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#carlo lizzani
painiac · 6 months
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falsenote · 6 months
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Gian Maria Volonté on the set of Bandits in Milan (1968)
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mtonino · 26 days
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La Vita Agra (1964) Carlo Lizzani
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a--piedi--nudi · 10 months
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Cronache di poveri amanti - Carlo Lizzani (1954)
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Dario Fo e Franca Rame in Lo svitato, Carlo Lizzani, 1956
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gatutor · 1 year
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Silvana Mangano-Frank Wolff "El proceso de Verona" (Il processo di Verona) 1963, de Carlo Lizzani.
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affascinailtuocuore · 2 years
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I.Silone - FONTAMARA. Dalla parte dei cafoni. Sul Fatto Quotidiano di oggi 19 Settembre 2022 Incipit e "utili" riflessioni per il presente.
I.Silone – FONTAMARA. Dalla parte dei cafoni. Sul Fatto Quotidiano di oggi 19 Settembre 2022 Incipit e “utili” riflessioni per il presente.
Incipit dal Fatto Quotidiano e altre idee… Non si finisce mai di scoprire nuove meraviglie in un vecchio libro, letto nel passato e messo lì sul vecchio scaffale a riposare in attesa di un risveglio, di un tocco gentile che lo prenda tra le sue mani e cominci ad accarezzarlo e a ripercorrerlo pagina dopo pagina, parola dopo parola, rallentando le emozioni e i tempi di lettura per non arrivare…
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diceriadelluntore · 1 year
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Rivisitazioni
Frankenstein, lo ricordo, è il medico, il barone Victor. Eppure appena si sente il nome in questione, la prima immagine che viene in mente è questa:
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cioè il ruolo della Creatura che Boris Karloff ebbe in una serie di film prodotti dalla Universal con la regia, tra gli altri, di James Whale, negli anni ‘30. Partendo dal capolavoro di Mary Wollstonecraft Godwin Shelley, pubblicato nel 1818 e riedito dalla stessa autrice nel 1831, tantissimi hanno pensato di farne un film, per quella che è, con Dracula e i Vampiri, il soggetto più trasporto della storia del Cinema. Ho ritrovato una lista, da un’idea di Marco Giusti, che raccoglie alcune perle.
La Parodia - Frankenstein Junior, Mel Brooks, 1974
Uno dei massimi film comici di tutti i tempi. Gene Wilder è il nipote del dottore, Peter Boyle nel ruolo della vita dopo Crazy Joe (di Carlo Lizzani, sulla figura del gangster Joe Gallo) è la Creatura, Marty Feldman il più indimenticabile degli Igor, Teri Garr è Inga, Cloris Leachman è Frau Blücher. Una marea di gag, camei leggendari (Gene Hackman nel ruolo dell’eremita), Mel Brooks scopre per caso che lo sceneggiatore dei film di Whale, Gerald Hirschfeld, conservava ancora le scenografie originali, che furono usate nella stessa maniera dei film degli anni ‘30, compreso montaggio e riprese in bianco e nero. Gli Aerosmith riprendono una delle battute di Igor, Walk This Way, per farne un imperituro inno rock. Stracult!
Gli Inglesi - i Frankenstein degli Hammer Studios
La casa di produzione che diffuse i film horror negli anni ‘60 e ‘70. Peter Cushing è nei film di Terence Fischer il barone medico, che in ogni film diventa più cattivo e malefico, e le peripezie della creature fruttarono 7 film tra il 1957 e il 1974. Il più bello è Distruggete Frankenstein del 1969, con annessa scena di stupro, imposta dai produttore per rendere pruriginosa la storia (e del tutto inutile ai fini della sceneggiatura) con il mostro che è Freddy Jones, il padre di Elephant Man di David Lynch (prodotto da Mel Brooks).
Il Blaxploitaion
Nella leggendaria trilogia delle rivisitazioni black dei film, Blackenstein (1973) supera di molto per trash sia Blacula che il leggendario Abby, rivisitazione de L’Esorcista. Il mostro, il cui trucco fu curato da Ken Strickfaden, il truccatore dei Frankestein di Karloff, non fa paura per niente, ha la faccia molle e sembra un Arnold gigante. Il successo nullo della pellicola impedì la trilogia, dato che erano già pronti The Fall Of The House Of House Of Blackenstein e Blackenstein III.
