il portiere tedesco, ne ha parato qualcuno nella partita precedente e mi assale il pensiero che potrebbe essere allenato. Sono sicuro che lo tirerà Rossi: ho letto che lui e Rumenigge sono entrambi capocannonieri del Mundial con 5 gol a testa: qual miglior momento per far vincere la classifica cannonieri al nostro Rossi?
Non funziona così, Bearzot ha le sue gerarchie: Antognoni è il primo rigorista, ma è infortunato dalla partita con la Polonia, ricordate il piede nudo dolorante? Ecco c'è un taglio che ha reso necessari alcuni punti di sutura e tre giorni sono troppo pochi per recuperare. Ci ha provato fino a pochi minuti prima a vedere se ce la faceva ma non c'è stato nulla da fare e al suo posto gioca Bergomi. Con lui fuori causa il rigorista è Cabrini e alla domanda di Rossi «Te la senti?» lui ha risposto di sì.
Mia madre a distanza di tempo dirà che un amico di mio zio presente quella sera ha detto profeticamente "Tanto lo sbaglia". Onestamente non ricordo la circostanza, ma forse lei è più presente di me che per un attimo mi illudo di aver visto il pallone in rete nonostante Schumacher abbia intuito la direzione del tiro. Cabrini ha effettivamente sbagliato il tiro che è finito fuori.
Quando finisce il primo tempo sono ancora fiducioso. Non so se il mio essere bambino mi porta a questo ottimismo o se è la vittoria sul Brasile a non farmi dubitare che avremo ragione pure dei tedeschi, fatto sta che nel secondo tempo sono convinto vinceremo.
Mi ricordo Oriali a terra che si innervosisce e allontana il pallone con le mani. Forse vuole prendere qualche tedesco in faccia perché davvero non ne può più degli innumerevoli falli che subisce. Ero un po' diffidente nei confronti dell'arbitro perché è brasiliano ma sono più fiducioso sulla sua imparzialità dopo il rigore. Tuttavia a Oriali lo stanno massacrando e lui non ce a fa più, evidentemente.
Succede che quando il pallone torna sul punto dove è stato commesso fallo, Tardelli ha un'intuizione e batte senza aspettare l'arbitro, senza chiedere la distanza e lancia Gentile sulla destra. Da quella parte arriva il cross che attraversa l'area di rigore, rimbalza davanti ad Altobelli e viene deviato in rete da qualcuno dei nostri. SI sono avventati sul pallone Cabrini e Rossi, nello slancio sono finiti in porta pure loro, Schumacher non riesce a deviare il pallone. È 1-0 per noi. Si è alzato Rossi e comincia a correre mentre Martellini con un attimo di esitazione ha appena detto «Ha segnato... Rossi».
Era solo questione di tempo, infondo. Vedo Pertini esultare, non seguo la politica perché alla mia età non è un argomento che interessa, ma questo signore mi è simpatico con la sua pipa e il suo modo di parlare che trovo buffo. Mi sembra un po' un nonno simpatico e alla mano.
Ricordo il gol di Tardelli e la sua gioia incontenibile subito dopo. Penso: "Adesso si mette a piangere" perché la faccia mi sembra quella invece no, non piange. Esulta e corre come un pazzo prima che i compagni lo sommergano di abbracci. C'è gioia e tanta rabbia in quella esultanza.
Ricordo il gol di Altobelli, il giovane entrato a sostituire Graziani, un gol realizzato con freddezza dopo aver spostato il pallone a Schumacher e messo in rete. Rivedo ancora oggi Steilke a terra con il pallone sotto il suo braccio. Mi sembra pianga, chissà se è davvero così o se è una mia impressione. Steilke aveva già pianto quando aveva sbagliato il suo rigore contro la Francia, evidentemente è emotivo di suo, però è anche un mastino e un tignoso insopportabile che non si arrende facilmente. Quella immagine invece restituisce un uomo che ormai si sente sconfitto.
Lo sa il Presidente Pertini che infatti agita l'indice e dice: «Non ci prendono più».
Trovo tutto sommato giusto il gol tedesco alla fine della partita, dopotutto abbiamo già dimostrato di essere superiori e gli "Olè" del pubblico a ogni nostro passaggio lo sottolinea inequivocabilmente. Empatizzo un po' per gli sconfitti ma... ce la meritiamo noi questa vittoria.
Qualche macchina passa lungo la strada che separa la casa di mio zio dal mare. I clacson si sentono forti e si vedono le bandiere sventolare dalle auto in corsa, ma non ci sono folle oceaniche, dopotutto Casalbordino è una località di mare molto meno famosa e popolata di altre.
"Rossi, Tardelli e Altobelli" diventa un coro da urlare un po' ovunque quella sera. Aspettiamo che l'entusiasmo passi un po' prima di riavviarci e tornare a Pescara in quella sera di festa.
Non ricordo nulla del viaggio di ritorno, so solo che ero sul sedile posteriore senza cinture e seggiolini, dietro mio padre mentre mia sorella era dietro mia madre: quella era la formazione tipo quando si facevano viaggi lunghi in auto.
Non riesco a ricordare che macchina avevamo, forse era la Lancia Flavia oppure la Fiat 127 prima di cambiarla e prendere la Lancia Delta. Ricordo che si prendeva la strada statale spesso perché tanto viaggiavamo di domenica e di traffico ce n'era poco e poi sull'autostrada giravano i camion. Così ricordo le strade statali circondate da alberi e da verde.
Eravamo belli nei nostri calzoncini cortissimi e nelle nostre maglie di cotone che non ancora chiamavamo T-shirt.
La mia generazione non aveva visto il mondiale del Messico nel '70, non avevamo apprezzato l'epica di Italia-Germania 4-3 a mezzanotte, no la nostra Italia-Germania era una partita quasi scontata nel risultato: troppo più forti dei tedeschi in quel momento.
Fu un'estate bellissima dove ci sembrò che tutto fosse possibile.
Ci illudemmo che eravamo vincenti e fortunatissimi.
Vincenti magari no, non sempre almeno, però di sicuro fortunatissimi lo eravamo. Vale la pena ricordare e ringraziare sempre per la fortuna che si ha
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calciopics · 2 years
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Mondiali di calcio 1982, 40 anni dalla vittoria dell'Italia
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C'è un'intera generazione, quella di chi adesso ha più o meno 50 anni, che si ricorda perfettamente dov'era, con chi era e come ha festeggiato nella magica notte dell'11 luglio 1982. Basta una data La data. 11 luglio 1982, Madrid, Stadio Santiago Bernabeu: sul tabellone c'è scritto Italia-Germania Ovest 3-1, in tribuna il Presidente Sandro Pertini non riesce a trattenere la gioia, agita la pipa festoso perché l'Italia è campione del Mondo.
Il ricordo di Dino Zoff
Rossi-Tardelli-Altobelli, una filastrocca ripetuta all'infinito per ricordare i tre gol che misero al tappeto la Germania Ovest (eh sì, perché allora andava specificato!), punto d'arrivo di una salita dura e lunghissima, iniziata tra le polemiche e finita in gloria: «Il primo pensiero è che sono passati 40 anni!», racconta Dino Zoff a GQ, «Poi magari non sembra così perché se ne parla sempre, è stato un fatto eccezionale e parlandone così spesso sembra più vicino».
Perché la vittoria dell'82 è stata speciale proprio per questo, metafora di vita di chi ha combattuto contro tutto e tutti e ce l'ha fatta grazie alla forza del gruppo. Un gruppo unito che si è fatto impermeabile, decidendo il clamoroso silenzio stampa per le critiche ricevute ancora prima di partire per la Spagna. Nessuno credeva in loro, loro credevano in se stessi, e tanto bastava per cementare quello spirito che ha portato gli azzurri sul tetto del mondo: «I problemi erano legati al fatto che i media erano contrarissimi e molto negativi nei nostri confronti», ci ha detto Zoff, «Da lì nacque l'idea del silenzio stampa perché era inutile cercare di difenderci o ribattere, ci siamo detti facciamo quello che siamo capaci di fare e poi vediamo».
Bearzot, Pertini e la partita a scopone
«La prima immagine che conservo è quella della coppa, con Bearzot e i compagni di squadra», ricorda Zoff, allora attorniato dai compagni mentre stringeva tra le sue manone la Coppa del Mondo appena conquistata. In alcune foto lo si vede persino sorridente, lui sempre schivo, misurato e di poche parole. Ma quell'impresa fu troppo grande per tutti («Lo sport regala queste felicità forti e violente»), il coronamento di un sogno che in pochi avevano creduto possibile. Non il CT Bearzot, il padre di quel gruppo, amico e sergente di ferro quando serviva, l'uomo che per Zoff resta il grande protagonista di quella meravigliosa impresa: «Il personaggio chiave per quella vittoria fu lui, la persona più importante, solo Bearzot poteva portare a termine alla grande un campionato del Mondo in quelle situazioni. Era una persona competente e coraggiosa, un comandante vero».
Difese la sua squadra dalle critiche, si mise l'elmetto dopo i tre pareggi nel primo girone, con l'Italia salva soltanto grazie alla differenza reti. Mise le basi per la vittoria finale, passando per i successi contro Argentina e Brasile, il famoso 3-2 con la tripletta di Paolo Rossi: «Ma la partita della svolta fu contro l'Argentina, una grande partita, molto dura, fisica, quella fu la vera rampa di lancio», ci spiega Zoff. La finale fu il coronamento di un percorso, la festa nelle strade e nelle piazze d'Italia qualcosa che chi c'era ricorda come fosse ieri.
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E poi quella fotografia eterna, con il Presidente Pertini, Bearzot, Causio e Zoff che giocano a carte sull'aereo presidenziale che riportava gli azzurri a casa. Una partita a scopone per ingannare il viaggio, improvvisata al momento, carte in mano (a quei tempi erano il passatempo preferito nei ritiri delle squadre, specialmente tra i giocatori che dormivano poco perché sentivano la tensione alla vigilia delle partite) e la coppa accanto a loro sul tavolo: «Quella cosa non fu programmata, adesso gli uffici stampa dovrebbero lavorare un mese per fare una cosa del genere, e fu per merito del presidente Pertini. Io e lui eravamo in coppia in quella partita, e perdemmo. Non capì la giocata avversaria e sbagliò a scartare facendo vincere Causio e Bearzot». Ma nessuno gli disse nulla, in fondo era pur sempre il Presidente della Repubblica!
E anche per i protagonisti di quell'11 luglio 1982 il ricordo resta indelebile, bello e doloroso pensando a chi non c'è più (Enzo Bearzot, Gaetano Scirea e Paolo Rossi), ma che farà sempre e comunque parte di quel gruppo: «Quando si fanno certe e battaglie e certe imprese è normale si crei un legame tanto forte e duraturo nel tempo», commenta Zoff.
Perché certe vittorie sono per sempre. (Francesco Bonfanti - GQ Italia)
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eusm1985 · 2 years
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#Repost @adnkronos_ #11Luglio 2022 • • • • • • 11 luglio 1982: 40 anni fa l’Italia diventava Campione del Mondo conquistando il Mundial di Spagna ’82. Gli Azzurri affrontano la Germania Ovest allo stadio Santiago Bernabeu: il presidente Sandro Pertini è sugli spalti, Antognoni indisponibile, Graziani si infortuna e Cabrini sbaglia un rigore. Poi il sogno si avvera: segna Paolo Rossi, raddoppia Marco Tardelli, tris di Altobelli. La partita si chiuderà per 3 a 1. Tanti furono i momenti indimenticabili di quella sera: dall’esultanza di Tardelli a quella di Sandro Pertini, che gridò verso Re Juan Carlos seduto a fianco “Non ci prendono più!” in occasione del terzo gol. #adnkronos #adnkronositalia #mondiali #mondiali82 #mundial #mundial82 #pertini #tardelli #paolorossi #finale #germaniaovest #azzurri #accaddeoggi https://www.instagram.com/p/Cf4N-tKMfmg/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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petalididonna · 4 years
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Scese in piazza l’Italia intera, in quel lontano e straordinario 1982.