Franco e Ciccio
Immancabile la rivisitazione del duo comico. Regia di Steno, titolo bizzarro, Un Mostro e Mezzo (1965), Ciccio Ingrassia è il dottore, Franco Franchi la cavia. Vuole diventare come Carlo Ponti, il famoso produttore, che è brutto, ma ha come moglie il suo idolo: Sofia Loren. Scena cult: quando dopo la creazione, Franco dice al dottore: Mi viene da ridere, mi ha fatto la faccia da fesso.
Il Trash
Non si sa ancora chi fu il regista di uno dei massimi trash movie di ogni tempo: Terror! Il Castello Delle Donne Maledette (1973). Ai più risulta Robert Oliver, regista americano dei b movie, per altri da Oscar Brazzi, che era sceneggiatore per i Bertolucci e famoso produttore, nonchè fratello del famoso attore italiano Rossano Brazzi. Che si macchia una grande carriera facendo il ruolo del Conte (non barone) Frankenstein, che produce mostri aiutato da una pattuglia di strani tipi, tra cui alcuni dei più grandi protagonisti del cinema di serie B: Gordon Mitchell come Igor, il nano vero Michael Dunn come gobbo Genz, che si mangia i pezzi degli esperimenti del Conte, Luciano Pigozzi (uno che ha recitato in 180 film!), Ciro Papa, qui battezzato Xiro Papas e anche produttore (Papa era di Torre Annunziata) ma soprattutto la creatura, che prende vita dai resti di un uomo di Neanderthal, il mitico Salvatore Baccaro, qui battezzato Boris Lugosi. Che nel film era così:
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L’ultragore
Il Mostro È In Tavola... Barone Frankenstein (1973)
Uno dei film in 3D sulle vicende del famoso dottore, prodotto da Warhol, Carlo Ponti, girato da Paul Morrissey e da Antonio Margheriti per le riprese in 3D. Tonino Guerra è accreditato alla sceneggiatura, il film vede Udo Kier folle barone che crea un mostro donna, una giovane Dalila Di Lazzaro. Little Joe Dallessandro è il giovane aiutante, uno stalliere, ed era già passato alla storia per essere citato in Walk On The Wild Side di Lou Reed e, secondo la leggenda, di essere il modello del jeans nella copertina di Sticky Fingers dei Rolling Stones.  Penso sia introvabile la versione originale, quelle che si trovano oggi tagliano tutte le scene “macabre” ed erotiche.
Versione Giapponese
Furakenshutain Vs Baragon - Inoshiro Honda, 1965
I giapponesi rubano ai tedeschi durante la guerra un pazzo esperimento per creare un uomo invicibile. Però durante uno studio, la creatura viene bombordata da radiazioni, che lo fanno crescere a dismisura. Sul punto di essere distrutto, un gruppi di archeologi fa rinascere un mostro, Baragon (una specie di Godzilla con il naso a lampadina) e si decide di farsi aiutare dal gigante per sconfiggere il mostro. Grandissimo!
Sono super accette altre segnalazioni!