L’Italia intera.
E di più scese in piazza quella dei migranti e degli operai, quella della diaspora, del lavoro e della fatica, ascese al tetto del Mondo.
E l’urlo libero un popolo intero, dall’idea di valere meno.
Le Fiat 124 di mio padre vestita a festa, lui e mia madre con vent’anni di Germania sulla schiena, un tricolore cucito in casa e un’asta così grossa e pesante che sembrava uscita da una manifestazione di qualche anno prima.
La tenni alta quella bandiera, altissima, anche se pesava.
Ammetto che lo urlammo, davanti alla tv a tutto volume, qualche insulto pesante ai tedeschi.
Ma era la rivincita dei migranti e dei senza terra.
Tardelli, Altobelli e Paolo. Paolo Rossi.
E un partigiano Presidente. Sandro Pertini.
Quei tedeschi che ci disprezzavano perché mangiavamo spaghetti, quelli che ci inondavano di stereotipi nonostante le loro fabbriche funzionassero grazie a quelli come mio padre e mia madre, caddero in ginocchio.
No.
Non fu solo una partita di calcio.
Fu qualcosa di più.
E quella vittoria, che andò oltre l’evento sportivo, resta legata a un attaccante piccolo piccolo, che bucò la difesa dei giganti teutonici.
Paolo.
Paolo Rossi è andato via. Anche lui.
E se un dio o gli dei esistono, che maledicano per sempre quest’anno orribile.
Addio Paolo Rossi.
Grazie.
Michele Piras.
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corallorosso · 3 years
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Scese in piazza l’Italia intera, in quel lontano e straordinario 1982. L’Italia intera. E di più scese in piazza quella dei migranti e degli operai, quella della diaspora, del lavoro e della fatica, ascese al tetto del Mondo. E l’urlo liberò un popolo intero, dall’idea di valere meno. Le Fiat 124 di mio padre vestita a festa, lui e mia madre con vent’anni di Germania sulla schiena, un tricolore cucito in casa e un’asta così grossa e pesante che sembrava uscita da una manifestazione di qualche anno prima. La tenni alta quella bandiera, altissima, anche se pesava. Ammetto che lo urlammo, davanti alla tv a tutto volume, qualche insulto pesante ai tedeschi. Ma era la rivincita dei migranti e dei senza terra. Tardelli, Altobelli e Paolo. Paolo Rossi. E un partigiano Presidente. Sandro Pertini. Quei tedeschi che ci disprezzavano perché mangiavamo spaghetti, quelli che ci inondavano di stereotipi nonostante le loro fabbriche funzionassero grazie a quelli come mio padre e mia madre, caddero in ginocchio. No. Non fu solo una partita di calcio. Fu qualcosa di più. E quella vittoria, che andò oltre l’evento sportivo, resta legata a un attaccante piccolo piccolo, che bucò la difesa dei giganti teutonici. Paolo. Paolo Rossi è andato via. Anche lui. E se un dio o gli dei esistono, che maledicano per sempre quest’anno orribile. Addio Paolo Rossi. Grazie. Michele Piras
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l-i-b-e-r-o71 · 4 years
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Zoff, Bergomi, Cabrini, Gentile, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Oriali, Graziani (Altobelli e Causio)
11 luglio 1982
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Ciambellone profumato al bergamotto e cardamomo
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INGREDIENTI
380 gr di farina 00 160 gr di zucchero 3 uova 150 ml di acqua 120 ml di olio di semi 1 bergamotto (succo + scorza) 1/2 cucchiaino di cardamomo  1 bustina di lievito per dolci 1 pizzico di sale
PROCEDIMENTO
Montate le uova con lo zucchero (5/10 min). Poi aggiungete a filo e uno alla volta olio di semi, acqua e succo di bergamotto. In una ciotola unite le polveri (farina, cardamomo, lievito, pizzico di sale), poi aggiungetele al composto un cucchiaio alla volta e frullate a velocità medio/bassa. Amalgamante il tutto per 10 min. con l’aiuto di robot da cucina, frusta elettrica o manuale. Imburrate e infarinare uno stampo per ciambellone e infornate a 180 per 45 min. Controllate con uno stecchino la cottura e se richiede ancora qualche minuto rimettete il cimabellone in forno (max 5/8 min in più). Se volete una torta ancora più golosa e più dolce (il bergamotto è un frutto amaro, seppur ricco di benefici per la salute) potete farcire la torta con della marmellata di mandarini o preparare una crema pasticciera all’arancia. Altro suggerimento, anziché grattugiare la scorza di bergamotto potete sostituire con arancia o limone BIO. Bon appétit!
Provate ad incidere un bergamotto, avvicinarlo al naso e lasciare che il suo profumo intenso vi inebri. L’effetto che ha su di me, essendo d’origine calabrese, è potente perché significa famiglia, radici, ricordi indelebili di una terra amara ma ricca di preziose sfumature, come il bergamotto. Fin dagli anni del suo esordio musicale, ho ascoltato e amato #Brunorisas, cantautore calabrese ormai noto al grande pubblico non solo per la qualità dei suoi pezzi, ma soprattutto perché lo ritengo un grande essere umano dotato di un forte senso civico, di empatia e ironia. Il brano che ho scelto di abbinare a questo dolce è Guardia ‘82, tratto dall’album Vol. 1, perché mi ricorda un’estate straordinaria, quella dei Mondiali di Rossi, Tardelli, Altobelli e Scirea, nella quale stipati in 20 in uno scompartimento da 6 del treno Milano - Reggio Calabria abbiamo fatto un viaggio epico, attaccati ad una radiolina che trasmetteva la finale e con il cuore che batteva all’impazzata per quella che sarebbe stata una vittoria storica. 
#food #music #tradition #baking #memories #foodrocks #laforchettavagabonda
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iltorosiamonoi · 6 years
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Enzo Bearzot,un cuore granata campione del mondo 11 luglio 1982, Italia-Germania Ovest 3-1: a Madrid è un trionfo azzurro e Pertini esulta in tribunaSbaglia un rigore Cabrini, poi segnano Tardelli, Rossi e Altobelli: è la vittoria di Bearzot…
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giancarlonicoli · 6 years
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Questo articolo è stato pubblicato su "Repubblica" il 13 luglio 1982. E' il primo commento di Gianni Brera al trionfo dell'Italia di Bearzot nel Mundial spagnolo Io triumphe, avventurata Italia! il terzo titolo di campione ti pone accanto al magno Brasile nella gerarchia del calcio mondiale. Hai strabiliato solo coloro che non te ne ritenevano degna, non certo coloro che sanno strologare a tempo e luogo sul mistero agonistico del calcio. La tua vittoria è limpida, pulita: non e neppure venuta dal caso, bensì da un'applicazione soltanto logica (a posteriori!) del modulo che ti è proprio, e in tutto il mondo viene chiamato all'italiana. Eri partita misera outsider, fra lo scetticismo di tutti coloro che prendevano alla lettera i principi enunciati dal tuo bravissimo e un po' fissato Ct Egli straparlava da anni di imporre il proprio gioco. Ha tentato di farlo e si è amaramente accorto di non averne. L'ha tentato con squadre che gioco non avevano a lor volta. Per Ia miseria d'un gol ha preceduto il Camerun, evitando uno smacco insopportabile per Ia tua storia gravida di eventi e di allori.       In questo primo turno abbiamo un po' tutti ringhiato il nostro orgoglio deluso. Ia nostra inaccettabile mortificazione. Ma poche parole scambiate con il Ct mi avevano convinto d'un sospetto fondato: egli predicava male con Ia riposta intenzione di razzolare bene. II caso ha voluto che cadesse per il secondo turno nella fossa dei Ieoni sudamericani: con te, misera Italia. Ia superba  Argentina, il tracotante Brasile. E allora il Ct è stato gloriosamente costretto a smentirsi. Ha impostato partita difensiva con I'Argentina e l'ha battuta in breccia. Ha dato nuovo e inatteso lustro alla scuola italiana, da troppi mal giudicata (perche egli stesso, il Ct, contribuiva a smentirne il prestigio con affermazioni contrarie). Santo catenaccio ha gloriosamente attentato alle funzioni epatiche di Luis Cesar Menotti, che ci aveva accusato di passatismo cronico, edi imperdonabile ritardo storico. Pensa te il bischero della Plata! Contro il Brasile, quasi Ia stessa musica. Anche il Brasile aveva battuto l'Argentina, però umiliandola secondo fantasie che molto avevano del rituale africano. Nessuno al mondo avrebbe osato sperare nel miracolo di un'altra vittoria italiana. E invece ha propiziato il nuovo miracolo l'ingenua galloria dei brasiliani, dimentichi d'un assioma fondamentale del gioco: il safety first (primo non prenderle) degli antichi maestri inglesi. Bastava ai brasiliani il pareggio per accedere alle semifinali: hanno dimenticato Ia difesa mandando anche i terzini a cercare Ia vittoria. Noi abbiamo fatto esattamente il contrario. E' per giunta rifiorito Rossi sulla contorta e bassa siepe del nostro orto improvvisamente dilatato, e aperto ai miracoli. I pavoni brasiliani non si sono accorti di Rossi, non l'hanno degnato d'un guardo. Ha segnato tre gol e ne ha sbagliato un quarto, il più facile, subendo per giunta un rigore. Di goleada avrebbero dovuto perdere i brasiliani. Sono stati risparmiati dalla fortuna, che i malevoli e i fessi consideravano fin troppo favorevole a noi. Mi sono accorto a questo punto che capitare nel gruppo dei più forti era stata una bazza autentica. Non avendo gioco, l'Italia esaltava quello degli altri, se ne avevano: e certo non ne erano privi i piu forti. Così abbiamo moltiplicato le doti tradizionali delle nostre difese. E molto avremmo gradito che, per onestà critica, il commissario tecnico Bearzot riconoscesse questa virata di bordo. II Ct è onesto: chi gli ha mancato di rispetto al difuori della tecnica ha fatto molto male, ha offeso il buon senso e Ia logica, tanto rari fra gli italioti, che per contro asseriscono di sprecare l'intelligenza (ormai sono convinto che costituisca un'aggravante). Per le semifinali, Ia Polonia ha perso Boniek, il suo solo elemento di classe internazionale, e noi avevamo squalificato Gentile, eversore di Maradona e di quanti altri hanno osato giocare contro di lui (eufemismo). II velocissimo Lato è stato preso in consegna da un giovane appena diciottenne, il bassaiolo Bergomi. Rossi ha segnato due gol. La Polonia ha giocato male e noi non abbiamo giocato bene. in quanto il nostro, cara e smandrippata Italia, è solo contro-gioco. Ma i due bellissimi gol di Rossi ci hanno assicurato Ia finale: per Ia quale si sono classificati anche i tedeschi. Era un onore e un pericolo affrontare quei marcantoni che in certo modo erano subentrati all'Italia nell'egemonia del calcio europeo. Però si era detto chiaro (noi) che, se avessero osato assumere l'iniziativa del gioco, anche ai tedeschi sarebbe toccata Ia sorte dell'Argentina e del Brasile. I tedeschi avevano una paura fottuta nel primo tempo, durante il quale non hanno mai osato distendere i loro attacchi. L'Italia era priva di Antognoni. Questa apparente jattura ha incoraggiato il Ct a confermarsi difensivista con