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criptochecca · 11 months
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I paninari non erano un movimento nel vero senso della parola. Non si appoggiavano a ideologie o valori comuni, quanto piuttosto a un’estetica condivisa che era resa possibile dall’estrazione sociale medio-alto borghese. Questo si traduceva soprattutto nell’ostentazione della ricchezza attraverso vestiti firmati, beni acquistati rigorosamente dai genitori. “I gruppi giovanili che una volta si scontravano per ideologie politiche, neri contro rossi, rossi contro neri”, scriveva in proposito Natalia Aspesi nel 1985, “Oggi si coagulano attorno a una marca, scendono in guerra per la conquista di una ‘firma’”. E la guerra era una vera e propria guerra di classe. Paninari non si diventava, lo si era per dinastia. Con la consueta chiusura delle sottocolture giovani, se non bastava una borchia a farti metallaro, non bastava nemmeno una felpa Best Company a farti paninaro. Ma la differenza sostanziale è che tra i metallari, i punkabbestia o i dark, il ceto sociale e la ricchezza non erano discriminanti: la musica faceva da collante, da terreno comune, e bastava avere il look e i dischi giusti per entrare a farvi parte, al di là delle differenze di classe. Per i paninari, invece, l’immagine era l’unico distinguo, ed era diretta conseguenza di uno stile di vita in cui i soldi non erano un problema, perché ce n’erano in abbondanza. Lo stesso clima di benessere reageniano in America aveva prodotto gli yuppie, i giovani e rampanti lupi di Wall Street [...]. I paninari erano frutto della stessa cultura di riflusso disimpegnato, ma a un livello ancora più estremo. Non volevano produrre ricchezza come gli yuppie, ma solo sfruttarla. E chi non la sfruttava, cioè non poteva permettersi di acquistare quegli abiti, era automaticamente escluso. Il riflusso italiano che permise l’ascesa dei paninari si differenzia da quello americano perché il nostro Paese usciva da un decennio molto difficile. La marcia dei 40mila quadri e impiegati Fiat che nel 1980 protestarono contro i continui picchettaggi degli operai rappresentò un vero e proprio punto di svolta che sancì la fine degli anni di piombo, la vittoria del ceto medio sulle polarizzazioni ideologiche degli anni Settanta. C’è da dire che i primissimi paninari che si radunavano al bar Al Panino e in piazza San Babila, i cosiddetti sanbabilini, erano i giovani di estrema destra che pochi anni prima erano stati immortalati da Carlo Lizzani nel film San Babila ore 20: un delitto inutile. Ma ben presto le aspirazioni politiche vennero lasciate da parte per abbracciare una vita disimpegnata fatta di shopping nei negozi di culto, scorpacciate di hamburger, concerti dei Duran Duran e capodanni a Courma. [...]
Il gusto per lo scherzo, la vita godereccia, la leggerezza e il disimpegno si tramutarono in un codice stilistico che prendeva ispirazione soprattutto dall’America. Non tanto, come sembrerebbe logico, dallo stile dei giovani squali della finanza, ma da una visione un po’ distorta della classe lavoratrice statunitense. Gli stivaletti Timberland erano le calzature tipiche dei taglialegna, mentre i texani e le cinturone si rifacevano una visione kitsch e stereotipata della cultura western. A completare il look, c’erano i nuovi capi sportivi che cominciavano a essere utilizzati per la prima volta anche dai non atleti. Felpe, pantaloni da jogging e sneakers fino agli anni Settanta – almeno in Italia – si indossavano soltanto in palestra. Nel decennio successivo, ostentare la possibilità di praticare sport diventò una moda. Questo, ovviamente, era un riflesso del culto del benessere riferito non solo alla sfera economica, ma anche a quella estetica. L’abbronzatura tutto l’anno, ad esempio, diventò il segno distintivo di chi poteva permettersi di andare in vacanza non solo a Ferragosto.
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ama-god · 2 years
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Enrico
I grandi registi per Enrico Berlinguer: Ettore Scola, Federico Fellini, Francesco Rosi, Citto Maselli, Michelangelo Antonioni...del picchetto d'onore facevano parte, sul lato destro della foto, dietro a Michelangelo Antonioni, anche Gillo Pontecorvo, Theo Angelopoulos e Carlo Lizzani.
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byneddiedingo · 1 year
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Bitter Rice (Giuseppe De Santis, 1949)
Cast: Vittorio Gassman, Doris Dowling, Silvana Mangano, Raf Vallone, Checco Rissone, Nico Pepe, Adriana Sivieri, Lia Corelli, Maria Grazia Francia. Screenplay: Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani, Gianni Puccini, Corrado Alvaro, Carlo Musso, Ivo Perilli. Cinematography: Otello Martelli. Production design: Carlo Egidi. Film editing: Gabriele Varriale. Music: Goffredo Petrassi. 