tanta felice paura da mentarsi oggi il titolo di difensivista ad honorem. Ha rinunciato a sostituire Antognoni in centrocampo ed ha infoltito Ia difesa. Il giovane Bergomi si è preso Rummenigge e l'ha letteralmente cancellato. II magnifico Collovati ha ridotto Fischer al suo standard di mediocre (sul piano internazionale). Gentile. Sala-ed-Din ha annichilito il vivace Littbarski e Tardelli ha controllato Breitner, Oriali Dremmler, Cabrini Kaltz, terzino d'ala distaccato a fare il mortaista dall'out. La mossa di Bergomi e le giuste contrarie adottate per controllare l'attacco e il centrocampo tedesco costituiscono un merito grande per il nostro Commissario Tecnico. Egli ha fatto ricorso senza falsi pudori al culto della difesa e Santo Catenaccio l'ha ripagato con Ia puntuale solerzia del taumaturgo di elezione. I tedeschi non hanno toccato terra. Nel primo tempo hanno accennato al forcing senza mai liberare un uomo. Nel secondo si sono un poco più arrischiati in avanti e li ha subito colti Ia folgore di Rossi. Nel primo tempo ci siamo concessi l'ineffabile lusso di sbagliare un rigore. A parte ho raccontato perché. Giocare da outsiders una finale mondiale non è emozione da poco. I nostri prodi ne apparivano oberati fino al groppo in gola, all'inane balbettio, alla rinuncia. Secondo i sacerdoti del bio-ritmo. Antognoni sarebbe stato in giornata infausta Così anche Graziani, che Ia rabies teutonica ha subito umiliato per le terre. II solo Conti ha giocato all'altezza del suo valore. Paolo Rossi volitava smarrito fra punte e gomiti ostili (i due Foerster, e quel truculento Stielike). Altobelli ha il solo vero merito d'un lancio che ha indotto Briegel a perpetrare rigore su Conti. Poi, come sappiamo, quel rigore l'abbiamo felicemente mancato. Alla ripresa, ci siamo presentati convinti che Ia retrovia avrebbe tenuto. I tedeschi hanno assunto un forcing più fiducioso: hanno tentato un gioco esaltando puntualmente Ia dialettica del nostro contro-gioco (se cito padre Hegel, non abbiatevene a male). Per un guizzo fulmineo è rifiorito il genio di Rossi. Quanto conta, fratelli, avere uno che sa goleare! Una volta rotto il ghiaccio, si può anche segnare dopo cinque passaggi cinque in area tedesca. II cuore fa indegni capitomboli nel vecchio petto ammaccato da tanti eventi che furono: pero quei satanassi ci provano: tocco, ritocco e al fin della licenza non tocco. Bensì porto Ia botta. Il gol di Tardelli è quanto di più elegante sia stato visto da queste parti. voglio dire in una finale di campionato del mondo che toglie fantasia anche ai poeti e santitità di propositi ai santi. La finale mondiale è una prova dura, acre, ammorbante, velenosa, per giocar bene Ia quale bisogna appartenere ai fenomeni in terra. Io non ho mai visto brillarvi nemmeno Pelè. II peso della responsabilità è tale che aggiunge i suoi gravami morali alle ruggini bio-chimiche della stanchezza. Stralunati automi obbediscono a schemi che hanno dentro come memorie tecniche e agonistiche. Non inventano più nulla: possono solo impedire che s'inventi. Bearzot l'ha capito e merita dieci. Tardelli ha persino superato l'impasse tentando istintivamente una conclusione-d'una dolcezza a dir poco sadica: non proprio il pallonetto, ma Ia battuta beffarda nell'angolo opposto a quello che stava disponendosi a presidiare il portiere tedesco. Sul 2-0 ho acchiappato il mio cuore tarlato e bislacco e l'ho rimesso dove suole pompare secondo necessità logica. II terzo gol è stato un contentino, e così il primo dei tedeschi, povere anime. Ora ti metto in guardia, cara vecchia smandrippata Italia. Sentirai irridere ai tedeschi, alla Ioro condizione amara, ai Ioro errori tecnico-tattici. Reagisci con forza: richiama gli invidiosi e gli imbecilli alle più normali consuetudini della storia e soprattutto della storiografia. Annibale e Napoleone vengono celebrati come geni della guerra. Ci si è mai domandato perche? Che diamine: perché gli storici scrivono per i vincitori di quei geni inarrivabili. Ora tu, cara vecchia smandrippata Italia, hai sfruttato appieno le virtù della tua indole. dunque della tua cultura specifica. Non si vince un mondiale senza storia; non si arriva senza nerbo ne valore a una finale mondiale. Con nerbo e valore ci sono arrivati i tedeschi. Con bravura estrema li ha battuti l'Italia. ln alto allora le bandiere e i canti per l'Italia tri-campeona del mundo: in alto le bandiere e i canti per chi se l'è meritato. AI diavolo i malevoli i cacaminuzzoli gli invidiosi gli incompetenti i pirla i fessi ai quali non è piaciuta la vittoria italiana. Io triumphe, avventurata Italia. Dovessi per un mese cantare le tue caste glorie, ebbene, lo farei con grato entusiasmo. E grazie a voi, benamati brocchetti del mio tifo, benamati fratelli miei in mutande. Avevo pur detto che Paolo Rossi in trionfo è tutti noi. II terzo titolo mondiale dell'Italia non si discute come non si discutono i miracoli veri. Adios, intanto tia Espana, adios. (l'articolo è di Gianni Brera su Repubblica del 13/7/1982)                                                                         (21 dicembre 2010)
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spettriedemoni · 2 years
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L'urlo di Marco
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Italia-Germania Ovest (che da ora in avanti chiameremo per brevità Germania) non fu una partita facilissima ma fu senz'altro meno iconica di Italia-Brasile.
Italia-Germania fu la partita della consapevolezza: la partita di chi sapeva di essere più forte. Manca l'epica dello sforzo immane per superare l'avversario, manca quel senso di equilibrio che si vede spesso nelle finali, la paura di perdere tutto per un singolo errore. C'è invece un senso di superiorità di una squadra sull'altra.
Anche dopo il rigore di Cabrini, non si ebbe davvero la reale percezione che la Germania potesse vincere quella partita: troppo forti noi che avevamo Pablito Rossi uno capace di segnare in qualsiasi momento perché non è mai in dubbio il "se" ma solo il "quando" segnerà.
Il momento in cui abbiamo capito che avremmo vinto il mondiale anzi il "Mundial" in spagnolo, è quando vediamo il pallone entrare in rete fortissimo, Schumacher impietrito e Tardelli che si alza e comincia a correre urlando.
E lo sentiamo anche noi quell'urlo, vi giuro: anche se dalla tv non arriva il suono, quell'urlo lo sentiamo forte e chiaro.
È l'urlo di chi ce l'ha fatta, di chi dice: "Avete visto? Siamo forti, i più forti".
È un urlo di rabbia, certo, ma anche di amore.
Con tutta la rabbia. Con tutto l'amore, come cantava Gaber.
Non trovo nessuna altra esultanza più iconica di questa per spiegare il calcio.
Un'esultanza che ha inghiottito la carriera di Tardelli perché tutti si ricordano quella faccia stravolta di lui e non tutto il resto.
È tutta lì la finale. È tutto lì il Mundial 82.
Sono 7 secondi di urlo di gioia e di corsa sfrenata.
È un "vaffanculo" a tutto ciò che c'è di brutto a questo mondo, perché quando sei felice per una gioia inaspettata tutto quello che ti viene da dire è "vaffanculo".
Con tutta la rabbia e con tutto l'amore.
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spettriedemoni · 6 years
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Mondiali (parte 3)
Nel 1986 l'Italia inaugurò i campionati mondiali che si svolsero in Messico. Non ci sono più Zoff, Gentile, Antognoni e Graziani. C'è ancora Altobelli che ha finalmente l'età giusta per essere titolare, ma la squadra non è più la stessa di 4 anni prima. Rossi e Tardelli non sono in condizioni di forma tali da poter giocare e infatti siederanno in panchina, quando va bene.
Bearzot lo ammetterà anni dopo: si è affezionato a quei giocatori che gli han fatto vincere il mondiale 4 anni prima. Avrebbe dovuto dimettersi subito dopo la vittoria ma non lo fece e fu il disastro: mancata qualificazione agli Europei di Francia nell'84 e girone brutto nei mondiali 1986. Agli ottavi proprio la Francia di Platini ci butterà fuori.
Nel nostro girone c'è anche l'Argentina che, secondo sorteggio, sarebbe dovuta andare nel girone del Brasile, ma per non togliere lo spettacolo alla manifestazione viene dirottata nel girone dell'Italia.
I sudamericani sono criticati in patria, molti sono spaccati sul chi dare la fascia di capitano: Maradona o Passerella? Bilardo, l'allenatore dell'Argentina, decide per il primo. Passarella non gioca nemmeno, si dice abbia la "Maledizione di Montezuma".
Noi pareggiamo con l'Argentina, 1-1 segna Maradona. Un gol in diagonale che Galli, portiere dell'Italia, giudica troppo frettolosamente fuori. Galli si è alternato per circa 2 anni con Tancredi in porta tanto è difficile stabilire chi è l'erede di Zoff.
l'Argentina va avanti e dopo aver eliminato l'Uruguay si trova di fronte l'Inghilterra, l'avversario che Maradona aspetta dall'82 dalla "Guerra delle Falkland" le isole a largo delle coste Argentine che i sudamericani chiamano "Malvinas".
Sono in salotto assieme a mio padre che, molto più tollerante di mia madre, mi fa vedere la partita nonostante io abbia gli esami di terza media. Siamo ai due lati del divano, quello rotto 4 anni prima e che resiste con le viti usate da mio padre per riparare la traversina di legno.
Fuma sempre tanto mio papà. Mia madre credo sia andata a dormire.
A Città del Messico fa caldo, è mezzogiorno mentre in Italia e sera. Non ho L'Italia per cui tifare ma l'Argentina e il suo capitano Maradona mi piacciono.
La maglia dell'Argentina e blu perché l'Inghilterra ha la divisa bianca e dunque la tradizionale divisa "albiceleste" si confonderebbe con quella inglese. Solo recentemente ho saputo che Bilardo non era soddisfatto della seconda maglia della sua nazionale. Le Coq Sportif, lo sponsor tecnico dei sudamericani, non è riuscito a fornire una seconda maglia traspirante come la prima, così, dopo la partita con l'Uruguay, Bilardo dà ai suoi collaboratori l'incarico di trovare in Messico altre maglie più leggere per i suoi uomini. Trovano quelle di una squadra locale che veste con la maglietta blu, simile alla seconda maglia argentina, molto più traspirante, ci appiccicano lo stemma della Seleccion e le decalcomanie dei numeri.
l'Argentina gioca bene, ha davanti altri due fenomeni oltre a Maradona: Burruchaga e Valdano.