Those of us of a certain age can remember when the phrase "foreign film" meant one thing: sex. Which was something the Production Code-ridden American film had long tried to persuade us didn't exist, or at least not outside of marriage. But when European filmmakers began to recover from the war, they were under no such constraints, so a certain whiff of the forbidden tended to accompany even the most artistically conceived French or Italian releases. Even the more austere Scandinavian films were the victims (some would say beneficiaries) of prurient distributors: Ingmar Bergman's Summer With Monika (1953) was snapped up by one who cut it by a third, while carefully retaining Harriet Andersson's nude scene, and marketed it as Monika, the Story of a Bad Girl. For a long time, what Americans associated with the phrase "French film" was not Renoir or Bresson, or even Godard or Truffaut, but Brigitte Bardot. And for many Americans, their introduction to Italian neorealism was not the documentary-like work of Roberto Rossellini in Open City (1945) and Paisan (1946) or of Vittorio De Sica in Shoeshine (1946) and Bicycle Thieves (1948), but Giuseppe De Santis's Bitter Rice, with its posters and lobby cards emphasizing the voluptuous Silvana Mangano. The story has it that Bitter Rice began with a documentary inspiration: De Santis was riding on a train and noticed that it was full of working-class and peasant women. He learned that they were returning from their annual work in the rice fields of the Po Valley, where women were the primary workers because their smaller hands made them more efficient at planting and harvesting. De Santis was a member of the Italian Communist Party, and the more he investigated, the more the exploitation of the rice workers seemed to him the perfect subject for a film of social commentary. His first film, Tragic Hunt (1947), about the struggles of peasants to form a cooperative, had been well received, and he got the backing for Bitter Rice from Dino Di Laurentiis's new production company. Together with Carlo Lizzani and Gianni Puccini, he put together a story and began casting, signing up handsome newcomers Vittorio Gassman and Raf Vallone for the key male roles and the young American actress Doris Dowling, who had just made an impressive appearance as a call girl in Billy Wilder's Oscar-winning The Lost Weekend (1945), for the female lead. And then he discovered 19-year-old Silvana Mangano and the fine line between serious social-problem film and exploitation film was crossed. Mangano's innate sensuality threw the story off track, to the point that even today all anyone remembers about Bitter Rice is her vivid presence in it. Poor Doris Dowling becomes a secondary player, and the much worked-over screenplay shows the sometimes awkward efforts to integrate Mangano's character into the original plot, in which Dowling and Gassman play thieves on the run, with Dowling's Francesca hiding out among the rice-workers, while Gassman's Walter cooks up a scheme to hijack the entire rice crop. There is much ado about a stolen necklace that turns out to be fake, and a little bit of social commentary about the conflict between the unionized workers and the freelance "illegals." Traces of the original documentary inspiration remain in the movie, in between scenes of Mangano dancing and seducing Gassman and Vallone, and De Santis is a keenly observant director with a gift for staging impressive shots, deftly aided by cinematographer Otello Martelli. But the failure to assemble a coherent story undermines the whole project, so, naturally, De Santis and Lizzani were nominated for the best motion picture story Oscar.
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falsenote · 4 months
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Bandits in Milan (1968)
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lostgoonie1980 · 4 months
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620. Retalhos da Vida (L'amore in città, 1953), dir. Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani, Francesco Maselli, Dino Risi & Cesare Zavattini
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apileofprofiles · 7 months
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Storie di vita e malavita
Di Carlo Lizzani
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purpura-profundo · 8 months
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Requiescant (Que descansen en paz)
1967, Italia
Wéstern/Spaghetti Western
Carlo Lizzani
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lamilanomagazine · 9 months
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La Spezia: "PREMIO CHATWIN 2023 - camminando per il mondo" per gli appassionati di viaggi