Io e mio padre tifiamo per l'albiceleste, lui perché odia gli inglesi e la Thatcher, io più perché Maradona mi sta simpatico, tutto sommato. Solo un anno prima, poi, c'era stata la tragedia dell'Heysel nella finale Juve -Liverpool e dunque gli inglesi ci stanno sulle balle.
Arriva il primo gol dell'Argentina, un'azione elaborata con una triangolazione che si chiude con un difensore che alza a campanile e Maradona che si avventa su una palla troppo alta. Vedo il movimento, la palla che entra in rete e poco dopo mio padre che dice sicuro: «Lo ha fatto con la mano».
A me servono tre replay per accorgermi di quel tocco malandrino. Maradona, si vede nel replay, esita un attimo prima di esultare, sa di aver fatto gol con la mano, solo dopo aver visto il guardalinee che indica il centrocampo, va verso la bandierina ad esultare.
Dirà Maradona che è stata "La Mano de Dios", che è un risarcimento per le Malvinas e "Chi ruba a un ladro ha cent'anni di perdono".
A nulla servono le proteste inglesi: è 1-0.
Solo pochi minuti e vediamo l'altra faccia di Diego Armando Maradona: il genio, "el genio del futbol mundial" come lo chiama Il cronista argentino Morales.
Maradona riceve palla sulla sua trequarti, è spalle alla porta avversaria e, nonostante ci siano due uomini su di lui, trova lo spazio e il tempo per girarsi e puntare verso la metà campo inglese. Supera il centrocampo, salta altri due uomini in dribbling ed è già in area di rigore. Il portiere inglese Shilton esce alla disperata, cerca di frapporsi con il suo corpo, di non far vedere la porta a Diego, di mettergli fretta, di costringerlo a tirare prima. Maradona però si ricorda di un'azione simile di sei anni prima in un'amichevole sempre contro l'Inghilterra. Quella volta c'era Clemence in porta, Maradona aveva saltato gli avversari come ora ma davanti al portiere aveva tirato fuori. Uno dei fratelli lo aveva rimproverato: «Perché non hai saltato il portiere? Avevi lo spazio, potevi farlo».
Si ricorda quelle parole Diego e stavolta finta tiro e se ne va oltre palla al piede con Shilton spiazzato. Il cronista argentino fa fatica a seguire l'azione, incredulo a quello che sta vedendo. Prima del tiro di Maradona dice solo «Ta ta ta» e vede la rete gonfiarsi nonostante lo sgambetto del difensore inglese Butcher che arriva troppo tardi, dopo che Maradona ha segnato il "Gol del Secolo".
Sedici anni dopo "La Partita del Secolo" l'Azteca di Città del Messico assiste al gol più bello di un mondiale.
Morales è in visibilio, tradisce tutta l'emozione e con grande enfasi si chiede da che pianeta è venuto questo piccoletto che porta orgoglio a tutto il pubblico argentino, a tutto un popolo che aspettava la sua rivincita dopo le Falkland. Ringrazia Dio, Morales. Lo ringrazia per questo campione, lo ringrazia per questo sport per il gioco del calcio, lo ringrazia per questa squadra, lo ringrazia per una lacrima che gli scende dal viso. Lo ringrazia per questo Argentina 2, Inghilterra 0.
Sentirò solo molti anni dopo la telecronaca argentina grazie a YouTube (c'è anche qualche video con la traduzione italiana se volete), quella sera Giorgio Martino dirà semplicemente che il gol di Maradona vale doppio e, almeno parzialmente, fa dimenticare la scorrettezza di poco prima.
Maradona è tutto lì in quella partita: genio e sregolatezza.
Siamo contenti io e mio padre. Maradona è il più forte, vuole vincere i mondiali e gli inglesi sono troppo antipatici per noi.
Poco dopo l'Inghilterra segnerà con Lineker il 2-1 e quasi farà 2-2 in un'azione fotocopia che stavolta vedrà l'anticipo di un difensore.
l'Argentina è in semifinale.
Maradona dirà che negli spogliatoi un compagno, credo Olarticoechea, gli farà i complimenti per quel gol, ma dopo il suo assist se non avesse segnato era da fucilarlo. Un assist. Un assiste fatto nella metà campo dell'Argentina. A parecchi metri dalla porta. Maradona lo manda bonariamente a quel paese.
Valdano invece racconterà di come Maradona si sia scusato per non avergli passato la palla in quell'occasione.
«Ma come? Hai fatto il gol più bello della storia e ti preoccupavi di passarmi la palla?»
Rivedendo quel gol, Valdano dirà che non si spiega come Maradona potesse averlo visto. Nessun giocatore normale poteva vedere Valdano da lì, con tutti quegli avversari addosso.
Ma Maradona non era un giocatore normale.
Sembrava finito dopo l'infortunio alla caviglia in Spagna per un'entrata da tergo di un difensore e invece era lì ora a pochi anni da quella botta a trascinare la sua nazionale in cima al mondo.
Altri due gol contro il Belgio porteranno l'Argentina in finale contro la Germania Ovest. Lì Maradona non riuscirà a segnare, ma farà l'assist all'ultimo minuto o quasi per il gol del 3-2 a Burruchaga. I tedeschi non si sono arresi dopo essere andati sotto per 2-0 e riusciranno a fare 2-2.
Brigel non riuscirà a fermare Burruchaga e dirà di essersi sentito "stanco dentro" dopo quel gol.
Maradona proverà a segnare un gol in finale. Devono fermarlo in 4.
La finale dell'86 la vedo a casa di mia nonna paterna, indosso gli stessi pantaloni di Beckenbauer (allora allenatore della Germania) mi fanno notare. Detesto quei pantaloni a quadretti.
L'esame di terza media è andato bene, per la prima volta non ho compiti per le vacanze da fare ma l'anno prossimo inizierò le superiori. In casa si farà via via più pesante la situazione fino ad arrivare alla separazione dei miei.