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La Spezia: "PREMIO CHATWIN 2023 - camminando per il mondo" per gli appassionati di viaggi. Torna alla Spezia, città in cui è nato, il Premio Chatwin - camminando per il mondo. Ideato nel 2001 da Luciana Damiano, il Premio è dedicato allo scrittore e fotografo inglese Bruce Chatwin e si rivolge ai viaggiatori e agli appassionati di letteratura di viaggio. L'iniziativa è organizzata dall'Associazione Culturale Chatwin, con il contributo del Comune della Spezia, Regione Liguria e il sostegno Fondazione Carispezia. L'iniziativa è stata presentata nella mattina del 17 luglio a Palazzo Civico della Spezia dal Sindaco Pierluigi Peracchini, dalla dirigente del settore Cultura Rosanna Ghirri e da Luciana Damiano ideatrice e direttrice artistica del Premio Chatwin. "Il premio Chatwin è un'iniziativa dedicata a onorare la memoria di uno dei più grandi scrittori e viaggiatori del nostro tempo, Bruce Chatwin, ma soprattutto un modo per coinvolgere in un concorso appassionati di narrativa, esplorazioni e scoperte - Ha dichiarato il Sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini - Infatti lo scrittore ha ispirato milioni di persone attraverso le sue avventure letterarie e i suoi viaggi intrapresi nei luoghi più remoti e affascinanti del mondo, e il Premio è un occasione anche per riscoprire le tematiche da lui affrontate e raccontate nelle sue opere, grazie ad appuntamenti ed eventi organizzati parallelamente alla manifestazione, che coinvolgono tutte le generazioni e anche le scuole. La Spezia ha un legame molto stretto con l'arte, la cultura e l'avventura e siamo contenti che il Premio Chatwin torni nella città dove è nato, una grande occasione che incoraggia scrittori ed avventurieri a condividere le loro storie e le loro esperienze uniche con il mondo". L'edizione 2023 apre, come da tradizione, con il lancio del bando di concorso internazionale di narrativa e fotografia indirizzato a tutti coloro che, professionisti e non, abbiano scritto brevi racconti e/o realizzato un reportage fotografico (5 scatti). I lavori dovranno essere consegnati entro il 21 ottobre secondo le modalità indicate nel bando. La preselezione sarà affidata ad una commissione di 10 esperti nell'ambito dei due settori di interesse. A stilare la classifica dei finalisti di ciascuna sezione del concorso sarà invece una giuria composta da scrittori, giornalisti, fotografi, autori televisivi, registi, antropologi e presieduta dallo scrittore Andrea De Carlo e dal maestro della fotografia Francesco Cito. Presidenti delle precedenti edizioni sono stati: Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Giuliano Montaldo, Ferzan Ozpetek, Domenico Procacci, Paolo Virzì, Ermanno Rea, Mario Dondero; nell'edizione 2021-22, Dacia Maraini e Gianni Berengo Gardin. Nel corso di oltre un ventennio di attività il concorso di narrativa e fotografia Premio Chatwin ha registrato ampio consenso di pubblico e stampa e ha visto partecipare candidati da diversi paesi extraeuropei tra i quali Siria, Iran, Pakistan, Corea del Nord, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Al termine del concorso, la manifestazione proseguirà il 17 e 18 novembre con incontri, mostre fotografiche, laboratori nelle scuole. Tra le novità di quest'anno, un approfondimento dedicato alla Patagonia, regione a cui Bruce Chatwin dedicò l'opera prima della sua straordinaria produzione letteraria. A parlarne, tra gli altri, sarà l'alpinista Ermanno Salvaterra, autore del libro "Patagonia, il grande sogno...". Ritorna poi il premio speciale "Viaggi in punta di matita", assegnato in passato a Tullio Altan e che quest'anno sarà ritirato dal fumettista, editore e regista Igor Tuveri, in arte Igort. Immancabile un focus sul futuro della letteratura di viaggio nell'era digitale con un incontro dedicato che avrà tra gli ospiti il blogger e viaggiatore Claudio Pelizzeni. Inoltre, con l'obiettivo di avvicinare i più giovani alla letteratura e al viaggio, il Premio ha deciso di promuovere due iniziative: la prima, "Viaggi a Km 0", un laboratorio di scrittura condotto da Andrea Bocconi - scrittore di viaggi e titolare del laboratorio di scrittura della Scuola del viaggio - che si svilupperà sulla scoperta del territorio, coinvolgendo alcune classi liceali della città; la seconda, "Sì, viaggiare", impegnerà un gruppo di studenti nella realizzazione di prodotti giornalistici multimediali inerenti alle attività correlate. Concluderà la manifestazione un evento-spettacolo finale al Teatro Civico della Spezia. In quell'occasione si alterneranno proiezioni, letture, incontri con ospiti nazionali ed internazionali; la premiazione dei vincitori del concorso; la consegna dei premi speciali, riconoscimenti a personalità tra le più rappresentative del panorama culturale del cinema, della fotografia, della musica, dell'ambiente e del fumetto. Ad anticipare la tappa finale del Premio sarà una mostra fotografica, a cura di Maurizio Garofalo, realizzata con la selezione dei migliori scatti dei partecipanti alle precedenti edizioni del Premio Chatwin, in programma dal 23 ottobre al 19 novembre nelle sale della Mediateca Regionale Ligure Sergio Fregoso.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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