Finito quel mondiale ci aspettano le notti magiche di Italia '90.
Avrò quasi 18 anni e sogno di vedere la mia Nazionale nuovamente sul tetto del mondo.
Ma questa è un'altra storia.
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spettriedemoni · 7 years
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L’11 luglio del 1982 vincevamo il mondiale di Spagna.
Alle 20:30 l’Italia affronta in finale la Germania, non ancora Germania ma Germania Ovest. Nando Martellini, il cronista dell’epoca di tutte le partite della nazionale di calcio, ammette la sua emozione dal Santiago Bernabeu: dopo dodici anni dall’ultima volta l’Italia si gioca la possibilità di diventare per la terza volta campione del mondo.
È partita in sordina quella squadra, senza i favori del pronostico, come si suol dire, con tante critiche incluse quelle del presidente di lega Matarrese che al termine di un’amichevole prima del mondiale dice chiaramente che avrebbe preso a calci quei giocatori.
Bearzot, il CT friulano che allena quella squadra, legge Orazio quando vuole distrarsi. Crede fortemente in quella squadra che ha costruito nel quadriennio che va dal ‘74 al ‘78 anno dei mondiali di Argentina quando la sua nazionale era stata ammirata ed eletta la squadra migliore, pur arrivando solo quarta.
Cosa era successo dal 78 all’82? Molte cose. C’era stato lo scandalo "Totonero” che aveva coinvolto molti giocatori di serie A e serie B nel 1980. L’immagine più brutta di quella vicenda è un’auto della polizia che entra sulla pista di atletica di uno stadio prima dell’inizio della partita per arrestare alcuni giocatori e dirigenti.
Nel 1980 l’Italia ospita gli Europei di calcio e non riesce a qualificarsi per la finale. Perderà anche il terzo posto ai rigori contro la Cecoslovacchia, la squadra che Bearzot non riuscirà mai a battere nella sua gestione.
Tra i calciatori coinvolti nello scandalo c’è Paolo Rossi che sconterà la squalifica pochi giorni prima dell’inizio del Mundial Spagnolo e che il CT convoca lo stesso. Le prime polemiche nascono qui perché molti invece vorrebbero Pruzzo, centravanti della Roma e capocannoniere della Serie A. Poi non convoca Beccalossi, mezz’ala dell’Inter, perché preferisce Antognoni titolare e Dossena come rincalzo. Ha tutti contro il furlan e le prime tre partite danno ragione ai suoi critici: tre pareggi contro la Polonia (0-0), Perù (1-1) e Camerun (1-1) e passaggio del turno grazie alla differenza reti migliore rispetto al Camerun (noi abbiamo fatto un gol in più rispetto agli africani). Il girone eliminatorio successivo a tre squadre sembra già condanna: ci toccano le due squadre sudamericane Argentina, detentrice del titolo e Brasile, la nazionale che è maggiormente accreditata per la vittoria finale. Contro l’Argentina vinciamo 2-1, li battiamo di nuovo come 4 anni prima in casa loro. Poi ci tocca il Brasile che, per via della migliore differenza reti (hanno battuto l’Argentina 3-1) può mandarci a casa con un pareggio. Brera, giornalista sportivo, promette un pellegrinaggio durante la processione del suo paese se l’Italia dovesse battere quello che chiama il “Magno Brasile”. Sorpresa: l’Italia batte i favoriti, gli eredi di Pelè e Garrincha, con tre gol di Paolo Rossi il centravanti che nessuno voleva a parte Bearzot ed è tra le prime 4 squadre del mondo. In semifinale la Polonia è liquidata con 2 gol sempre di Rossi e aspetta la Germania Ovest in finale.
In finale manca Antognoni che si è infortunato in semifinale contro gli ostici polacchi e quando l’arbitro assegna il rigore agli azzurri il rimpianto per l’assenza del regista della Fiorentina è ancora più forte. Non tira Rossi il rigore, il rigorista designato è Cabrini. Lo sbaglia. È solo un incidente di percorso, una cosa di poco conto un sassolino sulla strada, nel secondo tempo segna ancora Rossi, poi Tardelli con quell’urlo entrato nella storia e infine Altobelli che pur essendo giovane fa gol con una freddezza da veterano.
Tuttavia la foto che metto all’inizio di questo post è quella di un calciatore che non c’è più, un campione e un signore sul campo, un difensore che non fu mai espulso in carriera, Gaetano Scirea. Era andato a vedere una squadra polacca, prossima avversaria della Juventus in una coppa europea, quando l’auto su cui viaggiava viene coinvolta in un incidente nel quale perde la vita assieme ad altre persone.
Scelgo di riportare le parole di Dino Zoff, suo compagno di squadra in nazionale e nella Juventus per ricordare quel giorno e quel campione.
«Dopo la finale del Mondiale '82, ero rimasto allo stadio più degli altri per le interviste e tornai in albergo non con le guardie del corpo, come succede oggi, ma sul furgoncino del magazziniere. Gaetano mi aspettava. Mangiammo un boccone, bevemmo un bicchiere, ci sembrava sciocco festeggiare in modo clamoroso: mica si poteva andare a ballare, sarebbe stato come sporcare il momento. Tornammo in camera e ci sdraiammo sul letto, sfiniti da troppa felicità. Però la degustammo fino all’ultima goccia, niente come lo sport sa dare gioie pazzesche che durano un attimo, e bisogna farlo durare nel cuore. Eravamo estasiati da quella gioia, inebetiti. Gaetano lo penso a ogni esagerazione di qualcuno, a ogni urlo senza senso.
L'esasperazione dei toni mi fa sentire ancora più profondamente il vuoto della perdita. Gaetano mi manca nel caos delle parole inutili, dei valori assurdi, delle menate, in questo frastuono di cose vecchie col vestito nuovo, come canta Guccini. Mi manca tanto il suo silenzio». 
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